MARIA GRAZIA BUCCELLA
Milano, 15 agosto 1940
a cura di Cornelio Galas
Lo so. Non è nata in Trentino. Ma da noi è arrivata in giovane età. Come si capisce dall’intervista concessa a Massimo Bertarelli, che riporto subito per sgombrare il campo da equivoci sulla “trentinità” di questa famosa attrice.
Cara Maria Grazia Buccella le piace trovarsi tra le stelle di ieri ?
«Mi piace, ma non sono d’accordo».
E perché ?
«Le stelle non sono né di ieri, né di oggi, ma di sempre. Comunque io non so se merito di essere chiamata stella».
Non faccia la modesta, piuttosto dov’è finita ?
«Vivo tra Roma, Trento e Milano. Ma viaggio molto, specialmente in Francia e in Spagna».
A diciassette anni è stata eletta Miss Venezia Tridentina, ma non è nata Milano?
«Sì, ma da bambina mi ero trasferita con i miei a Trento».
Proprio una ragazza da concorso: quando di anni ne aveva diciannove, nel 1959, ha rappresentato lItalia a Miss Universo …
«Non sottilizziamo sulle date, a me sembra l’altro ieri. Mi ricordo le difficoltà con il permesso di soggiorno, gli incontri in palcoscenico a Las Vegas con Perry Como e Frank Sinatra, e sul set con Yul Brynner, Robert Mitchum e Gregory Peck …».
Un sesto posto tra le più belle del mondo, mica male …
«Poi ho anche imparato l’inglese. Il tedesco lavevo studiato a scuola, come il ladino. Con lo spagnolo fanno quattro lingue».
Manca il francese. Eppure gli almanacchi dicono che il suo esordio è avvenuto quando lei aveva solo undici anni proprio con due film in Francia …
«Verissimo. Stavolta è più dell’altro ieri».
Poi cosa è successo?
«Ho fatto qualche copertina dei 45 giri di Fred Buscaglione …».
Che bambola per buttar lì un nome a caso …
«E col paroliere di Buscaglione, Leo Chiosso, che era il Mogol degli anni Sessanta, ho registrato qualche canzone. Ah, a Milano ho fatto delle piccole partecipazioni a spettacoli con Mike Bongiorno, com’era carino».
Nel senso di gentile. Poi è arrivato qualche film dimenticabile: Pesci doro e bikini d’argento, Canzoni in bikini. È innegabile che stava bene in costume da bagno …
«Grazie. Li avevo rimossi, mi piacerebbe rivederli. Una volta mi pare che uno l’abbiano dato in tv. Di notte».
Quindi Siamo tutto pomicioni …
«Questo non me lo ricordo proprio».
Fino a Il boom di De Sica con Sordi, quando lei aveva ventitré anni. Un titolo, un presagio …
«Ma io amo di più Il gaucho di Dino Risi con Gassman dell’anno dopo. Un film amaro con una punta di allegria».
Grande film, sottovalutato. Però era ancora una figura per così dire di contorno. Interpretava già l’oca sexy, con Annie Gorassini, ex Miss Italia. Un gran bel vedere … Ma il primo ruolo da protagonista quando è arrivato ?
«Credo che sia stato un po più in là. Prima Sissignore di Tognazzi, con lui e Moschin e poi Basta guardarla di Salce con Carlo Giuffrè».
I suoi film avevano dei titoli su misura. Come Dove vai tutta nuda?, che tra parentesi prometteva molto di più di quanto mostrasse …
«Che commedia divertente. I miei partner erano Tomas Milan e Gassman».
Gassman è uno dei più assidui nella sua filmografia. Cè sotto qualcosa ?
«Gassman per me è stato tutto. Un grande talento e una persona adorabile».
Catherine Spaak, che con lei e Gassman ha girato Larmata Brancaleone non la pensa così …
«E perché?»
Ha raccontato proprio in occasione del restauro di Brancaleone, che Gassman sul set di divertiva a mettere in imbarazzo le attrici con le sue volgarità …
«Non saprei, a me non risulta. Io so che Gassman era un uomo di grande personalità, un vero istrione, anche nei momenti di depressione. Forse gli sarà scappata una battuta. Non penso di più».
L’ha più rivisto Brancaleone ?
«Credo di non averlo mai visto. Tutto intero, intendo. Noi attori spesso guardiamo, durante il doppiaggio, soltanto le parti in cui siamo in scena. Poi ci tocca partire per un altro film e se non si va al cinema ci sfugge».
Sempre a proposito della Spaak, lei in Adulterio all’italiana le ruba il marito, Nino Manfredi. Sono cose che succedono sul set ?
«Non pettegoliamo. Comunque a me non è mai capitato. Ma è difficile, perché si è molto presi».
Lei è stata al fianco di tutti e quattro i moschettieri della commedia all’italiana, Sordi, Manfredi, Tognazzi e il pluricitato Gassman. Chi ricorda con più affetto ?
«Prima di tutti Vittorio. Ma anche Tognazzi, un grande attore e molto simpatico. Come del resto Tomas Milian e Buzzanca, adorabili tutti e due. Piuttosto a volte ero io un po scorbutica».
Scorbutica, ma con un corpo da calendario. Rimpiange di non essere nata trentanni dopo …
«No. Sono stata fotografata da Playboy e anche da Playmen. Ogni tanto apparivo su qualche rivista piccante. Le compravo ma in casa dovevo nasconderle, se no erano tanti guai …».
Una famiglia severa ?
«Sì, rigidissima».
Un giornalista scrisse molti anni fa delle sue curve fenomenali: «Per guardarla tutta, bisogna fermarsi e riprender fiato». I suoi l’avranno letto ?
«Pazzesco. Un bel complimento. Mi fa piacere».
Un titolo che invece non fa per lei è L’importante è non farsi notare, uno degli ultimi della sua carriera …
«Mi sembrava che fosse L’importante è partecipare …».
I sacri testi la contraddicono … Come mai le davano quasi sempre i ruoli della bella svampita ?
«Sono sempre stata un po’ assente. A volte mi parlano e io sto pensando ad altro. Così è nato il personaggio dell’oca».
Merito anche della voce, forse ?
«Senza dubbio. La voce è stata determinante».
Lei ce l’ha così stridula e miagolante di natura o un po’ ci marcia ?
«No, è sempre stata così».
E si ritrova nei suoi personaggi ?
«Purtroppo sì, tantissimo. E oggi mi trovo a disagio. Sono tempi in cui bisogna essere presenti».
Lei ha lavorato anche con attrici famosissime, la Lollo (Le piacevoli notti), Monica Vitti (Ti ho sposato per allegria), la Pampanini (Il gaucho), Virna lisi (Una vergine per il principe). Come mai non è diventata altrettanto popolare…
«Loro sono attrici straordinarie. Io come ho iniziato ho smesso. Carriera breve, non molti film. Forse non sono stata abbastanza fortunata, di sicuro ho avuto seri problemi di salute».
Cambierebbe qualcosa ?
«Niente. Rifarei tutto, nel male e nel bene».
Il rimpianto più grande ?
«Non mi piace rimpiangere. Amo guardare la realtà. Voglio stare vicino alle persone a cui voglio bene. A Trento ho ancora una zia. È lei la vera diva, la nostra coquette».
Quanti anni ha questa zia, si può chiedere ?
«Non lo vuol dire».
Doveva fare l’attrice anche lei. Senta e la tv ?
«Ne ho fatto molta. Da Cinevarietà a I ragazzi della III C».
Un reality …
«Li guardo. Finora non mi hanno chiamata …».
Cosa le piace della tv di oggi ?
«Al mattino Cominciamo bene di Raitre. Mi divertiva Torte in faccia di Canale 5».
Con Aida Yespica. È la Buccella del Duemila?
«No, lei è bellissima, io non sono niente».
Eccellente attrice con una carriera cinematografica relativamente breve che ha preso il via a partire dagli ultimi anni della commedia all’italiana approdando direttamente a quella sexy dove, con la sua bellezza carnale e svampita, quasi comica, Maria Grazia Buccella si è inserita nella Cinecittà di allora, conquistandosi un dorato posto fra le stelline che si erano accese.
Debuttò come attrice nel 1951, nel film francese di Raymond Bernard La nostra pelle, accanto a Paolo Stoppa, e dopo qualche anno apparve in Rasputin di Georges Combret (1954) con Milly Vitale. Finalista a Miss Universo nel 1959, viene scelta da Antonio Margheriti per il peplum Il crollo di Roma dove interpreta Xenia, seguito successivamente dalle commedie più impegnate: Adultero lui, adultera lei (1963) di Raffaello Matarazzo, Il boom (1963) di Vittorio De Sica, con Alberto Sordi e nella piccola parte della segretaria, e in Il gaucho (1965) di Dino Risi, con Vittorio Gassman.
Spostatasi in Francia, è presente in moltissime pellicole di Christian-Jaque come: Donne, mitra e diamanti (1965), La guerra segreta (1965) e Segreti che scottano (1967).
Tornata poi in patria, viene scelta da Pasquale Festa Campanile per Adulterio all’italiana (1966) e Una vergine per il principe (1966), dove ha l’occasione di confrontarsi con attori del calibro di Nino Manfredi, Catherine Spaak, Virna Lisi, Philippe Leroy e Paola Borboni. Anche se uno dei suoi ruoli migliori rimane quello secondario in L’armata Brancaleone (1966) di Mario Monicelli.
Vittorio De Sica la inserirà nel cast di Caccia alla volpe, dove avrà l’occasione di mostrare le sue doti recitative e caricaturali di fronte al re della risata americana Peter Sellers. Poi, finalmente, dopo tanta gavetta, il suo primo riconoscimento: il Nastro d’Argento come miglior attrice non protagonista per la pellicola diretta da Luciano Salce Ti ho sposato per allegria (1967).
Ugo Tognazzi, Luigi Comencini, ancora Pasquale Festa Campanile e lo spettacolo teatrale “Venti zecchini d’oro” del 1969, le daranno la sicurezza necessaria per affrontare, l’anno successivo, un ruolo da protagonista in Basta guardarla (1970) per la regia di Salce, prodotto da Mario Cecchi Gori (il cui figlio, Vittorio, era all’epoca fidanzato con lei).
La storia è quella di una soubrette Enrichetta che per le doti fisiche, più che per l’autentica bravura, farà innamorare un cantante, andando però incontro a una serie di sventure. Nel cast ci sono altri eccellenti interpreti come Carlo Giuffré, Franca Valeri e Mariangela Melato, ma nonostante questo il film, allora, non ebbe molto successo.
Negli anni Settanta è compagna di set di Gianni Morandi in Il provinciale (1971) e dopo alcune mediocri pellicole – e la canzone “Il pòpò” (1978) -, entra nella serie tv di Pier Francesco Pingitore “C’era una volta Roma” (1979). Mentre, negli anni Ottanta, si accontenta di piccole parti come quelle in Delitto in Formula Uno (1984) di Bruno Corbucci.
Seguirà un lungo periodo di assenza dal grande schermo e qualche piccolo cameo televisivo (“I ragazzi della 3° C” del 1987), fino al ritorno nella pellicola Hotel Otello (2000) di Andrea Biagini e Leonardo Scucchi.