CANTI ALPINI

Per capire meglio i trentini – dicono – bisogna analizzare bene usi, costumi e tradizioni. In questo senso i canti popolari, soprattutto quelli alpini forniscono utili elementi. Vediamoli.

“Cossa comanda, siòr capitano,

che noi adesso siamo arrivà?”

“E io comando che il mio corpo

in cinque pezzi sia da taglià.

 Il primo pezzo alla mia Patria,

secondo pezzo al Battaglion,

il terzo pezzo alla mia mamma

che si ricordi del suo figlio alpinl.

 Il quarto pezzo alla mia bella

che si ricordi del suo primo amor,

l’ultimo pezzo alle montagne

che lo fioriscano di rose e fior”

Il trentino, nemmeno in punto di morte, butta via mai niente. Ed è imparziale nelle spartizioni. L’unico dubbio che resta di fronte a questo testo della famoso testamento del capitano riguarda la tipologia dei pezzi. Insomma, a chi lascia la coscia, a chi l’ala, a chi le costolette? Bisognerebbe essere precisi anche al banco della gastronomia, anche in macelleria su queste cose. E poi anche sui destinatari dei pezzi: perché alla mamma sì e al papà no? E gli amici del bar sport meriteranno ben qualcosa di più di quel che resta dell’ultimo pezzo buttato, come vuole il capitano, in una scarpata di montagna in mezzo agli “Sgrebeni”.

E dopo aver mangiato

Mangiato e ben bevuto

Gli fa vedere il buco

Il buco del camin

Chiaro esempio di una canzone sui vecchi mestieri adattata col tempo a sguaiati e impropri doppi sensi. Ovvio che la gentil donzella mostra allo spazzacamino il buco del camino. Perché chiaramente è nero e pieno di peli da tirar via. Tra l’altro dopo aver mangiato e bevuto a sbaffo anche il signor spazzacamino è meglio che si metta a lavorare. Lo sanno tutti che va a ore e poi ci mette l’iva e anche la tassa per smaltimento della fuliggine.

Quando fui stato sotto la tenda

Sentii un rumore giù per la valle

Sentivo l’acqua giù per le spalle

Sentivo i sassi a ro a rotolar

Questo è quello che succede anche ai nostri giorni quando non si ha esperienza di campeggio. Non ci vuole in fondo una grande intelligenza per capire che se si pianta la tenda sotto le cascate del Nardis prima o poi si avranno dei problemi. Poi si chiama come sempre l’elicottero dei vigili del fuoco a tirarci fuori dai guai. Dovrebbero fargli pagare un conto salatissimo a questi incoscienti. E denunciarli anche per procurato allarme.

La montanara, si sente cantare

cantiam la montanara e chi non la sa

La montanara, si sente cantare

cantiam la montanara e chi non la sa

Viviamo in un mondo dove senza karaoke nessuno riesce più ad andare oltre le prime battute del testo di una canzone. Ammirabile quindi e da incentivare da parte della Provincia (Panizza e Mellarini si diano una mossa) questa sorta di schola cantorum alpina. Certo che abitare in Trentino e non sapere le parole della montanara che anche sui pullman turistici di Canicattì cantano a squarciagola è veramente una grave carenza culturale.

Mi son Alpin

me pias el vin

tengo l’innamorata

in fondo al quartier.

  Vicino al quartier

vicino alla caserma

  tengo una bella serva

per fare all’amore.

Vino, sesso e maschilismo. Un mix incredibile, da sobborghi, con battute da caserma. Non è certo questo il lato migliore dell’alpino. Sa quasi da harem: l’innamorata che la sia bela e che la tasa e che la staga nel sito de so casa. E quella che invece in via Brennero fa anche lo sconto comitive. E non fa caso all’alito che puzza di vino.

Quel mazzolin di fiori

che vien dalla montagna

bada ben che non si bagna

chè lo voglio regalar

Ora, perché il mazzolino di fiori non deve bagnarsi? Perché è un regalo, dicono. D’accordo: ma allora se fosse in vendita bisognerebbe agitarlo per aria sotto la pioggia finché cadono i petali? Questa è una discrimimazione bella e buona tra omaggi floreali e produzioni vivaistiche. Tra l’altro quando vai in serra una spruzzata d’acqua la danno ai fiori per evitare che appassiscano strada facendo. Lì bisognerebbe dire: No, assolutamente no. Sa, è per un regalo.

E se son pallida nè miei colori

no’ vo’ dotori, no’ vo’ dotori

e se son pallida come ‘na strassa

vinassa, vinassa e fiaschi de vin!

La cura per gli anemici? Traubenkur. Mosto, uva e meglio ancora un bel fiasco da buttar giù a digiuno prima dei pasti. Il colore del paziente vira subito verso il viola vinaccia. Ovviamente si tratta di omeopatia non riconosciuta dai dottori. Che come dice la canzone devono stare alla larga da questo tipo di patologie. Non (hic) capiscono (hic) un (hic) bel (hic hic) niente. Burp.

Quando anderemo fora,

fora de la Valsugana.

Quando anderemo fora,

fora de la Valsugana.

Cosa si aspetta a fare la Valdastico? E’ da una vita – lo troviamo appunto nelle tradizioni trentine – che c’è questo problema di viabilità. Non si riesce a uscire da questa Valsugana. E camion, e camion e ancora camion, e moto e auto e moto e ancora auto, roulotte, camper, auto moto auto, la galleria dei Crozzi, quello che va ai due all’ora e guarda il paesaggio, il ciclista che va a zig zag. Per forza a Pergine una volta c’era il manicomio.

Se ben che son dai monti

e che non so ballare

l’amore lo so fare

al par del cittadin.

E’ chiaro che da Trieste in giù, come cantava anche la Carrà, è bello fare quella cosa lì. Non si capisce però questo complesso d’inferiorità latente tra montagnari e cittadini. Soprattutto non è chiaro cosa c’entri il ballo con il kamasutra.

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