Benito Mussolini non si è mai goduto il Garda. “Non sopportava – così disse in un’intervista (di Maurizio Bertera) al Corriere della Sera, Silvio Bertoldi, giornalista e saggista veronese, autore di una quarantina di libri, tra i quali “Salò, vita e morte della Repubblica Sociale Italiana” (Rizzoli, 1976) – la situazione che si era creata. Sostanzialmente era prigioniero dei tedeschi, persino a Villa Feltrinelli.
Tanto è vero che per vederli il meno possibile ed evitare i continui litigi con la moglie Rachele, si era creato un ufficio a Villa Orsoline. Era smagrito, miope e con poche energie: non a caso Hitler spedì sul Garda il professor Zachariae, suo medico personale per rimetterlo in forma. La sola cosa che lo divertiva era la lettura dei giornali e l’archivio che curava personalmente”.
E vediamo allora cosa faceva, scriveva, pensava il Mussolini di Salò. Prima di iniziare questa nuova serie di indagini storiche, propongo un video sui “luoghi” gardesani della Repubblica Sociale Italiana. E una premessa per meglio inquadrare il periodo.
MUSSOLINI A SALO’, IL VIDEO
a cura di Cornelio Galas
La Repubblica Sociale Italiana
Nel 1944, dopo anni di sanguinose avanzate e ritirate, la II° Guerra Mondiale aveva investito in pieno l’Italia, tagliandola in due tronconi. A sud, infatti, l’esercito regio si era schierato a fianco delle forze anglo-americane, mentre da Roma in su, l’esercito tedesco opponeva una tenace resistenza alla lenta avanzata avversaria. Nell’ottobre del 1943 nasceva tra Salò e Gargnano la Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.), ultimo tentativo di Benito Mussolini e Adolf Hitler di riorganizzare l’Italia fascista. La scelta della sponda occidentale del lago di Garda come sede del nuovo governo non era casuale.
Il Garda era una località tranquilla, lontana dalle tensioni sociali delle grandi città, con una attività partigiana ridotta e con un basso rischio di attacchi aerei o di commando. Con l’annessione alla Germania del Trentino Alto Adige e di buona parte dell’alto lago, i confini del Reich erano stati portati a Limone, a soli 20 chilometri da Gargnano: l’area risultava facile da raggiungere e da difendere. Inoltre la presenza sul territorio di numerosi alberghi, case di cura, eleganti ville e comode dimore private, assicurava, senza grossi problemi, sistemazioni ideali per i ministeri, gli uffici amministrativi, i gerarchi e gli ufficiali italiani e tedeschi. La nascita ufficiale della Repubblica Sociale reca la data del 14 novembre 1943, in coincidenza con l’Assemblea Nazionale del Partito Fascista tenuta a Verona.
Il 1° dicembre 1943 il nuovo Stato prendeva il nome definitivo di Repubblica Sociale Italiana. Mussolini arrivò a Gargnano il 10 ottobre 1943 dove occupava, in località San Faustino, Villa Feltrinelli (oggi hotel di lusso). Viveva accanto alla moglie, donna Rachele, ai figli Romano e Annamaria e ad altri parenti stretti. Villa Feltrinelli era vigilata da 30 SS della guardia personale di Hitler (solo più tardi un reparto italiano poteva affiancarsi ai tedeschi) accasermate nelle cantine della villa. Un cannone antiaereo era installato sul tetto.
A 600 metri da Villa Feltrinelli, nel centro di Gargnano, Palazzo Feltrinelli (oggi di un distaccamento dell’Università degli Studi di Milano) ospitava le segreterie particolari e politiche affidate a Vittorio Mussolini e Giovanni Dolfin. Sulla strada statale, la Caserma degli Alpini “Magnolini” era sede delle guardie di Mussolini. Una grande pista per piccoli aerei era ubicata dove oggi si trova il Bogliaco Golf Resort.
A Bogliaco, il settecentesco Palazzo Bettoni era sede della Presidenza del Consiglio dei Ministri, le cui riunioni venivano convocate dal Sottosegretario Barracu. Nelle gallerie tra Gargnano e Riva del Garda venivano installate fabbriche specializzate nella produzione e riparazione di armi da guerra, di motori di automobili e di aereo. Poiché le officine occupavano metà galleria, il traffico automobilistico funzionava a senso unico alternato.
Le due Italie, quella di Badoglio e quella della Repubblica Sociale Italiana, proseguirono in parallelo il loro cammino dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945, data della liberazione. Benito Mussolini trovò la morte il 28 aprile, non sul Garda, ma nei pressi del lago di Como. Nei mesi successivi gli alberghi, le ville e le dimore, sedi dei ministeri e degli uffici, venivano restituiti ai loro proprietari.
