I “SEGRETI” DI GALEAZZO CIANO – 5

a cura di Cornelio Galas

  • documenti raccolti da Enzo Antonio Cicchino

A settanta anni dalla loro redazione ecco per la
prima volta in rete i documenti che Galeazzo Ciano
allegava al suo DIARIO

ARTICOLO ANTIBRITANNICO DI FARINACCI

Roma, 25 giugno 1937-XV

L’Ambasciatore Sir Eric Drummond è venuto a vedermi per richiamare la mia attenzione sull’odierno articolo di Farinacci “Troncare i rapporti” e particolarmente sugli ultimi due capoversi di tale articolo. Drummond ha fatto rilevare che l’autore è un membro del Gran Consiglio del Fascismo e quindi una personalità che ha una precisa responsabilità politica.

Ha aggiunto che tale articolo rappresentava una infrazione alla intesa che era corsa tra noi circa le relazioni di stampa tra i due Paesi, infrazione che avrebbe potuto determinare una reazione di stampa da parte britannica. Mi ha detto infine che una particolare preoccupazione gli era causata dal fatto che a Farinacci viene talvolta attribuita una veste di avanguardia lanciata dallo stesso Duce contro un determinato obiettivo.

Roberto Farinacci

Ho risposto a Drummond che l’articolo non rispecchiava se non l’opinione del suo autore, il quale aveva scritto di propria iniziativa e senza suggerimenti di sorta. Escludevo nella forma più assoluta che Farinacci potesse comunque essere considerato un portaparola del Duce il quale, come Drummond ben sa, non ha bisogno di interpreti, ma è uso a far conoscere direttamente e molto chiaramente il Suo pensiero e i Suoi propositi. Nel caso specifico potevo aggiungere che mi risultava che il Duce non aveva avuto conoscenza dell’articolo se non a pubblicazione avvenuta e che non aveva affidato a Farinacci incarichi di sorta.

VOLONTARI IN SPAGNA

Roma, 26 giugno 1937-XV

L’Ambasciatore von Hassell mi ha parlato stamane dei due seguenti argomenti:

1. Volontari. – Von Hassell mi ha chiesto il nostro punto di vista in relazione alla proposta avanzata a Londra circa l’evacuazione di un ugual numero di volontari da ambo le parti in conflitto, sotto il controllo britannico. Per quanto l’Ambasciatore di Germania non abbia assunto un atteggiamento preciso in merito, non ha nascosto che von Neurath vorrebbe evitare ogni presa di posizione che richiamasse sulla Germania una grave responsabilità.

Il ministro Ciano, l’ambasciatore Ulrich von Hassell e un gruppo di personalità attendono, lungo una banchina della stazione Termini, la partenza del ministro degli esteri tedesco Von Neurath

Gli ho risposto che sostanzialmente noi non intendiamo ritirare allo stato degli atti í volontari dalla Spagna. Mi rendevo conto che non potevamo esporre semplicemente questo proposito al Comitato di Londra, ma che conveniva trincerarsi dietro una tattica ostruzionistica e dilatoria.

Come prima cosa bisognava tener presente che, essendo praticamente saltato il sistema di controllo, non si poteva parlare di evacuazione totale o parziale di volontari, fino a quando un nuovo sistema di controllo non fosse entrato in vigore in modo tale da garantirci che le forze eventualmente evacuate ufficialmente non rientrassero poi da un’altra parte in segreto.

D’altro lato noi che avevamo per primi avanzato la tesi della proibizione della partenza dei volontari e degli agitatori politici, eravamo in posizione di vantaggio per sostenere che coloro che si trovano oggi a battersi in Spagna dalla parte nazionale, vi sono andati di spontanea volontà e che quindi non possiamo esercitare un’azione di forza per distoglierli da un’impresa alla quale noi non li abbiamo obbligati.

Ulrich von Hassell

Una evacuazione dei volontari dovrebbe venire richiesta dalle parti in conflitto: solo allora potrebbe essere presa in considerazione, tenendo però presente che la composizione delle forza volontarie rosse è troppo eterogenea per dare garanzia che una evacuazione potrebbe aver luogo in forma effettiva e totalitaria.

Ho detto a von Hassell che valendoci di tali argomenti avremmo potuto far rinviare certamente per molto tempo ogni decisione in materia di volontari. Von Hassell ha preso atto di quanto gli ho detto e mi ha assicurato che da parte tedesca tutto sarà fatto per sabotare la discussione.

A mia domanda specifica mi ha risposto che, secondo le sue informazioni, il Führer è personalmente contrario al ritiro dei volontari. Von Neurath meno, se non altro in linea tattica.

2. Controllo. – L’Ambasciatore di Germania mi ha chiesto il nostro programma ed il nostro punto di vista circa la situazione che si è determinata dopo l’uscita dell’Italia e della Germania dal sistema di controllo. Egli sapeva di varie proposte che si stanno ventilando a Londra ed a Parigi per colmare le lacune lasciate dalle forze italiane e tedesche: per parte sua il Governo del Reich ha dato istruzioni a von Ribbentrop di non avanzare nessuna proposta, limitandosi invece ad impedire che ogni nuova situazione venga a consacrare uno squilibrio in favore del Governo di Valenza.

Joachim von Ribbentrop

Ho detto a von Hassell che noi intanto ritenevamo che nessuna alterazione o sostituzione nel sistema di controllo potesse venir compiuta al di fuori del Comitato per il Non Intervento, alle cui riunioni parteciperanno i rappresentanti del Reich e dell’Italia e quindi che praticamente nessuna decisione per sostituirci possa venir presa senza il nostro consenso.

Ciò premesso ho fatto rilevare a von Hassell che la situazione di fatto, nella quale ci siamo posti, ritirando le nostre forze dal sistema di controllo, risulta completamente sfavorevole a noi stessi, dato che il controllo si è praticamente ridotto ad un blocco franco-britannico contro il Governo nazionale. Il Governo italiano compiendo immediatamente il gesto di ritirarsi insieme alla Germania aveva inteso dare al Governo del Reich una prova della sua assoluta solidarietà.

Siamo fermamente decisi a mantenere in tutta la questione spagnola un atteggiamento solidale e sincronizzato con quello della Germania. Ma oggi dobbiamo richiamare l’attenzione del Governo del Reich sulla situazione di fatto che si è creata.

(da destra) Ciano, Ribbentrop e Hitler

Von Hassell ha concordato sugli svantaggi pratici che sono derivati a noi ed al Governo nazionale dall’avere l’Italia e la Germania abbandonato il sistema di controllo, e mi ha domandato se noi avessimo elaborato qualche proposta relativa all’atteggiamento da assumere in futuro per riequilibrare tali svantaggi.

Gli ho risposto che nessuna proposta era stata da noi praticamente studiata, ma che dopo aver parlato della questione al Duce ed aver preso da Lui istruzioni, mi sarei riservato di tornare sull’argomento con von Hassell e pertanto lo pregavo di trasmettere al suo Governo il nostro punto di vista sulla situazione attuale. Egli mi ha confermato che anche il Governo tedesco intende agire in pieno accordo col Governo Fascista.

LINEA DI CONDOTTA COMUNE
CON LA GERMANIA

Roma, 26 giugno 1937-XV

Ho nuovamente ricevuto stasera l’Ambasciatore von Hassell al quale ho fatto le seguenti comunicazíoni:

1. Volontari. – Ho confermato, in merito, quanto già avevo detto nel precedente colloquio circa le nostre intenzioni e il nostro programma d’azione.

2. Controllo. – Premesso che nessuna decisione potrà venir presa al di fuori del Comitato per il Non Intervento, l’Italia e la Germania dovranno opporsi alla proposta diretta a trasformare il controllo internazionale in blocco franco-inglese, ai danni della Spagna bianca. Questo si verificherebbe inevitabilmente se Francia e Gran Bretagna, oppure Paesi loro satelliti, fossero destinati a colmare le lacune determinate dal ritiro italo-tedesco. Bisogna che i nostri Rappresentanti a Londra facciano chiaramente intendere che se una eventualità del genere dovesse realizzarsi, l’Italia e la Germania sarebbero costrette a denunciare tutto l’Accordo per il non intervento e a ritirarsi dallo stesso Comitato di Londra.

