a cura di Cornelio Galas
Moltissime leggende delle Alpi quasi tutte assai bizzarre, trattano di animali fantastici, di terribili draghi, di combattimenti fra i Santi e le serpi.
Preziose miniature, vecchie incisioni su legno e anche meravigliosi dipinti sui vetri di antiche cattedrali, provano come l’arte rinascente si attenesse alle credenze popolari, nel raffigurare in forma stranissima draghi e serpenti, che avevano qualche cosa di diabolico. E quasi sempre si vedono sotto i piedi della Madonna, o mentre trascinano nell’inferno le anime dei dannati.
Spesso nel Medioevo non solo draghi e serpenti fecero parte della corte diabolica; ma il diavolo stesso che si trasforma sui ghiacciai, oltre la Valle d’Ala, in camoscio; che diventa “Schéna de mul” in Val di Genova, o prende aspetto di serpente alato o di orribile mostro.
La credenza nei draghi durò così a lungo anche nel popolo delle città, che nel 1559, in occasione delle feste che vi furono a Lione per la pace tra Francia e Spagna l’esplosione “anomala” di un fuoco d’artificio provocò un grande spavento. Non per il botto ma per l’impressione che si trattasse “di un gran drago di fuoco che volava verso il Delfinato”.
Nel Medioevo molti cavalieri portarono sugli scudi, sulle insegne e sugli elmi le serpi incoronate. Anche su parecchi suggelli delle corporazioni dei fabbri del Medioevo si trova, vicino alle tenaglie ed ai martelli, la serpe incoronata. Tutto discende dalla credenza nell’esistenza di enormi serpi incoronate, chiamate Vouivres.
Di una grossezza e di una lunghezza che mettono spavento, sono alate come i draghi e portano sul capo la corona scintillante; hanno un occhio solo, “che splende nella notte sulle montagne, come una palla di fuoco o una stella, quando volano da cima a cima. Dalla bocca gettano fasci di scintille e fiamme, che mettono sopra le loro ali gigantesche un fulgore meraviglioso.
Vanno volentieri a bagnarsi nei laghi e nei torrenti, ma prima d’immergersi nell’acqua, lasciano sulla sponda l’occhio di fuoco che le illumina nel viaggio notturno. E si dice che gli alpigiani, allettati dall’immenso valore di quei brillanti, si adoperavano onde poterli rubare quando le serpi scendevano nell’acqua”.
Innumerevoli sono in Trentino Alto Adige i dipinti che rappresentano le vittorie dei santi sui mostri e sui serpenti. Ora è San Giorgio che vince il drago. Ora San Michele e San Germano combattono colla croce contro le serpi alate, ora è Santa Marta che mena incatenata la leggendaria Tarasca.
Nei racconti così popolari nel Medioevo sui combattimenti degli angeli e dei santi contro le serpi, che sono spiriti infernali, le figure che rappresentano il principio del bene hanno una grandezza epica resa con la maestria del verso e la potenza dell’immagine dal Torquato Tasso, quando descrive l’arcangelo che scende sulla Terra Santa per disperdere gli spiriti diabolici:
Venia scotendo con l’eterne piume
La caligine densa e i cupi orrori.
S’indorava la notte al divin lume
Che spargea scintillando il volto fuori.
Tale il sol nelle nubi ha per costume
Spiegar dopo la pioggia i bei colori.
Tal suol fendendo il liquido sereno,
Stella cader della gran madre in seno.
Non poche volte fra le molte leggende tirolesi in cui appare la figura di Teodorico, egli ha aspetto di tremendo nemico dei giganti, dei nani, delle serpi e dei draghi; nelle leggende italiane, Teodorico è ritenuto come appartenente al diavolo, perché nemico della Chiesa.
Ma egli ha eguale parvenza in certe leggende tedesche, le quali debbono però essere di origine cristiana, mentre altri racconti lo mostrano in aspetto diverso, come se la coscienza popolare, secondo le proprie convinzioni, vedesse in lui opposte nature; la diabolica e la divina. La specie di divinità di Teodorico è sublimata nelle poesie della metà del secolo XIII, che hanno relazione col Tirolo.
