a cura di Cornelio Galas
A settanta anni dalla loro redazione ecco per la |
Prologo
ALLEGATI
AL DIARIO
di Galeazzo Ciano
di Enzo Antonio Cicchino e Roberto Olivo
Il 9 giugno 1936, a 33 anni, Galeazzo Ciano venne nominato ministro degli Affari Esteri. Dopo aver sposato Edda, la figlia primogenita di Mussolini la carriera del genero del Duce, che aveva fama di uomo fatuo e superficiale, anche se non privo d’ingegno, era stata eccezionalmente rapida. Quando era stato chiamato a occupare la grande sala d’angolo di Palazzo Chigi, l’Italia fascista stava appena cominciando la sua tragica marcia verso la catastrofe, che si sarebbe consumata nella seconda guerra mondiale.
La campagna d’Etiopia si era appena conclusa: il 5 maggio le truppe del maresciallo Badoglio erano entrate in Addis Abeba. Il 9 maggio Mussolini aveva annunciato al popolo italiano e al mondo che l’Italia aveva a finalmente il suo Impero. Quello stesso giorno Ciano, comandante della squadriglia da bombardamento “La Disperata”, era ripartito per l’Italia.
Se la guerra in Africa Orientale era conclusa sul piano militare, non lo era ancora su quello politico-diplomatico. La questione delle sanzioni, innanzitutto, deliberate dalla Società delle Nazioni fra l’11 ottobre e il 18 novembre 1935. Ma verso la fine del conflitto si erano rapidamente rafforzate in Gran Bretagna le correnti di opinione pubblica che reclamavano a gran voce la cessazione “della follia sanzionista”.
Gli inglesi, del resto, non avevano mai preso troppo sul serio le sanzioni, chiudendo un occhio, o anche tutti e due, per non vedere le sistematiche violazioni delle altre nazioni, quando non erano stati loro stessi a provvedere sottobanco ai rifornimenti delle truppe italiane.
L’11 maggio 1936, appena 2 giorni dopo il discorso di Mussolini, era stata convocata a Ginevra la 92a sessione del Consiglio della Società delle Nazioni: all’ordine del giorno il conflitto italo-etiopico. Tuttavia la sessione era stata prudentemente rinviata al 15 giugno. Una volta finita la guerra, comunque, la liquidazione delle sanzioni era solo questione di tempo. Intanto, però, la guerra di Spagna era già alle porte.
Il 10 giugno il “Times”, commentando la nomina di Ciano, scriveva:
“La nomina del nuovo ministro degli Esteri non causerà alcuna deviazione dalle direttive di politica estera, che sono e rimarranno sempre le direttive personali di Mussolini”.
Tuttavia il giovane e ambizioso ministro si era gettato anima e corpo nel nuovo incarico, convinto che avrebbe dato la propria impronta alla politica estera italiana.
Nel 1936 Galeazzo Ciano aveva cominciato da tempo a scrivere il Diario, quello che è giunto fino a noi parte invece solo dal 1937, la parte iniziale e’ andata smarrita nel corso delle tragiche vicende sue e di sua moglie quando a fine ottobre 1943 fu rimpatriato dalla Germania e rinchiuso nel Carcere degli Scalzi a Verona per essere processato con l’accusa di aver pilotato il Gran Consiglio del 25 luglio a danno del suocero.
Mentre il marito era agli Scalzi, Edda nel frattempo fu ricoverata in un paesino presso Parma, Ramiola, nella casa di cura gestita da tali fratelli Melocchi
La condanna a morte di Galeazzo era cosa certa quando ad un tratto venne ad aprirsi uno spiraglio incredibile per merito della lotta intestina alla gerarchia nazista: Himmler contro Ribbentrop.
Durante la sua breve permanenza in Germania nell’agosto settembre 1943 Ciano aveva ventilato ad Himmler la possibilità di potergli fornire i suoi Diari come prova per dimostrare non ben precisate colpe e tradimenti del Ministro degli Esteri tedesco nei confronti di Hitler, della causa germanica e del nazismo.
Mentre Ciano era detenuto, con la mediazione di Frau Beetz, Edda fece giungere ad Himmler alcuni estratti fotografici del Diario che vennero dai tedeschi immediatamente tradotti; questi fecero ottima impressione sul Ministro degli Interni di Hitler.
Si stabilì un accordo: la salvezza di Ciano in cambio del suo Diario. Si sarebbe fatta intervenire una squadra speciale di SS dall’Olanda che vestita in divisa fascista avrebbe assaltato la prigione in cui era rinchiuso Ciano e l’avrebbe liberato portandolo con sè all’estero. Si sarebbero adoperate SS olandesi per evitare che le sentinelle germaniche di Verona potessero riconoscerle.
Il piano sarebbe dovuto essere portato a termine la notte tra il 7 ed 8 gennaio 1944, ore prima che iniziasse il processo, ma venne abbandonato. Hitler per intervento di Kaltenbrunner venne a saperlo, lo proibì, con l’effetto di una severa reprimenda contro i suoi litigiosi collaboratori.
Edda Ciano al contrario, ignara di quella decisione, durante la notte pur fra disavventure si recò all’appuntamento, nel freddo invano attese la staffetta nazista. I volumi di parte del Diario li nascondeva sotto la giacca, con essi accucciata nell’erba fino al mattino, al decimo chilometro della nazionale Verona Brescia.
Disperata dal non veder nessuno allora corse in città. Informata ancora da Frau Beetz della impossibilità dello scambio Edda riparò tempestivamente con i figli in Svizzera, portando con sè quei volumi, lasciando però gli altri a Ramiola, i quali caduti in seguito in mano nazista scomparvero.
Ma a parte questo, pochi sanno che il Diario di Ciano non era costituito solo dalle annotazioni “pure” con data ed ora che siamo soliti leggere e che vengono riportate in tutti i saggi di storia, bensì anche da documenti significativi allegati in altri volumi: le relazioni che scriveva per il Duce, per il Ministero, per gli uomini delle Forze Armate.