Visita ufficiale di Hitler a Roma nel 1938; sul palco in prima fila da sinistra: Benito Mussolini, Adolf Hitler, Vittorio Emanuele III, Elena del Montenegro; in seconda fila, da sinistra: Joachim von Ribbentrop, Joseph Goebbels, Rudolf Hess, Heinrich Himmler

Ai fini però di offrire una costruttiva collaborazione, l’Italia e la Germania possono comunicare di essere disposte a studiare un nuovo sistema di controllo. In tale sistema, scevro di quelle imperfezioni che hanno condotto all’attuale crisi, i nostri due Paesi potrebbero riprendere il loro posto.

Ho detto a von Hassell che quanto precede rappresentava il nostro suggerimento per la linea di condotta da adottarsi in comune. Naturalmente rimanevamo in attesa di conoscere il parere del Governo del Reich, e le sue eventuali obiezioni.

Von Hassell ha preso conoscenza con molto interesse delle nostre proposte ed in linea di massima si è mostrato nettamente favorevole alla loro accettazione. A sua richiesta gli ho risposto che, per quanto riguardava il nuovo sistema di controllo, noi non ci preparavamo a sottoporre delle proposte concrete all’esame del Comitato, ma che avremmo invece ritenuto più conveniente attendere uno schema da parte francobritannica.

LUGLIO 1937

ISTRUTTORI AERONAUTICI IN CINA

 

Roma, 19 luglio 1937-XV

Ho ricevuto l’Ambasciatore Sugimura in visita di congedo. Con riferimento alla situazione creatasi nella Cina del Nord mi ha detto che l’atteggiamento cinese è tale da far ritenere quasi inevitabile lo scoppio del conflitto. I giapponesi stanno concentrando numerose divisioni e poiché il trasporto richiede qualche tempo non è da prevedere un immediato inizio di operazioni.

Il conte Ciano, Joachim von Ribbentrop, diplomatico tedesco, e Masa Aki Hotta, ambasciatore giapponese a Roma, firmano il patto anti-comunista

Ma, salvo un cambiamento di politica cinese, esso inevitabilmente avrà luogo tra non molto. È convincimento dei giapponesi che dietro ai cinesi, Mosca stia manovrando la sua azione antinipponica. Non è quindi da escludere che il conflitto cino-giapponese possa, ad un certo momento, estendersi anche ai Soviet. Su questo argomento però Sugimura fa molte riserve, poiché ritiene che i russi saranno cauti prima di attaccare i giapponesi e poiché, a suo avviso, gli stessi militari giapponesi preferirebbero migliorare gli armamenti nazionali prima di misurarsi con i russi.

Però se la provocazione russa dovesse continuare, il conflitto sarebbe inevitabile. Intanto (e questo me lo ha detto in via strettamente confidenziale) la prima azione giapponese tenderà a spezzare la linea di comunicazione che esiste tra Irkutsk e Pekino, per impedire il congiungimento delle forze russo-cinesi.

In questo stato di cose, l’Ambasciatore Sugimura ha richiamato la mia attenzione sul fatto che l’aviazione cinese è istruita da ufficiali italiani ed in gran parte composta da materiale italiano. Egli mi ha detto di rendersi ben conto che se non fossero stati gli italiani a prendere piede nel campo aviatorio in Cina, lo stesso lavoro lo avrebbero compiuto gli inglesi, gli americani o forse gli stessi russi. Riteneva però di richiamare la mia attenzione sulla eventuale posizione dei nostri ufficiali in caso di conflitto aperto tra la Cina e il Giappone.

Gli ho risposto che noi avevamo svolto in Cina un’attività puramente didattica e commerciale e che comunque i nostri ufficiali non erano affatto obbligati a partecipare ad azioni di guerra con le forze cinesi. Gli ho assicurato che, mentre per il momento il problema non si poneva, quando la situazione fosse maturata, noi non avremmo mancato di esaminare e risolvere la questione tenendo presenti anche i solidi legami di amicizia che ci uniscono al Giappone e la sua attività antibolscevica nell’Estremo Oriente.

