DOPO BARBA NEL VUOTO

Anna era uscita di casa senza darmi il tempo di dirle ciao. Ero in bagno quando lei aveva probabilmente detto “vado”. Non l’avevo sentita. O forse se n’era andata senza salutare. Ma perché avrebbe dovuto fare questo? Solo per il fatto che ero andato in bagno proprio quando stava andando via? Sputai nel lavandino gli ultimi sapori del dentifricio sopravvissuti al risciacquo. E via con l’operazione barba. Mi piace la crema da barba. E’ come ricevere tante carezze profumate. Appena svegli. Quando passo al rasoio affondo dolcemente nell’oceano degli stereotipi, dei modi di fare che richiamavano modi di essere già visti da qualche parte. Ad esempio in quei bei film dove alla finestra che dà sul mare si respira aria che sa di salmastro. E il pescatore ti saluta. Perché un uomo con la crema da barba sulla faccia dà l’impressione di avere tempo per guardare e guardarsi. In tutta tranquillità. Stavo cercando il dopobarba. Come sempre avevo aperto il cassetto sbagliato, quello di Anna. Era stata lei, un giorno, a propormi lo scambio. Anna è mancina. Si trovava meglio, per il trucco, ad operare dall’altra parte del lavandino. La forza dell’abitudine, i riflessi incondizionati, mi portavano però sempre ad aprire il mio vecchio cassetto. Un momento: perché è vuoto? Una sensazione strana: quella che di solito si avverte prima di precipitare in un burrone. Pochi secondi di tale assenza. Un lampo che proietta su schermo gigante particelle di pensieri. Perché è vuoto?

La crema da barba era diventata di colpo grigia, schifosa., Era come se avessi mangiato avidamente un krapfen alla crema. Crema rancida.

Girando di colpo la testa sparai uno sguardo all’angolo delle vestaglie: quella blu col bordo blu scuro di Anna non c’era più. Sparita anche la spazzola. Nessuna traccia del cestino con i fermagli per i capelli.

Ero nel vuoto. Stavo precipitando verso la sala sparpagliando tutto quello che avevo con me: l’asciugamano, il rasoio, un pezzo di carta igienica usato per tamponare un taglietto sul viso. Per terra, vicino alla porta, c’era un foglio di carta.

L’avevo visto da lontano. Avevo sperato che ci fosse. Proprio per farla finita subito. Per capire subito. “Ciao ghiro. Scommetto che ti sei dimenticato che oggi e domani sono da mamma. E scommetto anche che non ti ricordi che oggi mamma torna a casa dall’ospedale. Il frigo è pieno. Ci sentiamo per telefono. Bacioni”.

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