E MI CHIAMAVA AMORE …
di Cornelio Galas
L’avevo amato subito, quel sorriso,
e quel suo disordine … ordinato.
Mi piaceva, mi piaceva, sì, sì …
Quanto mi piaceva e m’è piaciuto.
Una vita, la nostra, davanti,
solo noi, la nostra bambina.
Voglia di lasciare tutto quanto,
alla sera, dietro la porta.
Licenziamento, cassa integrazione,
troppo vino, troppe sigarette,
ma poi si faceva la pace,
e che bello fare poi la pace.
Fino a quel primo schiaffo,
no, non mi aveva fatto male,
nessun segno, niente sangue,
ma era arrivato di colpo …
Non capivo perché, perché …
E lui aveva un sorriso diverso.
E lui poi ha sbattuto la porta,
se n’è andato, tutta la notte.
L’ho aspettato, tanti giorni,
ho sperato nel suo ritorno,
accarezzavo mia figlia …
come s’accarezza un gatto.
Fino a quella sera d’autunno,
quando è tornato, ubriaco,
ed ha vomitato sul letto,
prima di farlo, di farlo …
Fumava, poi, fumava …
seduto vicino allo specchio.
Poi ha preso un coltello:
“Devi morire, puttana”.
La vedo ancora la mia bimba,
la stringo forte, forte …
spero tanto che lo trovi
un amore più vero del mio.