FRANCESCO ANTONIO BONPORTI (Buonporti)
Trento, 11 giugno 1672 – Padova, 19 dicembre 1749
a cura di Cornelio Galas
Nato a Trento nel 1672 (venne battezzato l’11 giugno), dopo aver seguito gli studi umanistici al seminario di Trento, continuò quelli di fisica e metafisica, fra l’autunno 1688 e l’estate 1691, all’università di Innsbruck. Trasferitosi a Roma, il 3 ottobre 1691 fu ammesso al Collegio germanico come studente di teologia. Insieme con tale disciplina, Bonporti coltivò anche la musica, avendo a maestro, fra gli altri, O. Pitoni e, forse, per il violino, in base ad alcune lettere di J. Ph. F. Schoenborn, A. Corelli o il suo allievo Matteo Fornari.
Compiuti gli studi teologici, il 19 dicembre 1693 fu elevato nella basilica lateranense al sottodiaconato e il 16 settembre 1694 al diaconato. Nel settembre 1695 tornò a Trento. L’anno successivo pubblicò a Venezia, per i tipi di G. Sala, la sua Opera prima, una raccolta di dieci Sonate a tre. Due violini,e violoncello obbligato, dedicata al principe vescovo di Trento, Giovanni Michele conte di Spaur (l’opera fu ristampata da E. Roger ad Amsterdam circa il 1700).
Consacrato sacerdote, il 25 ottobre 1697 ottenne il beneficio dell’altare della SS. Annunziata nella cattedrale di Trento e il 18 settembre 1699 il beneficio dell’altare dei SS. Pietro e Paolo nella stessa cattedrale. Frattanto, le sue composizioni musicali cominciano a susseguirsi: le opere pubblicate partono da Trento destinate a personalità della Chiesa e dell’Impero, le quali contraccambiano l’autore con l’invio di doni.
La fama del musicista si diffonde in Europa, ma egli si firma “gentilhuomo di Trento e nobile dilettante di musica”, cercando senza successo di passare da beneficiato a canonico ordinario della cattedrale. Per migliorare la sua situazione, ricorre anche a richiami politici, dando, ad esempio, alla sua Opera ottava (andata perduta: consisteva in cento Minuetti per violino e basso) il titolo Il trionfo della Grande Alleanza, e a un esemplare della sua Opera decima (1712) il titolo La Pace, rivolto a sollecitare il favore dell’elettore di Magonza, Lotario Schoenbom, al fine di ottenere il posto di cappellano effettivo dell’imperatore d’Austria Carlo VI.
Ai tentativi presso l’elettore di Magonza, nel 1714 e nel 1715, altri analoghi ne seguirono nel 1716 presso il re Giorgio I d’Inghilterra. Nel 1727 Carlo VI, cui Bonporti aveva dedicato due libri di musica, lo nominò suo “familiare aulico”: la presenza di tale titolo nei frontespizi delle ultime opere del compositore indusse tanti compilatori di dizionari a ritenere erroneamente che Bonporti avesse lavorato come musicista alla corte di Vienna. Invece egli restò per quaranta anni al suo umile posto nella cattedrale di Trento, di cui tentò ancora nel 1738 di ottenere il canonicato.
Nel 1740 ottenne, al contrario, la giubilazione. Si ritirò quindi a Padova, da dove il 20 gennaio 1746 inviò l’ultima – e vana – richiesta a Maria Teresa d’Austria per conseguire il tanto desiderato canonicato nella cattedrale trentina. Questa lettera è l’ultimo documento di Bonporti, che morì a Padova il 19 dicembre 1749.
La produzione di Bonporti è quasi esclusivamente formata da musiche strumentali, tolti i Motetti a canto solo, con violini per ogni solennità … Opera terza, Venezia 1702, G. Sala. Nella corrispondenza pervenutaci si accenna anche a una Messa e ad altri brani vocali, di cui però non è rimasta traccia.
Oltre a quelle citate, Bonporti pubblicò le seguenti opere a Venezia presso G. Sala: Sonate da camera a due violini, violone, e cembalo… Opera seconda, 1698, Sonate da camera a due violini, violone, cembalo o arcileuto … Opera quarta, 1703 , Arie, balletti e correnti. Opera quinta, 1705 (ora perduta), Suonate da camera a due violini, violone e cembalo … Opera sesta, 1705, Suonate da camera a violino, e violone o cembalo … Opera settima, 1707, Balletti a violino solo, e basso continuo … opera nona, (di quest’opera, perduta, esiste solo la parte del violino conservata in un esemplare della Biblioteca del conservatorio di Parigi).
Altre opere: l‘Opera ottava (ugualmente perduta), Invenzioni a violino solo … Opera decima, Bologna 1712, G. A. Silvani, La Pace. Inventione a violino solo con basso continuo …, Amsterdam [c. 1725], E. Roger, IX Sonate a violino solo e basso, Concerti a quattro. Due violini,alto viola,e basso con violino di rinforzo … Opera undecima, Trento s.d. (ma circa il 1714), G. B. Monanni, Concertini e serenate, con arie variate, siciliane, recitativi, e chiuse a violino, e violoncello, o cembalo … opera dodicesima, Augusta s.d. (ma 1741), G.Ch. Leopold.
Le Sonate a tre dell’opera prima riprendono la maniera corelliana delle sonate da chiesa: scritte per due violini e violoncello, con il basso dell’organo, sono generalmente in quattro movimenti, legati fra loro da un’affinità tematica. Le Sonate a tre delle opere seconda, quarta e sesta sono invece sonate da camera, con il basso del clavicembalo: in esse Bonporti, affrancatosi dalle reminiscenze scolastiche, sviluppa con libertà e con cantabile abbandono la linea melodica, affidata prevalentemente al primo violino, cui gli altri strumenti creano un morbido sostegno.
Anche le Arie, balletti e correnti dell’opera quinta, che non ci sono pervenute, dovevano essere con tutta probabilità nella forma della sonata da camera. I Motetti dell’opera terza si collegano al tipo della cantata, quale figura nelle pagine della scuola romana e di quella napoletana: vi si nota la tendenza a sottolineare il significato delle parole non soltanto con particolari movimenti di note, ma anche con la determinazione di un’appropriata atmosfera armonica.
A partire dal 1707 Bonporti abbandona la sonata a tre e si dedica alla composizione di sonate per violino e basso. Le sonate dell’opera settima, divise in tre tempi, sono trattate ancora con una certa timidezza, pur senza scapito dell’espressione. Con le opere ottava e nona, andate perdute, la produzione di brani per violino e basso continua.
Infine, nel 1712, le Invenzioni dell’opera decima segnano il pieno e maturo affermarsi della personalità del musicista; quattro di queste Invenzioni –e precisamente i numeri 2, 5, 6 e 7 -, copiate da J. S. Bach per studio, furono incluse da A. Dörffel per errore nel vol. XLV (parte prima) delle Joh. Seb. Bachs Werke, Leipzig s.d. (1897?), come, appunto, opera di Bach. Dopo le sonate a tre e le sonate per violino appaiono nella produzione di Bonporti i Concerti grossi.
“Nel periodo di trapasso fra il concerto grosso e il concerto solistico“ – scrive il musicologo Guglielmo Barblan nella nota introduttiva all’edizione del Concerto in si bemolle op. XI n. 4 stampata a Milano da Ricordi nel 1959 -, “i concerti di Bonporti devono collocarsi in una posizione a sé, in quanto, abbandonata decisamente l’architettura ‘” terrazze” del concerto grosso corelliano, essi alternano la struttura del concerto solistico con quella di una sinfonia concertante, dove, cioè, le cinque parti (3 violini, le viole e i bassi) dialogano fra loro secondo un principio di reciproca parità, affermando con ciò la necessità di una scrittura musicale decisamente polifonica.
