LA RESISTENZA IN TRENTINO – 29

a cura di Cornelio Galas

Prima di completare questa serie di puntate sulla Resistenza in Trentino, ritengo opportuno registrare altre stragi nazifasciste in questa provincia, dai primi mesi del 1945 fino a dopo il 25 aprile di quell’anno, quindi, come s’è visto nella precedente puntata, anche nel periodo immediatamente successivo al giorno della Liberazione.

25 aprile, la Liberazione

25 aprile, la Liberazione

Cominciamo dal gennaio 1945. Anche in Trentino, quel mese fu il periodo più duro di tutto l’inverno 1944-1945: intenzionati a colpire il movimento di resistenza non in maniera indiscriminata ma attraverso un utilizzo proficuo di spie e delatori, i comandi germanici organizzarono una serie di operazioni antipartigiane dirette a catturare e sopprimere quegli elementi che ancora resistevano in montagna dopo i grandi rastrellamenti dell’estate 1944.

Informate dalla spia Alfredo Aldo Boso che la famiglia Mascarello forniva ospitalità e assistenza al partigiano Guerrino Gaio, un gruppo di SS non meglio precisate si presentò presso l’abitazione dei Mascarello costringendo i due fratelli Gino e Ivo a svelarne il nascondiglio. Essendosi questi rifiutati di parlare, furono uccisi entrambi e i loro corpi abbandonati dinanzi alla loro casa.

Guerrino Gaio “Valasco” in licenza a Lamon nel 1942

Guerrino Gaio “Valasco” in licenza a Lamon nel 1942

Dell’omicidio furono ritenute responsabili alcune SS, sulle quali però non si hanno informazioni: molto probabilmente, si trattava di militari agli ordini del capitano delle SS (SS-Hauptsturmführer) Karl Julius Hegenbart, di stanza a Roncegno. Nella documentazione giudiziaria italiana (Tribunale Militare di Verona), il cognome delle due vittime è peraltro storpiato in Moscarello.

I fratelli Gino “Gallo” di 23 anni (a destra) e Ivo “Ivan” Mascarello di 19

I fratelli Gino “Gallo” di 23 anni (a destra) e Ivo “Ivan” Mascarello di 19

Le vittime:

  • MASCARELLO, Gino – Castel Tesino, 9 settembre 1921 – 13 gennaio 1945. Contadino. Fiancheggiatore  del movimento di resistenza nel Tesino e del Battaglione Gherlenda, fu ucciso dai militari delle SS perché si rifiutò di svelare il nascondiglio di un partigiano che la famiglia Mascarello teneva nascosto. Nel dopoguerra, fu inserito come partigiano combattente del Battaglione Gherlenda, Brigata Garibaldi Gramsci.
  • MASCARELLO, Ivo – Castel Tesino, 26 aprile 1925 – 13 gennaio 1945. Contadino. Contadino. Fiancheggiatore del movimento di resistenza nel Tesino e del Battaglione Gherlenda, costretto ad assistere all’uccisione del fratello, fu a sua volta assassinato dalle SS per essersi rifiutato di svelare il nascondiglio di un partigiano che la famiglia Mascarello teneva nascosto. Nel dopoguerra, fu inserito come partigiano combattente del Battaglione Gherlenda, Brigata Garibaldi Gramsci.
casa mascarello

Casa dei Mascarello in località Franza (Castello Tesino) lungo il torrente Senaiga che segna il confine fra la provincia di Trento e quella di Belluno

Alfredo Aldo Boso (Grigno, 1923 – Lamon (Belluno), 13 gennaio 1945. Milite della Milizia nazionale portuaria fino al settembre 1943, divenne spia al servizio dei tedeschi: fu ucciso lo stesso giorno dei fratelli Mascarello, forse perché ritenuto inaffidabile o non più utile.

Roa (Castello Tesino) e nello sfondo San Donato (Lamon). Quando il padre dei Mascarello passò con le bare dei figli per portarle al cimitero di Castello Tesino i ragazzi della frazione andarono a suonare la campana della chiesetta

Roa (Castello Tesino) e nello sfondo San Donato (Lamon). Quando il padre dei Mascarello passò con le bare dei figli per portarle al cimitero di Castello Tesino i ragazzi della frazione andarono a suonare la campana della chiesetta

All’alba del 6 febbraio 1945, al comando di un tenente delle SS il 2. Battaglione del Reggimento di polizia SS Schlanders, composto di coscritti altoatesini, occupò il paese di Novaledo proveniente da Roncegno, dove aveva la sua sede abituale. Gli uomini del battaglione diedero il via a una serie di perquisizioni, saccheggiando e depredando generi alimentari dalle abitazioni, picchiando e arrestando alcune persone ritenute colpevoli di collaborare con il movimento partigiano.

Roncegno

Roncegno

Domenico Scalzer (Novaledo, 24 giugno 1879) si stava dirigendo verso la montagna quando fu raggiunto da un colpo d’arma da fuoco sparato da un militare del reparto. «Ancora moribondo fu percosso con calci e col fucile ed infine abbandonato per terra in un esercizio del luogo ove fu più tardi raccolto cadavere e sepolto nel cimitero».

Responsabili di questo crimine, il 2. Battaglione del Reggimento di polizia SS Schlanders. Assieme agli altri reggimenti (Alpenvorland, Brixen e Bozen) nacque dopo l’occupazione tedesca dell’Alto Adige: organizzato nell’estate 1944, accolse per lo più giovani che avevano a suo tempo optato per l’Italia e fu, fin dall’inizio, impegnato nella lotta antipartigiana nel Bellunese-Feltrino e nei territori di confine con la provincia di Trento (Primolano, Primiero).

tedeschi-20140726-173603

Sembra che il reparto abbia partecipato a operazioni di controguerriglia anche nel Bresciano ma non esistono conferme. Il battaglione si mantenne compatto fino alla fine del conflitto: nell’aprile 1945, durante il ripiegamento verso Cortina d’Ampezzo e la val Pusteria (Alto Adige), prese ostaggi e procedette a fucilazioni di partigiani e civili. Tra i responsabili, è indicato solo un tenente delle SS non meglio precisato.

tribunale-militare-verona

La data di morte non coincide: sulle carte della Procura di Verona, Scalzer fu ucciso il 6 febbraio; secondo la ricerca compiuta dal Laboratorio di Storia di Rovereto invece il 16 febbraio 1945.

La vittima:

  • SCALZER, Domenico – Novaledo, 24 giugno 1879 – 6 febbraio 1945. Contadino, padre di sei figli.

Dopo l’eccidio del 28 giugno 1944, che aveva colpito duramente il movimento di resistenza trentino, e in particolare la zona tra Riva del Garda e Arco, i tedeschi mantennero sempre una stretta sorveglianza sull’intera area anche per il suo carattere di confine immediato con la RSI.

martiri_1

I motivi che spinsero i militari tedeschi a uccidere Umberto Armani e a seviziarne il corpo rimangono a tutt’oggi poco chiari: collaboratore dei partigiani, fu fermato sulla strada tra Riva e Arco, giustiziato e il corpo trascinato lungo la statale con un automezzo.

La vittima:

  • ARMANI, Umberto – Riva del Garda, 7 agosto 1899 – 19 febbraio 1945. Commerciante. Collaboratore del movimento partigiano nel Basso Sarca.

Il 27 febbraio 1945 due aviatori alleati, probabilmente di origine brasiliana, stavano sorvolando le montagne intorno a Trento quando, a causa di un incendio scoppiato all’interno della carlinga, precipitarono con il loro apparecchio nei dintorni del paese di Vezzano. Salvatisi col paracadute, i due militari caddero nelle mani dei soldati tedeschi che li arrestarono e li condussero in paese.

Ceniga di Dro

Ceniga di Dro

Il giorno dopo, scortati da quattro soldati (due della Flak e due della Wehrmacht), i prigionieri si misero in cammino in direzione di Arco: giunti nei dintorni di Ceniga, forse perché stanchi per la marcia, i due aviatori si fermarono dando segni di non poter proseguire. Malgrado le minacce della scorta, i due non si mossero e, a quel punto, una scarica di fucileria li abbatté. È probabile che dietro l’esecuzione predominasse, nei militari germanici, una volontà di rivalsa contro i piloti alleati, causa dei continui allarmi e bombardamenti soprattutto notturni.

Le vittime:

  • 1) IGNOTO.
  • 2) IGNOTO.

Impiegato nella Todt e costretto a lavori pesanti, l’11 marzo 1945 si rifiutò di continuare a lavorare perché lo sforzo ne aggravava la salute e ne aumentava gli attacchi epilettici: un militare tedesco di nome Teo, appartenente al 500. Battaglione geologico delle SS (SS-Wehrgeologen-Bataillon 500) lo abbatté allora con una raffica di mitra. Mori così, in località Brustolati, ad Ala, Flavio Manzi (Fondo, 9 settembre 1913 . Ala 11 marzo 1945).

Falegname. Epilettico, per questa ragione fu riformato dall’Ufficio leva di Trento. Il 17 febbraio 1945 incappò in un rastrellamento condotto dalle SS e fu trasferito ad Ala. Arruolato a forza nella Todt, fu impiegato nel campo di lavoro realizzato dai tedeschi ad Ala fino al marzo successivo.

ala

Il 15 marzo 1945, mentre camminava assieme al padre verso casa, a Scurelle, Alfredo Girardelli (Scurelle, 8 giugno 1925 – 15 marzo 1945), contadino, fu ucciso con una raffica di mitra, sparata improvvisamente e senza ragione da un militare tedesco incontrato sulla strada: «per rappresaglia o terrorismo» come attestò il sindaco del paese nella sua relazione inviata alla Commissione provinciale patrioti. La famiglia ottenne 20 mila lire come risarcimento per la perdita del proprio caro. A Scurelle, una lapide ricorda l’uccisione del giovane.

scurelle

La mattina dell’8 aprile 1945, mentre s’incamminava da un sentiero che da Siror conduceva a San Martino di Castrozza, Tullio Gadenz (Fiera di Primiero, 1910) fu raggiunto e ucciso da un colpo di pistola alla nuca. L’assassino fu quasi certamente un soldato tedesco, un paracadutista disertore della Divisione Hermann Göring, che rapinò la vittima del denaro in possesso. Tullio Gadenz, avvocato, era anche poeta, scrittore e alpinista.

infinitezze_tullio_gadenz

Dopo la maturità classica al Liceo G. Prati di Trento, frequentò giurisprudenza all’Università di Padova laureandosi nel 1934: da quel momento in poi, intraprese la carriera forense trasferendosi a Milano e avvicinandosi contemporaneamente alla poesia grazie alle frequentazioni con Antonia Pozzi. A causa degli incessanti bombardamenti aerei sulla metropoli lombarda, si rifugiò a Fiera di Primiero nel 1944. Sul luogo dell’uccisione, fu posto un cippo a ricordo dell’avvocato e poeta.

siror

Militi della 9. Compagnia del CST accantonata a Villalagarina, il 25 aprile 1945 Marco Deimichei, Vito Fracchetti e Mario Maranelli decisero di abbandonare il reparto e di rientrare in famiglia ma, giunti nei pressi della località di Marani di Ala, incontrarono il comandante della 7. Compagnia del CST di stanza in Vallarsa che li interrogò sul motivo della loro presenza in quei luoghi: i tre giovani indossavano ancora la divisa affermando però che il reparto si era sciolto e che stavano tornando a casa.

SSEE L’ufficiale cominciò a picchiarli con calci e pugni e, alla fine, sparò una raffica di mitra che uccise Deimichei e Fracchetti, mentre Maranelli, illeso, fu costretto a spostare i cadaveri dalla strada. Quest’ultimo fu poi condotto a Rovereto sotto sorveglianza e costretto e riunirsi al suo reparto, che si sciolse definitivamente dopo pochi giorni.

marani

La data dell’uccisione non coincide: sulla documentazione giudiziaria militare, è riportato il giorno 25 aprile, mentre i due giovani furono uccisi il 26 aprile, come pure il nome di una delle due vittime è DEIMICHEI e non DEMICHELI.

Le vittime:

  • DEIMICHEI, Marco – Ala, 22 luglio 1925 – Marani di Ala, 26 aprile 1945. Contadino.
  • FRACCHETTI, Vito – Ala, 9 maggio 1926 – Marani di Ala, 26 aprile 1945.
Un battaglione del CST (Corpo di sicurezza trentino) in assetto di marcia

Un battaglione del CST (Corpo di sicurezza trentino) in assetto di marcia

Responsabili dell’eccidio: la 7. compagnia del Corpo di sicurezza trentino. E in particolare un non ben precisato Orbel Nagel (è solo il cognome). Quasi sicuramente, Oberl stava a indicare non tanto il nome di battesimo dell’ufficiale quanto il suo grado militare – Oberleutenant, tenente nella Wehrmacht – rendendone ancor più difficile, se non impossibile, l’identificazione da parte delle autorità giudiziarie italiane. Nel 30. anniversario dalla scomparsa, i fratelli posero una lapide a ricordo dell’uccisione dei due giovani disertori.

Il 27 aprile 1945, un reparto SS giunto nei pressi di Ala (località Cerè) si predispose per l’esecuzione dell’ostaggio, don Domenico Mercante, che aveva portato con sé da Giazza nel Veronese. Al momento della fucilazione, il soldato Leonhard Dallasega si rifiutò di far fuoco e fu ucciso assieme al sacerdote, entrambi abbandonati in una buca provocata dallo scoppio di una bomba d’aereo.

$_35

Dopo pochi giorni, la salma di don Mercante fu recuperata dai suoi parrocchiani e traslata a Giazza, quella di Leonhard fu seppellita ad Ala. In seguito, fu portata al cimitero militare di Merano e identificata con la scritta “Ein deutscher Soldat” fino a quando, quarant’anni dopo, il successore di don Mercante, don Luigi Fraccari, non riuscì a ricostruirne l’identità.

Leonhard Dallasega con l'uniforma delle SS

Leonhard Dallasega con l’uniforme delle SS

Presso la Fondazione Museo storico del Trentino, è possibile recuperare l’intervista a Isidoro Zomer, testimone degli eventi legati alla fucilazione di don Mercante e Dallasega.

Don Domenico Mercante

Don Domenico Mercante

Le vittime:

  •  MERCANTE, don Domenico – Giazza di Selva di Progno (Verona), 22 settembre 1888 -Ala, 27 aprile 1945. Sacerdote e parroco di Giazza nel Veronese. Il 27 aprile 1945, accusato d’essere un collaboratore dei partigiani, fu prelevato in ostaggio da un reparto di SS in ritirata dal Veronese verso Nord. Fu fucilato nel tardo pomeriggio del 27 aprile nei pressi di Ala assieme al disertore altoatesino Leonhard Dallasega.
  • DALLASEGA, Leonhard – Proves, 13 ottobre 1913 – Ala, 27 aprile 1945. Sposato con quattro figli. Arruolato nel Regio esercito, partecipò alla guerra d’Etiopia; nel 1939, all’epoca delle opzioni, scelse la cittadinanza tedesca rimanendo però in territorio italiano. Dopo l’8 settembre e l’occupazione tedesca, fu arruolato nell’ottobre 1943 e assegnato come furiere a un reparto SS di stanza in Veneto. Nelle giornate conclusive, l’unità si trovava a Caldiero (Vicenza) e Dallasega ne approfittò per disertare e raggiungere la famiglia in Alto Adige, ma la mattina del 27 aprile incappò in un’unità SS in ritirata e fu identificato come disertore. Giunto a Cerè, nei pressi di Ala, fu chiamato a partecipare alla fucilazione di don Mercante ma, per motivi religiosi ed etici, si rifiutò di sparare. Degradato e privato della piastrina di riconoscimento, fu ucciso assieme al sacerdote sul bordo di una buca provocata da una bomba d’aereo.
Il capitello ad Ala che ricorda l'uccisione di Dalla Sega e don Domenico

Il capitello ad Ala che ricorda l’uccisione di Dallasega e don Domenico Mercante

Una strada di Trevegnago (Verona) è stata dedicata alla memoria di don Domenico Mercante. A passo Pertica, tra Trentino e Veronese, è stato posto un monumento che commemora le figure del sacerdote e del soldato altoatesino. Nel 2005, nel sessantesimo anniversario della loro scomparsa, si è tenuta una serie d’iniziative celebrative con la partecipazione delle amministrazioni comunali di Ala e di Giazza, dei parenti dei caduti e delle associazioni (combattentistiche e non) presenti sul territorio dei due Comuni.

