TRENTINI FAMOSI, MA NON TROPPO – 25

DON ONORIO SPADA

Condino, 14 agosto 1913 – Trento, 25 febbraio 1977

Don Onorio Spada

Don Onorio Spada

a cura di Cornelio Galas

Una breve parentesi, in premessa, per un ricordo personale. Ero un giovane collaboratore del giornale “l’Adige”, nel 1975, quando mi incaricarono di seguire una conferenza di don Onorio Spada al Casinò di Arco. Restai affascinato, pur nella mia laicità (eufemismo) di allora, dalle parole di questo prete.

Tanto che alla fine dell’incontro volli assolutamente parlare con lui. Ed ebbi l’ardire di porgli una domanda a bruciapelo, provocatoria: “Secondo lei dove si nasconde Dio quando c’è la guerra?” Mi guardò fisso negli occhi. Temevo una reprimenda o un invito, vista la mia giovane età, al rispetto di chi oltre che anziano religioso, era pure giornalista, del mio stesso quotidiano.

spad

Ed invece don Onorio mi disse, lo ricordo come fosse ieri: “Dio è sempre con noi, anche quando l’uomo commette atrocità e gli chiude in faccia la porta della sua anima. Dio è la speranza di pace, di armonia tra i popoli, di carità, amore. Io l’ho visto in Russia e anche tanti militari caduti nella steppa l’hanno visto, magari prima di morire”.

Don Onorio fu un prete eccezionalmente dinamico, il “cappellano di tutti”, in particolare dei giovani e degli alpini, per molti amici era semplicemente “il don”. Cappellano in guerra e vulcanico nelle iniziative sociali al suo ritorno.

don_onorio_spada_ricoradto_nel_25_della_morte_anche_dal_presidente_della_giunta_provinciale_lorenz_imagefull

Don Onorio_Spada(nel riquadro), ricordato nel 25° della morte dall’allora presidente del Trentino, Lorenzo Dellai

Ancora bambino, la sua famiglia va profuga a Capri durante la prima guerra mondiale. Lì conosce mons. De Ferrari, che poi, vescovo a Trento, lo avrebbe voluto come suo segretario, ma don Onorio rifiutò:  un onore troppo grande per il suo carattere.

Appena consacrato sacerdote nel 1936 a Trento, fu cappellano tra i tubercolotici di Arco, poi direttore spirituale della Casa dello studente e direttore dell’oratorio S. Marco di Rovereto, fino all’aprile del 1942, quando andò volontario nell’esercito. Nel giugno successivo partì per il fronte russo, divenne alpino in guerra, cappellano del battaglione Valcismon della divisione Julia.

russia_-_soldati_italiani_sul_fronte_russo_dal_libro_su_don_onorio_spada_di_paolo_zanlucchi._-_-_imagefull

Fu tra gli alpini dell’Armir, gli unici a non essere stati sconfitti su quel fronte, quelli che protessero e salvarono le migliaia di italiani, tedeschi, ungheresi in rotta verso ovest. Anche “il don” si fece a piedi quei 900 chilometri d’inferno bianco, tra i “suoi” alpini che gli morivano di stenti tra le braccia, che impazzivano nello scoramento, attento agli altri più che a sé stesso. Fece certamente cose eroiche se gli diedero la medaglia di bronzo, ma lui, schivo, non parlò mai della motivazione, anche se i superstiti lo ricordano instancabile e raccontano di lui cose da leggenda.

Questa comunque la motivazione per la Medaglia di Bronzo al Valor Militare, conferitagli sul campo: «Cappellano di elette virtù, animato da alto spirito di sacrificio, durante sei giorni di aspri combattimenti, con sereno sprezzo del pericolo, volontariamente seguiva la pattuglia più esposta al fuoco nemico, portando la sua parola di fede ai generosi feriti. Esempio di profondo attaccamento al dovere. Zapkome, fronte russo, 11-17 dicembre 1942».

