FRANCESCO ANGELO FACCHINI
Forno di Fiemme, 24 ottobre 1788 – S. Giovanni di Fassa, 6 ottobre 1852

LA VAL DI FIEMME
Primogenito dei fornesi, agiati contadini, Domenico Facchini detto Pontèra e Margherita Degaudenz, svolse la sua istruzione scolastica prima a Forno, nella scuola elementare retta dal sacerdote Giovan Battista dal Monte, e poi (1803- 1805), “le quattro grammatiche ginnasiali”, a Cavalese e a Carano, sotto la guida del sacerdote Cristoforo Welpòner, curato in ambedue i paesi (o “masi” come si chiamavano allora).
A Trento (1805-1806) frequentò, grazie a 328 fiorini sborsati dai genitori, il primo corso di umanistica. Per meglio imparare il tedesco e perfezionare la sua preparazione umanistica, si trasferì (1806-1808) prima a Innsbruck – dove la famiglia ne sostenne le spese con 473 fiorini – e quindi (1808) a Monaco di Baviera, dove studiò fisica, filologia e si laureò in filosofia (almeno secondo alcuni, mentre per altri dovette sospendere gli studi per malattia e questioni famigliari).

Francesco Angelo Facchini
Nel 1813 decise di dedicarsi alla medicina, che già divideva con la botanica i suoi principali interessi culturali giovanili, e dal dicembre 1814 frequentò i corsi dell’università di Padova (o di Pavia). Nel 1814 concordò con il fratello Tommaso (nato il 15 ottobre 1790) la divisione dell’eredità paterna e questi s’impegnò ad anticipargli i soldi per proseguire gli studi.
Dopo la laurea (1815), padovana per alcuni, pavese per altri, fu per qualche tempo (1815-1816) medico praticante a Milano e a Pavia (pratica che secondo certi suoi biografi fece soltanto a Milano, nei tre anni dedicati allo studio della medicina e quindi prima di laurearsi).
Nel 1817 ritornò nella valle natia e qui esercitò (fino al 1821) la professione, sia medica che veterinaria, a Predazzo ma soprattutto a Moena. Nel 1821 si trasferì, come medico condotto, a Vigo di Fassa e quindi ancora a Predazzo. Nel 1837 giudicò di darsi alla libera professione, si stabilì a S. Giovanni di Fassa e abbandonò quasi totalmente la medicina per dedicarsi alla botanica.
Qui scrisse (1839) la Memoria contenente alcune considerazioni geologico-botaniche sopra la valle di Fassa e di Fiemme nel Tirolo italiano (edita a Bologna nel fasc. 10, 1838, dei “Nuovi Annali delle Scienze Naturali”, e postuma a Rovereto nel 1862; se ne conosce anche un’edizione in tedesco) e ricevette (7 agosto 1841) la visita del re Federico Augusto II di Sassonia. Nel 1842 ottenne il diploma della Società Botanica di Altenburg e nel 1845 quello della Società Botanica di Regensburg.

Federico Augusto II di Sassonia
Si spense, nello spazio di una settimana, per un tumore allo stomaco, i cui sintomi avvertì, il primo di ottobre, appena tornato a S. Giovanni di Fassa da Bolzano per la via di Costalunga. Lasciò una metà delle sue sostanze al Fondo Poveri di Forno, l’altra ai nipoti e i suoi beni scientifici (libri, appunti, materiali) al discepolo Francesco Ambrosi.
Come medico «non prestava fede ai molti farmachi e riteneva che le piante ne somministrassero di semplici e molto acconci ad espellere dall’organismo umano i mali che vi si appigliano». Per Felicetti (1919) la «sua perizia nell’arte salutare fu per vero superiore ad ogni elogio.

Francesco Ambrosi
Basti il dire, che in Fiemme ed in Fassa se ne conservò fino a questi ultimi tempi la memoria così che in più di un caso critico o disperato si ricordava il suo nome, dicendo: «Ci vorrebbe il medico Pontèra! Pontèra è il soprannome della sua famiglia in Forno. Le medicine se le fabbricava tutte lui stesso, e la maggior parte con le erbe che andava raccogliendo da una cima all’altra delle vaste ed alte montagne di Fiemme e Fassa».
Dal 1816 al 1825, al fine di migliorare le sue conoscenze mediche, fu a lungo in Svizzera e in Francia. Per le sue ricerche botaniche e fitoterapiche visitò praticamente tutto il Trentino e tutto l’Alto Adige (il Livinallongo oggi in Veneto e la Val Vestino ora in Lombardia), la Carinzia.
Come naturalista corrispose con alcuni dei maggiori studiosi del suo tempo e nel 1842 prese parte, a Padova, al IV Congresso degli Scienziati italiani. La sua attività pubblicistica medica e botanica conta pochi lavori editi perlopiù tra il 1818 e il 1847; la Flora Tiroliae cisalpinae – la sua più importante opera botanica, frutto di decenni di ricerche e studi – fu pubblicata postuma, nel 1855, da F. B. Hausmann e ristampata anastaticamente nel 1989 dal Comune di Moena con presentazione e indici del naturalista, botanico e biografo trentino Franco Pedrotti.
Caustico e lapidario nei giudizi (spesso aggressivi e ipercritici soprattutto verso alcuni studiosi italiani), competentissimo, eclettico, raccoglitore formidabile, ottimo conoscitore delle abitudini e dell’esperienze dei suoi colleghi botanici e non, estremamente suscettibile verso qualsiasi tipo di ingiustizia: sia verso la sua persona, sia nei riguardi di chi riteneva degno della sua stima, sia verso le valli di Fassa e di Fiemme che considerava «sua patria».
Il suo carteggio con Francesco Ambrosi, l’allievo prediletto, oggi alla Biblioteca Civica di Trento (Fondo Francesco Ambrosi, mss. 2730-2789), è una scoppiettante fonte di informazioni anche sulla volitiva personalità di Facchini e sull’orgogliosa consapevolezza di non ritenersi secondo a nessun altro botanico del suo tempo quanto a conoscenze specifiche.
Per esigenze professionali dovette interessarsi pure di serpenti, di anfibi e di insetti, in particolare se velenosi o creduti tali dagli abitanti delle frazioni e dei paesi che ricorrevano alle sue cure mediche. Copie di alcuni suoi appunti in merito non pubblicati, diretti e indiretti, sono conservati nell’archivio storico-biografico di S. Bruno.