I SERVIZI SEGRETI ITALIANI DAL 1919 AL 1949 – 2

a cura di Cornelio Galas

di Maria Gabriella Pasqualini*

Progetti sulla riorganizzazione della raccolta informazioni all’estero

Nel quadro generale della riorganizzazione delle strutture dello Stato e delle Forze Armate nel luglio 1919 il Ministro degli Esteri Tittoni scriveva al generale Diaz, tramite la Delegazione Italiana per la Pace, Sezione Militare, a Parigi una lettera riguardante l’organizzazione del Servizio Informazioni e Propaganda all’estero: la missiva veniva debitamente inviata in copia anche al Comando Supremo- Ufficio Operazioni per le risposte e le disposizioni di competenza.

Nella lettera Tittoni scriveva notando che, cessato il periodo del conflitto, appariva necessario armonizzare tutti i servizi di propaganda e di informazioni all’estero, con uno scopo ben preciso, quello di unificare l’azione politica internazionale che il governo doveva esplicare, avendo come tramite istituzionale il Ministero degli Esteri. Tittoni notava che per motivi inerenti all’andamento del conflitto i servizi di informazione all’estero e i servizi di propaganda avevano dovuto lavorare fino a quel momento, in modo indipendente dal controllo delle rappresentanze diplomatiche.

Tommaso Tittoni

In un difficile periodo di transizione, quale quello che aveva caratterizzato la parte finale del conflitto e l’inizio delle trattative di pace, era logico che i servizi informativi fossero stati svolti saltuariamente e qualche volta anche in contrasto con le direttive del governo, ma si imponeva ormai che il loro funzionamento venisse armonizzato sotto un’unica direzione.

Aveva aggiunto inoltre che se motivi di guerra avevano reso necessaria la creazione di vari distinti servizi, al momento presente invece, il bisogno di economia da una parte e l’evidente sovrapposizione di competenze nella fase operativa, ne consigliavano la riunione in organi speciali che dovevano dipendere dalle rappresentanze diplomatiche, le quali a loro volta avrebbero operato al riguardo sotto la direzione di un Ufficio centrale direttivo del Ministero degli Esteri.

Considerando che la propaganda e l’informazione procedevano di pari passo, alimentandosi a vicenda, bisognava dunque cercare di risolvere il problema dell’unificazione di questi servizi, anche tenendo specialmente conto dei bisogni tecnici del Comando Supremo, per quanto riguardava in particolare la propaganda e informazione militare. Tittoni concludeva la sua lettera augurandosi che il generale Diaz trovasse giuste le idee che gli aveva esposto e riteneva che il mezzo più adatto per metterle rapidamente in pratica fosse quello di inviare da parte del Comando Supremo un alto ufficiale presso il Ministero degli Esteri che potesse discutere la problematica e prendere gli accordi di base necessari.

generale Armando Diaz

Non molti documenti sono rimasti di queste discussioni, che pure ci furono. Il 6 agosto 1919, a Parigi, nel quadro dei colloqui che venivano effettuati in quella capitale per defìnire la pace, i membri di una Commissione ad hoc informalmente costituita dal Ministro degli Esteri, della quale facevano parte il colonnello T. Marchetti, ormai prossimo a divenire generale, il contrammiraglio Grassi e il Consigliere di Legazione barone Pompeo Aloisi, a capo dell’Uffìcio Stampa di Parigi, sotto il Patronato del Ministero degli Esteri, si erano riuniti per procedere alla redazione di un progetto sullla riorganizzazione dei servizi di informazione, propaganda e stampa all’estero e avevano prodotto un documento che fu sottoposto all’esame dei ver tici militari.

il barone Pompeo Aloisi

Prima di esaminare in dettaglio il progetto, occorre fare alcune notazioni generali: durante la guerra, il Servizio di Informazione, forse carente in alcuni aspetti, aveva soprattutto sofferto della mancanza di fiducia dei vertici, non nei riguardi dei singoli, quanto delle varie fonti alle quali attingevano, oltre ad una certa sovrapposizione di situazioni informative. Eppure il Servizio aveva fatto veramente un grande salto di qualità, rispetto al periodo antecedente allo scoppio del conflitto, non solo nella raccolta delle informazioni in vari modi e in vari centri, ma anche nella comunicazione delle stesse, puntuale e sollecita, nonostante che in paragone fossero pochi gli ufficiali addetti a quel tipo di lavoro, almeno neJla parte direttiva delle Sezioni in cui si era suddiviso.

La stessa Commissione d’inchiesta, istituita con Regio Decreto il 12 gennaio 1918 n. 35, per indagare e riferire sulle cause e le eventuali esponsabilità degli avvenimenti militari che determinarono il ripiegamento del nostro Esercito al Piave, nota comunemente come la Commissione di indagine sulla disfatta di Caporetto, quando trattò della condotta della guerra, annotò in poche righe che il funzionamento del servizio informazioni non sembra alla Commissione che palese deficienze degne di rilievo, come pure non sembra muoversi grave appunto – tenendo conto dell’abilità dimostrata dal nemico – per le incertezze che si manifestarono sulla valutazione delle informazioni. Molte incertezze invece si sarebbero eliminate nell’alta valutazione dei referti raccolti dal Generale Porro – che in proposito doveva ragguagliare il Capo di Stato Maggiore – ove meglio fosse stato curato l’esame della situazione politico-militare, la quale nell’autunno 1917 era tale che l’eventualità di un’offensiva nemica in forze avrebbe dovuto essere considerata molto probabile. Parole molto attente, forse troppo, ma che sostanzialmente riconoscevano che il Servizio era stato efficiente, per quanto poteva, nella situazione contingente.

generale Carlo Porro

Dunque nonostante il riconoscimento dell’attività del Servizio e la continua collaborazione realizzata prima, durante e dopo il conflitto, con il IV Reparto della Marina, cioè con quel servizio informativo, iniziava ne l 1919 a prevalere negli organi competenti l’idea che fosse necessario unificare completamente l’attività di intelligence, almeno all ‘estero, anche in nome di quella che veniva chiamata una assoluta necessità di economia, che premeva.

Lo stesso Ministero degli Esteri, che aveva dato un grande apporto alla raccolta delle informazioni fuori territorio, voleva essere parte del nuovo Servizio, ma soprattutto dare il proprio contributo anche nella direzione dello stesso, considerato che comunque né l’Esercito né la Marina potevano fare a meno dell’appoggio, della rete e della qualità e quantità del personale di quel Dicastero, per assolvere al proprio compito nel settore informativo.

Si era radicata anche un ‘altra convinzione che, unificando i Servizi di informazione, propaganda e stampa all’estero, si sarebbe realizzata una certa economia e raggiunta una migliore qualità: infatti l’Esercito e la Marina avrebbero fornito la maggior parte del personale e, con una spesa minima, si sarebbero potuti assicurare una rete completa di servizi. Inoltre il Ministero degli Affari Esteri avrebbe dovuto assicurare i Servizi all’estero e ne avrebbe pagato anche le spese. Quindi l’onere economico di questa struttura integrata sarebbe stato suddiviso tra tre Ministeri, mentre i risultati invece, sarebbero stati utilizzati
da tutti.

L’organizzazione che era stata abbozzata nel progetto dell’agosto 1919 era la seguente: prevaleva dunque, per la prima volta, il criterio della unicità del Servizio Informazioni e propaganda e stampa all’estero, attività che avrebbero dovuto essere riunite in organi speciali dipendenti direttamente dalle Regie Rappresentanze diplomatiche … , concetto invero un po’ bizzarro, anche se facilmente comprensibile per gli interessi particolari della componente diplomatica, per la quale il Capo Missione italiano all’estero risultava essere la massima autorità governativa e amministrativa (con il reparto consolare) di tutta la comunità italiana che si trovava nel suo territorio di competenza: si trattava dunque di una affermazione ulteriore del ruolo di vertice del massimo rappresentante diplomatico in loco.

Nel progetto era altresì categoricamente sanzionato che,al di fuori di questi nuovi organi, non sarebbero state ammesse altre possibilità di organizzazione dell’attività informativa. Gli organi speciali previsti dovevano fungere da centri di raccolta di informazioni politiche, economico-commerciali, politico-militari-marittime, tecnico-militari-navali, di controspionaggio. Le loro funzioni non si limitavano a questi pur assai ampi spazi di manovra, ma dovevano anche assicurare una accurata azione di propaganda, contropropaganda e stampa.

Per quanto riguardava il coordinamento a livello nazionale, era previsto un Ufficio Centrale a Roma, alla diretta dipendenza del Ministro degli Affari Esteri (Ufficio di Gabinetto). L’Ufficio Centrale doveva avere una sua struttura: una Sezione militare, una Sezione navale, una Sezione economico-commerciale, un Ufficio per la crittografia e la compilazione dei cifrari, una Sezione per la redazione del bollettino stampa, mantenendo le Sezioni già presenti che si occupavano di stampa e pubblicazioni.

Erano anche ben delineati i compiti che avrebbe dovuto avere l’Ufficio Centrale, e cioè: doveva sovrintendere alla raccolta di tutte le informazioni e le notizie dei vari Centri all’estero, utili a tenere al corrente gli enti che fossero stati interessati: questo doveva essere realizzato per mezzo della redazione di un bollettino confidenziale per le autorità direttamente coinvolte; stralci di questi bollettini sarebbero stati inviati ad altri ministeri e autorità. Da questi erano escluse quelle informazioni o notizie di carattere strettamente tecnico-militare o navale. Tra i compiti dell’Ufficio Centrale, vi sarebbe stato quello di rispondere a tutti i quesiti che potevano essere rivolti da autorità politiche o amministrative.

L’Ufficio avrebbe avuto la direzione del servizio di propaganda e di contropropaganda e la direzione del controspionaggio. L’Ufficio avrebbe anche dovuto provvedere alla redazione di un bollettino di tutta la stampa estera, in modo da abolire tutti gli altri bollettini stampa redatti dai vari ministeri. Erano previste anche le località dei Centri di raccolta, che avrebbero dovuto essere stabiliti nell’America del nord, nella Francia, nei paesi baltici, nella Germania, nella Svizzera (Società delle Nazioni), nell’ex impero austriaco, in Jugoslavia, nella Grecia, e per il momento, anche a Costantinopoli.

Non era ancora considerata direttamente la Russia, per la quale doveva provvedere il Centro di informazioni del Baltico, fino a quando non fosse stato possibile istituire a Mosca o a San Pietroburgo un nuovo ente. Per gli Stati dove non era prevista la costituzione di un Centro raccolta informazioni, a tutto avrebbe provveduto l’ambasciata o la legazione presente. Per quanto poi riguardava il Brasile e l’Argentina, si pensò che sarebbe stato possibile provvedere a mezzo di organizzazioni speciali delle società italiane. I centri all’estero saranno in contatto con gli addetti militari e navali accreditati nel paese: a questi ufficiali dovevano essere riferite tutte le informazioni di carattere esclusivamente tecnico-militare e navale, e gli operatori dei Centri di raccolta avrebbero ricevuto da costoro le istruzioni e le direttive per la raccolta delle informazioni di carattere militare.

In questo modo le autorità italiane, quelle diplomatiche e quelle militari, ritenevano di aver risolto l’annoso problema dell’attività degli Addetti militari all’estero, a causa del loro particolare status di diplomatico, dichiarato gradito nel paese di accreditamento, per il quale quindi risultava delicata ogni azione rivolta a ottenere informazioni militari di una certa sensibilità. Se invece fossero stati dei civili, ovviamente non accreditati diplomaticamente, a fare quel tipo di attività, non ci sarebbe stata dunque nessuna particolare imbarazzante situazione né per il rappresentante del Regno d’Italia, né per coloro che indossavano una divisa.

Rimaneva ovviamente l’ipocrisia di un necessario coinvolgimento degli Addetti militari e navali, in quanto solo essi disponevano della preparazione professionale adeguata a comprendere cosa poteva essere interessante, cosa doveva essere scoperto, come agire e dove agire. l vari operatori del Centro di raccolta avrebbero dovuto trasmettere tutte le informazioni al costituendo Ufficio Centrale di Roma, dopo averne fatto prendere conoscenza al rappresentane diplomatico.

Veniva risolto in questo modo anche un altro problema interno, che si era varie volte rivelato nel corso degli anni precedenti: molto raramente l’Addetto militare, che come abbiamo visto, nonostante il divieto assoluto, tuttavia raccoglieva informazioni militari di carattere più o meno segreto, informava il proprio Capo Missione di quanto aveva scoperto e inviava rapporti a Roma, senza che però passassero dalla scrivania dell’ambasciatore.

È vero altresì che molte volte, quando vi era sintonia e collaborazione fra i due rappresentanti italiani all’estero, l’Addetto militare, se non si trattava di particolari argomenti segreti richiesti dal Comando del Corpo di Stato Maggiore, faceva leggere al diplomatico le sue relazioni e i suoi rapporti o quantomeno lo metteva al corrente delle sue valutazioni.

Nel progetto era previsto che all’estero fosse dunque il regio rappresentante diplomatico ad avere la direzione superiore del Servizio Informazioni, ma era altresì previsto che né lui né, a maggior ragione, gli Addetti militari e navali avrebbero mai dovuto entrare in contatto diretto con l’organizzazione materiale del servizio informazioni e ciò per poter sempre dichiararsene estraneo e sconfessarne eventualmente l’operato ... rimane il dubbio in chi legge il progetto: in quale complicato modo l’ambasciatore o i suoi collaboratori diplomatici avrebbero potuto organizzare e dirigere la raccolta delle informazioni, visto che era di loro competenza.

Poiché era chiaro che non si poteva utilizzare lo stesso tipo di comportamento e di struttura nei vari Stati indicati, in quanto ognuno di questi aveva caratteristiche diverse circa la possibilità di attuare una organizzazione di lavoro dei Servizi Informativi, potevano essere solamente i rappresentanti diplomatici all’estero a indicare in quale modo i Centri di raccolta potevano essere accreditati presso i vari governi e in quale veste ufficiale gli operatori dei Centri si sarebbero trovati a vivere e operare dove inviati.

Il progetto presentava una visione indubbiamente un po’ particolare dell’attività informativa, anche se solo all’estero, perché nell’organizzazione prevista la parte informativa militare sembrava essere stata messa in subordine, come ormai meno interessante e attuale. Nei giorni seguenti all’incontro a Parigi della Commissione informale, era stata redatta la circolare n. 27766, emanata dal Presidente del Consiglio Nitti il 25 agosto 1919, con oggetto: uffici speciali di informazioni.

Francesco Saverio Nitti

È interessante riportane alcuni brani che spiegano il cambiamento di rotta alla fìne del conflitto e soprattutto una pericolosa commistione che era stata fatta tra informazioni di carattere esclusivamente militare e informazioni di carattere più politico, riguardanti l’ordine pubblico e il controspionaggio; era pur vero che durante la guerra anche altri organi, oltre quelli militari, avevano garantito la sicurezza interna, in materia di propaganda sovversiva, soprattutto; si erano occupati di attività di controspionaggio; avevano assicurato l’ordine pubblico, ma quanto scritto nella circolare era veramente un po’ troppo riduttivo di alcune funzioni dell’attività informativa militare.

Questo era il testo della circolare: “Durante il periodo della guerra sembrava opportuno raccogliere le notizie relative alla dignità politica e diplomatica dei nostri nemici medianti uffici speciali, alla dipendenza di vari ministeri, affinché più facilmente potessero aversi e controllarsi le informazioni con l’impiego contemporaneo di personale diverso, distribuito in molte località del regno e dell’estero, che avesse occasione continua e contingente di raccogliere elementi, specie in materia di controspionaggio. Naturalmente tale incarico venne assunto in modo speciale da codesto ministero e da quello della Guerra, data la natura delle informazioni che occorrevano e i rapporti che i nostri addetti militari e navali avevano in precedenza allacciati all’estero. Sebbene il funzionamento dei vari uffici speciali addetti (che spesso si comunicavano a vicenda le medesime notizie) abbia importato spese assai rilevanti e sebbene il risultato non sia stato sempre del tutto soddisfacente, per la mancanza di una direzione unica che evitasse inutili dispersioni di mezzi e potesse raccoglire e vagliare gli elementi raccolti e dare le disposizioni conseguenti, pure è indubitabile che nel complesso gli uffici medesimi hanno corrisposto ad una necessità del momento e resi servizi importanti.La loro stessa origine però, e gli scopi ad essi assegnati, dimostrano che la istituzione di tali uffici, fatta in via temporanea, deve cessare insieme alle condizioni politico-militari che la consigliarono. Conclusa già la pace coll’impero germanico, prossima alla conclusione la pace con l’Austria tedesca, e la sistemazione dei nuovi Stati europei, viene a mancare ogni motivo di distogliere più a lungo gli uffici militari dalle loro mansioni di istituto, ed è invece necessario che il servizio di polizia e tutti quelli che vi si connettono, vengano restituiti alla direzione unica di questo ministero com’è stabilito dalla legge e come sempre avvenuto in tempi normali. Pertanto, tenuto conto anche delle urgenti necessità di venire eliminando dal bilancio tutte le spese create dallo stato di guerra e che con esso debbono cessare, prego di voler dare disposizioni affinché l’ufficio informazioni al servizio dello stato maggiore della Marina, con i centri che ne dipendono, venga soppresso sollecitamente, bastando alle attuali condizioni il servizio informazioni del quale dispone la direzione generale di pubblica sicurezza”.

Era il primo passo per tentare forse di sciogliere anche gli Uffici dell’Esercito che si occupavano del settore. Ma non fu certo possibile. In sostanza, come fu sinteticamente scritto dal Comandante Bellavita, Capo dell’Ufficio Informazioni della Marina, questa circolare aveva lo scopo apparente di far tornare gli Uffici militari ai loro compiti istituzionali, ma in realtà con qualche superficialità e minore conoscenza accomunava il tipo di servizio di raccolta di informazioni militari, reso ad esempio dal IV Reparto dello Stato Maggiore della Marina, al tipo di attività, peraltro completamente diverso anche all’epoca, svolto dalla Direzione Generale della Pubblica Sicurezza.

Il Ministro della Marina rispose il 1° settembre 1919 al Presidente del Consiglio, dando le assicurazioni richieste, ma rilevando anche che “sarà però necessario che l’Ufficio Informazioni continui nelle sue ordinarie mansioni di tempo di pace, le quali consistono nel raccogliere e nell’ordinare dati ed elementi sulle marine estere, sia a mezzo degli addetti navali che mediante un’accurata revisione della stampa tecnica”.

Così, nonostante le doverose assicurazioni rimaste sulla carta, il IV Reparto dello Stato Maggiore della Marina non fu sciolto e soprattutto le sue funzioni non vennero svolte in via sostitutiva dal pur efficiente Servizio Informazioni della Direzione della Pubblica Sicurezza, che doveva avere ben diverse finalità. Era altresì chiaro che subito dopo la fine del conflitto, dal punto di vista politico, si prevedeva che i vari trattati di pace sarebbero stati chiusi in breve tempo, mentre in realtà, per concludere l’ultima trattativa e firmare il trattato forse più importante di tutti politicamente, quello con la Turchia, si dovette attendere fino al 1923.

il dialogo delle potenze europee si svolgeva con una nuovissima realtà statuale, che si riteneva erede dell ‘ Impero Ottomano, ma che non si riconosceva in una entità sconfitta e parlava al tavolo della pace con la voce di un vincitore e non di un vinto: era iniziata l’era ascendente di Mustafà Kemal, fondatore della Repubblica laicadi Turchia.

Il progetto di riorganizzazione della raccolta delle informazioni all’estero, sia politiche sia militari, che era stato redatto a Parigi, si poteva riassumere in definitiva con la costituzione di un Ufficio Centrale di Informazioni – e questa obbiettivamente era la prima volta che un simile concetto era stato definito e applicato, anche se solo relativamente alla raccolta informazioni all’estero – alle dipendenze del Ministero degli Affari Esteri tramite il Gabinetto del Ministro e a Centri di raccolta periferici dipendenti dalle rappresentanze diplomatiche.