cere

Orlando Cucco fu ucciso a scopo di furto da SS germaniche il 27 aprile mentre transitava sulla strada statale che collega Rovereto a Mori. Per il giudice istruttore del Tribunale di Rovereto, che nel dopoguerra aprì un procedimento a carico d’ignoti, l’uomo fu ucciso per un altro motivo: sul suo corpo fu rinvenuto un biglietto di carta con la scritta, in italiano e tedesco, «io ho invitato militari tedeschi alla diserzione». La sua morte doveva forse essere d’esempio a chiunque tentasse di generare il caos nei reparti tedeschi in ritirata.

lizzanella

Nel dopoguerra, la Corte d’appello di Trento aprì un fascicolo contro ignoti «per avere in Lizzanella di Rovereto il 27 aprile 1945 cagionato la morte di Cucco Orlando». Il procedimento si chiuse ancora in fase istruttoria, nel luglio 1946, essendo rimasti sconosciuti gli autori.

La vittima:

  • CUCCO, Orlando – Badia (Napoli), 28 gennaio 1915-Rovereto, 27 aprile 1945.

Nel primo pomeriggio del 29 aprile 1945, un reparto di paracadutisti tedeschi in ritirata verso Nord, si fermò presso l’abitazione di Ernesto Debiasi (Ala, 2 marzo 1888) a Sdruzzinà di Ala, chiedendogli di predisporre un carro per trasportare materiali di vario genere. Inizialmente l’uomo si rifiutò, ma, poi, volendo evitare sospetti, cercò di temporeggiare avvisando il patriota Angelo Cotelli della presenza tedesca.

Zentralbild II. Weltkrieg 1939-45 Das letzte Aufgebot der faschistischen Deutschland, 1944. Die Ersatz-Brigade "Großdeutschland" bildet in Lehrgängen Volkssturm-Zugführer aus. U.B'z: Ausbildung an der Maschinenpistole 1812-44

Quest’ultimo, avventatamente, sia per avvertire i partigiani presenti nella zona sia per intimorire i tedeschi, esplose un colpo d’arma da fuoco scappando verso la montagna. Messi in allarme dallo sparo, i militari germanici arrestarono Debiasi, perquisirono la sua abitazione e rinvennero la giacca di un prigioniero sfuggito ai tedeschi, che aveva trovato rifugio lì nei mesi precedenti. Debiasi fu accusato d’essere un partigiano e, condotto fuori dall’edificio, fu freddato con una raffica di mitra (secondo la figlia, fu giustiziato con alcuni colpi di pistola).

sdruzzina

Il corpo fu raccolto dai frati cappuccini solo dopo aver ottenuto il permesso dagli ufficiali nazisti che, in un primo tempo, avevano abbandonato il cadavere lungo la strada. Secondo il Comitato di liberazione nazionale di Ala, dopo l’assassinio, la casa della vittima fu saccheggiata e i soldati asportarono oggetti per un valore complessivo di circa 150 mila lire. Negli istanti successivi, interruppero la strada di collegamento con la località Sega e ordinarono lo sgombero della popolazione civile presente a Sdruzzinà.

La vittima:

  • DEBIASI, Ernesto – Ala, 2 marzo 1888 – 29 aprile 1945. Coniugato con prole, contadino. Membro del Comitato di liberazione nazionale (CLN) locale e in collegamento con le forze partigiane venete, fornì informazioni circa la costruzione degli apprestamenti difensivi tedeschi nell’ambito della Linea Blu (Blaue linie), aiutò prigionieri sbandati, raccolse armi e materiali per i patrioti. Il 29 aprile 1945 un reparto di paracadutisti lo uccise durante la ritirata.

A Sdruzzinà di Ala, nel dopoguerra è stato posto un cippo commemorativo sul luogo dell’uccisione.

Panoramica di Ala

Panoramica di Ala

Il 29 aprile un gruppo di giovani appartenenti alla SAP (Squadre di Azione Patriottica) di Sardagna e di Cadine si portò nei pressi del forte situato nella località di Buco di Vela allo scopo di prelevare armi e bombe a mano, lì nascoste. Giunti a un centinaio di metri, furono fermati da un reparto di SS tedesche che intimarono l’alt.

cadine

All’ingiunzione, alcuni preferirono tentare la fuga inseguiti dal fuoco di fucileria dei militari nazisti. Giuseppe Tasin ( Cadine, 13 settembre 1921) morì negli istanti successivi colpito alla testa, mentre De Gasperi e Janes rimasero feriti. Caduti nelle mani dei tedeschi, questi ultimi rimasero in custodia sotto minaccia di fucilazione. Solo l’intervento di un vicebrigadiere dei carabinieri li salvò dall’esecuzione.

