a cura di Cornelio Galas
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documenti raccolti da Enzo Antonio Cicchino
Progetto di riforma corporativa
della rappresentanza politica
sottoposto al Gran Consiglio
del novembre 1927 (VI)
Art. 1.
La Camera dei Deputati si compone di membri eletti, in numero di uno ogni centomila abitanti, a scrutinio di lista da novantadue collegi elettorali provinciali, e in numero di uno ogni cinquecentomila abitanti pure a scrutinio di lista da ventisei collegi elettorali nazionali.
Il numero dei deputati da eleggere dai collegi provinciali è fissato in quattrocentoventi, e quello dei deputati da eleggere dai collegi nazionali in ottantaquattro. Questo numero potrà essere aumentato in seguito ai risultati dei futuri censimenti della popolazione del Regno.
Il riparto, fra i vari collegi dei deputati da eleggere dai collegi provinciali è fatto nella tabella A allegata come parte integrante della presente legge, ed è riveduto per legge nella prima sessione che succede alla pubblicazione del censimento. Egualmente è riveduto per legge nella prima sessione che succede alla pubblicazione del censimento il reparto dei deputati fra i ventisei collegi nazionali fatto nella presente legge.
Art. 2.
Hanno diritto di voto nei collegi elettorali provinciali: La Provincia, i Comuni e gli Enti morali di utilità pubblica, aventi sede nella Provincia e legalmente riconosciuti da almeno un quinquennio, quando siano forniti di rendite, comunque ottenute non inferiori a lire ventimila annue.
I Sindacati legalmente riconosciuti a termini della legge 3 aprile 1926, e le Associazioni sindacali di funzionari autorizzati a termini della stessa legge e del regolamento primo luglio 1926 hanno diritto di voto purché siano legalmente costituiti da almeno un anno e contino almeno cento soci. Non hanno diritto di voto le Società commerciali.
Art. 3.
Hanno, inoltre diritto di voto individuale nei collegi provinciali i proprietari di fondi urbani e rustici, che paghino almeno tremila lire di imposte dirette allo Stato, alla Provincia e ai Comuni, i professori di istruzione superiore e media, i magistrati dell’ordine giudiziario ed amministrativo, gli ufficiali del R. Esercito, della R. Marina, della R. Aeronautica e degli altri Corpi Armati dello Stato in servizio attivo permanente, i funzionari del Gruppo A dipendenti dai Ministeri dell’Interno, degli Esteri e delle Colonie; i segretari federali, i membri dei direttori provinciali e i segretari politici del Partito Nazionale Fascista; i decorati al valor militare e i mutilati di guerra, gli arcivescovi, i vescovi, i canonici delle cattedrali ed i parroci.
Art. 4.
Le Provincie hanno diritto a dieci voti quando contino non piú di centomila abitanti; oltre i centomila hanno diritto a cinque voti in piú per ogni centomila abitanti fino ad un massimo di cinquanta.
I Comuni hanno diritto ad un voto quando contino non piú di mille abitanti; a due voti quando ne contino da mille a cinquemila; a tre voti da cinquemila a diecimila; a quattro voti da diecimila a ventimila; a cinque voti da ventimila a quarantamila; a sei voti da quarantamila a settantamila; oltre i settantamila hanno diritto a un voto in piú per ogni trentamila abitanti fino ad un massimo di quaranta voti.
Art. 5.
Gli enti morali, di cui all’art. 2, hanno diritto ad un voto quando le loro rendite annuali medie, quali risultano dai bilanci dell’ultimo triennio, siano inferiori a lire cinquantamila; a due voti quando tali rendite siano di lire cinquantamila o piú fino a trecentomila; a tre voti quando siano di trecentomila e piú fino a un milione; a quattro voti quando siano di un milione e piú fino a due; a cinque voti quando oltrepassino i due milioni.
I Sindacati legalmente riconosciuti di lavoratori hanno diritto a un voto quando i lavoratori da essi rappresentati siano meno di cinquecento; a due voti quando siano piú di cinquecento e meno di duemila; a tre voti quando siano piú di duemila e meno di cinquemila; a quattro voti quando siano piú di cinquemila e meno di diecimila; da diecimila in poi hanno diritto a un voto in piú per ogni diecimila rappresentati con un massimo di dieci voti.
I Sindacati di liberi esercenti un’arte o una professione hanno diritto a un voto quando rappresentino meno di cento artisti o professionisti; a due voti quando ne rappresentino da cento a cinquecento; a tre voti quando ne rappresentino da cinquecento a mille; a quattro voti quando ne rappresentino da mille a duemila; oltre i duemila hanno diritto ad un voto in piú per ogni duemila rappresentati con un massimo di dieci voti. Le associazioni autorizzate legalmente di dipendenti dello Stato e degli altri enti pubblici sono assimilate, rispetto al diritto di voto, ai sindacati di liberi esercenti un’arte o una professione.
I sindacati di datori di lavoro hanno diritto ad un voto quando i datori di lavoro rappresentati impieghino insieme un capitale inferiore a cinque milioni; a due voti quando il capitale impiegato sia da cinque a venti milioni; a tre voti quando sia da venti a cinquanta milioni; a quattro voti quando sia da cinquanta a cento milioni; quando il capitale superi cento milioni avranno diritto ad un voto in piú ogni cento milioni di capitale impiegato in piú con un massimo di dieci voti.
In nessun caso il sindacato dei datori di lavoro di una data categoria di imprese può avere un numero di voti maggiore di quelli assegnati ai lavoratori della stessa categoria e viceversa. Egualmente nello stesso collegio in nessun caso il numero dei voti assegnati ai sindacati dei datori di lavoro può essere superiore a quello assegnato ai lavoratori da essi dipendenti.
Art. 6.
Hanno diritto a un voto individuale nel collegio provinciale:
- a) i proprietari di fondi urbani e rustici, che paghino meno di diecimila lire di imposte dirette;
- b) i professori, i magistrati, gli ufficiali e gli altri impiegati aventi diritto a voto di grado inferiore all’ottavo;
- c) i segretari politici dei fasci aventi sede in Comuni con meno di ventimila abitanti;
d) i decorati di medaglia di bronzo al valor militare e i mutilati di categoria inferiore alla terza; - e) i parroci.
- Hanno diritto a due voti individuali nel collegio provinciale:
- a) i proprietari di fondi urbani e rustici, che paghino piú di diecimila e meno di cinquantamila lire di imposte dirette;
- b) i professori, i magistrati, gli ufficiali e gli altri impiegati aventi diritto a voto di grado superiore all’ottavo e inferiore al quinto;
- c) i Segretari politici dei Fasci aventi sede in Comuni con piú di ventimila e meno dei centomila abitanti e i membri dei direttori federali provinciali;
- d) i decorati di medaglia d’argento al valor militare e i mutilati di guerra di seconda e terza categoria;
- e) i canonici delle cattedrali.
Hanno diritto a tre voti individuali nei collegi provinciali:
- a) i proprietari di fondi urbani e rustici che paghino piú di cinquantamila lire di imposte dirette;
- b) i professori, i magistrati, gli ufficiali e gli altri impiegati aventi diritto a voto del grado quinto e dei gradi superiori;
- c) i segretari politici dei Fasci di città aventi piú di centomila abitanti e i segretari provinciali del PNF;
- d) i decorati di due o piú medaglie d’argento al valor militare o di medaglia d’oro e i grandi mutilati di guerra.
Art. 7.
I ventisei collegi nazionali sono a base istituzionale e sono cosí ripartiti:
- a) uno per ciascuna delle tredici grandi confederazioni nazionali di sindacati legalmente riconosciuti ed uno per la confederazione nazionale dei sindacati legalmente autorizzati di dipendenti dello Stato e degli altri enti pubblici;
- b) uno per ciascuna delle Supreme Corti giudiziarie ed amministrative del Regno;
- c) uno per ciascuna delle grandi aziende autonome dello Stato; uno per l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, uno per le Assicurazioni Sociali ed uno per la Cassa NazionaleInfortuni;
- d) uno per tutti gli altri enti morali di carattere nazionale legalmente riconosciuti da almeno tre anni ed aventi una rendita annua media, risultante dai bilanci dell’ultimo triennio di almeno centomila lire;
- e) uno per le Alte cariche dello Stato; uno per i Senatori e per i Deputati in carica al momento in cui è indetta l’elezione.
Art. 8.
La Confederazione Nazionale degli Agricoltori e quella degli impiegati e operai dell’agricoltura eleggono ciascuna cinque deputati. La Confederazione Generale degli Industriali e quella degli impiegati e operai dell’industria eleggono ciascuna tre deputati.
La Confederazione Nazionale dei commercianti e quella degli impiegati ed operai del commercio eleggono ciascuna due deputati.
La Confederazione Nazionale degli esercenti imprese di trasporti marittimi e aerei e quella degli impiegati ed operai di tali trasporti eleggono ciascuna due deputati. La Confederazione Nazionale degli esercenti imprese di trasporti terrestri e quella degli impiegati ed operai di tali trasporti eleggono ciascuna due deputati. La Confederazione Nazionale Bancaria e quella degli impiegati bancari eleggono ciascuna un deputato. La Confederazione Nazionale dei Professionisti e degli Artigiani elegge cinque deputati.
Art. 9.
La Suprema Corte di Cassazione del Regno elegge tre deputati; il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti ciascuno due deputati. L’Azienda Autonoma Ferroviaria elegge tre deputati; l’Azienda Postale e telegrafica e la Azienda dei Tabacchi eleggono ciascuna due deputati. L’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, la Cassa Nazionale delle Assicurazioni Sociali, la Cassa Nazionale Infortuni eleggono ciascuna un deputato.
Art. 10.
