a cura di Cornelio Galas
di Maria Gabriella Pasqualini *

Maria Gabriella Pasqualini
Questo volume riguarda un periodo particolarmente interessante della storia italiana, dal 1919 al 1949, che ha visto un regime dittatoriale, una guerra devastante e il recupero della libertà e della democrazia, al prezzo assai elevato di una distruzione morale ed economica, dalla quale alcuni politici di grande statura hanno fatto risorgere il territorio e la sua popolazione.
Nel periodo post bellico, con la sconfitta del Partito Comunista Italiano nelle elezioni del 1948 -quindi esorcizzata la grande paura delle democrazie occidentali di uno schieramento italiano a favore di Mosca- e con l’entrata nel Patto Atlantico e nelle Nazioni Unite dell’Italia, molto lentamente la situazione, come è noto, cambiò in modo abbastanza radicale, anche se dal punto di vista finanziario Roma continuò a necessitare di un forte aiuto economico dagli Stati Uniti per la ricostruzione della società civile ed economica.
La componente militare del paese, però, subiva ancora, sia internamente sia all’estero, l’influenza negativa degli avvenimenti bellici, perché era difficile dimenticare, a livello internazionale, oltre che nazionale, come l’ Italia era entrata in guerra e come aveva condotto il conflitto, collezionando più sconfitte che vittorie.
Solamente nel 1947 fu possibile costituire il Ministero della Difesa e ricostituire dopo due anni, questa volta concretamente, un Servizio Informazioni lnterforze, uscendo totalmente dalla tutela anglo-americana, avendo l’ Italia aderito all’Alleanza Atlantica e essendo entrata, relativamente dopo poco tempo, come membro alle Nazioni Unite a pieno titolo e con piena sovranità.
Non era stato facile riaccreditarsi presso il gran consesso internazionale, ma ebbe partita vinta l’indirizzo di De Gasperi, che cercò di attuare una politica di “normalizzazione”, e la forza della Democrazia Cristiana, che aveva vinto le prime libere elezioni politiche. La frontiera di Gorizia, del Sabotino e tutta la zona circostante rimasero così la frontiera più “sensibile”, la “soglia”, da proteggere contro una possibile infiltrazione di elementi comunisti: l’Italia doveva essere messa in grado di consentire una seria difesa al possibile pericolo sovietico. La scelta “atlantica” era stata fatta con notevole pragmatismo politico e le Forze Armate beneficiarono, pur se con qualche difficoltà e alcune lentezze, della collocazione “occidentale”.
L’obiettivo del volume è quello di presentare in modo organico la storia degli ordinamenti del S.I.M. nel tempo; Servizio che ebbe una difficile riorganizzazione, soprattutto per quello che riguarda il periodo della Resistenza. Lo studio che segue non ha quindi come scopo di illustrare il lavoro svolto dal Servizio Informazioni Militare, soprattutto nell’arco di tempo che va dal 1943 al 1945, anni in cui l’Italia si è liberata dal regime fascista e dall’occupazione nazista. L’attività svolta in quel difficile periodo richiederebbe da sola un volume, per tutte le missioni e le operazioni che furono organizzate e svolte con grande rischio personale da parte di tutti coloro che vi parteciparono.
Non sono molti i documenti strettamente militari ai quali fare riferimento perché la gran parte di essi furono distrutti; molti furono presi dai tedeschi, durante l’occupazione di Roma, e portati a Berlino e altri furono rilevati dai Comandi anglo-americani. Quando Berlino fu occupata, i sovietici a loro volta si impadronirono di molti archivi nazisti (tra i quali si trovavano sicuramente anche documenti italiani), trasferendoli a Mosca.
I documenti del S.I.M., ai sensi dell’art. 3 del cosiddetto “armistizio lungo” di Malta, dovrebbero essere stati consegnati o messi a disposizione delle Nazioni Unite, tramite le Autorità anglo-americane: almeno così risulterebbe, ma l’autore non conosce, per ora, l’effettiva consistenza della consegna. Per quanto riguarda il presente studio, sono state consultate le carte dell ‘Archivio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito e i documenti americani (National Archives and Records Administration – NARA), relativi alla corrispondenza e alle schede della divisione dell’intelligence militare americana, che riguardano le condizioni generali, politiche, economiche e militari dell’Italia nel periodo 1918-1941: MID Record Cards 2062, 2657-E, 2022, 2086 e 2115, 2125, 2665; Records Group (RG) 165, 226, in particolare, anche se una ancora più approfondita ricerca deve riguardare molte altre serie di documenti.
Poter consultare questi documenti ha permesso all’autrice di colmare alcune lacune nella ricostruzione degli ordinamenti successivi o degli studi che venivano fatti, con relative annotazioni, sulle possibili trasformazioni del S.l.M. in organo interforze, che come tale sembrava essere stato istituito nel 1925 e che invece fu in realtà, fino al conflitto, l’ente informativo della Forza terrestre. È uno studio affascinante che merita ulteriori approfondimenti, soprattutto per il periodo 1930-1939, quando la documentazione è piuttosto scarsa e comunque suddivisa, quella presente negli Archivi, in vari rivoli.
Solamente uno studio a tappeto di documenti inglesi e soprattutto americani, può far arrivare a ricostruire un quadro completo non solo degli ordinamenti del S.I.M., ma anche dello sviluppo nella ricerca dell’informazione, la valutazione della fonte, l’analisi della notizia per procedere a inquadrare il più possibile coerentemente e correttamente una certa situazione.
Non sono state fatte ricerche nell ‘Archivio Centrale dello Stato per due ordini di motivi: “Ho preferito – dice l’autrice – dedicarmi ai documenti militari peraltro in parte non esplorati, ritenendo che ancora molto c’era da leggere e da ricostruire in base alle fonti militari; per a ltre notizie relative a Servizi informativi civili, mi sono basata su alcuni studi, quali quelli di Canosa, Franzinelli e Canale che hanno a lungo studiato i documenti dell’O.V.R.A. e del Ministero dell’Interno”.
“Particolarmente utile – secondo Maria Gabriella Pasqualini – è stato lo studio del generale Ambrogio Viviani, spesso citato, per la conferma di alcuni nodi organizzativi piuttosto complessi: purtroppo nel suo studio non sono indicate le fonti documentali. Rispetto alla sua ricerca, ho privilegiato lo studio dell’attività difensiva del S.l.M.,quale sia stata la sua denominazione ufficiale, riscontrando che, a parte volumi sulle missioni, non molto era stato scritto. Ho ridotto le note archivistiche e quelle di riferimento ai volumi, al minimo, per non appesantire la narrazione, mentre ho cercato di dare spazio all’iconografia, che ho scelto personalmente, ritenendola parte importante di un lavoro di studio e di ricerca”.