La vittima:

  • TASIN, Giuseppe – Cadine, 13 settembre 1921 – Buco di Vela, 29 aprile 1945. Falegname. Membro della SAP di Sardagna, Sopramonte e Cadine alle dipendente del CLN di Trento.

A Cadine, nei pressi del forte del Buco di Vela, è stato posto un cippo a ricordo del partigiano Giuseppe Tasin.

A Rovereto, nella serata del 30 aprile, un gruppo di giovanissimi partigiani guidati dall’agente di polizia Guido Basso cercò di bloccare gruppetti isolati di tedeschi in ritirata allo scopo di disarmarli e recuperarne le armi. Tra la frazione di Sacco e Rovereto, nei pressi dello scalo ferroviario, il gruppo incrociò una «carretta, trainata da cavalli, accompagnata da due militari tedeschi» e decise di bloccarli: «venne a loro intimato l’alt e riuscirono a disarmarne uno, munito di fucile e pistola».

Con i partigiani fiemmesi combatterono anche dei soldati stranieri sfuggiti ai tedeschi. Questo dovrebbe essere il corpo di un soldato russo, di nome Wiens Willi da Saporowska

«l’altro, invece, che era armato di pistola mitragliatrice (parabello), fece resistenza ed ebbe modo di usare l’arma», tant’è che alcuni colpi raggiunsero e ferirono mortalmente il partigiano Mario Fedrigotti (Rovereto, 30 marzo 1927). Durante la sparatoria, rimasero colpiti anche i due militari (uno era delle SS): uno morì sul colpo, l’altro il giorno successivo.

La vittima:

  • FEDRIGOTTI, Mario – Rovereto, 30 marzo 1927 – 30 aprile 1945. Studente. Partigiano del GAP di Rovereto, morì durante un conflitto a fuoco con militari tedeschi in ritirata.

Secondo la documentazione proveniente dalla Procura militare di Verona, i due furono uccisi da un reparto di SS non meglio identificato.

Bernardino Azzolini (Moravia, 20 agosto 1916) e Cornelio Prezzi (Rovereto, 6 aprile 1906) furono fucilati il 29 aprile 1945 a Marco di Rovereto. Nel dopoguerra, le vedove e tre testimoni raccontarono alla Commissione patrioti di Trento che i due erano stati catturati da soldati tedeschi in ritirata mentre si recavano al lavoro e uccisi per rappresaglia a seguito della fuga di due partigiani catturati nei giorni precedenti. Ma una voce popolare molto diffusa riporta che i due furono giustiziati perché sorpresi a rubare carburante da alcuni mezzi militari in sosta. La Commissione concesse alle famiglie dei due caduti un assegno di 20 mila lire ciascuna.

marco

Le vittime:

  • AZZOLINI, Bernardino – Moravia, 20 agosto 1916 – Rovereto, 29 aprile 1945. Commesso di negozio
  • PREZZI, Cornelio – Rovereto, 6 aprile 1906 – 29 aprile 1945. Muratore.

Il 28 aprile a Carbonare di Folgaria i tedeschi avevano ucciso quattro persone. La mattina del 4 maggio successivo una colonna mista formata da partigiani della Divisione Monte Ortigara e da alcune autoblindo inglesi era partita da Asiago dirigendosi verso Trento.

Giunti nei pressi di Lavarone, gli inglesi proseguirono in direzione del capoluogo trentino mentre i partigiani guidati da Giulio Vescovi (Leo) cominciarono a disarmare i soldati tedeschi che incontravano: nel frattempo, agli uomini di Vescovi, si unirono anche patrioti trentini, tra cui Romeo Penner (Lavarone, 7 gennaio 1915).

