C’è stato un periodo – dopo l’8 settembre 1943, fino alla Liberazione – in cui Trentino ed Alto Adige furono di fatto “annesse” alla Germania di Hitler, al “Reich”. E proprio di questo tratta un libro che, a mio avviso, dovrebbe far parte integrante dei testi scolastici della regione “autonoma”. Non solo per ricordare – come si fa con la Shoah, con le Foibe, con gli orrori delle guerre, peraltro ancora davanti ai nostri occhi nelle cronache odierne – ma soprattutto per capire meglio perché tante donne, tanti uomini hanno sacrificato la loro stessa vita. Per la libertà.
Propongo oggi le immagini tratte dal libro citato: “Trentino e Alto Adige province del Reich”, di Piero Agostini. Un libro stampato nel 1975. E ristampato – visto che la prima edizione era da tempo esaurita – nel novembre 2002. Con parte iconografica curata da Ulisse Marzatico ed Elio Fox. Temi Trento. Interessante quello che scrive l’editore Ricardo Bacchi nella presentazione: “… (è) l’omaggio ed una lettura storica degli eventi che mantiene a distanza di un quarto di secolo piena attualità e freschezza. La storiografia più recente in argomento non porta a modificare l’interpretazione dei fatti, a riprova che il richiamo fermo ai valori, che ispirò l’autore nella sua ricerca, non sopporta “revisionismi” di sorta”.
Fotografie e documenti sono stati forniti da:
Museo del Risorgimento e della lotta per la libertà di Trento
Museo Civico di Riva del Garda (foto di Carlo Armani)
Museo storico italiano della guerra di Rovereto
SETA – editrice del giornale Alto Adige
Prof. Giovanni Barozzi, prof. Sergio Benvenuti, rag. Rolando Boesso, geom. Bruno Cordin, G.B. Dalprà (Tisti), Nives Fedrigotti, prof. Renzo Francescotti, Viola Manci Jerace, Ariele Marangoni, maestro Mario Matteotti, maestro Andrea Mascagni, Guido Pincheri, Giovanni Parolari, comm. Rino Perego, Foto Fratelli Pedrotti.
Solo due parole su Piero Agostini (nella seconda parte, quella che riguarda Bolzano, l’Alto Adige, ci sarà anche la collaborazione di Carlo Romeo) autore della prima edizione e della sezione dedicata al Trentino. E’ stato mio direttore al giornale l’Adige. L’ho visto piangere quando era stato posto davanti ad un bivio: continuare con l’Adige ma allargando le proprie competenze a quelle di “manager” dell’informazione sull’asse dell’Adige (di lì a poco nascerà la “Cronaca” di Verona e poi “il Mattino” di Bolzano, esperimenti purtroppo falliti anni dopo). Lui era un giornalista. E da giornalista, colto da malore sul bancone della tipografia del giornale “Bresciaoggi”, è morto. Il suo amore per la verità c’è anche e soprattutto in questo libro. Non facile da scrivere vista la delicatezza e la tragicità dei fatti analizzati, confrontati, verificati da Piero Agostini con la cura e la passione che ha trasmesso a tanti suoi allievi.
Terribile e crudele infine il destino di chi morì pochi giorni prima o addirittura anche dopo il giorno della Liberazione. Le storie di questi e di altri partigiani trentini. Con immagini crude, orribili. Tante arrivano dopo anni di “top secret” dal Pentagono. Le riproduco, non per emulare quanto ci arriva dalla Siria, dall’Irak, dalla Libia. Ma per mostrare “tutto” di quelle tragedie. Anche quello che non vorremmo vedere. Mai più.
Allego – oltre a quello che riunisce tutte le foto della ricca galleria – anche un video di Televignole sul periodo nazifascista nel Trentino (c’è anche, su questo sito, “Zum Tode”, sul libro che ricorda i martiri del 28 giugno 1944). E link per chi volesse approfondire ulteriormente questi ed altri temi correlati.
