LA RESISTENZA IN TRENTINO – 17

a cura di Cornelio Galas

“Darò la mia copertura a ogni comandante che nella lotta contro le bande oltrepassi nella scelta e nella drasticità del mezzo la moderazione che ci è solita. Vale anche qui il vecchio principio che uno sbaglio nella scelta dei mezzi per imporsi è sempre meglio dell’omissione o della trascuratezza”.

Il Generalfeldmarschall Albert Kesserling

Il Generalfeldmarschall Albert Kesserling

Era una cambiale in bianco che lasciava ampio margine all’interpretazione dei metodi da usare. E Kesserling fu anche il teorico della rappresaglia preventiva. Per esercitare un’ulteriore pressione e sollecitare la collaborazione, era anche possibile “arrestare ed eventualmente spedire un certo numero di abitanti a lavorare in Germania” o “arrestare un certo numero di abitanti ed eventualmente deportarli in un campo di concentramento”.

Dalle misure di rappresaglia dovevano essere risparmiati solo i fascisti. Sulla scorta di simili “indicazioni” si può comprendere il dramma che si abbatté su Castello Tesino nell’ottobre 1944 e nei mesi successivi.

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Gli informatori di Borgo avevano segnalato che ci sarebbe stato un rastrellamento. Lungo la strada da Strigno a Castello erano stati posti segnali con le scritte “Banden Gefahr”, cioè pericolo di bande, o “Achtung Banditen”.

L’arciprete don Cristofolini aveva preparato la popolazione tre giorni prima, giovedì 5 ottobre, e aveva espresso l’intenzione di far voto alla Madonna che se il paese fosse stato risparmiato dalla distruzione, i capifamiglia avrebbero costruito, dopo la guerra, un oratorio per i giovani.

Don Silvio Cristofolini (Vigo Cavedine 1912 - 1953) con i cinquantenni di Castello Tesino nel 1946

Don Silvio Cristofolini (Vigo Cavedine 1912 – 1953) con i cinquantenni di Castello Tesino nel 1946

La sera di domenica 8 ottobre era già in corso la cerimonia, presieduta dallo stesso don Cristofolini, con tutto il clero e la popolazione, quando Albino Sordo “Nina” corse in chiesa senza farsi vedere dal padre, che era uno dei fabbricieri, ad avvertire il cappellano del “Gherlenda”, don Francesco Sordo “Corvo”m che erano in arrivo i tedeschi.

Albino Sordo “Nina” (Castello Tesino 1924 – 2003). Partecipò a tutte le più importanti azioni del “Gherlenda” fin dall’inizio. Era con la squadra di “Fumo” e di “Portafortuna” il 15 settembre 1944, giorno dell’assalto tedesco a Costabrunella. Fu arrestato il primo gennaio 1945, torturato a Roncegno e poi tradotto nel Lager di via Resia a Bolzano, dove rimase fino alla Liberazione. Dal Clnp di Trento ebbe l’’incarico di commissario al Comune di Pergine. Emigrato in Svizzera e in Francia, al ritorno fu consigliere comunale al suo paese e per lunghi anni presidente dell’Associazione allevatori della Bassa Valsugana

Albino Sordo “Nina” (Castello Tesino 1924 – 2003)

Stavano salendo da Grigno lungo la strada del “Murelo”, che si snodava per undici chilometri fino a Castello Tesino, con cannoncini e mortai trainati da cavalli, e da Strigno con moto e autocarri. “Corvo” era presente alla cerimonia, ma essendo ricercato perché renitente al servizio militare e perché sfuggito alla cattura sia da parte dei repubblichini che dei tedeschi, non aveva firmato il documento del voto per non lasciare traccia della sua presenza. “Nina” decise di recarsi in chiesa per ragguagliarlo su quello che stava accadendo.