In pratica siamo alla presenza di un secondo diario, parallelo al primo, fatto di carte ufficiali riguardanti incontri con ambasciatori, ministri e capi esteri, resoconti di viaggio, relazioni politiche, militari, o quant’altro veniva producendo nel corso del suo lavoro di ministro. Questo secondo Diario non è stato quasi mai pubblicato ed è poco noto, peraltro i documenti godono della fortuna di non essere scomparsi e partono dall’inizio della sua carica agli Esteri, giugno 1936.
GIUGNO 1936
RINVIO DELLA CONFERENZA DEGLI STRETTI
Roma, 12 giugno 1936 -XIV
Ho ricevuto l’Incaricato d’Affari di Francia, il quale mi ha portato un messaggio di saluto inviatomi da Parigi dall’Ambasciatore Chambrun. Con l’occasione l’Ambasciatore Chambrun lo aveva incaricato di dirmi che sta a Parigi svolgendo un’azione della quale martedí mi renderà conto e che spera possa ottenere favorevole risultato. L’Ambasciatore avrebbe anche comunicato al suo Incaricato d’Affari che la Conferenza degli Stretti è stata rinviata.
Ho chiesto in materia conferma a Cerruti.
P.S. Telefonato a Cerruti il quale, prese informazioni da Léger, dice che gli risulta che la Conferenza è sempre convocata per il 22 giugno.
Roma, 15 giugno 1936 -XIV
Ho ricevuto l’Ambasciatore di Turchia il quale mi ha contraccambiato la visita da me fattagli ed ha approfittato dell’occasione per richiamare l’attenzione sulla opportunità di una nostra partecipazione alla conferenza di Montreux. Egli ha detto che la Turchia si sarebbe accontentata di una formula che potesse, escludendo una qualsiasi forma impegnativa da parte nostra, dare la sensazione che noi partecipiamo formalmente.
Io gli ho detto che la nostra astensione dalla conferenza di Montreux è determinata dalla situazione in cui l’Italia è stata messa dall’errore giudiziario di Ginevra.
Gli ho ripetuto che fino a quando le sanzioni non saranno tolte e giustizia sarà fatta, l’Italia si asterrà da ogni forma di collaborazione internazionale.
L’Ambasciatore di Turchia, cui premeva estremamente un nostro intervento, ha insistito di nuovo e mi ha pregato di richiamare ancora una volta l’attenzione del Duce sull’estremo interesse che il Governo turco annette alla nostra presenza.
Io gli ho tolto ogni speranza.
I PAESI SUDAMERICANI E IL CONFLITTO
ITALO-ETIOPICO
Roma, 15 giugno 1936 -XIV
Ho ricevuto il signor Cantilo, Ambasciatore di Argentina, al quale ho fatto una comunicazione analoga a quella che per ordine del Duce ho fatto a Grandi, in relazione al suo colloquio odierno con Vansittart, e relativo al memorandum che sarà inviato a Ginevra. Il signor Cantilo mi ha fatto presente:
- 1. che sarebbe opportuno nel memorandum fare un cenno al Patto Saavedra Lamas. Gli ho detto che, pur riservandomi la decisione in merito, nulla ostava in principio a tale questione (in realtà nella redazione attualmente in corso della nota tale accenno esiste).
- 2. mi ha nuovamente parlato dell’opportunità di nominare una commissione incaricata di mantenere contatti col Governo italiano per l’esame dei documenti che verranno inviati a Ginevra circa l’azione svolta in Abissinia.
Egli ha molto insistito sulla necessità di trovare una formula dilatoria che permetta ai paesi sudamericani di non portare sul terreno concreto del conflitto italo-etiopico la questione del non riconoscimento.
In materia non ho dato nessuna risposta precisa. Però ho escluso formalmente l’accettazione da parte nostra di qualsiasi commissione che possa recarsi sul posto. Il signor Cantilo parte venerdì per Londra onde prendere contatti col secondo delegato signor Malbron. Durante il suo soggiorno a Londra si ripromette di incontrarsi con S.E. Grandi cui potrebbe dare ulteriori notizie.
L’INGHILTERRA NON RICONOSCE L’IMPERO
Roma, 16 giugno 1936 -XIV
Ho ricevuto l’Ambasciatore d’Inghilterra al quale ho ripetuto quanto da Grandi è stato detto a Vansittart relativamente al memorandum che sarà inviato all’Assemblea.
Il signor Drummond mi ha detto:
- a) che per quanto riguarda le sanzioni egli ritiene che possano venire abolite;
- b) che invece non è possibile contare su un immediato riconoscimento dell’Impero.
Egli ha parlato di una Commissione che a Ginevra dovrebbe essere incaricata di studiare la documentazione italiana e che in sostanza avrebbe soltanto lo scopo di lasciar passare il tempo per facilitare il riconoscimento medesimo. L’analogia della sua argomentazione con quella dell’Ambasciatore di Argentina, signor Cantilo, fa ritenere che i due Ambasciatori si siano concordati fra di loro.
RICONOSCIMENTO DI BERLINO
Roma, 18 giugno 1936-XIV
Ho ricevuto l’Ambasciatore di Germania il quale, di ritorno da Berlino, mi ha fatto la sua visita di cortesia. Ha tenuto a dirmi che ha trovato a Berlino uno stato d’animo molto favorevole alla collaborazione con 1’Italia, stato d’animo diffuso in tutti gli ambienti, da quello dei gerarchi governativi e del Partito a quello dei capi militari.
Le recenti vittorie dell’Africa Orientale hanno – a suo giudizio – prodotto una profondissima impressione sul popolo tedesco. L’Ambasciatore mi ha detto che l’unica nube era rappresentata dalla preoccupazione diffusa a Berlino che l’Italia stesse lavorando per facilitare la restaurazione asburgica. Egli ha ritenuto di poter controbattere tale stato d’animo dichiarando che nei colloqui avuti a Roma aveva tratto impressione che l’Italia non svolgesse alcuna azione in tal senso. Glielo ho confermato.