PROPOSTA D’INTESA ANTICOMUNISTA ITALO-GIAPPONESE

Roma, 31 luglio 1937 – XV

Ho ricevuto in visita ufficiale l’Ambasciatore del Giappone signor Hotta che, per incarico del suo Ministro degli Affari esteri, mi ha rimesso la seguente lettera

The Gaimusho – Tokio
Le 3 juillet 1937

Yotaro-SUGIMURA

Monsieur le Ministre,

C’est avec la plus grande admiration que j’ai vu comment Votre Excellence, au poste important de Ministre des Affaires Etrangères, a su, avec le Duce, dans des circonstances particulièrement difficiles de la situation internationale, choisir sans faillir la voie la meilleure pour Son Pays et le mener à des destinées nouvelles. J’éprouve une profonde satisfaction à pouvoir constater, en reprenant les fonctions de Ministre des Affaíres Etrangères, combien excellentes sont les relations qui existent entre nos deux nations. Il me paraît superflu d’indiquer combien cet état de choses est dú aux efforts en ce sens de Votre Exccllence; de mon côté, je tiens comme un devoir agréable de travailler à maintenir et accroître ces liens d’amitié.

Les relations amicales de culture de nos deux peuples favorisent heureusement leur rapprochement spirituel; il n’existe pas, dans le domaine commercial, de question particulièrement diffìcile qui les sépare; de plus, ainsi que Vostre Excellence 1’a si bien exprimé dans Son discours à la Chambre, ils ont un intérêt commun à se préserver des ravages du communisme et c’est d’ailleurs mon vif désir que nos deus nations puissent maintenir un étroit contact en vue de collaborer à cette défense. Ces considérations me donnent la conviction que nos relations mutuelles sont appelées à aller en se resserrant toujours davantage.

Je saisis l’occasion offerte par l’entrée en ses nouvelles fonctions de l’Ambassadeur M. Hotta pour exprimer ici ma pensée a Votre Excellence, et je la prie d’agréer en même temps, avec les assurances de ma très haute considération, mes voeux les meilleurs pour Sa santé.
K. Hirota

L’ambasciatore giapponese a Berlino Kintomo Mushanokōji e il ministro degli Esteri tedesco Joachim von Ribbentrop firmano il Patto anticomintern.

A complemento di quanto nella lettera è scritto, il signor Hotta mi ha detto che il Governo giapponese, in considerazione e per sviluppare le conversazioni a suo tempo avute con Sugimura, sarebbe ben lieto di poter dare una veste più concreta alle ottime relazioni esistenti tra l’Impero italiano e l’Impero nipponico.

Richiesto da me circa le eventuali proposte che egli intendesse avanzare, il signor Hotta mi ha detto che nella opinione del Governo giapponese sarebbe possibile e conveniente realizzare tra l’Italia e il Giappone una intesa a carattere anticomunista, del tipo di quella a suo tempo raggiunta tra Tokio e Berlino. Questa intesa potrebbe poi venir completata da un un accordo segreto che il signor Hotta ha definito di “collaborazione tecnica nel campo militare”.

Riprendendo in parte quanto già L’Ambasciatore Auriti ebbe a telegrafarci alcuni mesi or sono, l’Ambasciatore Hotta ha insistito sull’opportunità che tra l’Italia e il Giappone possa stabilirsi una molto intensa collaborazione tecnica nel settore militare, che permetta a ciascun paese di valersi dell’ausilio dell’altro, ma soprattutto al Giappone, dato le altissime condizioni della tecnica italiana, di usufruire della nostra collaborazione particolarmente in campo navale ed aeronautico.

Il Giappone in realtà compie all’estero moltissime forniture militari: attraverso una simile intesa sarebbe intenzione del Governo nipponico di concentrare in Italia tali acquisti e di servirsi anche dell’esperienza tecnica dei nostri ufficiali specializzati. Una simile intesa comporterebbe automaticamente anche un patto di “molto, molto favorevole neutralità”.

Nel giudizio giapponese simile accordo sarebbe di grande vantaggio per i due popoli. Anche a Tokio si desidera vivamente raggiungere un accordo con l’Inghilterra e si è adesso lieti della piú favorevole piega che hanno preso le relazioni tra Roma e Londra. Si ritiene che la sensazione di una solida amicizia tra l’Italia e il Giappone, che venga a completare le già esistenti intese tra Roma e Berlino e Berlino e Tokio, debba esercitare una salutare influenza moderatrice sul Governo di Londra, che sarà richiamato al danno che gli proviene da una collaborazione col sistema bolscevico o bolscevizzante Mosca-Parigi.

Ho ringraziato l’Ambasciatore Hotta della comunicazione che mi faceva e gli ho detto che non avrei mancato di risponder quanto prima alla cortese lettera che il Ministro degli Esteri aveva voluto dirigermi.

Per quanto concerne la proposta da lui avanzata di una più stretta e concreta collaborazione tra Roma e Tokio, avrei parlato nuovamente con lui dopo aver prospettato il problema al Duce ed averne preso gli ordini. Fin da ora potevo però dirgli che nel Governo e nel popolo fascista è vivo lo spirito di simpatia e di amicizia per il Giappone, il cui leale contegno durante il periodo sanzionista nonché il pronto riconoscimento dell’Impero non potevano essere quindi dimenticati. Di tale simpatia è del resto prova evidente il nostro atteggiamento durante l’attuale crisi cino-giapponese.

Sono rimasto d’intesa con l’Ambasciatore del Giappone che riprenderò contatto con lui nei prossimi giorni.

AGOSTO 1937

IL CONFLITTO CINO-GIAPPONESE

Roma, 16 agosto 1937 – XV

È venuto a vedermi l’Incaricato d’Affari Ingram il quale mi ha parlato della situazione in Estremo Oriente e mi ha detto che il Governo inglese desiderava conoscere se, in virtú della mia esperienza personale, avessi alcuni suggerimenti da fare circa la situazione che si è prodotta a Sciangai e che appare cosí simile a quella del 1932.

Comunque il Governo inglese desiderava conoscere il nostro punto di vista sulla situazione e chiedeva se eravamo disposti a partecipare ad un’azione diplomatica collettiva delle Potenze Occidentali, per tentare di migliorare la situazione in Estremo Oriente.

Ho risposto ad Ingram che ringraziavo il Governo inglese della cortese richiesta, ma che non ritenevo di poter dare alcun suggerimento poiché appunto la mia esperienza cinese mi diceva che in Estremo Oriente anche situazioni apparentemente simili possono essere invece sostanzialmente differenti.

I prigionieri cinesi venivano addestrati per formare un corpo di polizia agli ordini dei giapponesi

Gli avvenimenti quindi del 1932 dovevano essere presenti soltanto fino a un certo punto. Per quanto concerneva poi il nostro atteggiamento generale di fronte al conflitto cino-giapponese, facevo presente al signor Ingram che l’Italia, essendo legata da amicizia con ambo i paesi in lotta, intendeva mantenere un atteggiamento strettamente neutrale, pur esprimendo il voto che una pronta composizione del conflitto potesse venir trovata. Piú urgente quella nel delicato settore di Sciangai.

In tal senso avevo inviato istruzioni ai nostri Regi Rappresentanti in Estremo Oriente, evitando poi di dare istruzioni di dettaglio e preferendo affidarmi al loro giudizio delle situazioni specifiche, dato che appunto la mia conoscenza dei Paesi e degli ambienti estremo-orientali mi suggerivano l’opportunità di lasciare fino ad un certo punto mano libera ai Regi Rappresentanti per porli quindi in grado di fronteggiare gli eventi che si producono con singolare rapidità.

Ho assicurato infine il signor Ingram che, mentre per parte nostra non ritenevamo il caso di prendere iniziative, saremmo stati disposti ad appoggiare qualsiasi azione diplomatica delle Potenze Occidentali, che tendesse a ristabilire la pace e l’ordine in Estremo Oriente o magari a limitare e isolare le zone della lotta.

