LEGGI RAZZIALI, SCIENZA E ORRORE

a cura di Cornelio Galas

Ho già riservato una serie di servizi, su Televignole, alle leggi razziali, con particolare riferimento alle “ordinanze” emesse ad esempio a Trento e ad Arco, in quel tragico periodo. Oggi propongo, nel dettaglio, quanto fior fiore (si fa per dire) di scienziati italiani misero nero su bianco nel loro famoso “Manifesto della razza”.

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Siamo nel 1938. Poco tempo dopo cominceranno a partire verso i campi di sterminio i lugubri treni della morte. E anche sul “dopo Olocausto” troverete in questo articolo una serie di documenti non adatti a chi è sensibile, a disagio di fronte a certe crude immagini.

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Foto che pubblico, sia ben chiaro, non per gusto del macabro, ma per far capire – soprattutto ai “negazionisti” – quale fu la fine non solo di milioni di ebrei, ma anche di zingari, omosessuali o semplicemente uomini e donne vittime loro malgrado di quella strage degli innocenti.

Gazzetta del Popolo, Torino, 26 luglio 1938, edizione del mattino

“Roma, 25 luglio 1938, notte.
Il ministro Segretario del Partito ha ricevuto un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle Università italiane, che hanno sotto l’egida del Ministero della Cultura popolare redatto o aderito alle proposizioni che fissano la base del razzismo fascista.

Le leggi razziali in Italia

Le leggi razziali in Italia

Erano presenti i fascisti dott. Lino Businco, assistente di patologia generale nell’Università di Roma, prof. Lidio Cipriani, incaricato di antropologia nell’Università di Firenze direttore del Museo Nazionale di antropologia ed etnologia di Firenze, prof. Arturo Donaggio, direttore della clinica neuropsichiatrica dell’Università di Bologna, presidente della Società italiana di psichiatria, dott. Leone Franzí, assistente nella clinica pediatrica dell’Università di Milano, prof. Guido Landra, assistente di antropologia nell’Università di Roma, sen. Nicola Pende, direttore dell’Istituto di patologia speciale medica dell’Università di Roma, dott. Marcello Ricci, assistente di zoologia all’Università di Roma.

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Quindi, prof. Franco Savorgnan, ordinario di demografia nell’Università di Roma, presidente dell’Istituto centrale di statistica, on. prof. Sabato Visco, direttore dell’Istituto di fisiologia generale dell’Università di Roma e direttore dell’Istituto nazionale di biologia presso il Consiglio nazionale delle ricerche, prof. Edoardo Zavattari, direttore dell’Istituto di zoologia dell’Università di Roma.

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Alla riunione ha partecipato il ministro della Cultura Popolare. Il Segretario del Partito, mentre ha elogiato la precisione e la concisione delle tesi ha ricordato che il Fascismo fa da sedici anni praticamente una politica razzista che consiste, attraverso l’azione delle istituzioni del Regime, nel realizzare un continuo miglioramento quantitativo e qualitativo della razza.

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Il Segretario del Partito ha soggiunto che il Duce parecchie volte, nei suoi scritti e discorsi, ha accennato alla razza italiana quale appartenente al gruppo cosiddetto degli indo-europei.

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Anche in questo campo il Regime ha seguito il suo indirizzo fondamentale: prima l’azione, poi la formulazione dottrinaria la quale non deve essere considerata accademica cioè fine a se stessa, ma come determinante un’ulteriore precisazione politica.

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Con la creazione dell’Impero la razza italiana è venuta in contatto con altre razze, deve quindi guardarsi da ogni ibridismo e contaminazione. Leggi «razziste» in tale senso sono già state elaborate e applicate con fascistica energia nei territori dell’Impero.

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Quanto agli ebrei, essi si considerano da millenni, dovunque e anche in Italia, come una «razza» diversa e superiore alle altre, ed è notorio che nonostante la politica tollerante del Regime gli ebrei hanno, in ogni Nazione, costituito – coi loro uomini e coi loro mezzi – lo stato maggiore dell’antifascismo.

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Il Segretario del Partito ha infine annunciato che l’attività principale degli Istituti di cultura fascista nel prossimo anno XVII sarà l’elaborazione e diffusione dei principi fascisti in tema di razza, principi che hanno già sollevato tanto interesse in Italia e nel mondo”.

