ALTO ADIGE, GLI “OSTAGGI” DI HITLER – 2

a cura di Cornelio Galas

Come abbiamo visto nella precedente puntata, degli ostaggi eccellenti facevano parte anche famigliari di chi aveva attentato alla vita di Hitler, nel ’44.

La Commissione speciale voluta dall’Alto Comando di Sicurezza del Reich (RSHA) per scovare tutte le persone implicate, diretta dall’SS-Gruppenführer Heinrich Müller, effettuò nei giorni immediatamente seguenti all’attentato ad Hitler circa 700 arresti.

Il Reichsführer delle SS Heinrich Himmler, capo della polizia tedesca e ministro dell’Interno, non perseguì spietatamente solo i congiurati, veri o presunti, ma pure i loro familiari, applicando alla lettera la Sippenhaft, ovvero la punizione dei parenti per reati commessi da un membro della famiglia.

HIMMLER E KALTENBRUNNER

Heinrich Luitpold Himmler (primo a sinistra), nato a Monaco di Baviera nel 1900, era Reichsführer delle Schutzstaffeln dal 1929, comandante della Polizia dal 1936 e delle forze di sicurezza della Germania nazista (Reichssicherheitshauptamt o RSHA, Ufficio centrale della sicurezza del Reich) dal 1939.

Nel 1943 venne nominato ministro dell’Interno del Reich e fu uno degli uomini più importanti della Germania nazista, fino all’ultimo disperato tentativo alla fine dell’aprile 1945 di pattuire con americani ed inglesi, tramite il consolato svedese di Lubecca, la resa tedesca sul solo fronte occidentale. Catturato dagli inglesi si suicidò il 23 maggio 1945. 

Ernst Kaltenbrunner (primo a destra), nato a Riedi im Innkreis in Austria nel 1903, dopo essere finito in carcere quale oppositore del governo di Engelbert Dollfuss, nel 1935 era divenuto nel 1938 SS-Gruppenführer e poi membro del Reichstag e comandante superiore delle SS e della Polizia per il distretto del Danubio.

Nell’aprile del 1941 venne ulteriormente promosso a Maggiore Generale della Polizia. Processato a Norimberga, fu giustiziato il 16 ottobre 1946.

Il 3 agosto a Posen Himmler affermava: “La famiglia del conte Stauffenberg sarà estinta fino all’ultimo membro… A tutte quelle famiglie di cui un solo componente ha partecipato alla congiura saranno confiscati beni e proprietà”.

Per questo tipo di prigionieri venne coniato il termine di Sippenhäftlinge e in tale categoria rientravano circa 150 persone, arrestate tra luglio ed agosto 1944. Per Sippe, ovvero ceppo familiare, si intendevano: coniuge, figli, fratelli, sorelle, genitori, nonché altri parenti se con precedenti negativi.

ALPENFESTUNG

Limiti geografici della Fortezza Alpina, concepita per la ritirata e la resistenza finale dei nazisti. Fin dai primi giorni dell’occupazione tedesca dell’Italia nel settembre ’43, Rommel aveva avviato l’esplorazione di una “Posizione Prealpina” in cui si progettava di far rientrare pure le già esistenti fortificazioni italiane.

La linea difensiva partiva dal confine svizzero, toccava la parte settentrionale del Lago di Garda, attraversava le Alpi a nord di Belluno, risaliva le Alpi Giulie e si portava infine su Tolmino e Gorizia, lungo le vecchie posizioni orientali della “Grande Guerra”.

Essa aveva la lunghezza di 400 km, avrebbe dovuto essere inattaccabile dai carri armati e soprattutto non concedere possibilità di manovra ad un avversario superiore per forze. Himmler continuò a lavorare al progetto di una “Fortezza Alpina”, che avrebbe dovuto comprendere parte dell’Alta Baviera e della Svevia, il Salizburger Land, il Tirolo e l’Alto Adige con le Dolomiti, concependolo come presupposto dell’estrema resistenza delle SS nelle Alpi.

Kaltenbrunner ancora alla fine di marzo 1944 insisteva per la costruzione di una specie di fortezza almeno nella zona del Tirolo-Vorarlberg, convinto com’era che questa zona potesse venir apprestata a difesa nel giro di poche settimane: essa, una volta pronta a difendersi, avrebbe favorito i contatti con gli Alleati ed evitato quindi l’ultima battaglia. 

Nei sostenitori di tali tesi influiva sempre la fiducia nelle armi e nelle strategie tedesche, capaci di procrastinare assai la conclusione del conflitto, e si arrivava a credere, in caso di completo accerchiamento della “Fortezza Alpina”, di poter mantenere comunque collegamenti con paesi amici e di procurarsi alimenti e materie prime di interesse vitale non producibili all’interno della ridotta. (foto tratta da Hans-Günter Richardi, Ostaggi delle SS nella Alpenfestung, ed. Raetia, Bolzano, 2005, 50).

LAVORI NELL’ÖTZTAL IN TIROLO

Lavori per la realizzazione della galleria aerodinamica più Potente del mondo in base al “Progetto di costruzione segreto 101” nell’Ötztal in Tirolo, che avrebbe dovuto produrre velocità fino al muro del suono. (foto tratta da Hans-Günter Richardi, Ostaggi delle SS nella Alpenfestung, ed. Raetia, Bolzano, 2005, 54).

Parecchi di coloro che sfuggirono all’epurazione finirono tra i 139 ostaggi di 17 diverse nazionalità europee, che, provenienti da vari lager europei, vennero dai nazisti prima deportati nel campo di Dachau e infine trasferiti, attraverso il Brennero, il 28 aprile 1945, a Villabassa – Niederdorf in Val Pusteria.

Si trattava di prigionieri davvero eccellenti che, nonostante l’ordine dato da Hitler di una loro immediata eliminazione, Himmler e l’SS-Obergruppenführer Ernst Kaltenbrunner intendevano utilizzare come merce di scambio nelle trattative con gli Alleati.

Ciò rientrava nel contesto dell’operazione Alpenfestung, basata sulla creazione di una fortezza nel cuore delle Alpi, in grado di resistere ad oltranza all’invasione degli Alleati e di costringerli a trattare per porre fine al conflitto, anche con concessioni politiche che consentissero la sopravvivenza dello stato nazionalsocialista.

ULRICH VON HASSELL

Ulrich von Hassell, nato ad Anklam in Germania, fu ambasciatore tedesco in molte capitali europee, tra cui Roma. Era contro l’Asse e cercò d’evitarla, partecipando al complotto e al piano del governo insurrezionale, di cui doveva essere il ministro degli Esteri.

Nel mese di aprile 1942 era stato avvisato da Ernst Weiszsäcker, Segretario di Stato presso il Ministero degli Affari Esteri, che era sotto inchiesta da parte della Gestapo, ma egli aveva ignorato tale avvertimento continuando nella cospirazione. Condannato per alto tradimento, fu giustiziato l’8 settembre 1944, finendo appeso ad un gancio da macellaio, mentre i suoi familiari venivano arrestati. Dopo la guerra i suoi diari sono stati trovati sepolti in giardino e pubblicati nel 1947 con il titolo “L’Altra Germania: Diari 1938-1944”.

CARL GOERDELER

Carl Friederich Goerdeler (Schneidemühl, 31 luglio 1884), fu un politico conservatore tedesco noto per la sua onestà, coinvolto nella resistenza al regime nazionalsocialista. Ricoprì la carica di borgomastro di Lipsia e si oppose alle politiche razziali ed antisemite del Terzo Reich.