13 maggio 1945 - zona di Bolzano - V armata. Ufficiali tedeschi e uomini del Quartier Generale delle SS abbandonano il Quartier Generale diretti verso un campo di concentramento alleato dopo la resa di Bolzano

Nel primo pomeriggio, si presentarono alcuni ufficiali tedeschi con l’intenzione di arrendersi e invitarono i partigiani a proseguire per Vigolo Vattaro, dove il grosso del loro reparto avrebbe consegnato le armi.

E così, il gruppo di 25/30 partigiani partì a bordo di un’autocorriera in direzione di Vigolo: in località Pian dei Prai, caddero in mano dei «ribelli» altri ufficiali, tra cui un generale. Giunti nei pressi di Vattaro, i partigiani notarono gruppi di soldati tedeschi, non tutti armati e con una fascia bianca al braccio: sembravano tutt’altro che ostili.

Ma, a un certo punto, la corriera fu bloccata da due autoblindo, una davanti e l’altra dietro, e i partigiani bersagliati da una scarica di proiettili: senza nemmeno aver avuto il tempo di scendere dal mezzo o di difendersi, sei «ribelli» rimasero uccisi immediatamente, uno rimase ferito ma decedette successivamente, chi non riuscì a scappare fu catturato e minacciato d’essere impiccato.

vigolo vattaro

I partigiani avevano catturato ufficiali appartenenti al Comando della 4. Divisione paracadutisti (4. Fallschirmjäger-Division), tra cui il suo comandante, il generale Heinz Trettner. Quest’ultimo, per sua stessa ammissione, riuscì a raggirarli, a raggiungere le sue truppe a San Cristoforo, dov’erano stanziate le forze del 1. Corpo paracadutisti, e a inviare a Vigolo i mezzi corazzati e un plotone di soldati, responsabili dell’imboscata a danno dei partigiani.

Le vittime:

  • ARDUINI, Pasquale
  • CERA, Giovanni (di Domenico)
  • CERA, Giovanni (di Valentino)
  • CORRADI, Rodolfo
  • PENNER, Romeo – Lavarone, 7 gennaio 1915 – Vigolo Vattaro, 4 maggio 1945. Meccanico/boscaiolo. Alpino presso il 5. Reggimento artiglieria alpina (Divisione Pusteria) combatté sul fronte occidentale (giugno 1940), sul fronte greco albanese (novembre 1940-aprile 1941) e in Montenegro (agosto 1941-agosto 1942). Ammalatosi di malaria, fu rimpatriato e congedato (gennaio 1943). All’inizio di aprile del 1945, aderì al movimento di resistenza locale collaborando col CLN di Lavarone e con la Brigata Pasubiana (Divisione d\’assalto Garibaldi Ateo Garemi). Nel maggio 1945, si unì agli uomini della Divisione Monte Ortigara rimanendo ucciso nell\’imboscata tesa da paracadutisti tedeschi a Vigolo Vattaro il 4 maggio 1945. Croce al merito di guerra.
  • TROSELY, Gianna
  • ZOTTI, Domenico
Heinz Trettner

Heinz Trettner

 I partigiani Arduini, i due Cera, Trosely e Zotti furono insigniti di una medaglia d’argento al valor militare. A ricordo dei sette caduti partigiani, è stata posta una lapide a fianco dei caduti di Vigolo Vattaro nella seconda guerra mondiale.

2016-01-25_23-22-47

Nonostante non ci fossero state vittime tra la popolazione civile, la memoria di questa comunità si presenta tuttora problematica e controversa: l’accusa che i civili muovono ai partigiani è quella di aver messo in pericolo l’incolumità degli abitanti. In realtà, è evidente che l’azione tedesca rappresentò una sorta d’intimidazione nei confronti dei partigiani, la cui autorità gli ufficiali tedeschi non riconoscevano.

sega

È interessante notare come le ricerche condotte da Luca Valente abbiano evidenziato una responsabilità anche da parte alleata. Secondo lo studioso vicentino, il generale Trettner aveva avuto il via libera all’imboscata dal colonnello Franklin Miller della 88. Divisione di fanteria americana, che si trovava in quei giorni a San Cristoforo con l’incarico di trattare la cessione delle armi direttamente con gli alti comandi del 1. Corpo paracadutisti.

resa-tedeschi--4-

Questa voce è stata pubblicata in Senza categoria. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento