SECONDA GUERRA MONDIALE, LE CAUSE NASCOSTE – 2

CENTRO DI STUDI STORICO – MILITARI
“Generale Gino Bernardini”

L E CAUSE OCCULTE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

Conferenza tenuta dal Dott. Aldo Stoico

L’Italia

Quando si paria di Mussolini, si entra in un campo minato. Ad ogni passo, si rischia di esplodere. Tuttavia, io credo che, a sessantaquattro anni dalla morte, si imponga una obiettiva analisi storica al di fuori delle ideologie, senza esaltazione e senza demonizzazione. Mussolini era certamente quello che si dice “un animale politico“, cinico, spregiudicato, altamente pragmatico. Seppe mettere d’accordo monarchici e repubblicani, cattolici e laici, borghesi e contadini, imprenditori e operai e, in un primo tempo, anche la massoneria e perfino le comunità ebraiche, fino alle infauste leggi razziali.

E gli italiani? Dapprima subirono la violenza del regime, le squadre d’azione, il delitto Matteotti, poi finirono per accettare io stato totalitario e la perdita di libertà in cambio dell’ordine e della sicurezza. Pian piano incominciarono a manifestare un crescente consenso, fino a una pressoché totale adesione, al punto che uno storico di alto livello, come Renzo De Felice, ebbe a dire: “Se si fossero fatte libere elezioni, con tutte le garanzie dei Paesi democratici, nel 1938 Mussolini avrebbe avuto un consenso “bulgaro” superiore all’80 %”. Esaltazione collettiva dovuta alla propaganda capillare e ossessiva del regime? Anche, ma non solo.

Le grandi opere pubbliche, dalla straordinaria bonifica dell’Agro-Pontino all’acquedotto pugliese, dalle ferrovie alle prime autostrade, sicuramente contribuirono a l consenso. Ma anche le realizzazioni sociali, come l’Istituto della Previdenza Sociale, la lotta contro la tubercolosi, autentico flagello per le classi più disagiate, l’Inail con la protezione dagli infortuni sui lavoro, giocarono un ruolo di primo piano nell’adesione al regime. E ancora, l’ONMI — Opera Nazionale per la Maternità e l’infanzia — che tutelava le categorie meno abbienti e le ragazze madri che, prima di allora, ricevevano aiuti e protezione soltanto dagli istituti religiosi.

Un grande impatto ebbe anche la Carta del Lavoro, riforma che non aveva precedenti in Europa, così come le colonie marine e montane che permetteranno ai bambini poveri di godere delle gioie della villeggiatura, dapprima riservate soltanto alle famiglie facoltose. Anche la legge sulla tutela dei beni culturali, fino ad allora lasciati allo sbando, nacque in quel periodo e così pure l’ENPA – Ente Nazionale per la protezione degli animali – e, passando all’effimero, anche il concorso di Miss Italia è datato 1939. in sintesi, gli italiani non si lasciarono solo affascinare dalla retorica dei fascismo, ma guardavano anche alle realizzazioni concrete.

Certamente Mussolini era un personaggio che sapeva parlare al popolo, soprattutto perché il figlio del fabbro di Predappio era il primo capo del governo che proveniva realmente dal popolo. Era in particolare sui giovani che si appuntava l’attenzione del dittatore e i giovani
aderirono in massa, eleggendo il Duce a “Princeps Juventutis”. Egli esaltava la giovinezza, il coraggio, la competizione, promuoveva lo sport e, nello sport, l’Italia degli anni Trenta ebbe successi straordinari, culminati nella duplice vittoria ai Campionati del Mondo di calcio nel 1934 e nel 1938, inframmezzati dalla vittoria olimpica del 1936.

Nel 1938, a Parigi, si registrò un singolare episodio. Si giocava la partita Italia-Francia e, avendo entrambe le squadre la maglia azzurra, l’Italia dovette cambiare casacca. Così, la Nazionale si presentò in camicia nera, con tanto di Fascio Littorio ben evidente sul petto. Fu accolta da una valanga di fischi da parte dei francesi, quando i calciatori sì rivolsero al pubblico con il saluto romano. Ma a fischiare non erano soltanto i francesi, vi erano anche molti italiani esuli antifascisti. L’Italia vinse tre a uno, dominando la partita e alla fine il pubblico francese applaudì, a fischiare rimasero soltanto gli italiani…

Ma non era solo calcio. L’Italia trionfava al Tour de France con Gino Bartali, vinceva nell’atletica, nel pugilato con Primo Camera, unico campione del mondo italiano nei pesi massimi, vinceva anche nell’ippica, per non parlare dell’automobilismo, con il leggendario Tazio Nuvolari. L’entusiasmo per il regime coinvolse anche il sesso femminile e questo può sembrare un paradosso, all’interno di un sistema altamente maschilista come quello fascista. I fasci femminili, le giovani italiane, i saggi di ginnastica assieme ai maschi, facevano sentire le ragazze protagoniste di un’epoca nuova.

Alle Olimpiadi di Berlino del 1936 la bolognese Ondina Valla vinse la medaglia d’oro, prima e unica italiana, nell’atletica leggera, superando le americane super-vitaminizzate e le prorompenti ragazzone tedesche. E l’Italia, bisogna ricordarlo, arrivò seconda assoluta alle Olimpiadi di Los Angeles.

Ondina Valla

Ma anche nella cultura primeggiava questa Italia al femminile. Proprio durante il ventennio, Grazia Deledda vinse il Premio Nobel per la letteratura, prima e unica donna italiana. La letteratura italiana annoverava anche la poetessa Ada Negri che, scrivendo al Duce, si firmava “la fedelissima di ora e di sempre”.

Si è sempre detto che il fascismo non avesse una cultura propria e questo è vero, o meglio, aveva una cultura piuttosto rozza, la cultura dell’azione e del dinamismo, ma è anche vero che furono le varie culture ad aderire al fascismo, come ad esempio il Futurismo di Marinetti, così come l’Accademia dei Lìncei, il Gotha della cultura italiana, poteva vantare la presenza di personaggi straordinari: letterati come D’Annunzio e Pirandello (altro Premio Nobel per la letteratura), filosofi come Croce e Gentile, musicisti come Mascagni e Pizzetti, senza contare Giacomo Puccini che pure aveva aderito al fascismo e aveva composto l’inno a Roma, su versi di Virgilio (poi dimenticato nel dopoguerra per la sua connotazione politica). E che dire di uno scienziato planetario come Guglielmo Marconi? Insomma, un autentico concentrato di cervelli come l’Italia non avrà più in seguito.

Ada Negri

Ma era il richiamo all’antica grandezza che più affascinava i giovani. E così il culto della Romanità, trasmesso a Mussolini, ironia della sorte, dall’ebrea Margherita Sarfatti. Si rispolverava l’orgoglio di essere italiani, il senso di appartenenza a una Nazione con un grande passato e un radioso futuro. Un’Italia vincente, dunque, ammirata e rispettata nel mondo e non più una nazione di emigranti e di mandolinisti. Scriveva mio zio dall’America che, dopo il trionfo con il Nastro Azzurro del transatlantico Rex, le navi Italiane entravano trionfanti nel porto di New York tra uno sventolio di bandiere tricolori, mentre, anni prima, i bastimenti carichi di emigranti dovevano aspettare giorni interi prima che i rimorchiatori si degnassero di andare a prenderli per portarli in porto.

L’avallo a questa Italia vincente degli anni Trenta lo darà addirittura Winston Churchill  che, proprio allora, scriveva: “Mussolini ha ridato all’Italia dignità, orgoglio e sicurezza, ha creato lo stato sociale più avanzato d’Europa. Se fossi italiano, non potrei non essere fascista”.

Margherita Sarfatti

Così si spiega l’adesione degli italiani alle due guerre fasciste. Alla Guerra di Spagna l’adesione viene addirittura dalle stanze vaticane, mentre per la Guerra d’Etiopia il consenso fu ancora più massiccio. Si registrarono addirittura un milione e mezzo di richieste di volontari, dai dodici agii ottant’anni! Tra gli aderenti, due nomi insospettabili: il filosofo Benedetto Croce, antifascista doc, e il comunista Palmiro Togliatti che in una lettera si rivolgeva ai “compagni in camicia nera”.