Come si viveva sul lago di Garda nel 1945? «Sicuramente meno bene dell’anno precedente, quando gli Alleati erano rallentati nella loro risalita verso il Nord. I ricchi lombardi – dice sempre Bertoldi nell’intervista al Corriere – si permettevano ancora di fare le vacanze e uscire in barca, la gente del posto non soffriva i bombardamenti e le rappresaglie per una lotta partigiana che sul Garda non esisteva. Paradossalmente la presenza in massa dei Fascisti e dei Tedeschi dava più un senso di protezione che di paura. Tutto cambiò quando ai primi di aprile iniziò l’offensiva finale nella Valle del Po e si capì che la disfatta era vicinissima: il 18 aprile, il Duce lasciò il lago per tentare l’ultima carta: Milano, un accordo e magari la Svizzera. Errore fatale, ma doveva scegliere e scelse».
Mussolini sul Garda, riprese comunque una grande passione giovanile: il giornalismo. “Fondò una finta agenzia stampa – chiamata Corrispondenza Repubblicana – che diramava i suoi articoli, scritti con grande capacità di presa sul lettore e il gusto del particolare. Il Corriere della Sera pubblicò inoltre la sua “Storia di un anno”».
Tra gli ospiti fissi di Villa Feltrinelli c’era il calciatore Eraldo Monzeglio. Che “era diventato amico dei figli del Duce quando giocava nella mitica Nazionale di Vittorio Pozzo: insegnava a loro il tennis a Villa Torlonia.
Era talmente affezionato alla famiglia che dormiva in villa e Rachele lo mandava spesso a Verona per procurarsi dell’olio. Una cosa interessante: molti hanno visto pochissimo di quel periodo e hanno raccontato tanto, lui che ha seguito tutto nei minimi dettagli praticamente non raccontò niente sino alla morte, avvenuta nel 1981».
La “comica” nel dramma è rappresentata dalle irruzioni della gelosa Rachele a Villa Fiordaliso dove viveva la Petacci.
«Claretta era mal sopportata da molti fascisti e odiata proprio da Rachele. Il Duce andava di tanto in tanto a Gardone per incontrarla nottetempo ma la moglie che aveva una sorta di polizia segreta personale ne era informata perfettamente. Così un paio di volte perse la calma e andò a minacciarla, creando un vero scompiglio in casa Mussolini. In un memoriale, Rachele racconta di averle anche urlato in faccia “Veste bene, la mantenuta!”. Ma pare che il termine non sia stato quello».
Anche se lontani da casa, i tedeschi se la passavano comunque, a quanto pare, meglio dei gerarchi e funzionari fascisti … “I “salvatori” si presero – spiega ancora Bertoldi – tutte le ville migliori e facevano una vita fantastica, pensando ai colleghi impegnati in Russia o sugli altri fronti: il ricordo di quelle stagioni fu la molla che fece tornare un sacco di ex-militari sulle rive del lago, non appena la Germania si riprese dalla Guerra.
Quanto ai fascisti, rimpiangevano il clima, lo stile di vita e l’ambiente romano anche se avevano requisito le ville non prese dai tedeschi. In più, non legarono mai con i gardesani: li trattavano come dei provincialotti e i locali ricambiavano evitandoli sistematicamente, se non per lavoro».
Sulle casse affondate davanti a Gargnano si sono scritte migliaia di pagine. Per Bertoldi “ci sono, ma sicuramente piene di cianfrusaglie buttate da chi sta partendo frettolosamente. Anche se il viaggio verso Milano non fu drammatico e caotico come quello verso Como, della settimana seguente. Le cose importanti, il denaro e i documenti, non sono in fondo al lago. Né tantomeno il carteggio Mussolini-Churchill che non è mai esistito».
E gli altri misteri? L’oro nascosto nelle segrete del Castello di Desenzano, i mini sottomarini a reazione o il disco volante dei tedeschi a Riva che poteva cambiare il corso della guerra?
«Fantasie, storie bellissime che è bello raccontare e divertente leggere. Ne aggiungo un’altra: ci sono persone sulla riva veronese che sostengono di aver visto Mussolini in motoscafo, intorno all’isola Trimellone che incontrava emissari inglesi. Ovviamente, non c’è alcuna prova concreta».
Invece, funzionarono benissimo le gallerie della Gardesana come stabilimento improvvisato.
“La Fiat Motori Aeronautici e altre aziende come la Breda, l’Armaguerra e la Fabbrica Nazionale Armi avevano portato lì i macchinari, già nel 1943 per evitare i bombardamenti. La Caproni invece finì a Torbole, nella galleria Adige-Garda, e costruì elementi per le armi segrete di Hitler. Ci lavorarono centinaia di persone. Va detto che i risultati non furono all’altezza del progetto ma permisero di salvare, a fine guerra, buona parte di quell’apparato produttivo».
Il Duce, come s’è detto in apertura, non amava il Garda e sembrava quasi contento di trasferirsi a Milano. «Vero. Aveva sempre detestato i laghi, li chiamava “un ibrido tra fiumi e mare” e diceva che “gli mettevano solo malinconia”. Difatti, dopo che venne liberato dalla prigionia sul Gran Sasso, provò una delusione enorme: scartato dai tedeschi il ritorno a Roma, sperava di finire in qualche città del Nord. Invece, eccolo a Gargnano: forse doveva restarci, forse no in quell’aprile di 70 anni fa. Certo, morire sopra un altro lago, quello di Como, è una classica beffa della Storia».