Occorre dire, in mancanza di altre carte, almeno per il momento, come sembri assai strano che il colonnello Marchetti, che tanto aveva fatto per il servizio informazioni militari e che soprattutto era un professionista del settore, avesse potuto avallare un simile progetto, se non ritenendo che comunque non sarebbe mai stato accettato dai vertici militari, come di fatto non lo fu.

La collaborazione “informativa” fra Esercito e Marina era stretta e costante

Una delle critiche che erano state avanzate a vari livelli rispetto all’attività informativa precedente, riguardava proprio l’analisi della validità delle informazioni ricevute da paesi dove il Servizio si era dovuto basare, nel passato, solamente sull’organizzazione, sull’opera e sulle risorse umane delle ambasciate e legazioni: non sempre le informazioni raccolte dal
punto di vista militare erano state corrette e complete, per mancanza di professionisti del settore. Di conseguenza l’assenza di informatori militari non poteva garantire la validità della raccolta di notizie professionali.

l vertici militari notarono poi che i Centri di raccolta periferici avrebbero assunto, essendo in dipendenza diretta dalle rappresentanze diplomatiche, tutti i servizi di informazioni, militari e non: ma dovevano essere in contatto diretto con gli Addetti militari e navali che avrebbero dovuto fornire loro le istruzioni necessarie per lo speciale settore tecnico; inoltre gli operatori civili di questi servizi dovevano comunque essere accreditati presso i vari governi, per poter risiedere e lavorare, e quindi operare, in una forma o nell’altra, ma sempre in modo poco palese verso il paese di accreditamento: il che non avrebbe risolto il problema della cosiddetta lealtà verso il paese ospitante: argomento che veniva portato a supporto dell’esclusiva utilizzazione di personale civile, sotto guida diplomatica.

Ancora più grave era il fatto che questi centri periferici si sarebbero dovuti occupare di spionaggio e controspionaggio: due attività delicate, difficili, che sarebbero state, dopo solamente pochi giorni di operatività, sotto i riflettori dei servizi di controspionaggio locali e ben presto sarebbero venuti alla luce i legami tra questi centri e i rappresentanti ufficiali del Regno d’Italia, con possibili imbarazzi per il Capo Missione, dunque con vari ostacoli al lavoro del Centro di raccolta. Si sarebbero creati proprio quegli imbarazzi che si volevano evitare a coloro che erano accreditati come diplomatici.

Altra notazione giusta che fu fatta sul progetto era che sarebbe stato difficile per le autorità militari fidarsi completamente di informazioni di carattere tecnico avute per l’unico tramite e sotto la guida delle rappresentanze diplomatiche all’estero, in quanto poteva mancare a queste non solo la relativa professionalità speciflca nella ricerca del materiale informativo militare, ma anche il giusto interesse nel settore. Inoltre poteva non essere facile per l’Addetto militare e navale vincere da solo eventuali pratiche desistenze e difficoltà da parte degli operatori dei Centri di raccolta, interessati a informazioni politiche ed economiche, più consone anche alla loro preparazione di base.

Scriveva il comandante Bellavita nel 1922: “Le informazioni sono fondamento del materiale di lavoro dei due Stati Maggiori della Marina e dell’Esercito: come pretendere che questi enti deleghino la ricerca e la cernita delle notizie loro occorrenti o l’iniziativa di ricerca in determinati speciali campi (che nel tempo possono avere grande interesse, sia pure indiretto e non appariscente) ad un egregio funzionario sì, ma sottordini al Ministro degli Affari Esteri, e per giunta mutevole col mutare di ogni ministero?” Inoltre indicava che una delle caratteristiche principali di un serio Servizio Informazioni poteva essere proprio l’inamovibilità di un certo tipo di personale, che acquistava così una speciale sensibilità nel settore della raccolta informativa: nel caso previsto, invece, con la mobilità del personale diplomatico, non si sarebbe potuta garantire una continuità.

Nell’ampia analisi condotta dall’ufficiale sul progetto vi è un punto importante quando scrive, nella sua relazione al Capo di Stato Maggiore della Marina, delle affermazioni che confermano quanto in realtà i documenti in precedenza consultati hanno rivelato e cioè che gli Addetti navali e militari, ai quali era rigorosamente proibita ogni attività di spionaggio, ma non di raccolta di informazioni militari, dipendevano dagli Uffici/Servizi Informazioni dell’Esercito e della Marina: “con l’istituzione di questo servizio cumulativo che cosa diverranno gli attuali uffici informazioni della Marina e dell’Esercito, dai quali dipendono praticamente gli addetti navali e militari e che hanno compiti e responsabilità specifiche molto ampie richiedenti profonde condizioni professionali e riconosciute autorità esecutive? Saranno soppressi? Non potranno mai esserlo integralmente perché non è possibile affidare ad altri la sorveglianza sul personale militare, la prevenzione dello spionaggio militare, la ricerca delle notizie vere tecniche, ecc. resteranno dunque? E allora non si avrà un momento burocratico, maggiore spesa e, forse, conflitto di competenza?”

L’analisi dunque prevedeva che con il riordinamento previsto vi sarebbe stata in realtà una duplicazione degli uffici addetti, perché non sarebbe stato possibile sopprimere quelli militari presso gli Stati Maggiori. Era ovvio che i vertici militari non avrebbero nemmeno potuto discutere una simile proposta anche se ritenevano interessante e suscettibile di pratica adozione il concetto informatore di un Ufficio Informazioni unificato, cioè “centrale” che potesse adempiere a questo tipo di servizi: informazioni, propaganda, stampa, legislazione relativa al controspionaggio, controspionaggio, contro propaganda, crittografia e cifrari, economia, commercio, industria, investigazioni.

Per questo tipo di servizio unificato era evidente e necessaria la cooperazione di vari ministeri e cioè quello della Guerra, della Marina, degli Esteri, delle Poste e Telegrafi, delle Colonie (che peraltro aveva curato direttamente fino ad allora, con propri Uffici locali, la prima raccolta di informazioni nei territori oltremare), Industria, Commercio, Lavoro, Finanze, Grazia e Giustizia. Dovevano anche collaborare la Direzione Generale della Pubblica Sicurezza e le Ferrovie dello Stato, il sindacato della stampa e il Commissariato per l’emigrazione, la Guardia di Finanza.

Dunque tutti questi ministeri dovevano dare il loro contributo all’eventuale Servizio centrale unificato: quindi questo nuovo organo non poteva evidentemente dipendere dal Ministero degli Affari Esteri, ma poteva e doveva essere messo sotto la diretta dipendenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Questa era una prima, pratica e necessaria modifica al progetto che il comandante Bellavita proponeva, una delle tante che avrebbero dovuto essere apportate.

Nella sua relazione l’ufficiale aveva anche abbozzato una prima suddivisione delle Sezioni e rispettive competenze che l’eventuale Ufficio unificato avrebbe dovuto avere per poter operare. Doveva essere suddiviso in Sezioni nelle qual i dovevano lavorare rappresentanze di tutti gli enti interessati, a seconda delle competenze:
a) informazioni: Sezione con rappresentanti della Marina, Esercito, Esteri, Interni, Industria, Commercio, Lavoro;
b) propaganda e contro propaganda: Sezione di caraltere politico, militare, economico, commerciale, industriale;
c) stampa;
d) legislazione: Sezione con rappresentanti della Marina, Esercito, Interni, Esteri, Direzione Generale di Pubblica Sicurezza;

e) controspionaggio: con rappresentanti della Marina, Esercito, Interni, Esteri, Direzione Generale Pubblica Sicurezza, Grazia e Giustizia;
f) crittografia e cifrari: con operatori della Marina, Esercito, Interni, Esteri, Pubblica Sicurezza;
g) economia, commercio e industria;
h) investigazioni: con rappresen tanti della Marina, Esercito, Interni, Pubblica Sicurezza, Carabinieri Reali, Guardia di Finanza.

Come si può notare, le varie Sezioni si sarebbero potute avvalere di funzionari dei vari organi dello Stato, ma con il pericolo grave, sottolineato dal relatore, di non raggiungere l’equità distributiva del lavoro e quindi anche dei frutti delle indagini esperite.

Altro pericolo che l’ufficia le intravedeva era la scarsa preventiva garanzia per una nevessaria e indispensabile riservatezza, che doveva invece caratterizzare tutte le operazioni, in quanto era chiaro che dovevano essere impiegati numerosi funzionari di vari ministeri, persone di mentalità differenti e con finalità, opinioni e fede politica spesso molto divergenti.

Nella relazione del comandante Bellavita non è detto esplicitamente, ma è evidente, che l’ufficiale riteneva utilizzabili solo i militari strettamente tenuti e rispettosi del segreto militare; segreto che poteva invece non impegnare altri funzionari, dai quali era comunque dovuto il segreto d’ufficio, ma forse sentito in modo meno imperativo e, interpretando forse lo spirito con il quale il Bellavita scriveva, meno cogente che fra i professionisti del Servizio Informazioni Militare, ormai addestrati e usi a saper parlare e soprattutto tacere.

Nella lunga relazione veniva considerato anche il problema della stampa nazionale, che doveva essere da una parte agevolata dalle informazioni raccolte e utilizzate per le sue specifiche attività, ma dall’altra doveva essere frenata e guidata dalle direttive della Direzione dell’Ufficio, e cioè dalla Presidenza del Consiglio, che in tal caso forse sarebbe riuscita a disciplinare i pregi e difetti della stampa: in modo che la libertà, ritenuta sconfinata degli organi di stampa, non danneggiasse gli altri reparti dell’Ufficio o che l’indipendenza della stessa fosse di ostacolo agli sforzi, alle direttive e alle mete che il Governo si era prefissato, proprio istituendo un Ufficio unificato- cioè una Direzione centrale- del Servizio Informazioni all’estero.

Era comunque ormai assai chiaro che nell’interesse generale dello Stato fosse necessario un provvedimento che costringesse a una stretta cooperazione tutti gli Uffìci di informazioni, anche se sembrava ancora una proposta non matura per i tempi. Scritta nel 1922, questa articolata relazione si riferiva anche ad esperienze di altri Stati, soprattutto di quelli dove era stata affrontata la fusione dei Ministeri della Guerra e della Marina nel quadro di un Ministero di Difesa nazionale: l’ufficiale ricordava che nessun tipo di risultato positivo si era avuto, ad esempio, in Svezia dalla fusione dei due ministeri della Guerra e della Marina effettuata il 1° luglio 1921. Lo stesso Comandante in Capo del Dipartimento marittimo di Stoccolma aveva dimostrato che ne era derivato un gran danno ad ambedue le Forze Armate, ma soprattutto per la Marina in quanto l’Esercito era divenuto una specie di mandatario per la forza armata di mare.

Se si considerava che l’Italia è un paese circondato dal mare a sud, a est e a ovest, cioè con un numero importante di chilometri costieri, bisognava ben valutare il fatto che la Marina e l’Esercito avrebbero sempre avuto bisogno uno dell’altra e viceversa e che la loro cooperazione era necessaria, proprio per i differenti compiti istituzionali che si presentavano per la salvaguardia e la sicurezza del Regno… Per questo devono indipendentemente rafforzarsi e conservare i propri organi con le loro speciali e diverse esigenze…

Alla fine infatti del suo rapporto il comandante Bellavita scriveva che teoricamente sarebbe molto desiderabile la costituzione di un organo informativo unico e stabile, ma che malauguratamente l’esperienza pratica della vita e delle debolezze umane ne sconsiglia l’adozione: strana conclusione finale per un ufficiale che aveva invece esaminato molto abilmente il progetto che era stato abbozzato a Parigi e che aveva dato consigli molto coerenti e lucidi nella sua analisi, precursori di quello che poi sarebbe in parte avvenuto.

Bisogna ricordare che nel 1922 il IV Reparto dello Stato Maggiore della Marina era articolato in un Ufficio del Capo Reparto, che si occupava della direzione generale, delle relazioni eventuali con gli Addetti navali esteri, delle relazioni con gli Addetti navali italiani all’estero, degli studi, dell’Istituto di guerra marittima, della corrispondenza con le autorità estranee all’Ufficio del Capo di Stato Maggiore, dell’amministrazione dei fondi segreti; delle pratiche giudiziarie; delle relazioni con la Direzione Generale della Pubblica Sicurezza, con l’Ufficio Informazioni dell’Esercito e con il Ministero degli Affari Esteri.

Era suddiviso in cinque Sezioni. Le prime tre avevano competenze assegnate con criterio geografico. La quarta Sezione si occupava di costruzioni navali; riviste tecniche; bilanci; invenzioni; disegni; studi e pubblicazioni tecniche; biblioteca; sala disegno; conservazione e tenuta delle carte e delle idrografie. La quinta Sezione era particolarmente strutturata per la raccolta delle informazioni; per la polizia militare delle piazze marittime; per la segnalazione delle notizie; la corrispondenza con informatori; l’amministrazione degli stessi; l’archivio delle informazioni segrete; i cifrari informazioni segrete (alla dipendenza del Capo Reparto).

Vi era altresì una Segreteria che prevedeva una Direzione; una biblioteca. La Segreteria prendeva cura degli abbonamenti a giornali e riviste, dell’archivio, della spedizione della corrispondenza; delle pratiche riservatissime; della stampa dei bollettini e promemoria; aveva rapporti con la Segreteria del Capo Reparto; dirigeva il gabinetto fotografico (lavori di fotografia e cinematografia), sempre alla dipendenza del Capo Reparto. Era previsto anche un gabinetto fotografico e una sala disegno. L ulteriore modifica de] Servizio Informazioni della Marina, dopo la costituzione nel 1925 del Servizio Informazioni Militare, sarebbe avvenuta intorno al 1930.

Vengono date direttive per restringere la circolazione dei bollettini delle informazioni militari

L’attività svolta dal 1919 al 1922

Come abbiamo già visto, il Comando Supremo era rientrato a Roma da Abano nell’agosto del 1919, mantenendo un proprio Servizio Informazioni, incardinato nel Reparto Operazioni. Il 25 novembre 1919, alla vigilia della smobilitazione del Comando Supremo, la circolare n. 617 riordinava l’Esercito in 15 Corpi d’Armata territoriali, 30 Divisioni di fanteria e 2 di Cavalleria, con elementi permanentemente mantenuti in servizio, e, tra questi, lo Stato Maggiore dell’Esercito e i Comandi di Grandi Unità. Il Comando Supremo fu smobilitato 1° gennaio 1920 e con esso il Servizio Informazioni da esso dipendente.

Rimaneva in piena attività l’Ufficio “I” del Comando del Corpo di Stato Maggiore, diretto dal colonnello Camillo Caleffì. Agli inizi del 1920 l’attività dell’Ufficio “I” continuò soprattutto tenendo d’occhio la situazione nei Balcani: gli scontri fra bande montenegrine e serbe sono puntualmente annotati nel Diario storico-militare. Elementi di quelle etnie erano tenuti sotto stretto controllo: il 5 gennaio, ad esempio, fu allontanato dal territorio nazionale, su richiesta del Ministero degli Esteri, un maggiore dell’esercito serbo e lo stesso giorno, con intervento del personale dell’Ufficio, veniva arrestato un pericoloso montenegrino.

Pochi giorni dopo, il 13 gennaio, tra le varie incombenze, l’Ufficio chiese conferma al Comando del Corpo di Spedizione nel Mediterraneo a Rodi della ricezione di copia dei cifrari, così come ad altri Uffici I. T. O. di Trieste (in quel periodo comandato dal colonnello Ponza di San Martino), Zara e delle Regie Truppe nella Venezia Giulia, al Comando delle quali veniva tra l’altro comunicata la partenza di un tal prof. Mancuso per Trieste: era sicuramente un collaboratore, considerato che quando scrivevano invece di soggetti da sorvegliare, aggiungevano invariabilmente prima del nome l’aggettivo il noto.

Rapporti continui erano in essere con l’Ufficio Informazioni in Albania, con l’I.T.O. del Governo della Dalmazia e con i Nuclei d’informazione dei Carabinieri Reali presso i Comandi designati d’Armata. La Sezione “M” era sempre funzionante e aveva come Capo Sezione un maggiore dei Carabinieri Reali, Cesare Bianchini. L’argomento bolscevismo era sempre ricorrente, come ad esempio il 14 gennaio quando venivano date dalla Sezione di Polizia Militare informazioni sulla propaganda bolscevica effettuata dai prigionieri russi nei campi di concentramento dell’Asinara. Ma erano anche attentamente monitorati i rapporti fra militari e anarchici, mentre venivano segnalati alla Pubblica Sicurezza i propagandisti delle idee sovversive provenienti dalla Russia comunista. Venivano più volte sottolineati anche i pericoli dell’espansione di queste idee in Austria.

Le note sul bolscevismo si susseguono numerose anche nei mesi successivi, come nel giugno 1919, quando la Sezione “U” del Servizio Informazioni del Comando Supremo, ancora in attività, inviò un dettagliato rapporto su una organizzazione sovversiva: si comunicava che a Lienz (in Pusteria) si era formato un altro centro comunista, dipendente da quello di Innsbruck, del quale era stata data notizia in un rapporto del maggio precedente; ne era a capo un italiano ben identificato, certo G. C.

Risultava chiaro ai Servizi Informativi che le relazioni tra il centro di lnnsbruck e quello di Vienna erano molto attive, anche con la presenza di numerosi italiani che si facevano chiamare con altri nomi di origine tedesca. Era stato tra l’altro possibile arrestare uno di questi, che usava portare somme di denaro e opuscoli di propaganda, in quanto era un disertore. Per altri, l’arresto era assai più difficile e dovevano continuamente essere monitorate le loro azioni.

In questa opera di controllo e repressione un aiuto indiretto arrivava dal governo tirolese, che sembrava molto preoccupato dall’attiva propaganda dei bolscevichi e aveva predisposto delle misure piuttosto rigide, puntualmente attuate. Si riteneva perciò che l’attività dei comunisti fosse molto intralciata e avesse una vita difficile, anche perché il governo tirolese non mancava di tenersi in contatto con il Regio Governo, per un reciproco scambio di informazioni.

L’Ufficio Informazioni della Marina e il Servizio Informazioni del Comando Supremo collaboravano strettamente

In quel periodo il Servizio era particolarmente attento a quel fenomeno politico, poiché era stato segnalato che a giorni un convegno comunista si sarebbe tenuto a Vienna, per il quale erano attesi anche degli onorevoli del Regno d’Italia: di essi venivano dati i nomi con
particolare accuratezza.

Molte erano anche le notizie che arrivavano sulla delicata situazione di Fiume, tramite i vari Uffici I.T.O. e soprattutto da Zara, considerando in sintesi la questione come il problema adriatico. Venne rilevata anche la diffusione del giornale di propaganda, diramato dal Comando di Fiume. Il 16 febbraio invece giunse la notizia di una pretesa irruzione di D’Annunzio nel Montenegro e, alcuni giorni dopo, la possibile occupazione dell’isola di Cherso sempre da parte delle truppe del Vate. Il 19 agosto fu annotata una relazione sulla dichiarazione di indipendenza di Fiume. Nel maggio 1920 giunsero ulteriori notizie di progetti di D’Annunzio per sollevare le popolazioni albanesi e montenegrine.

D’Annunzio

Nel Diario spesso si faceva riferimento anche ad agenti informatori che erano in contatto con gli Addetti militari, come del resto era stata ed era tradizione e consuetudine, essendo questi ufficiali quasi sempre degli ottimi informatori essi stessi o organizzatori di reti di fiduciari. Gli indirizzi convenzionali erano sempre considerati importanti, se il 23 gennaio 1920 la Sezione Informazioni scriveva al colonnello Attilio Vigevano, e ai pari grado Alberto Ponza di San Martino e Giacchino Parenzo, che erano appunto nella Sezione ‘M’, un dispaccio circa l’uso di quel tipo di precauzione; sarebbe stato altresì interessante poter leggere il foglio inviato il 26 gennaio al Capo della Sezione”‘M” contenente proposte di linguaggio convenzionale.

Anche nel febbraio 1920 continua attenzione fu posta alla situazione nei Balcani che andava via via complicandosi politicamente e quindi militarmente. La massima riservatezza sugli agenti informatori proseguiva, perché molto spesso sono segnalate partenze di alcune persone indicate solo con una iniziale (5 febbraio) o è annotato che il Capo della Sezione aveva preso contatto con un certo signor P., come il 13 febbraio ad esempio: forse l’ingegnere Polacco, che pochi giorni dopo partiva per un viaggio in Oriente, come accuratamente annotato ai primi di marzo.

Pochi giorni dopo nelle notazioni compare un certo informatore Maxim, ricevuto dal tenente colonnello Troiani, che era a capo di una delle Sezioni dell’Uffìcio; informatore che spesso si recò a conferire con l’uffìciale. Così come l’agente Arsenio, non meglio identificato, che spesso nei mesi successivi si incontrò con il Capo dell’Uffìcio; agente per il quale però venne coinvolto l’Ufficio di Polizia Militare del Corpo d’Armata di stanza a Firenze, per averne notizie.

Con molta attenzione erano monitorati cittadini italiani che risultavano informatori di Servizi stranieri, come ad esempio accade in una notazione del5 febbraio che riportava l’arrivo di una relazione su un informatore italiano al servizio degli inglesi.

Nel marzo 1920 l’Uffìcio inviò al Ministero della Guerra, al Ministero degli Esteri, a quello della Marina lo schema dell’organizzazione dei Servizi di Informazione all’estero, che continuava a basarsi sui Centri di Raccolta, sempre con la necessaria collaborazione assai stretta di quello degli Esteri. Il 17 febbraio e nei giorni seguenti fu annotata ancora una corrispondenza con la Sezione “M”di Milano, concernente l’organizzazione informativa tedesca nel Ticino. Ancora più interessante, se si avesse il carteggio, potrebbe essere la pratica intitolata contro-azione-1916 restituita alla Sezione o da essa ricevuta.

Alla data del 10 marzo 1920 vi è una annotazione relativa alla Sezione “M”, nel Diario di quel giorno, di un certo interesse: Fascio di Difesa Nazionale. Nel 1921 la Sezione di Polizia Militare monitorizzava l’azione antimilitarista dei Fasci “Filippo Corridoni”. Vi era anche la ricerca di possibili istituzioni che potevano dare un aiuto e un appoggio al Servizio Informazioni, come ad esempio l’Opera nazionale combattenti, con i dirigenti della quale più volte gli ufficiali dell’Ufficio “I” si incontrarono per concordare una forma di collaborazione.

Numerosi furono anche gli incontri tra il Capo del Servizio e i vertici della diplomazia ita1iana, a conferma sia della collaborazione che vi era stata sempre sia del continuo studio per organizzare anche da parte degli Esteri un servizio informazioni oltre confine, soprattutto concernente i territori d’oltremare. Anche nel 1920 fu continuo il lavoro della Sezione relativa alla stampa e alle traduzioni varie e della Sezione di Polizia Militare, con la sua attiva collaborazione con la Direzione Generale di Pubblica Sicurezza.

Il Diario storico della sezione “R” del Servizio Informazioni

Il Capo del Servizio non si fermava a Roma, sua sede ufficiale, ma faceva frequenti viaggi nelle sedi periferiche: ad esempio, il 28 marzo del 1920 il colonnello Caleffì, allora Capo dell’Ufficio, si era recato a Milano per un incontro con il Caposezione “M” e con i corrispondenti dell’Ufficio, cioè i fiduciari, coloro che appartenevano alla rete informativa.
Nel mese di marzo del 1920 fu varata una riorganizzazione interna del Servizio: infatti nell’aprile del 1920 improvvisamente compaiono nel Diario altri Uffici, incardinati sempre nell’Ufficio “I”: Segreteria, Ufficio “O” e Ufficio “E” (Colonie), che non erano mai stati citati prima.

Spesso negli incontri del Capo dell’Ufficio, sempre accuratamente annotati nelle Varie, si ritrovano, come per Balduino Caprini, i nomi di altri uffìciali dei Carabinieri Reali che avevano già operato in area mediorientale, come ad esempio il colonnello Fortunato Castoldi, che era stato in Macedonia, il capitano de Mandato, che era stato a Creta, il capitano de Bisogno: questi uffìciali continuamente si recavano presso il colonnello Caleffi e a quel che si sa erano attivi nelle varie missioni che si avevano in Grecia, a Costantinopoli, in Asia Minore.

Nonostante la fine del conflitto, continuò l’attività di ricerca di documentazione nemica, che veniva regolarmente tradotta, insieme a quella rinvenuta durante le battaglie, e che non era stata ancora visionata e analizzata. Nell’aprile 1920, in particolare, sembra che l’attività dell’Ufficio dovesse riprendere quota e nuova vitalità per lavorare ai propri compiti istituzionali, e infatti vi sono numerose annotazioni circa le informazioni sulla situazione in Tirolo, su quella in Albania.

Compare in quei giorni anche un Ufficio “N” che compilava un bollettino economico sulla Jugoslavia; l’Ufficio “E” si occupava anche della politica francese in Ungheria e la situazione politica in quella regione, mentre l’Ufficio Segreteria provvedeva a che fosse riconfermata la missione italiana in Grecia, ancora presente per riorganizzare la gendarmeria greca.

Dopo aver utilizzato per alcuni mesi, sempre e solo una o due pagine per riassumere l’attività dell’Ufficio, dal 14 aprile in poi, la sintesi del Diario si espande, occupando di nuovo tre pagine di notizie, mentre continuavano frequenti gli incontri del Capo dell’Ufficio con esponenti del Ministero degli Esteri: una attività febbrile sembrava essere stata ripresa in pieno. Intanto arrivavano all ‘Ufficio cifrari e tabelle dalle disciolte Unità, materiale cartografico di vario genere. Venne segnalato il passaggio di numerosi croati e ungheresi a Roma.

Fu ancora continuamente monitorizzata la situazione interna di vari paesi dei Balcani, con particolare attenzione all’Albania, senza tralasciare mai ovviamente una attenta sorveglianza sulla propaganda sovversiva tra le truppe: era questo un argomento sensibile in un momento di transizione, come già notato, di particolare delicatezza per la vita del Regno. L’8 luglio il colonnello Blais, ormai un professionista di lungo corso nella raccolta delle informazioni particolarmente delicate, riferiva di aver raccolto molte notizie su una possibile riunione di socialisti e repubblicani per “discutere sull’indirizzo da seguire per abbattere le istituzioni vigenti”: segno che ambedue i gruppi politici erano continuamente seguiti e probabilmente vi erano anche degli infiltra.ti per poter avere notizie così precise.

Sono riportati nel Diario anche numerosi incontri del colonnello Caleffi con il comandante Bellavita, Capo del Reparto Informazioni alla Marina: il tema dei colloqui non viene annotato, ma probabilmente alcuni degli argomenti trattati saranno stati riferiti al nuovo assetto da dare a tutto il settore della raccolta delle informazioni interne e all’estero, sulla base del progetto stilato a Parigi, che non poteva di sicuro convincere i vertici militari, i quali dovevano a loro volta predisporre un progetto di riordinamento del Servizio Informazioni. Comunque dalle notazioni che si susseguono dall’aprile, maggio 1920, si trae l’impressione che la collaborazione tra gli Uffici Informazioni della Marina e dell’Esercito fosse diventata molto più stretta che nel passato.

L’Ufficio “I” continuava nella sua espansione: per il 1° agosto 1920 era previsto l’inizio del funzionamento dell’Ufficio Statistica di Torino, organizzato proprio dal colonnello Blais. Non mancavano le notizie d’oltremare. Le informazioni arrivavano anche da Tunisi, da un ufficiale inviato in missione. La Tripolitania era ovviamente sorvegliata con grande attenzione, se per il generale Vaccai, accompagnato dal maggiore Bianchi dell’Ufficio “E”, era stato organizzato un viaggio particolare, allo scopo di avviare una indagine informativa
di carattere politico-militare in quel territorio: del resto in Libia la rete dei fiduciari era molto estesa e ramificata, essendo stato uno dei settori particolarmente curati dal Servizio/Ufficio “I” dello Stato Maggiore, nel ventennio precedente.

Nel luglio 1920 il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, ai quali continuava ad essere affidato prevalentemente il controspionaggio militare in patria, aveva varato nuove istruzioni per la Polizia Militare allo scopo di prevenire lo spionaggio militare in tempo di pace; istruzioni che furono fatte circolare tra gli organi di informazione. Gli stessi Carabinieri continuavano ad essere impiegati nell’indagine sullo spirito delle truppe, che sembrava essere ad un punto molto basso.

Si stava comunque formando a tutti i livelli una coscienza “informativa”: è infatti particolarmente interessante la testimonianza, dell’anno 1920 e seguenti, che erano iniziati dei corsi per allievi informatori, organizzati dallo Stato Maggiore dell’Esercito, ai quali venivano inviati ufficiali particolarmente brillanti o che avevano già fatto alcune esperienze negli Uffici “I” d’Armata. Questi corsi di apprendimento erano stati preceduti durante l’ultimo anno della guerra da una serie di conferenze organizzate all ‘interno dei Comandi delle Armate, per ufficiali superiori.

I cenni schematici sugli argomenti trattati nelle conferenze danno una idea di come questi corsi potevano essere organizzati: si tratta di alcuni interessanti appunti stilati alla fine di settembre del 1918 da un ufficiale della Sezione Informazioni d’Armata del Comando della III Armata: purtroppo nel carteggio presente non sono stati rinvenuti i testi eventuali di questi, che con linguaggio moderno professionale, chiameremmo briefing: sarebbero stati di grande aiuto per comprendere come andava delineandosi la dottrina riguardante tutto il settore delle informazioni.

Il ciclo di conferenze iniziava con una premessa sulla capitale importanza del Servizio Informazioni, sulla evoluzione della concezione del Servizio prima e durante il corso della guerra. Seguivano gli scopi del servizio informazioni così definiti: uno generale; uno speciale, che era poi il servizio I.T.O, i cui obiettivi erano: la situazione delle truppe, lo schieramento delle artiglierie, l’organizzazione difensiva e offensiva, i criteri di impiego, i piani dei nemici.

Erano poi indicati quali erano gli organi presso l’esercito operante: il Comando Supremo (Ufficio operazioni: situazione di guerra, Servizio Informazioni); Comando d’Armata (Sezione Informazioni: organi dipendenti e sussidiari); Comando di Corpo d’Armata: C.R.I.T.O. (Centro di raccolta I.T.O.); Comando di Divisione (C.R.I.T.O.); Comando di Brigata (C.R.I.T.O.); organi minori in linea.

Nello schema delle conferenze seguivano le fonti del servizio: fonti speciali; documenti (ufficiali o privati); fotografia (fotografia aerea e telefotografìa); osservazione diretta; intercettazioni (radiotelegrafìche e telef’oniche); interrogatori (disertori, prigionieri, fuggiaschi). Altre fonti potevano essere i mezzi e gli artifici usati dal nemico per la neutralizzazione di ciascuna fonte. Importante nella valutazione delle informazioni raccolte era la gradazione di attendebilità; erano segnalati anche i pericoli della super valutazione e della svalutazione delle fonti; veniva sottolineato l’uso del senso critico.

Nello schema vi è poi una frase particolare riguardante l’argomento: parallelo fra la ricerca storica e l’attività del personale addetto al Servizio I.T.O.; sarebbe stato interessante avere maggiori spiegazioni su questo argomento trattato nelle conferenze, soprattutto per quanto riguarda la ricerca storica, dalla quale non si può prescindere, nemmeno ai nostri tempi, per ben interpretare le informazioni raccolte, specialmente in aree lontane dal modo di pensare occidentale.

Il Diario storico della sezione “R” del Servizio Informazioni

Seguiva la divisione delle branche del Servizio e il loro funzionamento: venivano in primo luogo le fonti speciali, cioè i contatti diretti con l’esercito avversario, con il territorio occupato; seguivano i documenti sottratti al nemico, la cui caratteristica principale doveva essere quella della tempestività; i documenti dovevano poi essere tradotti, interpretati e commentati. La terza branca del Servizio era la fotografia dall’aeroplano: ne veniva trattata la sua importanza; i suoi progressi; il metodo autodidattico; i vantaggi che essa comportava rispetto ad ogni altra rappresentazione del terreno; la stereoscopia; l ‘attività di riproduzione degli elementi raccolti; gli aggiornamenti; gli schizzi. Veniva trattata anche la metodologia della ricognizione fotografica; l’importanza della fotografia aerea nella preparazione e nell’esecuzione dell’attacco: l’identificazione degli obiettivi; la preparazione del tiro di contro batteria (indici, schedari, bollettini, situazioni periodiche, carte, etc … ).

Al quarto punto veniva trattata l’osservazione diretta, sia terrestre che aerea. Seguiva il servizio delle intercettazioni telefoniche: stazioni, centri di ascolto e i loro risultati; trasmissione delle notizie intercettate. Veniva al quinto punto trattato l’interrogatorio dei prigionieri e dei disertori, dei quali bisognava per prima cosa accertare la nazionalità, se alleati o ribelli alla monarchia austro-ungarica (per quanto riguardava una parte dei Balcani). Occorreva valutare il disertore, la sua vicenda umana, la sua psicologia in un primo e in un secondo interrogatorio. Occorreva valutare la sua attendibilità. Veniva anche spiegato come si doveva compilare un verbale di interrogatorio. Sempre in questo particolare quadro di raccolta delle informazioni, era assolutamente importante accertare, da parte dell’ufficiale interrogante, quale fosse la dislocazione delle truppe nemiche, in particolare e in generale.

Il sesto argomento trattava della diffusione delle notizie raccolte, che doveva essere organizzata con pubblicazioni periodiche dell’Ufficio I.T.O. (notiziari) e occasionali e con una adeguata produzione cartografica e fotografica. In questa parte veniva anche valutata l’opera dell’Ufficio l.T.O. prima, durante e dopo una attività operativa sul terreno. Le conferenze si concludevano con un’analisi sulla organizzazione in atto del Servizio Informazioni; il suo ulteriore possibile perfezionamento; “e l’imprescindibile necessità di un più intimo senso di fiducia e di un più attivo spirito di collaborazione da parte delle truppe combattenti”.

Nella continua riorganizzazione delle truppe di terra, bisogna ricordare che l’ordinamento Albricci non aveva trattato specifìcamente la questione di questo Servizio, lasciando come sempre la questione alla competenza del Capo di Stato Maggiore, ma, effettivamente nel 1920, dopo la smobilitazione, vi era stato un riordinamento del Servizio Informativo, come si è visto dal Diario: erano state progressivamente create alcune Sezioni Statistica a Torino, a Milano, a Verona, a Trieste (che si occupava principalmente della frontiera jugoslava) e a Trento (quest’ultima agli ordini del colonnello Tullio Marchetti, che non aveva di certo lasciato il settore geografico e di competenza professionale e quindi continuava con la sua opera per monitorare l’Austria), che si interessavano particolarmente alla situazione militare in Francia, in Svizzera, in Austria, nella Jugoslavia (per il settore balcanico erano come visto ancora molto attivi i Centri di informazione I.T.O.); nel novembre del 1921 risulta attiva anche una Sezione Statistica a Susa.

Tullio Marchetti

Nelle Sezioni Statistica era stata attuata chiaramente la suddivisione tra la raccolta delle notizie a scopo offensivo e a quello difensivo. Gli ufficiali in servizio presso queste Sezioni prestavano servizio in borghese e la Sezione Polizia Militare rilasciava loro speciali tessere di identità e di riconoscimento.

Nel 1920 era ancora particolarmente attiva la Sezione “M”, di Milano, che non era stata ancora sostituita dalla Sezione Statistica: questo deve essere avvenuto verso la fine del 1920. Nel 1921, agli ordini del colonnello Cesare Bianchini, che, come sopra ricordato aveva già svolto servizio a Torino e in altri Centri, e aveva diretto la Sezione “M”, la Sezione Statistica di Milano definì meglio e riorganizzò la raccolta delle informazioni in Germania e in Svizzera, ove peraltro i vari uffici che si erano susseguiti a Milano, con varie denominazioni, avevano svolto un lungo e proficuo lavoro e avevano tessuto una ottima rete informativa.

Continuavano ad operare gli Uffici I.T.O. a Zara, a Scutari, a Trieste, a S. Giovanni di Medua per l’Albania: tutti quanti molto attivi almeno nel primo semestre del 1920. Quello albanese in particolare produceva degli interessanti Notiziari che venivano poi diramati all’Ufficio Operazioni del Comando Supremo e altri pochissimi indirizzi autorizzati a ricevere le informazioni. Il Centro monitorava con grande attenzione la situazione delle forze elleniche orientate sull’Albania, la situazione politico-militare nella stessa Albania, la situazione militare in Montenegro, Kosovo e Macedonia: in tutti questi territori, nell’anno 1920 vi furono delle elezioni politiche che venivano seguite momento per momento da coloro che raccoglievano le informazioni.

È molto interessante e istruttivo storicamente leggere queste relazioni, redatte come un’analisi della situazione corrente. Il Centro di S. Giovanni di Medua (almeno per quello che è possibile riscontrare negli Archivi) produceva dei rapporti molto accurati dal punto di vista della visione generale e particolare dei problemi apertisi in quei territori, segno che la raccolta delle in formazioni aveva iniziato a ben completarsi con la relativa analisi della situazione corrente.

Completava la struttura dell’Ufficio “I”, per quanto si è potuto ricavare dai documenti e dal Diario, la Sezione di Polizia Militare e controspionaggio, affidata in prevalenza a elementi provenienti dalle fila dell’Arma dei Carabinieri; la Sezione intercettazione e crittografia, rilevamenti aerofotografici e telefotografici. Nel 1921 compare anche una Sezione Assistenza Morale e Propaganda, mentre era stata soppressa la Sezione Stampa e Traduttori agli inizi di quell ‘anno.

Continuava ad essere attiva la raccolta anche in Tunisia, con informatori che avevano rapporti diretti anche con l’Ufficio (19 marzo 1920), andavano a prendere istruzioni alla sede, come ad esempio Carlo Crocco, residente a Tunisi; pochi giorni dopo l’Ufficio inviava al Console di Tunisi una lettera circa la missione del Crocco. Era tornato a prestare la sua opera all’Ufficio anche un veterano dell’informazione, l’ufficiale dei Carabinieri Giulio Blais, ormai giunto al grado di colonnello, al quale era stato dato appunto l’incarico di costituire la Sezione Statistica di Torino, a metà del 1920: spesso è annotata la circostanza della sua partenza per una missione riservata, non meglio specificata. È però evidente che il Blais era una delle colonne portanti del Servizio, data la sua lunga permanenza in quel settore.

Nell’ordinamento Bonomi del 1920 non si Fa alcun accenno al Servizio Informazioni, come del resto era successo nell’ordinamento Albricci e lo stesso sarebbe accaduto per l’ordinamento previsto dall’onorevole Gasparotto, nel 1921. In quell’anno venne stabilito il passaggio degli uffici dipendenti dal Capo di Stato Maggiore al Ministero della Guerra, con il decreto n. 655 del 21 aprile 1921 che aveva disposto anche per lo scioglimento della Divisione di Stato Maggiore del Ministero della Guerra: le competenze di questo Ufficio del Ministero della Guerra venivano assorbite dallo Stato Maggiore dell’Esercito che, riorganizzato internamente, tra gli altri Uffici, prevedeva un Ufficio Informazioni suddiviso in: servizio di informazioni militari in paesi all’estero, controspionaggio di polizia militare, cifrari, Addetti militari italiani all’estero; questa suddivisione corrisponde, nelle sue linee generali, a quello che si ricava dalle annotazioni del Diario.

Luigi Gasparotto

Per il 1921 vengono in aiuto le scarne, questa volta, annotazioni del Diario Storico, che ci confermano una certa organizzazione dell’Ufficio “I”, anche all’estero, ad esempio con il Centro ITO presso il Comando delle Forze di terra e di mare di stanza a Sebenico (a capo del quale era l’allora capitano Giacomo Carboni, che sarebbe divenuto nel 1939 Capo del Servizio Informazioni Militare – S.I.M.). Anche la Marina continuava ad avere la stessa organizzazione nel IV Reparto, con un Ufficio particolarmente istruito sulla raccolta delle informazioni.

Giacomo Carboni

Da una annotazione del 24 aprile 1921 sappiamo altresì che i fondi dell’Ufficio “I” erano gestiti dal Banco di Roma, presso il quale il Capo dell’Ufficio (colonnello Attilio Vigevano) o il suo sostituto, tenente colonnello Ettore Troiani si recavano personalmente, per ritirare quanto occorreva. Nel maggio del 1921 compaiono di nuovo numerose annotazioni circa i movimenti comunisti e anarchico insurrezionali: 1’8 maggio ad esempio l’Ufficio Statistica di Milano aveva prodotto un rapporto su un movimento anarchico comunista a Milano e pochi giorni prima la Sezione di Polizia Militare aveva segnalato alla Direzione Generale di Pubblica Sicurezza un movimento bolscevico-comunista e relativa propaganda.

Il 4 maggio sempre la Sezione di Polizia Militare aveva redatto un rapporto sul partito comunista italiano e sui suoi rapporti con i membri della Commissione commerciale russa a Roma. Movimenti bolscevichi, anarchici, comunisti e socialisti erano comprensibilmente sotto l’occhio attento della Polizia Militare: la gestione politica del governo era instabile e la smobilitazione continuava ad accentuare le difficoltà economiche e sociali del Regno. La stampa era particolarmente sorvegliata per evitare la pubblicazione di articoli antimilitaristi, come spesso accadeva, soprattutto sul giornale “L’Azione comunista”.

Vi erano anche dei movimenti repubblicani che si diffondevano in particolare tra i sottufficiali dell’Esercito tramite il giornale “Il risveglio italiano”. Veniva particolarmente consigliato ai Comandi d’Armata, con i loro Uffici di Polizia Militare, di sorvegliare attentamente l’eventuale propaganda in occasione delle elezioni politiche e comunque tutta l’attività dei partiti ritenuti sovversivi (21 giugno), nonché l ‘inquadramento delle forze comuniste (19 luglio) e della penetrazione della propaganda sovversiva nell’Esercito.

Nel maggio del 1921 era stata istituita dallo Stato Maggiore dell’Esercito, in collaborazione con la Marina, una Commissione ad hoc per avviare la riforma della normativa concernente la polizia militare: a questa Commissione partecipavano vari ufficiali, provenienti anche da uffici periferici istituzionalmente competenti. Numerosi furono gli incontri tra il Capo dell’Uffìcio e ufficiali della Marina, in forza al IV Reparto, non registrati precedentemente con la stessa densità: è sicuramente un segno che erano in corso studi e approfondimenti sulla questione sia sulle norme riguardanti la polizia militare, sia sull’organizzazione generale del Servizio Informazioni Militare.

Una curiosità: nel Diario del 7 giugno, tra le informazioni giunte all’Ufficio Segreteria della Sezione lnformazioni viene registrata la fondazione a Parigi di una moschea e di un istituto musulmano, segno del grande interesse che comprensibilmente si aveva in Italia verso il mondo musulmano, considerata la nostra presenza in Libia, in Somalia e la speranza che si aveva, di allargare i confini dell’influenza italiana in Medio Oriente. In quello stesso giorno venne altresì registrata la visita del Capo dell’Uffìcio, il colonnello Vigevano, al Re Vittorio Emanuele III.

Nel luglio 1921 vi è testimonianza che l’attività di raccolta delle informazioni veniva rivolta anche nei confronti dell’aviazione straniera, che progrediva rapidamente, con continui rapporti con il Comando Superiore dell’Aeronautica militare e con l’Ufficio Operazioni: alcune relazioni furono stilate relative all’acquisto di velivoli militari in Germania, da parte della Russia, tornata ad essere, come sempre, un pericolo dominante.

Considerando la grande espansione che stava avendo l’aviazione in tutte le maggiori potenze, vennero designati degli Addetti militari aeronautici in alcune sedi, così come venne annotata l’organizzazione dei servizi di controllo dell’amministrazione del materiale dell’Aeronautica: si trattava di materiali per i quali evidentemente doveva essere tenuto il segreto militare e quindi la loro amministrazione doveva essere organizzata anche con il concorso dei servizi di sicurezza. Del resto il contrabbando d’armi o di materiale militare era continuo, almeno secondo le segnalazioni che provenivano dagli Addetti militari delle maggiori capitali europee, contrabbando che aveva le sue vie più battute attraverso i Balcani e in tutto il Mar Mediterraneo.

Oltre all ‘aviazione, era progredita enormemente anche la tecnica fotografica e spesso la Sezione di Polizia Militare dovette notificare al Touring Club italiano il divieto di fotografare località di confine o di interesse militare.

Venivano ancora utilizzati su larga scala gli informatori, che inviavano rapporti e lettere alla Sezione Informazioni:· attività che viene regolarmente segnalata in dettaglio sul Diario, come ad esempio, venivano notificate, agli Uffici Statistica (o viceversa) missioni all ‘estero di informatori, non meglio identificati nel Diario. Di tanto in tanto però tra le visite fatte o ricevute dal Capo dell’Ufficio, si ritrovano nomi di persone già note durante la guerra, che erano state in rapporto con precedenti Capi dell’Ufficio, come un certo De Gaspari, che aveva svolto la sua attività per l’Italia da Montecarlo e evidentemente aveva ripreso contatto con il Servizio o non l’aveva mai troncato; o il giornalista Javicoli, spesso designato con le sole prime lettere ja.

Vengono ricevuti alcuni informatori ai quali viene invece comunicato che è più opportuno sospendere le relazioni con l’Ufficio, come ad esempio agli inizi di gennaio del 1921: anche
in questo caso la persona è indicata solo con una lettera puntata. Venivano tenute, aggiornate e regolarmente inviate in copia alla Direzione Generale della Pubblica Sicurezza le liste degli individui sospetti di spionaggio, inseriti nella lista generale interalleata.

Anche il cinematografo iniziò ad entrare nel settore di lavoro della Sezione Informazioni dell’Ufficio: il colonnello Vigevano riceveva vari personaggi che avevano a che vedere con questa nuova forma di intrattenimento e di documentazione anche militare, considerato che un ufficiale, il maggiore Nicolini (non meglio identificato) aveva realizzato nella Colonia Eritrea alcune pellicole cinematografiche, che provocarono un carteggio relativo, del quale purtroppo, almeno per ora, non si è trovata traccia. Il 3 agosto il maggiore Pugliese, della Sezione Assistenza Morale e Propaganda (Sezione comparsa a metà del 1921) conferiva con il Capo di Gabinetto del Ministro della Guerra circa la richiesta della Fox Cinematografica per ottenere 400 cavalli montati per l’esecuzione di un quadro del film “Nerone”.

Nei giorni successivi all’attenzione del maggiore Pugliese venne anche sottoposto il film “Sufficit animus”, che fu visionato da lui e dal colonnello Vigevano presso la sala privata della Elios Film: l’assistenza morale e la propaganda a mezzo pellicola andavano però anche di pari passo con l’inizio di una forma di censura preventiva, almeno per quanto riguardava film e documentari di soggetto militare. Allo stesso tempo furono stipulati accordi con l’Istituto della Storia del Risorgimento per l’acquisto di alcune pellicole da proiettare nelle varie Case del Soldato sparse per l’Italia: l’assistenza morale pensava anche al divertimento istruttivo del militare.

L’ordinamento dell’Esercito del 1921 aveva istituito un Consiglio dell’Esercito, che avrebbe dovuto in teoria essere messo al corrente e quindi essere messo in grado di pronunciarsi su tutte le questioni concernenti le forze di terra (così come il Consiglio degli Ammiragli, sempre istituito dall’ordinamento del 1921, avrebbe dovuto avere la stessa funzione per le forze di mare). Nell’agosto 1921 la Segreteria della Sezione Informazioni iniziò a inviare rapporti e relazioni come quella redatta da ufficiali informatori in Tunisia, la cui piazzaforte di Biserta era di grande interesse anche per il IV Reparto della Marina, che scambiava continuamente informazioni al riguardo con il corrispondente organo dell’Esercito.

L’Ufficio I.T.O. (informazioni Truppe Operanti) Albania continua a produrre notiziari, anche dopo la fine del conflitto

Nel settembre 1921 le Varie riportano che il generale Odoardo Marchetti incontrava varie volte il colonnello Troiani, in quel periodo facente funzioni di Capo Ufficio, ma il Diario non dà i dettagli della ragione degli incontri, che non potevano essere di pura cortesia, dato il numero, ma che erano probabilmente connessi all’attività di studio sulla riorganizzazione dei Servizi Informativi Militari: il Marchetti, in qualità di ex Capo del Servizio Informativo del Comando Supremo doveva partecipare attivamente alla preparazione della struttura di un nuovo organo.

Il 19 ottobre 1921 l’Ufficio “I” dello Stato Maggiore dell’Esercito, sempre inquadrato nell’Ufficio Operazioni, lasciava i locali di Palazzo Baracchini per trasferirsi presso il Palazzo del Ministero della Guerra. L’attività generale proseguiva con i soliti ritmi riguardanti la distribuzione dei cifrari, il controspionaggio con arresto di spie sul territorio italiano, di grande attenzione all’organizzazione dello spionaggio austriaco in Svizzera; in particolare veniva monitorata da vicino una associazione terroristica reazionaria tedesca in Trentino e nelle zone circostanti.

Continuava la normale analisi della stampa estera e la raccolta dei dati sugli eserciti e le marine straniere. Continuava anche il regolare invio di rapporti e relazioni, con un indirizzo in più, quello del Primo Aiutante di Campo di Sua Maestà il Re, che precedentemente non era mai comparso ufficialmente, poiché era solamente il Capo di Stato Maggiore ad avere diretti contatti ufficiali con la Casa Militare reale. Peraltro il 5 gennaio 1922 venne diligentemente annotato il fatto che la Direzione compartimentale dei Servizi Elettrici aveva installato un apparecchio telefonico, che metteva in contatto l’Ufficio con quella Autorità militare.

In questi anni furono numerose le commissioni istituite a livello internazionale per la delimitazione delle frontiere, conseguenti ai cambiamenti territoriali apportati dal conflitto e dal Diario appare intensa la corrispondenza tra l’Ufficio “I” e le Segreterie di quelle commissioni delle quali facevano parte uno o più ufficiali italiani. Anche per i primi dieci mesi del 1922 l’attività continuò come per il passato, con notevole attenzione dedicata al dinamismo dei socialisti e comunisti.

Il Capo dell’Ufficio fece tra il 23 dicembre 1921 e il gennaio 1922 una lunga missione in Sardegna, ove incontrò le massime autorità militari dell’isola: lo scopo della missione riservata di visite del colonnello Vigevano, doveva essere stata compiuta in vista della istituzione di qualche centro di raccolta informazioni, perché in effetti né dal Diario né dal carteggio esistente, la Sardegna sembra essere stata mai oggetto di attenzione per la raccolta di informazioni militari o per attività di controspionaggio. Nell’aprile fece invece una analoga lunga missione in Liguria, incontrando come al solito molte autorità militari.

Le Sezioni Statistica erano attive, dimostrando la loro vera funzione, se pure vi era qualche dubbio; operavano in piena attività monitorando la situazione locale e riferendo continuamente al centro: anche le mosse di D’Annunzio venivano attentamente seguite, giungendo a ipotizzare ai primi di gennaio una possibile intesa  on Lenin! Anche nei primi mesi del 1922 sono continui gli incontri tra rappresentanti del IV Reparto della Marina, ll colonnello Vigevano e i loro collaboratori. Il tema della organizzazione e strutturazione dei Servizi Informazione all’estero compare molte volte nel Diario, ma fino ad oggi, nonostante ricerche fatte, non è stato ancora possibile rintracciare il carteggio relativo.

Il 7 febbraio 1922 il maggiore Marconi, collaboratore del colonnello Vigevano, riceveva un tal signor Piacentini, indicato come il segretario di Don Sturzo. Invece tra le visite varie che si succedettero in quel mese e nei successivi si notano quelle del maggiore Hazon, comandante della Compagnia interna di Roma dei Carabinieri.

Dalla fine di febbraio, il Diario diventa nuovamente molto molto sintetico: annota la normale attività che era sempre stata fatta, ma con minori voci, tanto che spesso basta una singola paginetta per una giornata. L’Ufficio “I” rimaneva sempre incardinato nel Reparto Operazioni. Le voci sono sempre le solite e si ripetono in modo seriale. La Sezione di Polizia Militare collaborava con i servizi di informazione francesi, arrivando al sequestro di alcuni documenti diretti al rappresentante commerciale della repubblica georgiana in Costantinopoli, del quale si temeva la propaganda bolscevica.

Tra le numerose visite che venivano fatte al Capo dell’Ufficio, si ritrovano i nomi di vari ufficiali che erano stati addetti a Servizi Informativi d’Armata, quale ad esempio quello dell’ormai maggiore Francesco Cottafavi, già noto per la sua attività da capitano nel settore durante il primo conflitto mondiale, che nel 1922 confer1 varie volte con il colonnello Vigevano. In quel periodo nulla di particolare veniva annotato che non fosse nel quadro della normale routine di lavoro: controspionaggio, attenzione per le reclute ritenute sovversive, monitoraggio dei confìni e dell’attività di informazione dei paesi confinanti, attività delle truppe di quegli stati, specialmente al confine con la Jugoslavia.

Compaiono però in questo periodo, giugno-agosto 1922, anche molte richieste di notizie sulla questione dell’ordine pubblico alle Sezioni Statistica, che precedentemente non erano state fatte con la stessa intensità. Gli informatori erano sempre attivi nella loro collaborazione con l’ Ufficio e ne venivano alcune volte riportati i nomi. Per l’ottobre 1922 le voci annotate rimangono sempre le stesse. ln particolare si può notare che il 6 ottobre la seconda Sezione, quella di Polizia Militare, richiese alla Divisione dei Carabinieri di Genova la copia di un opuscolo Fascismo e Romanesimo.

Mappa dell’Istria risalente al periodo della Prima Guerra Mondiale

Il 28 ottobre l’Ufficio richiese a tutti i Comandi di Corpo d’Armata, Uffici di Polizia Militare, notizie sulla situazione dell’ordine pubblico in Italia. Il 29 ottobre, tra le varie visite che il colonnello Vigevano ricevette, è annotata quella del commendatore Lipman, Capo Direttorio fascisti di Palazzo Bristol. Per le varie Sezioni di quel giorno l’unica voce annotata è N .N., cioè nessuna attività. Il 30 ottobre il Vigevano ebbe una intensa attività di incontri con tutti gli alti gradi dell’Esercito e con i Capi Ufficio di vari reparti dello Stato Maggiore. Le sue Sezioni annotarono una normale attività, anche se in tono minore. ll 31 ottobre vennero riportate pochissime voci. A quella data il Diario termina.

L’ordinamento Diaz emanato con il Regio Decreto n. 12 il 7 gennaio del 1923 avrebbe avuto ancora carattere di provvisorietà, anche se fu attivo per qualche anno. In questo quadro era stata creata una Commissione Suprema mista di Difesa, con membri civili , che aveva come scopo dichiarato di curare la predisposizione e l’organizzazione delle attività nazionali e dei mezzi, soprattutto economici, necessari alla guerra. Quel che sembra sicuro
è che non si occupò mai di riorganizzare in genere il Servizio Informazioni Militare, per il quale però gli studi e i progetti redatti continuavano a far lavorare gli uffici addetti.

Maria Gabriella Pasqualini

*Maria Gabriella Pasqualini

 (Roma, 26 marzo 1944) è  una storica e accademica italiana.

Laureata nel 1966 in Scienze Politiche nella Università di Roma, ha insegnato per 40 anni, dapprima “Storia e Istituzioni dei Paesi afro-asiatici” nell’Università di Perugia e poi “Storia e Istituzioni dell’Africa Mediterranea e del Vicino Oriente” in quella di Palermo (ad eccezione di una parentesi decennale 1974-1984 per Servizio all’estero presso il Ministero degli Affari Esteri).

È docente alla Scuola ufficiali carabinieri a Roma, dove risiede.

Specialista di Storia dei servizi segreti italiani, ha pubblicato un corpus di studi di cinque volumi, riguardanti la storia dei Servizi Segreti italiani militari e civili, per il SISMI, per l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna e per l’Agenzia informazioni e sicurezza interna.

I suoi studi sulla storia dell’intelligence italiana sono disponibili anche sul sito del Dipartimento delle informazioni per la Sicurezza DIS.

  • È stata vicepresidente del Comitato Consultivo del Capo di stato maggiore della difesa per il Servizio Militare Volontario Femminile dal 2000 al 2007 al Ministero della Difesa.
  • Direttore Scientifico di osservatorioanalitico.com
  • Vice Direttore del giornale on-line The HorsemoonPost.
  • Membro del Comitato Scientifico della Fondazione Giuseppe e Marzio Tricoli.
  • Membro della Società italiana di storia militare.
  • Premio Nazionale Universo Donna (2001).

Opere

  • L’Italia e le prime esperienze costituzionali in Persia (1905–1919), Napoli – Perugia, ESI, 1992.
  • Gli equilibri nel Levante. La crisi di Alessandretta 1936–1939, edito da IlaPalma – Edizioni Associate, Palermo, 1995.
  • Il Levante, il Vicino e Medio Oriente. Le fonti archivistiche dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, SME, Ufficio Storico, Roma,1999.
  • Le missioni all’estero dei Carabinieri 1855-1935, Ente Editoriale Arma dei Carabinieri, Roma, 2001.
  • Le missioni all’estero dei Carabinieri 1936-2001, Ente Editoriale Arma dei Carabinieri, Roma, 2002.
  • Operazione Vespri Siciliani, coautore con Giancarlo Gay, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, con Introduzione del Ministro della Difesa, Roma, 2003.
  • Uomini in Uniforme, coautore con Giancarlo Gay, Rai-Eri-Roma, 2004.
  • L’Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1943. Speranze e realtà, Roma, Stato Maggiore Esercito, Roma, 2005.
  • “Problematiche costanti nel servizio di informazione militare italiano dal 1861 al 1949”, in: Storia dello spionaggio, a cura di Tomaso Vialardi di Sandigliano e Virgilio Ilari, Savigliano, 2005.
  • Soldato per scelta. La tradizione del volontariato militare in Italia dal 1861 ai nostri giorni, Roma, Stato Maggiore Esercito, 2006.
  • Carte segrete dell’intelligence italiana. Vol. I: 1861-1918, Ministero della Difesa – RUD- Roma, 2006, (Prefazione Ministro della Difesa).
  • Carte segrete dell’intelligence italiana Vol. II: 1919-1949, Ministero della Difesa – RUD- Roma, 2007, (Prefazione Ministro della Difesa).
  • L’intelligence italiana dal 1949 al 1977, AISI, De Luca Editore, Roma, 2011.
  • Breve storia dell’organizzazione dei Servizi d’Informazione della Regia Marina e Regia Aeronautica. 1919-1945, Roma, 2013, 300 pagine, Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Difesa, Ministero della Difesa e Commissione Italiana di Storia Militare. .
  • Carte segrete dell’intelligence italiana Vol. III, IL SIM negli archivi stranieri, Stato Maggiore Difesa, Ministero della Difesa. 2014.

 

Questa voce è stata pubblicata in Senza categoria. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento