TRENTINI FAMOSI, MA NON TROPPO – 18

ANTONIO GAZZOLETTI

Nago-Torbole, 20 marzo 1813 – Milano, 21 agosto 1866

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a cura di Cornelio Galas

Antonio Gazzoletti nacque a Nago il 20 marzo 1813, da Guglielmo Gazzoletti, giureconsulto, e dalla nobildonna Silvia Negri di Montenero che, perso prematuramente il marito nel 1826, provvide da sola all’educazione sua e degli altri otto figli.

Di ingegno precoce e di memoria eccezionale, frequentò a soli nove anni il ginnasio a Rovereto, per poi passare al liceo a Trento, dove ricevette una formazione fortemente classicistica, che riaffiora di continuo nei suoi scritti a dispetto degli entusiasmi romantici.

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Antonio Gazzoletti

Risalgono a questi anni la sua passione per il teatro, coltivata lungo tutta la sua carriera letteraria, e i primi esperimenti lirici assieme al cugino Giovanni Prati, alcuni dei quali confluiti in una Scelta di poesie edite ed inedite di vari autori tirolesi (Trento 1830), curata con A. Negri.

Nago

Nago

Trasferitosi a Innsbruck nel 1830 per perfezionarsi nella lingua tedesca e per intraprendere gli studi di diritto, vi rimase tre anni, con risultati più che brillanti; l’insofferenza per la rigidità sociale austriaca gli fece però maturare un’avversione profonda verso il mondo tedesco destinata a pesare sopra ogni sua scelta successiva.

GIOVANNI PRATI

GIOVANNI PRATI

Conseguita nel 1835 la laurea in legge a Padova, nel 1837 Gazzoletti si stabilì a Trieste per compiervi il praticantato ed esercitare quindi l’avvocatura in una piazza più vivace e più prospera di quella trentina, ma anche per inserirsi da protagonista, con una frenetica attività pubblica e di scrittura, negli ambienti politici e letterari.

Andrea Maffei

Andrea Maffei

Assieme con A. Somma, F. Dall’Ongaro e N. Tommaseo,  prese parte al movimento di rinascita culturale e artistica triestina senza però mai interrompere i rapporti con il paese d’origine. Attivissimo nella redazione del periodico Favilla (1836-46) di A. Madonnizza e G. Orlandini, operò anche tra gli Agiati roveretani, intimo di A. Maffei, T. Gar e F.A. Marsilli, suoi costanti referenti letterari e politici; nella Rivista viennese (1838-40) di G.B. Bolza; nel Messaggiere tirolese (1817-63) di Rovereto; oltre che con scritti d’occasione in numerosi altri periodici trentini, veneti e lombardi.

Nicolò Tommaseo

Nicolò Tommaseo

A Trieste Antonio Gazzoletti pubblicò la maggior parte delle proprie opere, spesso abborracciate senza troppi scrupoli sui modelli di maggior successo e di presa più immediata sui lettori. Oltre ai Versi (1838), dedicati al Maffei, a un volumetto di Memorie e fantasie (1842) e alle Poesie (1846), si segnalano alcuni melodrammi (Isabella de’ Medici, 1845; La disfida di Barletta, 1848; Adelaide di Borgogna e Berengario d’Ivrea, 1854) che gli assicurarono notorietà un po’ in tutta Italia e una serie interminabile di canzoni, ballate, leggende, canti drammatici (notevole il consenso suscitato dagli Ultimi momenti di Cristoforo Colombo, 1850, tradotto anche in tedesco), odi, sonetti, inni e apologhi, scritti per lo più secondo le mode correnti (richiami alla poesia nordica e alle tradizioni popolari, atmosfere medievali e trasporti religiosi, dietro cui s’indovinano le lezioni di Maffei, Dall’Ongaro e Prati), e in seguito riproposti con disinvoltura in più luoghi e nelle più diverse circostanze.

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La maggior parte di essi confluì in un volume di Poesie (Firenze 1861), radunate a compendio di esperienze così dissimili e difformi e precedute da un breve scritto introduttivo in cui Gazzoletti sintetizzava con disarmante sincerità il proprio percorso letterario, avviando egli stesso la sua rovinosa vicenda critica successiva: “Queste mie operette poetiche furono dettate […] sotto l’influenza di studi e scuole diverse, talché non bastò forse rabberciarle e ripulirle alla meglio per far prendere a tutte quell’aria di fratellanza o di famiglia, che avrei desiderato.

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Bruciai sul mio cammino qualche granello d’incenso a tutti i gusti, ed anche sovente ai traviamenti del gusto; e m’accorgo ora, troppo tardi, che repubblica letteraria non vuol dire anarchia, ma palestra degli ingegni retta da leggi necessarie ed eterne”. In vita, comunque, non mancò a Gazzoletti l’appoggio della critica anche di prestigio, ribadito del resto, pur con qualche cautela, dalla recensione positiva che G. Carducci dedicò al volume di Poesie sulla Nazione di Firenze (16 aprile 1861).

Giosuè Carducci

Giosuè Carducci

Anche la “tragedia cristiana” Paolo, scritta da Gazzoletti nel 1853 e pubblicata nel 1857 sulla Rivista contemporanea di Torino, accese un dibattito molto vivace e meritò gli apprezzamenti lusinghieri di C. Cantù, G. Carcano, A. Manzoni e del Tommaseo, il quale giunse a paragonarla sull’Istitutore torinese alle tragedie di V. Alfieri e di J. Racine: con palese riferimento ai propri tempi, Gazzoletti aveva tentato di mettervi in scena lo scontro tra la società pagana, corrotta ed egoista, e la nascente società cristiana, destinata inevitabilmente a prevalere sull’odio tra i popoli e sulla schiavitù; più che trasparenti la lezione manzoniana dell’Adelchi, soprattutto nei dialoghi, e gli influssi ideologici giobertiani e rosminiani, assorbiti con evidente ritardo storico.

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Le vicende rivoluzionarie del 1848 videro Gazzoletti in prima fila. Fallito un tentativo di far insorgere Trieste e Trento, fu confinato il 23 aprile a Innsbruck, donde, attraverso la Baviera e la Svizzera, fuggì in Lombardia. A Milano, collaborò per breve tempo ai periodici neoguelfi Pio IX (marzo-giugno 1848) e L’Avvenire d’Italia (giugno-agosto), ma dopo l’armistizio si vide costretto a rientrare a Trieste.

Trieste

Trieste

Lo salvò da un processo per tradimento l’elezione, nel gennaio 1849, a deputato di Rovereto pres so la Costituente di Francoforte, dove si batté con energia contro il progetto di annettere il Trentino alla Confederazione germanica.

Dopo lo scioglimento della Dieta tedesca,Gazzoletti si attivò tra la Toscana e il Veneto per la difesa di Venezia, predisponendo fantasiosi piani di sbarco della flotta sabauda sulle coste friulane e operando per stabilire rapporti sempre più stretti tra l’emigrazione istriana e trentina: arrestato a Padova il 19 maggio, dopo due mesi di carcere duro fu ricondotto definitivamente a Trieste.

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Qui, tuttavia, seguitò imperterrito l’attività antigovernativa, sostenuta da una produzione letteraria di carattere fortemente patriottico, che gli valse infine l’espulsione, nel 1856, dal territorio austriaco.

  Profugo a Torino, intraprese subito una convulsa attività giornalistica (con articoli sull’Indipendente, sulla Rivista contemporanea e sul Mondo letterario) e politica nel segno di un sempre più pronunciato moderatismo: unica concessione agli studi eruditi, la memoria Della zecca di Trento (Trento 1858), recensita con favore in Italia e all’estero.

PATRIOTI

Entrato nella Società nazionale, fondò nel 1858 il Buon senso, sospeso dopo appena un mese; passò quindi a dirigere il cavouriano Patriota (aprile-agosto), non senza contrasti con gli ambienti dell’emigrazione in Piemonte (violentissimi quelli con il Tommaseo).

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Dopo la guerra del 1859, Gazzoletti si trasferì a Milano, alla direzione della Lombardia, organo ufficiale del governo provvisorio, e si dedicò a un’intensa attività propagandistica in favore del Trentino e dei nazionalismi antiaustriaci: sono di questo ultimo periodo le memorie Slavi e Magiari (Torino 1859), L’Italia rigenerata ed il Trentino (Brescia 1860), La questione del Trentino (Milano 1860) e Del Trentino e della sua attinenza con Italia e Germania  (1866), che furono riprese dall’irredentismo di fine secolo.

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Deputato al primo Parlamento italiano, rinunciò l’anno successivo a ogni carica politica per la nomina a procuratore generale di Brescia (1862), dove rimase fin quasi alla fine dei suoi giorni, dedicandosi, al pari di altri reduci, a una attività prevalentemente memorialistica. Degne di nota restano soltanto alcune sue versioni di Orazio, pubblicate postume in opuscoli o in riviste scolastiche.  Antonio Gazzoletti morì a Milano il 21 agosto 1866.

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