MA IL DUCE ERA PAZZO? – 1

a cura di Cornelio Galas

Ma Benito Mussolini era … pazzo? Aveva comunque problemi psichiatrici? Alla domanda hanno cercato di rispondere, nel 1985, due noti medici specialisti in questo settore: il trentino Beppino Disertori e Marcella Piazza, di Verona, scomparsi peraltro nello stesso anno, il 1992.

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Alla fine degli anni Settanta, i due medici avevano già analizzato, dal punto di vista patobiografico, Hitler e Stalin. La parola “anamnesi” in campo medico indica la prima parte dell’esame clinico che consiste nella raccolta dettagliata di notizie sulla vita del paziente, dei suoi familiari e in particolare sui precedenti processi e sul decorso della malattia in atto. Un’anamnesi accurata costituisce la storia clinica di una persona malata, ovvero la sua patobiografia.

Hitler

Hitler

Hitler, secondo questi studi, fu  affetto  da  una  psicosi paranoica di  grandezza   e  di   persecuzione. Era un pazzo e anche un mostro. La sua pazzia fu relativamente lucida. Stalin  fu invece soprattutto  un  mostro, cioè .un  caso  di  teratologia  psichiatrica. Disertori e Piazza precisano che i due dittatori, germanico e russo, presentavano quadri morbosi di grossolana anormalità mentale,  mentre  altrettanto  non  si  può  asserire  del  dittatore  italiano.

Stalin

Stalin

In Mussolini distinguono, infatti, sul piano diagnostico da un lato la caratteropatia  di fondo e dall’altro una distimia depressiva episodica, rientrante nella cerchia della psicosi maniaco-depressiva. Essi fanno riferimento, per quanto concerne la caratteropatia, alla teoria degli istinti (ormeteri e noormeteri),  proposta  da  Constantin von Monakow e  Mourgue, negli anni venti, rielaborata in  seguito dal  Disertori  medesimo, ma soprattutto  fanno  richiamo alla teoria delle risposte psico-biologiche finalistiche.

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Constantin von Monakow

Cosa sono le risposte psico-biologiche finalistiche? Consistono in comportamenti preformati più o meno arcaici. Alcune risalgono addirittura  a fasi zoologiche della  filogenesi, vale  a dire a stadi pre-umani dell’evoluzione della specie umana ; e altre all’uomo primitivo. Possono emergere in determinate condizioni fisiologiche o patologiche della sfera degli istinti e affetti.

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Le principali risposte sono: iperdifesa aggressiva, paleo­ psicomotilità, mimetica o isterica, panico ancestrale, spavento repulsivo e horror del tabù (fobie). Poi: rito propiziatorio e deprecatorio (ossessioni ), corto circuito (impulsi), all’erta (o nevrastenica), alterazione oniroide  e  agglutinante  della  realtà trasfigurata inconsciamente (allucinazioni e deliri), tossicotropa, disforia (de­pressioni), euforia, autoingrossamento e autodiminuzione. simulazione­ e dissimulazione.

Non possono sussistere dubbi – scrivono Disertori e Piazza – che  la  personalità  caratteropatica  di  Mussolini  si sia costantemente ripercossa sulle attività politiche del dittatore. Ma certo non  minori furono gli effetti nocivi catastrofici della distimia depressiva ricorrente; sebbene di solito  non riconosciuta dai medici e non  adeguatamente  puntualizzata  dai  biografi.  Coincidenze  cronologiche  confermano   la  validità  della tesi.

Benito Mussolini

Benito Mussolini

I due studiosi riferiscono anche  un  episodio  del  tutto  inedito,  ma  documentato  di  prima  mano,  verificatosi  durante  la  guerra  di Grecia. Secondo Disertori e Piazza l’intera avventura di Benito Mussolini rimane  sotto troppi lati incomprensibile su di un piano di razionalità, e non si fa ricorso a parametri coinvolgenti  la psicopatologia.

BEPPINO DISERTORI

Chi era Beppino Disertori? Professione: medico psichiatra, filosofo, scrittore, umanista. Luogo e date di attività: Trento, Firenze, Genova, Milano, Svizzera, Padova. Cariche: Assistente presso la clinica delle malattie nervose e mentali all’Istituto neurologico di Milano, primario all’ospedale S.Chiara , docente di neurologia a Padova e docente a Sociologia a Trento, presidente Croce Rossa italiana. Nasce a Trento il 19 giugno 1907 ma subito la famiglia si sposta a Innsbruck.