Il signor Ingram ha vivamente ringraziato per tale mia comunicazione e durante tutto il colloquio ha tenuto a mettere particolarmente in rilievo la grande importanza che l’Inghilterra annette all’amichevole collaborazione dell’Italia in ogni settore della vita internazionale.

COLLOQUIO CON L’AMBASCIATORE DI SPAGNA


Roma, 19 agosto 1937 – XV

Il signor Conde mi ha comunicato di aver ricevuto istruzioni dal Governo di Salamanca di farci presente il contegno sfuggente e comunque poco amichevole tenuto da Vienna nei confronti del Generale Franco.

Anche a prescindere dall’atteggiamento del Rappresentante austriaco nel Comitato di Non Intervento, che si è mostrato spesso non soltanto freddo ma addirittura ostile alla Spagna Nazionale e asservito completamente all’Inghilterra, anche il Governo austriaco ha sempre evitato di compiere un qualsiasi gesto che potesse significare simpatia e solidarietà con i nazionali.

Il generale Franco

Il Generale Franco si rivolge pertanto a noi per pregarci d’intervenire a Vienna e far sapere che una maggiore simpatia per la Spagna Nazionale sarebbe molto opportuna. I desiderata spagnoli sono i seguenti: – se possibile, riconoscimento pieno del Governo franchista; se no, riconoscimento della belligeranza; infine, qualora nemmeno ciò possa venire concesso, l’accettazione di un agente ufficioso franchista, cosí come di recente ha fatto anche la Svizzera. Un analogo passo viene compiuto contemporaneamente dall’Ambasciatore di Spagna a Berlino.

Ho assicurato Conde che non avrei mancato di svolgere una opportuna azione a Vienna, affinché i desideri del Generalissimo vengano, per quanto possibile, accolti dal Governo austriaco.

INCIDENTI NEL MEDITERRANEO

Roma, 23 agosto 1937 – XV

L’Incaricato d’Affari della Gran Bretagna, signor Ingram, premesso che quanto stava per dirmi non rappresentava comunque un passo formale, ha voluto richiamare la mia attenzione sugli avvenimenti che in questi ultimi tempi si erano prodotti e si stavano producendo nel Mediterraneo.

In primo luogo l’attacco aereo contro un piroscafo britannico, attacco che, secondo informazioni pervenute al Governo britannico, sarebbe stato effettuato da aerei che hanno la loro base a Palma e che qualcuno vorrebbe anzi identificare con aerei italiani.

In secondo luogo da qualche giorno si ripetevano azioni di siluramento e di cannoneggiamento contro navi di differenti nazionalità. Navi britanniche non erano state in realtà disturbate, ma qualche capitano aveva segnalato di venir seguito e osservato con particolare insistenza da naviglio di superficie italiano.

Il Governo britannico si guardava bene dal mettere in relazione le due cose, ma non poteva fare a meno di preoccuparsi dei continui incidenti che si verificavano nel Mare Mediterraneo. Anche il luogo, molto distante dalle basi spagnole, in cui i due piroscafi erano stati silurati e affondati recentemente, induceva a riflettere sulla situazione.

Il signor Ingram teneva a dirmi che il Governo inglese non voleva, attraverso questa sua comunicazione, elevare una minima protesta presso di noi. Voleva soltanto far conoscere il suo vivissimo desiderio che l’atmosfera cosí felicemente schiarita tra la Gran Bretagna e l’Italia non dovesse venire turbata da imprevedibili e deprecabili complicazioni.

Ho risposto al signor Ingram che, per parte nostra, intendevamo, esattamente come il Governo inglese, mantenere la favorevole atmosfera esistente tra i due Paesi in seguito alle recenti chiarificazioni diplomatiche.

Per quanto concerne gli incidenti di cui Ingram mi ha parlato, non ero in grado di dargli alcuna spiegazione. Nello stesso giorno in cui il loro piroscafo fu attaccato, anche il Mongioia fu oggetto di un bombardamento da parte di velivoli non identificati, bombardamento che fu, per i suoi effetti, ben piú grave di quello subito dal British Corporal.

Poiché il Mongioia, oltre ad inalberare la bandiera nazionale, aveva anche dipinti sulle murate due tricolori visibili a grandissima distanza, non potevo ammettere che si fosse trattato di un equivoco e dovevo quindi confermarmi nell’idea che l’aggressore fosse un velivolo rosso. Dato che l’attacco al piroscafo inglese si era verificato piú o meno alla stessa ora e in condizioni analoghe, tutto lasciava supporre che gli autori fossero dalla stessa parte.

Il principe Umberto e Galeazzo Ciano conversano alla Stazione di Napoli; sullo sfondo la svastica

Per quanto concerneva poi i siluramenti delle navi nel Mediterraneo, ero lieto di constatare che fino ad ora l’Inghilterra e l’Italia non potevano comunque essere chiamate in causa, dato che nessuna nave dei due Paesi era stata oggetto di attacco da parte delle navi nazionali spagnuole.

Pur non essendo assolutamente in grado di dare alcuna informazione ad Ingram circa la intensificata attività svolta dalla Marina franchista, dovevo rispondere, per quanto riguardava gli attacchi alle bocche dei Dardanelli, che i sottomarini moderni possono benissimo operare a distanza anche maggiore dalle loro basi.

Per quanto concerneva poi gli incontri delle navi britanniche con navi da guerra italiane, mi limitavo a far presente che nel Mediterraneo è molto facile di imbattersi in unità della nostra flotta che, particolarmente in questa stagione, sono in frequente movimento per le loro esercitazioni.

Prendevo atto ed ero lieto che quanto egli mi aveva comunicato non avesse nessun carattere di passo ufficiale. Anzi in questo scambio di vedute, diretto a conservare una favorevole atmosfera tra i due Paesi, riconoscevo una nuova prova della buona volontà di collaborazione. Ingram si è dichiarato ampiamente soddisfatto delle mie risposte.

NUOVO COLLOQUIO CON MR. INGRAM

 

Roma, 27 agosto 1937 – XV

L’Incaricato di Affari di Gran Bretagna, signor Ingram, ha comunicato, in seguito ad istruzioni ricevute dal Foreign Office, che Sir Eric Drummond non potrà, a causa della morte del fratello, venire a Roma che alla fine di settembre.

Ciò naturalmente determinerà un ritardo nell’inizio delle conversazioni. Il Foreign Office, nell’esprimere il suo rammarico per questo rinvio, teneva a far sapere che non vi è assolutamente niente di nuovo nelle intenzioni e nei desideri dei Governanti britannici e che quindi il ritardo deve essere attribuito unicamente alla suddetta impossibilità materiale di Drummond di far ritorno in sede.

Avendo Ingram chiesto cosa si sarebbe potuto fare per evitare false interpretazioni del rinvio, gli ho risposto-che, a mio avviso, non vi era da far niente altro se non far pubblicare da qualche giornale inglese quanto egli mi aveva comunicato. La stampa italiana lo avrebbe ripreso.

Ingram mi ha chiesto particolari circa la visita del Duce in Germania. Gli ho risposto che in massima era stata decisa e che avrebbe avuto luogo nell’ultima decade di settembre. Per il momento non ero in grado di dargli maggiori informazioni.

Infine Ingram, premettendo che parlava nello stesso spirito della nostra ultima conversazione, e cioè con l’intendimento di evitare ogni incidente nel Mediterraneo che potesse turbare l’atmosfera tra i nostri due Paesi, mi ha presentato un promemoria relativo ad osservazioni compiute dalla nostra Aeronautica su piroscafi britannici.

Ho risposto ad Ingram che tali esplorazioni rientrano nel servizio normale dell’aviazione e non mi rendevo comunque conto del “danno” che esse avevano potuto portare alla navigazione britannica. Ingram ha convenuto che non si trattava di avvenimenti degni di rilievo, ed ha insistito sulla volontà inglese di eliminare ogni eventuale futura possibilità di malintesi.

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