generale Ambrogio Viviani
E ancora : “Non ho voluto sottolineare alcune meschinità e miserie umane, che pure si sono avute, né retoricamente esaltare quanto è stato fatto. Come in tutta la società umana, civile e militare, vi è chi si è distinto per coraggio e senso dell’onore e chi ha sentito meno questi valori o li ha completamente trascurati. Ho preferito ricordare – conclude Maria Gabriella Pasqualini nella sua introduzione – solo quanto di buono fu fatto per permettere agli italiani il recupero di una sovranità territoriale e di una libertà personale e di idee. Considero questa ricerca solo come un primo ‘scavo’ in direzione di uno studio scientifico su alcuni aspetti, per ora solo ordinativi, dell’informazione militare in Italia”.
L’idea di un Servizio di Informazioni Militare centrale
Il 3 novembre 1918 a Villa Giusti, della cui sicurezza fu incaricato propr1o il Servizio informazioni del Comando Supremo, venne firmato l’armistizio fra le Potenze alleate ed associate e l’Austria-Ungheria: sarebbe entrato in vigore alle ore 15 del 4 novembre, proprio nel giorno in cui l’Esercito Italiano entrò in Trento. Il documento constava di due Protocolli, il primo, con le clausole d’armistizio e il secondo, con i particolari e le clausole di esecuzione dello stesso.
Tra i rappresentanti del Comando Supremo presenti a lla firma, per il Regno d’Italia, vi era anche il colonnello Tullio Marchetti. L’ufficiale era stato scelto da Diaz in persona, proprio per la sua nota conoscenza del Trentino e del Tirolo e quindi avrebbe potuto, con cognizione di causa, gestire le trattative relative alla situazione della regione. Le condizioni
dell’armistizio erano state messe a punto a Parigi dal Consiglio interalleato, in accordo sia con Diaz che con il Capo del Governo Orlando.
Il giorno 5 novembre un comunicato ufficiale del Regno dichiarava che, nonostante la firma dell’armistizio con l’Austria-Ungheria, l’Italia, avrebbe continuato a combattere contro le forze tedesche che ancora resistevano in armi, aprendo un fronte contro il fianco meridionale della Germania, che non risultava ancora fortificato. Pochi giorni dopo però, anche la Germania dovette chiedere l’armistizio che fu firmato a Rhétondes l’ 11 novembre 1918 e si iniziarono così uffic1almente le trattative per la pace a Versailles.

Da sx in piedi: Mario Scottoni, Arturo Castelli, Antonio Piscel, Tullio Marchetti (Capo dell’ufficio informazioni (ITO) della 1a Armata a Verona), Silvio Prato, Antonio di Soragna; seduti C. “Finzi” Pettorelli Lalatta, Livio Fiorio (foto Museo Guerra Rovereto)
L’Impero austro-ungarico non era solo vinto: scompariva, come era scomparso quello zarista e come sarebbe fìnito il tedesco e l’ottomano, in brevissimo tempo. Bene annota Odoardo Marchetti, omonimo del precedente: “il Comando Supremo italiano sperava e prevedeva l vittoria, non la distruzione dell’Impero austro-ungarico”. La fine di una costruzione statuale secolare faceva prevedere momenti di grande turbolenza nel settore.
Infatti, concluso il conflitto, il lavoro del Servizio Informazioni non era assolutamente finito, in quanto era ancora aperto, oltre al fronte tedesco, quello balcanico. E poi soprattutto occorreva sostenere il delicato periodo post bellico, reso ancora più problematico con il rientro degli ex prigionieri e con l’influenza delle nuove teorie bolsceviche che dilagavano dalla Russia. Inoltre occorreva organizzare la raccolta delle informazioni nell’Istria, in Tirolo e nella Carinzia, in base a istruzioni che erano giunte dagli Alti Comandi pochi giorni prima della firma dell’armistizio.
Come ricorda Tullio Marchetti, il Servizio Informazioni della 1^ Armata non aveva più un nemico e si dedicò allora alla r1cerca di documenti militari che l’ex nemico aveva abbandonato sul posto, per tradurli, collazionarli e sulla base anche di questi, compilare i rapporti finali da inviare al Comando Supremo.

Pagina finale dell’armistizio di Villa Giusti
Il 14 novembre l’Ufficio “I” si trasferì da Verona a Trento. Nel dicembre del 1918, l’uffìciale, in seguito ai numerosi cambiamenti sopravvenuti in quei due mesi, quando le grandi Unità ebbero una sede fissa, decise di creare degli stabili C.R.I.T.O., cioè i Centri di
Raccolta Informazioni delle Truppe Operanti. Il 16 settembre 1919 fu sciolta la 1^ Armata; l’Ufficio “I” passò al Comando della Zona Militare di Trento, mutando il suo nome in Ufficio Informazioni della Zona di Trento, sempre agli ordini di Tullio Marchetti. L’Ufficio continuò a sviluppare nella zona balcanica una rete di fiduciari “grazie ai quali le relazioni fra Mosca, Budapest, Vienna, e Milano per il tramite del Partito Comunista viennese, erano a noi note e consentirono all’On. Nitti, Presitdente del Consiglio, di studiare e adottare a ragion veduta i provveoimenti idonei per tutelare la sicurezza dello Stato”.

Tullio Marchetti
In effetti, a mano a mano che le ostilità si riducevano, un certo tipo di lavoro del Servizio Informazioni Militare non era più necessario, mentre occorreva rafforzarlo e ampliarlo in altre direzioni, anche se rimaneva sempre, come scopo principale, la conoscenza degli eserciti stranieri, compresi i dati reali della forza, i loro piani di mobilitazione e di fortificazione. La guerra era fìnita, ma l’esigenza della conoscenza della forza degli “altri” rimaneva una esigenza prioritaria di un Servizio Informazioni Militare.

Il colonnello Camillo Caleffi, Capo dell’Ufficio Informazioni Militare dal dicembre 1919 al febbraio 1921, invia La copia “riservatissima” di un notiiario sull’Albania all’Ufficio Operazioni
La Sezione “R” di Roma- Sezione del Servizio Informazioni del Comando Supremo-, con il suo Diario Storico ancora una volta fornisce il filo conduttore di almeno una parte di quanto attuato dal Servizio Informazioni fino al 31 dicembre 1918, per poi iniziare il 2 gennaio 1919 con l’intestazione “Diario Storico Militare dell’Ufficio Informazioni dello Stato Maggiore del Regio Esercito”, secondo il nuovo ordinamento. Però nella stessa raccolta e con le stesse modalità continuò a confluire in quel Diario anche quello della Sezione “R”‘, che evidentemente continuava la propria opera, nel quadro più ampio dell’Ufficio Informazioni, ma sempre come Sezione del Servizio Informazioni presso il Comando Supremo, fino a quando questo fu definitivamente sciolto il 1° gennaio 1920.
Nei mesi di novembre e dicembre 1918, il Diario della Sezione “R” dimostra che il Bollettino economico continuò ad essere prodotto e circolato ai normali indirizzi ai quali era stato inviato fin dagli inizi della sua redazione e inserito nella raccolta, essendo appunto l’analisi della situazione economica, con relativa raccolta delle informazioni, uno dei compiti specifici della Sezione.
Gli indirizzi previsti di invio dei bollettini erano stati ed erano rimasti anche dopo l’armistizio8′ : Comando Supremo, Ufficio Affari Generali; Comando Supremo, Ufficio Operazioni; Sezione italiana presso il Consiglio Superiore di Guerra interalleato; Stato Maggiore del Maresciallo Foch; Comitato Centrale per gli approvvigionamenti; Comitato Italiano presso la Commissione Centrale interalleata; Ministero dei Trasporti, Commissariato Generale per le munizioni; Ministero della Guerra, Divisione servizi logistici e amministrativi; Governo del la Tripolitania; Uffici d’Informazione d’Armata; Comando del Terzo Corpo d ‘Armata, Ufficio Informazioni; Capo del Centro raccolta informazioni di Parigi; Capo del Centro di raccolta informazioni di Londra; Stato Maggiore Generale dell ‘Esercito francese; Missione militare britannica; Addetto militare presso l’ambasciata degli Stati Uni ti a Roma; i Ministeri: dell’Industria, del Commercio e del Lavoro, dell’Agricoltura, della Marina, del Tesoro, delle Finanze, dell’Interno; onorevole Gallenga del Ministero dell’Interno; onorevole Luzzatti, Ministro di Stato; Ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti: Gabinetto e Ufficio legislativo; Commissario Generale per l’Aeronautica; Ministero per gli approvvigionamenti e i consumi; Commissione per lo studio del passaggio dallo stato di guerra allo stato di pace, quest’ultimo indirizzo aggiunto però solo nel settembre 1918.
Venivano altresì redatti i cosiddetti notiziari politico-militari inviati ad un gruppo ristretto di indirizzi: al Gabinetto del Ministero dell’Interno, per la Direzione di Pubblica Sicurezza e per l’Ufficio censura telegrafica internazionale; per l’Ufficio Speciale di investigazioni di Roma; per il Capo dei Centri di raccolta di informazioni di Parigi, Madrid, Londra, Berna; per la sezione “U” e per la sezione “M”.

Copia dei notiziari della Sezione “R” del Servizio Informazioni, con La firma autografa del Capo del Servizio colonnello Odoardo Marchetti
Questi erano dei notiziari molto riservati, sicuramente la parte più delicata dell’opera di controspionaggio. In questi notiziari dal 1916 in poi venivano segnalati nomi di coloro che potevano essere sospetti di spionaggio; che erano stati arrestati per lo stesso reato; venivano fornite notizie sui familiari di persone sospette, su elementi sorvegliati o da sottoporre a sorveglianza. Erano sempre firmati dal Capo dell’Ufficio, il colonnello O. Marchetti, anche sugli esemplari inserti nel Diario; molte volte la firma era messa a matita, ma è quella inconfondibile del Marchetti.

Angelica Balabanoff
Inizia nel 1917, ma si fa sentire con maggiore pressione nel 1918, il problema connesso alla diffusione delle idee bolsceviche sia tra i civili, sia, a maggior gravità, nelle truppe. Personaggi quali Angelica Balabanoff erano sotto attenta e continua sorveglianza: ad esempio per il 2 novembre 1918 la Sezione segnala che la bolscevica Balabanoff è latrice di ingenti somme destinate per la propaganda in Italia. Anche nei notiziari riservati molte volte ricorre il nome della Balabanoff o di altri individui sospetti di propagandare idee bolsceviche, per segnalarne con accuratezza movimenti e azioni sospette.

La pagina del Diario Storico della Sezione “R” riguardante l’incontro del Capo Sezione con l’omologo americano per discutere sulla propaganda bolscevica in Italia
Questo era un problema considerato molto delicato per l’ordine pubblico: il 7 novembre 1918 il Diario registra che il Capo Sezione si era recato nella mattinata in visita dal Presidente del Consiglio, su invito dello stesso, per parlare dell’attività sospetta svolta da alcune banche e nel pomeriggio aveva partecipato ad una riunione con i responsabili dei vari Uffici di informazione e investigativi, con l’intervento dello stesso Direttore Generale della Pubblica Sicurezza e del ministro Paolucci de’ Calboli, del Ministero degli Esteri, sotto la presidenza dell’onorevole Bonicelli allo scopo di esaminare la questione della diffusione in Italia delle idee bolsceviche e provvedere alle necessarie predisposizioni per prevenirne l’ulteriore diffusione; questo sentito e forte impegno sulla circolazione di tali idee provenienti dalla Russia, non più zarista, è ricordato nelle memorie sia di Tullio sia di Odoardo Marchetti e ben si riscontra nelle varie voci sull’argomento che vengono annotate molte volte sul Diario.
Un lavoro coordinato di accurato monitoraggio sia sul morale dei prigionieri sia sulla circolazione delle idee rivoluzionarie attendeva il Servizio. Di nuovo il 16 novembre, sempre nel 1918, venivano comunicate alla Sezione “M” informazioni sulla propaganda bolscevica e relativi mezzi di corrispondenza tra la Svizzera e l’Italia, attraverso la frontiera di Chiasso. Per il giorno successivo è riportato un contatto con l’Addetto militare dell’ambasciata degli Stati Uniti a Roma, circa la propaganda bolscevica, così come era stata registrata nello stesso giorno la ricezione da Berna di pubblicazioni sul bolscevismo, argomento dunque ormai divenuto giornaliero nell’attività in formativa.
Ancora: il 25 novembre 1918 venivano comunicate al Ministero dell ‘Interno, all’Addetto militare dell’ambasciata di Francia a Roma, alla Missione militare britannica, all’Addetto militare americano, dettagliate informazioni sullo stato della propaganda bolscevica in Svizzera e in Italia. Anche nel corso degli anni successivi l’attenzione alla propagazione del
bolscevismo sarà tenuta molto alta e non solo con notizie dall’Italia. Infatti il Centro di Berna continuava ad essere molto attivo, soprattutto su questo argomento; anche il Centro di raccolta di Cristiania era molto attento alla questione, così come il governo della Norvegia, che nei primi giorni del dicembre 1918 aveva preso alcune misure contro questa ideologia politica, la quale minacciava di divenire il nemico numero uno dell’Europa che si considerava liberale e democratica, una volta terminata la guerra.
Il Centro di Parigi non era da meno e comunicava in abbondanza notizie circa la diffusione del bolscevismo sul territorio francese, con particolari sui pericoli reali che questa propaganda valicasse le frontiere. Anche in Scandinavia vi era una notevole attenzione al problema, almeno a quanto veniva riferito a Roma.
Indubbiamente il problema della propaganda delle idee comuniste che avevano vinto in Russia e addirittura fatto cadere il secolare impero zarista, si presentava per tutti gli alleati e lo sarebbe stato anche alla fine della seconda guerra mondiale, quando le potenze democratiche dovettero fare i conti con l’espansionismo stalinista, che aveva ripreso in pieno la politica estera zarista di longa manus sui Balcani, oltre che di penetrazione nell’Asia centrale.

Samuel Hoare
Alla fine del 1918 il Capo della Sezione “R” di Roma, all’epoca il tenente colonnello Ettore Troiani, ebbe un incontro con un capitano della Missione americana, Ayres Uterhart, che aveva avuto incarico di studiare proprio per conto del Servizio Informazioni la questione della propaganda bolscevica, almeno a quanto annotato sinteticamente nelle VARIE di quel giorno. Pochi giorni dopo, viene segnalato ancora un incontro del Capo dell’Ufficio con un tenente colonnello inglese sempre sullo stesso problema del bolscevismo: l’ufficiale straniero era Samuel Hoare, ufficiale dell’intelligence britannica in Italia, lo stesso Sir Samuel Hoare, ambasciatore della Gran Bretagna a Madrid, nel 1943, che per primo ricevette l’emissario italiano del governo Badoglio, il generale Castellano, sulla sua via verso Lisbona, per incontrare ufficiali anglo-americani e chiedere l’armistizio.
Hoare aveva lasciato l’Italia il 5 gennaio 1919 e prima di partire aveva fatto, come prevedeva la consuetudine, una visita di commiato al Capo dell’Ufficio “T” dello Stato Maggiore: la Missione militare britannica fu sciolta il 10 gennaio 1919, come diligentemente annotato nel Diario. Molte erano le notizie che provenivano dai Centri di raccolta di Buenos Aires e altri Centri di informazioni minori dell’America Latina, dove le comunità italiane erano già piuttosto consistenti. Molto attivo in questo periodo fu anche il Centro di Madrid, a giudicare dalle informazioni inviate e registrate nell’attività giornaliera dell’Ufficio.

Camillo Pavan, 2001 – I prigionieri italiani dopo Caporetto
Altro problema che il Servizio dovette controllare da vicino fu proprio quello del rientro dei soldati ex prigionieri. Scrive Odoardo Marchetti “che bisognava pure aiutare a regolare l’afflusso disordinato degli ex prigionieri nostri, fuggiti dai campi di concentramento austriaci, e a stabilire la sorveglianza e i mezzi per combattere e neutralizzare le teorie bolsceviche, che hanno facile attecchimento e diffusione nel rilassamento generale che subentrando, per reazione, alla grande tensione di spiriti, che aveva preceduto e facilitato la vittoria. L’11 novembre (1918) ben 25 ufficiali del servizio “I” venivano ripartiti nei campi degli ex prigionieri rientrati dall’Austria…”.
Gli interrogatori erano importanti non solo per stabilire le modalità della caduta in prigionia, ma anche per controllare il morale di questi individui e la loro reazione a quello stato, quando avrebbero potuto essere facile preda di qualsiasi tipo di idea sobillatrice e sovversiva. Infatti è questa una attività continua e importante che il Diario Storico della Sezione riporta, appunto quella, costante in quel periodo, dell’interrogatorio degli ex prigionieri di guerra rimpatriati, per ottenere ulteriori notizie sul nemico e soprattutto per saggiare umori e intenzioni di coloro che avevano patito una prigionia e spesso potevano avere sentimenti di rancore verso lo Stato e essere stati avvicinati da attivisti bolscevichi che li avevano convinti delle loro idee: quindi costoro rientrando in patria, avrebbero potuto rappresentare un serio pericolo per la sicurezza del Regno.
Durante tutto il conflitto erano stati molto attivi – e anche nel periodo successivo all’armistizio di Vllla Giusti lo furono – i Centri informativi in Albania: l’armistizio con la Bulgaria firmato il 29 settembre 1918 e la ritirata dell’esercito austro-ungarico avevano permesso all’Esercito Italiano di avanzare verso Durazzo e Scutari e raggiungere anche Tirana.
Verso la fine della guerra, l’Italia aveva dunque occupato quasi tutto il territorio albanese e a Durazzo si costituì, favorito dal Regio Governo, un governo provvisorio albanese; nel novembre 1918 le truppe italiane erano ancora in Albania e continuavano le operazioni. Importanti presidi italiani erano anche in Montenegro. In quelle terre dal gennaio 1915 al gennaio 1918 la raccolta di informazioni era stata condotta soprattutto dall’Arma dei Carabinieri, che da tempo era presente in Albania, anche per una forma ante litteram di cooperazione tecnica, la riorganizzazione della gendarmeria albanese.
Nel porto di Valona e sul territorio albanese meridionale vi erano dei Centri di raccolta che rispondevano al Comando del XVI Corpo d’Armata, con un Comando dei Carabinieri che sovrintendeva a quel tipo di operazioni. Effettivamente l’Ufficio Informazioni del Comando Supremo non ebbe in Albania alcun organo proprio, ma si affidò interamente a quell’Ufficio Informazioni. Sia prima che durante il conflitto l’attività in Albania fu molto attenta, e continue notizie furono inviate al Comando Supremo.

Campo di prigionia. Dal volume La Guerra. Vol. 4: La battaglia di Gorizia. Museo Civico del Risorgimento di Bologna
Per comprendere anche sinteticamente la presenza italiana nei Balcani e la forte attività informativa che vi fu dispiegata da elementi dell’Esercito e della Marina, occorre dare alcuni sintetici elementi di storia. È indubbio che fin dall’inizio del diciannovesimo secolo, con la sopraggiunta debolezza del sultano di Costantinopoli, la penisola balcanica era sotto il controllo di quella che veniva comunemente chiamata dagli storici Pentarchia: Inghilterra, Francia, Austria, Prussia e Russia erano membri di questo consesso. A mano a mano, dopo il 1870, l’Italia si era inserita nella politica europea e la Pentarchia si era progressivamente evoluta in una Esarchia, alla vigilia del grande conflitto.
Nel desiderio di assicurare la propria supremazia, ognuno dei sei membri di questo concerto europeo sognava di ingrandire il proprio spazio vitale, fonte di materie prime e di mercati potenziali, forse anche di pericoli. Quest’equilibrio europeo sarebbe stato rotto a molte riprese, durante il XIX e gli inizi del XX secolo, dalle rivalità e dalle guerre tra i vari protagonisti di questo concerto.
L’influenza delle potenze europee nei Balcani era rafforzata dalla presenza sui troni di Romania, Bulgaria e Grecia di sovrani strettamente imparentati con le grandi case regnanti europee. Peraltro bisogna anche aggiungere che l’economia degli Stati balcanici era largamente tributaria delle grandi potenze economiche europee; anche l’intellighenzia delle nuove nazioni balcaniche gravitava attorno ai grandi centri culturali europei di Parigi, Londra, Vìenna e Berlino. Le istituzioni e la vita politica degli Stati balcanici si ispiravano in gran parte ai modelli occidentali (centralismo e sistema giudiziario francese, sistema scolare tedesco, esercito tedesco, marina da guerra britannica).
Anche dopo la fìne del conflitto Francia, Gran Bretagna e Italia continueranno a inviare Corpi di spedizione in Macedonia, oltre che nella vicina Anatolia, e a esercitare un’influenza preponderante nei Balcani. La Russia comunista venne tenuta per il momento fuori dalla penisola balcanica: cercherà prima e durante il secondo conflitto mondiale la sua preminenza e totale influenza su quei territori, riuscendovi nel dopo guerra e mantenendola fino a quando l’URSS è implosa. Ma nel periodo fra le due guerre la sua presenza nel settore fu limitata.
Subito dopo la pace di Losanna del 1912, fra Italia e Turchia, in seguito al conflitto italo-libico, si era conclusa, alla fine della guerra balcanica, la pace di Londra nel 1913, firmata dalla Bulgaria, dalla Serbia e dal Montenegro da una parte e la Turchia dall ‘altra. Fu una pace che non portò alcuna sistemazione duratura, in quanto era pur vero che erano state definite le posizioni fra Turchia e il resto dei paesi balcanici, ma il problema consisteva nel fatto che non erano state chiarite le rispettive posizioni di quegli Stati e ciò avrebbe avuto una notevole influenza nel corso della Grande Guerra.
L’Impero Ottomano, ormai completamente privato di ogni possibile pretesa sull’Albania, aveva lasciato alle grandi potenze la definizione delle frontiere di questo nuovo stato che era stato costretto a riconoscere come sovrano.
L’intervento militare italiano (vi era stata anche una missione umanitaria sanitaria sbarcata a Valona nel 1914) nei Balcani aveva avuto inizio nel 1916 (a parte l’occupazione dell’isola di Saseno e della stessa Valona nel dicembre 1914 condotta dalla Regia Marina) e continuò anche dopo l’armistizio di Villa Giusti, perché la situazione politico-militare di tutta quella zona era di difficile composizione politica, sia per elementi contingenti locali, sia per accordi presi dalle Potenze europee, prima dello scoppio della guerra, per aggiudicarsi influenze e annessioni di territori sovrani o ancora parte del moribondo Impero Ottomano.
I Balcani, come sopra ricordato, avevano sempre interessato l’Italia e gli Addetti militari a Sofia, a Costantinopoli, a Vienna, a Berlino, con attenzione avevano informato i propri vertici di quanto si stava preparando nell ‘area, sia prima sia durante il conflitto, con lunghe e analitiche relazioni, che erano state acquisite in vari modi dal Servizio Informazioni, anche se la messe di notizie che arrivava su quei tavoli, come già rilevato, non permetteva una coerente e rapida analisi
A conflitto iniziato, le relazioni internazionali si erano fatte sempre più serrate e complicate, anche per il Regno d’Italia: il 26 aprile 1915 l’ltalia si era accordata con l’Inghilterra, stipulando l’ormai noto trattato segreto di Londra, che stabiliva le condizioni per la sua entrata in guerra: al momento della firma della pace avrebbe ottenuto il Trentino e il Tirolo cisalpino (confine del Brennero), Trieste, le contee di Gorizia e di Gradisca, l’lstria intera fino a Volosca, nonché le isole di Cherso, Lussino e Lussimpiccolo e altre minori adiacenti; le sarebbe spettata anche la Dalmazia con tutte le isole più vicine, che venivano enumerate nel testo dell’accordo; aveva ottenuto anche la sovranità su Valona con l’intera costa circondante la baia, insieme con l’isola di Saseno e il territorio necessario alla loro difesa.
Per quanto riguardava la parte centrale dell’Albania che si era costituita in piccolo Stato autonomo nel 1913, l’Italia, ottenendo quanto sopra descritto, si era impegnata a non opporsi a che il resto dell’Albania, se le tre potenze alleate lo avessero desiderato, fosse diviso tra Montenegro, Serbia e Grecia, purché le coste albanesi, così vicine a quelle italiane, fossero considerate smilitarizzate. Del nuovo piccolo Stato albanese l’Italia avrebbe avuto la rappresentanza diplomatica.
Sempre a termini del patto segreto, tra l’altro, Roma avrebbe ottenuto a fine conflitto il pieno possesso di Rodi e di tutte le isole del Dodecaneso occupate, dove già peraltro funzionava un primitivo nucleo di Servizio Informazioni, dipendente dal Comando d’occupazione, assicurato prevalentemente dai Carabinieri.
Nell’art. 9 del Patto di Londra, Francia e Inghilterra riconoscevano come un axiome l’interesse dell’Italia a mantenere l’equilibrio politico nel Mediterraneo e il suo dirito ad avere, una volta suddiviso il territorio turco, una parte uguale a quella francese e inglese nel Mediterraneo: esattamente fu promessa all ‘Italia la parte occidentale dell’Anatolia con le province di Smirne e Aydin, la costa anatolica fìno a Mersin, la provincia di Adalia.
Dunque il Patto di Londra era stato molto chiaro circa le concessioni all’Italia per la regione di Adalia, ma gli equilibri politici del 1915 erano ben diversi da quelli del 1919, quando l’Europa si ritrovò senza più imperi, salvo quello inglese. Queste vicende storiche spiegano sinteticamente perché nella regione anatolica, da lungo tempo il Servizio Informazioni militare aveva esteso una rete informativa piuttosto effìciente che si collegava con i centri attivi non solo ad Atene e a Costantinopoli, ma anche a Janina, città di confine tra la Grecia e l’Albania: anche per questo settore le ragioni si comprendono con alcune notazioni storiche.
La pace tra la Turchia e l’Italia, firmata a Losanna nel 1912, era durata molto poco, a causa delle condizioni generali e, in seguito allo scoppio del nuovo conflitto esteso, la guerra era stata nuovamente dichiarata da Roma a Costantinopoli il 22 agosto 1915. Nel quadro dell’espansione possibile e vagheggiata dall’Italia, a spese dell’Impero Ottomano, l’Accordo
di San Giovanni di Moriana (Saint Jeande Maurienne) firmato nell’aprile 1917, quando la prevista e vicina spartizione del morituro Impero Ottomano minacciava di porre gravi ipoteche sull’equilibrio del Mediterraneo orientale, era stato di grande importanza: erano stati confermati i diritti dell’Italia sulla regione anatolica di Adalia, estendendo le concessioni alla parte meridionale dell ‘Asia Minore.
Questo accordo, fra Francia, Italia e l’Inghilterra che confermava sostanzialmente gli accordi precedenti di Londra del 1915, per essere vigente, doveva essere approvato dalla Russia, ma fu poi dichiarato decaduto dai francesi e dagli inglesi, a causa appunto della mancata ratifica da parte di quella potenza: la sopravvenuta rivoluzione bolscevica, che tanto preoccupava il servizio informativo italiano, alla cessazione delle ostilità, aveva scompaginato, inizialmente, anche la politica estera espansionista dell’impero zarista, che peraltro venne in seguito ripresa dal governo sovietico, non appena il movimento rivoluzionario trovò il suo difficile assestamento interno e i riconoscimenti internazionali della sua legittimità.
Al tempo degli eventi rivoluzionari, però, unilateralmente il governo dei soviet non solo non ratificò alcun trattato, ma dichiarò decaduti tutti quelli in vigore, rimettendo praticamente in discussione tutti gli impegni territoriali precedentemente sottoscritti.

Carta geografica illustrante la spartizione dei territori dell’Impero Ottomano, allegata all’accordo del 26 aprile 1917 – San Giovanni di Moriana, 19 aprile 1917
La Russia dunque, come sopra ricordato, non ratificò mai gli accordi di San Giovanni di Moriana e quando iniziarono le trattative di pace, nel gennaio del 1918, quanto promesso all’Italia circa l’Anatolia non venne istantaneamente riconosciuto, anche perché la Grecia, che con la sua entrata in guerra contro la Turchia aveva contribuito all’affermazione delle potenze occidentali, reclamava i suoi diritti. Era evidente in quel periodo che le vicende interne della Grecia, durante tutto il periodo delle ostilità, avevano contrastato quasi sempre, in modo chiaro o nascostamente, con le operazioni italiane in Albania, nell’Epiro meridionale e in seguito anche nella penisola anatolica.
Infatti, tra le varie, si prospettò la possibilità che la Grecia ottenesse tutto il Dodecaneso e la zona di Smirne, mentre all’Italia poteva venire riconosciuta solo una sfera di influenza sulla zona di Adalia. Il Servizio inviò numerose informative circa i movimenti militari della Grecia a questo riguardo e sulla situazione politica del governo di Atene, considerato che la demarcazione della zona di influenza italiana nella penisola anatolica dipendeva dagli accordi con quel governo.
Verso la fine del 1918, quando la Turchia aveva firmato l’armistizio a Mudros (30 ottobre 1918), l’Austria-Ungheria a Villa Giusti di Vittorio Veneto (3 novembre) e la Germania a Rhétondes (11 novembre), la coesione delle potenze vincitrici era già un ricordo lontano e quanto deciso prima o durante il conflitto, per annodare le possibili alleanze militari, non era più cogente. Alla fìne del conflitto, la geografìa politica, non solo europea, era stata stravolta: tre grandi imperi non esistevano più, quello tedesco, quello austriaco, quello russo; uno esisteva solo di nome, quello ottomano, ma era già chiaro che si trattava degli ultimi sussulti di una vita plurisecolare, che aveva dato al mondo cultura, arti, tradizioni e arte militare.
Un nuovo importante attore era comparso sulla scena politica europea: gli Stati Uniti d’America, con tutto il loro peso economico e militare, destinati a essere i veri potenti del mondo nel secolo XX e, almeno per ora, XXI.

