GRECIA, EUROPA – ANNO 2015

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il video

DA WIKIPEDIA

L’etimologia del nome Europa non è certa: secondo alcuni deriverebbe dalla parola semitica ereb, “occidente”, con cui i fenici (1500-600 avanti Cristo circa) avrebbero indicato tutti i Paesi a ovest della Siria, dove vivevano.

Nome mitico. Secondo altri invece l’origine sarebbe greca: in un primo periodo la parola avrebbe indicato soltanto le terre a nord dell’Egeo e poi, man mano che i greci si espansero, anche i Paesi a nord del Mediterraneo. I nomi di Europa e Asia compaiono già nel VII secolo a. C. nella Teogonia di Esiodo, nella quale, però, corrispondono a personaggi mitologici, senza nessun riferimento geografico.

Nella mitologia grecaEuropa era la figlia di Agenore re di Tiro, antica città fenicia e colonia greca in area mediterraneo-mediorientale. Zeus, innamoratosi di questa, decise di rapirla e si trasformò in uno splendido toro bianco. Mentre coglieva i fiori in riva al mare Europa vide il toro che le si avvicinava. Era un po’ spaventata ma il toro si sdraiò ai suoi piedi ed Europa si tranquillizzò. Vedendo che si lasciava accarezzare Europa salì sulla groppa del toro che si gettò in mare e la condusse fino a Creta. Zeus si ritrasformò in dio e le rivelò il suo amore. Ebbero tre figli: Minosse,Sarpedonte e Radamanto. Minosse divenne re di Creta e diede vita alla civiltà cretese, culla della civiltà europea. Il nome Europa, da quel momento, indicò le terre poste a nord del Mar Mediterraneo[4].

Nascita del concetto di Europa

In epoca greca e romana l’Europa era un termine geografico indefinito, indicante una terra a nord del Mediterraneo della quale non si conoscevano con esattezza i confini settentrionali. Nella ricostruzione del geografo greco Ecateo di Mileto (m. 480 a.C.) la Terra comprendeva due continenti divisi dal Mediterraneo, centro del mondo: da una parte l’Europa confinata a nord dalle sconosciute regioni iperboree; dall’altra l’Asia, nella quale erano compresi anche l’Egitto e la Libia. La civiltà greca è la base di tutta la cultura europea ed in particolare del suo pensiero, successivamente l’impero romano la diffonderà nel resto del continente introducendo la lingua latina, il diritto e delineando i confini dei futuri stati europei.

Assai raramente gli autori latini citano i termini “Europa” ed “europei”. Il primo che usa il termine con un significato assai pertinente alla fine del VI secolo fu l’abate irlandese San Colombano, futuro fondatore dell’abbazia di Bobbio, che lo citò (tutus Europae) in una delle lettere al papa Gregorio Magno. Anche il monaco Isidoro Pacensis, usò il termine per indicare i soldati che sotto la guida di Carlo Martello, avevano combattuto aPoitiers (prospiciunt Europenses Arabum tentoria, nescientes cuncta esse pervacua). La battaglia aveva assunto infatti un grande valore simbolico: l’Occidente cristiano idealmente rappresentato dall’Europa, che aveva fermato l’espansione araba; e quindi Isidoro aveva usato l’aggettivo “europeo” per attribuire un’identità collettiva ai guerrieri che avevano fermato gli invasori musulmani.

L’Europa diviene per la prima volta una concreta e nuova realtà politica con l’impero di Carlo Magno. Tra la fine dell’VIII e l’inizio del IX secolo, alla fine di un trentennio di guerre contro LongobardiAvariSassoni e Slavi, nasce una nuova entità nella quale convergono l’antica potenza di Roma, l’autorità spirituale del sommo pontefice e la forza dei giovani popoli germanici. Carlo, un giovane condottiero franco, fonda un grande Impero che comprende la gran parte dell’Europa occidentale, adotta il latino come lingua scritta ufficiale, usa una sola moneta e professa una sola religione.

EURO – PA

di Cornelio Galas

èu- [dal gr. ε, εὐ– «bene1»]. – Primo elemento di parole composte derivate dal greco o formate modernamente, anche nella terminologia latina scientifica, che significa «bene, buono».

Sembra una presa in giro vero? Certo, in queste settimane non c’è niente di buono in quell'”eu”. Ironia della sorte? No. Una situazione nella quale chi ha guidato la Grecia prima di Tsipras ha messo quel Paese. Bilanci sballati, quel vivere sopra le righe che fino a non molto tempo fa riguardava (adesso non più? Ah già, ora, solo ora, si scopre Mafia Capitale) anche le politiche clientelari, elettoralistiche dell’Italia.

Restare in Europa vuol dire obbedire alla Merkel? Cioè all’austerità tedesca per i conti pubblici? Il “no” dei greci, con il referendum cosa ha detto? Cosa resterà di questa estate 2015? Televignole nei prossimi giorni aprirà un forum su questo tema. Perché, ne sono convinto, siamo davanti ad uno snodo importante per il futuro. Nostro, dei nostri figli, di tutti quelli che pensano di far parte degli STATI UNITI D’EUROPA solo perchè c’è una moneta comune, solo perché c’è Schengen, solo perché in questo momento le “rogne” le hanno solo i greci. Di più, ho sentito in vacanza un commento che mi ha lasciato di stucco: “Ma allora il prossimo anno si va in Grecia, costerà certo tutto molto meno …”.

IL FORUM

di Tommaso Ulivieri

Sei peggio di una gallina. Una gallina non è in grado di superare la linea di un cerchio di gesso tracciato intorno a lei, ma almeno può dire a sua discolpa che il cerchio lo ha tracciato qualcun altro. Tu invece tracci la tua formula intorno a te con le tue mani, e ora stai fissando la formula e non la realtà.

Lo disse Lenin, il 23 febbraio 1918 a Karl Radek, durante la lunga notte in cui il comitato centrale doveva discutere e decidere sull’ultimatum tedesco per la firma del trattato di pace (una resa, in realtà, con condizioni durissime). L’alternativa era l’invasione militare degli imperi centrali. Lenin era notoriamente per firmare la pace e la storia successiva gli diede ragione: “Queste condizioni devono essere sottoscritte. Se non le firmate, state firmando la condanna a morte del potere sovietico nel giro di tre settimane“, sostenne al proposito.

Ho rubato questo “post” di un “amico di facebook” perché mi sembra un azzeccato  paragone con la lunga notte di Bruxelles del 12 e il 13 luglio 2015, quando il Primo ministro greco Tsipras fu sottoposto al “waterboarding” di una trattativa impari, dove cercare di limitare i danni di una controparte vendicativa, intenzionata sicuramente (la parte tedesca, quella che comanda) a provocare la “grexit”, e avendo al contempo il mandato popolare di limitare l’austerità ma non quello di uscire dall’Euro.

Naturalmente il riferimento storico serve anche e soprattutto a criticare i cosiddetti “rivoluzionari da salotto”, quelli che si entusiasmano all’idea di poter comodamente assistere ad una “rivoluzione” ma rimanendo lontani dai contraccolpi di quel contesto, dai rubinetti chiusi delle banche e dai problemi contingenti che avrebbero schiacciato la parte debole di una società non ancora carenata e da un Governo non ancora consolidato (dopo soli sei mesi) per poter rassicurare un’opinione pubblica abituata a governi “collaborazionisti” delle politiche della Troika.

A  loro si ripropone il sempre valido adagio del “fare un passo indietro per farne di più avanti”. E, forse, i passi di questi giorni del nuovo (e resistente) governo Tsipras, il prestito ponte e i dubbi del FMI sulla sostenibilità del debito, potrebbero far ricredere i meno cocciuti di quei “rivoluzionari”, e magari farli vergognare del loro atteggiamento ondivago e umorale.

Quella notte ha segnato una cesura nella storia d’Europa. Quantomeno la presa di coscienza – probabilmente oramai della parte maggioritaria degli abitanti del vecchio Continente – che c’è qualcosa che non funziona nei meccanismi democratici dell’ Unione. Inoltre ha dato un colpo mediatico non indifferente al movimento socialdemocratico, il cui ruolo si è rivelato essere quello dell’assistente infermiere che asciuga il sudore dalla fronte di Tsipras durante il lavoro dei torturatori conservatori.

Quello che in italia è reso evidente dal “golpe a bassa intensità” di Renzi, ma che trae radici dalla mitica, eterea “terza via” blairiana vagheggiata da Dalema,  sta ora prendendo forma nell’assorbimento del ruolo ancillare del socialismo europeo nelle politiche economiche del conservatorismo finanziario. 

Il paravento per questa mistificazione? La necessità delle riforme, oramai sinonimo di ristrutturazione al ribasso soprattutto dei diritti del capitolo “comprimibile” per i bilanci: il costo del lavoro e connessioni varie.

In questo contesto si producono fisiologicamente le “reazioni” più diverse., perlopiù tese a cercare il “nemico” più vicino, che sia la moneta europea o l’immigrato. Insomma i populismi e i fascismi di sempre e di chi non sa e non ha voglia di pensare. Sono movimenti pericolosi ma gestibili, spesso movimenti “diversivi” utili a mantenere il Sistema perché distraggono l’opinione pubblica verso altri target rispetto ai meccanismi del debito o ai trattati commerciali come il tremendo TTIP, nel frattempo – appunto – passato in carrozza.

Ma poi ci sono movimenti che, tenacemente e con un lavoro lungo e paziente fatto di connessioni dal basso e non di accrocchi di segreterie, si basano su radici politico-culturali più solide e che non hanno spezzato il filo della critica al capitalismo come fondamento teorico  per il cambiamento.

Questi si che sono pericolosi per la tenuta del Sistema. E allora bisogna annientare Syriza in Grecia prima che Podemos in Spagna o SinnFein in Irlanda ne provino ad imitare le gesta.

T.U.

Tommaso Ulivieri

via Ippolito Pederzolli 9

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