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MANIFESTO DEGLI SCIENZIATI RAZZISTI

  • Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esitono razze umane differenti.
  • Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente.
  • Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti, che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.
  • La popolazione dell’Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà ariana. Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L’origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell’Europa.
  • È una leggenda l’apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l’invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l’Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni d’Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l’Italia da almeno un millennio.
  • Esiste ormai una pura “razza italiana”. Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico-linguistico di popolo e di nazione ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l’Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.
  • È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l’opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l’indirizzo ariano-nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire elevare l’italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.
  •  8 È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d’Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall’altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l’origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili. 
  • Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l’occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all’infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempe rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l’unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.
  • 10 I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo. L’unione è ammissibile solo nell’ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall’incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.

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Gli Alleati entrano nei campi di sterminio 
di Buchenwald, Belsen, Gardelegen, Nordhausen, Ohrdruf

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dal giornale tedesco Bildbericht aus funf Konzentrationslagern

(Sintesi dei testi in lingua tedesca di Benedetta Iannalfo)

resoconto per immagini su cinque campi di concentramento  

Alcuni cittadini di Weimar, durante la loro visita al campo di concentramento di Buchenwald, osservano uno dei camion carichi di cadaveri.

Alcuni cittadini di Weimar, durante la loro visita al campo di concentramento di Buchenwald, osservano uno dei camion carichi di cadaveri.

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In questo quadernetto sono riportate soprattutto immagini, perché le parole non potrebbero rappresentare in maniera fedele la realtà. Si tratta dei risultati delle prime ispezioni condotte dalle truppe alleate nei campi di concentramento di Buchenwald, Belsen, Gardelegen, Nordhausen e Ohrdruf.

Il resoconto, naturalmente, non è completo; nel periodo in cui questo libro veniva stampato, infatti, si scoprivano quasi ogni giorno nuovi lager.

L’idea di stampare questo libretto è nata dalla necessità di svegliare le coscienze di tutti quei tedeschi che non avevano potuto o voluto vedere le atrocità commesse dai nazisti, affinché potessero capire di quali crimini essi si fossero resi complici.

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In quattro file di assi di legno i sopravvissuti non hanno lo spazio per muoversi, e spesso neanche la forza.

Il campo di concentramento di Buchenwald si trova a breve distanza da Weimar ed è uno dei più grandi in Germania. Non è facile stabilire quante persone vi siano state imprigionate, ma dai registri tenuti dalle autorità si evince che vi siano morti circa 50 000 fra uomini, donne e bambini.

Alcuni vennero impiccati, altri fucilati, altri ancora morirono di dissenteria, tubercolosi o malattie cardiache. La grande maggioranza, però, venne semplicemente lasciata morire di fame. I cadaveri venivano ammucchiati e portati agli inceneritori ogni 24 ore.

I prigionieri erano soprattutto tedeschi, italiani, francesi, polacchi, russi e cechi. Sembra che Buchenwald sia stato uno dei lager più “vivibili”, se paragonato agli altri dislocati in Europa; tuttavia, lo spettacolo che i delegati britannici ed americani si trovarono di fronte agli occhi fu agghiacciante. Il racconto di tali impressioni, affidato alla carta stampata, ha fatto il giro del mondo.

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I cadaveri, ammassati l’uno sull’altro, attendono l’incenerimento. (Ripresa ravvicinata del camion della foto in copertina)

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Scheletri coperti di pelle: quattro prigionieri salvati all’ultimo momento dalla morte di fame. (immagine in alto a destra). I deputati britannici osservano i mucchi di cadaveri. Il loro racconto e quello dei delegati del Congresso americano sono stati pubblicati. (foto in basso)

 

Un prigioniero quasi ucciso dalla fame parla col suo liberatore. ( foto in alto a destra) Una prigioniera nuova ed una che ha già vissuto qui a lungo. (in basso a destra)

Un prigioniero quasi ucciso dalla fame parla col suo liberatore. ( foto in alto a destra) Una prigioniera nuova ed una che ha già vissuto qui a lungo. (in basso a destra)

Campo di sterminio di Belsen

I soldati inglesi guidati dal generale Dempseys raggiunsero poco dopo la liberazione di Buchenwald il campo di prigionia di Belsen, cittadina fra Hannover e Brema. Una gran parte dei sopravvissuti era afflitta dal tifo.

