SAPPIAMO PROMUOVERE (BENE) IL NOSTRO TRENTINO?
di Maurizio Panizza
Caro Assessore Dallapiccola, *
essendo “amici”, seguo anche in Facebook i tuoi interventi a favore di un’immagine del Trentino che sia la più completa e accattivante possibile.
Non può che essere così, visti i tempi di crisi che richiedono – per poterli governare – interventi incisivi a livello amministrativo, politico e anche personale, nell’ottica di condividere una responsabilità comune a tutti i cittadini: quella di valorizzare al massimo la nostra realtà provinciale che dal turismo, in particolare, può raccogliere i frutti migliori.
Orbene, premesso questo, mi permetto di suggerirti una proposta (se già non è in agenda) che va in tale direzione. Come potrai vedere dalla riflessione che trovi qui di seguito, già ho sentito il bisogno di segnalare pubblicamente un’occasione mancata per far conoscere in Italia e all’estero il nome del Trentino.
Sinceramente non so se già tale ragionamento faccia parte di una “progettazione” di marketing provinciale, tuttavia ritengo che perlomeno nei confronti delle realtà produttive che beneficiano in qualche modo di facilitazioni e/o contributi provinciali – diretti o indiretti – dovrebbe porsi l’OBBLIGO di riportare a fianco dei loro nomi, pure il marchio (il “brand” come dicono gli esperti) del Trentino.
Questo per fare sì che situazioni come quella segnalata sul giornale dal sottoscritto a riguardo di Melinda, e successivamente ripresa pure da altri lettori, non abbiano più a ripetersi.
Come a dire, in altre parole, che a tutti i nostri prodotti di qualità – industriali, artigianali, enogastronomici, culturali e pure intellettuali – dovrebbe SEMPRE accompagnarsi un marchio di “denominazione territoriale” del Trentino, uguale per tutti, così da promuovere costantemente all’esterno dei nostri confini la Provincia di Trento e confermare così che essa è un territorio unico e di eccellenza sotto molti punti di vista.
In tal senso iniziative sporadiche, come peraltro accade tuttora, vengono ad avere poco senso e incisività: se il momento contingente lo richiede (eccome se lo richiede!) non si può più lasciare al caso, o alla sensibilità del singolo imprenditore un’operazione importante come quella di coniugare il nome di un prodotto di qualità con il territorio – altrettanto di qualità – della nostra Provincia.
Così che a nulla serve nemmeno promuovere un luogo – ad esempio per “Melinda” la Val di Non – se il potenziale consumatore/fruitore/turista paradossalmente non viene messo nella condizione di sapere dove si trovi quel territorio.
Non mi dilungo oltre. Spero solo, con questo, di avere un po’ contribuito a riportare nuova attenzione sull’attualissimo problema del “saper vendere bene” il nostro prodotto principale che è l’immagine, la bellezza delle nostre valli, dei monti e dei laghi abbinandolo alle capacità e all’inventiva della nostra gente nel saper produrre, costruire, offrire, ospitare.
LA VAL DI NON? IN VALLE D’AOSTA!
di Maurizio Panizza
Parlavo giorni fa di come si potrebbe fare promozione “in proprio” del Trentino da parte di chiunque frequenti internet, in particolare i social-network.
Oggi, invece, volevo affrontare un’importante occasione persa per fare promozione su scala nazionale alla nostra provincia. Mi riferisco alle mele “Melinda”, nome conosciutissimo in Italia e presumo anche all’estero.
Mi trovavo qualche settimana fa in Versilia e un giorno, come capita, mi sono recato a fare la spesa al supermercato. Fra altri frutti in mostra, erano ben disposte sui ripiani pure le nostre mele “Melinda”. Per abitudine ma anche per sano spirito di appartenenza, ne ho messo una confezione nel carrello.
Arrivato alla cassa, la cortesia e la loquacità della cassiera mi hanno spinto a dire orgoglioso che quelle mele provenivano da dove venivo io, cioè dal Trentino. “Dal Trentino? – ha esclamato stupita la cassiera. Chissà perché pensavo fossero della Valle d’Aosta. Del resto, da noi sono conosciute solo come mele coltivate in Val di Non e nulla per la verità si dice del Trentino sulla famosa etichetta”.
E’ vero, ho pensato, tanta pubblicità per promuovere un’etichetta e niente e nessuno che dica agli italiani dove si trovi la Val di Non. Ma che razza di pubblicità è mai questa? – mi sono chiesto. Chi sono quei pubblicitari-creativi che l’hanno ideata? Si vuole fare promozione ad una valle ma non ad una provincia forse per via del classico luogo comune che vorrebbe i nonesi tirchi e poco disponibili verso gli altri, in questo caso verso l’economia e l’immagine complessiva del Trentino?
Eppure per queste pubblicità (non solo di stampa: ricordate in tv la saga dell’etichetta dimenticata?) certamente si sono spesi centinaia di migliaia di euro: un’occasione sprecata per aggiungere gratuitamente a quella sconosciuta “Val di Non” pure un “Trentino” che di sicuro saprebbe evocare in molti potenziali turisti, sia certezze geografiche che suggestioni naturali, suggestioni di cui abbiamo estremo bisogno, visto che la crisi deve ingegnarci a fare ancora di più e sempre meglio.
Sperando di convincere chi ha prodotto quella pubblicità che la Val di Non non è affatto il centro del mondo, invito i lettori che volessero verificare di persona ciò di cui sto argomentando, a provare a digitare in Google-Immagini “mele Melinda”. Non ho timore a sfidare i volenterosi internauti a trovare una sola foto pubblicitaria che sia abbinata al nome “Trentino”, men che meno un solo marchio che contenga il nome della nostra Provincia. Una domanda maliziosa mi sovviene: ma il Consorzio Melinda riceve forse contributi provinciali?