TRENTINI FAMOSI, MA NON TROPPO – 34

PIERO COELLI

Pirano d’Istria, 1893 – Rovereto, 31 agosto 1980

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a cura di Cornelio Galas

Nato a Pirano d’Istria nel 1893, da Vittorio e Maria Chierego, arrivò a Rovereto nel 1939. Assolse a Pirano le scuole elementari ed a Trieste gli studi superiori. Nel 1919 congedato riprese lo studio e nel 1921 ottiene la licenza con il massimo dei voti e la lode presso l’Accademia delle Belle Arti di Venezia nel Corso Biennale di Ornato e Decorazione sotto la guida di Augusto Sezanne e quello di Incisione diretto dal professor Emanuele Brugnoli.

Abilitato all’insegnamento del disegno per le scuole medie e superiori dello Stato, è stato cavaliere al merito della Repubblica Italiana, membro del Curatorio della Pinacoteca roveretana, Consigliere del Museo storico della Guerra, del Museo futurista “Fortunato Depero” nonché membro dell’Accademia degli Agiati di Rovereto.

Piero Coelli

Piero Coelli

Ha ultimato la sua carriera scolastica come Preside nel 1963 presso la Scuola Statale di Avviamento Industriale dove per sette anni ha insegnato disegno tecnico ed ornamentale.

A Katzenau (località a nord-ovest di Linz nell’Alta Austria), dove è stato internato durante la guerra 1915/1918, aveva insegnato con mezzi di fortuna ai ragazzi esuli trentini e li fu amato e ben voluto da tutti per la sua umanità e semplicità. Rappresentativi sono i disegni, perlopiù in bianco e nero, a testimonianza del periodo di internamento.

Piero Coelli

Piero Coelli

All’Accademia di Belle Arti di Venezia il suo modello fu Cort e Cezanne. Conosciuto ed apprezzato come acquerellista, in pochi conoscono quale sia stata all’inizio la vera passione di Piero Coelli.

Portato all’architettura sacra, aveva disegnato e progettato altari, colonnati, volte di chiese, visi d’angelo e soffitti (1920/1921). Cominciò la sua carriera artistica partecipando nel 1921 all’Esposizione Nazionale di Padova e nel 1922 alla Mostra di Ca’ Pesaro a Venezia.

phoca_thumb_l_1952 - Ricordo anno scolastico 1951-1952

A Rovereto, città da lui amatissima, trovò ispirazione per molti dei suoi lavori. Oltre a questi veniva richiesta la sua opera per pergamene personalizzate destinate a notabili roveretani, bozzetti per il Museo della Guerra, cartoline per la Campana dei Caduti, medaglie, busti e copertine per riviste locali e nazionali.

Chi non lo ricorda col suo gabellino e cassettina lungo l’Adige, da Borgo Sacco ad Aldeno e nei vari luoghi di Rovereto? Non solo la città della quercia ha ispirato la sua creatività ma, Coelli ha dipinto in diverse città italiane e estere tra le quali Parigi. Importanti sono le sue testimonianze riguardanti i lavori da lui eseguiti, raffiguranti i monumenti principali della capitale francese, su tutti il grande acquarello dedicato al Moulin Rouge.

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Piero Coelli morì a Rovereto il 31 agosto del 1980 all’età di 87 anni.

Lunghi studi e sessant’anni di esperienze vive di lavoro e meditazione, hanno fatto di lui un personaggio inconfondibile. E faceva sempre piacere incontrarlo, in quella sua aria di intima poetica partecipazione all’arte. E’ stato, come detto, anche uomo di scuola, prima insegnante e poi preside, capace e buono. I suoi discepoli, che appartengono a più generazioni, lo ricordano con simpatia e riconoscenza.

phoca_thumb_l_1921 - Diploma Belle Arti Venezia

La preparazione di base, dalla quale non ha potuto staccarsi, Piero Coelli l’ha acquisita senz’altro dall’Accademia di Belle Arti di Venezia, da lui frequentata sotto la guida di insigni maestri, quali Augusto Sezanne, Pietro Paoletti ed Emanuele Brugnoli. Dall’Accademia, Coelli uscì con il massimo dei voti e lode, e alla distanza di soli due anni dal conseguimento della “Licenza”, presentò la sua prima mostra d’arte a Ca’ Pesaro di Venezia.

In seguito presentò numerosissime “personali” e partecipò, su invito, a mostre collettive, in Italia e all’Estero, riportando particolari riconoscimenti, fra cui la Medaglia d’oro a Napoli, la Coppa d’argento a Vasto, il primo Premio Agnello d’argento a Bressanone.

Piero Coelli

Piero Coelli

Ha scritto di lui Maria Marsilli: “Piero Coelli era un artista multiforme nella sua produzione, nella sua tematica. Variava il suo lavoro d i pittore  alternandolo con disegni in bianco nero, xilografie e con la stesura di pergamene miniate e di bozzetti d’arte applicata. La sua pittura andava dalla tempera, all’olio, all’acquarello.

Originali sono le sue composizioni a tempera, di motivi ornamentali di cardi intrecciati con spighe di grano. Ma Coelli prediligeva l’acquarello, in cui si esprimeva con maggiore scioltezza e con la poesia che aveva nell’amico.

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In questo genere  di lavoro egli curava e riversava sulla carta la forza dei suoi colori. I soggetti li andava a cercare nella natura, alla quale egli è rimasto sempre fedele, pur creando, dentro e intorno alle immagini, l’espressione del suo sentimento, che variava, a second a dell a sua tensione spirituale, del momento e dell’ambiente.

Passa da i fiori posti in vasi o accostati fra loro in armoniose composizioni, al paesaggio dalle luci tenui della primavera , all’ari a vellutata delle estati ed ai toni caldi dell’autunno. Passa dai riflessi delle acque dei laghi e dei mari alle vibrazioni dell’aria e delle distese nevose. Ma la sua attenzione va anche oltre: si estende alle case e alle chiese, ed ai loro interni la cui architettura, tutt’altro che semplice, lui ricostruisce da abile conoscitore del disegno e del colore, con effetti a volte forti e a volte sottilissimi, ma che sempre ispirano meraviglia.

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La sua pittura ad acquarello, fatta di pennellate sciolte e sicure, è leggera, trasparente, armoniosa. Piero Coelli ha sempre rispettato le norme fondamentali della pittura tradizionale, ed è quindi un impressionista, che riporta onestamente le immagini e l’emozione delle cose vedute.

Perciò i suoi quadri sono puri e semplici. Piacciono e sono apprezzati da coloro che ancora sentono ed amano la poesia della natura, in ogni sua manifestazione. Essi hanno il potere di accompagnarci in una passeggiata alla ricerca di spazi incantati, ove ogni cosa, passata o presente, ha la sua voce”.

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Questo invece quanto ha scritto dell’artista, Mario Cossali, in occasione della mostra ad Isera, a undici anni dalla scomparsa: “L’acquerello di Piero Coelli non è solo una tecnica, pur difficile ed esigente, ma è, prima di tutto, una dimensione dello spirito, una chiave conoscitiva di se stesso, degli altri e del mondo.

Infatti la migliore produzione del pittore roveretano (e così lo nomino, anche se proveniente dai lidi istriani, perché a Rovereto diede il meglio di sé e trovò l’ambiente più adatto e più confortevole per lo sviluppo del suo itinerario umano ed artistico) è nello stesso tempo una competizione tra l’acqua e il colore per sortirne poetici effetti di luce e una mai soddisfatta acquisizione di elementi magici del paesaggio.

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Il paesaggio attraversato da centinaia di acquerelli diventa specchio ungarettiano di sentimenti e di desideri, di speranze e di tensioni esistenziali: in ogni elemento della natura ritratta il nostro ritrova, come il poeta, un’intima fibra di sè, un riconoscimento della propria essenza e del proprio peregrinare.

C’è una poesia di Vincenzo Cardarelli che riesce a darei la stessa atmosfera, che qui vogliamo descrivere, quasi di intersezione tra anima della natura e animo dell’uomo-artista, e vale la pena ascoltarla, anche per avvicinarci con passo più avvertito e partecipe a questa pittura.

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Eccola: “AUTUNNO” – “Autunno. Già lo sentiamo venire / nel vento d’agosto, / nelle pioggie di settembre / torrenziali e piangenti, / e un brivido percorse la terra / che ora, nuda e triste, / accoglie un sole smarrito. / Ora passa e declina, / in quest’autunno che incede / con lentezza indicibile, / il miglior tempo della nostra vita / e lungamente ci dice addio”.

Il paesaggio di Coelli, oltre ad essere specchio poetico, è anche attento osservatorio sul brulicare molecola re della realtà nei suoi infinitesimi movimenti; ogni brano della realtà viene sminuzzato da un pennello fedele e coraggioso ed ogni mossa del colore è come una penetrazione nel più raccolto nido di questo o quell’angolo scelto dall’occhio del pittore ed è quasi un immergersi nel pozzo fondo della visione che all’occhio viene suggerita.

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L’acquerello è una tecnica che richiede maestria e sicurezza, leggero tocco e volo della campitura: guai a pensare che l’acquerello sia una tecnica facile da usare, forse sorella povera dell’olio o della tempera; l’acquerello è come un leggero passo di danza che va pensato lungamente e dietro al quale si nasconde un esercizio lungo e paziente. Attraverso quest’ottica riusciamo meglio a comprendere le risorse di una pittura come quella di Piero Coelli e la sua capacità di reinvenzione della natura più nascosta come dei pensieri più suggestivi che essa suggerisce.

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È difficile contenere in una rassegna postuma, il meglio della produzione di Coelli, anche perché molta parte di essa è andata dispersa in collezioni pubbliche e private, in Italia e all’estero, ma certo quello che grazie agli eredi siamo riusciti a mettere in mostra in questa occasione non è certo il fondo del barile ma una sintesi efficace e particolarmente ricercata negli effetti cromatici e luministici di quello che il pennello di Coelli è riuscito ad estrarre dal difficile connubio tra il colore e l’acqua, in un affascinante caleidoscopio dov’è possibile vedere il gioco armonico e felice di composizioni rare e suggestive”.

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Il ricordo di Sergio Bertolini: “La prima volta che incontrai Piero CoelIi fu nel lontano 1939, quando entrai in aula di disegno alla scuola industriale Negrelli in via Tommaso a Rovereto. Il professor Coelli fece la sua apparizione in aula salutando tutta la scolaresca che stava per iniziare il nuovo anno scolastico.

Il suo sguardo intelligente, di chi sa cosa vuole, fece in breve una panoramica su di noi ragazzi, che, per la verità (come accedeva a quei tempi in queste circostanze) non sapevamo cosa dire, cosa fare, trovandoci un po’ imbarazzati davanti ad un professore. Coelli ruppe il silenzio della scolaresca facendosi avanti e passando dentro la corsia dei banchi, salutandoci cordialmente ad uno ad uno con un sorriso quasi paterno.

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“Come ti chiami ?” – mi disse ad un tratto il professore, fermandosi davanti al mio banco. “Mi chiamo Sergio Bertolini ed abito ad Isera”, gli risposi. “Beh, Isera dove si beve il Marzemino, io ci vengo spesso per dipingere i miei quadri, per disegnare le vecchie case, qualche vigneto, le belle fontane” disse Coelli battendomi la mano sulla spalla”.

Quel giorno per la verità non ci fu una vera lezione di disegno. CoelIi passò gran parte dell’ora a chiaccherare con noi parlando delle nostre famiglie, delle nostre abitudini. Col passare dei giorni incominciai ad apprezzare sempre di più Coelli; anche se non avevo molta attitudine al disegno, cercavo di mettercela tutta, di far bella figura, per non deluderlo.

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Ogni lezione di Coelli era così precisa, chiara, concisa da lasciarci un segno profondo. Fuori della scuola Coelli era scherzoso, gentile, cordiale. Quando andavo con i miei compagni a giocare su strade e piazze od in riva all’Adige, lo trovavo spesso al lavoro davanti al suo cavalletto dove teneva appoggiata la tela sulla quale fissava le immagini più suggestive, gli scorci più belli del paesaggio della Vallagarina.

L’amicizia, la simpatia, il rispetto profondo verso il professor Coelli continuò anche dopo la scuola allorché ognuno di noi prese la propria strada. Così quando ritornavo in paese dopo la giornata di lavoro e mi capitava di incontrare CoelIi su qualche piazza intento a dipingere i suoi acquerelli, non potevo fare a meno di fermarmi a chiaccherare con lui, ad ammirarne le opere.

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Coelli, come sempre, era molto garbato, gentile, mi chiedeva sempre del mio lavoro, della mia famiglia. Col passare degli anni ebbi modo di rinsaldare sempre più l’amicizia con il professore, conoscere la sua gentile consorte, signora Giorgina, divenire un suo estimatore, frequentare ogni sua mostra, sia in città che fuori.

Molte volte, quando Coelli si doveva spostare con i suoi quadri per una mostra in qualche galleria fuori Rovereto, lo accompagnavo con la mia macchina. Coelli non aveva mai voluto farsi la patente di guida. La conversazione con Coelli era sempre piacevole;c’era sempre qualche cosa da imparare; mi piaceva quell’accento triestino che non aveva mai perso in tanti anni di permanenza a Rovereto.

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CoelIi era un lavoratore instancabile, faceva lunghissime camminate da Rovereto alla sponda destra dell’Adige per cogliere gli scorci più belli del paesaggio, era un vero innamorato della natura. Col passar degli anni anche la forte fibra di Coelli a poco a poco andò sgretolandosi, togliendo all’uomo le forze, il sorriso, ma lasciando intatto nell’artista il grande amore per il suo lavoro, che continuava ad eseguire anche quando le forze gli venivano a mancare.

Ricordo che negli ultimi giorni della sua vita ebbi modo d’incontrarmi con lui al lago di Cei, dove si era recato con la moglie Giorgina e alcuni amici. Il vecchio professore quando mi vide si rallegrò e mi fece sedere al suo fianco. Dopo una lunga e simpatica conversazione, come amava fare, Coelli prese fuori dalla sua inseparabile cartella un cartoncino sul quale incominciò a disegnare a carboncino tutto quello che ci stava attorno.

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La sua mano era ancora ferma, senza tremore malgrado la tarda età e la salute precaria. A poco a poco la figura del disegno apparve ben nitida impressa in tutti i suoi particolari; l’albero che ci stava di fronte con la bella pineta, un pezzo di lago, i monti. Quello fu il suo ultimo disegno. Qualche giorno dopo questo incontro mi fu dato l’annuncio della sua morte.

Penso che tutti coloro che hanno avuto modo di conoscere CoelIi di vederne le opere, i molti quadri fatti durante i lunghi anni della sua permanenza a Rovereto, non potranno dimenticare la figura di questo artista che ci ha lasciato una testimonianza unica degli angoli più suggestivi della Vallagarina nei suoi stupendi acquerelli. Coelli, oltre alle sue opere, ci ha lasciato il ricordo di una vita esemplare dedita al lavoro, all’insegnamento, ricca di valori umani e morali dei quali dovremmo fare tesoro”.

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Infine l’omaggio di Giuseppe Galvagni: “Acquarellista nato, trattò l’olio ed altre tecniche, sia pure meno frequentemente; pittore per vocazione e naturale inclinazione, Piero Coelli nacque a Pirano d’Istria nel 1893, ma trascorse gran parte della propria tutto sommato tranquilla esistenza a Rovereto ove era conosciuto più del sindaco, in mezzo ai ragazzi (fu anche ottimo insegnante) e alla gente comune.

A Rovereto, città da lui amatissima e dipinta una grande quantità di volte in ogni suo angolo “pittoresco” quasi con accanimento, Coelli esalò l’ultimo respiro nell’ultimo torrido giorno d’agosto del 1980. Le sue credenziali quando giunse a Rovereto verso il 1936 erano un diploma conseguito presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, l’abilitazione all’insegnamento del disegno nelle scuole statali e il diploma di incisione, sempre rilasciatogli dall’Accademia di Venezia.

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Ebbe, in sua vita, onori e riconoscimenti che molto lo ap-. pagarono: fu – soprattutto – da tutti stimato ed apprezzato per le sue non comuni qualità umane. Si esprimeva “en artiste” con mitezza che definirei pascoliana.

Adorava le acque e i cieli e si estasiava di fronte agli autunni carichi di colori caldi ed agli alberi che disegnava con assoluta fedeltà per il rispetto loro dovuto, così come amava le case degli uomini, tutte indistintamente le case: sparse dimore sui nostri monti o raggruppate come gregge per farsi coraggio e fronteggiare un invisibile nemico, o solitarie come una propria invisibile malinconia, purché avessero quel “quid” che lui cercava e gli offrissero quello spunto, quello scorcio, che può muovere e mano e mente e colmare di vaste campiture l’orrore della carta che, come la tela, al pittore appare sempre bianca come evocante la morte.

Piero Coelli

Piero Coelli

Chi ha visto dipingere Coelli ricorderà soprattutto l’assoluta sicurezza con cui, finito il proprio disegno, immediatamente operava sul colore stemperato all’acqua. Nulla era lasciato al caso o all’improvvisazione del momento: la natura che egli artisticamente interpretava era (allora) talmente bella e pittorica che mal gradiva aggiunte di fantasia e questo è stato uno dei suoi non piccoli meriti, ché – così rifrangendo entro il proprio “animus” di pittore ciò che gli stava dinnanzi e lo colpiva dentro – rifuggiva scientemente e miracolosamente da ogni sorta di vieto bozzettismo, stanco strascico d’una espressività ottocentesca dura a tramontare e appannaggio fino a secolo inoltrato di molti pittori minori.

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Il suo colorismo acceso, brillante e mai sfacciato, la scelta sempre giusta delle tonalità di fondo e di quelle particolari, congiunte al suo stile mai pompieristico e ad un carezzevole disegno che mai conobbe pentimenti, fanno dunque di Piero Coelli un pittore pieno ed emozionale, mai da sottovalutarsi, perché non si arrese alla galoppante frenesia di tanti colleghi, forse anche più illustri (meglio: di lui più conosciuti) che spinsero e spintonarono l’arte fino a distruggerla, dopo averla irrisa, non senza aver cercato prima di darle delle goffe quando non inquietanti definizioni, precipitando in taluni casi in autentici strapiombi di imbecillità (avallata).

Coelli non conobbe avvertibili “periodi” nella sua calma e lunga stagione pittorica. Uscito dalla “valente” lezione di Augusto Sesanne (ornato e· decorazione) nonché dall’aula ove Emanuele Brugnoli insegnava acquaforte ed acquarello, si licenziò a Venezia nel 1921, subito partecipando alla Seconda Esposizione Nazionale di Padova; mentre l’anno successivo – 1922 – era presente con numerosi altri artisti emersi od emergenti alla rassegna di Ca’ Pesaro.

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Cominciava quindi la sua duplice avventura umana, di insegnante e di pittore (che ricorda l’ambivalenza, o la plurivalenza di Giorgio Wenter Marini) sulla pacata ma virtuosistica scia del Brugnoli, guardando peraltro molto a Guglielmo Ciardi e a Pietro Fragiacomo e – prima ancora – allo splendore immaginifico dei grandi vedutisti veneti il cui eco era tuttora vivo e presente.

Proseguirà quindi su questa strada – mutatis mutandis – anche quando allontanatosi ormai per varie ragioni dall’ambiente marino venne a trasferirsi qui da noi, subito appropriandosi del nostro dolce paesaggio trascolorante verso affinità venete a lui sempre congeniali, tanto da farsene quasi l’ufficiale lirico cantore. “Fu già Piero pittore di vele e lontane malinconie” ebbi a scrivere iniziando la presentazione ad una delle sue primissime mostre vari decenni or sono”.

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“La nuova mostra ci presenta un Coelli più deciso, artefice di una pittura che ha più  sapore, vorrei dire più contenuto e, se la prima non sembrasse sprecata, più umanità”.

Febbraio 1953. UMBERTO TOMAZZONI

“E così col comparire nei suoi acquarelli — nei quali sempre più perfetto traspare il consistente sottofondo di un esemplare disegno _. di una varietà di tinte e di toni smorzati dalla primitiva serenità a una più distesa e pacata e a volte ìncupìta pensosìtà, il suo mondo artistico s’è tatto pieno. Ed anche lo.stile è divenuto più pregiato nella ricerca di occupare gli spazi con l’essenziale, abbandonando fronzoli decorativi ed errabonde notazionì e concedendo al colore la sua grande e vera funzione creativa. Questo è l’ultimo Piero Coelli, ingrandito di vita e di umanità”.

Presentazione alla Personale 1955 – Piero Agostini

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