Mi ha chiesto spiegazioni circa l’invio della nota italiana a Ginevra. Gli ho fatto ad un dipresso le dichiarazioni già fatte agli altri rappresentanti diplomatici che mi avevano interrogato in merito.
L’Ambasciatore di Germania mi ha detto che a Berlino si erano posti il problema se un riconoscimento tedesco dell’Impero fosse opportuno subito o piú conveniente invece in un secondo tempo. In generale l’opinione tedesca propendeva per questa seconda soluzione.
LA FRANCIA E IL PATTO MEDITERRANEO
Roma, 24 giugno 1936 -XIV
Ho ricevuto oggi l’Ambasciatore di Francia, giunto ieri sera a Roma. Egli mi ha subito parlato dell’abolizione delle sanzioni ed ha tenuto a far rilevare che, mentre il discorso di Eden conteneva qualche punto oscuro, nel discorso del signor Delbos questi non comparirebbero.
Egli mi ha detto che la Francia non avrebbe preso l’iniziativa dell’abolizione delle sanzioni per evitare che il Governo inglese facesse ricadere, di fronte alla propria opinione pubblica, la responsabilità sul Governo e sul popolo francese. Mi ha chiesto che cosa intendevamo fare nelle prossime riunioni di Ginevra e allora gli ho brevemente narrato quanto avevo già comunicato agli altri Ambasciatori circa il memorandum che sarà da noi mandato all’Assemblea.
Mi ha parlato del Patto Mediterraneo.
Gli ho chiesto allora quale era il suo punto di vista circa gli accordi stabiliti per la messa in vigore dell’articolo 16. Nonostante quanto egli aveva detto prima circa il discorso di Delbos, non ha creduto di poter aggiungere che la Francia considera tali accordi senz’altro decaduti con l’abolizione delle sanzioni. Dopo alcune reticenze ha poi ammesso che la Francia li considera piú o meno in vigore fino al raggiungimento di un nuovo accordo generale cui dovrebbe partecipare anche l’Italia.
Non gli ho affatto nascosto il mio disappunto per tale suo modo di vedere e gli ho aggiunto che prima condizione per cominciare a considerare la possibilità di un accordo mediterraneo dovrebbe essere quella di sgomberare il terreno dagli accordi passati che, conclusi al fine di esercitare pressioni contro l’Italia, non possono venire considerati da noi altro che ostilmente.
Chambrun ha insistito invece sul fatto che la Francia aveva aderito a questi accordi unicamente per trasformare l’azione inglese da “individuale” in “collettiva” e impedire maggiori complicazioni.
Ha concluso il suo colloquio dicendo di avere ricevuto istruzioni dal signor Delbos di farci sapere che egli desidera che i rapporti tra Francia e Italia siano sempre piú cordiali, che l’intesa si stringa su basi pratiche e concrete e per garantirci infine che il Governo francese non farà mai questioni di politica interna e di partito. L’Ambasciatore, pur dichiarando che per il futuro terrà i contatti unicamente col ministro degli Affari esteri, mi ha fatto conoscere il desiderio di essere ricevuto in udienza dal Duce.
SCUSE DEL GOVERNO DI HAITI
Roma, 25 giugno 1936 -XIV
È venuto a vedermi il signor Laraque, Ministro di Haiti, il quale mi ha fatto le seguenti dichiarazioni:
“Il nostro atteggiamento a Ginevra fu dovuto unicamente a un errore personale del nostro delegato che, in mancanza di istruzioni da parte del Governo, ha preso l’iniziativa di una solidarietà razziale con gli abissini che il popolo di Haiti rifiuta.”
Ha voluto quindi presentarmi le scuse formali a nome del suo Governo, e dichiararmi che esso è pronto in futuro a fare qualsiasi gesto per riparare il mal fatto del suo delegato.
ABOLIZIONE DELLE SANZIONI DA PARTE DELLA POLONIA
Roma, 27 giugno 1936-XIV
È venuto a vedermi l’Ambasciatore di Polonia che mi ha comunicato che nel Consiglio dei ministri di oggi a Varsavia è stato deciso di abolire senza meno le sanzioni. Sono già stati impartiti gli ordini per la messa in esecuzione di tale provvedimento e si prevede che entro pochissimi giorni le sanzioni saranno di fatto abolite.
Non ho mancato di esprimere all’Ambasciatore di Polonia il nostro vivo compiacimento per tale gesto nonché per la comunicazione fatta ieri a Ginevra.
IPOTESI DI RIFORMA DEL COVENANT
Roma, 29 giugno 1936 -XIV
È venuto a vedermi Chambrun, il quale mi ha chiesto particolari ulteriori sulla nota da noi indirizzata a Ginevra. Gli ho dato lettura degli ultimi due capoversi. Egli ha dichiarato che il tono della nostra nota e quanto in essa avevamo esposto, avrebbe determinato un’impressione molto favorevole a Ginevra.
Mi ha parlato poi dal punto di vista francese circa l’eventualità di una riforma del Covenant. In breve, il criterio di Chambrun, che espone a titolo personale e non per incarico ufficiale avuto dal suo Governo, sarebbe quello di limitare la riforma ad un’azione interpretativa di alcuni articoli. In pratica si tratterebbe di stabilire Patti regionali di assistenza militare, col concorso di una applicazione generale di sanzioni economiche e finanziarie.
Per parte mia gli ho detto che noi non avevamo ancora proceduto ad uno studio circa la riforma del Patto, ma ci eravamo limitati ad osservare, sulla base delle notizie apparse, i diversi punti di vista dei Governi che avevano già parlato in merito. Il criterio espresso dal Governo cileno e già sostenuto da altri Governi della localizzazione del conflitto, non ci appariva privo di interesse.