Tale scrittura è adottata da Bonporti specialmente nella composizione del primo e del terzo tempo, mentre il tempo centrale è quasi sempre affidato alla nuda voce del solista sullo sfondo armonico degli archi”.
Ultimo lavoro di Bonporti, i cinque Concertini e le cinque Serenate dell’opera dodicesima sono composizioni piuttosto estese per violino e basso, nelle quali il virtuosismo si associa alla cantabilità, dando luogo fra l’altro a Recitativi di intensa e personale espressività. Le musiche di Bonporti, trascurate per lungo tempo dalla critica e dagli esecutori, sono state da alcuni anni oggetto di un rinnovato interesse, al cui risveglio hanno contribuito in particolar modo gli studi e le riesumazioni proprio di Barblan.
Torniamo alla biografia. Bonporti, come detto, seguì studi umanistici a Trento e si laureò in filosofia e in fisica a Innsbruck. Si spostò in seguito a Roma per seguire corsi di teologia al Collegium Germanicum. In questa città studiò composizione con Giuseppe Ottavio Pitoni e, ma non è certo, violino con Arcangelo Corelli.
Anche se passò buona parte della sua vita nella città natale, Bonporti ottenne fama a livello europeo. Nel 1696 pubblicò l’Opera I, contenente dieci Sonate a tre, alla quale seguirono altre sonate e Sei mottetti per voce, violini e basso, Arie, balletti e correnti, Cento minuetti, che vennero ristampate a Londra come ad Amsterdam, ottenendo un buon successo, mentre in Italia restarono poco note.
Dopo esser stato nominato “familiare aulico” da Carlo VI d’Asburgo, nel 1740 si trasferì a Padova. Al pari di Albinoni, non si considerava un compositore di professione, ma solo un amatore. La sua figura è riemersa dall’oblio soltanto negli anni venti del Novecento, grazie alla scoperta che alcuni brani di Johann Sebastian Bach altro non erano, se non quattro trascrizioni provenienti dalla sua Op. X, denominate Invenzioni.
Essendo libero da costrizioni istituzionali e commerciali, il suo stile – pur iscrivibile nel genere strumentale settecentesco – si è sviluppato in maniera piuttosto personale. Di Bonporti si conoscono una decina di opere a stampa, un paio delle quali perdute. Fu sepolto nel chiostro del Noviziato, alla Basilica del Santo a Padova. A lui è intitolato il Conservatorio musicale di Trento.
Per tutta la sua vita, Bonporti coltivò la musica come semplice dilettante, non diversamente dai suoi colleghi veneziani Albinoni e Marcello. Di origine nobile, e dunque svincolato dalla necessità di rendere omaggio alle mode correnti per poter sviluppare la propria arte e guadagnarsi con essa da vivere, Bonporti elaborò un proprio linguaggio musicale di inconfondibile originalità, ricco di elementi personali e di bizzarrie formali e costruttive, che ne fa una figura unica ed inclassificabile all’interno del panorama musicale italiano di quel periodo.
L’originalità del linguaggio melodico e armonico di Bonporti, d’altro canto, non mancò di suscitare l’interesse di uno dei più illustri compositori contemporanei, Johann Sebastian Bach, il quale di proprio pugno trascrisse per clavicembalo quattro Invenzioni tratte dall’op. X (del 1712), che, come detto, vennero lungamente credute opera sua.
Francesco Antonio Bonporti, per tutta la vita si definì un “amatore”, “dilettante di musica”, “nobile dilettante” non riconoscendosi mai come professionista in campo musicale. Il termine che amava di più utilizzare per se stesso era proprio “Gentilhuomo di Trento”.
Trascorse gli ultimi anni a Padova, forse attratto dalla presenza di G. Tartini. Artista quindi e sacerdote, (altra cosa in comune quindi con Vivaldi oltre che la passione per il violino). Al pari dei suoi contemporanei “dilettanti veneti”, Albinoni e i fratelli Alessandro e Benedetto Marcello, appartenenti a una classe socialmente elevata o per nobili origini o per meriti acquisiti, esercitò la sua arte solo per diletto (quindi verrebbe da pensare non a fini di lucro).
Egli non visse e non operò alle dipendenze di mecenati o di istituzioni, ma agì autonomamente, senza dover sottostare ai dettami estetici e agli schemi formalistici dominanti, cui sovente per legami professionali i musicisti dell’epoca dovevano sottomettersi, anche se è da dire che per quanto venissero dati degli incarichi ai musicisti di celebrare questa o quella occasione, alla fine poi era il genio del compositore a venir fuori: era come dare un tema, ma poi il contenuto era espressione della personalità musicale del compositore (ecco un motivo per apprezzare le composizioni ad hoc per le occasioni).
Ne conseguì una espressione artistica personalissima che, muovendosi nella forma e nello spirito del Barocco strumentale europeo, si manifesta, nelle opere della maturità, in una ricerca del bizzarro, dell’estroso e del sorprendente.
Questa espressione musicale ha comportato non poche difficoltà agli studiosi che dovevano valutare la produzione di Bonporti: essa sfugge infatti ad ogni classificazione. Non va dimenticato che Bonporti operò in un ambiente ostile,Trento, che tuttavia era punto di incontro tra le correnti artistiche del nord e del sud: infatti diversi musicisti di varie correnti artistiche transitavano per Trento.
Questo fatto accanto alla buona tradizione violinistica cittadina, permisero a Bonporti riflessioni sulle tecniche d’espressione musicale, dopo che la sua formazione corelliana aveva dato luogo alle giovanili “Suonate a 3” e alle “Sonate da Camera” di intensa vena melodica e costruite con simmetria ed equilibrio.
Se in esse talvolta, come nell’unica produzione vocale giunta sino a noi, l’opera III, affiora il suo personale idioma, è con le composizioni per violino solo e continuo, che il linguaggio di Bonporti intraprende delle strade del tutto nuove ed innovative.
Anche gli ambienti musicali europei del suo tempo ammirarono le “Invenzioni op. X” , anche perché Francesco Maria Veracini ne fu l’autorevole interprete. La raccolta non manca ancora di stupire per il forte soggettivismo e l’impiego di originali mezzi espressivi, a cui lo stesso Bach si interessò.
Il personalissimo stile di Bonporti si individua nella estrosità delle figurazioni ritmiche, in una genialità armonica, che ricorre alla trovata a sorpresa, facendo ampio uso del cromatismo, nella nobile bellezza e libertà della condotta tematica.
Questa troverà espansione nei brani dall’autore giustamente chiamati Recitativi, inclusi nei “Concerti a 4 op. XI” e nei “Concertini op. XII”. Pare che ci siano momenti di intensa contemplazione lirica, in cui la fantasia di Bonporti riesce a trarre dalle corde del violino espressioni originalissime e in cui vocalità e strumentalismo si fondono.
Muovendosi entro i confini del modello vivaldiano, per quanto riguarda l’aspetto strutturale, il concerto di Bonporti non segue un unico schema compositivo: al concerto inteso nella sua accezione originale, costruito polifonicamente a 4 o 5 parti senza episodi solistici (n. 7 e n. 10 op. XI), si alterna il concerto solistico, nel cui tempo intermedio, l’adagio, talvolta il solista non compare (n. 9), altre volte invece conduce la linea melodica sostenuto dagli archi (n. 5 e n. 8) o dal solo (n. 2) o in dialogo con il violoncello obbligato (n. 6). Negli allegro invece il violino solista sovente elabora, attraverso la variazione, il tema fondamentale del tutti.
” Ma più che attraverso i metri formali, il contributo recato da Bonporti, specie al concerto strumentale, va individuato nella ricerca di quegli stimoli a un raggiungimento espressivo patetico e liberamente soggettivo con cui egli – libero da vincoli di scuole o da desideri di committenti – ravvivò i suoi sfoghi di dilettante”. (Guglielmo Barblan musicologo italiano, Siena 1906 – Milano 1978).