DA UNA FOTO, UNA STORIA
di Maurizio Panizza
Ci sono immagini che nascondono segreti. Saperle osservare senza pregiudizio, collegare più elementi, interpretare il contesto, consultare altre fonti, può diventare un’operazione molto interessante. Un’operazione che a volte può rivelare sorprese inaspettate.
I BIMBI QUI NON PIANGONO PIU’
I misteri del lago di Garda
Guardate bene questa antica fotografia. Quella qui sotto. E’ stata scattata verso la fine dell’800 a Torbole, sul Lago di Garda, in provincia di Trento.
Chi conosce i luoghi, potrà notare subito un’assenza importante, quella della Gardesana Orientale, la strada scavata nella roccia qualche decennio più tardi e che oggi, costeggiando il grande lago, porta verso la pianura.
Quel posto incantato, così ricco di poesia e di silenzi, fino agli anni Trenta del ‘900 rappresentava, infatti, la fine della strada del Garda trentino. Ciò significava che chi avesse voluto raggiungere Malcesine, il paese più vicino, avrebbe dovuto farlo con una barca. Ma qui, poco lontano da questo luogo magico, dove la strada lasciava il posto all’acqua, ai tempi di questo fermo-immagine finiva anche l’Impero d’Austria-Ungheria e iniziava il Regno d’Italia. Difatti, Arco, Riva del Garda e Torbole erano le propaggini più a sud della dominazione Asburgica, quelle stazioni climatiche al sole che per i nobili austriaci e germanici già dalla seconda metà dell’Ottocento erano meta di elegante villeggiatura e di salutari soggiorni terapeutici.
Il Lago di Garda austriaco, però, non era solo per l’aristocrazia d’Oltralpe. Qui, da sempre, il fascino del lago aveva richiamato da tutta Europa letterati, poeti e pittori, e in particolare durante la Belle Époque le rive del lago avevano visto molti intellettuali attingere l’ispirazione per le loro opere dalla tranquillità dei luoghi, dalle brume mattutine, dai colori degli olivi nella sera, dal lento navigare delle barche a vela dei pescatori.
Il 12 settembre 1786, a Torbole giunse pure Wolfgang Goethe, il grande scrittore e poeta tedesco, il quale, abbagliato dalla bellezza dei luoghi e stupito del clima mediterraneo, esclamò: “Quanto vorrei che i miei amici fossero qui con me e potessero godere della vista che mi sta dinanzi”.
Tuttavia, erano i pittori quelli che riuscivano a trarre dall’atmosfera del lago le loro migliori idee. Fra questi, il bavarese Michael Zeno Diemer, l’ungherese Dezsö Köszegi Fangh, e il professore di Weimar, Hans Wilhelm Schmidt (loro i dipinti di questa pagina, ©Pinacoteca Hotel Benaco Torbole). Ma chi lasciò nella comunità del lago il segno più marcato, fu Hans Lietzmann, un celebre pittore berlinese che a Torbole prese casa nei primi anni del secolo scorso. In effetti, la fama di Torbole e del suo lago pare avesse raggiunto ben molto prima gli ambienti artistici mitteleuropei. Qualcuno, addirittura, oggi si spinge a sostenere che lo stesso Caspar Friedrich, il grande esponente dell’arte romantica tedesca, prese spunto da un viaggio sul Lago di Garda per dipingere il suo quadro più famoso, quello che passa sotto il nome di “Viandante sul mare di nebbia” (nella foto sotto).
Di questa circostanza noi, comunque, non abbiamo alcun riscontro. Quello che è certo, invece – ritornando a Hans Lietzmann – è che lui nel 1899 acquistò la casa che vediamo nella fotografia di apertura, la ristrutturò, e nel 1907 ne fece un café a cui diede il nome di “Paradiso”. Dal piano superiore ricavò la sua residenza-atelier e qui fondò una scuola di “nudo maschile all’aperto”.
Ma fermiamo un attimo questo racconto per poter fornire ai lettori un doveroso chiarimento. A pochi, credo, sarà sfuggito un particolare curioso al centro di tutte le immagini precedenti: un grande masso che sporge dalle acque del lago. Chi non l’avrà notato, ora starà osservando ancora più curioso. Vediamola dunque di nuovo questa roccia misteriosa, però stavolta da un’altra prospettiva, contenuta in una stupenda cartolina di inizi ‘800 che riportiamo qui sotto.
L’edificio, come dicevamo, è il café “Paradiso” del pittore Lietzmann, con al piano superiore il suo studio – abitazione. Chi all’epoca ebbe la fortuna di frequentarlo lo descrisse come un luogo magico, soprattutto durante i tramonti d’estate “quando il sole che cala dietro alle montagne dipinge le pareti di rosso, mentre la roccia su cui poggia, dall’imbrunire inizia piano piano a rilasciare il calore del giorno.”
Ma perché mai tutti questi pittori – e si badi bene, ne abbiamo citati solo alcuni – si presero la briga di immortalare nelle loro opere quella roccia tozza e inclinata affiorante dal lago?
Cosa si nascondeva dietro a quel bizzarro interesse?
Nel rispondere a tale domanda, daremo conto (era ora! dirà qualcuno) del curioso titolo con cui abbiamo aperto questa storia. Dunque, se il luogo era magico, non di meno lo era la leggenda che avvolgeva il “Sasso dei Bimbi”, il masso solitario che si ergeva dal lago e che a Torbole tutti conoscevano bene. “Sasso dei Bimbi”, ma che significa? Lo strano nome era dovuto ad un altrettanto strano fenomeno naturale. Si racconta, infatti, che le acque del lago, accarezzando la pietra del masso provocavano un suono singolare, prolungato, molto simile al vagito di un neonato. Per questo motivo l’immaginario popolare, da secoli indicava qui il luogo in cui le levatrici andavano a raccogliere i neonati, richiamate da quella specie di pianto ininterrotto. Infatti, nella tradizione torbolana i bambini, anziché nascere sotto i cavoli, oppure portati dalla cicogna, venivano al mondo proprio lì, in quel tranquillo specchio d’acqua, cullati dalle onde, sotto il sasso baciato dal lago.
Suoni e voci, quindi, evocate dalla natura, forse simili a certi fenomeni oggi meglio conosciuti, ma che a quell’epoca, però, avevano avvolto il “Sasso dei Bimbi” di un alone misterioso e fantastico che si era poi sparso, come tutte le leggende, anche fra gli abitanti e fra i numerosi ospiti del lago.
Parliamo al passato perché oggi i bambini di Torbole non nascono più in quel luogo incantato. Con molta probabilità lo farebbero ancora volentieri, ma è stato loro impedito di continuare a nascere qui.
Infatti, attorno agli anni Venti del secolo scorso, avvenne un doppio “delitto”. Il primo, a danno del pittore Hans Lietzmann il quale, come sappiamo, aveva aperto una sua “scuola di nudo” ben presto diventata molto famosa sia in Austria che in Germania. Dopo la guerra, al passaggio del Trentino all’Italia, ma soprattutto con l’avvento del Fascismo, l’artista omosessuale fu preso di mira dal regime e gli furono espropriati tutti i suoi beni in riva al lago. Così, il “Café Paradiso” fu chiuso per sempre, e con esso il luogo iniziò a perdere parte della sua magia.
Il secondo “delitto” avvenne pochi anni dopo, quando fu deciso di costruire la strada attorno al lago. Forse si poteva evitare, forse no, fatto sta che il “Paradiso” fu brutalmente abbattuto per lasciare spazio alla nuova via di comunicazione.
E con esso, pure il “Sasso dei Bimbi” subì la stessa sorte: come un corpo morto, venne sepolto sotto un terrapieno (oggi di fronte al Residence Torbole), “uccidendo” di colpo un sogno e facendo scomparire col tempo la memoria di tanti bambini nati e cresciuti in quella dolce illusione.
© Il cronista della Storia
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