BARTOLOMEO ANTONIO BERTOLLA
Mocenigo di Rumo (Val di Non), 13 maggio 1702 – Rumo, 17 gennaio 1789
a cura di Cornelio Galas
Bartolomeo Antonio Bertolla fu il più celebre orologiaio che operò nel Principato Vescovile Trentino durante il XVIII secolo. I numerosi autori che di lui si occuparono ci consentono di ricostruire facilmente i tratti più significativi della sua vita.
Della sua biografia si occuparono Giangrisostomo Tovazzi (1731-1806), i cui manoscritti si conservano presso la Biblioteca dei Padri Francescani di Trento, Gioseffo Pinamonti, La Naunia descritta al viaggiatore, 1829, e Francesco Ambrosi, Scrittori ed artisti trentini, 1894.
Più recenti ricerche hanno condotto il Pippa (articolo su La Clessidra, 1961) ed il Bedini nel 1964, con un approfondito studio sul grande orologio astronomico del Bertolla oggi presso la Smithsonian Institut, National Museum of History, di Washington.
Nel 2002, in occasione della mostra tenuta a Rumo per celebrare il tricentenario dalla nascita, Roberto Pancheri ha svolto ulteriori ricerche.
Bartolomeo Antonio nacque a Mocenigo di Rumo (Valle di Non) il 13 maggio 1702, figlio di Giovanni Battista Bertolla e di Agata Stanchina, primo di tre fratelli. Dimostrò fin da giovane grande predisposizione per la meccanica: a 17 anni fu inviato in Austria, a Neu Lempach, a prestare apprendistato presso il maestro orologiaio Johann Georg Butzjager.
Si dice che il Bertolla abbia cambiato in tre mesi ben nove orologiai, prima di trovare un maestro capace di assecondare le sue naturali inclinazioni. Degno maestro fu il Butzjager, nella cui bottega già si trovava un altro apprendista con cui il Bertolla allacciò una grande amicizia.
Dopo tre anni di studi e di pratica, tra il 27 dicembre 1719 e il 27 dicembre 1722, due membri della Corporazione dei Fabbri di Sankt Pölten, Giovanni Cristiano Winz e Pietro Wisshofer rilasciarono al giovane allievo un attestato di abilitazione.
Il certificato, tuttora conservato presso il Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano dice testualmente:
“Noi superiori ed altri maestri dell’intera ed onorevole corporazione dei civici fabbri, armaiuoli, orologiai e costruttori manifattori di misure e di martinelli, nell’Imperiale Città di St. Pölten in Austria sotto il fiume Enns.
Dichiariamo con la presente in forza di questo documento a chiunque spetti di sentirlo, che l’onorevole ed abile Bartolomeo Antonio BERTOLLA da Rumo in Lentzberg Tirolo, il giorno 27 del mese di dicembre dell’anno 1719 è stato consegnato come apprendista per tre anni, in presenza dei due maestri padrini a ciò pregati e disposti, vale a dire dell’onorevole Sig. Johann Christian Winz e del Sig. Peter Wisshofer, tutti e due maestri magnani di qui davanti a noi rappresentanti d’una intera ed onorevole corporazione ed a bottega aperta, all’onorevole Sig. Johann George Butzager, incorporato con noi, cittadino e maestro orologiaio per orologi grossi nel villaggio-mercato di Neulendgbach nel Wienerwald, come suo maestro dell’arte, dove ha poi perfettamente e dovutamente lavorato ed imparato, e che dopo nel giorno ed anno apposto qui in calce è stato nuovamente dichiarato libero ed indipendente davanti a noi rappresentanti di una intera ed onorevole corporazione ed a bottega aperta, dal suo sopra menzionato maestro e dai due maestri padrini menzionati, ed avendoci con zelo pregato di conceder gli un veritiero certificato di tirocinio per il suo onesto tirocinio ed il suo buon comportamento, e noi avendo tanto piacere quanto dovere di favorire la verità ed anche ben sapendo che il detto Bartolomeo Antonio BERTOLLA ha imparato onestamente l’arte dell’orologiaio per orologi grossi presso il suo predetto maestro e si è comportato sempre onesto, pio, fedele e diligente sia verso il suo maestro sia verso di noi ed in genere, tanto che ne abbiamo avuto pieno piacere, e perciò non potendo in nessun caso rifiutare la sua domanda, bensì volendo esaudirla con piena coscienza.