Eleutherios Venizelos
L’ Italia naturalmente considerava validi gli accordi, a suo favore, del 1917, mentre la Grecia di Venizelos avanzava pretese su Smirne, considerata greca. Per Badoglio, in quel periodo Sottocapo di Stato Maggiore, le miniere di carbone di Eraclea d’Anatolia, zona occupata dai francesi, costituivano una necessità assoluta e l’unica occupazione effettivamente redditizia in quel settore, mentre il tenente generale Armando Diaz, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito dall’8 novembre 1917, giorno in cui era stato revocato il comando a Cadorna dopo la rotta di Caporetto, valutava l’occupazione francese non in termini economici, ma in termini di importante penetrazione politica.

generale Armando Diaz
In quel bacino carbonifero già nel 1907 la Società Italiana d’Oriente aveva chiesto e ottenuto una concessione, ma non aveva potuto agire da sola, per l’opposizione della Francia e si era dovuta accontentare quindi di avere solamente una partecipazione nella preesistente società francese che di fatto divenne così italo-francese. Comunque la Società produceva circa mezzo milione di tonnellate di carbone l’anno, garantendo un certo rifornimento aii’Italia. Anche l’opinione pubblica era divenuta molto sensibile al problema della presenza italiana nel Mediterraneo, per il mantenimento di un equilibrio politico, di uno status quo.
Questo lungo excursus storico era necessario per comprendere la ragione per la quale il Servizio Informazioni del Comando Supremo, una volta firmato l’armistizio di Villa Giusti, continuò sempre più attivamente il suo lavoro, con i Centri di raccolta informazioni e le Sezioni staccate in Albania, in Grecia e nella penisola anatolica, divenute importanti sedi per l’attività informativa, in quanto gli interessi italiani in quell’area – politici ed economic i- erano forti. È infatti facile notare nelle annotazioni del Diario una notevole preponderanza di notizie circa questi settori strategici.
Il 12 gennaio 1919 il Diario Storico continuò nella sua struttura, ma l’intestazione di quel giorno non fu più Comando Supremo, Ufficio Informazioni, Sezione “R”, ma Stato Maggiore del Regio Esercito Ufficio “I”, anche se poi, con il procedere dei giorni, furono inserite nella Raccolta, oltre a quelle delle specifiche Sezioni dell’Ufficio, anche le pagine relative al Diario Storico della Sezione “R”, che continuava a esistere e a dipendere dal Comando Supremo.
L’Ufficio “I” dello Stato Maggiore del Regio Esercito era stato organizzato con una Segreteria e quattro Sezioni: informazioni, polizia militare, stampa e traduzioni, decifrazione dei telegrammi, con relativa intercettazione di telegrammi stranieri. L’Ufficio, in quel periodo, aveva sede nel Palazzo Baracchini, dove si era trasferito già il 1° luglio 1918, in seguito alla circolare n. 9120 del 3 marzo precedente che aveva rivisto l’ordinamento del Comando territoriale del Corpo di Stato Maggiore in relazione a quello del Comando Supremo
Allo scopo di migliorare l’operato del Comando territoriale, soprattutto per armonizzarlo con quello del Comando Supremo, era stato disposto che avrebbe compreso, tra gli altri suoi reparti e uffici, un Ufficio Informazioni; questo venne tra l’altro deputato a conservare l’archivio del Servizio Informazioni del Comando Supremo: mediante la Sezione “R”, alla quale si sarebbe riunito l’Ufficio Staccato del Servizio Informazioni, doveva attendere ai particolari compiti del servizio da svolgersi nella capitale. Era previsto il trasferimento in una nuova sede, che avvenne dopo qualche tempo, e una progressiva riduzione del personale di truppa addetto alla Sezione, che contava all’epoca 17 piantoni, 10 militari all’archivio e altre ordinanze in scarso numero.
Nella circolare era sottolineato anche che al più presto tutto il carteggio che era stato inviato dal Comando Supremo al Comando del Corpo doveva essere raggruppato, ordinato dai vari uffici secondo il nuovo ordinamento e versato all’Ufficio Storico dello Stato Maggiore, esistente dall’unità d’Italia, con il materiale ad esso destinato. Gli Uffici però dovevano conoscere almeno sommariamente il carteggio loro affidato in modo da poter prontamente aderire alle richieste di documenti che potevano essere fatte dai corrispondenti uffìci del Comando Supremo: “… questi, a loro volta, devono sgombrare in modo continuo e nella maggior misura possibile, tutte le pratiche esaurite o di meno frequente consultazione, ai corrispondenti uffici del Comando del corpo, per conservare al Comando Supremo la caratteristica di mobilità che lo deve contraddistinguere”.
Dunque fin dai primi giorni del 1919 lo Stato Maggiore del Regio Esercito aveva organizzato un proprio Ufficio “I” a Roma e aveva preso a redigere un Diario storico-militare, con le stesse modalità della Sezione “R”, mentre il Servizio Informazioni del Comando Supremo, con la sua Sezione “U”, fino all’agosto 1919 operò ad Abano (sede di campagna), e fu molto attivo per quanto riguardava la Macedonia, la Bulgaria, la Grecia, proprio per le ragioni storiche sopra accennate. Il Comando Supremo rientrò a Roma da Abano in quel mese, ma continuò a funzionare in parallelo fìno alla data ufficiale del suo scioglimento, 1° gennaio 1920.
Il carteggio del Servizio Informazioni relativo a questo periodo di attività è conservato quasi per intero tra le carte dell’Ufficio Situazioni e Operazioni, nel quale era integrato: esso testimonia della ramifìcazione che il Servizio era riuscito a realizzare nei Balcani. anche con l’attivissimo Centro di Salonicco. Sono numerosissimi i rapporti relativi all’attività bulgara in Macedonia, e molto dettagliati; in alcune di queste attività, nel quadro dei tentativi portati dai comitati serbi per fomentare una sollevazione in Bulgaria e far trovare i delegati al tavolo della pace di fronte ai fatti compiuti, viene riportato che capi del movimento si sarebbero travestiti da uffìciali italiani per entrare in Macedonia; costoro
avevano anche cercato di corrompere un autista italiano, per entrare nel territorio.
Dunque una rivolta per fare in modo che la Macedonia potesse fruire di una autonomia politica alla fine, ormai assai vicina, del conflitto: questa situazione fu monitorata con grande cura sia dal Centro di Salonicco sia da alcuni Addetti militari presenti in zona. Presso la Missione Militare italiana a Costantinopoli, con a capo il generale Mombelli, gran conoscitore del mondo ottomano, vi erano ai suoi ordini due o tre ufficiali, che si occupavano quasi esclusivamente della raccolta di informazioni militari, confermando e arricchendo quanto raccolto nelle altre sedi balcaniche.
Sono numerosi infatti i rapporti e, occorre dirlo, anche le analisi molto interessanti, relative alla difficile situazione economica e sociale, oltre che militare, in Turchia e alla influenza della Germania in quel territorio: “… i soldati [turchi] circolano affamati e stracciati; i Giovani Turchi hanno lasciato la direzione di tutti i servizi ai tedeschi… che non nascondono a Costantinopoli il loro imbarazzo per eventuali imprevisti avvenimenti…”. Già nell ‘ottobre del 1918 era stato segnalato dal “nostro servizio segreto” che molte famiglie tedesche avevano lasciato Costantinopoli.
Molte e continue erano anche le informazioni ottenute tramite l’intercettazione e decrittazione dei telegrammi provenienti dalle ambasciate di Grecia a Berna e a Londra e diretti al Ministero degli Ester i di Atene: i due Centri di Londra e di Berna facevano un ottimo lavoro. Per i telegrammi in arrivo e in partenza da Roma valeva sempre la regola aurea, prescritta nelle norme sulla censura, di ritardare comunque di almeno 48 ore la consegna degli stessi ai destinatari o di ritardarne, quando possibile, la partenza.
Dal Centro di raccolta informazioni di Mudros, nella penisola anatolica, i notiziari redatti sulla situazione della Turchia e della Bulgaria e in genere su tutto il fronte balcanico erano anch’essi assai numerosi e con informazioni molto attendibili: questi venivano regolarmente trasmessi al Servizio Informazioni, Sezione “U”, che li elaborava e li inviava al Capo di Stato Maggiore e all’Ufficio Situazioni e Operazioni.
ln quel periodo, come per il passato, continuavano ad essere attentamente sorvegliati i Centri raccolta di informazioni austriaci all’estero, la rete dei quali era ormai molto ben conosciuta dal Servizio italiano: era anche possibile per gli italiani intercettare messaggi cifrati e monitorare le informazioni che quei centri austriaci raccoglievano intorno ai movimenti delle operazioni delle truppe italiane, non solo al confine, ma anche in Albania.
Nel luglio 1918 era stato altresì deciso di costituire un centro di informazioni nell’Egeo a Rodi, per il quale però fu difficile trovare un uffìciale da inviare, in quanto tutti coloro che venivano ritenuti idonei per un simile servizio erano già destinati ad altra missione. Il che dimostra che il personale impiegato nel settore era numeroso, ma che non era stata programmata ancora una particolare preparazione per operatori nel settore della raccolta informazioni, che verrà iniziata, però, proprio in quel periodo.
Terminato lo stato attivo di belligeranza, si presentava il grave problema della smobilitazione, ovvero il passaggio dallo stato di guerra allo stato di pace, che poteva avere conseguenze economiche e sociali molto più devastanti che il processo inverso. Come ricordano il Bovio nel suo volume, e lo Stefani nei suoi numerosi e ampi studi, al 3 novembre 1918 erano sotto le armi 3.044.414 italiani, dei quali 2.232.976 appartenenti all’esercito combattente, inquadrati in 9 Armate, 23 Corpi d’Armata, 53 Divisioni, comprese le forze che stavano operando in Albania, in Macedonia, in Francia. Le classi d’età che alimentavano questa forza erano 27 e partivano dai nati nel 1874 per arrivare ai ragazzi del ’99. Tanto che si può affermare che una delle ragioni dell’affermazione del fascismo nel 1922 sia stata anche la conseguenza dei problemi posti dal difficile assestamento sociale, oltre che economico, del post-conflitto.

Il testo di una lettera “riservatissima” dell’Addetto militare in Bulgaria concernente un possibile informatore
Il problema della smobilitazione era un grave problema politico ed economico, non solo militare. Nell’ottica post-bellica, si imponevano, considerata la nuova situazione e le condizioni economiche del Regno, urgenti modifiche nell’ordinamento delle Forze Armate italiane e in particolare per l’Esercito: per avere subito una visione di sintesi dei rapidi mutamenti che si ebbero nel giro di pochissimi anni, ricordiamo che l’ordinamento del generale Albricci, Ministro della Guerra, fu varato il 21 novembre 1919, ma fu rapidamente sostituito da quello del nuovo Ministro della Guerra, Bonomi, il 20 aprile 1920; ordinamento questo considerato peraltro ancora provvisorio.
Nel gennaio 1923 il generale Diaz, a sua volta Ministro della Guerra, fece approvare un nuovo ordinamento, che ebbe vita breve, fino al 1926-27 quando furono varate numerose riforme volute dal Capo del Governo, Mussolini, ad interim anche Ministro della Guerra, che introdusse ulteriori variazioni nel 1934. Nel 1925 fu istituita la carica di Capo di Stato Maggiore Generale, incarico tenuto da Badoglio fìno al 26 novembre 1940, quando fu costretto a dare le dimissioni dopo il fallimento della campagna di Grecia.

PIETRO BADOGLIO
Per ritornare alla situazione della fine del 1918 e degli inizi del 1919, la smobilitazione procedeva, mentre tra l’altro si elaborava appunto un nuovo ordinamento dell’Esercito, oltre che per adattarsi alla nuova situazione, anche per contenere l’incidenza delle spese militari nel disastrato bilancio dello Stato.
L’Ufficio Informazioni iniziò a ridurre il proprio personale a Roma, anche se continuava la sua attività: certamente, esso era stato ridimensionato moltissimo, rispetto al periodo bellico: e come conseguenza, mentre precedentemente per riassumere l’attività di una giornata occorrevano numerose pagine, dal gennaio 1919 il Diario giorno per giorno, è indubbiamente più sintetico e smilzo: le voci riportate riguardano i rapporti con i Centri ITO delle Armate ancora funzionanti quali quelli di Trieste e di Valona. Anche le due Sezioni “U” e “M” erano ancora pienamente funzionanti come i Centri all’estero.
Molta dell’attività svolta anche nel 1919, come negli ultimi mesi precedenti del 1918, riguardò, almeno secondo le notizie riportate nel Diario, la situazione personale di numerosi militari, dalla richiesta di ricompense a quella della valutazione dei servizi prestati, etc. oppure la richiesta alle varie stazioni dei Carabinieri di appurare il perché del non rientro dalla licenza di soldati, dei quali venivano forniti i nomi: questo fenomeno sembra iniziare in modo massiccio proprio nel gennaio 1919; nei mesi precedenti vi erano state richieste in merito, ma non nella qua ntità del gennaio 1919 e dei seguenti mesi, segno che il problema stava peggiorando.

Il Colonnello Balduino Luigi Caprini
L’Ufficio continuava a decifrare, come negli anni passati, telegrammi che venivano poi passati alla Presidenza del Consiglio e continuava a monitorare lo spirito della truppa, anche nelle lettere che i singoli si scambiavano con i familiari, tanto che venivano richieste informazioni su alcuni militari che avevano espresso apprezzamenti e critiche, nella loro corrispondenza personale, sul diffondersi dell’influenza “spagnola”, segno evidente che la censura postale era ancora in piena attività. Tra le traduzioni di documenti dei nemici elaborate in quel periodo, da segnalare quella relativa ad un questionario per uso spionaggio della marina tedesca, sottratto durante le operazioni belliche.
Almeno nei primi mesi del 1919 le annotazioni sono a volte anche irrilevanti, quali ad esempio, un ringraziamento alla Sezione “M” per l’invio di timbri, insieme alla notizia inviata dal Centro dell’Aja sulla mobilitazione dell’esercito jugoslavo! Vi sono anche delle notizie abbastanza significative che permettono di legare alcuni personaggi già conosciuti nel quadro storico degli inizi del secolo, al servizio informazioni, come ad esempio la consegna avvenuta l’11 gennaio 1919 della croce di guerra, con relativo brevetto, fatta dal Capo dell’Ufficio al colonnello dei Carabinieri Reali Balduino Caprini, che era in procinto di partire per Costantinopoli; il 23 gennaio successivo lo stesso si era recato a conferire con il Capo della Sezione “R”. I movimenti del Caprini sono dettagliatamente segnalati anche alla Sezione “U”, evidentemente per agevolare anche il viaggio dell’alto ufficiale.

