a cura di Cornelio Galas
“L’ultima lettera di Benito”, di Pasquale Chessa e Barbara Raggi (Mondadori) ricostruisce la storia dei seicento giorni della Repubblica sociale attraverso il carteggio tra Mussolini e Clara Petacci. Sono 318 le lettere inviate da Mussolini a Clara e migliaia le carte da lei conservate a futura memoria. Una specifica autorizzazione del Ministero è stata necessaria per accedere al fondo archivistico che, a oggi, è ancora interdetto.
Nonostante la leggenda, Mussolini non si è discostato dal costume nazionale di promuovere e favorire familiari e famigli. A Salò tutto si complica: le due famiglie, quella ufficiale e quella ufficiosa, gli procurano grane a non finire. E se Galeazzo Ciano, suo genero, finisce fucilato per permettere al Duce di accreditarsi come il più tedesco dei filotedeschi della neonata repubblica sociale, Marcello Petacci, pseudo-cognato, ne esce invece indenne.
Già dai tempi del fascismo trionfante, i dossier su Marcello si erano accumulati sulla scrivania di Mussolini. Lo descrivono come un affarista, un trafficante di valuta. Un faccendiere diremmo oggi. Ma è la sua fedeltà che deve essere premiata. E si richiede una compensazione per i giorni di carcere scontati sotto il governo Badoglio.
Già nella sua prima lettera a Clara, Mussolini gli ordina di mettersi al servizio delle SS come medico. Marcello non esegue. Ben presto si trova nei guai con l’esercito. Clara, preoccupata, interviene il 21 febbraio 1944. Le dà il destro un presunto allontanamento di Mussolini. Lei teme sia a causa delle vicende di suo fratello:
“(…) Mi dici che tu credevi che lui avesse fatto qualche passo… certo, tu dimentichi, hai troppe cose in mente… Ora ti ricordo io… Quando mi scrivesti a Merano non so se la prima o la seconda lettera – mi dicevi che papà e Marcello dovevano prendere servizio medico presso le S.S. Immediatamente dato che c’era il simpatico Dietrich – papà e Marcello si misero a contatto con il generale – il quale lì stesso subito chiamò il direttore e i servizi sanitari e davanti ai miei gli ordinò di prendere con sé Marcello (…) Mi ricordo che la rapidità degli ordini e la cortesia mi stupì e commosse… abituati alla villania dei nostri ufficiali e soprattutto alla nauseante burocrazia.
Dopo di che io ti comunicai ciò per telefono – ti mostrasti lietissimo- e Marcello si mise in posizione di attesa come dicesti tu… Passarono molti giorni- nulla. Sollecitammo e anche Marcello sollecitò.. (…) Intanto noi ci vedemmo il 28 ottobre, come credo non avrai dimenticato… e nelle lunghe ore di conversazione parlammo anche di Marcello – per il quale tu avesti parole di grande simpatia. (…) Io ti chiesi che cosa dovevano fare nel frattempo… tu mi dicesti nulla: deve stare a Merano e non muoversi di lì altro per venire da me – e per cose di assoluta necessità (…) Non appena si stava riformando la marina io ti scrissi e quindi anche al telefono ti chiesi cosa doveva fare Marcello – se presentarsi o meno e se doveva muoversi da Merano.
Mi rispondesti no categoricamente – dicendo che per Marcello avevi i tuoi programmi precisi e che perciò non si muovesse, non si mettesse in vista – che al tutto pensavi tu… Ancora e più di una volta (…) feci presente la situazione. Mi rispondesti che non era urgente presentarsi – e che preferivi che Marcello rimanesse a Merano per ora. Intanto io venni via, venni qui – e Marcello chiese ancora di far parte dell’SS per lavorare… (…). La prima volta che vedesti Marcello da te, lui ti parlò della sua situazione militare; e cioè maggiore medico effettivo, posizione alla quale tiene in modo particolare e tu dicesti che avresti perfettamente abbinato le due cose perché lo avresti messo in condizione di mantenere il grado il ruolo di effettivo – e tutto questo come per migliaia di ufficiali incaricati di missioni delicate all’estero che vengono messi a disposizione dal ministero e rimangono quindi con gli stessi diritti e lo stesso posto in marina.
Ne parlaste a lungo (e ancora l’ultima volta ne parlaste dettagliatamente) e sempre tenendo fermo che della cosa ti saresti interessato tu per evitare che Marcello figurasse e girasse… (…) La sua situazione è quindi invariata. Al momento che tu senza smuovere le acque per non si sa come e da chi possono essere intorbidate per vigliaccheria – dichiari che l’ufficiale in questione è a tua disposizione – Marcello entrerà automaticamente nella nuova marina – e si libererà nel medesimo tempo da ogni intromissione pettegolezzo e cattiveria… Entra con il suo grado le sue qualifiche ecc. Naturalmente se tu chiedi la sua situazione metti a rumore il ministero della Marina – provochi (…) un motivo per versare veleno – e comunque ti diranno che non si è presentato.
Grazie – ma sei stato tu a non voler per nostri personali considerazioni e programmi. Perciò io credo che noie eventuali intrighi e storie – tu provveda come eri d’accordo e tagli ogni commento e ogni ingerenza. Semplifica e soprattutto non esitare a fare per Marcello ciò che giusto dopo tanto soffrire e dopo tanta rovina familiare. Come vedi ora la situazione è chiara. Si è isolato racchiuso per tuo preciso desiderio e anche per suo, dato che se avesse potuto esserti utile e occupare un posto vicino a te anche di rischio ma per esserti utile e servirti – valeva la pena di essere nel gomitolo – ma per avere noie rotture d’anima anonimi e altre porcherie no. (…)”
Alla lettera Mussolini risponde, nello stesso giorno, con due laconiche righe inserite in altro contesto. Un po’ seccato, lamenta:
“Quanto a Mar. io credevo che appena scarcerato avesse dato notizie di sé al suo ministero rispondendo ai diversi inviti di presentazione fatti. Adesso ho già chiesto qual è la sua posizione: è in congedo?”.
Promette interessamento e infatti dei casi militari di Marcello Petacci non se ne parlerà più. Si parlerà invece dei suoi affari e delle sue richieste di denaro di cui diamo un esempio. Uno tra i tanti. Siamo nel settembre 1944, la Repubblica vacilla. Clara e Mussolini hanno da tempo individuato in Marcello il pesce pilota che poterà in salvo la famiglia Petacci e, in seconda battuta, preparerà una strada sicura anche alla coppia. Quindi lo pseudo-cognato deve partire. Tuttavia le sue richieste sono irricevibili anche per il duce. Che scrive il 20 settembre 1944:
“Mia cara piccola, (…). Ti prego di dire a Marcello di non fare delle richieste fantastiche. In tutta l’Italia repubblicana non c’è quanto ha chiesto. Digli che parta, che cammin facendo si aggiusta la soma (e qualche volta anche il somaro: ma non è lui)”.
E il giorno successivo:
“(…) Che Marc. debba partire con un certo bagaglio non v’è dubbio, ma quanto egli ha chiesto non esiste, dico non esiste (…)”.
Tuttavia, come vedremo, i soldi per i Petacci si troveranno. E non saranno pochi.
L’ideologia e l’amore non rendono Clara una donna poco pratica. Soprattutto quando si tratta di denaro è pragmatica fino alle estreme conseguenze. Tiene conti accurati. Segna i nomi dei ministri che intralciano lei e la sua famiglia e appoggia quanti sono nel suo “partito”. A Salò ogni residua distinzione tra il Duce e lo Stato è scomparsa. Ciò che è bene per Clara è ottimo anche per Mussolini e di conseguenza ministri e ministeri si devono adeguare. Lei non accetta le accuse di essere una “profittatrice del regime”. Quelle accuse che avevano portato lei e i suoi in carcere durante il governo Badoglio. Per difendersi dal sospetto infamante scrive, alla fine del dicembre 1943, una lunga lettera a Vittorio Mussolini, figlio del dittatore e capo della segreteria politica, identificato come il nemico numero uno.
“Gentilissimo Vittorio – ho molto riflettuto prima di scrivervi per il rispetto che ho per vostro padre – ma dopo quanto è accaduto di meschino e di ingeneroso – sento che devo.. Non è una giustificazione – ma una chiarificazione necessaria. E’ ora che voi sappiate la verità dei fatti che sin troppo sono stati falsati e sui quali evidentemente siete stato male informato o per mal animo o per scopi imprecisati.
La persecuzione di cui mi fate oggetto è vile (…) Non sono la femmina che voi credete Vittorio – sono una donna – una donna nel senso più nobile del significato completo che io do a questa parola – quando comprende sacrificio offerta tutto. Le calunnie abominevoli che han servito ai traditori per fare della bassa propaganda – non dovevano trovare eco nel vostro cuore giovane fresco – che dovrebbe essere ancora intatto nelle illusioni – e non contaminato dall’afflato della miseria umana. Lasciate agli esseri inferiori – inintelligenti- a quella parte della umanità immeritevole di ogni considerazione – alla zavorra che appesantisce di ogni viltà e corrode lo spirito di un popolo – di blaterare e oltraggiare insudiciare tutto. (…) Non ho mai chiesto nulla – non ne avevo bisogno – e se anche ne avessi avuto non avrei mai chiesto.
La mia famiglia non è nata con il fascismo – ha vissuto per il fascismo – con fede purissima in un Credo categorico e inequivocabile dall’Avvento – io ero una bambina – mio fratello un fanciullo – i miei ci hanno insegnato a credere.. Noi abbiamo raccolto il retaggio di una tradizione di nobiltà, di lavoro, di onestà – il nome di mio padre da secoli incontaminato è stato da lui rinnovato in un’esistenza di lavoro di sacrificio- in una completa dedizione all’umanità e alla scienza in 36 anni di travaglio professionale di indiscutibile valore e di luminosi trionfi sul male più implacabile… raccogliendo la riconoscenza degli umili e dei grandi. Non ha mai nulla chiesto e nulla voluto. Ha soltanto dato – e l’onta scatenata da un’ira inconsapevole e malvagia sulla sua testa bianca e onorata è una delle pagine più vergognose di questo periodo infausto. E così di mia madre – mamma nel senso più umano e grande tutta la sua vita è stata offerta dedizione ai figli.
Suo padre Augusto Persichetti era una delle più nobili e note figure di Roma – professore assessore – arrossirebbe oggi.. Forse ignorate che i fratelli di mia mamma sono i famosi ingegneri che hanno riempito l’Europa di costruzioni… e da prima del 21. Mio fratello anch’esso così infamato ha vissuto nell’anima ardente del fascismo ha portato alla fede il suo tributo d entusiasmo – nelle lotte comuniste del Belgio era ancora un ragazzo – ha continuato la sua opera di propaganda nella marina dove è maggiore medico – è chirurgo esperto e abilissimo – ha due libere docenze. Il suo curriculum forse sfaterebbe molte leggende – alle quali non avrei risposto se la coscienza non mi imponesse di farlo.
E’ ora di finirla con questa storia di guadagni illeciti – di affari loschi – di vergognosi traffici… Egli ha messo al servizio del suo Duce la sua intelligenza la sua attività – tentando di fare del bene- di ostacolare il tradimento – di portare la sua piccola pietruzza di fedele al gigantesco lavoro – null’altro. (…) E la situazione morale della mia famiglia sia – con questa messa a punto – chiarita e definitivamente chiusa. Per quanto mi riguarda vi dico ancora… Ho avuto un solo desiderio e una sola aspirazione –essergli di conforto – essere un sorriso nel grigiore del suo lavoro – il sollievo nella sua fatica – una parentesi di dolcezza nel Suo tormento di Grande – grata e felice del Suo affetto – dono sublime – ho chiuso la mia giovinezza nell’offerta”.
I rapporti tra Mussolini e il figlio Vittorio erano molto tesi a causa dei Petacci in generale e di Clara in particolare. Convinto che la lettera abbia ottenuto, per lo meno, una pace armata, il Duce scrive:
Mia cara, (…) Molto bella la tua lettera e ritengo che un qualche effetto lo abbia avuto.(…)
Ciononostante Clara deve abbandonare il lago di Garda, almeno per un po’. Parte per Merano dove abita suo fratello Marcello che, a sua volta, attende soldi e passaporto per un trasferimento in Ungheria. Come le ricorda Mussolini nella stessa lettera:
“Ai primi di gennaio Marc. avrà quanto occorre per trasferirsi a Budapest e ivi creare una dimora”.
Il progetto Ungheria, come abbiamo già visto, sarà accantonato. Da Merano Clara riceve dalla sua rete di informatori una serie di notizie allarmanti. Massima è stata la sua vigilanza nei confronti delle altre donne. Ora è necessaria una maggiore attenzione perché le altre non sono semplici amanti, ma prezzolate della segreteria politica per scalzarla dal suo ruolo e allontanare per sempre Mussolini.
E con lui la protezione per lei e la famiglia. La lettera, torrenziale come al solito, punta contro Pucci, amico di Vittorio Mussolini, membro lui stesso della segreteria politica e incaricato di gestire una parte dei soldi del partito. Scrive Clara:
“Queste sono le donne che la tua segreteria politica quel gruppo di greppinati fetidi ti servono per eliminare definitivamente me – poiché a me preferiscono tutto è chiaro – di una marchettara possono servirsene anche loro e manovrarla con me non c’è nulla da fare… (…) Ti conoscono bene – sanno che se riescono a nutrire le tue voglie – tu mi abbandoni al mio destino rinnegando amore e il resto! Il gioco riesce… Il Pucci è andato dalla signora… e si è messo d’accordo… tutto come previsto… Se tu fossi discreto e furbo io ti direi come so… tu scopri le persone e le rovini …
Ti dico che Pucci ha detto qui a Merano che le Petacci… abbiamo trovato il loro lato debole e sappiamo che è inutile prendere di fronte – le distruggiamo automaticamente. Chiodo scaccia chiodo è una vecchia e nota storia… Lei non può vederlo – lui è di facile accontentatura – donne disposte ce ne sono a centinaia – il colpo è fatto senza tanta fatica. Siamo riusciti a cacciarla via di qui e questo è stato un colpo da maestro – il Duce non ha reagito da subito – si vede che è questione di donne – lei è lontana poco o niente può fare …
Noi portiamo qui la S. con la scusa di sistemarla ecc. – poi la serviamo sul piatto – lui abbocca come sempre ha fatto,,, anche con la B. abbiamo giocato lo stesso tiro – ma con la Petacci qui era più difficile… Vedrete che la Petacci è finita – non le diamo un mese di vita. E così quella sfruttatrice… quella p… da 5 dico 5 lire avrà finito di derubare il Duce ecc. Sei soddisfatto Ben? Ne vuoi ancora di altro? (…)”
Mussolini le aveva chiesto di allontanarsi per un breve periodo, prendendo le festività come pretesto in attesa di trovare un modo per chetare le acque. Lei è ferma nel ricordargli la data del sei gennaio come scadenza ultima per il ritorno. Non può rischiare di restare isolata mentre altre donne minano la sua posizione.
“Io mi attengo alla tua parola detta e scritta prima che mi muovessi da lì.. io il sei dico il 6 sono giù.. Se non mi vorrai vorrà dire che ritirerò tutti i miei abiti tutto quanto ho lasciato e che devo riprendere.. e intanto tu mi darai passaporti visti e valute- e così sarà finita anche questa commedia …
Questa accozzaglia di delinquenti potranno fare i ruffiani con le prostitute – potranno tradirti e giocarti per i loro sporchi interessi come prima peggio di prima – poiché oggi è la fine… e io ti farò avere nuove di me – di quel che sarò finalmente diventata così come il tuo tradimento ultimo mi avrà reso stroncando per sempre ogni illusione nella vita e in te e così come tutti mi hanno creduto senza che tu mi difendessi e mi riabilitassi dopo aver dato a te e all’idea più di tutti questi fetenti”.