L’ascesa

Siamo nel cuore degli anni Trenta, gli anni decisivi per la storia dell’umanità. Essi vedono l’ascesa vertiginosa dei regimi totalitari, accompagnata dal consenso sempre più crescente del popolo e dal divenire sempre più fievole delle opposizioni interne. Torniamo all’inizio: fu davvero soltanto Hitler il responsabile della seconda Guerra Mondiale? Gli storici del dopoguerra furono concordi su questo. Fu uno storico inglese, Alan Percival Taylor, nel 1961, a mettere in dubbio per primo questa affermazione, ricercando altre cause.

Poi vennero altri storici, cosiddetti revisionisti, da Nolte, Milza, fino a Irving. Ma più stupefacente è l’affermazione di un noto storico italiano, sicuramente non revisionista, anzi potremmo dire, di regime, Pietro Melograni, il quale afferma: “Hitler, quando attaccò la Polonia, non voleva scatenare la guerra mondiale, voleva sì restituire alla Germania un ruolo di grande potenza, ma riteneva che gli bastasse giocare d’astuzia, combattere alcune guerre-lampo (Blitz-Krieg), rigorosamente circoscritte e nessuna velleità di conquistare il mondo intero, come l’immaginario collettivo continua a ripetere”.

Così, la guerra mondiate da lui iniziata, ma non desiderata, lo portò alla rovina, vediamo allora il perché di quanto accaduto. Ancora un volta, dobbiamo prendere come punto di riferimento la Gran Bretagna e scoprire che cosa stava accadendo al suo interno. Fermenti autonomistici si registravano in quegli anni in Scozia. Noi sappiamo ben poco di quella regione, al di là di una rivalità quasi sportiva e goliardica. In realtà, tra Scozia e Inghilterra, vi furono settecento anni dì lotte cruente.

La Scozia venne forzatamente incorporata sotto la Corona britannica. Maria Stuarda, regina di Scozia, venne decapitata dalla cugina Elisabetta inoltre, vi furono lotte religiose tra cattolici e anglicani. Con la cosiddetta Guerra delle patate, i dominatori inglesi presero per fame gli scozzesi.

Gli scozzesi non hanno dimenticato. La longa manus dì Hitler fomenta il desiderio di indipendenza di questo popolo indomabile. Ancora più drammatica la situazione in Irlanda, dove il contrasto religioso era ancora più evidente. Bisogna ricordare che l’Inghilterra ha occupato l’Irlanda fin dal 1171 e che l’Irlanda ha ottenuto la sua totale indipendenza solo nel 1937. Si tratta della più lunga occupazione della storia europea. In mezzo, rivolte, repressioni e sangue, tanto sangue sparso.

L’Inghilterra colonizzò letteralmente l’Irlanda, ne sconvolse la struttura economica, affamando la popolazione e costringendola a una emigrazione di massa verso gli Stati Uniti, prefigurando metodi ben più crudeli applicati da Stalin nei confronti del popolo ucraino. L’ultima rivolta irlandese risale ai 1916, rivolta ancora una volta repressa nel sangue dagli inglesi, con fucilazioni e impiccagioni. Collins e De Valera saranno gli eroi di questa nazione orgogliosa e sfortunata. La Germani nazista soffia sul fuoco, servendosi di una propaganda capillare ed efficace e sfrutta anche la cinematografia, producendo un film, “La mia vita per l’Irlanda”, che rievoca appunto quella rivolta e che verrà proiettato anche in Italia.

Il regime hitleriano, dopo che la Gran Bretagna chiuse la porta all’alleanza anglo-tedesca, diventa un pericolo mortale per l’impero britannico che rischia addirittura di essere scardinato dall’interno. Una lacuna della storiografia relativa alla seconda Guerra Mondiale, è quella di avere una visione eurocentrica della storia, tutto cioè fa perno attorno all’Europa. È vero che la guerra nasce in Europa, ma a contribuire alla sua esplosione furono, indirettamente, nazioni extra-europee, un’affermazione che può sembrare paradossale, se non addirittura provocatoria.

Iniziamo dal Vicino Oriente: in Libano, allora protettorato francese, nasce un movimento che si ispira direttamente alle nuove ideologie europee. A capo di questo, la famiglia Gemayel, cristiano-maronita, a stretto contatto con il Vaticano. Decisamente anti-francese e antibritannica, fonda “La Falange”, un nome dietro al quale non si nasconde neppure la derivazione franchista e fascista.

Molti indipendentisti sorgono anche in Tunisia, dove è presente una folta colonia italiana. Inoltre, è a stretto contatto con la Libia, governata da Italo Balbo, che aveva instaurato un rapporto motto più aperto con fa popolazione araba. Evidentemente la Francia temeva il contagio, anche perché con l’Italia era ancora vivo il contenzioso circa il dominio di quella nazione. Nella spartizione colonialista dell’Africa settentrionale, la Tunisia avrebbe dovuto essere assegnata all’Italia. Ma il presidente Ferry, approfittando della debolezza del governo italiano, diede ordine al generale Breart dì occupare quella regione, suscitando nell’italia frustrazioni e desiderio di riscatto.

Mussolini rispolvera le antiche rivendicazioni, la Tunisia deve appartenere all’Italia e Biserta, la penisola che si protende verso l’Italia, è una pistola puntata verso il nostro Paese. Il linguaggio roboante dei Duce fa presa sulla colonia italiana in quella terra africana che la Francia ha usurpato all’Italia. Ancora più significativo quanto avveniva in Egitto, dove si registravano veri e propri complotti antibritannici, stroncati duramente con arresti indiscriminati. Tra gli arrestati, un giovane ufficiale, fervente devoto musulmano, personaggio ascetico, di grande caratura morale e che in seguito diventerà famoso in tutto il mondo.

Egli si trovava in carcere, quando le truppe dell’Asse avanzavano verso Alessandria e molte signore della comunità italiana, ma anche egiziane e musulmane, preparavano le coccarde tricolori da appendere sul petto dei soldati italiani che sarebbero stati accolti come liberatori. Questo ufficiale si chiamava Abdel El Sadat, futuro Rais d’Egitto, artefice del processo di pace con Israele assieme a Begin, con il quale diverrà Premio Nobel negli anni Settanta.

Fermenti di rivolta anche nel Sudan che allora si chiamava anglo-egiziano. A Khartoum ci fu una spietata repressione, con molte vittime. In Sudan, dettaglio non marginale, vi erano giacimenti petroliferi. L’avanzata delle truppe italo-tedesche verrà poi fermata a El Alamein. Non meno inquietante quanto avveniva in Palestina, allora mandato britannico.

Qui la rivolta araba aveva un duplice bersaglio; gli occupanti inglesi e le comunità ebraiche, alle quali l’Editto di Balfour aveva consentito di insediarsi in quei territorio. Logica e prevedibile l’influenza nazista. Hitler, nel suo furore antisemita, coglieva l’occasione per estendere la sua ingerenza e per sollevare le popolazioni arabe. Giunse così in Europa il Gran Muftì di Gerusalemme, con tappe d’obbligo a Roma e a Berlino, dove viene accolto come un sovrano. L’alleanza porterà alla formazione della “Arabiscbe Deutsche Abteilung”, corpo misto arabo-tedesco che combatterà anche in Sicilia, rievocato nel recente romanzo “Le uova del drago”, dello scrittore Buttafuoco. Il Gran Muftì aveva un nipote, al quale era particolarmente affezionato e che diventerà famoso con il nome di Yasser Arafat.

il Gran Mufti Mohamed Amin el Husseini con Hitler

Dopo la guerra, il Gran Muftì sarà denunciato per crimini di guerra, ma non arriverà mai a
Norimberga, verosimilmente protetto per ragioni politiche e strategiche. Sulla situazione palestinese si inserisce anche l’Italia. Dalle carte dei servizi segreti britannici e dall’Università ebraica sono emersi documenti che attestano un continuo flusso di denaro al Gran Muftì Husseini, tramite il Console De Angelis e il Sottosegretario agli Esteri Suvich. Lo scopo era quello di preparare un vero e proprio piano di destabilizzazione di tutto il Medio Oriente, dalla Palestina alla Giordania, alla Siria, all’Egitto e al Sudan.

Questa notevole influenza dell’Italia in settori così caldi ed esplosivi, nonché il notevole prestigio di cui godeva Mussolini nel mondo islamico, non potevano non preoccupare Sua Maestà Britannica, che cominciava a vedere nell’Italia un nemico pericoloso. Rivolte anche in India. Un giornalista svizzero riesce a filmare la scena per le strade di Bombay, con scontri sanguinosi. La repressione è come al solito spietata: arresti, processi e impiccagioni pubbliche.