Nonostante il numero e l’imponenza degli impianti di incenerimento del campo, il tasso di mortalità era tale da non rendere possibile che il processo di eliminazione dei cadaveri tenesse il passo con la quantità di morti giornalieri. Accanto ai resti di ossa carbonizzate, giacevano ancora montagne di cadaveri.

Le truppe inglesi cominciarono a scavare delle lunghe fosse comuni, ma dovette passare ancora parecchio tempo prima che gli enormi mucchi di corpi senza vita potessero essere smaltiti del tutto.

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Due giovani donne che erano state stipate in una baracca con morti e moribondi. (in alto a sinistra) Una donna di 31 anni, spinta alla follia dalla fame e dai maltrattamenti. (in alto a destra) Lo sporco e i parassiti presenti nei vestiti dei prigionieri erano il terreno ideale per lo sviluppo del tifo (addominale e petecchiale) e della dissenteria. (in basso)

Due giovani donne che erano state stipate in una baracca con morti e moribondi. (in alto a sinistra) Una donna di 31 anni, spinta alla follia dalla fame e dai maltrattamenti. (in alto a destra) Lo sporco e i parassiti presenti nei vestiti dei prigionieri erano il terreno ideale per lo sviluppo del tifo (addominale e petecchiale) e della dissenteria. (in basso)

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Due giovani donne che erano state stipate in una baracca con morti e moribondi. (in alto a sinistra) Una donna di 31 anni, spinta alla follia dalla fame e dai maltrattamenti. (in alto a destra) Lo sporco e i parassiti presenti nei vestiti dei prigionieri erano il terreno ideale per lo sviluppo del tifo (addominale e petecchiale) e della dissenteria. (in basso)

Campo di sterminio di Gardelegen

Durante la seconda settimana di aprile, 3000 prigionieri furono condotti in direzione di Gardelegen, nello Altmark. L’ordine era di non far cadere i prigionieri nelle mani degli Alleati, ma marciare velocemente era impossibile per una massa di uomini distrutta dai lavori forzati e dalla denutrizione.

Coloro che non riuscivano a tenere il passo venivano uccisi per strada; gli altri proseguirono fino ad un capannone rosso nel campo di Gardelegen. Il pavimento era tutto ricoperto di paglia; le guardie lo cosparsero di benzina, appiccarono il fuoco e sbarrarono le porte.

Tuttavia i prigionieri riuscirono a soffocare il fuoco con le vesti. Le guardie, allora, aprirono le porte, spararono e gettarono granate al fosforo. Coloro che, nonostante tutto, riuscivano a farsi strada e uscire, venivano uccisi a colpi di mitragliatrice.

Soltanto due uomini, un francese ed un ungherese riuscirono a fuggire e a nascondersi. Successivamente essi andarono incontro alle truppe americane e le condussero al luogo della tragedia; 1100 persone erano morte in quel capannone, il destino delle altre è tutt’ora sconosciuto.

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Un prigioniero era quasi riuscito a scavarsi una via d’uscita attraverso la parete esterna, quando la morte lo raggiunse. Dalla porta aperta si possono vedere altri cadaveri.

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I cadaveri incendiati dei lavoratori stranieri bruciavano ancora quando giunsero gli Alleati. (in alto) I cittadini tedeschi di Gardelegen devono scavare le tombe per i morti. ( al centro) I sindaci e i delegati dei paesi vicini osservano i cadaveri. (in basso)

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Le frasi non sono complete perché manca una pagina! … dovevano costruire armi da usare contro gli inglesi. (in alto a sinistra) Infermieri statunitensi portano i malati nel lazzaretto. (in alto a destra) …contenitore per carburante pronto per le armi V-1 e V-2. (in basso a sinistra) Uno dei forni nei quali venivano inceneriti i cadaveri.

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Questo prigioniero fu ritrovato ancora vivo sulla paglia nella baracca principale, ma morì poco dopo.

Campo di sterminio di Nordhausen

In questa cittadina sita nel sud dello Harz si trovavano delle importanti fabbriche di armamenti, in particolare uno stabilimento per la costruzione di aerei e un altro sotterraneo per le armi V-1 e V-2. Questa fabbrica era stata costruita dai prigionieri politici, i quali erano poi stati costretti anche a lavorarci.

La giornata lavorativa era di 18 ore e la paga era costituita dai miseri pasti che venivano loro offerti. Coloro che diventavano incapaci di lavorare, venivano internati nel “lazzaretto”, senza cure mediche né assistenza, se non quella offerta dai prigionieri stessi.

Quando Nordhausen fu scoperta dagli americani, c’erano più di 2000 cadaveri insepolti attorno alla fabbrica e nelle immediate vicinanze. In alcune caverne circostanti furono trovati alcuni tedeschi che vi si erano rifugiati durante i bombardamenti.

Ai prigionieri politici, però, non era mai stato concesso di entrare in quelle caverne e, alcuni di coloro che avevano tentato di farlo, vi avevano trovato la morte.

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Troppo indebolito per potersi alzare di nuovo. (in alto a sinistra) Morti e vivi giacciono gli uni accanto agli altri sulla paglia (in alto a destra) Due prigionieri politici che forse possono ancora essere salvati. (in basso a sinistra) Tre patate costituivano l’intera razione giornaliera di quest’uomo. (in basso a destra)

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I civili tedeschi devono sotterrare i cadaveri. Un particolare del campo ricoperto di corpi senza vita.

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Due dei più piccoli cadaveri fra i 2000 che sono stati trovati qui insepolti dagli americani.

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Cittadini di Nordhausen che trasportano barelle con le vittime del campo di concentramento. (in alto a sinistra) I cadaveri venivano deposti nei luoghi di sepoltura. (in alto a destra) Questi uomini, attraverso un lavoro durissimo- diciotto ore al giorno- sono stati letteralmente lasciati morire di fame. ( in basso)

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I cittadini di Nordhausen scavano una fossa comune per le vittime. (in alto a sinistra) Lì i cadaveri vengono deposti per il loro eterno riposo. ( in alto a destra) Due polacchi, padre e figlio, seppelliscono i loro compatrioti. Non vogliono che vengano toccati dai tedeschi. ( in basso)

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Coloro che, durante l’evacuazione di Ohrdruf, erano troppo deboli per marciare, venivano fucilati dalle guardie sui mucchi di cadaveri. ( in alto) Il generale Eisenhower ascolta il racconto di un prigioniero, che era riuscito a nascondersi in un boschetto e così a sfuggire alla morte. ( in basso)

 Campo di sterminio Ohrdruf

I generali americani Eisenhower, Bradley e Patton visitano il campo di concentramento sito nella cittadina di Ohrdruf, a pochi chilometri da Gotha, scoperto dagli americani della terza armata.

Era un lager relativamente piccolo; si calcola che il numero di uccisi nell’ultimo anno oscillasse fra 3500 e 4000. In più punti erano state costruite delle impalcature d’acciaio per il deposito dei cadaveri in attesa di finire nei forni.

Quando giunsero le truppe americane c’era ancora un capannone pieno di cadaveri pronti ad essere inceneriti. Il comandante americano fece chiamare alcuni cittadini che vivevano nei dintorni perché vedessero ciò che era rimasto del campo con i propri occhi.

Pochi giorni dopo il lager fu visitato anche da importanti ufficiali di stato maggiore come i generali Bradley e Patton e dal comandante in capo delle truppe alleate, Eisenhower.

L’ufficiale comandante dell’armata americana, Oberst Hayden Sears, tenne un breve discorso nel quale, dopo aver ripetutamente invitato gli abitanti di Ohrdruf ad osservare il triste spettacolo dei cadaveri ammassati, concluse dicendo che proprio in quell’orrore era da cercarsi la ragione, per la quale ora l’intero popolo tedesco non poteva più essere considerato amico del mondo civilizzato.

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Il generale Eisenhower nel cortile del campo di concentramento di Ohrdruf.

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Il lazzaretto- senza letti né trattamento medico. (in alto a sinistra) (Frase incompleta) Alcune prigioniere portano i corpi…(in alto a destra) Vengono tolti i vestiti ai cadaveri di coloro che erano morti per epidemia, affinché vengano bruciati. (in basso)

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Il cadavere di un bambino morto di fame viene avvolto in una coperta. ( foto in alto) I cumuli delle vecchie scarpe dei morti forniscono alle donne materiale da bruciare per preparare i propri pasti.

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(frase incompleta) …le prigioniere trasportano fuori dalle baracche poco areate i corpi delle loro compagne di sofferenza all’aria aperta, dove, nei primi giorni, i mucchi di cadaveri continuavano sempre a crescere.

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Un ringraziamento particolare per i preziosi documenti fotografici forniti al carissimo amico Enzo Antonio Cicchino

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