Rivolgiamo perciò a tutti ed ad ognuno di qualsiasi stato e rango, ma in particolare a coloro interessati al nostro ramo di questa arte, la nostra rispettosa e cortese preghiera e richiesta di considerare ben raccomandato il suddetto Bartolomeo Antonio BERTOLLA per il suo onesto tirocinio ed il suo buon comportamento, e di volerlo favorire in ogni modo, ciò che assicurerà la nostra riconoscenza qualora se ne presentasse l’occasione.
A documentazione di ciò rilasciamo come dichiariamo di aver voluto rilasciare, a Voi BARTOLOMEO ANTONIO BERTOLLA questo certificato di tirocinio, attaccandovi il. sigillo della nostra corporazione.
Eseguito nella città St. Pölten il 27 dicembre 1722″
Tornato a Rumo, poco più che ragazzo, il Bertolla cominciò ad organizzarsi ed apri un laboratorio, oggi integralmente trasferito nel suddetto Museo milanese. Il successo e la notorietà furono immediati, come testimonia il notevole numero di orologi che recano la sua firma e che si conservano presso vari palazzi e castelli in Valle di Non e nelle valli circostanti.
Il lavoro fu tanto che Bartolomeo dovette farsi aiutare da figli e nipoti. Nella seconda metà del Settecento, forse non contemporaneamente, furono a bottega due figli, due nipoti e pure un pronipote. L’esistenza di molti orologi di caratteristiche identiche a quelle che si riscontrano negli esemplari attribuiti con certezza al Bertolla ma privi di firma, inducono a ritenere che essi siano stati costruiti dai suoi allievi nel laboratorio stesso.
Il Bertolla si dedicò prevalentemente alla costruzione di orologi “grossi”, come dice il certificato di tirocinio. Costruì molti orologi da campanile. Le memorie riportate sul Giornale d’Affari e di Famiglia dal Dr. Antonio Torresani segnalano che nel 1873 egli fece orologi per le comunità di Marcena e Preghena (Valle di Rumo), per quelle di Terzolas e Vermiglio (Valle di Sole), per la Porta della gardesana Salò e per la comunità di Vagolino, vicino a Brescia.
A metà degli anni ’50 del Novecento l’orologio di Preghena fu ceduto anch’esso al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano. Verso il 1737-1739 Bartolomeo ricevette 185 troni quale acconto per il batacchio della nuova campana della torre di piazza a Trento. Nello stesso periodo fece un orologio per il Palazzo Pretorio di Trento.
Nel 1740 abitava a Trento e risultava creditore di un sacerdote di Ala, Bartolomeo Pasini, per la somma di 256 fiorini alessandrini, prezzo pattuito per due orologi che aveva costruito ad Arco e a Cologna di Tenno. Nel 1747 fu pagato per le riparazioni all’orologio della chiesa di Pressano, per la quale eseguì nel 1770 – 1772 un nuovo orologio che reca incise la data e le sue iniziali. Nel 1752 riparò a Cles l’orologio del campanile della chiesa dell’Assunta. Nel 1769 ricevette il saldo per l’orologio del campanile di Sant’ Antonio, a Preghena.
La sua fama di costruttore di orologi da torre fu tale che il Ferracina, cui venne affidata la ricostruzione dell’ orologio “dei Mori” a Venezia, chiese consiglio al Bertolla per risolvere alcune difficoltà sorte durante il lavoro.
NeI 1752 Bartolomeo completò a Cles il restauro dell’ orologio da campanile della Chiesa dell’ Assunzione di Maria Vergine. Installato nel 1522, esso fu parzialmente ammodernato dal Bertolla, che lasciò inalterata la suoneria e modificò solo il ‘treno del tempo’ (i ruotismi che provvedono all’ avanzamento delle lancette), applicandovi uno scappamento ad àncora di Graham.
All’inizio degli anni ’80 l’orologio costruito dal Bertolla per la Chiesa di Marcena esisteva ancora, pur smontato e accantonato in una soffitta della canonica. Purtroppo, nell’estate del 1988 orologio non c’era più, eliminato per consentire una ristrutturazione della canonica.
Dalle memorie del Torresani sappiamo anche che Bartolomeo fece numerosi orologi per comunità religiose e senza alcun compenso. Probabilmente tra essi vi sono i due, non firmati, che appaiono qui illustrati e che comunque, per caratteristiche tecniche e costruttive, possono essere ascritti alla bottega del Bertolla. Sul quadrante di entrambi è dipinta l’insegna dei frati Cappuccini, due braccia incrociate. Uno proviene dal Convento di Condino, l’altro è in una collezione privata.
La maggior fama del Bertolla è peraltro legata agli orologi da arredo domestico, a cassalunga o da soprammobile. Nella seconda metà del Settecento la presenza di una sua pendola era segno di distinzione e privilegio per ogni palazzo della nobiltà e della borghesia delle Valli di Non e di Sole.
Di fatto in Trentino l’orologio divenne l’elemento comune nell’ arredo di dimore palazzi della ricca borghesia solo all’inizio del Settecento. Prima d’allora esso era di prevalente uso pubblico, installato su torri o campanili, o appannaggio esclusivo delle classi più agiate. Preziosi congegni erano perlopiù importati da Germania e Inghilterra, o commissionati in altre regioni d’Italia: il numero degli orologiai trentini operanti nel XVI e XVII secolo era assai esiguo.
Esaminiamo la tipologia privilegiata dai committenti del Bertolla, l’orologio a cassalunga. L’elegante cassa, generalmente stretta e slanciata, è lastronata in noce o ebanizzata, con applicazione di fregi cesellati e dorati. La sua altezza è compresa fra m 2,40 e 3,25. Nella maggior parte dei casi il quadrante è costituito da una fascia d’ottone incisa, applicata su una piastra di rame sbalzato (poi orata o argentata).
A decoro del quadrante sono spesso applicati fregi d’argento sbalzato, alcune volte a rappresentare simboli gentilizi. Il movimento appare sempre costruito con criteri di grande solidità, privo di inutili elementi decorativi. La carica è il più delle volte a chiave. Lo scappamento è generalmente ad àncora a rinculo o ad àncora di Graham, con pendolo da un secondo, assai più raramente è a verga con pendolo corto oscillante davanti al quadrante.
Se lo scappamento è ad àncora, la ruota di scappamento non si trova nella posizione usuale, cioè al centro del lato superiore delle platine, bensì sotto il movimento e proprio sotto il quadrante; l’accorgimento serve ad evidenziare l’oscillazione del pendolo all’interno della cassa. La suoneria delle ore e dei quarti è generalmente del tipo “a rastrello”.
Quella delle ore agisce al passaggio. Per attivare la ‘gran suoneria’ di ore e quarti, che è a richiesta e del tipo ‘a svincolo’, occorre tirare una funicella che fuoriesce dalla cassa. Per realizzare questo tipo di suoneria il Bertolla studiò un sistema originale, che utilizza un unico martello: mediante un particolare asse di rotazione esso bascula durante la funzione e rintocca le ore e i quarti su due campane di differente tonalità. Tale sistema appare variamente realizzato nei diversi esemplari, ma il principio è sempre lo stesso.
Fra gli orologi a cassalunga ancor oggi in perfette condizioni segnaliamo quelli destinati alla fine del Settecento alle più eminenti personalità del Principato Vescovile trentino.
Spiccano quello commissionato dal Principe Vescovo Sizzo de Noris, oggi presso il Museo Diocesano di Trento, e quello realizzato per Carlo Antonio Pilati, illustre illuminista di Tassullo, in Valle di Non.
Il Bertolla realizzò anche orologi da soprammobile, comunemente collocati sui cassettoni, consolles o mensole. Generalmente essi forniscono anche indicazioni astronomiche o di calendario, da leggersi su quadrantini ausiliari disposti nella parte superiore della mostra: ad esempio la data, il giorno della settimana, il mese, il segno zodiacale, le fasi e l’età della luna.
Non risulta che Bartolomeo abbia prodotto orologi da tasca. Probabilmente non possedeva nemmeno la necessaria attrezzatura. Certamente la sua fama nelle valli trentine, quale costruttore di esemplari da arredo, fu consolidata dalla realizzazione di pendole astronomiche di grande complicazione e superò alla fine i confini regionali, affermandosi in tutto l’impero di Maria Teresa d’Austria.
Verso il 1760 il Bertolla, quasi sessantenne, gestiva un laboratorio ben avviato ed oberato da sempre nuove commesse. Ma invece di considerare il meritato godimento di una tranquilla e agiata maturità, decise di realizzare un progetto molto ambizioso.
A quel tempo fu inviato come parroco a Rumo Don Francesco Borghesi, nato a Mechel, piccolo paese non distante da Cles. Appassionato studioso di astronomia, egli rimase affascinato dalla geniale abilità del Bertolla e gli propose di costruire uno straordinario orologio con numerose indicazioni astronomiche. Tra cui, oltre quelle tradizionali, la posizione dei pianeti, la loro longitudine e latitudine nella sfera celeste, il momento delle loro congiunzioni relative, delle opposizioni nell’ eclittica, ecc.
Bartolomeo, convinto dei propri mezzi, si mise all’ opera con grande entusiasmo per realizzare l’ambizioso disegno. Studiò i cinematismi, li modificò più volte e calcolò i ruotismi fino ad ottenere un progetto completo; poi iniziò subito a realizzare i vari componenti della complessa macchina astronomica.
Dopo pochi mesi si rese conto che l’impresa era ben più ardua di quanto previsto e certamente al di sopra delle sue pur vaste conoscenze. Quindi convocò il Borghesi per comunicargli di voler abbandonare il lavoro. La reazione del religioso fu di massima fermezza. Cercò di convincere il Bertolla con ogni mezzo e tanto lo pregò, che alla fine riuscì a farlo rimettere all’opera.
Non fu l’unica interruzione e più di una volta il Borghesi dovette confortare il Bertolla che, a metà del lavoro e certo non più in tenera età, ebbe seri problemi di salute (oggi li definiremmo ‘esaurimento nervoso’). Inoltre maestro e assistenti erano distratti dal lavoro di ordinaria amministrazione – la pendoleria destinata alla clientela locale – che pur sempre garantiva una cospicua fonte di guadagno.
Finalmente, dopo tre anni di lavoro lento e discontinuo, l’astrario fu completato e il risultato apparve subito superiore a qualsiasi aspettativa o speranza iniziale.
Quindi il Borghesi decise di descrivere le funzioni dell’ orologio in un opuscoletto che fu pubblicato a Trento nel 1763 da Monauni con il titolo: Novissima ac Perpetua Astronomica Ephemeris Authomatica theorico-pratica …
Successivamente il parroco si impegnò in un secondo progetto, portato a termine con l’aiuto del Bertolla, che prevedeva la realizzazione di un secondo orologio astronomico più semplice del primo, ma di grande utilità. Come sopra detto, esso è conservato presso la Smithsonian Institut, National Museum of History, di Washington.
Ignota invece è la sorte del primo orologio, che secondo la tradizione ed alcune fonti, sarebbe stato presentato all’Imperatrice Maria Teresa d’Austria. Ma non esiste prova che sia stato effettivamente portato a corte e a tutt’oggi non sappiamo se esso sia superstite e, in tal caso, dove possa essere conservato. È assai probabile che fosse destinato alla casa del Borghesi a Mechel, ove potrebbe essere rimasto anche quando la dimora fu donata da un discendente, Don Luigi Borghesi, alle Suore Orsoline di Verona.
Purtroppo le Religiose, ignare del valore storico e scientifico della macchina astronomica, devono averla ceduta in tempi recenti, a quanto pare in cambio di alcuni pezzi di mobilio di scarso valore ad un raccoglitore di oggetti di antiquariato. Speriamo che presto se ne possa rintracciare la collocazione.
La costruzione del secondo orologio, grazie alla minore complessità e all’ esperienza accumulata dal Bertolla durante la prima realizzazione, durò circa un anno. La falsa piastra del secondo esemplare è dorata e le indicazioni appaiono su dischi argentati. Non ci sono le tradizionali lancette, ma tre anelli concentrici che ruotano attorno ad un disco centrale. Sugli anelli si rilevano 12 distinte funzioni, mentre 14 aperture praticate nel quadrante forniscono altrettante indicazioni. Il congegno fu inserito in una bella cassa di mogano e rimase per alcuni anni presso il Bertolla.
Nel 1764 il Borghesi pubblicò la descrizione del funzionamento del secondo orologio astronomico in un libretto intitolato Novissimum theorico praticum Astronomicum Authoma juxta pariter Novissimum mundi systema … Con esso il prelato volle dimostrare come il meccanismo aiutasse a comparare “astronomicamente e phisicamente” i sistemi del mondo copernicano e tychoniano.
II secondo congegno fu effettivamente presentato alla Corte di Maria Teresa d’Austria dallo stesso Borghesi, come ricorda Carlo Antonio Pilati. Egli si recò a Vienna e dovette rimanervi per più di un anno prima di poter sottoporre finalmente, grazie alla intercessione del Barone Joseph von Sperges, la sua ingegnosa macchina astronomica ai matematici di stato.
Il giudizio scientifico di costoro fu favorevole, sicché l’orologio fu montato dal Borghesi nel ‘Fisico Matematico Gabinetto di Corte’. Poi, superato un attento e severo esame del Direttore di Fisica, il canonico Marcy, esso fu presentato all’Imperatrice, che corrispose quale compenso al costruttore una pensione annua di 400 fiorini. Queste notizie apparvero sul “Giornale di Trento”, n. XXVI, il 18 giugno 1768.
Il Bertolla trascorse i suoi ultimi anni prestando la sua esperienza al servizio di figli e nipoti, suoi successori nell’ attività del laboratorio, e cercando sempre nuove soluzioni. Nel suo laboratorio c’è ancor oggi un orologio, realizzato con soluzioni innovative, il cui quadrante reca incisa l’iscrizione:
“Questo orologio l’ideai e lo feci nella mia avanzata età d’anni 80”. Bart.o Ant.o Bertolla.
Il grande orologiaio trentino morì all’ età di quasi 87 anni, il 17 gennaio 1789.
Presso diretti discendenti del Bertolla si trova un ritratto che lo raffigura accanto ai suoi strumenti di lavoro. E un’iscrizione ricorda:
“BARTOL.ANT.BERTOLA CELEBRE MECCANICO INVENTORE DI VARI STROMENTI RIFORMATORE DI OROLOGI IN VENEZIA, VERONA, TRENTO,ED ALTRI, FABBRICATORE DELL’OPERA, CHE UNISCE IL SISTEMA COPERNICANO E TICONICO,ISTUDIATA DA DON FRANCESCO BORGHESE DI MECHEL MATEMATICO CESAREO,ED UMILIATA ALLA MAESTA’ DI MARIA TERESA AUGUSTA,PIAMENTE E MORTO IN SUA CASA A RUMO LI 15 GENN.1789 D’A 86”.