GIULIANO STENGHEL
Rovereto, 1953
a cura di Cornelio Galas
“Un atto d’amore è un cristallo di ghiaccio dell’immenso ghiacciaio, ma cosa sarebbe quel ghiacciaio senza quel piccolo cristallo? Gli mancherebbe senz’altro qualcosa”. (Giuliano Stenghel)
“Tèi, ma chi èlo quel màt tacà su co ‘na corda a l’elicotèro ? ‘l conossit?” No, non conoscevo quel “pazzo”. Ero lì, come tante altre volte, alla base del Monte Casale, a Pietramurata, per avere notizie sull’ennesimo, grave, incidente su quelle vie di arrampicata. E anch’io ero in ansia per quel puntino nero che oscillava nel vuoto sotto il rombo dell’elicottero impegnato nel soccorso alpino.
Più tardi volli incontrare quel soccorritore così sprezzante del pericolo. Sì, era lui, Giuliano Stenghel, col quale poi è nata una grande amicizia, anche se non ci frequentiamo, anche se ci si vede solo di tanto in tanto.
Ma torniamo a quell’incredibile operazione di soccorso. Ecco come Giuliano ne descrive, una analoga, sul Brenta, nel suo libro (uno dei suo molti libri) “Lasciami volare”:
“Sto volando … Non precipitando e neppure appeso ad una corda, sono semplicemente sospeso nel vuoto: “essere in alto” è un’emozione profonda. Il mio occhio si perde su un orizzonte di cime immenso, magnifico che si stende a Nord oltre la valle. Davanti a me, la visuale è interrotta da una fila di pareti, sfumate nei contorni dalle nebbie, che ne alterano i colori, riducendoli al solo grigio scuro.
Vedo una parte della cima del Castelletto Inferiore e sotto, piccolissimo, il Rifugio Tuckett, poggiato sopra un salto roccioso, sentinella della vedretta nevosa che si riflette più o meno ovunque. Il sole già da tempo è andato a riposare, nascondendosi alla vista, e con lui anche la montagna sembra addormentarsi.
Laggiù, degli uomini, puntini scuri, camminano faticosamente, salgono o scivolando scendono; eppure sembrano fermi. “Ma perché? Perché sto volando!”. Mi avvicino alle Torri di Kiene, sembrano delle navi, e proseguo sulla parete della cima intitolata a Serenella, scalata molti anni fa con Fabio. Faccio poi un giro sopra lo scivolo nord di Cima Brenta, vorrei salirlo ma non è però possibile: dovrei oltrepassare le nuvole e potrei perdermi, sbattendo le ali.
L’elicottero dei vigili dei fuoco mi sta trasportando nel punto più alto visibile; infatti accompagno in questo soccorso il gestore del Rifugio Tuckett, Daniele. Il “baccano” di quel motore sta rotolando verso valle, quando con i piedi per terra cominciamo ad arrampicare lungo la via normale di Cima Brenta. Cerchiamo un uomo che hanno visto cadere, saliamo, gridiamo, ascoltiamo: solo l’eco ci risponde!
Le nebbie portano via le cime, rimaniamo soli sulla montagna; ci dividiamo. Mi muovo prudente a causa del mio piede dolorante, mi sposto pensando, sperando, pregando e poi lo vedo disteso, immobile come morto sull’orlo dell’abisso. Evitando gli appigli sporchi di sangue raggiungo un corpo ferito, che non parla, non si muove, ma respira! “Stai morendo, amico mio, tra le fredde rocce che hai tanto amato; ma sono certo che il tuo spirito può andare dove gli pare, sono certo che puoi ascoltarmi.
Ti parlo con il cuore, con la mia anima, allo stesso modo con cui parlavo a Serenella, anche lei imprigionata sul letto d’ospedale”. Allora mi rispose: “La tua forza, il tuo coraggio, il tuo grande amore hanno accompagnato la nostra storia senza paure, senza soste. Dio è Amore ed un giorno ti ricompenserà!”. “Ed allora comincia a ricompensarmi, Dio. Salva questa vita!”.
Poi, all’improvviso delle voci note: Walter, Daniele e Luca. Osservo Luca curare l’infortunato nel migliore dei modi, mentre Walter organizzare il soccorso, riconosco la sua lunga esperienza e bravura, ma soprattutto guardo il viso del morente che ancora, ancora respira. Francesco si salverà.
Penso che nessuna via, nemmeno la più difficile, può donarti la stessa gioia che ti rimane nell’aver aiutato una persona in montagna: sicuramente un privilegio degli uomini del Soccorso Alpino e di chiunque sia disponibile a vivere quest’esperienza: quando si salva una vita, si salva il mondo intero!
Finalmente zoppicando sono in valle, ho in braccio la mia bambina alla quale dolcemente chiedo: “Perché Chiara, ti sei messa a piangere quando mi alzavo in elicottero?”. “Perché pensavo partissi per il cielo, come la mamma”- mi risponde.
Giuliano Stenghel (Sten), è stato un vero acrobata delle ascensioni. Dice magari di preferire a volte l’avventura dietro l’angolo di casa, e intanto fa salite mozzafiato su difficilissime pareti anche non di moda. Nel 1978 diventa Istruttore Nazionale d’alpinismo, poi Guida alpina ed Istruttore Emerito del CAI.
Alle spalle ha qualcosa come duecento vie nuove, ripetendone altre già aperte, con difficoltà estreme ma soprattutto moltissime prime ascensioni solitarie e sempre “di corsa”. Nel mondo alpinistico è considerato “maestro del friabile” per la capacità di muoversi su rocce difficili ed estremamente friabili anche con poche protezioni.
Nato a Rovereto nel ‘53, Giuliano Stenghel ha realizzato, con l’aiuto dei migliori amici, un’impresa davvero eccezionale nel mondo dell’impegno sociale: alla prima moglie, Serenella, morta prematuramente, ha dedicato l’Associazione umanitaria Serenella-Onlus, che ha come scopo preciso la solidarietà verso i bambini bisognosi. Nel 1998 Giuliano, con alcuni amici alpinisti, ha promosso “Alpinismo e solidarietà”. Per gli amici Giuliano Stenghel è semplicemente Sten, un uomo estremamente generoso, di una simpatia comunicativa dirompente.
Risiede attualmente a Villa Lagarina, alle porte di Rovereto, con la moglie Nicoletta e le figlie Chiara e Martina. Giuliano è anche un fecondo scrittore, ricordo Lasciami volare (1995), La Casa del cielo (1996), Il Dito di Dio (1998), Se il sole sorge della figlia Chiara (1999), Grazie di cuore (2000), Il Grido del Gabbiano (2001) e il Garda verticale (ristampa de Il Grido del Gabbiano [2002]) scritti a quattro mani con Fausto Camerini, l’Opuscolo di Serenella e Le Primule Rosse (2002).
E questi libri sono serviti per la sensibilizzazione del messaggio dell’Associazione Serenella e per raccogliere offerte che sono state interamente devolute a «chi non ha ciò che noi abbiamo». “Sten” è stato anche protagonista del film a due puntate prodotto dalla RAI: Il Salto delle Streghe, e nel 1998 ha diretto e prodotto il suo primo cortometraggio, Il Bimbo.
Scrive Giuliano: “Noi alpinisti puntiamo alla stessa meta, la vetta. Ciò che ci distingue è il come la raggiungiamo. La via, la lunghezza, la parete se nord o sud, se con rocciasana o friabile, se altissima o meno, se ci permette di uscire facilmente o se invece ci costringe a rimanervi imprigionati, se affrontata con le “sole mani” o con “mille” chiodi o strani aggeggi, se posta al sole o all’ombra, se se se …
Noi alpinisti saliamo non per il puro piacere di arrampicare, ma per la scoperta che si rivela ai nostri sensi metro dopo metro, per esprimere la nostra fantasia, per vivere! Siamo dei privilegiati:raggiunta la cima riusciamo a toccare il cielo e a contare le stelle!»
Ha detto:
- Chiunque salva una vita salva il mondo intero
- Nessun uomo è così grande di quando si china per aiutare un bimbo
- Non abbiamo la presunzione di cambiare il mondo, tentiamo di cambiare quello di un bambino in condizione di grande povertà
- Non devi cancellare il tuo passato, perché servirà per il nostro futuro
- La persona più intelligente è colui che ama Dio e il prossimo
“Molti anni or sono — così ricorda Giuliano Stenghel in uno dei suoi libri — quando ho incominciato a muovere i primi passi sulle rocce, avevo sentito che ad occidente di Arco, si ergeva una strapiombante muraglia rocciosa: il Calodri. Sì! Allora si chiamava cima Calodri e poi non so come è diventata ‘il Colodri’
. Per la verticalità delle sue pareti e le poche vie ma molto difficili aperte dai cugini Ischia e compagni, si diceva che era audacia metterci su le mani, addirittura proibitivo per un alpinista della mia esperienza. Mi avviai in motocicletta alla volta di Arco e ben presto fui nell’ombra della parete, in mezzo alle “marocche” di Prabi.
Qui viveva un uomo più che maturo ma ancora capace di lavorare il suo piccolo terreno con l’entusiasmo di un giovane contadino: Bèpi era il suo nome. Passarono gli anni e il Colodri brulica di “piccoli ragni”: ora c’è una ferrata per rientrare alla base, ci sono sentieri e persino un percorso vita; in poche parole la località di Prabi ora è famosa e con essa anche la gente che ci vive.
Allora, chiunque s’inerpicava su questi sassi conosceva il Bèpi e tutti gli dovevano qualche cosa: alpinisti di mezza Europa si sono fermati a dormire a casa sua, hanno usato la sua acqua, ne hanno bevuto il vino e mangiavano anche. Alcuni amici gli avevano dedicato una via e tutti quelli che sono passati dai Colodri lo ricordano: è strano il mondo che qualche volta dà la fama a chi la merita!
Molte volte mi sono fermato nella sua casa e rimanevo colpito dalla serenità che vi regnava, era un’atmosfera unica che difficilmente si trovava altrove. Qui, dove siamo seduti, c’era il suo orto. Laggiù il tavolo dove, con i compagni, al ritorno dalle scalate, si gustavano le enormi tazze di caffè che il Bèpi ci offriva.
E guai a rifiutare il suo invito”. Ho avuto la soddisfazione di legare il mio nome a queste pareti, ma soprattutto ho avuto la fortuna di incontrare un uomo piccolo con un grande cuore. Quanti amici mi hanno lasciato, quanta malinconia nel mio cuore mentre la mano di Nicoletta stringe la mia”.
Stenghel e la solidarietà
“Tanti anni fa, dopo la morte di Serenella, tra i tanti sogni nel cassetto c’era quello di ricordarla nella solidarietà verso chi soffre: un ricordo pulito, semplice quanto umile, ma altrettanto forte.
Solidarietà, non “solo” per fare beneficenza, bensì una convinzione morale, una precisa scelta di vita! Carità testimoniata con i fatti (ideale se silenziosa), come atteggiamento dell’animo che arricchisce e dona una gioia impagabile: gioia nel dare più che nel ricevere.
Carità con profonda umiltà e consapevolezza di non voler cambiare il mondo ma soltanto di voler cambiare quello di un bambino in condizione di grande povertà. Carità che ci rende forti e grandi nel cuore (Nessun uomo è così grande come quando si china per aiutare un bambino). Infine Carità che trasforma la nostra pochezza in ricchezza e, inevitabilmente ci avvicina a Dio.
Ancora oggi è difficile spiegare il perché della perdita di una persona cara, la mente non è in grado di concepire un simile dolore. Per superare una simile prova è necessario l’aiuto di una grande fede, bisogna seguire il cuore: trasformare la sofferenza in amore, solo così l’amore che ci rimane dentro continuerà verso altri orizzonti e la vita avrà un significato nuovo, diventerà ancora bella.
Una mamma strappata alla vita a soli 26 anni d’età, fiduciosamente abbandonata nelle braccia del Signore, si trasforma in un Angelo, con il potere immenso di entrare nel cuore delle persone per trasmettere l’Amore di Dio. Solo se un seme nella terra muore, nascerà una pianta meravigliosa, questo è il miracolo della vita oltre la morte!
Qualcosa di simile è accaduto anche attraverso l’Associazione Serenella che grazie alla generosità di tanti benefattori, ha potuto aiutare molti bambini in gravi condizioni di povertà. Quante persone sono riuscite a trasformare il loro dolore in amore, e nella circostanza triste della perdita di una persona amata, hanno deciso di raccogliere fondi per aiutare “chi non ha la fortuna d’avere ciò che noi abbiamo”… e miracolosamente hanno ritrovato una serenità quasi impossibile.
Ma anche in altrettante occasioni gioiose è accaduta la stessa cosa, ed anche questo è un piccolo miracolo: la condivisione della propria gioia e della propria fortuna. Migliaia di famiglie hanno scelto di adottare bambini a distanza … e l’Amore è entrato nelle loro case. Chissà che il nostro grande Dio non regali a tutti il Paradiso soltanto per questo piccolo, grande gesto di bontà; non poniamo limiti alla sua misericordia.
Un giorno … Un’anziana signora, con la “minima” di pensione, voleva adottare un bambino a distanza; era un po’ preoccupata poiché non sapeva se, qualche imprevisto le avrebbe permesso di continuare il suo impegno nel futuro. Dopo averla ascoltata, commosso da tanta nobiltà di sentimenti, la tranquillizzai assicurandole che l’adozione a distanza non comportava alcun obbligo, anzi avrebbe potuto smettere il suo gemellaggio in qualsiasi momento.
La invitai persino a limitarsi ad una piccola offerta, m’interruppe facendomi capire come la sua scelta fosse il sogno di una vita. Per un attimo, ho pensato alla vedova del vangelo che donava gli ultimi spiccioli ed ho imparato per l’ennesima volta quale fosse la vera carità!
La raccolta di fondi non è prioritaria e neanche lo scopo principale della nostra Associazione: è la logica conseguenza di un messaggio d’amore portato concretamente da tante persone che hanno scelto di unirsi per “far del bene”.
Non dobbiamo farci tentare dal desiderio di far fare agli altri la carità, chiedendo sponsorizzazioni, contributi pubblici ecc. ma, al contrario, dobbiamo sforzarci di farla in prima persona, ciascuno alla sua maniera: come, dove, quando e infine nella quantità desiderata. Continueremo così a “toccare” la generosità di tanti benefattori e scopriremo come ogni piccola offerta per “Serenella” sia scaturita da un cuore generoso.
E’ una scelta! Una giusta scelta.
Fiumi di parole vuote educano o pubblicizzano la solidarietà. La solidarietà non è un “business” o un contratto da proporre. Non abbiamo la presunzione di cambiare il mondo ma tentiamo umilmente di salvare almeno una vita (Chiunque salva una vita, salva il mondo intero).
Finora abbiamo sostenuto i missionari che ci hanno chiesto un aiuto, abbiamo promosso e finanziato tante iniziative per sensibilizzare la carità (serate, manifestazioni, magliette, opuscoli, libri ecc) e la risposta è stata straordinaria. Vi è più gioia nel dare che nel ricevere… Sono fermamente convinto di come la carità non debba essere “solo” fare beneficenza, bensì una convinzione morale, una precisa scelta di vita! La carità testimoniata con i fatti, è un atteggiamento dell’animo che arricchisce e dona gioia impagabile.
L’Associazione Serenella, grazie alla generosità di tante persone, è riuscita a creare un ponte essenziale fra noi e molte popolazioni povere organizzando importanti iniziative di solidarietà (attualmente sosteniamo circa venti Paesi nel mondo con molti progetti che ci giungono dai missionari di molte congregazioni).
Un esempio concreto è l’adozione a distanza di bambini orfani o molto poveri che i nostri amici missionari, direttamente impegnati sul luogo, riescono a mantenere con una modica somma. Ci sono poi altre forme d’aiuto: la costruzione di case, scuole, orfanotrofi, pozzi, acquedotti, il finanziamento di cure ospedaliere o interventi chirurgici, l’invio di medicinali, l’emergenza fame ecc.
Esiste quindi una via, un’opportunità da cogliere al volo: la consapevolezza che un atto d’amore è essenziale per noi e per chi lo riceve. E’ un cristallo di ghiaccio nell’immenso ghiacciaio ma, cosa sarebbe quel ghiacciaio senza quel cristallo? Gli mancherebbe senz’altro qualche cosa!
Se, con l’esempio concreto, riusciamo a convincere una persona ad aiutarne un’altra non abbiamo soltanto contribuito a salvare una vita ma, abbiamo contribuito alla “costruzione” di un ponte d’Amore fra due persone portando l’Amore di Dio. E non vi sembra un motivo sufficiente per proseguire in questa direzione?
Chi fa parte dell’Associazione Serenella è consapevole di dare e… soltanto continuare semplicemente a “dare”, senza compromessi o ipocrisie, nella piena certezza di quanto un atto d’amore sia importante per chi lo riceve ma soprattutto per chi lo fa.
Per questo motivo l’intero ammontare delle offerte pervenute è sempre destinato a soli scopi benefici (progetti che ci giungono dai missionari), rimanendo quindi a carico dei soci, in modo assolutamente volontario, ogni spesa organizzativa.
Questa frase è stata aggiunta al nostro Statuto per rilevare lo spirito che, da molti anni, ci accomuna: quello di inviare interamente ai poveri le offerte che ci giungono dai tanti benefattori.
Il fatto che la nostra Associazione sia una Onlus è un privilegio che ci impone delle piccole regole da osservare ma senza dimenticarci che la nostra Associazione è opera di Dio e quindi guidata dai suoi Angeli. Con tanta fiducia bisognerebbe tirar da parte il nostro raziocinio per lasciar operare, nel totale abbandono, la “mano di Dio”.
Un giorno confidai a un missionario le mie preoccupazioni di fronte all’impegno quotidiano che c’eravamo assunti per aiutare questi bimbi. Padre Lorenzo, dopo avermi ascoltato, mi tranquillizzò dicendo di non preoccuparmi poiché l’Associazione Serenella è “Opera di Dio” e pertanto non ci sarebbero stati grandi problemi.
Mi ritornò alla mente una frase di Serenella: “Quando vedi un povero, un ammalato, un bambino oppure un vecchietto in difficoltà, fermati … perché quello è Dio!”, e conclusi: “Tutte le preghiere del mondo, non valgono le lacrime di un bambino che prega: mio Dio aiutami!”.