MUSSOLINI E IL TRENTINO – 4

IL TRENTINO E IL TIROLO – 1909

secondo Benito Mussolini

a cura di Cornelio Galas

Cari amici di Televignole, in questa quarta puntata sul rapporto tra Benito e Mussolini cercheremo di capire, da quello che il futuro Duce scrive, la situazione nella regione Trentino Alto Adige nel 1909, quando il giovane Benito, come detto, era un socialista convinto. Ma anche un fervente difensore del nazionalismo. Come dimostrano i suoi stretti contatti con l’irredentista Cesare Battisti.

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Trentino e Tirolo

di Benito Mussolini

Sono due parti della stessa provincia; due parti non solo diverse l’una dall’altra, ma in antitesi irreducibile. Il Tirolo è il tutore, il Trentino è il pupillo. Il Trentino « subisce » un’amministrazione composta in gran parte dalla borghesia clericale e feudale del Tirolo. La lamentevole situazione politica ed anche economica del Trentino dipende da questo connubio forzato colla gente di oltre Brennero. E ciò a dispetto, dice uno scrittore trentino, « delle più evidenti leggi di natura, offese da simile procedimento: a dispetto dei nostri fiumi che inviano le loro acque all’Adriatico, mentre i ghiacciai del Tirolo mandano il loro tributo al torbido Danubio, attraverso i laghi e il Reno al mare del Nord ; a dispetto della lingua che qui si chiama lingua del sì, mentre lì vanta il nome di lingua di Goethe e di Schiller ; a dispetto della cultura del suolo che qui fa pompa di viti, di ulivi, di gelsi e lì di abeti e di prati; a dispetto degli ordinamenti economici lì germanici e qui latini … ».

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La enumerazione delle differenze fra le due regioni e i due popoli potrebbe, come ognun vede, continuare all’ infinito, ma senza modificare lo stato di fatto. Oggi il Trentino è politicamente e amministrativamente unito e sottoposto al Tirolo: i 300.000 trentini sono uniti e sottoposti alla borghesia tirolese rappresentante 500.000 tirolesi.

Eppure il Trentino ha sempre costituito dai tempi romani fino al 1814, uno stato a sé, affatto indipendente dal Tirolo. Gli avvenimenti di quell’anno lo aggregarono all’Austria e in essa al Tirolo. Che fino al 1814, il Trentino fosse un quid a sé, non una parte del Tirolo, fu sancito dalla Corona stessa che accanto al titolo di Conte del Tirolo metteva quello di Principe di Trento. Il capitolo XIX della costituzione austriaca stabilisce che tutte le nazioni dello Stato abbiano uguali diritti. Quindi il Trentino doveva avere una sua propria dieta, completamente autonoma dal Tirolo.

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Nel 1849 ad esempio si eressero a provincie la Slesia, la Bucovina, la Carinzia, il Salisburghese che prima erano aggregate rispettivamente alla Moravia, alla Galizia, alla Carniola, all’Austria superiore. Nel 1861 anche il Vorarlberg ebbe dieta propria. Ai paesi italiani del Litorale furono assegnate tre diete. Solo il Trentino non fu eretto a provincia, ma forzato a unirsi col Tirolo. La disparità della rappresentanza alla Dieta è dimostrata colle cifre. Nel 1816 la Dieta di Innsbruck aveva 7 seggi per i trentini contro 45 dati ai tedeschi. Più tardi si tentò riparare all’ ingiustizia e nel 1848 furono accordati 20 seggi ai trentini contro 52. E ciò in un tempo in cui la popolazione del Trentino era di 320.000 anime e quella deI Tirolo di circa 400.000. Finalmente per calmare le proteste dei trentini, nel 1861 si realizzò una riforma, che vige pur oggi e in base alla quale il Trentino ha un deputato ogni 10.808 abitanti di borgate e città e uno ogni 28.969 abitanti dei comuni rurali, mentre il Tirolo ha un deputato ogni 9.174 abitanti di città e uno ogni 17.049 dei comuni rurali.

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I trentini sono sempre in minoranza e devono subire la maggioranza tirolese. E chiaro che i tedeschi favoriscono il loro Tirolo — servendosi anche delle contribuzioni del Trentino il quale deve contentarsi delle briciole che cadono dalla tavola dell’ Epulone tirolese. Un esempio fra i tanti conforterà questo richiamo evangelico. Nel 1882 si ebbero nel Trentino parecchie disastrose inondazioni. Nel Trentino i danni furono di gran lunga maggiori. Ebbene i sussidi vennero così ripartiti: fiorini 1.083.000 per il Trentino, fiorini 5.444.000 per il Tirolo. Lo stesso governo austriaco trovò il coraggio d’opporsi a questa deliberazione dei suoi buoni amici tirolesi e abrogò la relativa disposizione imponendo una meno ingiusta retribuzione.

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Altro caso. Il governo in varie riprese assegnò alla provincia dei sussidi per la scuola popolare. Nel 1886 il sussidio fu di fiorini 38.000. Il Consiglio scolastico provinciale ne conferì 8.000 al Trentino e il resto al Tirolo. Nessuna meraviglia perché il Consiglio scolastico provinciale è composto in maggioranza da elementi tedeschi e clericali ; da ciò frequenti atti di ostilità alle scuole italiane, da ciò regolamenti scolastici ad uso e consumo del dominio clericale (come il regolamento che stabilisce l’obbligo pei bambini delle elementari di udir quotidianamente la messa). Il maestro è ridotto così a fare il sagrestano e, come narra uno scrittore trentino, si arriva al punto di ritenere pedagogisti modello uomini, che han potuto, in un’antologia scolastica, « camuffare sacrilegamente l’inno a Satana di Carducci sotto il titolo di Inno alla Ferrovia mutilandone correlativamente il contenuto”.

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Se la situazione del Trentino rispetto al Tirolo è dal punto di vista politico, umiliante, dal punto di vista economico, è disastrosa. Ora di quali mezzi dispongono i trentini per opporsi all’egemonia tirolese almeno nelle sue più violente e urtanti manifestazioni? I rappresentanti alla dieta sono preti in sottana o clericali o liberali che non sarebbero oggi capaci di rinnovare il tentativo ostruzionistico di un decennio fa. Organizzare la resistenza nei comuni — circa quattrocento — del Trentino? Anche i comuni sono nelle mani dei clericali. Nelle città vige il suffragio a curie e l’elemento popolare non può avere rappresentanze o avendole non in numero sufficiente per spiegare un’efficace opera di controllo e di negazione. Il Trentino è oggi impotente. Non può combattere il Tirolo perché non vuol combattere l’Austria. Pochi ingenui confidano nell’avvenire e sperano che il Trentino riuscirà un giorno a sottrarsi al dominio politico ed economico del Tirolo. Quali sono in questo caso le ipotesi?

Autonomia? Annessione? Statu quo?

La formula autonomistica: Governo nostro a Trento in nome del popolo e pel popolo lanciata dai socialisti durante la loro campagna è già superata e le probabilità di un’autonomia del Trentino sono diminuite invece di aumentare. Dall’ alto non verrà, e dal basso nessuno si agita per volerla. Dall’alto non sono cadute che promesse e turlupinature, una più solenne dell’altra. Dalla prima promessa formale di render giustizia al Trentino fatta dallo imperatore Leopoldo nel 1790, a quelle ministeriali del 1871, 1893-94 è tutta una collana di lusinghe e di tradimenti. E il popolo trentino non ha mai avuto uno scatto di rivolta.

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I propugnatori dell’autonomia: i Gazzoletti, gli Esterle, i Marsili, i Dordi sono scomparsi senza vedere fruttificare la loro seminagione. La loro azione del resto non toccò che superficialmente le classi lavoratrici della città e della campagna. Una cooperazione omogenea di tutte le energie trentine non ci fu mai. L’alto clero era ed è antiautonomista. Al principio del secolo scorso il principe vescovo Pietro Vigilio contrattò la vendita del principato; al principio di questo Celestino Endrizzi ha venduto ai volksbundisti il magnifico castello di Pergine. Il clero minuto ebbe un tempo delle velleità autonomistiche. Oggi non più. L’alta borghesia accetta l’Austria. I suoi deputati non hanno compiuto grandi gesta alla dieta tirolese: dall’astensione passarono a un blandissimo ostruzionismo e da questo alla più supina e vergognosa dedizione. La popolazione rurale è austriacante.

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Gli operai delle città ebbero il loro quarto d’ora autonomistico, oggi, per tema d’ imbrancarsi fra i pecoroni del nazionalismo, trascurano la politica. Quelli che un tempo si agitarono per l’autonomia, oggi si sono ritirati e il loro posto è stato occupato da indifferenti o da procaccianti che appoggiano l’Austria. L’agitazione orale e scritta è cessata da un pezzo : l’ultimo comizio (1909) pro-autonomia fu proibito. Quel divieto poliziesco che nessuno ebbe il coraggio di frangere – e contro al quale ben fioche si levaron alcune voci di protesta – è stato una specie di sigillo funebre dell’agitazione pro-autonomia. Il Trentino è rassegnato alla sua sorte e non pensa di « redimersi ».

L’annessione?

Questa ipotesi — allo stato attuale delle cose e forse anche dopo — è la più assurda. V’è in Italia diffusa fra tutti i ceti della popolazione l’attesa e la speranza di chi sa mai quale palingenesi alla morte di Francesco Giuseppe. La fine del vecchio imperatore segnerebbe l’ immediato sfacelo dell’ impero-mosaico. La divisione avverrebbe così: l’Austria tedesca alla Germania, la Boemia si costituirebbe in regno autonomo, così l’ Ungheria, gli slavi del sud formerebbero la loro nazione, gli italiani ricadrebbero in seno alla madre patria. Questi calcoli sono fantastici. Lo stato austriaco non si smembrerà alla morte di Franz Joseph, poiché il successore c’è già, è già pronto e se non regna governa e si fa sentire. Del resto non sono più questi i tempi in cui la successione d’un sovrano produce la catastrofe di uno stato.

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Ma che cos’è lo Stato nella sua diretta materiale estrinsecazione? Lo stato è l’esercito e la burocrazia. Ora lo stato austriaco che dispone di un fedelissimo esercito e di una burocrazia imperiale non per dovere, ma per sentimento, è lo stato per eccellenza e non può quindi essere frazionato e annientato dalla morte d’un sovrano. Quando l’esercito è compatto, lo stato esiste e resiste. L’ Ungheria stessa ha perduto ormai il coraggio della sua indipendenza. L’Ungheria stessa oggi è austriacante, checché ne dicano coloro che son rimasti alle gesta e agli entusiasmi repubblicani del ’48.

E c’è in Austria, di fronte all’onnipotente burocrazia e all’esercito cesareo, un elemento di dissoluzione statale? No. Il proletariato austriaco che dovrebbe far saltare l’Austria, ne garantisce e ne prolunga invece l’esistenza. Il proletariato austriaco gode del suffragio universale e di molte altre riforme d’ indole sociale: fra le altre la Cassa per operai ammalati. Poi attende le pensioni per la vecchiaia. Il proletariato austriaco accetta l’Austria. Agli stessi socialisti ripugna il pensiero di una dissociazione delle nazionalità eterogenee che compongono l’ impero. La dichiarazione di Brűnn ammette infatti una confederazione di popoli austriaci, non il loro distacco per unirsi alle rispettive maggiori nazionalità. Non esistono dunque in Austria elementi di disgregazione : non nei residui impotenti dei vecchi partiti nazionalisti, non nelle organizzazioni proletarie.

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Il movimento separatista boemo potrebbe essere facilmente schiacciato domani da un esercito rimasto fedele alla dinastia. E c’è ancora da chiedersi : accetterebbero le altre nazioni lo smembramento dell’Austria? Per questo l’ ipotesi di una insurrezione di popoli alla morte di Francesco Giuseppe, con conseguente smembramento del!’ impero, ci sembra assurda. È certo poi che i trentini non insorgerebbero. La loro anima non è rivoluzionaria, ma conservatrice, misoneista. Subisce, ma non crea.

V’è una seconda ipotesi che bisogna por sul tappeto. L’annessione all’ Italia, per cessione. Questa speranza lusingò i trentini e molti italiani all’epoca della annessione della Bosnia Erzegovina e si addimostrò vana. L’Austria conquista e annette, ma non cede. L’ ipotesi dunque di una cessione pacifica o di una vendita, non si è realizzata neppure nell’unica occasione possibile; è quindi assurda come l’altra. L’Austria non può cedere il Trentino. Vi ha profuso decine e decine di milioni, non ad estirpar la pellagra ben inteso, ma a costruire forti, caserme e strade militari. Tutte le vette delle montagne sono fortificate.

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Se l’Austria fosse rassegnata in un avvenire più o meno lontano a perdere il Trentino non lo coprirebbe di fortezze e di guarnigioni. V’è ancora un’ ipotesi e cioè quella di una guerra fra l’Austria e l’Italia, con la vittoria dell’ Italia e l’obbligo per l’Austria sconfitta di cedere parte delle terre irredente … Rinunciamo ad altre ipotesi. L’avvenire prossimo del Trentino è lo statu quo cogli inevitabili alti e bassi di reazione e di libertà che caratterizzano il regime politico borghese.

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