Il signor Chambrun ha continuato la conversazione chiedendomi insistentemente se in questi ultimi tempi accordi politici e militari fossero intervenuti tra noi e la Germania. L’ho escluso, pur non nascondendo che la situazione come si era sviluppata particolarmente per l’azione svolta dall’Inghilterra e dalla Francia, aveva determinato molti elementi di mutua comprensione fra i due popoli.
Chambrun ha vivamente insistito con me sulla necessità di trovare un mezzo per riannodare in forma ancora piú stretta i rapporti italo-francesi, ripetendo piú volte un suo concetto personale, secondo il quale in Europa gli accordi “orizzontali” portano alla pace, mentre quelli “verticali” condurrebbero inevitabilmente a una guerra.
Roma, 29 giugno 1936 -XIV
Ho ricevuto questa sera von Hassell il quale, in via riservatissima e con preghiera di darne personale notizia al Duce, mi ha comunicato che il Führer lo aveva incaricato di far conoscere che, quando si giudicherà matura la questione del riconoscimento, egli sarà disposto a prenderla senz’altro in favorevole considerazione e senza chiedere alcuna contropartita.
Non ho mancato di ringraziare von Hassell di tale comunicazione e di dirgli che essa costituisce un nuovo apporto alle buone relazioni italo-tedesche.
Ho richiamato l’attenzione di von Hassell sul discorso pronunciato a Parigi dal signor Duff Cooper e gli ho fatto presente quanto il Duce mi disse due giorni or sono. Ciò ha vivamente impressionato von Hassell, il quale mi ha detto che per conto suo aveva già rilevato il contenuto indubbio del discorso Duff Cooper.
Ho dato infine lettura a von Hassell dell’ultima parte della nota, che egli ha approvata.
GLI INTERVENTI DEL NEGUS A GINEVRA
Roma, 30 giugno 1936 -XIV
È venuto a vedermi l’Ambasciatore britannico. Ho approfittato dell’occasione per dar lettura a Drummond della nota diretta a Ginevra. Il signor Drummond l’ha approvata e mi ha detto che a suo parere essa servirà notevolmente a spianare la via.
Ho preso atto di questa sua dichiarazione, ma gli ho fatto rilevare che un nuovo ostacolo era rappresentato dall’intervento del Negus ai dibattiti dell’Assemblea. Ciò sul Governo e sul popolo italiano aveva prodotto una penosa impressione. Bisognava comunque che le Delegazioni responsabili a Ginevra si rendessero conto della gravità della cosa e impedissero ogni manifestazione che potesse suonare oltraggiosa per l’Italia, e che avrebbe potuto avere qui conseguenze gravi.
Il signor Drummond ha risposto che si rendeva conto di tale nostra impressione, che per parte sua ci consigliava di ignorare l’intervento del Negus che sarebbe passato senza rilievo, e che avrebbe comunque telegrafato alla sua Delegazione, affinché questa si adoperasse ai fini di evitare manifestazioni favorevoli all’ex-Imperatore di Etiopia.
LUGLIO 1936
TUTELA DELLA CECOSLOVACCHIA
Roma, 2 luglio 1936 -XIV
Ho ricevuto il Ministro d’Austria che parte stasera per un breve congedo in Stiria. Egli mi ha riferito della frequenza di visite di cui è stato oggetto da parte dell’Ambasciatore di Francia. Quest’ultimo ha tenuto soprattutto a far presente al Ministro d’Austria il pericolo che, a suo avviso, correrebbe la Cecoslovacchia di una azione tedesca. Chambrun insisteva presso il Ministro d’Austria affinché questi a sua volta facesse pressioni su di noi per garantire un’azione in tutela della Cecoslovacchia analoga a quella svolta in tutela dell’Austria stessa.
ATTEGGIAMENTO FAVOREVOLE DELLA FRANCIA
Roma, 4 luglio 1936 -XIV
È venuto a vedermi l’Ambasciatore di Francia il quale mi ha comunicato di aver ricevuto una telefonata da Delbos che voleva farci sapere come la risoluzione adottata a Ginevra sia stata il risultato di un lungo lavoro compiuto dalla Delegazione francese per fare accettare una formula per quanto possibile gradevole per l’Italia. Teneva a mettere in rilievo che se anche formalmente vi erano alcuni punti che avrebbero potuto riuscirci non simpatici, pure nella sostanza la risoluzione era stata del tutto favorevole a noi in quanto:
- a) decretava l’abolizione delle sanzioni;
- b) non faceva parola del riconoscimento lasciando quindi praticamente liberi gli Stati di aderire a qualsiasi provvedimento.
Mi sono limitato a ringraziare l’Ambasciatore della sua comunicazione. Egli ha allora aggiunto che sarebbe stato opportuno, a giudizio del signor Delbos, che la stampa italiana non avesse attaccato la risoluzione per quanto poteva riuscirci meno gradito, ma si fosse limitata a prendere atto del lato attivo.
Su questo ho fatto le mie riserve pur dicendogli che l’Accademia ginevrina ci lasciava assolutamente indifferenti e che ogni manifestazione verbale e teorica dell’Assemblea avrebbe avuto ben poco peso sul nostro futuro indirizzo di politica estera.
L’AMAREZZA DELLA ROMANIA
Roma, 4 luglio 1936-XIV
Ho visto il Ministro di Romania, signor Lugosianu, il quale è venuto ad esprimere tutta la sua “amarezza” per la violenta campagna di stampa condotta contro il signor Titulescu. Gli ho risposto come si meritava ed ho aggiunto poi che per parte nostra avevamo mantenuto nei riguardi del signor Titulescu un assoluto riserbo durante due anni; che era stato lui a rompere la tregua con le sue escandescenze ginevrine; che quindi la nostra reazione era piú che giustificata. Consideravo perciò la partita chiusa alla pari.
Il signor Lugosianu insisteva perché nuovi attacchi non avessero luogo. Gli ho ripetuto che il passato era saldato. Ma gli ho mostrato alcune notizie di stampa e telegrammi che mi venivano da Ginevra in quel momento nei quali era affermato che Titulescu aveva assunto un atteggiamento contrario a noi nelle recenti riunioni del Bureau. Ciò avrebbe potuto determinare nuove reazioni da parte della stampa italiana.
