TONE (“TONI”) VALERUZ
Alba di Canazei, 28 gennaio 1951
a cura di Cornelio Galas
Nato ad Alba di Canazei, nel 1951, Toni Valeruz è guida alpina e maestro di sci, con una sola vera, grande passione: quella dello sci estremo, di cui è stato, in Europa uno dei primissimi interpreti.
A 14 anni, decide di chiuder l’esperienza scolastica e a 18 si arruola nei Carabinieri, cercando di emergere nello sci agonistico. Ultimato il servizio militare, ha già maturato una scelta precisa, fare il maestro di sci.
Il padre che lo vorrebbe al suo fianco nella conduzione del ristorante se lo vede sgusciar via verso l’avventura, alla ricerca di un modo di vivere diverso. E il suo modo di intendere l’avventura lo appaga interiormente.
I soldi non gli interessano: “Non mi lamento di quello che ho …”. Anche le sponsorizzazioni non lo interessano più di tanto: “Potrebbero togliermi la mia libertà esistenziale …”.
Una libertà alla quale non è disposto a rinunciare per nessuna ragione al mondo. Toni Valeruz è un uomo semplice, con delle idee molto precise: “Un uomo riesce a fare grandi cose, solo se è semplice dentro …”. E lui di cose grandi ne ha fatte tante a iniziare dal 1970, su quella Marmolada, la montagna di casa, che fino a quel momento era stata per lui palestra naturale per lo sci da discesa.
Dapprima i “tuffi” dalla cupola ghiacciata, quindi da Punta Rocca, giù per la Nord. Poi si è aggiunto il Gran Vernel sulla cui parete Nord Valeruz ha tracciato una decina di itinerari in discesa al limite delle possibilità umane.
Nel suo carnet figurano i più famosi 4000 delle Alpi, alcuni dei quali discesi anche più volte: il Cervino, pareti Sud, Est e Ovest, l’Eiger, il Monte Bianco, il Monte Rosa.
Ha effettuato spedizioni anche in Sud America, concluse con la discesa delle inviolate pareti dell’Alpamayo, dell’Artensoraio, del Sarapao e dello Sculà.
In Himalaya durante la spedizione alpinistica “Città di Trento” alla quale ha partecipato, alcuni anni fa, ha disceso parte della parete del Makalù.
Salite e discese impressionanti, con pendenze superiori al 55%. Nel 1988 Toni è rimasto gravemente ferito precipitando durante un volo col parapendio al Passo di Costalunga. I medici temevano lesioni irreversibili e nutrivano ben poche speranze sulla possibilità di una completa ripresa fisica.
Valeruz ha superato quei difficili momenti grazie al suo fisico eccezionale ma, soprattutto, alla sua ferma volontà di ritornare a fare lo sci estremo. E dopo alcune “prove” sulle montagne di casa è partito per la Patagonia, dove ha scalato la parete Sud del Cerro Don Bosco aprendo una nuova via.
E sempre, come compagni, ha avuto il vento incessante che sbilancia, e la solitudine … Particolare significativo, Toni Valeruz ha rifiutato di munirsi di un radiotelefono: “Volevo vivere un’avventura solo con me stesso. Il radiotelefono avrebbe rotto l’armonia”.
La sua filosofia è personalissima e può apparire opinabile a un comune mortale che viva la montagna contemplativo.
“La vita è un gioco d’azzardo. Lo sci estremo è il sale della vita. Non sono mai caduto durante una discesa ed è per questo che sono ancora vivo. Cadere su un pendio quasi perpendicolare non offre alcuna speranza. Ma quando vai giù non ci pensi neppure. E non perché si è coraggiosi, anzi. L’importante è avere paura e amare la vita, cioè il gioco d’azzardo”.
E sulla roulette della vita Valeruz ha cominciato a puntare forte fin dall’8 luglio 1970, una data importante, quella della sua prima discesa: 600 metri, la diretta Nord della Marmolada. Aveva 19 anni.
Negli anni novanta realizza, fra le altre, la prima discesa della parete sud-est della Tofana di mezzo, della parete nord-est del Monte Civetta, e il record di discesa dalla parete nord dei Lyskamm in tre minuti.
Per molte delle sue discese ha utilizzato l’elicottero per raggiungere la vetta, e per questo fatto è stato anche criticato. Gli exploit di Valeruz si concentrano soprattutto sulla discesa, sull’essere sciatore più che alpinista, nel limitare l’uso delle doppie e nello scendere nel più breve tempo possibile, fattore che per Toni dimostra la preparazione e la capacità tecnica dello sciatore.
Fu anche criticato per una eccessiva spericolatezza, tuttavia le sue imprese venivano compiute dopo un accurato studio del percorso di discesa e una metodica preparazione atletica, senza contare la estrema pericolosità intrinseca della disciplina dello sci estremo.
Pratica anche il parapendio, attività durante la quale ha avuto come detto un grave incidente il 2 agosto 1988 presso il Passo di Costalunga, con la rottura dell’osso sacro e di una costola, che gli perforò un polmone.
A quarant’anni dalla prima discesa, e all’età di 62 anni, ha ripetuto l’impresa di scendere con gli sci dal Gran Vernel, impiegando circa due ore.
Le più significative discese di Toni Valeruz sulle Alpi:
- Parete nord– Marmolada – 1970
- Parete nord– Lyskamm – 1º giugno 1974 – Discesa in 13 minuti.
- Parete est– Cervino – 14 maggio 1975 – Prima discesa con gli sci dai circa 4.200 m della spalla dell’Hörnli. Valeruz ripeterà la discesa il 26 maggio 1975 e il 30 maggio 1996.
- Gran couloir della Brenva– Monte Bianco – 28 aprile 1978 – Discesa in 35 minuti per il couloir tra la Via Major e la Sentinella Rossa. La salita è avvenuta in elicottero.
- Parete nord-ovest– Gran Vernel – 10 aprile 1979 – Prima discesa, effettuata in 30 minuti, tra le 13:45 e le 14:15. Erano presenti centinaia di spettatori e la discesa è stata ripresa dalla Rai. La salita è avvenuta in elicottero.
- Parete nord-ovest– Ortles – 16 febbraio 1983
- Parete nord-est– Eiger – 12 maggio 1983 – Prima discesa, effettuata lungo la via Lauper.
- Parete nord– Lyskamm – 27 luglio 1986 – Doppia discesa della parete nord dei Lyskamm, entrambe le volte in un tempo di 7 minuti. La salita è avvenuta in elicottero.
- Canalone della Tosa(o canalone Neri) – Cima Tosa – 20 gennaio 1993 – La prima discesa era stata effettuata da Heini Holzer nel 1970.
- Parete nord– Lyskamm – 29 luglio 1993 – Discesa in 2 minuti e 58 secondi.
- Parete sud-est– Tofana di mezzo – 21 dicembre 1993 – Prima discesa.
- Parete nord-est– Monte Civetta – 11 febbraio 1994 – Prima discesa, effettuata in tre ore e 35 minuti, in parte lungo la via ferrata degli Alleghesi. La salita è avvenuta in elicottero.
- Parete nord-est– Grivola – 8 giugno 1995 – La discesa è stata effettuata in 20 minuti e ripresa dalla Rai.
- Parete est– Cervino – 30 maggio 1996 – Sua terza discesa della parete est. Valeruz, scherzosamente, ha compiuto la discesa indossando lo smoking. La salita è avvenuta in elicottero, che lo ha lasciato su un terrazzino a circa 4200 metri.
- Parete nord– Gran Vernel – 23 febbraio 1997 – Discesa alle 02:00 di mattino alla luce della Luna piena.
- Parete nord– Gran Vernel – 15 aprile 2013 – Discesa in due ore.
Discese extraeuropee
- Cerro Don Bosco (2.515 m) – gennaio 1980 – Prima discesa della parete sud, dopo tre tentativi.
- Alpamayo (5.947 m) – luglio 1981 – Prima discesa.
- Makalu (8.462 m) – 1984 – Discesa iniziata a 8100 metri.
- Siula Chico (6.260 m) – 1º giugno 1990 – Prima discesa.
In estrema sintesi, Toni Valeruz può vantare più di 50 prime discese sulle Alpi e su montagne extra-europee. A chi lo accusa di avere usato spesso l’elicottero per raggiungere le vette risponde:
“Siete sicuri che affrontare una parete quasi verticale in sci dopo esserci saliti con l’elicottero è più facile che dopo aver raggiunto la cima a piedi? Immaginate di scendere dall’elicottero e trovarvi di fronte una parete di quinto, sesto, settimo grado e dover scendere slegato. Che pensereste?”
Parete nord del Liskamm, 4 volte. Una in tre minuti. Nord est del Civetta, ferrata degli Alleghesi, est del Cervino 4 volte. Parete nord del gran Vernel, su otto itinerari diversi, 34 discese su questa parete. Est del monte Bianco, Via Sentinella Rossa. Parete nord est Eiger 4 volte, via Lauper, parete nord Presanella 30 porte direzionali, in 2 minuti e mezzo.