La strada del Murelo che da Grigno porta a Castello Tesino. Quando salivano per i rastrellamenti, le truppe tedesche e del Cst, giunte a volte anche da Trento in ferrovia, percorrevano gli undici chilometri di questa strada, al riparo da eventuali attacchi da parte dei partigiani. Di qui passò anche don Narciso Sordo per il suo viaggio verso Mauthausen. La strada fu costruita durante la guerra 1915 – ‘18

La strada del Murelo che da Grigno porta a Castello Tesino. Quando salivano per i rastrellamenti, le truppe tedesche e del Cst, giunte a volte anche da Trento in ferrovia, percorrevano gli undici chilometri di questa strada, al riparo da eventuali attacchi da parte dei partigiani. Di qui passò anche don Narciso Sordo per il suo viaggio verso Mauthausen. La strada fu costruita durante la guerra 1915 – ‘18

Il cappellano del “Gherlenda” si diresse immediatamente in sacrestia, svestì i paramenti sacri e uscì. Stabilì con “Nina” di trovarsi verso le ventuno alla Madonna del Colle (o del Caravaggio) per decidere sul da farsi. Terminata la funzione religiosa, tutti gli uomini sotto i sessant’anni di dispersero nei vari masi, specialmente nella zona di Fradea da dove potevano vedere il paese.

Alcuni partigiani, all’ora convenuta, si riunirono sul piazzale della chiesetta e si accorsero del lungo corteo che stava salendo da Grigno per via delle sigarette che ogni tanto venivano accese.

Panorama di Grigno in una fotografia degli anni Venti. Qui giungevano in ferrovia tedeschi e pattuglie del Cst per i rastrellamenti nel Tesino

Panorama di Grigno in una fotografia degli anni Venti. Qui giungevano in ferrovia tedeschi e pattuglie del Cst per i rastrellamenti nel Tesino

Erano giunte per ferrovia anche formazioni da Trento. Oltre a “Corvo” e a “Nina” si ritrovarono “Veglia” e “Menefrego”, “Ora” e “Renata, “Nazzari, Remo Marighetto “Rita” e qualche altro. Su proposta di “Nina” decisero di nascondersi in Celado fin dopo il rastrellamento. “Veglia” e “Nazzari” non li seguirono e preferirono dirigersi verso la località “Zuna”, dove i Menguzzato avevano una casa di campagna.

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Di quello che riferiremo abbiamo già parlato nelle prime puntate. Ma vale la pena approfondire alcuni dettagli. Durante il percorso, “Veglia” e “Nazzari”, incapparono in una pattuglia del Cst e vennero condotti presso il Municipio. “Veglia” aveva solamente il suo “prosacco” (sacco da montagna) e “Nazzari” era in possesso di una rivoltella.

Chiesetta della Madonna del Caravaggio (detta del Colle)

Chiesetta della Madonna del Caravaggio (detta del Colle)

Il giorno seguente Castello Tesino si trovò in stato d’assedio, circondato da circa cinquecento fra solati e poliziotti del Cst. “Cannoncini piazzati sull’altura di San Rocco, mortai e mitra, carrette cariche di zaini, di Bombe, autocarri e cavalli, cani lupo, e soldati col telo tenda sulle spalle, fermi sotto gli alberi gialli con ta-pum spianato, il mitra al collo e le bombe a mano sulla cintura”

I tedeschi, però, erano terrorizzati, tanto è vero che la prima notte fecero un “fuoco d’inferno sparando all’impazzata per paura di essere aggrediti”, scrisse nella sua relazione, finita la guerra, don Cristofolini.

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Nessuno poteva entrare o uscire dal paese: anche il medico condotto Mario Tommasini ebbe difficoltà a rientrare in sede da Pergine, dove si era recato in bicicletta a trovare i familiari. Per dirigere le operazioni, Hegenbart si insediò all’albergo Savoia, di proprietà di Giovanni Pelloso, commissario prefettizio.

Ordinò che tutti gli uomini dai 15 ai 60 anni si presentassero presso la sala del cinema comunale (palazzo Littorio, sede del Municipio). Ne arrivarono soltanto una settantina e furono rilasciati con l’avvertimento che se il giorno successivo non si fossero consegnati tutti, compresi gli sbandati, il paese avrebbe subito rappresaglie.