Il signor Lugosianu ha nuovamente insistito per evitare che da un deplorevole incidente personale nascessero complicazioni nei rapporti fra i due paesi. Gli ho chiarito che il popolo italiano faceva una netta distinzione tra la Romania verso la quale i sentimenti si mantenevano immutati, e il signor Titulescu.
COLLOQUIO COL MINISTRO MESSICANO ORTIZ
Roma, 4 luglio 1936 -XIV
Ho ricevuto il signor Ortiz, Ministro del Messico. Gli ho detto che l’atteggiamento tenuto dalla Delegazione del suo paese non poteva avere che conseguenze sinistre sui rapporti italo-americani, e che soltanto attraverso atti positivi da parte messicana noi avremmo potuto credere ancora alla vantata amicizia nei nostri riguardi.
Il Ministro messicano è rimasto molto abbattuto in seguito alle mie parole e dal tono di estrema freddezza che ho usato nei suoi riguardi. Egli ha detto che per parte sua farà di tutto per cancellare lo spiacevole ricordo dell’atteggiamento ginevrino della sua Delegazione.
PROBITÁ POLITICA DELL’ITALIA FASCISTA
Roma, 9 luglio 1936 -XIV
Ho ricevuto l’Ambasciatore di Francia il quale mi ha chiesto per prima cosa informazioni circa i negoziati di Vienna per un modus vivendi austro-tedesco.
Gli ho dato risposta vaga e imprecisa dicendo che anche a noi risultava che erano in corso negoziati, ma che non potevo affermargli se qualche cosa di positivo fosse stato concluso. Il signor Chambrun era preoccupato circa le voci di restaurazione monarchica in Austria. Su questo argomento ho creduto di potergli dare ampie assicurazioni, anzi ho aggiunto che il Governo di Vienna era annoiato dalla insistenza con cui la stampa della Piccola Intesa, e particolarmente romena e jugoslava, parlava dell’argomento. Di restaurazione asburgica non è adesso questione.
Accordi mediterranei. – L’Ambasciatore mi ha chiesto che cosa pensavo dell’atteggiamento francese in merito. Gli ho risposto che le dichiarazioni fatte da Léger a Cerruti avevano prodotto da noi buona impressione. Mi riservavo però attraverso opportuni sondaggi fatti a Londra, Belgrado, Atene e Ankara, di controllare se il punto di vista francese era condiviso anche dagli altri.
Riunione di Brusselle – Mi ha chiesto se l’Italia aveva deciso di accettare l’invito per Brusselle. Ho detto che, per quanto la decisione ancora non fosse presa, pur tuttavia mantenevo – anzi ampliavo – le riserve che avevo fatto nel nostro ultimo colloquio circa la possibilità di una nostra partecipazione ad una riunione “pre-locarnista”, assente la Germania. Gli domandavo se riunioni di questo genere servivano la causa della pace o non valevano invece ad aumentare le fratture e le scissioni.
Il signor Chambrun ha infine insistito a titolo personale affinché venisse riammesso nel Regno il “Petit Niçois”, giornale cui è particolarmente interessato il Sottosegretario di Stato alla Presidenza, signor Tessan. Contro tale giornale non esiste un vero e proprio decreto di interdizione, ma le autorità di frontiera avevano avuto ordine di esercitare l’ostruzionismo. Ho detto a Chambrun che il giornale aveva tenuto in momenti difficili un contegno molto sgradevole per noi, ma che comunque, in via sperimentale, avremmo lasciato libertà al giornale.
Uscendo il signor Chambrun, a titolo di conversazione, mi ha fatto accenno alla utilità per l’Italia fascista di una “probità politica” che le permettesse di mantenere una linea di condotta diritta e sicura. Faceva accenno, evidentemente, alla nostra posizione di garanti per Locarno. Ho reagito con una certa vivacità dicendo che in fatto di probità politica, l’Italia fascista non aveva da farsi fare la lezione da nessuno e che anzi anche nei recenti avvenimenti avevamo potuto constatare che la linearità della nostra condotta non trovava sempre corrispondenza da parte di altri.
Chambrun ha incassato.
L’ATTEGGIAMENTO “NERVOSO E DURO” DI GRAZIANI
Roma, 11 luglio 1936 -XIV
Ho ricevuto l’Ambasciatore di Francia, il quale mi ha fatto presente che il Maresciallo Graziani ha convocato il Ministro Bodard e lo ha trattato molto duramente “da nemico dell’Italia”. Anche per quanto concerne la radio, il Maresciallo Graziani ha assunto un atteggiamento “nervoso e duro” nei confronti del rappresentante francese, affermando che egli si valeva della radio per propalare notizie allarmistiche.
Il signor Chambrun mi ha detto che non intendeva fare una questione di Stato per questa azione di Graziani ma che comunque era costretto a richiamare seriamente l’attenzione del Governo fascista sull’atteggiamento del Viceré.
Ho dato lettura al signor Chambrun della nota da noi inviata all’Incaricato d’Affari del Belgio. Non ha attribuito troppa importanza al paragrafo concernente gli accordi tuttora esistenti nel Mediterraneo, ma si è invece soffermato sulla questione da noi sollevata circa la necessità dell’invito anche alla Germania.
Mi ha domandato due cose:
- a) se avevamo concordato tale risposta con l’Ambasciatore tedesco;
- b) se esisteva un accordo di qualsiasi genere con la Germania. All’una e all’altra domanda ho potuto rispondere di no.
Mi ha chiesto infine, qualora alla Conferenza “pre-Locarno” la Germania venisse invitata e si verificassero tutte le condizioni per la nostra partecipazione, se io sarei disposto ad avere con lui uno scambio di vedute in via del tutto personale prima della eventuale riunione.
Gli ho detto che per parte mia, in principio, nulla ostava. Nei riguardi del modus vivendi austro-tedesco di cui egli aveva vaghe notizie, mi sono limitato a dirgli che per parte nostra vedevamo con simpatia la realizzazione di tale accordo, del quale avevamo seguito l’origine e lo sviluppo.
I RAPPORTI COMMERCIALI CON LA ROMANIA
Roma, 11 luglio 1936 -XIV
Il Ministro di Romania ha fatto presente:
- 1. che Titulescu ha ricevuto una lettera dai suoi colleghi della Piccola Intesa e dell’Intesa Balcanica diretta a scagionarlo dalla responsabilità dell’incidente ginevrino in quanto – essi affermano – egli non avrebbe indirizzato agli Italiani le note parole offensive. Gli ho risposto che tali frasi gli erano state attribuite da tutta la stampa internazionale e particolarmente di Ginevra e che Titulescu non aveva opposto alcuna smentita. Una semplice smentita sarebbe bastata a soffocare l’incidente fin dal suo sorgere. Ma in realtà la smentita non è mai venuta.
- 2. mi ha fatto presente la sospensione totale di ordinativi per il petrolio in Romania e mi ha chiesto la ragione di questa nostra decisione. Gli ho detto che essa era strettamente connessa alle necessità italiane di rivedere tutta la politica economica dopo otto mesi di assedio sanzionista; che senza dubbio l’attrito determinato dall’atteggiamento e dalle parole del signor Titulescu non era certo servito a renderci piú favorevolmente disposti verso un’attiva ripresa di rapporti commerciali con la Romania stessa. Comunque consigliavo al signor Lugosianu di attendere, di suggerire al suo Governo una politica amichevole nei confronti dell’Italia, essendo questo il solo mezzo atto a facilitare e a determinare una piena ripresa di scambi col nostro paese.
DISTENSIONE NEI RAPPORTI ITALO-BRITANNICI
Roma, 11 luglio 1936 -XIV
L’Ambasciatore di Gran Bretagna mi ha comunicato in forma ufficiale il ritiro della flotta navale e la diminuzione delle forze aeree inglesi nel Mediterraneo. Mi ha espresso la fiducia e l’augurio che questo gesto inglese valga a determinare una forte distensione nei rapporti italo-britannici.
Accordi mediterranei. – Su questo argomento mi ha detto che esiste forse un malinteso. Gli accordi mediterranei veri e propri sono decaduti col decadere delle sanzioni. L’Inghilterra invece considera tuttora in forza le dichiarazioni unilaterali fatte per l’assistenza delle Potenze minori (Grecia, Turchia, Jugoslavia) in caso di aggressione da parte nostra. Tali dichiarazioni di assistenza britannica non comportano alcuna contropartita; perciò, a giudizio di Drummond, non si può parlare di accordi mediterranei.
Gli ho fatto allora rilevare come accordi e dichiarazioni ripetevano indubbiamente la loro origine dalla tensione verificatasi nel Mediterraneo in seguito al conflitto italo-etiopico. Ho aggiunto che per chiarire definitivamente l’atmosfera bisognava che anche queste dichiarazioni, le quali per la loro stessa natura gettano sospetti di intenzioni aggressive sull’Italia, venissero eliminate.
Drummond ha obiettato che non riteneva facile che si potesse addivenire a ciò immediatamente poiché, da parte delle Piccole Potenze, esisteva uno stato d’animo di viva preoccupazione per un eventuale atto di aggressione o di vendetta italiana. Egli ha detto che qualsiasi dichiarazione nostra che potesse togliere questo timore alla Grecia, alla Turchia e alla Jugoslavia varrebbe certamente a facilitare una distensione e l’Inghilterra potrebbe piú facilmente annullare le dichiarazioni esistenti. Gli ho risposto che mi riservavo di considerare il suo suggerimento e che all’istante non potevo dargli alcuna risposta precisa.
Addis Abeba. – Anche Drummond si è lamentato per l’atteggiamento e il contegno che Graziani tiene nei confronti dei rappresentanti diplomatici inglesi ed ha protestato per l’invio di alcuni carabinieri nei locali della Legazione per la soppressione dell’uso della radio. A questo proposito mi ha lasciato due note che ho passato agli Uffici per l’esame e l’eventuale risposta.
Locarno. – Ho dato lettura a Drummond della nota inviata all’Incaricato d’Affari del Belgio. Per quanto concerne il primo motivo del nostro rifiuto a partecipare e cioè l’esistenza di accordi mediterranei, la questione era già stata discussa precedentemente. Per quanto concerneva invece il mancato invito alla Germania, Drummond ha fatto rilevare che la Germania non può venire considerata alla stregua degli altri Paesi locarnisti, in quanto essa ha mancato ai suoi impegni derivanti da Locarno.
INVIO IN SPAGNA DI 2 NAVI DA GUERRA
Roma, 22 luglio 1936 -XIV
Ho convocato stamane l’Ambasciatore di Spagna.
Gli ho dato comunicazione del telegramma ricevuto ieri dal R. Console Generale in Barcellona, prospettandogli come il Governo italiano si era visto nella necessità di provvedere all’invio di due navi da guerra per la protezione e l’eventuale imbarco dei connazionali residenti in quella città.
Gli ho detto che, fin da ieri sera, il R. Ambasciatore in Madrid era stato telegraficamente invitato ad informarne ufficialmente il Governo spagnuolo. Comunque, qualora si fossero avute notizie ancora piú allarmanti sulla situazione in Barcellona, non sarebbe stato possibile attendere il preventivo compimento di tutte le formalità richieste e le navi sarebbero entrate nel porto, per assicurare la tempestiva protezione della nostra colonia in quella città ed evitare cosí inconvenienti piú gravi.
L’Ambasciatore mi ha risposto che si rendeva conto di tutto quanto io gli avevo detto, mi ringraziava e mi assicurava che il Governo spagnuolo non avrebbe avuto alcuna ragione di attribuire un carattere meno che amichevole al nostro gesto.