A partire dal 1938 collaborò alla creazione di un gruppo dissidente composto da politici conservatori e militari tra i quali spiccavano Ulrich von Hassell, ambasciatore tedesco in Italia, il generale Ludwig Beck, ex capo di Stato Maggiore dell’esercito, il feldmaresciallo Erwin von Witzleben, Johannes Popitz, ministro delle Finanze dello stato prussiano, nonché Henning von Tresckow e Claus von Stauffenberg.

Se l’attentato del 20 luglio avesse avuto successo Goerdeler sarebbe diventato probabilmente Cancelliere del nuovo governo. Catturato nell’agosto 1944, finì decapitato a Berlino il 2 febbraio 1945. Tra gli ostaggi finiranno la moglie Annalise, il fratello, i figli, la nuora.

I prigionieri illustri dei lager offrivano insomma, come abbiamo già visto, il destro di ricattare l’avversario e costringerlo a trattare, nella speranza che influenti paladini stranieri si muovessero in loro difesa.

Poiché il campo di Dachau rischiava di cadere nelle mani delle truppe americane, ormai vicinissime, questi prigionieri dovevano essere trasportati nella Fortezza Alpina, tra i cui organizzatori c’era l’SS-Gruppenführer Jürgen Stroop, tenente generale delle Waffen-SS, deciso a portare avanti il piano anche dopo il 14 aprile 1945, allorché lo stesso Himmler non sembrava più farsi troppe illusioni.

LÉON BLUM

Léon Blum (Parigi, 1872 – Jouy-en-Josas, 1950), socialista, fu uno dei dirigenti della Sezione Francese dell’Internazionale Operaia (SFIO) e presidente del Consiglio dal 4 giugno 1936 al 22 giugno 1937 e dal 13 marzo al 10 aprile 1938, nonché Capo provvisorio del Governo della Francia dal 16 dicembre 1946 al 22 gennaio 1947.

Ha segnato la storia della politica francese per aver rifiutato l’adesione dei socialisti alla Terza Internazionale comunista nel 1920 e per essere stato tra gli organizzatori del Fronte Popolare che vinse le elezioni del 1936.

I contatti con gli americani tenuti da Walter Schellenberg, tramite il diplomatico svedese conte Folke Bernadotte, non avevano infatti portato fino allora i risultati sperati.

I Sippenhäftlinge e altri prigionieri speciali, che provenivano da svariati campi di concentramento, come Buchenwald, Flossenbürg e Mauthausen, finirono poi quasi tutti a Dachau, che rappresentò peraltro sono una tappa della tragica deportazione: a curare il trasferimento, tramite omnibus e camion, c’erano l’Obersturmführer Ernst Bader, conosciuto per le sue esecuzioni di massa, e l’SS-Gruppenführer Edgar Stiller.

FEY VON HASSELL

La figlia di Ulrich von Hassell, Fey, che racconta il dramma della famiglia ne “I figli strappati” (Edizioni dell’Altana, 2001), venne arrestata a Brazzà, nella villa della famiglia del marito, Detalmo Pirzio-Biroli, poi sottosegretario nel governo Parri. I figlioletti Corrado, nato nel 1940, e Roberto, nato nel 1942, le vennero tolti e a ritrovarli sotto altri nomi nel luglio 1945 fu la nonna materna, Ilse Tirpitz, figlia dell’ammiraglio che aveva creato la flotta tedesca.

Sorvegliati a vista da un reparto scelto di SS, i prigionieri non venivano identificati con i loro nomi e avevano la proibizione assoluta di rivelarli o chiamarsi per nome.

Come racconta Giorgio Iacuzzo in “Missione speciale fallita benissimo” (www.storiain.net) una parte del gruppo era stata dapprima fatta allontanare dai territori orientali che cedevano all’avanzata sovietica, e in seguito, sotto l’incalzare delle altre truppe alleate da occidente, finì per riuscire dai confini tedeschi. In un calvario durato mesi questi poveri ostaggi e i loro sorveglianti percorsero migliaia di chilometri, utilizzando ogni tipo di mezzo.

IRMINGARD DI BAVIERA

Irmingard principessa di Baviera, figlia del principe ereditario bavarese Rupprecht, fu arrestata dalla Gestapo, assieme alla madre e ai fratelli e finì nel campo di Sachsenhausen. Il padre, che si era nascosto a Firenze, venne accusato di essere un mandante dell’attentato ad Hitler sulla base di alcune lettere intercettate che dimostravano la sua amicizia con il conte Berthold Schenk von Stauffenberg, lo zio 85enne dell’attentatore, Gran Maestro dell’ordine bavarese dei Cavalieri di S. Giorgio. (foto tratta da Hans-Günter Richardi, Ostaggi delle SS nella Alpenfestung, Raetia, Bolzano, 2005, 40).

Il loro percorso si snodò tra panorami sempre più desolati e apocalittici, in mezzo ai cittadini tedeschi in fuga dai bombardamenti e allo sbando di quello che rimaneva del possente esercito del Terzo Reich.

L’aspetto dei prigionieri variava, da quelli con la divisa a strisce dei campi di concentramento a quelli che portavano abiti logori e consunti, agli alti ufficiali ancora in divisa, ma con le insegne strappate.

MAFALDA D’ASSIA

La principessa Mafalda d’Assia, figlia del re Vittorio Emanuele III, fu arrestata dalle SS di ritorno da Sofia, dove si era recata al funerale del cognato, il re di Bulgaria Boris III, morto il 28 agosto 1943. Lei finì a Buchenwald, mentre il marito Filippo d’Assia, prefetto della provincia Assia-Nassau, fu rinchiuso a Flossenbürg. Fey von Hassell ed altri ostaggi si ritrovarono a soggiornare a Buchenwald nella stessa baracca in cui poco prima era morta dissanguata Mafalda, che veniva chiamata, per ragioni di sicurezza, signora von Weber.

Alcuni portavano dei fardelli con poche cose, altri si trascinavano pesanti valigie, altri ancora non avevano niente. Del gruppo -l’abbiamo già detto – facevano il greco Alessandro Papagos, ministro della guerra greco, che aveva organizzato con successo la resistenza contro gli italiani, Hjalmar Shacht, già ministro dell’Economia del Reich, ’industriale Fritz von Tyssen, il “prigioniero personale del Führer” Martin Niemöller con la moglie Else, Leon Blum, l’ex cancelliere austriaco Kurt von Schuschnigg, il presunto nipote del ministro degli esteri russo Molotov Wassilij Kokorin, il tenente col. Richard Stevens ed il capitano inglese Payne Best, ufficiali del “Secret Intelligence Service” britannico, l’ex prefetto italiano di Bolzano Tullio Tamburini, il vescovo francese Gabriel Piguet, il colonnello Davide Ferrero, il gen. Sante Garibaldi, nipote dell’eroe dei Due Mondi, Mario Badoglio, figlio del Maresciallo Pietro, Fey von Hassell, figlia di Ulrich e moglie di Detalmo Pirzio Biroli, fatta prigioniera assieme ai suoi bambini, e tanti altri ancora, funzionari di governo, intellettuali, alti ufficiali, personalità religiose e naturalmente parenti degli implicati nel complotto, tra i quali una decina di esponenti della famiglia Stauffenberg e quasi altrettanti della famiglia di Carl Goerdeler.

HJALMAR SCHACHT

Hjalmar Horace Greeley Schacht (Tingleff, 1877 – Monaco di Baviera, 1970) fu un importante economista, presidente della Reichsbank nella Germania nazionalsocialista. Nell’agosto del 1934 fu nominato ministro dell’Economia ma venne rimosso nel novembre 1937 a causa di disaccordi con Hitler ed Hermann Göring. Mantenne la carica di presidente della Reichsbank fino al gennaio del 1939. Fu accusato di aver partecipato al complotto del 20 luglio e finì a Dachau.

Il 27 aprile tre diversi scaglioni di prigionieri provenienti da Dachau furono trasferiti a Reichenau e la sera stessa 5 omnibus stracarichi di prigionieri, provenienti da 17 nazioni, puntavano verso il Brennero, dove regnava un grande disordine e dove molti ostaggi temettero di essere uccisi nel bailamme in cui ormai versava l’esercito tedesco.

VERA VON SCHUSCHNIGG CON LA FIGLIA “SISSY”

La contessa Czernin von und zu Chudenitz aveva sposato in prime nozze il conte Leopold Fugger e divenne poi moglie, ricchissima, di Kurt von Schuschnigg. Vera Fugger e la piccola figlia “Sissy”, accompagnarono Kurt di loro volontà nella deportazione e quindi non figuravano tra i prigionieri ufficiali. (foto tratta da Hans-Günter Richardi, Ostaggi delle SS nella Alpenfestung, ed. Raetia, Bolzano, 2005, 43).

Il viaggio però, dopo vari guasti ai mezzi, continuò e la mattina del 28 il convoglio arrivò a Villabassa (Niederdorf). Tra gli ostaggi costretti alle lunghe peregrinazioni alla volta del Brennero c’erano dunque molti parenti dell’attentatore, primo fra tutti il conte Alexander Schenk von Stauffenberg, fratello di Claus, professore universitario di storia antica, arrestato ad Atene il 26 luglio e portato a Berlino.

MARTIN NIEMÖLLER E LA MOGLIE ELSE

Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller (Lippstadt, 1892 – Wiesbaden, 1984) è stato un teologo e pastore protestante tedesco, oppositore del nazismo dal Riuscì inizialmente ad evitare l’arresto per le molte ed influenti amicizie, ma poi finì arrestato dalla Gestapo nel 1937 su diretto ordine di Hitler, infuriato per un suo sermone. Rimase per otto anni prigioniero in vari campi di concentramento nazisti, tra i quali Sachsenhausen e Dachau, finché non venne liberato a Braies. Divenne il portavoce della pena e riconciliazione della popolazione tedesca dopo la Seconda Guerra Mondiale. (foto tratta da Hans-Günter Richardi, Ostaggi delle SS nella Alpenfestung, ed. Raetia, Bolzano, 2005, 170).

Poi c’erano la contessa Alexandra Schenk von Stauffenberg, figlia del conte Markwart, il conte Clemens senior Schenk von Stauffenberg, cugino del conte Claus (per motivi di salute uscì dal convoglio), il conte Clemens junior Schenk von Stauffenberg, figlio del conte Markwart, la contessa Elisabeth Schenk von Stauffenberg, nata baronessa von Guttenberg, moglie del conte Clemens senior, la contessa Inèz Schenk von Stauffenberg, figlia del conte Markwart senior, la contessa Maria (Mika) Schenk von Stauffenberg, nata Clausen, moglie del conte Berthold, la contessa Marie-Gabriele (Gagi) Schenk von Stauffenberg, figlia del conte Clemens senior, il conte Markwart senior Schenk von Stauffenberg (zio Moppel) colonnello, il Conte Markwart junior Schenk von Stauffenberg, figlio della contessa Elisabeth Schenk von Stauffenberg e del conte Clemens (che non arriverà però fino a Braies), il conte Otto Philipp Schenk von Stauffenberg, figlio della contessa Elisabeth von Stauffenberg e del conte Clemens.

PAYNE BEST

Il capitano inglese del Secret Intelligence Service (SIS) Payne Best (1885-1978) era stato rapito, assieme al collega ten. Col. Richard H. Stevens, nel 1939 durante l’operazione di Venlo in Olanda, su espressa richiesta di Hitler che riteneva che l’attentato organizzato contro di lui a Monaco l’8 novembre 1939 fosse dovuto ai servizi segreti inglesi.

Tra gli arrestati dopo l’attentato v’era pure anche la moglie del conte Claus, la contessa Nina Schenk von Stauffenberg, nata baronessa von Lerchenfeld, allora incinta. Al momento dell’attentato si trovava con la famiglia in vacanza a Lautlingen, nel Giura di Svevia, e venne arrestata la notte tra il 22 e il 23 luglio.

I tre figli maschi, rispettivamente di 10, 8 e 6 anni, la figlia di 3 anni e mezzo, assieme a 2 cugini, furono affidati ad una governante e portati in un istituto. La madre venne trasferita dalla Gestapo prima in carcere a Rottweil, poi presso l’Alto Comando di sicurezza del Reich a Berlino, infine nel lager di Ravensbrück, assieme alla madre Anni von Lerchenfeld.

PETER CHURCHILL

Peter Churchill (1909-1972) fu un agente del servizio segreto Special Operations Executive (SOE), il cui nome in codice era Michel. Inviato nell’agosto 1942 in missione a Montpellier in Francia, sviluppò una stretta relazione con il suo operatore radio Odette Sansom (1912-1995), con la quale condivise molte audaci missioni, fino alla cattura presso il Lago di Annecy il 15 aprile 1943. Peter riuscì a far credere ai tedeschi di essere nipote di Winston Churchill e che Odette fosse sua moglie. Finiranno anche loro a Braies, si sposeranno davvero nel 1947 e divorzieranno nel 1956.

Fu fatta partorire in una clinica di Francoforte sull’Oder, dove il 27 gennaio 1945 diede alla luce il quinto figlio, Konstanze (Muni).

Avrebbe dovuto quindi raggiungere gli altri Stauffenberg, i quali dal 6 aprile 1945 facevano parte del convoglio proveniente da Buchenwald e diretto a Dachau, ma per una serie di equivoci finì a Trogen proprio nel mezzo di un combattimento tra tedeschi ed americani e riacquistò la libertà.

GABRIEL PIGUET

Gabriel Piguet (Macon, 1887 – Clermont-Ferrand, 1952) fu vescovo di Clermont-Ferrand durante la II guerra mondiale e nel Natale 1939 aveva definito i tedeschi “gli Ostrogoti motorizzati del XX secolo”. Venne arrestato dalla Gestapo il 28 maggio 1944 e finì a Dachau il 9 settembre. Qui, tra molte sofferenze indicibili, ebbe modo di ordinare prete Karl Leisner, con l’autorizzazione del vescovo Von Galen, vescovo della diocesi da cui dipendeva il nuovo sacerdote, con il quale ci fu uno scambio epistolare segreto.

La madre Anni morì di polmonite e tifo Matzkau il 6 febbraio 1945, senza aver avuto notizie della figlia. La contessa Melitta (Litta) Schenk von Stauffenberg, di 42 anni, moglie di Alexander, fratello dell’attentatore, venne arrestata il 25 luglio 1944, ma liberata il 2 settembre in quanto provetta pilota collaudatrice d’aerei, indispensabile per l’apparato bellico tedesco.

Sfruttando ogni occasione, raggiunse più volte con l’aereo il marito e gli altri prigionieri nei luoghi di detenzione, fino alla morte intervenuta l’8 aprile 1945 nella Selva Bavarese dopo uno scontro con un caccia americano proprio mentre era in volo per una ennesima visita al marito recluso in quei giorni a Schönberg.

KURT VON SCHUSCHNIGG

Kurt Alois von Schuschnigg (Riva del Garda, 1897 –Mutters, 1977) fu l’ultimo capo del governo austriaco anti-nazista prima dell’Anschluss con la Germania nazista, che cercò inutilmente di contrastare attraverso l’indizione di un referendum. Dopo aver tentato invano la via dell’esilio, fu deportato in vari campi di concentramento assieme alla moglie. Nel 1947 si trasferì negli USA, dove divenne professore di diritto, ma nel 1968 tornò in patria per aderire al Partito Popolare Austriaco (ÖVP).

A Villabassa (Niederdorf) la situazione apparve a Stiller subito difficile: era in pieno svolgimento, controcorrente rispetto al convoglio dei prigionieri, la ritirata di molti reparti tedeschi e soprattutto le SS apparivano agitate, pronte a qualsiasi violenza, anche gratuita.

Un gruppo di ostaggi riuscì, nel buio, – ne abbiamo scritto nella prima puntata – a captare un discorso tra gli ufficiali che li scortavano: essi non dovevano essere fucilati, bensì essere rinchiusi nei pullman, che, portati in una zona isolata ed imbottiti di esplosivo, sarebbero stati fatti esplodere.

Sotto la pioggia battente il convoglio si fermò a circa un km dal paese, lungo la linea ferroviaria. Mentre i prigionieri venivano lasciati sgranchirsi le gambe sulla strada, il Gen. Garibaldi ne approfittò per nascondersi in un casello ferroviario situato nei pressi, dove si sarebbe abboccato con due partigiani italiani, subito da lui incaricati di dirigersi verso sud per prendere contatto con le forze armate alleate avanzanti.

FRITZ THYSSEN

Fritz Thyssen (Mülheim, 1873 – Buenos Aires 1951), era figlio del famoso industriale August Thyssen (1842-1926), fondatore di una grande azienda metallurgica nella Ruhr. Egli non solo continuò a dirigere la società industriale, ma, dopo aver aderito al nazismo, divenne consigliere di stato e commissario della Renania-Vestfalia. Nel 1939 entrò in conflitto con Hitler e si rifugiò prima in Svizzera e poi in Francia, dove venne arrestato. Dopo la liberazione si stabili in Argentina.

Secondo la testimonianza di un ostaggio, fin dalla partenza dal Brennero due partigiani avrebbero addirittura seguito il convoglio con la divisa della Wehrmacht.

La meta di Stiller avrebbe dovuto essere l’hotel “Lago di Braies”, ma l’albergo, di proprietà di Emma Heiss-Hellenstainer, era stato già occupato da tre generali tedeschi della Wehrmacht (Belovius, Jordan e Schlemmer).

I prigionieri vennero così scortati a piedi fino in paese, dove furono accolti in alloggi di emergenza da varie famiglie, nella canonica, in alcune locande e nella sala stessa del municipio.

Grazie all’intervento dell’ingegner Anton Ducia, responsabile della logistica presso l’alto commissario di Bolzano, che si recò personalmente a Villabassa domenica 29 aprile, l’hotel “Lago di Braies” venne sgomberato.

Lo stesso Ducia poi si recò dal generale d’Armata von Vietinghoff, comandante in capo dell’area sud-ovest e dal suo Capo di S.M. Rottiger, ed ottenne l’assunzione della tutela dei prigionieri da parte della Wehrmacht.

Collaborò a tutto ciò pure uno degli ostaggi, il colonnello Bogislav von Bonin, che riuscì ad informare della situazione Vietinghoff e Rottiger, da lui ben conosciuti. Rottiger avvertì a sua volta la sera del 29 aprile il capitano Wichard von Alvensleben, in servizio presso il quartier generale del corpo d’armata dell’area sud-ovest a Moso.

DISEGNO DI DACHAU

L’edificio d’ingresso al lager di Dachau in un disegno di Markwart von Stauffenberg junior. (foto tratta da Hans-Günter Richardi, Ostaggi delle SS nella Alpenfestung, ed. Raetia, Bolzano, 2005, 125).

Il capitano, discendente da una nobile famiglia prussiana, prima si recò di persona a verificare la situazione, poi la mattina del giorno 30 fece intervenire 15 suoi uomini armati di mitra per sorvegliare le SS e per assumere sotto la sua protezione gli ostaggi.

Le SS apparivano alquanto inquiete e solo il successivo intervento, due ore dopo, di altri 150 uomini della Wehrmacht definì la situazione e tranquillizzò gli ostaggi. L’azione di Alvensleben e l’invio delle SS a Bolzano vennero approvati al telefono pure dall’SS-Obergruppenführer Wolff, che già molto tempo prima, in opposizione al suo antagonista e rivale Kaltenbrunner, aveva avviato in Svizzera le trattative con Allen W. Dulles, capo dell’OSS (Office of Strategic Services) per evitare la resistenza della Fortezza Alpina e che era al corrente della resa firmata a Caserta il 29 aprile ed entrata in vigore il 2 maggio 1945.

La situazione divenne però per un momento davvero esplosiva, allorché le SS tentarono di sfondare lo sbarramento della Wehrmacht con un’automobile, minacciando l’uso delle armi, ma poi salirono su un autocarro e se ne andarono.

Il capitano Wichard von Alvensleben il giorno lunedì 30 aprile ritenne conveniente trasferire subito gli ostaggi da Villabassa all’hotel “Lago di Braies” (“Hotel Pragser Wildsee”), ritenendo il luogo più sicuro, fuori dalla zona di combattimento.

Il compito della loro custodia fu affidato al cugino, capitano Gebhard von Alvensleben, appena giunto da Milano, al comando di 80 uomini.

Gli ostaggi, radunati presso il municipio di Villabassa, sotto una fitta nevicata, vennero portati verso le ore 16 su dei camion fino all’hotel, incastonato a 1496 metri di altitudine in un meraviglioso contesto dolomitico.

I mezzi non riuscirono a percorrere l’intero tragitto e l’ultimo tratto dovette essere fatto a piedi nella neve alta. L’hotel, destinato alle vacanze estive, disponeva solo di poche stanze riscaldate, ma per i prigionieri si trattò di un autentico ritorno alla vita: avevano viveri a sufficienza, potevano muoversi abbastanza liberamente attorno al lago ed intrattenere tra loro normali relazioni.

Assistevano alle funzioni religiose nella vicina cappella e disponevano di una sorta di comitato, presieduto dal capitano inglese Payne Best, che aveva come vice il colonnello tedesco Bogislav von Bonin e come garante il capitano di fregata Franz Liedig.

A tutte le necessità di quella inusitata comunità provvedeva con solerzia e generosità la stessa proprietaria Emma Heiss-Hellenstainer.

Uno degli ostaggi, Isa Vermehren, così descriverà quei giorni di Braies: “Le frontiere nazionali non erano più un ostacolo insuperabile, ma soltanto lo steccato e il giardino dell’altro, il cui cancello era spalancato ed invitava ad entrare.

Neppure le lingue diverse ci separavano, la maggior parte riusciva a ritrovarsi nella lingua dell’uno o dell’altro e a nessuno mancavano le espressioni pur rudimentali per esprimere allo straniero nella sua lingua un saluto, un grazie o prego.

Sembrava che si stesse realizzando un sogno, anche se in forma di microcosmo: un’Europa unita, serena, un mondo sereno ed inebriante nel quale regna la pace”.

In verità non era proprio così, perché la situazione militare e politica non era ancora del tutto chiarita. Risulta infatti che la polizia segreta di Klagenfurt aveva intenzione di riappropriarsi degli ostaggi e che il capo della Gestapo di Sillian Hans Philipp, poco prima di uccidersi il 4 maggio, aveva ricevuto addirittura l’ordine di provvedere alla loro eliminazione e di ciò era stato messo al corrente il parroco di Sillian Josef Hanser.

Il gruppo degli italiani, ovvero Mario Badoglio, figlio del maresciallo Pietro, il ten colonnello Davide Ferrero, il generale Sante Garibaldi, Tullio Tamburini, capo della polizia nella Repubblica di Salò, ed Eugenio Apollonio, vice-capo della stessa polizia, ebbero il permesso di alloggiare, in cambio della loro parola d’onore di non fuggire, presso la casa Wassermann a Villabassa.

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