Gli Enti Morali di carattere nazionale eleggono quindici deputati. In tale votazione gli enti hanno diritto ad un voto quando le loro rendite annuali siano inferiori a cinquecentomila lire, e a un voto in piú per ogni cinquecentomila lire di reddito annuale, oltre il primo con un massimo di dieci voti. Sono considerati enti di carattere nazionale quelli che esercitano la loro attività in tutto o in gran parte del territorio del Regno.
Art. 11.
Le Alte cariche dello Stato eleggono dieci deputati. Hanno diritto di voto in questo collegio:
- a) il Capo del Governo;
- b) i collari della SS. Annunziata;
- b bis) i presidenti della Camera e del Senato;
- c) i Ministri Segretari di Stato e i Sottosegretari di Stato, anche se usciti di carica;
- d) i Ministri di Stato;
- e) i Marescialli d’Italia e il Grande Ammiraglio;
- f) gli Arcivescovi e i Vescovi dello Stato;
- g) il Segretario Generale, i Vice Segretari Generali e i membri del Direttorio Nazionale del Partito Nazionale Fascista;
- h) i Grandi Ufficiali dello Stato non compresi nelle categorie precedenti;
- i) i decorati di medaglia d’oro al valor militare e i grandi mutilati di guerra.
- Nella votazione di questo collegio il Capo del Governo e i Collari della SS. Annunziata hanno diritto a cinque voti; i presidenti della Camera e del Senato e i Ministri Segretari di Stato hanno diritto a tre voti; i Ministri di Stato e i Sottosegretari di Stato hanno diritto a due voti. Tutti gli altri hanno diritto ad un voto.
Art. 12.
I Senatori ed i Deputati in carica al momento in cui è indetta l’elezione eleggono cinque deputati.
Art. 13.
Una stessa persona può esser delegato di un ente avente diritto a voto e aver voto individuale. Una stessa persona può esser delegato di un ente ovvero aver diritto a voto individuale in un collegio provinciale e aver voto in uno dei collegi nazionali. Nessuno rivestendo piú qualità che darebbero diritto a voti individuali può cumulare tali voti, ma gli viene assegnato il numero dei voti che gli spetta per il titolo piú elevato. Nessuno può essere delegato di piú enti aventi diritto a voto.
Art. 14.
Gli Enti collettivi votano a mezzo di persone a ciò specialmente delegate. Essi possono delegare a una sola persona tutti o parte dei loro voti. All’atto della nomina ad ogni delegato viene aggiunto un supplente.
Art. 15.
Nelle elezioni dei collegi provinciali, i delegati delle provincie sono nominati dalle Consulte Provinciali e i delegati dei Comuni dalle Assemblee dei Capi di famiglia del Comune. È capo di famiglia ogni uomo coniugato con prole e ogni vedova con prole. Il modo di designazione dei delegati degli altri enti aventi diritto a voto nei collegi provinciali è stabilito negli statuti elettorali provinciali.
Nelle elezioni dei collegi nazionali i deputati sono eletti:
- a) per le grandi confederazioni nazionali dei sindacati legalmente riconosciuti o legalmente autorizzati dai consigli delle stesse confederazioni;
- b) per le supremi corti giudiziarie ed amministrative del Regno, dalle Corti stessi in assemblea generale;
- c) per le aziende autonome dello Stato e per gli istituti parastatali aventi diritto elettorale, dai rispettivi consigli di amministrazione;
- d) per gli enti morali di carattere nazionale legalmente riconosciuti dall’assemblea dei delegati degli enti stessi; il modo di designazione di tali delegati viene stabilito negli statuti degli enti che dovranno a tale scopo essere soggetti a revisione;
- e) per le alte cariche dello Stato dall’assemblea degli aventi diritto a voto;
- f) per i Senatori e Deputati dall’assemblea generale dei Ministri.
Art. 16.
Ogni collegio provinciale deve avere un suo statuto da approvarsi per R. Decreto sentito il Parere della Commissione di dieci deputati e dieci senatori eletti dalle rispettive assemblee.
Nello Statuto deve essere indicato il modo di nomina dei delegati degli enti aventi diritto a voto, specificamente ente per ente e deve essere contenuto l’elenco degli enti medesimi nonché delle persone aventi diritto a voto individuale con l’indicazione del numero dei voti spettanti a ciascuno degli enti e degli individui iscritti.
Lo Statuto è soggetto a revisione ogni triennio.
Art. 17.
I collegi elettorali provinciali e nazionali sono convocati dal Re. Dal giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno del R. Decreto di convocazione dei collegi alla prima domenica stabilita per le elezioni devono decorrere almeno quindici giorni.
Le elezioni nei collegi nazionali si fanno nella domenica successiva a quella stabilita per le elezioni nei collegi provinciali. Nel giorno stabilito per le elezioni dei collegi provinciali tutti i delegati e le altre persone aventi diritto a voto si riuniscono nel capoluogo della provincia dove avrà luogo la votazione. Nel giorno stabilito per le elezioni nei collegi nazionali tutti gli aventi diritto a voto si riuniscono in assemblea nei rispettivi collegi in Roma dove avranno luogo le elezioni.
I delegati e gli altri elettori hanno diritto al viaggio gratuito in seconda classe se si tratta di elettori dei collegi provinciali e in prima classe se si tratti di elettori dei collegi nazionali.
Le elezioni si fanno sempre a scrutinio di lista e sono dichiarati eletti i candidati che hanno riportato un maggior numero di voti.
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La carta del lavoro
I.
La Nazione italiana è un organismo avente fini, vita, mezzi di azione superiori per potenza e durata a quelli degli individui divisi o raggruppati che la compongono. È una unità morale, politica ed economica, che si realizza integralmente nello Stato fascista.
II.
Il lavoro, sotto tutte le sue forme organizzative ed esecutive, intellettuali, tecniche, manuali è un dovere sociale. A questo titolo, e solo a questo titolo, è tutelato dallo Stato. Il complesso della produzione è unitario dal punto di vista nazionale; i suoi obiettivi sono unitari e si riassumono nel benessere dei singoli e nello sviluppo della potenza nazionale.
III.
L’organizzazione sindacale o professionale è libera. Ma solo il sindacato, legalmente riconosciuto e sottoposto al controllo dello Stato, ha il diritto di rappresentare legalmente tutta la categoria di datori di lavoro o di lavoratori, per cui è costituito; di tutelarne, di fronte alle Stato e alle altre associazioni professionali, gli interessi; di stipulare contratti collettivi di lavoro obbligatori per tutti gli appartenenti alla categoria, di imporre loro contributo e di esercitare, rispetto ad essi, funzioni delegate di interesse pubblico.
IV.
Nel contratto collettivo di lavoro trova la sua espressione concreta la solidarietà tra i vari fattori della produzione, mediante la conciliazione degli opposti interessi dei datori di lavoro e dei lavoratori, e la loro subordinazione agli interessi superiori della produzione.
V.
La magistratura del lavoro è l’organo con cui lo Stato interviene a regolare le controversie del lavoro, sia che vertano sull’osservanza dei patti e delle altre norme esistenti, sia che vertano sulla determinazione di nuove condizioni del lavoro.
VI.
Le associazioni professionali legalmente riconosciute assicurano l’uguaglianza giuridica tra i datori di lavoro e i lavoratori, mantengono la disciplina della produzione e del lavoro e ne promuovono il perfezionamento. Le Corporazioni costituiscono l’organizzazione unitaria delle forze della produzione e ne rappresentano integralmente gli interessi.
In virtú di questa integrale rappresentanza, essendo gli interessi della produzione interessi nazionali, le Corporazioni sono dalla legge riconosciute come organi di Stato. Quali rappresentanti degli interessi unitari della produzione, le Corporazioni possono dettar norme obbligatorie sulla disciplina dei rapporti di lavoro e anche sul coordinamento della produzione tutte le volte che ne abbiano avuto i necessari poteri dalle associazioni collegate.
VII.
Lo Stato corporativo considera l’iniziativa nel campo della produzione come lo strumento piú efficace e piú utile nell’interesse della Nazione. L’organizzazione privata della produzione essendo una funzione di interesse nazionale, l’organizzatore dell’impresa è responsabile dell’indirizzo della produzione di fronte allo Stato. Dalla collaborazione delle forze produttive deriva fra esse reciprocità di diritti e di doveri. Il prestatore d’opera, tecnico, impiegato od operaio, è un collaboratore attivo dell’impresa economica, la direzione della quale spetta al datore di lavoro che ne ha la responsabilità.
VIII.
Le associazioni di datori di lavoro hanno l’obbligo di promuovere in tutti i modi l’aumento, il perfezionamento della produzione e la riduzione dei costi. Le rappresentanze di coloro che esercitano una libera professione o un’arte e le associazioni di pubblici dipendenti concorrono alla tutela degli interessi dell’arte, della scienza e delle lettere, al perfezionamento della produzione e al conseguimento dei fini morali dell’ordinamento corporativo.
IX.
L’intervento dello Stato nella produzione economica ha luogo soltanto quando manchi o sia insufficiente l’iniziativa privata o quando siano in giuoco interessi politici dello Stato. Tale intervento può assumere la forma del controllo, dell’incoraggiamento e della gestione diretta.
X.
Nelle controversie collettive del lavoro l’azione giudiziaria non può essere intentata se l’organo corporativo non ha prima esperito il tentativo di conciliazione. Nelle controversie individuali concernenti l’interpretazione e l’applicazione dei contratti collettivi di lavoro, le associazioni professionali hanno facoltà di interporre i loro uffici per la conciliazione. La competenza per tali controversie è devoluta alla magistratura ordinaria, con l’aggiunta di assessori designati dalle associazioni professionali interessate.
XI.
Le associazioni hanno l’obbligo di regolare, mediante contratti collettivi, i rapporti di lavoro per le categorie di datori di lavoro e di lavoratori, che rappresentano. Il contratto collettivo di lavoro si stipula fra associazioni di primo grado, sotto la guida e il controllo delle organizzazioni centrali, salva la facoltà di sostituzione da parte dell’associazione di grado superiore, nei casi previsti dalla legge o dagli statuti. Ogni contratto collettivo di lavoro, sotto pena di multa, deve contenere norme precise sui rapporti disciplinari, sul periodo di prova, sulla misura e sul pagamento della retribuzione, sull’orario di lavoro.
XII.
L’azione del sindacato, l’opera conciliativa degli organi corporativi e la sentenza della magistratura del lavoro garantiscono la corrispondenza del salario alle esigenze normali di vita, alle possibilità della produzione e al rendimento del lavoro. La determinazione del salario è sottratta a qualsiasi norma generale e affidata all’accordo delle parti nei contratti collettivi.
XIII.
Le conseguenze delle crisi di produzione e dei fenomeni monetari devono equamente ripartirsi fra tutti i fattori della produzione. I dati rilevati dalle pubbliche amministrazioni, dall’istituto centrale di statistica e dalle associazioni professionali legalmente riconosciute, circa le condizioni della produzione e del lavoro e la situazione del mercato monetario, e le variazioni del tenore di vita dei prestatori d’opera, coordinati ed elaborati dal Ministero delle Corporazioni, daranno il criterio per contemperare gli interessi delle varie categorie e delle classi fra di loro e di queste coll’interesse superiore della produzione.
XIV.
La retribuzione deve essere corrisposta nella forma piú consentanea alle esigenze del lavoro e dell’impresa. Quando la retribuzione sia stabilita a cottimo, e la liquidazione dei cottimi sia fatta a periodi superiori alla quindicina, sono dovuti adeguati acconti quindicinali o settimanali. Il lavoro notturno, non compreso in regolari turni periodici, viene retribuito con una percentuale in piú, rispetto al lavoro diurno. Quando il lavoro sia retribuito a cottimo, le tariffe di cottimo debbono essere determinate in modo che all’operaio laborioso, di normale capacità lavorativa, sia consentito di conseguire un guadagno minimo oltre la paga base.
XV.
Il prestatore di lavoro ha diritto al riposo settimanale in coincidenza con le domeniche. I contratti collettivi applicheranno il principio tenendo conto delle norme esistenti, delle esigenze tecniche delle imprese, e nei limiti di tali esigenze procureranno altresí che siano rispettate le festività civili e religiose secondo le tradizioni locali. L’orario di lavoro dovrà essere scrupolosamente e intensamente osservato dal prestatore d’opera.
XVI.
Dopo un anno di ininterrotto servizio il prestatore d’opera, nelle imprese a lavoro continuo, ha diritto ad un periodo annuo di riposo feriale retribuito.
XVII.
Nelle imprese a lavoro continuo il lavoratore ha diritto, in caso di cessazione dei rapporti di lavoro per licenziamento senza sua colpa, ad una indennità proporzionata agli anni di servizio. Tale indennità è dovuta anche in caso di morte del lavoratore.
XVIII.
Nelle imprese a lavoro continuo, il trapasso dell’azienda non risolve il contratto di lavoro, e il personale ad essa addetto conserva i suoi diritti nei confronti del nuovo titolare. Egualmente la malattia del lavoratore, che non ecceda una determinata durata, non risolve il contratto di lavoro. Il richiamo alle armi o in servizio della MVSN non è causa di licenziamento.
XIX.
Le infrazioni alla disciplina e gli atti che perturbino il normale andamento dell’azienda, commessi dai prenditori di lavoro, sono puniti, secondo la gravità della mancanza, con la multa, con la sospensione dal lavoro e, per i casi piú gravi, col licenziamento immediato senza indennità. Saranno specificati i casi in cui l’imprenditore può infliggere: la multa o la sospensione o il licenziamento immediato senza indennità.
XX.
Il prestatore di opera di nuova assunzione è soggetto ad un periodo di prova, durante il quale è reciproco il diritto alla risoluzione del contratto, col solo pagamento della retribuzione per il tempo in cui il lavoro è stato effettivamente prestato.
XXI.
Il contratto collettivo di lavoro estende i suoi benefici e la sua disciplina anche ai lavoratori a domicilio. Speciali norme saranno dettate dallo Stato per assicurare la polizia e l’igiene del lavoro a domicilio.
XXII.
Lo Stato accerta e controlla il fenomeno della occupazione e della disoccupazione dei lavoratori, indice complessivo delle condizioni della produzione e del lavoro.
XXIII.
Gli uffici di collocamento sono costituiti a base paritetica sotto il controllo degli organi corporativi dello Stato. I datori di lavoro hanno l’obbligo di assumere i prestatori d’opera pel tramite di detti uffici. Ad essi è data facoltà di scelta nell’ambito degli iscritti negli elenchi con preferenza a coloro che appartengono al Partito e ai Sindacati fascisti, secondo la anzianità di iscrizione.
XXIV.
Le associazioni professionali di lavoratori hanno l’obbligo di esercitare un’azione selettiva fra i lavoratori, diretta ad elevarne sempre di piú la capacità tecnica e il valore morale.
XXV.
Gli organi corporativi sorvegliano perché siano osservate le leggi sulla prevenzione degli infortuni e sulla polizia del lavoro da parte dei singoli soggetti alle associazioni collegate.
XXVI.
La previdenza è un’alta manifestazione del principio di collaborazione. Il datore di lavoro e il prestatore d’opera devono concorrere proporzionalmente agli oneri di essa. Lo Stato, mediante gli organi corporativi e le associazioni professionali, procurerà di coordinare e di unificare, quanto piú è possibile, il sistema e gli istituti della previdenza.
XXVII.
Lo Stato fascista si propone:
- 1) il perfezionamento dell’assicurazione infortuni;
- 2) il miglioramento e l’estensione dell’assicurazione maternità;
- 3) l’assicurazione delle malattie professionali e della tubercolosi come avviamento all’assicurazione generale contro tutte le malattie;
- 4) il perfezionamento dell’assicurazione contro la disoccupazione involontaria;
- 5) l’adozione di forme speciali assicurative dotalizie pei giovani lavoratori.
XXXVIII.
È compito delle associazioni di lavoratori la tutela dei loro rappresentanti nelle pratiche amministrative e giudiziarie, relative all’assicurazione infortuni e alle assicurazioni sociali.
Nei contratti collettivi di lavoro sarà stabilita, quando sia tecnicamente possibile, la costituzione di casse mutue per malattia col contributo dei datori di lavoro e dei prestatori di opera, da amministrarsi da rappresentanti degli uni e degli altri, sotto la vigilanza degli organi corporativi.
XXIX.
L’assistenza ai propri rappresentanti, soci e non soci, è un diritto e un dovere delle associazioni professionali. Queste debbono esercitare direttamente le loro funzioni di assistenza, né possono delegarle ad altri enti od istituti, se non per obiettivi d’indole generale, eccedenti gli interessi delle singole categorie.
XXX.
L’educazione e l’istruzione, specie la istruzione professionale, dei loro rappresentanti, soci e non soci, è uno dei principali doveri delle associazioni professionali. Esse devono affiancare l’azione delle Opere nazionali relative al Dopolavoro e alle altre iniziative di educazione.
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Disposizioni sulla stampa
ufficio stampa del capo del governo
1928
N. 420/B-I – Riservato
Roma, 26 Settembre 1928 Anno vi
alle ill. ee. i prefetti del regno
Oggetto: Disciplina delle pubblicazioni periodiche
Ad agevolare il compito che spetta alle EE. VV. per quanto concerne la stampa quotidiana e periodica, ritengo utile richiamare qui di seguito le piú importanti norme di carattere permanente emanate in questi ultimi tempi, e tuttora in vigore, in ordine al divieto parziale o totale di pubblicazione di notizie o fatti, che per ragioni di indole varia non conviene siano in tutto o in parte portate a conoscenza del pubblico.
I.
Innanzi tutto giova ricordare le disposizioni che determinano la misura con cui può essere data pubblicità alle notizie piú direttamente riferentisi alla persona di S. E. il Capo del Governo. La circolare telegrafica 30 647 diramata in data 20 agosto 1927 e che richiama la precedente di S. E. il Sottosegretario di Stato per l’Interno in data 14 aprile 1927 N. 13 500, fa espresso divieto ai giornali di pubblicare notizie concernenti viaggi di S. E. il Capo del Governo, all’infuori di quelle diramate a mezzo dell’Agenzia Stefani.
Vanno anche ricordate, su questo argomento, la circolare 15 ottobre 1927 N – 37 586, con cui si richiama l’attenzione dei giornali sull’opportunità di non registrare, a getto continuo, lodi, consensi ed encomi all’opera del fascismo e di S. E. il Capo del Governo da parte di stranieri di passaggio, di nessuna autorità politica, oppure di giornali e riviste straniere assolutamente insignificanti; e l’altra 9764, del 29 aprile 1926, che dispone che i giornali, le riviste ed altri periodici illustrati non dedichino eccessivo spazio ad avvenimenti di cronaca, a ritratti e disegni che riguardino persone della famiglia del Capo del Governo.
Tale disposizione emanata in ossequio ad espresso desiderio del Duce, ispirato a squisito sentimento di riservatezza, va applicata con tatto e garbo pari alla delicatezza che l’ha determinata. Speciale menzione merita anche la circolare 27 gennaio 1927 N. 3428 che vieta, in massima, la riproduzione su giornali italiani di interviste concesse dal Capo del Governo a giornalisti stranieri, salvo le eccezioni che potranno eventualmente farsi di volta in volta, a seguito di autorizzazione dell’autorità centrale.
Per quanto riguarda, poi, la pubblicazione di notizie dei ricevimenti e dei colloqui del Capo del Governo, si richiama la recentissima circolare 7 agosto u. s. N. 3779/20-4 di S. E. il Sottosegretario di Stato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in cui, ribadendosi le disposizioni precedentemente date sullo stesso argomento, si dispone che sia consentita solamente la pubblicazione dei comunicati che, in proposito, saranno diramati da quest’Ufficio Stampa a mezzo dell’Agenzia “Stefani” od in altro modo.
II.
Per il testo dei discorsi pronunciati da S. E. il Capo del Governo dovrà autorizzarsi la pubblicazione esclusivamente di quello diramato da questo Ufficio, a mezzo Agenzia Stefani od in altri modi. Le stesse disposizioni vigono per i discorsi del Segretario del Partito. Anche per quanto concerne la cronaca dei lavori del Gran Consiglio dovrà autorizzarsi la pubblicazione del solo comunicato ufficiale relativo.
III.
Avuto riguardo all’importante sviluppo assunto dall’Aeronautica, sia nel campo militare sia in quello civile ed alla necessità che, in conseguenza, sia disciplinata la pubblicazione delle notizie di eventuali incidenti di volo e di dati sulle costruzioni degli apparecchi, è necessario che le EE. LL., tengano ben presenti le disposizioni all’uopo impartite con circolare telegrafica del 30 dicembre 1926 N. 35 148, e 17 gennaio 1926 N. 2442 che consentono, in massima, solo la pubblicazione di comunicati “Stefani” e di fotografie e disegni autorizzati dal Ministero dell’Aeronautica.
IV.
Perché la stampa possa sempre piú cooperare all’opera di moralizzazione e di educazione delle masse è indispensabile che abbia la piú rigorosa applicazione la circolare telegrafica N. 806 diramata da S. E. il Capo del Governo in data 9 gennaio 1926, che riguarda la smobilitazione della cronaca nera, con particolare riferimento alle notizie di suicidi, tragedie passionali, violenze ed atti di libidine commessi su minorenni, ed altri fatti che possano esercitare una pericolosa suggestione su gli spiriti deboli od indeboliti.
Tale norma è stata successivamente ricordata alle EE. LL. con le circolari telegrafiche 26 marzo 1928 N. 9297 e 9 aprile successivo N. 1085. Ritengo poi opportuno richiamare l’attenzione delle LL. EE. su alcune pubblicazioni illustrate dove il nudo femminile costituisce unica malsana attrattiva per i giovani. Sarà bene richiamare subito i direttori di queste pubblicazioni a una piú dignitosa comprensione della missione giornalistica, e poi procedere con tutti i rigori di legge.
V.
Hanno sempre pieno vigore le disposizioni contenute nella circolare telegrafica 6 ottobre 1927 N. 36 967 che fa assoluto divieto di pubblicazione di notizie riguardanti vertenze cavalleresche.
VI.
Ha particolare importanza per la difesa del credito e dell’economia nazionale il severo controllo delle notizie attinenti alla condizione finanziaria del Paese, e che possono influire su di essa. In argomento vanno messe in rilievo le disposizioni varie impartite in singole occasioni, nonché la circolare telegrafica 9 luglio 1926 N. 16 695 diramata dal Capo del Governo riguardante la pubblicazione di notizie concernenti dissesti bancari.
VII.
In occasione di recenti incidenti ferroviari, tra i quali ultimi quelli verificatisi alla stazione di Sezze Romano della Direttissima Roma-Napoli e nella stazione di Milano, alcuni giornali si sono sbizzarriti a dare del fatto una narrazione eccessivamente diffusa dedicandovi intere colonne, con titoli grossi e vistosi.
I predetti incidenti, se pur dolorosi sopratutto perché vi è stata qualche vittima, devono ritenersi quasi trascurabili in confronto all’enorme traffico ferroviario italiano che, mercè l’opera del Governo Nazionale, si svolge da qualche anno con una regolarità che viene da tutti ammirata.
Esagerare con pubblicazioni eccessive incidenti simili vuol dire nuocere alla buona fama del servizio ferroviario italiano, specie all’estero che guarda con occhio invidioso ogni nostro progresso e si rallegra per ogni fatto che può rilevare imperfezioni nei nostri Pubblici servizi.
Quindi è necessario che anche su tale materia la stampa conservi la necessaria misura.
Anche con molta sobrietà vanno date alla stampa periodica le notizie riguardanti pubbliche calamità, nubifragi, alluvioni e altri disastri che possono destare inquietudine e deprimere lo spirito pubblico.
All’uopo si richiamano le circolari telegrafiche 4 dicembre 1925 N. 29 617, 6 settembre 1927 N. 35 589 e 26 marzo u. s. N. 9543. La narrazione esagerata ed allarmistica di tali avvenimenti può dare la falsa impressione che il popolo italiano non sia giunto ancora a quel livello di maturità, che fa guardare in faccia alla realtà con spirito forte ed animo virile.
VIII.
Per l’importanza che lo Sport ha assunto nello sviluppo della vita nazionale, giova, pure, rammentare la circolare telegrafica 25 giugno 1927 N.23 236 che detta norme per la disciplina delle polemiche sportive, in quanto le polemiche stesse, portate ad un tono di esagerata asperità o personalismo, oltre che nuocere alla buona fama delle nostre organizzazioni sportive verso l’estero, può spesso eccitare le masse sportive provocando, talvolta, deplorevoli eccessi.
Queste disposizioni non escludono, peraltro, la possibilità ed anche l’opportunità di un utile dibattito d’idee che può assumere forma di critica dignitosa e serena. Ciò che si vuole eliminare è soltanto il pettegolezzo e l’attacco libellistico.
IX.
In debito rilievo va anche posta la circolare telegrafica del 30 giugno 1927 n. 23 811, che riguarda la divulgazione di notizie relative a contratti di forniture, fatta dall’industria nazionale a governi esteri, in quanto, come in non pochi casi si è verificato, la intempestiva pubblicazione da parte di agenzie e giornali ha fatto impadronire delle notizie stesse giornali esteri rappresentanti interessi concorrenti, la cui campagna ha condotto spesso al fallimento di bene avviate trattative, con evidente danno dell’industria italiana.
X.
Infine si richiamano le disposizioni della circolare telegrafica del 15 corr. n. 30 726 circa il divieto di pubblicare notizie relative a eventuale matrimonio o a promozioni nel R. Esercito di S. A. R. il Principe Ereditario.
Nel rispetto delle norme riferentesi a singoli e speciali argomenti, è bene non perdere di vista la linea generale da mantenersi da parte della stampa periodica del Regime per essere intonata con l’opera, che il Governo nazionale, sotto l’alta guida di S. E. Mussolini, va compiendo da oltre sei anni: opera destinata ad assicurare alla Nazione in tutti i campi della vita civile il primato cui le danno diritto le sue antichissime e nobili tradizioni e le preclare virtú del suo popolo, rinnovato dal Fascismo.
Invece di attardarsi in diluite narrazioni di fatti e di avvenimenti, specialmente di “Cronaca nera”, invece di isterilirsi in inutili polemiche ed attacchi, quasi sempre a sfondo personalistico, e non disinteressato, i quali danno l’impressione di uno stato di esasperazione degli animi, che non risponde affatto alla tranquillità laboriosa della grande maggioranza della Nazione, i giornali faranno opera veramente patriottica dedicandosi alla trattazione di importanti problemi riguardanti la cultura, il progresso scientifico, agricolo e industriale, la politica demografica del Governo, la formazione dello Stato corporativo e, soprattutto volgarizzando le piú importanti provvidenze che il Governo nazionale va attuando nelle varie branche della vita del Paese.
Dall’Opera per la Maternità e per l’Infanzia, su su per ogni età e categoria di cittadini, la grande opera di bonifica fisica e spirituale della Nazione si compie attraverso una nuova serie d’istituti. Non v’è problema che non sia posto sul tappeto ed avviato alla soluzione; non v’è attimo di sosta nell’opera che tende a porre in valore il lavoro dei campi e delle officine onde l’Italia non si accresca soltanto nel numero dei suoi figli, ma nel rendimento e nella capacità di ciascuno di essi.
Si gettano, cosí, le sicure basi di un nuovo Stato. – Lo Stato fascista – nato dalla Rivoluzione che ha sconvolto uno sterile campo ed in quello semina ora il buon seme che darà, come frutto sicuro, la potenza d’Italia.
Le LL. EE. giudicheranno col proprio saggio criterio, se e quali delle disposizioni suindicate ed in quale forma siano da comunicare ai giornali per rinnovare la memoria. In ogni modo però, anche per evitare che l’emanazione dei divieti si risolva in una dannosa diffusione delle notizie di cui si deve vietare la pubblica conoscenza è necessario che la comunicazione delle norme surriportate ed in genere di tutte le disposizioni relative a divieto o limitazione di pubblicazione sia fatta con la maggiore riservatezza oralmente ai Direttori dei giornali o ad altre persone responsabili della Direzione, che diano garanzia di riserbo.
A questi sarà anche fatta presente l’opportunità che la stampa divenga, sempre piú, illustratrice agile, varia, brillante delle quotidiane conquiste del Fascismo. Gradirò ricevuta della presente circolare.
il capo ufficio stampa
del capo del governo
Lando Ferretti
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IN COLLABORAZIONE CON:
Enzo Antonio Cicchino
nato a Isernia nel 1956. Vive a Roma.
matricola Rai 230160.
enzoantoniocicchino@tiscali.it
Autore e regista documentari RAI.