Egli ha convenuto che la situazione in Ispagna era grave e mi ha pregato di passare alla stampa un comunicato contenente le notizie autentiche pervenutegli ieri dal Governo di Madrid, raccomandandosi affinché i giornali e la radio mantenessero sul succedersi degli avvenimenti un atteggiamento obiettivo.
Gli ho dato assicurazioni.
SULLA PROSSIMA CONFERENZA DELLE 5 POTENZE
Roma, 24 luglio 1936 -XIV
Ho ricevuto l’Ambasciatore di Francia e gli Incaricati di Affari di Inghilterra e del Belgio, i quali mi hanno rimesso tre identiche note.
Nel consegnarmi la nota, l’Ambasciatore di Francia, che parlava anche a nome degli altri due Rappresentanti, ha informato che analoga comunicazione veniva fatta anche al Governo del Reich, al quale pure veniva rivolto invito di partecipare ad una prossima Conferenza delle Cinque Potenze.
L’Ambasciatore Chambrun formulava il voto che il Governo italiano avrebbe senz’altro voluto accettare tale invito per contribuire con la sua opera alla pacifica ricostruzione in Europa.
Nel ricevere le note ho formulato la riserva di informare opportunamente il Duce e ho detto che, in linea di massima, qualora gli ostacoli che avevamo indicati nella nostra nota diretta al Governo belga fossero stati eliminati – e cioè aboliti gli accordi del Mediterraneo e fatto l’invito anche alla Germania – l’Italia non avrebbe avuto difficoltà alcuna a riprendere quella effettiva politica di collaborazione e di ricostruzione che aveva sempre e tradizionalmente seguita.
Ho detto che avrei fatto conoscere una risposta ufficiale entro breve tempo.
LA SITUAZIONE SPAGNOLA PREOCCUPA LA GERMANIA
Roma, 25 luglio 1936 -XIV
Ho ricevuto l’Ambasciatore von Hassell che mi ha comunicato la decisione presa dal Governo del Reich di sopprimere la Legazione tedesca di Addis Abeba istituendovi invece un Consolato Generale.
Ho preso atto con compiacimento e l’ho ringraziato per tale importante comunicazione. L’Ambasciatore di Germania mi ha chiesto notizie circa le conversazioni in corso per l’abolizione degli Accordi mediterranei. In via confidenziale l’ho informato che entro i primi giorni della prossima settimana il Ministro degli Esteri di Gran Bretagna dovrebbe dichiarare decaduta ogni intesa o dichiarazione mediterranea.
Nei riguardi della nota presentata dagli Ambasciatori delle “tre democrazie”, gli ho detto, in seguito a sua richiesta, che, una volta eliminato l’ostacolo delle intese navali, e invitata la Germania per la Conferenza, saremmo stati disposti a partecipare all’eventuale riunione.
Desideravamo però che riunione ufficiale fosse preceduta da scambio di idee attraverso la via diplomatica, e particolarmente con la Germania.
Von Hassell mi ha comunicato che la nota è stata rimessa ieri a Berlino. Il Direttore Generale che regge il Ministero in assenza di von Neurath, ha ringraziato gli Ambasciatori di Gran Bretagna, Francia e Belgio per l’invito rivolto alla Germania, ed ha fatto presente che la Germania è disposta a partecipare alla riunione alle seguenti condizioni:
- 1. che partecipino le cinque Potenze locarniste;
- 2. che la Germania partecipi in condizioni di assoluta parità;
- 3. che la Conferenza venga preceduta da uno scambio di vedute in via diplomatica.
Von Hassell mi ha aggiunto di essere stato istruito di comunicarci che tale scambio di vedute deve avvenire sopratutto con l’Italia. Constatato ancora una volta l’assoluto parallelismo nella politica tedesco-italiana, siamo rimasti d’intesa che ci saremmo visti nella prossima settimana per informarci reciprocamente di quanto sarà fatto o sarà inteso di fare.
Von Hassell mi ha parlato della situazione in Ispagna ed ha espresso la preoccupazione del suo Governo per l’eventuale vittoria dei comunisti nella Penisola Iberica. Mi ha detto che da fonte sicura risulta al Governo del Reich che il fronte popolare francese si prepara ad aiutare quello spagnuolo con l’invio di armi nel continente e forse anche con la partecipazione di truppe francesi in Marocco.
Ho detto a von Hassell che anche noi seguivamo con vivo interesse la questione e che condividevamo col Governo del Reich la preoccupazione di vedere i Soviet stabilirsi alle porte del Mediterraneo.
Anche su questo punto ci saremmo tenuti reciprocamente informati ed ho assicurato von Hassell che in attesa dell’arrivo a Barcellona delle due navi tedesche, avrei dato istruzioni alle nostre autorità di proteggere in caso di bisogno la colonia tedesca che, come la nostra, è oggetto di particolare persecuzione da parte degli elementi sovversivi spagnuoli.
FORNITURE DI ARMI ALLA SPAGNA
Roma, 29 luglio 1936 -XIV
L’Ambasciatore di Francia mi ha chiesto oggi quando avremmo mandato la risposta all’invito per la Conferenza di Locarno. Non mi ha nascosto la sua preoccupazione derivante dal ritardo ed ha insistito sul fatto che, essendosi ormai verificate le due condizioni poste dall’Italia per il suo intervento, non avrebbe più dovuto sussistere cagione di attesa. Gli ho detto che la risposta sarebbe stata preparata entro un tempo abbastanza breve e che non vedevo per il momento difficoltà da parte nostra ad accettare l’invito.
Gli dovevo però far presente la gravità della situazione che si delinea in Abissinia a causa della presenza delle Legazioni straniere ad Addis Abeba. È vero che il paese è completamente calmo e che soltanto qualche gruppo di predoni mantiene sporadicamente uno stato di guerriglia, ma è altresì vero – e ciò ci risulta in modo incontrovertibile – che tutto finirebbe se i Ministri stranieri e le guardie armate delle Legazioni partissero da Addis Abeba.
Alla mentalità indigena il permanere nell’antica capitale dei Negus di rappresentanti diplomatici stranieri dà l’illusione che un ritorno al passato non sia del tutto impossibile. Ciò, evidentemente, non può venire da noi tollerato. Per ora non si tratta di una richiesta ufficiale ma comunque facevo presente all’Ambasciatore di Francia l’opportunità di prendere in considerazione il nostro desiderio di vedere risolto al più presto possibile questo problema.
La Germania aveva dato il buon esempio. Quanto prima gli altri lo avessero seguito, tanto più il gesto sarebbe stato da noi apprezzato. L’Ambasciatore di Francia mi ha detto che trasmetterà fedelmente questa nostra conversazione al suo Governo.
Nei riguardi delle forniture di armi alla Spagna mi ha detto che il Governo francese e le ditte non forniranno materiale bellico. Però – a mia richiesta – ha dovuto ammettere che alcune ditte private forniranno aeroplani da trasporto. Gli ho fatto rimarcare che in aviazione l’aeroplano da bombardamento e quello da trasporto sono molto similari.
LA MINACCIA BOLSCEVICA
Roma, 30 luglio 1936 -XIV
L’Ambasciatore di Germania mi ha comunicato che il suo Governo intende domani o dopodomani dare risposta all’invito alla Conferenza di Locarno. Mi ha detto che la risposta orale sarà di massima favorevole ed ha elencato alcune riserve specifiche concernenti esclusivamente la posizione tedesca nei confronti dei capoversi nei quali era contraddistinto l’invito stesso.
Nessuna obiezione da parte nostra su queste riserve. Mi ha aggiunto poi che in base al punto 10 del Piano Hitler, i negoziati avrebbero dovuto svolgersi sotto la coordinazione di Londra. L’Ambasciatore ha tenuto a mettere in rilievo che si trattava di cosa del tutto formale in quanto aveva avuto istruzioni dal suo Governo di comunicarci che tutta la Conferenza si sarebbe svolta mantenendo in prima linea e sopra ogni altro i contatti con l’Italia.
Io ho subito obiettato che non vedevo nessuna necessità da parte tedesca di fare questa distinzione onorifica per l’Inghilterra; che lo stesso spirito del Patto comportava una situazione di identità tra l’Italia e l’Inghilterra; che infine non avrebbe potuto fare buona impressione questa avance non richiesta da Londra.
L’Ambasciatore mi ha detto che tale gesto, che doveva venire interpretato come puro atto di cortesia, aveva lo scopo di attrarre sempre più l’Inghilterra verso il gruppo dei paesi anti-comunisti nel momento in cui la minaccia bolscevica si disegnava piú cupa sull’Europa.
Ho insistito nel ripetere a veri Hassell che non vedevo né la necessità né la opportunità di un gesto del genere. Von Hassell mi ha detto che comunicherà questo mio punto di vista al suo Governo e che comunque, anche qualora verbalmente la proposta venisse fatta, chiederà che non ne venga dato cenno nel comunicato. Si è riservato di darmi ulteriori comunicazioni circa la data della risposta tedesca e circa il punto controverso di cui sopra entro la mattinata di domani.
TELEGRAMMI CIFRATI
Roma, 30 luglio 1936 – XIV
L’Incaricato di Affari di Gran Bretagna ha protestato per la richiesta fatta dal Maresciallo Graziani alle Legazioni straniere di depositare i cifrari agli uffici postali ed ha insistito perché alle Rappresentanze in Addis Abeba venga concessa la facoltà di telegrafare in cifra, facoltà universalmente riconosciuta alle Rappresentanze diplomatiche e consolari in qualsiasi paese del mondo.
D’accordo con Lessona, ho risposto a Ingram che istruzioni venivano inviate a Graziani nel senso di lasciare che le Rappresentanze straniere telegrafassero ai loro Governi, e soltanto ai loro Governi in cifra, per tramite della stazione radiotelegrafica italiana. Ho colto l’occasione allora per far presente a Ingram quanto avevo già detto ieri sera all’ambasciatore di Francia circa il pericolo e il danno per noi e per la situazione generale rappresentati dalla permanenza delle Legazioni e delle guardie straniere in Addis Abeba.
Ingram ha preso atto della mia esposizione e mi ha detto che telegraferà al suo Governo subito. In via di schiarimento mi ha chiesto se una eventuale trasformazione della Legazione britannica in Consolato Generale sarebbe da noi definita un gesto di riconoscimento.
Gli ho risposto che evidentemente avremmo gradito questa soluzione, ma che non avremmo dato interpretazione diversa da quella che lo stesso Governo d’Inghilterra avrebbe eventualmente voluto attribuirvi.
TAGLI AL PETROLIO RUMENO
Roma, 30 luglio 1936 -XIV
Il Ministro di Romania ha protestato per la pubblicazione fatta dal “Giornale d’Italia” e ripresa da altri giornali, secondo la quale l’Italia avrebbe tagliato gli acquisti di petrolio in Romania a causa delle note parole pronunciate dal Ministro Titulescu. Lugosianu mi ha detto che se tale notizia corrispondeva a verità, avrebbe dovuto essere interpretata come un gesto di guerra economica, che avrebbe determinato in Romania gravi reazioni.
D’accordo con Guarneri, ho detto a Lugosianu che la notizia non aveva alcun carattere ufficiale; che gli acquisti di petrolio erano stati sospesi perché le scorte italiane consigliavano di non fare nuovi rifornimenti; che infine si trattava di una misura di ordine generale e provvisoria che doveva venire inquadrata in tutto il processo di revisione dei nostri rapporti economici con l’estero. Lugosianu chiedeva un comunicato in tal senso.
Gli ho risposto che non era il caso di fare alcun comunicato, dato che niente del genere era stato fatto da parte delle autorità italiane, ma che solo si trattava di un articolo. Al massimo, un giornale romeno avrebbe potuto riportare, come propria notizia di stampa, quanto avevo fatto presente al Ministro di Romania.