“La dittatura fascista e le persecuzioni razziali”: un volume che contiene l’interessante, dettagliata, scrupolosa ricerca d’archivio effettuata, nel 2014, per conto del Comune di Arco, da Marialisa Avi, Selenio Ioppi, Stefania Rosa, Giancarla Tognoni e Romano Turrini.
A questo libro, corredato da importanti documenti e foto d’epoca, abbiamo già fatto riferimento per l’analisi delle leggi razziali in Trentino. Questa volta ci concentriamo invece sulla nascita del fascismo ad Arco. Alcuni dati sugli autori e i collaboratori per questa pubblicazione. Fotografie: Archivio storico del Comune di Arco, Archivio Fabio Emanuelli, Archivio Cooperativa Valli del Sarca.
Riproduzioni fotografiche manifesti e giornali: Romano Turrini. Scansioni documenti: Marialisa Avi. Coordinamento editoriale: Romano Turrini. Impaginazione: Sebastiano Matteotti.
Bibliografia: AA.VV., Studiare storia 3 – Novecento, Bruno Mondadori editore. M.L. Crosina, Le storie ritrovate – Ebrei nella provincia di Trento 1938 – 1945, Trento 1995. Rosa, La politica amministrativa e il clima politico di Arco dall’ordinamento austriaco a quello italiano (1900 – 1929), sta in “Il Sommolago” – dicembre 2008. Bertassi – R. Turrini, Cento anni di cooperazione nelle valli del Sarca, Arco 2011. Turrini, Arco città dell’aria, Arco 2004. Turrini, Memorie, Arco 2005. Zelikoswki, La mia testimonianza, Trento 2008.
Fonti d’archivio: Archivio storico del Comune di Arco, Archivio storico del Comune di Romarzollo. Stampa: Grafica 5, gennaio 2014.
a cura di Cornelio Galas
DAL SINDACO AL PODESTÀ
Per questo periodo storico, nel volume, si fa riferimento in parte al saggio di Stefania Rosa “La politica amministrativa e il clima politico di Arco dall’ordinamento austriaco a quello italiano (1900 – 1929)”, pubblicato sulla rivista “Il Sommolago” nel dicembre del 2008. La ricerca, molto accurata, ha avuto come fonte significativa, anche se non unica, i documenti dell’Archivio storico comunale.
Al termine del primo conflitto mondiale, come avviene in tutte le nuove province ufficialmente annesse al regno d’Italia dopo il trattato di Saint Germain, si insedia ad Arco un’amministrazione provvisoria con al vertice un sindaco temporaneo, Prospero Marchetti (1864 – 1925), nipote dell’omonimo fautore della nascita del Luogo di Cura ad Arco e primo Presidente della SAT. A coadiuvarlo nella sua attività vi sono i consiglieri, i quali si preoccupano di gestire alcuni istituti civici indispensabili per la ripresa della vita sociale ad Arco. Essi sono riuniti nella consulta che nei libri-verbale viene definita “Giunta civica”. I vari incarichi riguardano l’amministrazione di istituzioni assistenziali quali l’ospedale civico, l’Istituto della Provvidenza e la Pia Casa di Ricovero, il Consorzio agrario distrettuale, il Consiglio scolastico locale, il Consorzio di approvvigionamento distrettuale, il Comitato profughi, il Comitato di cura.
Nel 1922 si tengono le prime elezioni amministrative in Arco italiana; il nuovo sindaco è il notaio Emilio Bortolotti, coadiuvato dagli assessori Oreste Angelini, Augusto Angelini, Federico de Altamer e Antonio Giovanazzi. Il suo mandato come primo cittadino inizia nel febbraio 1922 e termina nel dicembre 1923, quando il fascismo decreta l’introduzione del commissario prefettizio al posto del sindaco. Dal gennaio 1924 al maggio 1926 si susseguiranno ben quattro commissari. Primo fra tutti, per il breve periodo di un mese, troviamo Arturo Diana, quasi immediatamente sostituito da Stefano Suglich, originario di Trieste, che rimarrà in carica fino all’aprile del 1925.
La Sezione di arco del Partito nazionale Fascista
Il 10 settembre 1922 nasce ad Arco la sezione del Partito Nazionale Fascista (PNF). La cerimonia di inaugurazione avviene presso il Salone Municipale, imbandierato con il tricolore, previo permesso concesso dal sindaco Bortolotti. Nel dicembre dello stesso anno il Gruppo Femminile del PNF chiede di erigere un palco in Piazzale Segantini per allestire un Vaso della Fortuna. La domanda è scritta su carta intestata e reca il timbro della sezione di Arco del Partito Nazionale Fascista.
Il 22 dicembre dello stesso anno il Comandante della terza Coorte del Partito Nazionale Fascista della Venezia Tridentina, che comprendeva milizie fasciste di Ala, Mori, Rovereto, Arco, Riva, Bezzecca Creto, Tione, Ponte delle Arche, invia “l’ordine di massima n. 1” in cui vengono date indicazioni circa l’uniforme da indossare (la camicia nera era d’obbligo). Il primo punto della lettera segnala che «essendo necessario un reparto celere» erano da segnalare automobilisti, motociclisti e «ottimi ciclisti», naturalmente dotati di mezzo proprio. Si ritiene di non essere troppo lontani dal vero nel presupporre che il “reparto celere” dovesse essere utilizzato per qualche incursione punitiva nel paesi della valle.
Le varie sezioni del PNF avevano occhi vigili su tutto quello che poteva impedire l’ascesa al potere del fascismo. Fra i tanti documenti e messaggi conservati nell’Archivio uno riguarda una personalità di spicco del mondo politico trentino in quell’epoca. Così inizia una lettera riservata inviata alla Federazione Provinciale Trentina del PNF dal Segretario di Sezione di Arco: «Il più o meno on. Carbonari (deputato del Partito Popolare), tiene nei paesi delle adunanze segrete; arriva di sera, all’improvviso, in automobile, raduna i contadini in qualche locale, e li intrattiene per trattare il problema di erigende filande sociali fra contadini … Persona degna di fede m’ha informato di ciò; dati precisi non ho potuto averne; è accertato però che una di queste adunanze fu tenuta una sera a Massone (Oltresarca) e l’altra a Lasino. Siccome io dubito che l’affare delle filande sia una scusa, lo scopo preciso del sopracitato individuo dovrebbe essere quello di fare tutto il possibile per tenere uniti i contadini economicamente, per averli poi uniti anche per scopi politici: elezioni e lotta contro il fascismo».
L’on. Luigi Carbonari (1880 – 1971), nativo di Folgaria, laureato in scienze politiche e amico di De Gasperi, può essere considerato uno dei rifondatori del movimento cooperativo nel Trentino e pagherà con l’emarginazione il suo antifascismo; sarà costretto per vivere a fare l’ambulante. Gli informatori fascisti avevano dunque visto bene. Nel secondo dopoguerra egli farà parte della Consulta nazionale e del Senato della Repubblica.
Al 22 dicembre 1923 risale un’altra missiva “riservata personale” indirizzata dal Segretario politico del PNF di Arco al massimo responsabile del Partito Nazionale Fascista a livello trentino, Carlo Barduzzi. Si tratta di un documento di grande interesse che descrive mirabilmente il clima politico che si stava delineando in quelle settimane in Arco: «La presente per informarLa che mercoledì u.p. tutti i membri del Consiglio Comunale di Arco presentarono le loro dimissioni. Ciò fu provocato dalle dimissioni date dai 5 membri fascisti e da due liberali che facevano parte di detto Consiglio. Ora che il campo è libero, mi rivolgo a Lei, onde voglia interessarsi affinché a reggere il Comune di Arco ci venisse mandata una persona per bene, competente, possibilmente un nostro amico di fede, dimodoché si possa preparare il terreno per le prossime elezioni amministrative. Arco, nell’immediato dopoguerra, fu la roccaforte del comunismo più acceso, ed era nell’anteguerra il covo del Partito Popolare e dello austriacantismo. Siccome non le nascondo che tutt’ora vi è qualche rimasuglio dei tempi passati, voglio anche farLe presente che vi sono qui ottimi elementi da non trascurare; io mi propongo di cancellare le macchie del passato e portare Arco al posto che gli spetta fra le cittadine della Provincia. Per ciò ottenere, ho bisogno del Suo valido appoggio e del Suo aiuto. Avrei molto piacere poter ricevere Sue istruzioni circa la via da seguire. Nei prossimi giorni è mia intenzione ottenere le dimissioni dei Consigli Comunali di Oltresarca e Romarzollo, e credo di riuscirvi; però vorrei conoscere in proposito il Suo pensiero. Per ora chiudo. PregandoLa di una cortese evasione alla presente, porgo fraterni saluti. Il Segretario Politico».
E i propositi del segretario politico hanno successo: il consiglio comunale di Oltresarca si dimette nel marzo 1924 e quello Romarzollo nel settembre dello stesso anno.
I Commissari prefettizi per la temporanea amministrazione
Le decisioni prese a livello governativo esaudiscono pienamente le richieste del segretario politico del PNF di Arco. Nel gennaio del 1924 il Comune di Arco viene affidato prima ad Arturo Diana e, un mese dopo, a Stefano Suglich che rivestono entrambi l’incarico di “Commissario prefettizio per la temporanea amministrazione”.
Il 27 febbraio Suglich prende una decisione importante. «Allo scopo di istituire anche in questo Comune una Commissione consultiva, come si è fatto in altre città del Trentino, la quale Consulta possa esprimere per quanto riguarda le pratiche pendenti o questioni nuove da risolvere di interesse comunale che si ritenesse opportuno sottoporre al suo esame senza per nulla limitare la iniziativa e decisione spettante al Commissario conferitagli dalla legge, è istituita nel Comune di Arco una Commissione consultiva composta da cinque membri. Ad essa sono chiamati a far parte i Signori: cav. uff. dr. Emilio Bortolotti, cav. uff. dr. Prospero Marchetti, Zucchelli Fausto, Giuliani Giuseppe Camillo, Bonmassar Enrico»”. Occorre sempre prestare molta attenzione esaminando la documentazione riferita ai primi anni di amministrazione fascista, a quanto anche poche righe o parole vogliono significare. La Consulta istituita dal Commissario prefettizio Suglich non lo affianca in incarichi amministrativi, ma esprime pareri che non vincolano assolutamente il primo cittadino nelle sue decisioni.
Il 15 maggio del 1924 il Commissario prefettizio prende un decisione che era stata compiuta da moltissimi comuni d’Italia: il conferimento della cittadinanza onoraria a Benito Mussolini che «con opera geniale, energica, instancabile porta verso alti e sicuri destini l’Italia nostra». Nella premessa della determina egli scrive di farsi «interprete dell’unanime volontà di questa popolazione, per sentimenti patriottici non seconda a nessuno, per mirabili virtù, sacrifici, sofferenze sotto il giogo straniero tra le prime». Alla determina d’urgenza del Commissario prefettizio risponde con un telegramma il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Acerbo: «Sua Eccellenza il presidente del Consiglio mi incarica ringraziare codesta popolazione del conferimento della cittadinanza onoraria che egli accetta formulando i più fervidi voti per l’avvenire di codesto Comune. Firmato Acerbo».
Nei primi giorni di aprile del 1925 viene nominato nuovo Commissario prefettizio il dottor Federico de Altamer, membro di una delle famiglie più importanti di Arco, i cui avi avevano svolto in diverse occasioni il ruolo di primo cittadino. Egli si premura immediatamente di nominare una Consulta municipale e si rivolge a dieci cittadini: «Conscio della grave missione affidatami e delle non lievi responsabilità assuntemi mi rivolgo alla S.V. colla preghiera di volermi favorire la Sua preziosa collaborazione ed il Suo saggio consiglio per poter così, con soddisfazione pubblica, risolvere i vari problemi che interessano maggiormente la nostra città». Ma l’impegno di responsabile dell’amministrazione comunale del dottor de Altamer dura pochi mesi. Nel gennaio del 1926 gli succede nella carica di Commissario prefettizio Gustavo Pasotti il quale saluta con un manifesto i cittadini di Arco. Quella di lanciare messaggi alla popolazione diventerà una pratica assai diffusa durante il fascismo; era infatti un modo di arrivare con la massima efficacia alla maggior parte dei cittadini. Il 30 marzo del 1926 il Commissario prefettizio Pasotti invita i cittadini di Arco ad un “referendum” su alcuni problemi che riguardavano il comune. Il termine “referendum” deve essere interpretato, in questo frangente storico, come “un’operazione ascolto”, non certo per chiedere a tutti un parere con possibilità di modificare decisioni prese. In ogni buon conto il Commissario dava appuntamento ai cittadini nella “sala piccola del Casino Municipale”; non si aspettava quindi una massiccia partecipazione di popolo!
La diversa corrispondenza conservata nell’Archivio storico e riferita al periodo in cui è Commis sario Gustavo Pasotti segnala una sua particolare attenzione ai problemi sociali della comunità; egli scrive, ad esempio, alle giovani del Circolo Femminile Cattolico di Arco: «Ho saputo dalla Madre Superiora del Ricovero che Loro Signorine hanno regalato ai nostri vecchietti un dolce per la domenica ultima di Carnevale. Mi preme esternare Loro il mio compiacimento, pregandole anzi a voler spesso ricordarsi di loro, che poveretti, ridotti a trascinare gli ultimi giorni della loro vita in una casa che non è la loro, hanno ben diritto alle attenzioni di coloro cui arride giovinezza, salute e fortuna. Perseverino nel bene e si abbiano il mio ringraziamento». Alle alunne della IV elementare di Arco che gli chiedono un contributo di 100 Lire per potere effettuare una gita a Pinè, il Commissario Pasotti risponde positivamente e aggiunge: «Lassù si venera la Madre di Dio, la Mamma misericordiosa di tutti. Pregatela per Voi, che vi consacri sempre buone, pregatela per i vostri cari, per i nostri Capi, pel vostro Re e per la vostra Patria, che resti unita, che divenga grande, solida, potente! A Noi, bimbe, alalà”.