Riproduzione da una rivista inglese di Gandhi a colloquio con due personalità

È l’epoca del Mahatma Gandhi, odiato e disprezzato dagli inglesi. Gandhi viene in Europa e trova l’appoggio delle dittature. Hitler lo accoglie con una certa freddezza, definendolo un fachiro seminudo, Mussolini lo riceve invece con tutti gli onori e organizza per lui, circostanza unica, un concerto a Villa Torlonia. Parlando di lui, dirà: “Non è solo un grande idealista, ma è anche un genio e un santo”. Congedandosi, il Mahatma Gandhi dice a Mussolini: “Il mondo ha bisogno di uomini come voi”. Ben diversa l’opinione di Churchill che, del grande leader, dirà, riferendosi ai suoi digiuni: “Se quel selvaggio ha deciso di crepare, lasciatelo libero di farlo”.

Anche il Sudafrica dà segni di insofferenza. Tra gli Afrikaans, eredi degli antichi boeri, e gli
inglesi sopravvivono vecchi rancori. Nella guerra anglo-boera, gli inglesi usarono metodi brutali, non degni di uno stato democratico, perseguitando i civili, lasciandoli morire di stenti e di fame nei campi di raccolta. Persero la vita decine di migliaia di civili, vecchi, donne e bambini, in quelli che erano veri e propri campi di sterminio.

Parlando con i discendenti dei boeri, è sorprendente ascoltare che un genitore non darebbe mai la figlia in sposa a un inglese. Gli Afrikaaner, razza olandese, non dimenticano. Allo scoppio del conflitto, il Sudafrica rifiuterà di entrare in guerra con la Germania. Poi, tra minacce, lusinghe e promesse di autonomia, riuscì ad arruolare gli Afrikaaner, che verranno mandati allo sbaraglio e sacrificati contro le forze dell’Asse, in Africa settentrionale.

Perfino nell’Africa nera si respirava simpatia per l’Italia e per la Germania. Viene in Italia Sengor, il futuro presidente del Senegal liberato dal colonialismo, uno dei pochi leaders illuminati del continente africano che si dimostra entusiasta delle organizzazioni giovanili fasciste, affermando e auspicando anche per il suo Paese la formazione di “balilla africani”. Giunge in Italia anche un principe saudita, ma non abbiamo documentazione relativa al contenuto dei colloqui, ma credo sufficiente ricordare che, proprio negli anni Trenta, erano stati scoperti in Arabia Saudita immensi giacimenti petroliferi.

Ettore Muti con Mussolini

In compenso, di quell’incontro si ricorda un episodio piuttosto piccante che ebbe per protagonista Ettore Muti, il segretario del Partito Fascista. Il Principe, che aveva gusti particolari, tentò un approccio molto ardito e Ettore Muti lo stese con un immediato e possente cazzotto. Si rischiò l’incidente diplomatico e Mussolini chiamò il gerarca per chiarimenti. Quando Muti gli spiegò le ragioni dell’accaduto, rimase sorpreso e disse: “A me fatti del genere non sono mai capitati”. Muti gli rispose: “Ma voi, Duce, non siete bello come me”.

Lasciando da parte l’aneddòtica, fermenti antibritannici scuotevano l’Iraq, dove era stato creato il Regno anglo-arabo di Re Feisal (molto anglo e poco arabo, poiché gli introiti del petrolio spettavano soltanto per l’1,5% all’Iraq, tutto il resto alla Gran Bretagna). Il mondo arabo non poteva essere sordo alle sirene che provenivano dalle dittature europee. In Iran Reza-Khan fonda la dinastia dei Pahlavi e dimostra evidenti simpatie naziste. Durante la guerra, lo Scià tenterà di opporsi al passaggio di aiuti e rifornimenti all’Unione Sovietica in
difficoltà, ma i bombardamenti inglesi lo ridussero alla ragione.

Rischiava d’infiammarsi tutto il Golfo Persico, fonte energetica di tutta l’economia capitalista. L’immenso Impero britannico poteva implodere dall’interno, con il possibile tracollo sotto la spinta delle nuove ideologie che promettevano un nuovo ordine mondiale. E allora, “Germany first!”, la Germania prima di tutto doveva essere abbattuta. Il grido riecheggia, il “Delenda Chartago” dell’epoca romana, Roma e Cartagine, uno dei due doveva morire.