Parete nord Marmolada più di 50 volte, una in un minuto . Parete nord est Sassolungo. Parete est Presanella. Parete nord est Grivola. Parete nord Breithorn. In Perù con gli sci giù dal Nevado Sarapo, Yerupaya, Alpamaio Artensorajo; in Himalaya da 8100 mt del Makalu, solitaria discesa parete sud Cerro Don Bosco in Patagonia.
Complessivamente più di 90 discese in prima assoluta su pareti impegnative che solo a guardarle mettono i brividi, pensando di affrontarle, con un paio di ai piedi.
“Quella dello sci estremo – ha detto in un’intervista del giornalista Piero degli Antoni – è una disciplina non difficilissima dal punto di vista fisico, ma è essenziale l’aspetto mentale. Fin da bambino avevo dentro la voglia di mettermi alla prova: a 7 anni sono andato in cima alla Marmolada senza neanche sapere cosa stavo facendo”.
La sua prima discesa? La parete nord della Marmolada, nell’inverno 68-69. “Non ho mai avuto paura – ha risposto alla più scontata delle domande – nello sci estremo devi avere la testa a posto. Prima una discesa controllo ogni minimo particolare, so perfettametne quello che troverò. In discese come quelle che ho fatto io, se cadi sei morto. Solo una volta sul Tribulaun mi si sono incrociati gli sci. Ho fatto una capriola e mi sono ripreso”.
Gli sci sciancrati, quelli della nuova tecnologia? “Non servono nello sci estremo. Soprattutto sulla neve dura fanno presa solo sulla coda e in punta, e perdi la sensibilità”. La discesa di cui è più orogoglioso? “La parete nord del Lyskamm in tre minuti. Sono mille metri di dislivello. Certo se pensi a una discesa libera, non sono niente… ma lì è un’altra cosa”.
Un sogno che non ha realizzato? “Piantare uno slalom gigante con 50 porte sul Gran Vernel. L’avevo fatto sulla Presanella”.
Doti indispensabili per fare sci estremo? “L’equilibrio mentale. La voglia di mettersi in gioco senza commettere errori. Freddezza da qualsiasi punto di vista, soprattutto sentimentale. Lassù sei solo con te stesso”.
Valeruz vive da solo: sua moglie è morta in un incidente anni fa. Ha due figli. “Anche questo è molto importante. Quando affronti un’impresa del genere ha detto – perdi molta energia se sei preoccupato di quelli che hai lasciato a casa. Se sei solo è tutto più facile. Non hai responsabilità”.
Non invidia i campioni e soprattutto i soldi del “Circo Bianco”. E’ molto amico di Alberto Tomba e Gustavo Thoeni. “Siamo andati spesso a sciare insieme. Fuoripista Alberto è molto bravo, più di Gustavo. È un esuberante, uno che si butta. Ha uno stile più adatto al freeride.
Oggi lo stile del freeride è molto rapido, si viene giù dritti. Una volta, ai tempi di Thoeni appunto, si badava più allo stile della curva. Il freeride ti permette buone sensazioni senza obbligarti a metterti in gioco al 100 per cento. E fotograficamente è più interessante, si possono scattare magnifiche foto spettacolari”.
Cosa cambia col passar degli anni? “L’unica cosa che constato è che viene meno la rapidità istintiva del movimento. Da giovane è tutto più immediato. Messner dice: ogni anno che passa, so che le montagne per me diventano più alte, non vorrei salire in cima all’Everest portato in spalla da uno sherpa. Ed ha ragione. Ma a 70 anni capita anche di sentire che puoi farlo. E allora vai. Vado molto in bici anche se, confessiamolo, dopo un po’ è una gran rottura di p … E poi andare sulle strade in bici è più rischioso che scendere con gli sci dalla nord del Cervino”.
Come sceglie le linee di discesa? “Oltre i 55 gradi di pendenza la neve si compatta autonomamente, perché rotola e si autoassesta. Non c’è l’aria tra un fiocco e l’altro. Di solito è molto dura”.
Il 15 aprile 2013 a quarant’ anni dalla prima discesa dal gran Vernel ha nuovamente compiuto l’ impresa.
“E’ stata una cosa molto interessante. Il Gran Vernel rimane, per quanto riguarda lo sci estremo, una parete da non sottovalutare. Il vuoto che si vive dalla vetta fa veramente paura.
Riuscire a ridiscendere questa parete, dopo quarant’anni dalla prima, mi ha dato tantissimo; alla fine con questa ripetizione mi sono tolto un bel pensiero. Mi sentivo molto bene dal punto di vista sciistico e posso dire di aver colto l’ occasione,anche se le condizione della neve non era proprio il massimo.
Posso dire da una vita.. In fondo credo di essere nato con una particolare predisposizione per l’estremo, anche se confesso che da bambino mi faceva paura il vuoto. Piano piano sono riuscito a vincere tutto questo. Avvicinandomi a questi pendi ripidi, con grande sorpresa, provavo piacere e mi sembrava tutto facile. Devo ammettere che alle mie prime esperienze ho avuto probabilmente un pizzico di fortuna.
Sognavo di scendere tutte le pareti che mi stavano attorno. Lo sci era una cosa che sentivo dentro molto forte, ma mi sentivo solo, nessuno ci pensava e nemmeno sognava di farlo, soprattutto qui nelle Dolomiti dove le montagne e le pareti offrono poche possibilità per quanto riguarda lo sci estremo.
Valutando attentamente ci sono invece tantissimi itinerari, specialmente nei canaloni innevati e su quelle pareti dove aderisce la neve bagnata che raffreddandosi, crea una intercapedine sulla quale è possibile mettere gli sci e in qualche maniera venire giù …
Dipende da come si affronta la salita prima e la discesa poi. Bisogna considerare che nulla va lasciato al caso; diciamo che la parola “avventura” non esiste…quindi ci si accinge ad una prova e va studiata nei minimi particolari: dalla neve alle pendenze medie della parete, dalla conformazione della stessa.
Si studiano i passaggi più difficili e quando le idee sono chiare (condizioni permettendo), si va! In una discesa estrema non si può lasciare nulla al caso; d’altronde quello che ho sempre detto è di non commettere errori.
Una parete nord del Gran Vernel o del Sassolungo in velocità è impensabile, mentre l’ Liskamm o la Presanella nord (come altre simili) sono possibili, perché non ci sono ostacoli che possono rendere difficoltosa l’azione.
Ogni tanto ho usufruito dell’ elicottero e confesso candidamente che averlo fatto non mi tocca minimamente; qualche critica è piovuta ma fa parte del gioco … C’è sempre qualcuno che ha qualcosa da ridire qualsiasi cosa si faccia, ed è impossibile accontentare tutti. Bisogna considerare che su complessivamente 150 discese estreme messe alle spalle, solo in una decina di volte sono salito sull’elicottero.
Sono nato sicuramente sciatore, ma per esigenze legate allo sci estremo sono diventato alpinista; la mia storia legata allo sci estremo si conosce maggiormente per quella come alpinista poiché praticavo, se così si può dire, dell’ alpinismo “atletico”: ovvero mi divertivo a salire il più possibile le pareti.
Per esempio in mattinata salivo la parete nord dell’ Ortles e nel pomeriggio la parete sud della Marmolada per la via Bettega Zagonel in 40 minuti.
L’ evoluzione che è in atto vuole che i giovani, giustamente, non si dedichino più allo sci estremo. Ormai si e’ raggiunto il massimo delle possibilità umane, oltre il limite dopo il quale, si precipita.
Con il freeride si è trovato il modo di fare discese di grande soddisfazione rischiando molto meno. Bisogna anche considerare che chi pratica lo sci estremo in realtà vuole fare delle prime e di conseguenza la ripetizione di una discesa già effettuata ti fa sentire un secondo “arrivato“; per questo motivo il gioco non vale la candela”.
Alcuni giovani stanno seguendo le sue orme. I consigli di Valeruz …
“Sicuramente bisogna lavorare molto a livello mentale. In seguito allenarsi molto a livello fisico e tecnico. Alla fine la cosa che conta di più è la rapidità. Come dico da tempo è importante che chi si avvicina allo sci estremo (quello vero) sondi dentro sé stesso per capire la sua predisposizione alla pratica di questa disciplina”.
Parlare di spericolatezza nello sci estremo è sicuramente sbagliato. Questo modo di agire calza bene per il freeride dove al limite ti lasci andare giù veloce sapendo di poterlo fare, perché ti rendi conto, che anche se dovesse esserci una caduta o dovessi fare uno sbaglio, non si incorre in un incidente estremamente grave. Nello sci estremo (quello vero) invece, lo sbaglio normalmente lo paghi sempre con la perdita della vita”.