L’arrivo a Trento, in piazza Dante, dei fascisti convenuti per il loro primo congresso, l’8 ottobre 1921
Dopo aver “marciato” su Bolzano provocando i noti fatti dell’ottobre del 1922, i fascisti sfilano per le vie di Trento nel tentativo di intimidire la popolazione e di farsi credere più forti
I fascisti in piazza Dante
Il “covo” degli Arditi nella prima sede del fascio a Trento. Per ora sulla parete c’è solo il ritratto del re
Un aspetto della tipografia del giornale “Il nuovo Trentino” di Alcide Degasperi, dopo l’incursione fascista nella notte fra l’1 e il 2 novembre 1926. Il giornale sarà costretto al silenzio e su questa triste strada lo seguirà di lì a poco anche il quotidiano liberale “La Libertà”
Stessa notte fra l’1 e il 2 novembre del 1926. Oltre alle macchine da stampa, anche il reparto composizione viene messo a soqquadro dalle squadracce fasciste
In una scenografia di cartapesta, il Duce” parla a Trento in piazza del Duomo il 31 agosto 1935
Davanti al palazzo della Provincia, i fascisti trentini posano per la foto-ricordo in occasione della venuta di Starace a Trento
Il fascismo tiene aggiornate le liste dei fedeli e dei sospetti: come si rileva da questo raro ed inedito documento. Si tratta di un formulario inviato da Roma alle federazioni provinciali del Partito per attuare la schedatura delle persone che contano
Un gruppo di confinati nel 1937 ad Ustica. Fra di loro i trentini Giacomo Dusatti, Ottavio Fambri, Umberto Furlanelli, Ferruccio Sandri, Ezechiele Venturini
In una foto del gennaio 1927 confinati politici a Lampedusa. Tra di essi i comunisti trentini Sandri, Marzenta, Fambri, Venturini
Questo raro documento della Dorezione generale di P.S. documenta come contro gli antifascisti si scatenino tutti gli organi dello Stato, polizia, carabinieri, spie, ministeri. Ma il documento testimonia anche il coraggio e l’efficienza di chi non si piega e resiste. E’ il caso di Gigino Battisti di cui il documento si occupa
Il funerale di un confinato ad Ustica nel 1937
Foto segnaletica della polizia. E’ di Giovanni Parolari, presa dopo il suo arresto nel 1937
Foto segnaletica della polizia di un antifascista trentino, che fu anche esule a Parigi, il dott. Carlo de Stefani
23 novembre 1927. L'”Atto di comparizione”: Guido Pincheri deve presentarsi ad una speciale Commissione provinciale in Prefettura, accusato di essere “uno degli esponenti massimi della sezione di Trento del partito socialista”
Il 21 giugno 1930 la Commissione destina Pincheri al confino di polizia per 5 anni
Il documento con cui la Direzione della Colonia di confino di Lipari prende in consegna Pincheri. Si notino le prescrizioni per i confinati
La “Carta di permanenza” per i confinati. Era un libretto personale che li accompagnava durante la detenzione, con l’elencazione dei divieti e delle regole a cui dovevano attenersi
Il 3 agosto 1937 Pincheri è rispedito al confino per altri due anni, questa volta ad Acerenza in provincia di Potenza. E’ colpevole di “attività contraria agli interessi Nazionali”
Il Comune di Acerenza lo prende in custodia
Il 9 luglio 1938 un “atto di clemenza” di S.E. il Capo del Governo: il confino viene commutato in un biennio di ammonizione. Pincheri potrà rimanere a Trento, ma in pratica è prigioniero nella sua città. Si leggano le “prescrizioni speciali”. Guido Pincheri oltre che a Lipari, Acerenza e Bianco in provincia di Reggio Calabria, fu confinato anche a Potenza. La fine del nazifascismo lo colse internato nel campo di concentramento di Bolzano, nel 1945
In elegante divisa bianco-nera, il Prefetto Foschi saluta gli alpini che in carro merci partono per la Russia. Molti non ritorneranno
Abbiamo i tedeschi in casa, ma come “alleati”, per ora. Nella foto un alto ufficiale tedesco consegna decorazioni di guerra tedesche durante una cerimonia a Trento, alla presenza del Prefetto Foschi
Gli antifascisti all’opera nell’ex piazza del Littorio, che viene ribattezzata col nome di Giacomo Matteotti
Anche via Italo Balbo viene intitolata ad una delle prime vittime antifasciste: don Minzoni, il sacerdote romagnolo trucidato dagli squadristi
Quando questa foto fu scattata, nel cortile di una caserma di Trento, il soldato Mario Bailoni di Vigolo Vattaro (al centro) non sapeva che pochi giorno dopo sarebbe caduto, armi in pugno, sotto il piombo nazista, per difendere un’Italia, nella quale ormai credeva. A Mario Bailoni è stata concessa la medaglia d’argento al valor militare
“Mädchen und Soldaten”. Qui siamo nella antica via Pertini a Bolzano, dove i militari tedeschi sfilano cantando
Ceste di frutta vengono offerte alle truppe tedesche accampate lungo le strade dell’Alto Adige e nella periferia urbana
Torna la moda – particolarmente bavarese – delle feste campestri “ufficiali”, alle quali non disdegnava la sua presenza, anche il “Gauleiter” della zona di operazioni delle Prealpi, Franz Hofer
Il proclama tedesco
Il “Bollettino Ufficiale” del commissario supremo per la “Zona d’operazioni delle Prealpi”. Seguendo l’indice, al primo posto troviamo il decreto di chiusura della Casa Editrice del quotidiano “Il Brennero”, mentre al punto 3) troviamo la nomina dell’avv. Adolfo de Bertolini a Commissario prefettizio di Trento. Interessante anche la disposizione sulla nuova nomenclatura di vie e piazze
E’ passato qualche tempo – siamo nell’inverno fra il 1944 ed il 1945 – e la città di Trento ha sempre più la fisionomia di una città occupata. Sulla ex casa del littorio, sventola la svastica e nel palazzo mussoliniano si è insediato il comando di zona delle truppe germaniche. La foto è stata scattata dall’ing. Ruatti, perseguitato dal fascismo e confinato
Volantino a colori diffuso dai fascisti in Valsugana
Retro dello stesso volantino. La Repubblica di Salò aveva dato un termine per l’autoconsegna o la denuncia di soldati ancora sbandati o facenti parte di formazioni partigiane: il 25 maggio
Ma l’appello precedente cade nel vuoto. Passa il 25 maggio 1944 ed ecco apparire un altro manifestino che promette la “morte” per coloro che non hanno “obbedito”. E’ la prova che non tutti hanno piegato il capo
Partigiani in montagna
Una cedola di sottoscrizione per finanziare la lotta armata contro il fascismo. E’ stata emessa dal Comitato di Liberazione Nazionale (CNL) ancora nell’ottobre del 1943
Anche il Pci, per conto suo, lancia una sottoscrizione all’inizio del 1944. Serviranno, questi soldi, per sovvenzionare le formazioni garibaldine che sono fra le più attive nella lotta contro il nazifascismo
Gigino Battisti, figlio del martire della prima redenzione, fu tra i primi ad aderire al movimento “Italia libera” e ad animare la Resistenza trentina ancor prima del crollo fascista. La foto ce lo mostra negli anni della lotta armata, mentre ascolta i messaggi di “Radio Londra” che contenevano indicazioni di lotta per le formazioni partigiane e per gli altri resistenti. Nella foto si nota la mano guantata di Gigino. Il fatto è legato ad una delle sue primissime imprese, quando aderì giovanissimo al movimento “Italia libera”. Il movimento, fra le altre attività, svolgeva anche quella di curare l’espatrio degli antifascisti in pericolo. Fu per portare la notizia che la polizia stava per fare incursione nel nascondiglio dei fuggiaschi, che Gigino affrontò di notte la tormenta delle Dolomiti, dalla quale ne uscì vivo ma con le mani congelate. Era il 1927
Giannantonio Manci nella divisa di ufficiale dell’esercito italiano. Nella sede della “Gestapo” di Bozano, manci venne brutalmente torturato per carpirgli il segreto della sua organizzazione. Conscio che non avrebbe potuto resistere a lungo alle atroci torture senza, pur involontariamente, tradire i compagni di lotta, riuscì a gettarsi dalla finestra del comando della “Gestapo”, uccidendosi. Era il 7 luglio 1944.