Beppino Disertori

Beppino Disertori

Dopo la prima guerra mondiale rientra a Trento dove si iscrive al Ginnasio liceo Prati. Si iscrive poi alla facoltà di Medicina e Chirurgia a Firenze e quindi si trasferisce a Genova dove si laurea nel 1931 con una tesi di fisiopatologia del sistema nervoso centrale. Successivamente si trasferisce a Milano e si specializza in neurologia e psichiatria con Carlo Besta. Torna poi a Trento dove esercita la libera professione (la carriera pubblica gli era preclusa in quanto privo della tessera del Partito nazionale fascista).

Nel 1939 sposa Rosita Banfi dalla quale ha due figli, Donatella e Marcello. Negli anni ’40 partecipa attivamente alla resistenza dove incontra fra gli altri Egidio Reale, Randolfo Pacciardi, Gigino Battisti, Egidio Bacchi, Giannantonio Manci. Nel 1943 è esiliato in Svizzera.

GIANNANTONIO MANCI

GIANNANTONIO MANCI

Finita la guerra ritorna in Italia e, a Trento, diventa primario nel reparto di neurologia dell’ospedale Santa Chiara e docente presso la Facoltà di medicina dell’Università di Padova e presso la Facoltà di sociologia di Trento. Fu anche presidente della Croce Rossa italiana.  Muore a Trento il 5 maggio 1992.

MARCELLA PIAZZA

Marcella Piazza nasce a Verona il 24 agosto 1931. Ordinario di scienze umane e Celebre neurologo, oltre a esercitare la professione medica si impegnò attivamente anche nel campo della ricerca, dell’insegnamento e dell’attività congressuale per la quale fu molto richiesta all’estero, specialmente in America latina. La sua attività scientifica si esplicò attraverso numerose pubblicazioni in tema di neurologia e neuropsichiatria (fra tutte Trattato di psichiatria e sociopsichiatria), che redasse spesso in collaborazione con Beppino Disertori. Muore a Trento il 3 ottobre 1992.

Benito Mussolini

Benito Mussolini

Mussolini, dunque, non era – stando a questa analisi – un pazzo e non era nemmeno un mostro, fuori dall’umanità, né per costituzione, né per  malattia  mentale. Ma  disturbi psichici caratteriali, notevoli e anche episodi distimici, ascrivibili, come vedremo, a una forma frusta di depressione recidivante, influirono, secondo Disertori e Piazza, sulla  sua  attività  politica,  contribuendo  a  portarlo  e a  portare l’Italia alla  catastrofe.  I  quali  disturbi  ed  episodi,  proprio  per  gli  effetti che provocarono  sulla  società,  rientrano  di  diritto  nella  socio-psichiatria.

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Denis Mack Smith

La  lettura   del  Mussolini  dello   storico  inglese   Denis  Mack  Smith, 1981,  biografia  ricca  di  notizie  utili  ai  fini   della   indagine,  ci  tolse   le ultime perplessità ad affrontare il problema del caso clinico Benito Mussolini, sotto l’angolo visuale  della  socio-psichiatria,  nonostante – e su ciò insistono i due medici – l’assoluta diversità di natura e di grado rispetto ai casi  clinici  dei  due  dittatori  tedesco  e russo.

“Vogliamo e dobbiamo premettere – precisano subito Disertori e Piazza – la nostra sincera intenzione di svol­gere l’assunto senza pregiudizi politici, bensì con l’assoluta obiettività del medico che aspira a stabilire una diagnosi. Ossia  senza  coinvolgimenti affettivi, malgrado la nostra avversione a tutte le ideologie totalitarie, sia fasciste, sia naziste, sia comuniste, e nonostante l’aver uno di noi (Disertori) partecipato  di  persona  alle  lotte  per  il Secondo  Risorgimento  d’Italia   e alla  Resistenza.

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Sono passati ormai tanti anni dagli eventi storici ai quali sarà fatto richiamo, per cui è ben possibile guardare a quegli eventi con il necessario distacco:  sine  ira  et  sine   metu.

Comunque l’enucleazione di componenti psicopatologiche non mira necessariamente a dipingere tutta di nero una personalità, ma può  anzi  condurre al riconoscimento di attenuanti nella valutazione degli effetti storici disastrosi   d’una   condotta   influenzata   dal   submorboso   e   dal  patologico”.

CARTELLA CLINICA

Un  abbozzo  di  cartella  clinica. Benito Mussolini, nato il 29 luglio 1883 a Dovia, frazione di Predappio,  provincia  di Forlì.Di  professione  giornalista,  poi  capo  del governo  e duce del  fascismo. Morto  fucilato a Giulino  di Mezzegra,  provincia  di Como, il 28 aprile  1945.

La casa natale di Mussolini

La casa natale di Mussolini

ANAMNESI  FAMILIARE

Il padre Alessandro e il nonno paterno, ribelli per temperamento, avevano sùbìto la prigione  per  le  loro  idee.  Il  padre  era  un  artigiano: un fabbro. La madre Rosa Maltoni era la maestra del paese. Cattolica convinta  fece battezzare  i figli e li fece frequentare  la messa   domenicale.

Alessandro Mussolini

Alessandro Mussolini

Fu il padre a scegliere il nome di Benito in omaggio al famoso rivoluzionario e poi presidente del Messico, Benito Juarez.

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Rosa Maltoni

Alessandro Mussolini considerava suoi maestri Marx, Mazzini, Machiavelli; si dichiarava socialista rivoluzionario. Trasmise al figlio un coacervo  degli  ideali  di  costoro.  Il  suo  eroe  esemplare  era   Garibaldi. Ci  teneva  a  dichiararsi ateo.

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Benito Juarez

Era una famiglia povera, che viveva in ristrettezze. Benito divideva con il fratello minore Arnaldo un  materasso  di  foglie  di  granoturco  in una  piccola  stanza adibita a cucina.

ANAMNESI PERSONALE

I primi anni di vita furono caratterizzati non solo dalle sofferenze dovute  alle privazioni  economico-sociali ma  da sentimenti d’oppressione  e isolamento. Furono  anni  di  frustrazione,  almeno  patita  come tale. Poi in un collegio di religiosi a Faenza, come Stalin nella scuola teologica  di  Gori  e  nel  seminario  di  Tiflis.

Stalin da giovane

Stalin da giovane

Fu  la  faentina  un’esperienza  dolorosa,  subìta  come  punizione,  quali­ficata da umiliazioni, castighi, repressioni, imposizioni, che egli collegava con il fatto di essere figlio di un capopopolo: un’esperienza che favorì atteggiamenti violenti, di avversione alla società costituita e di intolle­ranza alla disciplina . In quel clima psicologico maturò in Benito un profondo complesso  d’inferiorità  fonte di  un bisogno  di  risarcimento sociale.

Mussolini giovane

Mussolini giovane

Soprattutto l’aveva offeso  la  suddivisione  nel  refettorio  degli  alunni  in classi a seconda del censo; nel terzo gruppo,  al  quale  Benito  apparteneva,   si  davano   gli   avanzi  della  cucina. Alquanto propenso alle risse, si dimostrò sin d’allora in preda alla  volontà   di  emergere  e  di   dominare.

Espulso dal  collegio,  passò alla  scuola di  Forlimpopoli, donde  fu  più  volte  espulso temporaneamente. Temuto  e  poco   amato.  Ma   vi   ebbe la gratificazione, a 17 anni, di venire invitato a pronunciare in  teatro  un discorso  commemorativo   di  Giuseppe   Verdi. Conseguì  il diploma  magistrale  nel 1901.

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Enrico Malatesta

Maestro supplente in Gualtieri,  Emilia.  Torna a  palesare propensione  alla violenza. Usa portare un pugno di ferro,  corre voce abbia ferito   con   una   coltellata   una   sua amante. L’anarchico Enrico Malatesta disse che Mussolini vagava da una opinione all’altra e che dava l’impressione  di  essere  un  rivoluzionario  che  non  sapeva  bene  quale  rivoluzione    volesse.

Emigrato in Svizzera nel 1902, vi rimase sino al  1904, senza riu­scire a inserirsi in un’attività lavorativa permanente. Visse  il soggiorno nella vicina  repubblica  sfiorando alle volte la vie de Bohème Ci fu chi notò che dietro ai suoi modi energici e duri covava un complesso d’inferiorità.

Benito Mussolini

Benito Mussolini

Le sue posizioni politiche lo collocavano fra i comunisti e i rivoluzionari autoritari. Propugnava la lotta di  classe oltran­zista, l’abolizione della proprietà privata , la non collaborazione con la borghesia.  Esibiva  l’ateismo. Sono noti episodi in cui invitò  Dio,  se  esisteva,  a  dimostrare  la sua esistenza fulminandolo immediatamente.

Affermò che la religione era una malattia di competenza psichiatrica e che il socialismo, diversamente dal cristianesimo, doveva insegnare le virtù della violenza e della ribellione. Rientrato  in  Italia  a 21 anni assolse il servizio militare. Quindi insegnò a  Tolmezzo e  Oneglia.

Benito Mussolini

Benito Mussolini

Nel 1909, all’età di ventisei anni, si trasferì nel Trentino, che faceva parte della monarchia austro-ungarica, e vi soggiornò per sette mesi. Segretario della locale camera del lavoro, poi redattore  del «Popolo», giornale  socialista   di  Cesare  Battisti.

Più  volte  condannato  e  messo  in  prigione  per   ragioni   politiche. Scrisse (ne abbiamo già riferito in “Mussolini e il Trentino”) una importante monografia Il Trentino veduto  da  un  socialista, pubblicata   nei   Quaderni  de   «La   Voce»   su   richiesta   di  Prezzolini.

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Una persona che  l’aveva conosciuto e frequentato a Trento, raccontò a Beppino Disertori il seguente episodio. Suoi compagni di partito  gli  avevano regalato un   cappello  nuovo  di  zecca:  ebbene,  prima di metterlo sul capo lo buttò per terra , sgualcendolo, al fine  di  garantire meglio  la propria immagine  di  rivoluzionario. Il  racconto concorda   con una  testimonianza di Leda Raffanelli  sul  suo «presentarsi  malvestito,  sporco e con la barba lunga, quando  doveva  comparire  in  tribuna,  perché  tale era la sua idea  dell’aspetto  confacente  a  un  dirigente proletario».

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Leda Raffanelli

E questo comportamento, secondo Disertori, rientra “nel ricorso a quella che ho definito risposta  psico-biologica  finalistica  arcaica  di  simulazione-dissimulazione. La   quale  risposta,  se  usata   a  dismisura,   appartiene   ai  Randgebiete della psicopatologia ossia alle terre di confine fra psicologia normale e psicopatologia  conclamata.

Mack  Smith  annota  che Mussolini  in quegli  anni  «stava imparando a fabbricarsi una maschera per celare la sua vera personalità». Ed aggiunge il  medesimo  storiografo  inglese  che  «nelle  sue  relazioni  con  gli  altri  si muoveva, e lo ammise lo stesso Mussolini, come su un palcoscenico, impegnato a recitare una parte, anzi una serie di parti, onde  è  spesso impresa disperata tentar  di  districare  l’una  dall’altra  e  a  maggior  ragione  di ricondurre  a  unità … Un  attore  di  grande  talento …  un  uomo  che  si  contraddiceva  con  tanta disinvoltura».

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Dalla citata Raffanelli, anarchica e convertita all’islàm, risulta sottolineato anche un altro aspetto submorboso della personalità: l’ipertrofia dell’autoaffermazione, l’esagerata indomita volontà di potenza: «ho bisogno di gloria, di ricchezza , di novità, di tumulto» egli le disse. Voleva «diventare l’uomo del destino», «come Napoleone»; commentò lei. «Più di Napoleone»  egli rispose.

Nel 1914-15 si verifica la maggiore crisi politica ed esistenziale nella vita di Mussolini. Egli che nel frattempo era divenuto un leader del socia­lismo in Italia e direttore dell’«Avanti», organo del partito, da internazionalista, antimilitarista, neutralista, pacifista a oltranza, che aveva asserito «essere la bandiera nazionale  uno  straccio  da  piantare nel letame», da  intransigente  assertore  di  un  socialismo  massimalista  si  tramuta nell’opposto. Dichiara sull’«Avanti» di essersi sbagliato e che i socialisti non potevano  restare  meri  spettatori  della  tragedia   europea.

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Cesare Battisti, primo da destra, nella redazione del “Popolo”

Fu costretto a dare le dimissioni da direttore e venne  espulso  dal  partito. Si rimise in sella dando vita a un suo proprio giornale «Il popolo d’Italia»,  che  propugnò  l’intervento  armato  contro   l’Austria-Ungheria, mentre  il partito  socialista  espelleva  l’ex  direttore  dalle  proprie   fila.

Mussolini caporale in una trincea sul Carso

Mussolini caporale in una trincea sul Carso

Mussolini nel settembre del 1915 andò al fronte. Nel ’17 durante un’esercitazione  fu  ferito dallo  scoppio di un  lanciabombe:  una  quarantina  di  schegge  in  corpo. Dato il capovolgimento di idee correlato con la brusca conversione all’interventismo , è ovvio che molti la ritennero insincera e opportunista, tanto più che corsero voci di finanziamenti che avrebbero confortato Mussolini  a  mutare  avviso  e rotta.

Benito Mussolini ferito sul Monte Carso (23.02.1917)

Benito Mussolini ferito sul Monte Carso (23.02.1917)

Insomma il mutamento radicale  di  opinioni,  anzi  di  idee,  sarebbe stato connesso con la risposta psico-biologica di simulazione-dissimulazione, della  quale  s’è detto in apertura.

“Non ne sono persuaso, indipendentemente dal fatto che finanziamenti e contributi interessati effettivamente ci furono. Sono persuaso invece – scrive Disertori – che il mutamento corrispondesse ad autentici convincimenti maturati nell’intimo, cioè a una vera metamorfosi. Non si simulano atteggiamenti  che hanno per conseguenza di portarti al fronte e di introdurti un sacco di schegge  nel corpo.

Mussolini all'ospedale militare

Mussolini all’ospedale militare

Ciò non toglie che il ricorso alla risposta della simulazione-dissimulazione fu un elemento caratteriale submorboso  permanente,  che  accompagnò Mussolini lungo l’intero arco della vita, come si  vedrà  anche  più  avanti”.

Ritornato a Milano zoppicante, soffrì nell’ottobre di un episodio depressivo, che richiese  l’uso  della  morfina.  È  il  primo  evento  depressivo, di  cui  si trova  notizia   nella  patobiografia   di  Mussolini.

Sulla riunione di  Piazza  San  Sepolcro  a  Milano,  marzo  1919,  si suole far cadere la nascita del movimento fascista, che  sarebbe  divenuto  partito due anni di poi. Da quel  momento  la  biografia  di  Mussolini  procede  in  parallelo  con  le  vicende  del  fascismo.  Ma  si   noti  che   ancora nell’anno 1920  egli  continuava  a  considerarsi  socialista,  sebbene  dissidente e avverso  al  partito  ufficiale.

Mussolini

Mussolini a Piazza  San  Sepolcro  a  Milano,  marzo  1919

Ammirava  Lenin  e  la  sua  conquista  del potere in Russia, ma combatteva il bolscevismo, dal  cui  pericolo  si vanterà   in  seguito  di   aver   salvato  l’Italia. Di Lenin, pur ammirandolo, diceva  che  aveva  generato  una  dittatura non del proletariato e nemmeno del socialismo, ma di un pugno di intellettuali.

A sua volta  Lenin,  come  anche Trotzkij  sostenne  che  l’unico uomo in Italia capace di guidare una rivoluzione socialista sarebbe stato proprio Mussolini. Il movente fondamentale di quest’uomo che si dibatteva fra le incoerenze, rimaneva la conquista del potere politico; di conseguenza il fa­ scismo rappresentava per lui  la  via  da  percorrere  per  ottenere  il potere.  La tattica della violenza, anzi del terrore,  gli  parve il mezzo  più  confa­cente allo scopo.

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Di questa scelta furono determinanti , più che una valu­ tazione intellettualistica, la sua propensione submorbosa alla risposta psicologica d’iperdifesa aggressiva e perciò alla violenza, nonché una certa mancanza di scrupoli nei confronti di quest’arma . Dittatore in fieri, apparve appunto  a  molti  un  uomo  totalmente  privo  di  scrupoli,  ossia  un  amorale costituzionale.

Arnaldo Mussolini

Arnaldo Mussolini

Lo stesso suo fratello Arnaldo si lasciò  sfuggire che «nel fondo del temperamento di Benito c’è qualcosa che rasenta la criminalità ». Comunque l’aggressività violenta costituì una nota caratteriale psicopatica presente sin dall’infanzia, una nota che nella  fase  anteriore  alla marcia su Roma si fece particolarmente manifesta, mentre gli obiettivi ufficialmente  dichiarati  dal fascismo  erano  di assicurare  l’ordine  nello Stato e  implicitamente   la   fine   delle  azioni   faziose violente.

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Clare Sheridan

Alla giornalista Clare Sheridan, cugina di  Winston Churchill, Mussolini  dichiarò  che  in  politica non  c’era  ragione,  né torto,   ma   solo  la forza, e che  il segreto  del  successo  stava  nel  «fare  del  proprio  cuore  un deserto»; e che si sentiva ossessionato  dal  bisogno di piegare le per­sone alla sua volontà. Insistette sulla parola  «piegare»,  accompagnandola con  un  gesto.

Emergevano dunque, come sempre in  lui,  la  volontà di  affermazione  e di potenza , a costo di annullare ogni remora morale, non senza una sfumatura sadica inerente all’impulso ossessivo a piegare gli altri alla sua volontà.

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Benito Mussolini

La  giornalista pensò che  quell’uomo  recitasse lparte  del forte,  ma che fosse probabilmente un debole. Lenin, Kemal e altri capi da lei conosciuti   le   erano   sembrati   personalità   più spiccate. Sotto il profilo teorico e morale le citate dichiarazioni facevano di Mussolini l’Antimazzini per eccellenza . Nel pensiero di Mazzini la poli­tica non era  che  un  ramo  della  morale,  applicato alla  cosa  pubblica. Per  Mussolini  era  invece  la  negazione  della morale.

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“Non è il caso qui – scrive Disertori – di fare richiami superficiali a Machiavelli o al Nietzsche o a d’Annunzio, bensì di sottolineare l’aspetto submorboso inerente alla personalità di Mussolini, tanto più che essa si  collega  alla risposta psico-biologica di  simulazione-dissimulazione e a  una  irrefrena­bile   esigenza   di   apparire,   alimentata   dalla   risposta d’autoingrossamento”.

Salito al potere il 28 ottobre 1922, il giovane Presidente del Con­siglio presenziò dopo una settimana alla Conferenza  di  Losanna per  la pace con la vincitrice Turchia. Ai giornalisti esteri apparve «egocentrico, goffo, estasiato dalla novità della pubblica attenzione massimamente rivolta su di lui».

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Ernest Hemingway

Il corrispondente Ernest Hemingway osservò che  il Presidente del Consiglio dei Ministri italiano  «recitava  la  parte  del dittatore:  chino su di un libro,  sopracciglia  corrugate, pretendeva  di non aver notato che il suo uditorio era pronto». Hemingway si avvicinò  in  punta  di piedi  e vide che il libro era un  dizionario  francese-inglese  in posizione capovolta.

Un altro giornalista trovò il presidente Mussolini  affascinante  fuori dalla scena, ma che appena una conversazione privata si trasformava in occasione  pubblica subito  egli mutava  drasticamente modi, assumendo un atteggiamento “duro e sprezzante, estremamente  sgradevole».

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Entrambi i racconti confermano l’abuso sub-morboso della risposta psicobiologica di simulazione-dissimulazione, che appare sempre più una nota permanente della personalità caratteropatica mussoliniana, in­sieme  con   il  bisogno  di   apparire.

La propensione alla  soluzione  violenta  dei  problemi  si  manifestò in modo paradigmatico nelle circostanze che condussero alla soppressione dell’avversario, l’onorevole Giacomo  Matteotti,  leader  socialista.

Giacomo Matteotti

Giacomo Matteotti

La responsabilità più o meno indiretta è accertata. Dumini, l’esecutore materiale dell’omicidio, rilasciato dopo due anni di carcere, andava dicendo  che  il capo  del  governo  era  responsabile diretto. Gabriele d’Annunzio parlò  di «fetida ruina».

Il 1924 è l’anno dell’uccisione di Matteotti, e delle conseguenze politiche che misero in gravissimo pericolo la posizione di Mussolini a capo del governo; ed è anche l’anno della riacutizzazione dei dolorosi crampi allo stomaco, dei quali aveva cominciato a soffrire durante l’esilio in Svizzera.

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Con il discorso del 3 gennaio 1925 Mussolini riprendeva l’offensiva ricorrendo alla risposta psico-biologica dell’iperdifesa aggressiva, consoli­dava definitivamente la  dittatura personale e il  regime”, mentre le squadre passavano all’azione violenta: saccheggi e  pestaggi   di   oppositori. In febbraio nominava segretario del partito  nazionale  fascista  l’estremista avv.  Roberto  Farinacci .

Roberto Farinacci

Roberto Farinacci

Ma poco tempo dopo il duce cadde seriamente ammalato: dovette scomparire  dalla  scena  politica   per   più   di  un  mese. Si  sospettò  la  ripresa   di  una  forma  sifilitica,  per  la  quale    sarebbe stato curato  in  precedenza lungo  una  quindicina  di  anni.  Ma  la  reazione  risultò  negativa.

Subisce  un  collasso  in  automobile. Vomita   sangue.  L’esame   radio­logico rivela  una  grave  ulcera  gastroduodenale. Da  allora verrà  sottoposto a una  dieta rigorosa. Nel  1929  incombe minaccia  d’emorragia;  ricorso  ad antiacidi e anti­spastici.  Tre  litri  di latte  al giorno e frutta  sino  a  sei ·volte.

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Risulta pure che nei primi anni Trenta egli dava chiari segni «d’incapacità a concentrarsi». Nel frattempo si fa sempre più  dominante in  lui  un’idea submorbosa: quella  di   voler   modificare   il  carattere   degli  italiani. «Li   porterò … – egli  dice – al punto  di  sfilare  dinanzi  a  un  berretto,  piantato  su  di  un palo, e salutarlo».

Se quattro secoli prima c’era stato il tipo dell’italiano rinascimentale, ora egli avrebbe creato il tipo dell’italiano fascista, del­l’italiano di Mussolini. La gioia della vita si sarebbe resa manifesta nel­l’obbedire   a  una   sola  volontà.

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Era  un’idea  subdelirante. Del  resto  già  nel  1926  un   ambasciatore aveva formulato  il  sospetto  che  il  duce  soffrisse  di  uno  squilibrio mentale e   di   una   «forma   paranoica  incipiente».

Che il potere critico presentasse nel duce sicure carenze risulta comunque dal fatto che si  meravigliava  di  non  ottenere  il  premio Nobel per la pace, mentre  parlava dell’Italia  come  di  un  paese  in  permanente stato di guerra  e  dichiarava  progetti  megalomani  circa  le  forze  armate  di cui intendeva  disporre per praticare  una  politica  estera  sempre più  bellicosa.

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Nel 1933 ripresa dei disturbi gastro-duodenali, accompagnati a un cresciuto  distacco   da  chiunque   potesse   fornirgli   aiuto  e consigli. Il successo della  conquista  dell’Etiopia  a  metà  degli  anni  Trenta  lo  rafforza  nell’idea  megalomaniaca  di  essere infallibile.

Un episodio depressivo ipodinamico caratterizza la fine  del ’39  e tutto il gennaio del ’40; ed è seguito da uno stato di superficialità euforica. Durante  la  fase  disforica   il  dittatore  è perplesso, incapace di decidere,  intollerante di  qualsiasi  discussione  e  contraddizione, incostante; muta idea dall’oggi al domani. Ciano e il capo della polizia pensano  alla sifilide.  Altri  lo  trovano   irriconoscibile   e  come  uscito  di   senno.

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Circa  lo  stato  psichico  di  Mussolini  c’è  una   notizia   importante in un documento. Si  tratta  di  un  breve  ritratto  di  Edda  Ciano  Mussolini scritto da Allen W. Dulles, responsabile in Europa dell’Off ice of strategie service. Scrive il Dulles che  Edda  aveva  creduto che  l’Italia  fosse  pronta per conquistare un  ,impero  coloniale  più  vasto.  E  che  cominciò a  dubi­tare  del  padre  soltanto  nel  1941,  quando «non  sembrava  più  sè stesso.  Le  sembrava   diventato   un  confusionario».

Anche il periodo delle gravissime sconfitte militari e  delle  frustrazioni .inferte da Hitler,  periodo che precede il 25 luglio, è contrassegnato da disforia e da un atteggiamento d’inadeguatezza e ipodinamismo , con inefficienza   rispetto   alle   critiche  esigenze.

Mussolini a Campo Imperatore, dopo la liberazione da parte dei tedeschi

Mussolini a Campo Imperatore, dopo la liberazione da parte dei tedeschi

Dopo la liberazione dalla prigionia sul Gan  Sasso  appare  in  con­dizioni  di  salute  pessime: «sembrava   quasi   moribondo». Non risulta però che soffrisse di nessuna malattia organica. Dopo parecchie settimane era praticamente  guarito. Il merito fu  attribuito  alle cure del medico tedesco Zacchariae, ritenuto eccellente psicologo, il quale conversava   due   volte   al  giorno   con l’ammalato.

Ma,  a  parte  l’opportuna  soppressione  della   dieta  carenzata  a  base di latte e frutta, la guarigione può facilmente attribuirsi allo spontaneo recupero da una sindrome distimica. L’ultimo episodio depressivo si manifesta nella primavera del ’45, mentre la situazione precipita in Italia come in Germania.

Mussolini con il medico Georg Zachariae

Mussolini con il medico Georg Zachariae

Un episodio questo che coglie Mussolini nel momento delle estreme decisioni . Scrive Denis Marck Smith: “… Non era in grado di decidersi per la semplice ragione che attraversava un altro di quei periodi in cui gli venivano meno ogni energia e forza di volontà. Conservava bensì un’apparenza di tranquillità, ma sembrava la tranquillità dell’impotenza  e  dell’esaurimento  nervoso. Una persona che lo rivide in quei giorni dopo parecchi mesi, lo descrisse come  un  uomo distrutto».

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Nell’ultimo giorno di libertà, 27 aprile, la  sua  incapacità  a  pren­ dere decisioni raggiunge l’acme: «perse molte ore a non fare  assoluta­mente  nulla». Si rassegna  a indossare un cappotto e un elmetto della Luftwaffe  e  a trasferirsi su di un camion di soldati tedeschi quando la colonna che procede  verso nord viene  fermata  da partigiani della III brigata Garibaldi presso Dongo, Lago di Como.

Benito Mussolini e Clara Petacci

Benito Mussolini e Clara Petacci

Viene  fatto  prigioniero  e  fucilato  l’indo­mani, 28 aprile, da partigiani comunisti, insieme con Clara Petacci, l’amica fedele  che  scelse  di  morire  con  lui. Seguì  lo  scempio  dei  cadaveri  appesi  per  i  piedi  in  Piazzale Loreto a  Milano,  esposti   al  ludibrio  della  gente.

CONSIDERAZIONI   DIAGNOSTICHE

“Dopo quanto esposto non possono rimanere dubbi – scrivono Disertori e Piazza – sul fatto  che Mussolini fu un ragazzo difficile e in seguito una personalità psicopatica alterata nel versante istintivo-affettivo, ossia un caratteropatico, in cui le  diverse tendenze istintive, gli stati d’animo e le risposte psico-biologiche finalistiche  andavano  al di là  della  norma,  per  eccesso  o  per  difetto.

Benito Mussolini

Benito Mussolini

Ma dobbiamo anche riconoscere come accertata la presenza di una malattia psichica vera e propria a decorso ricorrente, rappresentata da  episodi  di   distimia depressiva. La   caratteropatia  e  la   distimia   depressiva   andranno   valutate  separatamente”. E di questo e del nesso tra lo stato di salute mentale di Mussolini e le sue decisioni politiche, militari, parleremo nella prossima puntata.

 

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