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Gli ordini venivano impartiti tramite le autorità comunali. Il 1’ ottobre si ritrovarono in circa quattrocento. Durante la notte precedente erano state arrestate molte persone e sottoposte a interrogatorio negli uffici comunali. Furono rilasciati i capifamiglia e i giovani indispensabili per i lavori nei campi o per la cura del bestiame.

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Circa centoventi di Castello e una ventina di Cinte Tesino furono caricati su camion e trasportati a Trento e nella zona di Pergine a lavorare per la Todt. Anche a Pieve ci fu un rastrellamento non previsto e tutti gli uomini furono convogliati nella sala dell’albergo Tesino.

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Intervenne il segretario comunale Giuseppe Girardelli, ex capoposto di Gendarmeria al tempo dell’Austria, il quale, in perfetta lingua tedesca, assicurò gli occupanti che quella gente non aveva niente a che fare con i partigiani. Furono tutti rilasciati.

Ricorderà Teresa Zampiero, sorella di Ilario, partigiano noto con il nome di battaglia “Catina”:

“I tedeschi avevano adocchiato della legna già tagliata nel mio cortile e mi costrinsero a portarla all’albergo Savoia. In un corridoio passò Clorinda Menguzzato tra due tedeschi ce l’accompagnavano in qualche luogo e mi misi a piangere. Fu l’ultima volta che la vidi”.

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Clorinda Menguzzato “Veglia”, uccisa l’11 ottobre 1944 (non il 10 come riportato nella foto)

Erano stati arrestati anche Ermanno Pasqualini e la moglie Pierina Sordo, sorella di don Narciso.

“Dalla stanza vicina uscivano lamenti e urla. Quando trascinarono fuori Giovanni Muraro, barcollante e insanguinato, capimmo. Egli aveva preso il posto di suo padre nei collegamenti in montagna con il gruppo dei miei figli ed era stato catturato.

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Dalla bocca di quell’umile ed eroico giovane non uscì una parola. Col suo silenzio e la morte salvò la nostra vita, la vita di suo fratello Gregorio, la vita di Italo (Franceschini) e di Guido (Dorigato), quella dei miei figli e di tanti ragazzi del paese”.

Nelle tre notti tra l’8 e l’11 ottobre, come abbiamo già detto all’inizio di queste puntate sulla Resistenza in Trentino, “Veglia” fu sottoposta a continue torture anche da parte dello stesso Hegenbart, che le lanciò contro il suo cane lupo. Tra l’altro il capitano voleva sapere il nome del compagno assieme al quale era stata sorpresa.

Il terzo plotone della quinta compagnia del Cst a Pieve di Bono (Trento) nell’agosto del 1944

Il terzo plotone della quinta compagnia del Cst a Pieve di Bono (Trento) nell’agosto del 1944

“Clorinda Menguzzato di Augusto e di Dorigato Maria fu uccisa con arma da fuoco e il cadavere fu trovato sulla strada verso Pieve poco prima della villa Daziaro, lungo una scarpata. Fu sepolta fuori del cimitero di Pieve, lungo il muro a levante dello stesso cimitero il 14 ottobre 1944.

Trasportata la salma nel cimitero di Pieve Tesino con funerale semplice il 9 aprile 1945 – ore 17”. E’ quanto riportato nel libro dei morti di Castello Tesino alla data 11 ottobre 1944.

Eine Erschießung serbischer Geiseln an der Friedhofsmauer von Pancevo bei Belgrad durch ein Kommando des Infanterieregiments "Großdeutschland". Der das Kommando führende Offizier gibt den sogenannten Gnadenschuß (22. April 1941). Dies ist eines der Bilder der umstrittenen Wehrmachtsausstellung des Hamburger Instituts für Sozialforschung, die seit März 1995 in Deutschland und Österreich gezeigt wird. Die 17. Station der Wanderschau ist ab 13.4.97 Frankfurt/Main. dpa (Nur zur Berichterstattung über die Wehrmachtsausstellung - nicht für Zeitschriften und Archive, nur s/w)

L’ordine di Hegenbart fu di seppellire tutti i giustiziati di quei giorni fuori del cimitero, in fosse comuni. Nell’aprile 1945 i corpi verranno ricomposti in una bara e sepolti nel camposanto. Ecco la testimonianza del dott. Tommasini:

“In riferimento alla morte della garibaldina Clorinda Menguzzato “Veglia”, avuta notizia che era stata fucilata, il giorno 11 ottobre 1944 mi sono recato in località Daziaro a Pieve Tesino, che era al di fuori della mia competenza di medico condotto perché giaceva nel Comune di Pieve Tesino nell’ambito del dott. Luciano Gioseffi.

"Veglia"

“Veglia”

Essendo però la Menguzzato di Castello Tesino, era una mia assistita e appunto per questo motivo sono andato. Ho visto il cadavere in costume tradizionale abbandonato lungo la scarpata con la gonna alzata. Con altri ho provveduto a sistemare il costume ponendo una pietra sulla gonna medesima per coprirne il corpo nudo”.

Era stato don Silvio Cristofolini, parroco di Castello Tesino, tramite alcune persone del paese, a far rivestire la salma di “Veglia” con il costume tradizionale del Tesino.

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Tre persone vennero arrestate il 10 ottobre: Giacomo Marighetto, padre di “Ora” e di “Renata”, mentre era nel campo a “cavàr patate”; Dorimberto Boso, sorpreso in casa mentre cercava di nascondere una rivoltella della prima guerra; Giovanni Muraro, vivandiere dei fratelli Ugo e Tullio Pasqualini nascosti alle malghe Viose, bloccato al ritorno dal suo solito viaggio.

Passo del Borcon - malga Valarica di sotto - la targa in memoria di Ancilla Marighetto - Ora, la partigiana uccisa da un maresciallo del Cst nel febbraio 1945

Passo del Borcon – malga Valarica di sotto – la targa in memoria di Ancilla Marighetto – Ora, la partigiana uccisa da un maresciallo del Cst nel febbraio 1945

Era stato avvistato a distanza con il binocolo mentre nascondeva il biglietto riportante le nuove richieste di viveri dei suoi assistiti. La sera stessa i tre furono fucilati assieme a “Nazzari”. A nessuno di loro fu comunicata la decisione di sopprimerli. Nella constatazione di morte per “Nazzari” si parla di uno “sconosciuto”: è la prova che “Veglia” non aveva parlato.

CASTEL TESINO

CASTEL TESINO

Nel libro dei morti di Castello Tesino (XI – 1939-1955), alla data 10 ottobre 1944 è scritto:

“Uno sconosciuto sull’apparente età di 25 anni, alto, slanciato. Fu ucciso con armi da fuoco sulla strada di Molizza immediatamente a destra del capitello verso le 18. Fu sepolto fuori dal cimitero lungo il muro nord l’11 ottobre 1944. Trasportata la salma nel cimitero di S. Polo con funerale semplice il 10 aprile 1945, ore 7”.

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All’inizio della strada per il Passo del Brocon, a destra, c’era un capitello, poi scomparso, accanto al quale i quattro furono fucilati. Di fronte il cippo che li ricorda. Tutti i partigiani del “Gherlenda” sapevano chi fosse quello sconosciuto. Grazie al tenace silenzio di “Veglia”, i nazisti non seppero di aver catturato e ucciso uno dei più ricercati partigiani del Bellunese. Ecco il racconto degli arresti e dell’eccidio nelle parole del dott. Tommasini:

“La sera del 10 ottobre, verso le 18, mi trovavo in piazza Crosara a parlare con una persona quando udìì il passo cadenzato di militari tedeschi: era un drappello che circondava quattro prigionieri con le mani legate dietro la schiena e si dirigeva verso piazza Molizza. Riconobbi i tre di Castello, Giovanni Muraro, Giacomo Marighetto, Dorimbergo Boso e il quarto non sapevo chi fosse. Poco dopo si udirono degli spari.

CINTE E PIEVE TESINO

CINTE E PIEVE TESINO

Al mattino seguente in ambulatorio seppi che erano stati passati per le armi. Dei tre che conoscevo, devo dire che non c’entravano con i partigiani: il Muraro l’avevano catturato al ritorno dalle Viose dove era stato a portare da mangiare ai due figli di Ermanno Pasqualini, Ugo e Tullio, lì nascosti per non fare il servizio militare. Aveva una lettera da consegnare al padre dei due fratelli.

Piazza Crosara (o piazza San Giorgio) a Castello Tesino

Piazza Crosara (o piazza San Giorgio) a Castello Tesino

Giacomo Marighetto aveva l’unica colpa di essere il padre di “Ora” e “Renata”. Il Boso era stato sorpreso in casa mentre cercava di nascondere una vecchia pistola della prima guerra. Le salme erano rimaste tutta la notte sotto una fitta pioggia. Mi recai dal capitano Hegenbart per l’autorizzazione alla sepoltura.

IL RECUPERO DELLA SALMA DI "ORA"

IL RECUPERO DELLA SALMA DI “ORA”

Ordinò che fossero sepolti in una fossa comune senza alcuna presenza, neppure del prete. Pelloso, commissario prefettizio, mi indirizzò da Giovanni Franceschinelli “Fiemmazzo” per il trasporto delle salme, per il fatto che aveva un carro con mulo. Mi recai alla Molizza per la constatazione di rito: avevano tutti e quattro il cranio fracassato con frammenti di ossa e materia cerebrale dappertutto.

Erano stati colpiti in faccia. Lo sconosciuto rimase tale fino alla fine della guerra, ma i partigiani lo conoscevano bene: era Gastone Velo “Nazzari” da Feltre, moroso di “Veglia”. Nonostante le torture, lei non aveva parlato e fu uccisa l’11 ottobre”.

Gastone Velo “Nazzari” (Feltre 1923 – Castello Tesino 10 ottobre 1944), vice comandante del “Gherlenda”, poi Capo di Stato maggiore

Gastone Velo “Nazzari” (Feltre 1923 – Castello Tesino 10 ottobre 1944), vice comandante del “Gherlenda”, poi Capo di Stato maggiore

Gastone Velo era nato a Feltre nel 1923. Dopo aver frequentato la quarta industriale, aveva lavorato alla Metropole, alla Smirrel e alla Metallurgica della sua città. Da militare aveva frequentato il corso allievi ufficiali a Fano (Ancona).

L’8 settembre 1943 era scappato dalla caserma con un’autocorriera e, attraversato l’Appennino, a Novafeltria (Pesaro e Urbino) aveva venduto l’automezzo perché non cadesse nelle mani dei tedeschi. Raggiunta Rimini, inconsapevolmente si era presentato all’aiutante maggiore di Rommel con documenti falsi di tenente autista.

PARIDE BRUNETTI "BRUNO"

PARIDE BRUNETTI “BRUNO”

L’ufficiale gli aveva proposto cinquemila lire al mese perché rimanesse al suo servizio. Aveva finto di accettare, ma aveva chiesto e ottenuto, prima di entrare in servizio, un permesso per recarsi a Trento affermando che lì aveva i genitori. Giunto a Mestre si era invece diretto a Feltre, dove era rimasto nascosto.

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Si era poi messo in contatto con “Bruno” e aveva formato la squadra “Marmolada” per i collegamenti e per le informazioni, rifornendo Pietena di armi e munizioni.

A guerra finita la madre di “Nazzari” renderà la seguente testimonianza:

“Dichiaro che il 4 agosto 1944, alle tre di notte, il maresciallo Willy Niedermayer, detto Tigre, con una pattuglia di tedeschi armati sino ai denti, sfondarono la porta di casa per cercare mio figlio, ora defunto, Velo Gastone, il quale era fuggito alle due di notte dalla caserma ove prigioniero; fu percosso, torturato, gli furono strappati i capelli brutalmente lacerandogli il cuoio cappelluto.

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La sera del 4 agosto, ci sorpresero ancora in camicia, ci minacciarono di portarci a Bolzano se non avessero trovato mio figlio. Ci derubarono di tutti i suoi vestiti … Dopo due mesi mio figlio fu preso, torturato e ucciso, a scarica di mitraglia, in Castello Tesino, La sua morte è tomba per noi poveri genitori”.

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Non soddisfatti dell’assassinio del capofamiglia dei Marighetto, i nazisti incendiarono il loro maso in località Zuna e non potendo dare alle fiamme l’abitazione in paese, in via Terrasanta, perché troppo vicina alle altre case, la resero inservibile fracassando porte e finestre e rubando quanto serviva.

ANCILLA E GIACOMINA MARIGHETTO

ANCILLA E GIACOMINA MARIGHETTO

“Nel 1943 – ricorderà Giacomina Marighetto – con mia sorella Ancilla e altre ragazze del paese andammo a Mortara (Pavia) a fare le mondine: riso a colazione, riso a pranzo e riso a cena. Oltre al salario, per ogni giornata lavorativa ci diedero un chilogrammo di riso che ci fu spedito a casa.

Fra me e mia sorella erano ottanta i chilogrammi di quel prezioso e sudato alimento che nascondemmo in Zuna e prelevavamo ogni tanto quello che ci serviva, cercando di risparmiarne il più possibile: nell’incendio andò distrutto”.

In Celado (Castello Tesino) furono dati alle fiamme molte baite e fienili, possibili rifugi dei partigiani

In Celado (Castello Tesino) furono dati alle fiamme molte baite e fienili, possibili rifugi dei partigiani

Dopo la morte del padre Giacomo, “Ora” e “Renata” rimasero in montagna, Giacomina fuggì a Milano a lavorare presso una famiglia, mentre la madre e il fratello più giovane furono accolti da suor Antonia Bertamini presso l’Ospedale Ricovero del paese. I soldati proseguirono le distruzioni dando alle fiamme anche la casa di campagna di “Veglia” e una quindicina di masi in Celado.

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Una colonna si diresse a piedi verso il Passo del Brocon con i coniugi Pasqualini perché indicassero il nascondiglio dei loro due figli. Giunti all’albergo “Pizzo degli Uccelli”, l’unico allora esistente in Brocon, “assistemmo alla fuga di un partigiano che era stato legato al sottoscala.

Mentre i soldati buttavano tutto sottosopra, rovesciando mobili e masserizie dalle finestre, egli si slegò e si buttò al di sotto dello stradone, sparendo nel bosco. Era il quindicenne Vito Ballerin, “Napoleone”, che era stato catturato da una pattuglia del Cst”.

Vito Ballerin “Napoleone” (Castello Tesino, 1927 – Borgo Valsugana 1948). Dopo “Portafortuna” era il più giovane partigiano d’Italia

Vito Ballerin “Napoleone” (Castello Tesino, 1927 – Borgo Valsugana 1948). Dopo “Portafortuna” era il più giovane partigiano d’Italia

“Fermi Rodolfo di Arnaldo e di Maria Moroni, nato a Cortemaggiore (Piacenza) il 16 giugno 1914, gestiva l’albergo del passo del Brocon dove accoglieva sovente e volentieri i partigiani mettendo a loro disposizione viveri e alloggio. Fu preso dai tedeschi nel rastrellamento del 12 ottobre, accusato di aver favorito la fuga di un partigiano distraendo l’attenzione dell’ufficiale tedesco di guardia.

Venne portato a Roncegno, dove il 28 ottobre subì un interrogatorio. In seguito i tedeschi lo portarono nei pressi di Campiello di Levico dove l’uccisero e lo seppellirono in campagna”. L’albergo fu dato alle fiamme.

Albergo “Pizzo degli Uccelli” al Passo del Brocon

Albergo “Pizzo degli Uccelli” al Passo del Brocon

Pierina Sordo Pasqualini fu rilasciata, mentre il marito Ermanno sarà trasferito nel Lager di via Resia a Bolzano. I figli non furono scovati e alla fine di ottobre ripareranno a Milano. Il giovane Vito Ballerin vide per poco tempo i giorni della Liberazione per la quale aveva lottato: morirà di tbc all’ospedale di Borgo nel 1948.

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