Entrata e prospettiva della ex sede del Comando del Corpo d’Armata di Bolzano, che fu dal 1943 al 1945, la sede della “Gestapo”, la feroce polizia nazista
A queste tubazioni venne impiccato il patriota Mario Longon. Siamo nel reparto caldaie del palazzo della “Gestapo”, nello scantinato
La sala caldaie del palazzo della “Gestapo”. Qui avvenivano gli interrogatori e le torture
Il comando del Corpo d’armata dall’interno del cortile. Dalla finestra centrale dell’ultimo piano si gettò Manci
Strumenti di tortura
La baracca delle celle per i prigionieri politici nel lager di Bolzano
Il corridoio con le celle dei detenuti
Un altro blocco di celle
Prospettiva centrale del campo di concentramento. Sulla sinistra l’infermeria ed i servizi igienici, sullo sfondo le celle
Un “piano di fuga” dal campo di concentramento di Bolzano
Contrassegno dei prigionieri nel campo di concentramento
Clorinda Menguzzato (“Veglia”), caduta l’11 ottobre 1944, mentre parte per una missione informativa sulle montagne del Tesino. Medaglia d’oro della Resistenza
Ancilla Marighetto (“Ora”), caduta il 19 febbraio 1945. Medaglia d’oro della Resistenza
Il piano elaborato e diretto dal comandante “Fumo” per la presa del presidio tedesco di Castel Tesino
I funerali del comandante partigiano “Fumo”, Isidoro Giacomin
I funerali del comandante partigiano “Fumo”, Isidoro Giacomin
I funerali del comandante partigiano “Fumo”, Isidoro Giacomin
I funerali del comandante partigiano “Fumo”, Isidoro Giacomin
I funerali del comandante partigiano “Fumo”, Isidoro Giacomin
Isidoro Giacomin detto “Fumo”, di Fonzaso. Ex sottotenente degli alpini, quando cadde aveva 23 anni
I funerali del comandante partigiano “Fumo”, Isidoro Giacomin
I funerali del comandante partigiano “Fumo”, Isidoro Giacomin
I funerali del comandante partigiano “Fumo”, Isidoro Giacomin
I funerali del comandante partigiano “Fumo”, Isidoro Giacomin
I funerali del comandante partigiano “Fumo”, Isidoro Giacomin
I funerali del comandante partigiano “Fumo”, Isidoro Giacomin
Mario Pasi
Mario Pasi, davanti alla suora e alle spalle dei suoi colleghi visita una corsia di degenti del S. Chiara poco prima della sua fuga da Trento
Il biglietto scritto in carcere da Mario Pasi, ridotto in fin di vita dalle feroci torture dei suoi aguzzini
E’ il 10 marzo 1945. Mario Pasi viene impiccato nel “bosco dei castagni”, sopra Belluno. Con lui ci sono altri 9 compagni di lotta
Ecco i dieci morti del “bosco dei castagni” di Belluno. Fra di essi vi è Mario Pasi
L’ultima immagine di Mario Pasi dopo la morte
Un curioso documento. La Missione inglese “Freccia” chiede ai comandi partigiani di far sapere la situazione della bachicoltura da seta preoccupati dell’economia italiana del dopoguerra
Queste due foto documentano gli ultimi istanti dei partigiani massacrati a Malga Zonta, il 12 agosto 1944. Le foto sono state scattate da due diverse angolazioni e sono state ritrovate nel portafoglio di un tedesco fatto prigioniero. Sono fra le immagini più significative della Resistenza trentina
Malga Zonta: Bruno Viola, detto “il marinaio”, al centro, urla ai tedeschi il suo disprezzo
Oltre alla lotta partigiana ci sono stati altri modi in cui i trentini hanno manifestato la loro resistenza al nazifascismo. Non si devono dimenticare le migliaia di internati militari in Germania, che non accettavano di collaborare con la Repubblica di Salò e preferirono patire le sofferenze dei campi di concentramento. Nella foto, un gruppo di trentini nel campo di Grosshesepe. Il primo a sinistra è il maggiore Vincenzio Fiorio di Riva
Il Tribunale Speciale funziona a pieno ritmo e fa conoscere la sua opera attraverso volantini come quello che riproduciamo. E’ un monito, ma anche la testimonianza che la Resistenza è viva
Una radio usata dai partigiani, ora custodita al Museo del Risorgimento di Trento
Enrico Pedrotti
Andrea Mascagni
La grotta sulle pendici del Brenta, sopra il lago di Molveno, base della stazione trasmittente. Da sinistra Franco Bonatta di Bolzano, l’aviatore americano Lee Palser, il radiotelegrafista Matteo Brunetti
La grotta sulle pendici del Brenta, sopra il lago di Molveno, base della stazione trasmittente. Da sinistra Franco Bonatta di Bolzano, l’aviatore americano Lee Palser, il radiotelegrafista Matteo Brunetti
“Attenzione ! Pericolo di bande notte e giorno”, dice il cartello posto dai tedeschi all’imbocco della Val di Fiemme nell’autunno del 1944. E’ il riconoscimento dell’efficienza partigiana
Malga Caseratte al Cadinello Alto (quota 2000) dove era dislocata la brigata “Cesare Battisti” comandata da Armando Bortolotti. La foto che conserva intatta la fisionomia della zona è stata scattata da Ariele Marangoni, uno dei protagonisti della resistenza in Val di Fiemme
La lettera dell’alto commissario della zona delle Prealpi che annuncia al Tribunale speciale di Bolzano l’arresto dei partigiani della brigata “Cesare Battisti”
Un battaglione del CST (Corpo di sicurezza trentino) in assetto di marcia
Il Bollettino Ufficiale che riporta l’ordinanza sul servizio militare nel CST. Si notino le conseguenze della mancata risposta alla leva
Un reparto del CST alle esercitazioni
La cartolina di precetto per i richiamati nel CST
Il “libretto personale” in dotazione agli appartenenti al CST. Era quello stesso usato dalle SS
Documento di una “camicia nera” trentina in servizio a Padova. La lettera inviata alla moglie non reca una data, ma è possibile localizzarla nei primi mesi del 1945, quando circolarono voci sull'”arma segreta” di Hitler. Allora, americani e russi sorrisero sulla sparata nazista, ma dopo la guerra si accorsero che nella notizia – pur spavalda – c’era un fondamento di verità. Anche gli scienziati nazisti erano sulla strada della bomba atomica. A parte ciò, è interessante notare ancora la fiducia di molti fascisti nel “Duce” e nella grande Germania
Documento di una “camicia nera” trentina in servizio a Padova. La lettera inviata alla moglie non reca una data, ma è possibile localizzarla nei primi mesi del 1945, quando circolarono voci sull'”arma segreta” di Hitler. Allora, americani e russi sorrisero sulla sparata nazista, ma dopo la guerra si accorsero che nella notizia – pur spavalda – c’era un fondamento di verità. Anche gli scienziati nazisti erano sulla strada della bomba atomica. A parte ciò, è interessante notare ancora la fiducia di molti fascisti nel “Duce” e nella grande Germania
Tina Lorenzoni, ragazza trentina di 26 anni, stroncata d una raffica di mitra mentre tentava l’evasione da Villa Cisterna, a Firenze, dove era stata portata dopo la cattura. Tina lavorava per la Resistenza fiorentina in qualità di informatrice. Era crocerossina ed attraversava quasi tutti i giorni la linea del fronte che – nell’agosto del 1944 – tagliava in due Firenze seguendo il Mugnone. Teneva i collegamenti tra i partigiani della V brigata, il comando della divisione “Giustizia e Libertà” ed il servizio “I” del partito di azione che si trovava al centro della città. Durante uno dei passaggi dalla “linea del fuoco” venne catturata da una pattuglia di guastatori e morì poco dopo nel modo già detto. Tre giorni dopo, non avendo notizie della figlia, Ida e Giovanni Lorenzoni si misero alla ricerca, aiutati da tre partigiani. Lungo una strada, dall’alto di una casa, improvvisamente partì una raffica di mitra. Ida e una ragazza partigiana che accompagnava i genitori di Tina, caddero a terra ferite; Giovanni Lorenzoni fu colpito al collo e morì mezz’ora dopo all’ospedale
Una funzione essenziale hanno svolto le guide alpine nel quadro generale della Resistenza. Sono state loro a portare al sicuro oltre confine (Francia, Svizzera) molti patrioti ricercati dai fascisti prima e dai nazisti poi. Si trattava di gente esperta, sicura, preziosa. Una di queste figure è stato Adamello Collini di Pinzolo, che ha portato in salvo – con il costante rischio della vita – decine di patrioti. Morì nel campo di concentramento di Mauthausen
Non tutti i nostri patrioti hanno combattuto e sono caduti sulle nostre montagne. Molti combatterono e caddero nelle province limitrofe, dove la Resistenza armata al nemico invasore era più dura. Fra i caduti gloriosi in province vicine, è doveroso ricordare Marco Stringari di Trento, giovane studente universitario, ucciso a Mezzaselva di Asiago proprio alla vigilia della libertà: il 6 aprile del 1945. In un ennesimo rastrellamento nella zona montagnosa del vicentino, Marco Stringari cade combattendo. Era già stato ferito in combattimento nell’agosto del 1944 sempre sull’altipiano di Asiago. Medaglia d’argento alla memoria
Anche il Trentino viene bombardato con drammatica intensità dall’aviazione alleata e uno dei compiti dei partigiani è di segnalare se gli obiettivi sono centrati. Ma dall’alto piovono anche milioni di volantini che la gente raccoglie e legge con avidità. Quelli scritti in tedesco portano l’indicazione: “Italiani, passate questo giornale ai tedeschi”
Partigiani del battaglione “Monforte” che operava in Val di Non
Un altro gruppo di partigiani della val di Non fotografati con la bandiera del battaglione “Monforte”
Quando era possibile si ricuperavano e si nascondevano gli aviatori alleati che erano costretti a paracadutarsi dagli aerei colpiti. Eccone un gruppo, nella zona della Predaia – a Tres in Val di Non – nell’aprile 1945
Partigiani del Distaccamento “Verla”
Baita in località Angoie di Masen – in val di Cembra – ove si rifugiavano i partigiani del distaccamento “Verla” della Brigata Gramsci, fatta saltare dai tedeschi durante un rastrellamento
Livio Marchi (Fabio) fotografato con la bandiera del Distaccamento “Trento-Verla” della Brigata Gramsci che operava in val di Cembra
Un gruppo di partigiani del distaccamento “Verla” sta facendo la guardia ad alcuni prigionieri tedeschi, catturati in località Masen di Giovo e rinchiusi nell’edificio che serviva di base ai partigiani della zona
Davanti ai tradimenti il gruppo partigiani di Arco prende le sue precauzioni. Il foglietto che riproduciamo serviva – completato con i nominativi dei delatori – a denunciarli alla popolazione affinché se ne guardasse
Copertina di un fascicolo del Tribunale Speciale riguardante i procedimenti contro i partigiani del Basso Sarca arrestati durante la notte del 28 giugno 1944: Gastone Franchetti, Giuseppe Porpora, Giuseppe Ferrandi, Luigi Lubich, Giorgio Tosi
il 24 aprile 1945 Riva del Garda subisce un violento bombardamento aereo americano. Nella foto un bombardiere in azione
Il bombardamento aereo di Riva del Garda, del 24 aprile 1945: vista dall’alto della zona dell’Inviolata. Il monumento non fu toccato dalle bombe. Il bombardamento era destinato a una colonna motorizzata tedesca che era parcheggiata in viale Trento, in viale Ospedale e in viale Madruzzo
Effetti del bombardamento del 25 aprile 1945: carcasse di mezzi tedeschi in viale Trento
Effetti del bombardamento: le scuole elementari femminili annesse al Conservatorio dell’Inviolata a Riva dopo l’incursione
La carcassa semiaffondata del battello “Angelo Emo” colpito dalle bombe. L'”Angelo Emo” serviva alla “Kriegsmarine” – la marina da guerra tedesca – per esercitazioni e sperimentazioni segrete
28 aprile 1945: gli americani sono bloccati oltre le gallerie sulla Gardesana, fatte saltare dai tedeschi. I partigiani entrano in azione mentre i cacciabombardieri americani bombardano le postazioni tedesche sul monte Brione
Questa e la seguente sono foto scattate il 28 aprile 1945, primo giorno dell’insurrezione a Riva e nel Basso Sarca. Siamo sul lungolago in piazza 3 Novembre. I partigiani escono allo scoperto nella città deserta. La popolazione in parte è sfollata, in parte è rifugiata nelle cantine o nel tunnel scavato nella montagna presso piazza San Rocco. I tedeschi stanno organizzando la ritirata dopo le notizie della insurrezione nell’Italia del Nord (25 aprile) e hanno cominciato a sgomberare gli alberghi e le cliniche di Riva e di Arco, trasformate in lazzaretti e in ospedali per la Wehrmacht (vedi la bandiera con la croce rossa che sventola da un balcone)
Nella mattinata i gruppi di insorti hanno prelevato le armi da tempo preparate. Altre sono uscite dai posti più impensati, anche dalla canonica dove c’è don Parolari. La città è sotto la minaccia dei cannoni da 88 dei tedeschi. Oltre ai partigiani della zona si mettono in azione le squadre clandestine formatesi nelle officine della Fiat di Torino che nell’ultimo periodo del conflitto hanno agito nelle gallerie della Gardesana occidentale, sabotando regolarmente la produzione del materiale bellico. Le foto sono probabilmente le prime di una formazione armata partigiana nel giorno dell’insurrezione
Un gruppo di insorti fotografati il 28 aprile sul lungolago di Riva davanti alla centrale del Ponale. Sono partigiani trentini e operai dei gruppi delle Officine Fiat, assieme a uno sconosciuto soldato russo che ha disertato dai tedeschi per unirsi a loro
Foto scattate il 30 aprile nel momento culminante dell’insurrezione a Riva del Garda
A Riva (piazza Tre Novembre) transita un gruppo di insorti su un camion sequestrato nei magazzini della Speer sul quale è stata piazzata anche una mitragliatrice
L’insurrezione è conclusa. Alle finestre sventolano già le bandiere tricolori dopo la Liberazione. Una squadra di insorti nella zona del Basso Sarca
30 aprile 1945: il comandante della brigata “Impera”, Dante Dassati, poco prima dell’arrivo delle truppe americane con una staffetta partigiana che lo sta ragguagliando sui movimenti dei tedeschi in fuga
Dalle stesse postazioni dalle quali i tedeschi avevano sparato contro i partigiani che avevano occupato Palazzo Pretorio ora vigilano le truppe americane
Viene distribuito un rancio di fortuna alla popolazione uscita dai rifugi antiaerei
30 aprile 1945: la prima staffetta americana arriva in piazza Tre Novembre a Riva del garda accolta da partigiani e popolazione
Riva è liberata per prima fra le città del Trentino. Dell’aspra lotta svoltasi rimangono i segni nel materiale bellico distrutto. La guerra è finita
(Le tre foto che seguono sono state scattate dalla V armata americana. Le didascalie sono la traduzione delle diciture stampate a tergo delle foto). 30 aprile 1945 – zona del lago di Garda – V armata. Dietro il carro M-7 si vedono le montagne coperte di neve
3 maggio 1945 – zona di Torbole – V armata. Il tenente colonnello Woran, cappellano della Decima divisione motorizzata raccoglie in preghiera un gruppo di soldati a Torbole, il giorno dopo la resa incondizionata di tutte le truppe tedesche in Italia
4 maggio 1945 – V armata – zona di Rovereto. Un ufficiale tedesco tratta con gli ufficiali americani la resa delle sue truppe a Rovereto
Un gruppo di insorti, fra i quali operai delle Officine Caproni, in località Prabi dI Arco, ove controllavano nuclei di SS. Anche a Rovereto, prima dell’arrivo delle truppe americane, i partigiani impegnarono in scontri a fuoco i tedeschi. Cadde, il 29 aprile, anche un giovane di 18 anni, Mario Fedrigotti
I primi carri armati americani sfilano in piazza Venezia a Trento
Trento, villa Triste, come era chiamata la sede delle SS in via Brigata Acqui. Un ufficiale americano si allontana dalla villa dopo il sopralluogo
Le truppe americane nella “villa triste”, luogo, a Trento, di efferate torture e di supplizi di molti patrioti e combattenti per la libertà
Stramentizzo, 3 maggio 1945. E’ il primo caduto della lunga serie: guidava la motocicletta che incrociò la VW anfibia con tre nazisti. Era chiamato “Franz” e la sua identità non è stata accertata, probabilmente un disertore tedesco
Stramentizzo, val di Fiemme. 4 maggio 1945. Le case March, Pergher e Ausermiller distrutte dal fuoco
Stramentizzo. Il cadavere carbonizzato del partigiano Giacinto Polo trovato davanti a casa Ausermiller
Andrea Ausermiller ucciso davanti alla sua casa
Una fotografia drammaticamente significativa: tre partigiani uccisi in combattimento. Il primo a destra è Lino Rizzoli di Cavalese; il terzo a sinistra Narciso Vanzo pure di Cavalese ed in centro dovrebbe trattarsi di Achille Rella, il partigiano che il 3 maggio fece cinquanta prigionieri con i suoi uomini
Molina di Fiemme. Carlo Corradini, 68 anni, ucciso mentre tornava a casa
Stramentizzo. Il partigiano Silvio Largher di Molina di Fiemme
Case di Stramentizzo in preda alle fiamme
Molina di Fiemme. Andrea Bortolotti detto “Paietta” ucciso in casa
Stramentizzo. Il corpo del partigiano Luigi Tonini da Ischiazza di Valfloriana
Davanti a casa Pergher è stato rinvenuto il corpo carbonizzato di Gabriele Rossi
Con i partigiani fiemmesi combatterono anche dei soldati stranieri sfuggiti ai tedeschi. Questo dovrebbe essere il corpo di un soldato russo, di nome Wiens Willi da Saporowska
Il centro di Molina di Fiemme distrutto
Stramentizzo. Il corpo di Francesco Marchetti, un soldato di Tesero arruolato nelle ferrovie germaniche, e che era riuscito a fuggire ai tedeschi. Lo hanno ucciso mentre entrava nel bosco
Stramentizzo, 4 maggio 1945. Fra i caduti anonimi di quella mattina di tragedia, vi era anche un ufficiale medico negro sudafricano, che faceva parte del nucleo partigiano; c’era anche uno slavo chiamato “Tito”
Altre case di Molina di Fiemme distrutte
Stramentizzo. Attilio Bazzanella, anch’egli ucciso in casa
I corpi di due partigiani ignoti
4 maggio 1945 – zona di Bolzano – V armata. I due uomini al centro sono canadesi che dopo 5 anni di prigionia dei tedeschi sono fuggiti e si sono nascosti a Bolzano per un certo tempo. Con loro ci sono alcuni partigiani e due soldati polacchi impiegati come lavoratori dai tedeschi
4 maggio 1945 – zona di Bolzano – V armata. Soldati tedeschi marciano in formazione per recarsi a consumare il rancio. (Si tratta naturalmente di prigionieri. A molte finestre è esposta la bandiera italiana)
4 maggio 1945 – V armata – zona di Bolzano. Civili italiani già prigionieri dei tedeschi e partigiani manifestano la loro gioia per la libertà raggiunta, in attesa dell’arrivo delle truppe americane
5 maggio 1945 – zona di Sluderno – V armata. Prigionieri di guerra tedeschi spingono un carro con i loro bagagli verso un centro di raccolta
12 maggio 1945 – zona di Bolzano – V armata. Tedeschi consegnano armi ed equipaggiamenti ai membri della Compagnia “A” della 88 Divisione
13 maggio 1945 – zona di Bolzano – V armata. Ufficiali tedeschi e uomini del Quartier Generale delle SS abbandonano il Quartier Generale diretti verso un campo di concentramento alleato dopo la resa di Bolzano
13 maggio 1945 – zona di Bolzano – V armata. Al centro internati di Bolzano, organizzato dal Comitato di Liberazione italiano, questo italiano legge per la prima volta dopo un anno un giornale libero, mentre attende di essere riportato a casa
15 maggio 1945 – zona di Merano – V armata. Il dott. Rudolf Rahn, ambasciatore nazista, sta per lasciare l’ambasciata, avviato verso le retrovie, dove sarà tenuto prigioniero di guerra. (Rahn era stato nominato da Hitler ministro plenipotenziario del Reich in Italia, dopo l’8 settembre 1943)
13 maggio 1945 – zona di Bolzano – V armata. Internati italiani dell’Italia settentrionale in un posto di smistamento ed assistenza organizzato dal Comitato Italiano di Liberazione, ove troveranno cibo e modo di lavarsi e dormire
26 maggio 1945 – zona di Bolzano – V armata. Il dott. De Angelis, nominato prefetto di Bolzano dall’AMG (Allied Military Government), discute con il tenente colonnello W. E. McBratney, responsabile per Bolzano dell’AMG, l’attività dei partigiani nella zona
26 maggio 1945 – zona di Bolzano – V armata. Il capitano inglese G.W. Brown, ufficiale dei servizi di sicurezza dll’AMG di Bolzano, consegna permessi di porto d’armi al dott. Riccardo Gamberini, comandante partigiano, per rastrellare tedeschi isolati sulle colline locali
17 maggio 1945 – zona di Fortezza – V armata. Contenitori di lingotti d’oro, valutati complessivamente mezzo bilione di dollari, sono caricati su camion americani dai prigionieri di guerra tedeschi. I tedeschi rubarono l’oro dall’Italia e usarono prigionieri russi per ammassarlo
5 giugno 1945 – Bolzano – V armata. Soldati italiani del gruppo Folgore di guardia alla bandiera italiana dopo la cerimonia del cambio del distretto alpino del nord dalla 88 Divisione al gruppo Folgore
20 giugno 1945. Treno carico di internati italiani giunge da Innsbruck a Bolzano, punto di raccolta e smistamento per gli internati italiani in Germania e Austria
Un’immagine di pace e di speranza: due prigioniere nel campo di concentramento di Bolzano, il giorno della loro liberazione: sorridono finalmente alla libertà. A sinistra Maria Marsilli di Rovereto e la sorella