Esse dicono che “le ferite ch’egli faceva, parevano opera del fulmine, nessuna spada era forte come la sua, perché essa avea ricevuto dal cielo la potenza della folgore, e quando si batteva contro le serpi pareva che scoppiasse il fulmine e che i lampi balenassero nell’alto. Non eravi, luce conosciuta dai mortali che fosse pari a quella che partivasi da lui; e non si poteva immaginare splendore pari a quello che mandavano le selve intorno alla sua persona”. E ancora: “i suoi combattimenti contro i draghi acquatici che cagionavano i temporali erano terribili; spesso egli comandava alle tempeste di non desolare la terra, ed era quasi pari a Wuothan, dio della luce e del vento”.
In Teodorico, il quale uccide draghi e serpenti, si vuole trovare una certa affinità col gigante alpino leggendario dei tirolesi chiamato Haymon, che pure uccise, secondo la credenza popolare, un grandissimo numero di giganti e di draghi.
Secondo certe credenze sparse fra gli alpigiani del Tirolo, le serpi “hanno il loro impero e le loro leggi, e si uniscono in molto numero per la comune difesa. La loro regina sta anche a custodia di tesori ed è ,quasi sempre, la trasformazione di una perfida donna.
Le regine delle serpi depongono prima di andare al bagno la corona d’oro che portano a testimonianza dell’alto grado; esse lasciano anche il veleno, ma lo mettono sulle rupi inaccessibili, perché morirebbero subito se gli uomini lo prendessero. Chi può impossessarsi della loro corona deve stimarsi felice oltre ogni dire”.
In qualche leggenda delle Alpi, si può anche trovare memoria di una credenza che fu quasi generale nel Medioevo, ed anche più tardi, quando si diceva che le streghe e gli stregoni potevano percorrere rapidamente immense distanze, essendo trasportati dalle serpi alate o dai fantastici draghi.
Non tutti i draghi e le serpi incoronate delle leggende alpine, sono però rettili malefici, o hanno spaventevole aspetto. Ad esempio sulle Alpi di Vaud, nel lago di Chavonnes, “viveva un drago bianco dall’aspetto imponente. Faceva tremenda guerra agli uccelli, ma se una bella fanciulla si avvicinava al lago, la guardava con occhi appassionati, mostrando infinita gioia nel vederla, e prendeva con piacere il cibo che gli venisse offerto dalla bella creatura”.
A Klagenfurt, capitale della Carinzia, nelle Alpi austriache, si vede sulla Piazza Grande la fontana del drago e si racconta che nei tempi lontani un drago devastasse quelle terre, quando la Glanfurt non formava che un’immensa palude. Il monumento che rappresenta la strana bestia in mezzo alla fontana, è della fine del secolo XVI; il drago massiccio e con la bocca spalancata ha due ali che non si adattano alla grossezza del corpo, essendo troppo piccole.
Una serpe incoronata dell’Oberland era amica di una bambina che le portava ogni giorno una parte del pane e del latte che la mamma le dava, per la colazione. “Il padre della fanciulla nel vedere che essa non si fermava quasi mai per mangiare vicino alla famiglia, ma se ne andava in un cantuccio vicino all’Alp, la seguì e fu oltre ogni dire meravigliato, quando s’avvide ch’essa discorreva con una serpe che le stava a lato.
L’amicizia tra la fanciulla e la serpe durò a lungo e quando l’alpigiana essendo divenuta alta e forte, sposò il giovane ch’essa amava, nel giorno delle nozze, mentre tutta la famiglia era riunita nell’Alp, la serpe entrò e regalò alla fanciulla la sua bella corona d’oro”.
Non solo nelle leggende alpine, come in tante altre note generalmente nel Medioevo, le serpi discorrono come esseri umani, ma esse hanno al pari dei draghi “occhi malefici, che mandano faville e risplendono nella notte. Questo carattere speciale delle leggende intorno alle serpi, note sulle Alpi, è prova della loro origine lontana.
Come parvenze di spiriti diabolici, i draghi ed i serpenti debbono avere lo sguardo sfavillante, che nelle antiche mitologie vien dato in egual modo al principio del male”.
La potenza data agli eroi ed ai santi è tale che nelle leggende alpine non si narrano solo i loro combattimenti contro i serpenti, ma esse dicono che “questi sparirono da alcune valli, e da certi versanti di montagne, al solo comando che ne ebbero da eroi e da venerandi vescovi ed eremiti”.