a cura di Cornelio Galas
Sopra, due immagini aeree, probabilmente scattate dai tedeschi, dell’abbazia di Monte Cassino, distrutta il 15 febbraio 1944. Intanto l’avanzata delle truppe anglo-americane verso Roma era stata bloccata a Cassino sulla linea Gustav, che attraversava l’Italia meridionale da sotto Gaeta fino a nord di Ortona. Gli alleati rimasero fermi per tutto l’inverno fino alla battaglia conclusiva nel febbraio del 1944.
Il conflitto fu così descritto da Winston Churchill: “Dopo un bombardamento pesante in cui furono lanciate più di 1000 tonnellate di bombe e 1200 tonnellate di granate, la fanteria si gettò all’attacco. Alexander comunicò: “Non riesco a capire come abbiano fatto a sopravvivere delle truppe dopo otto ore di un fuoco senza tregua come il nostro”. Pure erano sopravvissute. Fra monti di macerie la prima divisione paracadutisti tedesca, la più tenace, forse, di tutto l’esercito, combatteva un feroce combattimento corpo a corpo contro i neozelandesi e gli indiani; la sera tuttavia ci eravamo impadroniti di gran parte della città”.
Mentre le truppe alleate risalgono la penisola liberando Roma e i loro operatori mostrano le scene di entusiasmo della popolazione che accoglie i liberatori e la pace ritrovata, gli operatori della propaganda fascista passano gran parte del loro tempo a viaggiare su e giù per la zona occupata per testimoniare i bombardamenti “nemici”, senza tuttavia calcare troppo sulle scene di disperazione (questa è una delle pochissime presenti negli archivi dell’Istituto Luce).
Anche le immagini di morte erano molto contenute: avrebbero potuto demoralizzare ulteriormente la popolazione, già sufficientemente abituata a vedere gli effetti dei bombardamenti con i propri occhi. Questa foto mostra dei morti in seguito al bombardamento che colpì Verona il 26 marzo 1944.
La crudeltà degli alleati è messa in evidenza anche dalle immagini che ritraggono le distruzioni degli ospedali, quelli civili, come in questa fotografia scattata a Roma dopo il bombardamento del 13 agosto 1943.
Un ospedale psichiatrico, qui a Firenze in seguito al bombardamento del 2 maggio 1914.
E infine un ospedale militare: Verona, dopo il bombardamento del 13 luglio 1944.
Gli alleati cominciarono a bombardare metodicamente i nodi di traffico ferroviario o le città più importanti. In questo caso si tratta della stazione di Mestre colpita il 28 marzo 1944.
Importantissimo e di gravi conseguenze fu il bombardamento di Marghera del 19 maggio 1944. Marghera non era solo un deposito di benzina, era anche una sosta di rifornimento per l’esercito tedesco proveniente dalle basi della Germania meridionale.
Scene di bombardamenti a opera degli alleati e immagini di sfollati. Nell’ordine, da sopra, Ferrara aprile 1945; Firenze maggio 1944; la scuola Francesco Crispi a Gorla presso Milano dove morirono 320 bambini nell’ottobre 1944; Alessandria aprile 1944, dove furono bombardati il Duomo, il Teatro Comunale, la Pinacoteca, una scuola e diverse case; infine nuova scena di sfollati a Firenze dopo il bombardamento del 2 maggio 1944.
Mentre la popolazione cerca di rifornirsi di acqua alla bell’e meglio in seguito ai bombardamenti degli acquedotti, la propaganda mette in evidenza la funzione dell’ONMI nella distribuzione del latte per gli infanti.
Sopra, quattro momenti dell’incontro fra il Duce e Hitler al Quartier Generale di Rastenburg, nella “Tana del Lupo”, avvenuto il 20 luglio 1944. Hitler era appena reduce dall’attentato che aveva provocato la morte del Capo di Stato Maggiore della Luftwaffe, generale Karten. Lui stesso era stato ferito alla mano destra, aveva le sopracciglia bruciate ed era zoppicante.
I congiurati vennero impiccati con il filo di ferro per rendere l’agonia più lenta. Il colloquio fu deludente: Hitler aveva ben altro cui pensare. Benché si facesse di tutto per tenere alto il morale della popolazione, questo incontro ufficiale, sia nelle fotografie, sia nel filmato per il cinegiornale, rivela la situazione disperata del momento: “Piove a dirotto, Hitler, Ribbentrop e due o tre altri gerarchi nazisti attendono sulla pensilina scoperta, senza ombrello, tutti bagnati; l’atmosfera plumbea rende come meglio non si potrebbe l’ora di scacco finale”, scrive Ernesto G.Laura nell’Immagine bugiarda.
Due immagini della visita del Duce alle truppe italiane in addestramento in Germania, sempre nel luglio 1944.
Lo stesso viaggio qualche mese prima, in marzo, lo aveva fatto Vittorio Mussolini, che ebbe un ruolo importante. Infatti il Duce, temendo i moderati che sentiva in qualche maniera troppo vicini ai “traditori” del Gran Consiglio, temeva anche gli estremisti come Pavolini e Farinacci, che sospettava lo volessero esautorare, perciò Vittorio era uno di coloro di cui più si fidava.
Due tombe con un elmetto italiano e un elmetto tedesco, simbolo della fratellanza fra i due popoli, fra i due eserciti. In realtà gli italiani erano irritati del trattamento subito e i tedeschi, restii ad armare i soldati di Salò, erano fondamentalmente ossessionati dall’idea che gli italiani potessero tradire ancora.
Altre scene di entusiasmo per il Duce durante il suo viaggio in Germania. Qui i festeggiamenti da parte di bambini.
Mussolini rilascia un autografo a una bambina poco prima di ripartire per l’Italia.
Milano, il Generale Ricci consegna il 23 luglio 1944, i labari alla Guardia Nazionale Repubblicana, Sfilata dei reparti. Voleva essere una prova di forza di questo corpo composto da oltre centomila uomini, ma intanto, il mese prima, i tedeschi avevano ordinato di trasferire diecimila carabinieri in Germania da impiegare come “bassa forza” nel servizio antiaereo, e nella sorveglianza ai campi della Luftwaffe.
“Il vantaggio per i nazisti è doppio: allontanare dall’Italia una truppa che ha sempre obbedito di malavoglia, strizzando l’occhio ai “banditi” e sabotando lo sforzo del Reich; e sollevare in Germania da compiti di retrovia soldati tedeschi indispensabili sul fronte est, e poi, sul nuovo fronte francese … “Volontari” li chiamerà la propaganda neofascista; in realtà sono dei candidati alla deportazione che lasciano l’Italia piangendo e imprecando” (Pansa).
Il Governo della Repubblica Sociale aveva posto i suoi Ministeri per lo più sulle rive del Garda in paese come Salò, appunto, Gargnano, Maderno. Il Ministero degli Esteri era a Salò e fu lì che giunsero i pochissimi ambasciatori di quei paesi che riconobbero l’esistenza della Repubblica Sociale.
Il Giappone per primo nel marzo 1944, il Man Ciu Kuo nel giugno , e infine l’Ungheria che nell’agosto del 1944 mandò il generale Szabò a presentare le credenziali. “Si assisteva, scrive ancora Ernesto G. Laura, alla ripetizione della protocollare cerimonia che a Roma, dopo l’udienza a Palazzo Venezia, si svolgeva davanti all’Altare della Patria, dove i diplomatici, in quel tipico scenario monumentale, rendevano omaggio alla salma del Milite Ignoto. Qui tutto è rifatto su scala ridotta, da paesetto, e vediamo l’Ambasciatore nella piazza di Salò, deporre una corona al monumentino ai caduti della città, immagine che non potrebbe essere più pregnante di come la RSI fingesse una “normalità” che non era più”.
Alcune scene di cerimonie pubbliche organizzate dalla RSI. Questa fotografia mostra un momento della celebrazione della Marcia su Roma alla Fenice di Venezia nell’ottobre 1944.
Sempre alla Fenice, la Medaglia d’Oro Borsani tiene un rapporto ai mutilati.
Il Ministro della Cultura, Mezzasoma, celebra alla Fenice il XXV anniversario della Fondazione dei Fasci.
Aprile 1944, Venezia. Adunata dei combattenti della Provincia al teatro Malibran.
In seguito all’attentato partigiano contro Ca’ Giustinian, in cui perirono quindici fascisti, furono organizzate solenni onoranze della cittadinanza. Le tre fotografie sopra mostrano altrettanti momenti della cerimonia che si svolse il 30 luglio 1944 in piazza San Marco.
Mussolini fra i mutilati nel suo Quartier Generale nella primavera 1944. Ancora una volta l’ente di propaganda cerca di non mostrare le ferite subite dai soldati italiani, soprattutto poi quando è presente il Duce.
Quando Mussolini è assente talvolta le immagini possono essere più veritiere.
Il 24 agosto 1944 in tutto il nord Italia si commemora il primo anniversario della morte di Ettore Muti, protomartire della Repubblica Sociale, ucciso in circostanze misteriose mentre veniva condotto in prigione a Roma.
“ … Era come Italo Balbo”, aveva detto di lui Pavolini, “il cavaliere di una rivoluzione che nacque nei borghi e s’irradiò nei continenti”. Qui, la fotografia mostra una serie di manifestanti nella sua città natale, Ravenna.
Ezio Mario Gray lo commemora a Milano.
Fra le attività più importanti della RSI c’era l’Opera Nazionale Balilla: l’educazione e la ricreazione dei bambini e degli adolescenti. Questo compito, già presente nell’Italia fascista, sotto la RSI torna ad essere ancora più importante dopo la “svolta socialista” che Mussolini cercò di dare nel “Manifesto di Verona”.