Il podestà
Anche il Commissario prefettizio Pasotti però non resta molto ad Arco. La legge 4 febbraio 1926 n. 237 concentra nella figura del Podestà le funzioni conferite dalla precedente legge comunale e provinciale al Sindaco, alla Giunta ed al Consiglio. Il manifesto, datato 16 maggio 1926, diffuso dal Prefetto della Venezia Tridentina Guadagnini chiarisce in modo sintetico, ma efficace il ruolo del Podestà. Egli è di nomina regia e non eletto; proprio per questo, a detta del legislatore, egli governerà il Municipio al di sopra delle competizioni e delle divisioni locali, garantendo un potere stabile e sicuro. «Salutate, per tanto, con gioia l’avvento del Magistrato civico, riveritelo e obbeditelo, per la prosperità dei vostri comuni, per la grandezza della Patria». Il primo podestà di Arco è Stefano de Veszelka.
La legge prevedeva anche che ad un medesimo podestà potesse essere affidata l’amministrazione di più comuni. Ma questo per ora non riguarda Arco. Il 13 dicembre 1928 invece, per Regio Decreto verrà stabilita l’unificazione dei comuni di Arco, Oltresarca e Romarzollo, con denominazione e capoluogo Arco.
Ecco l’elenco dei podestà che si sono succeduti nell’amministrazione della città di Arco:
– Stefano de Veszelka (1926 – 1927)
– Remigio Umech – Savini (1927 – 1933)
– Riccardo La Posta (1933 – 1934)
– Aldo Malesani (1934 – 1937)
– Luigi Gardini (1937 – 1938), c. pref.
– Giulio Carloni (1938 – 1945)
Il patriottismo
I sentimenti di italianità avevano trovato accoglienza nella propaganda fascista, in parte sostenuta anche dalla classe liberale. Anche l’amministrazione comunale di Arco si segnala per alcune decisioni. Ad esempio il 2 giugno 1922 il sindaco Bortolotti comunica alla Direzione del Museo del Risorgimento che, per ricordare l’entrata delle truppe italiane in Trento, la piazza principale di Arco era stata intitolata “Piazza 3 Novembre”. In ambito toponomastico molte delle vie principali di Arco cambiano nome: ad esempio, via Vergolano diventa via Fabio Filzi (il nome antico sarà poi ripristinato nel 1936), il viale delle Magnolie viene chiamato viale Vittorio Emanuele III e quello delle Palme diventa viale G. Garibaldi. Queste variazioni sono ben illustrate nel Piano Regolatore della città stilato dall’arch. Umberto Maffei nel 1919 e integrato nel 1922.
Nel settembre di quell’anno il Segretario politico a nome del Direttorio della Sezione di Arco del PNF con una lettera al Municipio «[…] interpretando anche il desiderio di molti cittadini, deplora che codesto Lodevole Municipio non abbia preannunciato il passaggio delle eroiche Camicie Rosse, mostrando come in altre occasioni un’indifferenza che, oltre ad offendere l’alto sentimento patriottico, danneggia l’incremento della bisognosa nostra Città» L’accoglienza ai garibaldini poteva avere un duplice scopo: manifestare lo spirito patriottico e promuovere il rilancio economico della città. Il sindaco di Arco risponde a questa lettera e ad un articolo assai critico pubblicato sul giornale “La Libertà”, attribuendo la colpa di tutto al Comitato organizzatore che non si era curato di inserire nel programma del viaggio una breve sosta ad Arco.
Non mancavano poi gli appuntamenti, legati solitamente ad anniversari, per alimentare lo spirito patriottico che ben presto si trasformerà in nazionalismo. Il 21 aprile 1926, ricordando il “Natale di Roma”, i commissari prefettizi dei tre comuni di Arco, Oltresarca e Romarzollo invitano tutti i lavoratori e i fascisti a partecipare alla festa nazionale del lavoro, unendosi in corteo e cantando le “nostre” canzoni.
Il 24 maggio (data di entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale) del 1927, ad esempio, arrivano ad Arco 300 ex combattenti bresciani; in un manifesto i responsabili amministrativi e politici dei tre comuni invitano tutta la popolazione ad accoglierli trionfalmente, partecipando al corteo nelle vie della città, cantando «i fatidici inni alla Patria» e assistendo al concerto serale sul viale Garibaldi (ora viale delle Palme).