UN EROE PLEBEO
D A UNA FOTO, UNA STORIA
di Maurizio Panizza
Ci sono immagini che nascondono segreti. Saperle osservare senza pre-giudizio, collegare più elementi, interpretare il contesto, consultare altre fonti, può diventare un’operazione molto interessante. Un’operazione che a volte può rivelare sorprese inaspettate.
UN EROE PLEBEO
Osservate bene questa rara fotografia: è l’insediamento dei nuovi eletti al Consiglio dell’Impero di Vienna del 1907. La foto è troppo vecchia e logora, forse scattata a troppa distanza per permettere di riconoscere qualcuno, ammesso che dopo un secolo sia ancora possibile riuscirci. Eppure, fra questi composti ed eleganti deputati ce ne sono alcuni eletti in rappresentanza del Trentino, all’epoca provincia dell’Impero Austro-ungarico. Se fosse possibile ingrandirla con nitidezza quattro o cinque volte, con probabilità quest’immagine ci rivelerebbe un distinto signore dai capelli bianchi, di poco più di 50 anni, con occhialini tondi e vestito scuro, seduto lì nel mezzo da qualche parte.
Ma come? Tutti sono vestiti di scuro, dirà qualcuno. Sì sì, è vero, ma non mi avete lasciato finire il discorso. Il signore di cui parlo, non è vestito con camicia, cravatta e giacca da cerimonia, ma porta una lunga tonaca nera, da prete.
Le foto, però, come sono strane a volte! Né lui – il misterioso sacerdote – né gli altri deputati che ora guardano immobili verso l’obbiettivo del fotografo ufficiale, possono lontanamente immaginare che da lì a sette anni l’Impero, l’Europa e il mondo verranno sconvolti da una guerra che mai più avrà eguali. Una guerra che lascerà dietro di sé morte e distruzione, che cancellerà epoche e confini, che sarà preludio di un’altra, seconda guerra mondiale.
Quel prete “onorevole”, si chiamava Giovanni Battista Panizza ed era lo zio di mio nonno Candido. Il Trentino – la mia terra – si chiamava allora Süd Tirol ed era parte integrante dell’Impero e loro due erano sudditi dell’Imperatore Francesco Giuseppe (il consorte della forse più celebre Sissi). Lo zio Giovanni Battista, all’epoca era Presidente della Federazione dei Consorzi Cooperativi della provincia. L’anno successivo, il 1908, verrà pure eletto deputato alla Dieta Regionale del Tirolo, incarico che gli verrà confermato sino alla fine della guerra, fino a quando, cioè, l’Impero Asburgico crollerà definitivamente e il Trentino di conseguenza passerà all’Italia. In quei ruoli, lo zio aveva fatto molto per il suo popolo, basti dire che fu a capo per più di vent’anni di quello straordinario movimento cooperativo che ebbe qui la sua massima espressione europea, con una realtà cooperativa ogni 2.600 abitanti a fronte di una ogni 38.900 per la Germania e di una ogni 62.300 per l’Italia. Di quel successo – che in gran parte riscattò dalla miseria intere popolazioni altrimenti destinate ad alimentare i già enormi flussi migratori del tempo – l’iniziatore, com’è noto, fu don Lorenzo Guetti, ma l’artefice della sua realizzazione fu proprio Giovanni Battista Panizza, successore di Guetti dal 1897 e pure lui sacerdote.

Panizza, infatti, da Presidente della Federazione dei Consorzi Cooperativi per più di vent’anni, percepì la sua vocazione di prete come quella di un uomo che doveva spendere la propria vita per l’elevazione, l’emancipazione e l’autonomia del popolo attraverso la cooperazione e le sue emanazioni: casse rurali, famiglie cooperative, consorzi agricoli, forni essicatoi per i bachi da seta, caseifici, cantine sociali. Insomma, un prete uscito dalla sacrestia per andare fra la gente a condividere i suoi bisogni e a cercare di dare risposte concrete. Per lui, questo significò una moltiplicazione di impegni in conferenze, corsi e dibattiti, con infiniti richiami alla competenza, all’onestà e alla responsabilità personale di chi operava nella cooperazione. Ma significò anche, far valere il suo carisma e la sua autorevolezza per acquistare terreni e mezzi di produzione, per costruire opifici e per bonificare campagne, per ottenere prestiti dalle banche e per formare i lavoratori alla cooperazione. Fu un idealista pragmatico con particolare intuito nelle imprese economiche – sua, fra le altre, la fondazione del Sait e della Sav – ma anche un uomo teso ininterrottamente al bene del suo popolo. Infatti, da deputato non dimenticò di favorire l’istituzione di asili e di scuole, il miglioramento delle vie di comunicazione, l’emanazione di leggi a beneficio delle classi meno abbienti.
Dopo una lunga vita spesa con generosità e abnegazione, don Giovanni Battista Panizza si spense il 5 luglio del 1923, all’età di 71 anni, portando con sé un pezzo di storia, ma lasciando al Trentino un forte e ben organizzato sistema cooperativo che ancora oggi può essere orgoglio e ricchezza di questa terra. Tuttavia, diversamente da don Guetti, Giovanni Battista Panizza non fu mai ricordato come sarebbe stato giusto e dovuto. Perché?
Lo storico e giornalista don Vittorio Cristelli, in un contributo al mio libro “Eroe plebeo” del 2001, afferma in proposito “che i trentini spesso non ammettono che il discepolo possa essere migliore del maestro. E’ infatti una verità inconfutabile – afferma Cristelli – che padre e ideologo della Cooperazione trentina sia stato don Lorenzo Guetti. Ma lui la diresse per soli tre anni. Giovanni Battista Panizza, invece, fu colui che nell’epoca più difficile e complessa, per ben 22 anni la costruì e la fece crescere, dando ad essa la sua inconfondibile impronta.”
Il motivo del suo oblio, comunque, non sta tutto qui, ma è da ricondurre anche ad altri fattori. Al doppio ruolo di Panizza, sacerdote e politico, talvolta inviso alle gerarchie ecclesiastiche del tempo; al suo iper-attivismo in campo sociale; alla sua convinta idea di un’autonomia per il Trentino in parte già ottenuta e in parte da conquistare e, dunque, alla sua indiscussa fedeltà all’Impero Austro-Ungarico. Un fatto, in particolare, fu però determinante per fare sì che la società trentina si dimenticasse di lui: quello che la Storia e la Cultura le fanno sempre i vincitori e non i vinti. Infatti, su molti personaggi di quel tempo – in particolare su quelli che avevano sempre e coerentemente sostenuto la loro Patria – la sconfitta dell’Austria-Ungheria di colpo fece calare l’oblio. Il Fascismo – preso il potere alcuni anni dopo – fece poi il resto, preoccupandosi di celebrare quelli che riterrà (a torto o a ragione) i suoi “miti” e al tempo stesso adoperandosi in tutti i modi per far cadere nel dimenticatoio non solo chi aveva costruito sin lì la storia del Trentino austriaco – come Giovanni Battista Panizza – ma pure coloro che in divisa (furono più di 55.000) avevano difeso quella terra sino alla fine.
Per questo motivo – riscattando finalmente il Trentino da quella che fu la cultura unilaterale dei vincitori – il mio augurio è che le celebrazioni del Centenario della prima Guerra mondiale contribuiscano ad assolvere ad un dovere civile di memoria e colmi una lacuna protratta sin troppo a lungo. Perché lo dobbiamo alla verità. Perché di quelle persone la nostra Storia ha estremo bisogno.
Diceva ancora Vittorio Cristelli nel corso di un convegno: “L’esempio di don Panizza va ricordato come quello di un eroe plebeo o, se vogliamo, come quello di un tribuno della plebe che nell’era del consumismo, dell’organizzazione manageriale e delle imperanti leggi di mercato, sa proporre ancora oggi un forte messaggio di valori e di solidarietà da recepire e da rilanciare. Perché Giovanni Battista Panizza da Presidente della Federazione dei Consorzi Cooperativi del Trentino, già più di cento anni fa non sbagliò di certo nel ritenere che un’economia di mercato senza valori, è un’economia ingiusta, un’economia che può diventare anche assassina.”

© Maurizio Panizza
maurizio@panizza.tn.it
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