Non era la libertà contro la tirannide la ragione del conflitto che si andava profilando, come la vulgata postbellica ha imposto al circuito mediatico, ma era in gioco l’egemonia mondiale. All’orizzonte, uno scontro titanico, non tanto sotto il profilo politico, quanto sul versante economico. Da una parte le potenze super capitalistiche e imperialiste, dall’altra le nazioni emergenti, Germania e Italia.

Göring, Mussolini, Hess, Hitler, Himmler e Ciano alla conferenza di Monaco 1938

In altre parole, si trattava di spartirsi le riserve energetiche e le ricchezze del mondo. In tutto questo le ideologie c’entravano ben poco. È così che si spiegano le alleanze anomale, Germania e Unione Sovietica prima, Gran Bretagna e Unione Sovietica poi. Quest’ultima rimarrà nell’ombra, non perché non fosse interessata alla guerra, ma perché la riteneva prematura. Ma, come si evince dai documenti emersi dagli archivi sovietici dopo la caduta del comunismo, l’URSS aspettava che le forze in campo si dissanguassero, per poi intervenire e ottenere una facile vittoria.

L’attacco preventivo della Germania, nel 1941, cambierà la situazione. All’Unione Sovietica non riuscirà il piano di aggredire alle spalle una nazione morente, come aveva fatto con la sfortunata Polonia. Questo era dunque lo scenario in quei “ruggenti anni Trenta”. Forse qualcuno ricorderà le mappe che venivano pubblicate in Italia e che riguardavano la distribuzione delle ricchezze nel mondo. Le mappe colorate erano dominate da un’immensa massa rosa, riferita ai possedimenti britannici, una più piccola, ma ugualmente rilevante, colorata di blu, riferita a quelli francesi, poi altre piccole chiazze di colore per le nazioni minori, Belgio, Olanda, Spagna, Portogallo. Per Germania e Italia, nulla o quasi.

Mussolini, con la consueta ed efficace retorica, in cui era maestro, proclamava la lotta dei paesi poveri contro quelli ricchi, le cosiddette demoplutocrazie contro le nazioni giovani, “il sangue contro l’oro”, come diceva una canzonetta propagandistica dell’epoca. Le prime, che nulla volevano cedere, le altre che ambivano a entrare nell’Olimpo dei grandi. Intanto, le ideologie totalitarie contagiavano l’Europa intera e non solo l’Europa.

In Romania nascono le “Guardie di Ferro” di Codreanu. Nei Paesi Baltici le “Croci Frecciate”, le “Camicie Verdi” nelle Fiandre. Tutte cercavano di imitare, anche nelle divise, la simbologie nazista e fascista. Ma anche nei Paesi democratici sorgono movimenti ispirati alle dittature germanica e italiana. In Francia Bucard e Laval, nonché personaggi della cultura, come il grande poeta Brasillach, poi fucilato per alto tradimento nel 1945.

Oltre che in Norvegia, anche nella democratica Svezia non si nascondono simpatie per i nazisti. Recenti scoperte hanno evidenziato rapporti segreti e anche aiuti con la fornitura di materie prime alla Germania. Purtroppo, date Germania venivano anche importate le iniziative più spregevoli, come la soppressione degli handicappati, ritenuti improduttivi.

Contro questa crescita esponenziale dei consenso ai nazismo e ai fascismo entrano in scena altre forze occulte che condizioneranno anch’esse il corso della storia:

La massoneria

E’ una sorta di oggetto misterioso che ha radici antiche, ma che conserva ancora ombre non del tutto svelate. Quel che è certo è la sua straordinaria influenza nel riuscire a posizionare i suoi uomini ai vertici del potere mondiale, attraverso una ragnatela di collegamenti con le classi più elevate delle nazioni di tutto il mondo. La massoneria dapprima strizza l’occhio al fascismo, poi virerà invece verso gli stati democratici.

Le comunità ebraiche

Non esisteva ancora lo Stato d’Israele, tuttavia esisteva un potere sovranazionale che coordinava le varie comunità sparse e che faceva capo ai Consiglio dei Saggi di Sion. Non c’era uno stato ebraico, ma già in Palestina sventolavano bandiere con la Stella di David e, alla Conferenza di Parigi, erano presenti Herzl e Weizman che teorizzavano l a fondazione  di un nuovo stato in Palestina. La classe dirigente ebraica deteneva un grande potere economico in Europa e negli Stati Uniti. Le banche, le industrie, i commerci e, soprattutto, l’alta finanza erano in gran parte in mano ad ebrei e, attraverso una fitta rete di collegamenti, costituivano una vera e propria centrale del potere economico mondiate.

Questo potere economico era inscritto nel sistema capitalistico e finiva per saldarsi con esso. La persecuzione antiebraica scatenata da Hitler coinvolgeva pertanto tutto il sistema e ne minava le basi dall’interno. La propaganda nazista parlerà di complotto giudaico massonico e la dichiarazione di guerra alla Germania da parte del Consiglio Superiore Sionista fornirà a Hitler il pretesto e l’alibi per la deportazione e la chiusura nei campi di concentramento degli ebrei di tutta Europa. Di conseguenza, il grande potere economico ebraico spingerà le potenze occidentali verso la guerra, e guerra doveva essere subito, senza attendere oltre e prima che fosse troppo tardi.

La Chiesa

Altro campo minato! Il Vaticano cercò in tutti i modi di mantenersi al di sopra delle parti, condannando apertamente tutte le dittature, ma individuando un nemico con il quale era impossibile venire a patti “per la sua dottrina intrinsecamente perversa”, per la sua professione di ateismo e per le feroci persecuzioni anticristiane messe in atto. Era, quindi l’Unione Sovietica, vista come una sorta di Anticristo, il vero nemico della Chiesa e questo spiega la maggiore condiscendenza verso le dittature fascista e nazista.

Tra il Vaticano e l’Ebraismo, è inutile nasconderlo, per duemila anni non è mai corso buon sangue: l’accusa di Deicidio, la crocifissione di Gesù voluta dal Sinedrio ebraico, più che dal tribunale di Ponzio Pilato, le preghiere dei Cristiani per la conversione dei “perfidi Ebrei”, avevano scavato un solco incolmabile tra le due religioni.

Ma anche il Talmud, non meno che nella liturgia cristiana,aveva parole di fuoco: Gesù traditore della causa d’Israele, la giusta crocifissione, il diritto di esercitare l’usura contro i non ebrei, il non condannare l’inganno se eseguito contro i cristiani, le Pasque di sangue e via dicendo, erano testimonianze di un sordo rancore, per  non dire odio, che pareva inestinguibile. Chiesa ed Ebraismo non si amavano, tuttavia è da rigettare l’accusa di Papa nazista, formulata da una parte delle comunità ebraiche, in quanto il Vaticano, e anche l’Italia, nonostante le famigerate leggi razziali, salvarono più ebrei di quanto non abbiano fatto le altre nazioni europee.

Il Vaticano poi, attraverso l’Operazione Odessa, favorì l’espatrio di personaggi compromessi con il nazismo, ma ciò era compatibile con l’ottica cristiana che, dapprima, vedeva gli ebrei come perseguitati da difendere e, in quella stessa immagine, successivamente, gli sconfitti, anch’essi bisognosi di protezione. In quel turbinoso e ancora sanguinoso dopoguerra era difficile stabilire se tra i fuggiaschi vi fossero anche pericolosi criminali di guerra.

In quegli anni Trenta, inoltre, i contrasti tra la Chiesa cattolica romana e le chiese riformiste degli Stati Uniti erano notevoli. Negli USA, infatti, era dominante la presenza dei WA.S.P. (White-Anglo-Sasson-Protestant), con evidente disprezzo per i cattolici. Ancora più tesi erano i rapporti tra Roma e la Chiesa anglicana. Un progetto presentato alla Camera dei Lord (alla formulazione del quale pare non fosse estraneo neppure Winston Churchill) conteneva il piano di radere al suolo la Città del Vaticano, compresa fa Cappella Sistina! Vengono i brividi al pensiero che l’odio verso i “Papisti” (così a Londra venivano chiamati i Cattolici) avrebbe potuto portare alla perdita del più grande monumento che il genere umano abbia potuto concepire.

Questo aggrovigliato intreccio di interessi finì per spingere i l mondo verso fa guerra. Al grande tavolo verde della storia, le carte in mano le avevano sempre avute le grandi potenze capitaliste e colonialiste. Ora, Germania e Italia sparigliavano le carte, entrando con effetto dirompente nel grande e turbolento “Casinò della storia”, rischiando di sconvolgere i non più solidi equilibri mondiali.

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