Mario Nicolis di Robilant
Sappiamo così che il colonnello partì per Sulmona alla volta di Otranto, dove si sarebbe imbarcato per raggiungere la capitale dell’Impero Ottomano e continuare in quel settore del Mediterraneo un lavoro molto accurato che aveva iniziato già anni prima, collaborando con il generale di Robilant per la riorganizzazione della gendarmeria macedone. Anche altri ufficiali dei Carabinieri Reali avevano collaborato con il Servizio Informazioni durante il loro mandato in quelle aree come ad esempio il capitano Giuseppe Borgna, già nell’équipe che era stata in Macedonia; il capitano Giovanni Battista Carossini, che prestò servizio nel settore anatolico sia nel 1914 sia nel 1920 e 1921, quando le truppe italiane erano sbarcate in Anatolia e pensavano di poter avere quella zona sotto la propria influenza. Così come nella voce Varie, è annotato che l’ex capo del Servizio che aveva ormai raggiunto il grado di maggiore generale, Rosolino Poggi, il 20 febbraio 1919 aveva assunto il Comando Territoriale del Corpo di Stato Maggiore.
Alla data del 26 febbraio 1919 si ha notizia che il Servizio Informazioni avrebbe finalmente avuto una sua tipografia, nella sede dello stabilimento tipografico del Ministero della Guerra: indubbiamente importante in prospettiva il fatto che, anche per motivi di riservatezza, avrebbe permesso al Servizio di poter stampare in proprio circolari, cifrari e altre carte necessarie e riservatissime.
Tra le varie annotazioni di lavoro eseguito dall’Ufficio in questo periodo, vi sono molte pratiche riguardanti la valutazione dei servizi resi dal personale, anche civile, in qualche momento della vicenda bellica: ad esempio si chiedono delucidazioni circa la domanda di un premio in danaro che un agente investigatore aveva avanzato per le sue prestazioni durante il conflitto; nel Diario vi è un buon numero di annotazioni riguardanti queste richieste, ma sempre senza indicare per esteso il nome di chi presentava l’istanza: l’agente doveva rimanere “coperto”, nonostante il Diario fosse classificato “riservatissimo”.
Anche se era stato ridimensionato, l’Ufficio continuava ad esaminare e quindi annotava le domande di collaborazione, anche quali interpreti di tedesco, che alcune persone presentavano; offerte che venivano regolarmente istruite – segno che il reclutamento di possibili collaboratori non militari continuava – e in alcuni casi il Capo della Sezione riceveva la persona che aveva avanzato simile candidatura.

Un appunto manoscritto che conferma la collaborazione con il Servizio Informazioni francese a Milano
Vengono registrate in quel periodo molte domande di estensione di licenze e molti congedi illimitati: anche l’Ufficio Informazioni aveva iniziato la sua cura di “dimagrimento” di personale o della sostituzione di alcuni di essi, soprattutto ordinanze e scritturali. La Sezione “R”, da parte sua, continuava a monitorare attentamente la situazione economica (compito istituzionale) e tutto quanto era connesso, inclusa la scoperta a Vienna della fabbricazione in larga scala di moneta italiana falsa e della sua circolazione nelle terre del nord o l’introduzione di banconote false a Fiume nel marzo 1920: un eventuale immissione di carta moneta falsa nei territori italiani o in quelli conquistati recentemente poteva portare seri turbamenti alla situazione economica generale, già di fatto precaria.

Maria Gabriella Pasqualini
*Maria Gabriella Pasqualini
(Roma, 26 marzo 1944) è una storica e accademica italiana.
Laureata nel 1966 in Scienze Politiche nella Università di Roma, ha insegnato per 40 anni, dapprima “Storia e Istituzioni dei Paesi afro-asiatici” nell’Università di Perugia e poi “Storia e Istituzioni dell’Africa Mediterranea e del Vicino Oriente” in quella di Palermo (ad eccezione di una parentesi decennale 1974-1984 per Servizio all’estero presso il Ministero degli Affari Esteri).
È docente alla Scuola ufficiali carabinieri a Roma, dove risiede.
Specialista di Storia dei servizi segreti italiani, ha pubblicato un corpus di studi di cinque volumi, riguardanti la storia dei Servizi Segreti italiani militari e civili, per il SISMI, per l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna e per l’Agenzia informazioni e sicurezza interna.
I suoi studi sulla storia dell’intelligence italiana sono disponibili anche sul sito del Dipartimento delle informazioni per la Sicurezza DIS.
- È stata vicepresidente del Comitato Consultivo del Capo di stato maggiore della difesa per il Servizio Militare Volontario Femminile dal 2000 al 2007 al Ministero della Difesa.
- Direttore Scientifico di osservatorioanalitico.com
- Vice Direttore del giornale on-line The HorsemoonPost.
- Membro del Comitato Scientifico della Fondazione Giuseppe e Marzio Tricoli.
- Membro della Società italiana di storia militare.
- Premio Nazionale Universo Donna (2001).
Opere
- L’Italia e le prime esperienze costituzionali in Persia (1905–1919), Napoli – Perugia, ESI, 1992.
- Gli equilibri nel Levante. La crisi di Alessandretta 1936–1939, edito da IlaPalma – Edizioni Associate, Palermo, 1995.
- Il Levante, il Vicino e Medio Oriente. Le fonti archivistiche dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, SME, Ufficio Storico, Roma,1999.
- Le missioni all’estero dei Carabinieri 1855-1935, Ente Editoriale Arma dei Carabinieri, Roma, 2001.
- Le missioni all’estero dei Carabinieri 1936-2001, Ente Editoriale Arma dei Carabinieri, Roma, 2002.
- Operazione Vespri Siciliani, coautore con Giancarlo Gay, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, con Introduzione del Ministro della Difesa, Roma, 2003.
- Uomini in Uniforme, coautore con Giancarlo Gay, Rai-Eri-Roma, 2004.
- L’Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1943. Speranze e realtà, Roma, Stato Maggiore Esercito, Roma, 2005.
- “Problematiche costanti nel servizio di informazione militare italiano dal 1861 al 1949”, in: Storia dello spionaggio, a cura di Tomaso Vialardi di Sandigliano e Virgilio Ilari, Savigliano, 2005.
- Soldato per scelta. La tradizione del volontariato militare in Italia dal 1861 ai nostri giorni, Roma, Stato Maggiore Esercito, 2006.
- Carte segrete dell’intelligence italiana. Vol. I: 1861-1918, Ministero della Difesa – RUD- Roma, 2006, (Prefazione Ministro della Difesa).
- Carte segrete dell’intelligence italiana Vol. II: 1919-1949, Ministero della Difesa – RUD- Roma, 2007, (Prefazione Ministro della Difesa).
- L’intelligence italiana dal 1949 al 1977, AISI, De Luca Editore, Roma, 2011.
- Breve storia dell’organizzazione dei Servizi d’Informazione della Regia Marina e Regia Aeronautica. 1919-1945, Roma, 2013, 300 pagine, Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Difesa, Ministero della Difesa e Commissione Italiana di Storia Militare. .
- Carte segrete dell’intelligence italiana Vol. III, IL SIM negli archivi stranieri, Stato Maggiore Difesa, Ministero della Difesa. 2014.