9960_misa_de_campana_italiana_en_la_sgm_

Nel dopoguerra fu a Trento. Un vulcano di iniziative, le più disparate, con i suoi alpini, ma soprattutto con i suoi studenti: fondò il Centro turistico giovanile, con altri portò in regione il Centro Sportivo Italiano, fondò la Cofas teatrale e inventò un battagliero quindicinale, “Chiari orizzonti”, che fu precursore dei tempi, tanto che glielo fecero chiudere.

Fu generoso in tutte le cose che credeva, coinvolgente quaresimalista in Duomo a Trento, catechista; nel 1949 divenne giornalista e per vent’anni collaborò intensamente a “l’Adige”; divenne quindi cappellano degli artiglieri e degli aviatori, cappellano a vita del Cai di Fiume, cappellano di tutti, dei singoli che a migliaia lo avevano amico. Nel 1967 fu sul punto di morire, ma la malattia lo avrebbe vinto solo dieci anni dopo.

s334

Don Onorio Spada era anche un buon poeta. Nel 1975 ha pubblicato il suo primo volume, con il titolo “Ciao terra” (Editrice Dolomia, Trento); nel 1976 vide la luce il secondo, “Gesù figlio di Maria – Colloqui con l’Uomo” (editore Rebellato). Il terzo, “Krasnaja uliza – Strada rossa” (pure edito per i tipi di Rebellato, nel 1977), don Onorio Spada lo completò il giorno prima di morire ed in esso aleggiano i fantasmi dei suoi “ragazzi di vent’anni” che dopo quella tragica esperienza non lo abbandonarono mai. Un quarto volume, “Senza collare”, fu pubblicato postumo nel 1982.

Molti i suoi scritti in prosa, per lo più tratti dalle sue collaborazioni ai giornali ed in particolare i suoi commenti settimanali al Vangelo sono condensati nel libro “Il prete amico” (Arca, Trento, 1990).

9788896215395B (1)

Durante la tragica, leggendaria ritirata dell’A.R.M.I.R. aiutò materialmente e spiritualmente i suoi soldati, molti dei quali perirono in conseguenza del gelo, della fame e degli attacchi delle truppe russe. Di questa sua dolorosa esperienza fisserà i momenti più intensi in una raccolta di liriche dal titolo: «Crasnaja uliza (Strada rossa)», pubblicato come detto dall’editore Rebellato nel 1972.

d5gn

Dopo 1’8 settembre 1943 contribuì alla salvezza del battaglione alpino «Val Cismon», accompagnandolo tra mille pericoli dalla Iugoslavia nel Veneto. Fu, come detto, poeta, giornalista, direttore del Centro di cultura cattolica di Trento, amico dei giovani, animatore delle sezioni A.N.A. Morì a Trento il 25 febbraio 1977.

cimitero-mikailovka05

Torniamo alla campagna di Russia. 26 agosto 1942. Mentre gli alpini dell’Armir rispondono con le bombe a mano all’offensiva sovietica sulla sponda occidentale del Don, don Onorio Spada riesce a comporre queste brevi note per gli anziani genitori: «Babbo e mamma cari, a dir vero non saprei nemmeno cosa scrivervi; perché notizie militari non ve ne posso mandare, e poi le sapete forse meglio di me, e d’altronde la mia vita è sempre quella: in mezzo ai soldati da buon camerata, dividendo con loro le note liete e tristi, ripensando con loro le famiglie e le terre lontane e facendo pronostici per l’avvenire. Il quale avvenire, come sappiamo, è nelle mani di Dio».

_-_1943_-_imagefull

Don Onorio Spada celebra la Messa al campo nelle steppe russe

Nonostante l’autocontrollo, queste lettere scritte dal tenente del 201° Reggimento Artiglieria motorizzato don Onorio Spada e spedite ai genitori ogni tre o quattro giorni dal marzo 1942 al settembre 1943 sono fonti straordinarie e originali. Documentano con freschezza la percezione dei cappellani militari nel compiere la loro missione pastorale al fianco di giovani feriti o moribondi in quella condivisione che si ritrova pure nelle memorie di don Carlo Gnocchi (Cristo con gli Alpini) o don Carlo Caneva (Calvario bianco).

2005unirr03

Accanto a personaggi quali don Rinaldo Trappo, padre Giovanni Brevi e don Enelio Franzoni (ma anche altri cappellani morti al fronte) spiccano la tempra umana e la penna poetica di don Spada (Condino 1913 – Trento 1977), che nel secondo dopoguerra sarà poi un leader dell’associazionismo giovanile e universitario.

don_onorio_spada_imagefull

Don Onorio Spada

«Al ritorno in Italia don Onorio parlerà di rado della guerra, ma queste lettere affidatemi dal nipote Giorgio Spada ci offrono una significativa pagina, finora sconosciuta, della sua grande testimonianza» osserva Paolo Zanlucchi, curatore del volume E qui, quando fiorirà la terra? (Edizioni Egon, Rovereto, pp. 148) presentato a Trento nell’ambito della mostra «Ritorno sul Don».

Fu don Onorio, anche se gli amici cercarono di dissuaderlo, a insistere per farsi arruolare. Perché? «Aveva appena 29 anni, ma era figlio del suo tempo – spiega Zanlucchi – Vuole partire, lo scrive lui stesso, per fare qualcosa per il suo Paese e “per compiere un sacro dovere”: andare a convertire quelli che all’epoca si chiamavano “i senza Dio”. L’esperienza però comporta un’evoluzione morale nell’uomo e nel sacerdote: egli avvertirà che il grande senso religioso della popolazione russa è rimasto intatto, nonostante decenni di regime comunista. Fra le numerose foto da lui riportate, molto indicativa è quella in cui scorgono donne e bambini ucraini assistere alla sua messa al campo».

foto_01

Gode don Onorio nel vedere come i contadini russi colgono stupiti la presenza fra i soldati di un ufficiale «che si veste di camice e pianeta per la messa». Gli capita addirittura d’essere ospitato per qualche giorno da un prete ortodosso nella sua abitazione dal tetto di paglia. «È un buon uomo – annota, raccontando questa esperienza ecumenica ante litteram – pieno di cortesie per “pater Honorius”, come mi chiama lui».

10-fv-31-ritirata-russia_2918087

Partito con «serena inconsapevolezza», il cappellano corre avanti e indietro dai reparti, è sempre vicino ai suoi ragazzi. Ne coglie gli entusiasmi passeggeri e la spossatezza, avverte la loro richiesta dei sacramenti come viatico di speranza, condivide ogni minuto di … vita. A Ferragosto arriva a rallegrare la giornata organizzando «una rappresentazione all’aperto con teatro e artisti improvvisati».

foto008

Però quando la prevista «corsa verso il sole» finirà per trasformarsi in una tragica ritirata, il prete con le stellette è chiamato a sostenere, consolare: «Quante Comunioni in questi giorni …», scrive ai genitori, riconoscente per aver scelto un compito prezioso. Molti giovani non hanno fatto ritorno dalle steppe. La meditazione di don Onorio su migliaia di militi ignoti è fissata nella pagina del 19 giugno 1942: «Fermo la macchina vicino ad un piccolo Calvario. Tre croci. Un tenente. Un sergente. Un ignoto. Quell’Ignoto.

armir

Passeranno gli anni – riflette poi don Spada – e una Mamma aspetterà sempre, ad ogni sole nuovo che un passo conosciuto si fermi alla porta. Ecco, un bussare timido, e lei corre all’uscio, e apre le braccia … Ma la strada è deserta, e il vento passa col sordo gemito degli autunni, e gli uomini sono indifferenti ombre che vanno. L’annuncio ufficiale martellerà, per anni, nel suo cuore la notifica: “disperso”».

10739

Questo fresco epistolario, arricchito da inediti particolari sul «tutti a casa» del settembre 1943 con la consegna delle armi del battaglione alpini Val Cismon a Feltre, rivela la vena poetica giovanile di don Onorio Spada espressa anni dopo nella citata raccolta di poesia Strada rossa.

Questa voce è stata pubblicata in Senza categoria. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento