I “SEGRETI” DI GALEAZZO CIANO – 13

a cura di Cornelio Galas

  • documenti raccolti da Enzo Antonio Cicchino

A settanta anni dalla loro redazione ecco per la
prima volta in rete i documenti che Galeazzo Ciano
allegava al suo DIARIO

SETTEMBRE 1939

LETTERA AL MINISTRO DEGLI AFFARI

ESTERI DI GRAN BRETAGNA

N. 6398

Roma, 14 settembre 1939 – XVII

Caro Lord Halifax,
ho ricevuto la Vostra lettera dell’8 settembre e tengo a ringraziarVi per le cortesi parole che mi indirizzate. Anche per me è stata cosa gradita il poter mantenermi in contatto diretto e personale con Vostra Eccellenza durante i giorni che hanno preceduto lo scoppio della guerra e per quanto i nostri sforzi per il mantenimento della pace in Europa non siano stati coronati da successo, pure ho molto apprezzato lo spirito di collaborazione di cui Voi ed il Vostro Governo avete dato prova nei nostri confronti.

Voi ricordate nella Vostra lettera la cordialità dei contatti che hanno avuto luogo tra me e Sir Percy Loraine, ed osservate che tali contatti si sono svolti su basi personali ed amichevoli e non semplicemente tra un Ambasciatore ed il Ministro degli Esteri. Ciò risponde a realtà, ed è in gran parte dovuto al buon volere che ha animato Sir Percy Loraine nella sua assidua attività. Mi è gradito assicurarVi che anche per l’avvenire i nostri contatti saranno di tale natura.

Lord Halifax

Il Duce – cui ho dato immediata conoscenza della Vostra lettera – e che ha gradito quanto dite a nome del Signor Chamberlain e Vostro – segue lo sviluppo dei gravi eventi che perturbano la Europa con l’attenzione e l’animo che Voi conoscete. Egli – oltre a tutto – vede già con profonda preoccupazione quali possono essere le conseguenze di questa guerra nel campo sociale e riconosce in essa un elemento particolarmente favorevole per un risveglio di tutte le forze distruttrici della civiltà europea.

A suo avviso non è sufficiente, per combattere questo pericolo, colpire negli organizzatori e negli organizzati del sovversivismo internazionale i portatori di bacilli: i bacilli stessi del sovvertimento sociale si trovano ormai nel clima, nel disordine e nei dolori che il conflitto ha provocato e più ancora provocherà.

Voi – pur rimettendo ad altri tempi e ad altra sede ogni considerazione sull’accaduto – esprimete il Vostro desiderio di continuare a collaborare nello stesso spirito per l’interesse comune dei nostri due Paesi e per quello più vasto di una intesa internazionale. Questo è esattamente anche il nostro punto di vista.

Chamberlain e Mussolini

E ritengo opportuno assicurarVi che il Duce intende compiere tutto quanto può e potrà, non solo per evitare ogni allargamento del conflitto, ma altresì per limitarlo e risolverlo non appena esisteranno le condizioni obiettive che permettano di assicurare almeno un ventennio di pace ai popoli europei che di tale pace hanno, senza distinzione alcuna, il più grande bisogno.

Con i miei migliori pensieri per il Signor Chamberlain, Vi prego credermi, caro Lord Halifax, sinceramente Vostro

LA GUERRA IN POLONIA

Roma, 16 settembre 1939 – XVII

Ho ricevuto stamane l’Ambasciatore François-Poncet di ritorno da Parigi. Egli mi ha detto che aveva conferito in Francia con Daladier e con le altre personalità più eminenti del Governo e che dopo questi colloqui si era formato la convinzione che in Francia si era ormai abbandonata ogni idea di giungere in tempo relativamente breve ad un accordo con la Germania e che ci si preparava a condurre la guerra fino all’esaurimento di una delle due parti.

Ciò nonostante egli restava sempre d’avviso che non bisognava scartare aprioristicamente l’eventualità di un accordo; pertanto se Hitler, vinta la guerra in Polonia, avesse presentato delle proposte ragionevoli, egli François-Poncet avrebbe raccomandato al suo Governo di esaminare attentamente l’eventualità di un’intesa. Questa intesa appariva tanto più possibile se il Duce, che personalmente e come Capo dell’Italia fascista rappresenta l’unica forza efficiente oggi in Europa, avesse voluto prendere in mano la direzione dei negoziati.

Egli però sentiva il dovere di aggiungere che il Duce avrebbe invece dovuto astenersi da qualsiasi intervento se fin da principio le proposte di Hitler non fossero apparse tali da rendere possibile l’intesa. La carta del prestigio mussoliniano è troppo importante per essere sciupata invano. François-Poncet non saprebbe dire oggi quali dovrebbero essere le condizioni né quale aspetto si dovrebbe dare internazionalmente all’Europa del dopoguerra per assicurare ai popoli un lungo periodo di pace. È però d’avviso che l’unica soluzione pratica sia di dar vita a un Direttorio Europeo di grandi Potenze.

Per quanto riguarda i rapporti tra la Francia e l’Italia, il signor François-Poncet ha detto che a Parigi si è molto apprezzato l’atteggiamento assunto dal Governo Fascista e che ogni sforzo verrà fatto perché tale atteggiamento venga consolidato nel tempo. Pertanto la Francia cercherà con ogni cura di evitare qualsiasi incidente che potrebbe compromettere le relazioni fra i due Paesi, così come eviterà di porre l’Italia di fronte a domande precise circa il suo atteggiamento e le sue intenzioni.

Ho risposto a François-Poncet che prendevo atto con vivo compiacimento – come già avevo fatto con l’Ambasciatore d’Inghilterra – di quanto mi veniva comunicato: dovevo infatti sottolineare che qualsiasi tentativo di mettere l’Italia con le spalle al muro, avrebbe avuto come unica conseguenza quella di irrigidire il nostro atteggiamento e di costringerci a prendere posizione esattamente contro quel Paese che avesse voluto imporci una linea di condotta. François-Poncet ha detto che si rendeva assolutamente conto di quanto io gli dicevo, e che questa nostra situazione era stata compresa da tutti a Parigi.

Hitler e Francois Poncet

Particolarmente favorevole all’atteggiamento italiano si era mostrato il Generale Gamelin, il quale personalmente aveva avuto occasione di dirgli che dalla neutralità l’Italia sarebbe sortita potenziata militarmente ed economicamente e che questo rafforzamento della posizione italiana non poteva che riuscire gradito alla Francia.

François-Poncet ha poi aggiunto che il Governo francese era pronto ad affrontare la discussione per giungere ad una soluzione dei problemi ancora in sospeso tra Francia e Italia. Egli ha avuto istruzioni in merito e può iniziare negoziati in qualsiasi momento con la speranza di giungere rapidamente ad una soddisfacente intesa. Però, in considerazione degli eventi attuali, la Francia non prende l’iniziativa di proporre negoziati: lascia all’Italia di scegliere il momento propizio.

Maurice Gamelin_(1936)

Il signor François-Poncet mi ha esposto quindi la preoccupazione del Governo francese per eventuali complicazioni nei Balcani. Mi ha chiesto se avevo notizia circa l’eventuale intervento della Russia, che da molti indizi sembrava ormai probabile al Governo francese. Ho risposto che non avevo elementi precisi di giudizio, ma che era innegabile che alcuni indizi avevano in questi ultimi giorni attirato l’attenzione su tale possibilità.

François-Poncet ha detto che il Governo francese ha serie ragioni per temere che la Germania, battuta la Polonia, pensi di procedere ad una rapida azione per occupare la Romania. Qualora ciò avvenisse è evidente che tutto l’equilibrio balcanico ne sarebbe scosso e che la guerra si estenderebbe automaticamente a quel settore. L’Italia stessa non potrebbe disinteressarsi all’avvenimento dati gli interessi predominanti che l’Italia ha nella penisola balcanica.

La Francia, nell’eventualità di un attacco tedesco in Romania, si propone di inviare un Corpo di spedizione nei Balcani per fronteggiare la calata germanica. A tal fine sta concentrando forze in Siria agli ordini del Generale Weygand. Comunque il Governo francese, in considerazione degli interessi italiani nella regione balcanica, tiene a far sapere che non prenderà iniziative, sia pure di controffensiva, nei Balcani senza previo accordo col Governo Fascista.

Maxime Weygand

Ho preso atto di quanto il signor François-Poncet mi ha comunicato e, rispondendo ad una sua domanda, ho detto che fino ad ora nulla a noi risulta della intenzione germanica di attaccare la Romania.

Dopo avere esaminato col signor François-Poncet alcune questioni di secondaria importanza, ci siamo lasciati con l’intesa di mantenere fra noi quei contatti che sono imposti dalla situazione evitando che di essi, per evidenti ragioni, venga data pubblicità a mezzo della stampa. Il signor François-Poncet ha tenuto a dare a tutto il colloquio un carattere di cordialità ispirato particolarmente alla fiducia che la Francia ripone nella lealtà dell’atteggiamento italiano.

OTTOBRE 1939

COLLOQUIO CON HITLER

 

Berlino, 1° ottobre 1939 – XVII

L’impressione determinata nel popolo tedesco dall’annunzio della mia visita è stata quella di un nuovo tentativo di pace. Devo aggiungere che a creare tale stato d’animo ha contribuito anche il fatto che molte misure di carattere eccezionale prese allo scoppio delle ostilità con la Polonia, quali l’oscuramento della città, la proibizione di ballare nei pubblici esercizi ecc., sono state nello stesso giorno attenuate o addirittura abolite.

Ed è forse a questa impressione che si deve l’accoglienza particolarmente calorosa che mi è stata riservata sia durante il viaggio sia all’arrivo a Berlino dalla folla spontaneamente adunatasi nelle vicinanze della stazione e lungo il percorso.

Ribbentrop che ha tenuto fin dal primo incontro a dare ai nostri colloqui una impronta di marcata cordialità, ha detto che non voleva anticiparmi niente di quanto Hitler in persona avrebbe comunicato. Ha aggiunto che egli personalmente era scettico sulla possibilità di comporre la crisi tra la Germania e le Potenze occidentali e che, assolutamente certo del trionfale successo che le armi tedesche avrebbero riportato nel conflitto, si augurava che la soluzione della vertenza fosse affidata alla forza.

Hitler e Ciano si stringono la mano in un interno della Cancelleria davanti a Erhard Milch e al maresciallo Goering

Hitler mi ha ricevuto nella nuova Cancelleria. Aveva l’aria più stanca del solito, ma appariva più sereno di quanto non lo fosse allorché ebbero luogo i colloqui di Salisburgo. È stato durante tutta l’intervista, protrattasi per circa tre ore, estremamente cordiale ed ha tenuto, ogni qualvolta si è parlato del Duce, a ripetere le sue espressioni di amicizia e di simpatia personale per il Capo del Fascismo.

La prima parte dell’esposizione di Hitler è stata dedicata ad illustrare quanto è avvenuto in Polonia. La Germania iniziò le operazioni con la forza di 120-121 divisioni, senza contare le forze territoriali. Di tali divisioni 70 furono inviate all’Est, ma non tutte sul fronte polacco poiché alcune vennero dislocate verso la Lituania ed altre furono schierate in profondità in direzione della Posnania. Sessanta divisioni, furono effettivamente quelle impiegate per l’offensiva, ma solo una parte – 35 o 40 – ha preso reale contatto col nemico.

Le perdite sino al giorno 26 settembre ammontavano a 5200 morti e 22.000 feriti, ma tenendo presente che vi sono anche molte centinaia di dispersi, si può calcolare che i morti tedeschi ascendano a circa 6000. Tali perdite vengono considerate irrisorie rispetto all’ampiezza delle operazioni compiute, per le quali erano stati preventivati 120.000 morti e 250.000 feriti.

(da destra) Ciano, Ribbentrop e Hitler

Poiché a rimpiazzo di tali supposte perdite erano già state preparate le divisioni di riserva, oggi le forze effettive della Germania ammontano a 152 divisioni, composte ciascuna da 20 a 22 mila uomini, senza contare le forze dipendenti direttamente dal Corpo d’Armata e cioè un reggimento d’artiglieria pesante, reparti di specialisti del genio, ferrovieri ecc. Le forze polacche battute dall’esercito germanico ammontavano a 35 divisioni, 36 reggimenti di cavalleria, il cui contegno viene 98 definito da Hitler semplicemente eroico, 15 divisioni di riserva completamente armate, nonché 15 divisioni di riserva non del tutto armate e non istruite.

Le perdite di materiale da parte dell’esercito germanico sono state minime e comunque largamente compensate dal materiale catturato al nemico. I prigionieri polacchi salgono a 650.000, mentre da 2 a 300.000 sono caduti nelle mani dei russi. Hitler ha detto che teneva a darmi questi dati così precisi nei confronti delle operazioni all’Est, proprio il 1° ottobre, giorno in cui, con la resa di Hela, si poteva dichiarare definitivamente ultimata l’azione contro la Polonia.

Desiderava quindi esaminare la situazione nei confronti dell’Occidente. Quanto è avvenuto fino ad ora sul fronte francese è stato caratterizzato da una serie di tentativi più o meno teatrali diretti a far credere all’esistenza di operazioni che in realtà non sono state nemmeno tentate. Gli attacchi francesi sono stati di piccolissimo rilievo e non sono valsi a far retrocedere neppure uno degli avamposti germanici; la situazione del fronte è tale che nessuna possibilità di attacco in forza franco-inglese è ammissibile. Se la guerra continua anche su questo fronte, sarà la Germania che dovrà cercare, e cercherà, la soluzione.

Ciano con Hitler

La guerra per mare è condotta da sottomarini germanici, già oggi numerosi ed efficienti, ma che nel giro di pochi mesi saranno tanti da poter realmente impedire la navigazione franco-britannica. Il naviglio sinora affondato è di 290.000 tonnellate. Ma ciò è stato fatto osservando scrupolosamente le norme di una guerra cavalleresca. È evidente che qualora il conflitto continuasse, queste norme non potrebbero venire più osservate dai tedeschi, i quali condurrebbero la guerra navale con la massima decisione e le navi verrebbero tutte distrutte senza preavviso e senza troppi riguardi per i passeggeri di qualsiasi nazionalità che potessero essere a bordo.

La superiorità germanica in aria è poi la più evidente. Le forze franco-inglesi riunite sono numericamente e qualitativamente troppo inferiori a quelle germaniche per rappresentare un serio ostacolo al dominio del cielo. Gli inglesi hanno sinora tentato due soli attacchi: la prima volta persero 11 apparecchi su 24, la seconda 5 su 6. Nella stessa giornata in cui il Führer mi parlava, erano stati abbattuti al fronte occidentale 14 apparecchi di cui 12 inglesi e 2 francesi, mentre i tedeschi avevano perduto soltanto 2 aeroplani da caccia. Le proporzioni delle perdite sono fino ad ora da 1 a 9. La prima squadriglia da caccia che opera sul fronte occidentale ha abbattuto 44 velivoli franco-britannici ed ha avuto soltanto 4 perdite.

Hitler e Ciano

In tale stato di cose, ed essendosi ormai proceduto da 15 giorni al trasferimento di gran parte delle forze germaniche sul fronte occidentale, Hitler può in qualsiasi momento dare inizio alle effettive operazioni contro la Francia. Queste operazioni non possono avere che un carattere offensivo e sui risultati non è lecito nutrire alcun dubbio. Nessuno degli ostacoli che la Francia crede di poter frapporre alla marcia dell’esercito tedesco è tale da preoccupare.

La “Linea Maginot” può venire superata e forse con una facilità di gran lunga superiore alle previsioni. Hitler ripete che qualora la guerra dovesse continuare, egli non intende far languire il Paese in una lunga attesa e tanto meno concedere agli avversari quel vantaggio del tempo che essi affannosamente cercano. Egli è pronto all’offensiva e di questo suo vantaggio di preparazione ne approfitterà con la massima rapidità.

Premesso tutto ciò per quanto concerne la situazione militare, Hitler è passato a parlarmi della situazione politica che si è determinata all’Est in seguito alla disfatta della Polonia e alla stipulazione dell’Accordo con la Russia. Egli giudica tale Accordo assolutamente fortissimo e tale da impedire per lungo tempo la possibilità di attriti tra il mondo germanico e il mondo slavo, La chiarezza è stata la base di ogni decisione: le zone d’influenza tra Russia e Germania sono state delimitate senza possibilità di malintesi.

È comune interesse della Germania e della Russia di vivere in pacifica collaborazione dalla quale ambo i popoli trarranno vantaggi incalcolabili. Di quanto farà la Russia nelle nuove terre a lei assegnate la Germania si disinteressa nel modo più completo. Altrettanto fa la Russia per quanto concerne le decisioni tedesche al di qua del Bug. Ancora oggi Hitler non ha fissato in forma definitiva quale statuto intenda dare ai territori polacchi rimasti in suo potere. In linea di massima è disposto ad assicurare alla Polonia una forma statale che garantisca “lo sviluppo pacifico della vita nazionale polacca”, ma vi sono tre condizioni fondamentali cui tale organismo statale dovrà rispondere.

In primo luogo rimanere costretto entro frontiere che assicurino il ritorno al Reich di tutte le minoranze germaniche anche là dove esse sono fortemente frammiste a popolazioni slave. In secondo luogo questo organismo statale non deve per nessuna ragione poter diventare un centro di propaganda e di intrighi politici contro la Germania. Infine non deve rappresentare un ostacolo per la collaborazione germano-sovietica.

Hitler e il ministro Ciano seduti a colloquio in una sala della nuova Cancelleria

Avendo io richiesto se comunque egli intendeva che il costituendo Stato polacco fosse, sia pure in forma ridotta, uno Stato sovrano, egli non ha dato una risposta precisa ma ha aggiunto, alle condizioni sopra indicate, che questo Stato non avrebbe mai dovuto costituire una entità militare e che avrebbe dovuto riconoscere gli interessi politici ed economici tedeschi quali preminenti e come tali protetti. (Ribbentrop a questo punto è intervenuto nella conversazione per dire che il futuro organismo statale polacco non avrebbe dovuto avere capacità di mantenere contatti con le Potenze estere, lasciando tale compito alla Germania. Hitler ha praticamente annuito.)

Il Führer ha detto che egli non intende prendere direttamente in gestione la vita nazionale polacca perché la miseria nel Paese è spaventosa e forse neppure un secolo di lavoro sarà sufficiente per alleviarla. Comunque egli non è disposto a permettere nessuna forma di organizzazione statale fino a dopo la stipulazione della pace con le Potenze occidentali e fino a quando la situazione etnografica del Paese non sarà migliorata in seguito a larghi spostamenti di popolazione che egli sta studiando e che si propone di compiere nel più breve tempo possibile.

È in occasione di tali spostamenti che egli troverà alcune zone particolarmente indicate per accogliere “i tedeschi delle Dolomiti” che si apprestano a lasciare l’Italia, nonché le minoranze germaniche dell’Ungheria e “di altri Paesi dell’Est”, minoranze che intende fare per sempre rientrare nell’ambito territoriale dell’Impero germanico.

A mia domanda risponde che il nuovo organismo statale polacco potrebbe comprendere dagli 8 ai 10 milioni di abitanti. I rimanenti resterebbero entro le frontiere germaniche, tranne i 2 milioni circa che sono ormai stati passati al Governo dei Soviet. (Vale la pena di sottolineare che adesso i tedeschi fanno ascendere la popolazione polacca a soltanto 14-15 milioni di abitanti. Ricordo che a Salisburgo lo stesso Hitler parlò sempre di 20 milioni di polacchi.)

Queste sono in linea di massima le idee che il Führer sta elaborando circa l’avvenire della Polonia. Egli si propone nel discorso che terrà prossimamente al Reichstag di farle conoscere al mondo, insieme con la sua decisione di collaborare con le altre Potenze, qualora la pace venga stabilita, alla soluzione dei problemi che turbano l’equilibrio mondiale e particolarmente del disarmo, della sicurezza, della libertà degli scambi commerciali ecc.

Mussolini, Hitler e Ciano

Il discorso che Hitler farà al Reichstag rappresenterà l’ultimo – dico l’ultimo – monito che egli intende rivolgere alla Francia e all’Inghilterra prima di passare all’azione. Non nutre troppe illusioni sulla possibilità che le sue profferte vengano accettate. Comunque ciò varrà ad addossare la responsabilità della prosecuzione del conflitto alle democrazie. Dopo di ciò non intende prendere altre iniziative, ed è deciso a liquidare la vertenza con il ricorso alla forza “in misura e in forma tali da sorprendere persino coloro che hanno fino da ora la più completa fiducia nella superiorità del Reich”.

“Ho già fatto conoscere che il Duce potrà rendermi un apprezzato servizio costituendo e capeggiando un blocco di Stati neutri. È in questi Stati neutri che si verifica adesso per i disagi e le difficoltà che debbono fronteggiare, un accentuato stato di malessere che viene sfruttato dalla propaganda franco-britannica. Il Duce, facendosi capo di questi Stati, controbatterà tale azione e la causa germanica ne guadagnerà molto. Ma il Duce deve tener presente che se la Germania si batterà, la lotta deciderà non solo il destino germanico ma anche quello italiano. Le sorti del Fascismo sono strettamente avvinte alle fortune del nazionalsocialismo.

Adesso io vi dico – come vi dissi a Salisburgo parlandovi della Polonia – che nei confronti delle democrazie occidentali, già calcolato tutto l’aiuto che possono ricevere da terze Potenze, ho la matematica sicurezza della vittoria. La Germania di oggi è diversa dalla Germania di 25 anni or sono: nulla è stato trascurato, tutto è pronto fino nei più piccoli particolari. Le armi di offesa sono tali da sconvolgere ogni resistenza del nemico, quelle di difesa tali da impedire ogni tentativo di azione contro di noi. Comunque, ripetete al Duce il mio convincimento che l’assenza dell’Italia dalla lotta e la sconfitta della Germania rappresentano per l’Italia la fine delle sue grandi aspirazioni imperiali nel Mediterraneo.”

Ribbentrop: “Io sono d’avviso che nello stato attuale delle cose, alla Germania conviene di procedere senz’altro al regolamento della situazione attraverso la forza.”

Ciano e Hitler

Hitler: “Molti la pensano come Ribbentrop. Sopratutto l’esercito che ormai è impaziente di battersi contro i francesi e che considera la vittoria come già acquisita. Farò ancora il discorso al Reichstag e questo sarà l’ultimo tentativo, ma vi dico che se l’Italia fosse disposta a marciare subito con me non pronuncerei nemmeno tale discorso e ricorrerei senz’altro alla forza nella certezza che Italia e Germania unite possono in brevissimo tempo abbattere la Francia e l’Inghilterra e regolare una volta per tutte i loro conti con questi due Paesi. So che una delle ragioni principali che ha trattenuto il Duce dall’immediato intervento nel conflitto è stata la mancanza di protezione antiaerea dell’Italia.

Dite al Duce da parte mia che le migliori protezioni non sono le artiglierie, bensì il terrore delle rappresaglie che noi siamo pronti a compiere. Se oggi una sola bomba non è ancora stata fatta esplodere sul territorio germanico, ciò non si deve principalmente al fatto che noi possediamo una numerosa ed ottima artiglieria antiaerea, ma piuttosto alla sicurezza che quattro ore dopo l’attacco su una città germanica io porterei l’offesa nel cuore dell’Inghilterra e della Francia in modo tale da devastare letteralmente Londra e Parigi.”

A questo punto ho preso la parola per illustrare al Führer le ragioni che hanno determinato l’attuale linea di condotta dell’Italia e per sottolineare che noi non abbiamo mai fatto una dichiarazione di neutralità, limitandoci a far conoscere che non avremmo preso iniziative di operazioni militari dove la stessa Germania non ne aveva prese e anzi dichiarava che intendeva non prenderne.

Ho sottolineato inoltre che una gran parte delle forze francesi è bloccata sulle nostre frontiere continentali e africane, ho sottolineato il fatto che molti Stati sono rimasti neutrali in seguito al nostro atteggiamento ed ho parlato infine della intensissima preparazione militare che l’Italia sta compiendo in vista appunto degli eventuali sviluppi del conflitto e della possibilità che essa debba in relazione a ciò prendere nuove deliberazioni circa il suo atteggiamento.

Hitler e Ciano, affacciati al balcone della nuova Cancelleria del Reich insieme al ministro Ribbentrop, al maresciallo Goering e ad altre autorità del Reich, sorridono

Hitler ha tenuto a darmi atto nella forma più esplicita e cordiale che egli considera come l’atteggiamento tenuto dall’Italia è stato fin qui più utile alla Germania di un nostro immediato intervento nel conflitto. Egli però crede che ad un certo momento l’Italia dovrà approfittare delle molte possibilità favorevoli che si presenteranno ad entrare risolutamente nella mischia.

Per quanto più direttamente concerne il prossimo sviluppo della situazione, egli conferma che dopo avere pronunciato il discorso al Reichstag non intende prendere né desidera che siano prese ulteriori iniziative. Attenderà di conoscere le reazioni franco-britanniche. Dopo di ciò gli sarà estremamente gradito ed utile conoscere l’opinione del Duce ed allora un nuovo contatto – magari fra i due stessi Capi – potrà essere di somma utilità.

Essendo io tornato a parlare della opportunità di salvare per quanto possibile la forma nella costituzione del nuovo organismo statale polacco, e ciò al fine di lasciare la possibilità alla Francia e all’Inghilterra di trattare salvando la faccia, egli ha ripetuto che non aveva ancora preso le ultime decisioni in merito, ma che tuttavia non intendeva concedere niente più di quanto prima aveva esposto. Nel corso dei colloqui altri argomenti sono stati più rapidamente toccati.

Balcani. – Egli non ritiene che per il momento si debba verificare alcunché di nuovo in tale zona. La costituzione di un blocco di neutri potrà valere a cristallizzare la situazione attuale, il che è assai utile. Anche per quanto concerne la Romania, è da escludere allo stato degli atti ogni attacco straniero.

Mussolini, Hitler, Ciano, Hess ed un ufficiale tedesco sul ponte della nave “Conte di Cavour”

Ciò fino a quando la Romania manterrà l’atteggiamento di stretta neutralità. Qualora però Bucarest dovesse modificare una tale linea di politica, la Germania incoraggerà l’attacco contro la Romania; aiuterà con ogni mezzo Russia, Ungheria e Bulgaria, che saranno i Paesi destinati a liquidare la situazione romena. La Germania non ha ambizioni verso la Romania. Come già con l’Italia, cosí anche con la Russia sono state fissate le zone d’influenza, e la Germania intende rispettarle strettamente.

Coglieva l’occasione per dirmi ancora una volta che egli considera l’Italia il Paese che deve diventare il padrone assoluto del Mediterraneo con interessi egemonici in tutti i Paesi della Penisola balcanica a contatto diretto col Mediterraneo e con l’Adriatico. La Germania si disinteressa di tali zone, pronta invece ad appoggiare ogni iniziativa italiana che tenda ad aumentare il nostro dominio.

America. – Il Führer si rende nettamente conto del fatto che l’America si può ormai completamente considerare acquisita alla causa delle democrazie. Egli dice però che l’aiuto americano potrà essere minimo dal momento in cui la guerra sottomarina, condotta con i metodi che egli si riserva di adottare, priverà rapidamente gli Stati Uniti, nonché i suoi associati, delle navi necessarie per un traffico su larga scala.

Giappone. – Hitler ritiene che il Giappone è per il momento troppo preso nelle sue questioni asiatiche per intervenire direttamente nel conflitto. È però altrettanto certo che non appena la situazione britannica sarà resa malsicura dai colpi che verranno inflitti dal Reich, il Giappone approfitterà dell’occasione favorevole per migliorare la sua posizione ed espandersi ai danni dell’Inghilterra.

Il colloquio che come ho detto si è protratto per quasi tre ore, è stato improntato ad una schietta cordialità da parte del Führer il quale ha voluto sottolineare più volte il suo apprezzamento per la collaborazione datagli dall’Italia, pur non nascondendo un senso che definirei di rammarico, per il fatto che noi non si sia scesi subito nella lotta armata a fianco della Germania.

Hitler e Ciano

Non posso nascondere che allorché ha parlato della “fine delle ambizioni imperiali italiane nel Mediterraneo”, in caso di disfatta tedesca, egli mi ha dato l’impressione di rivolgere un invito all’Italia a collaborare militarmente con lui, ma devo aggiungere che ciò è stato fatto con estrema delicatezza e senza esercitare la minima forma di pressione.

Se affermassi che il Führer preferisce senza meno la soluzione guerriera ad un eventuale accordo politico farei cosa arbitraria e forse imprudente. Mentre nei confronti della Polonia egli non lasciava nemmeno spiritualmente adito a possibilità di conciliazione, la stessa cosa non avviene ora nei confronti delle Potenze occidentali. Sui campi polacchi ha conquistato quel prestigio militare – egli stesso lo ha detto – di cui il nazionalsocialismo aveva bisogno.

Oggi l’offrire al suo popolo dopo una grande vittoria anche una solida pace, è forse un obiettivo che tenta Hitler. Ma se per raggiungerlo dovesse sacrificare, anche in minima parte, quelli che a lui sembrano i frutti legittimi della sua vittoria, egli allora preferirebbe mille volte la lotta. La sicurezza della sua superiorità sull’avversario è un elemento che ne incoraggia l’intransigenza, così come l’influenza di Ribbentrop, che non nasconde il suo estremismo bellicista, vale a rendere più rigido l’atteggiamento del Führer nei confronti delle Potenze occidentali.

Niente di particolarmente importante è risultato dai successivi colloqui che ho avuto con Ribbentrop. Egli è sempre più infatuato della Russia sulla quale si esprime in termini apologetici, pur facendo ampie riserve sull’efficienza militare sovietica. È arrivato al punto di dire che in mezzo ai membri del Politbureau e del Comintern egli si trova altrettanto bene che tra la vecchia guardia del nazismo o tra i vecchi squadristi… E quando gli ho chiesto che valore si deve attribuire al Patto anti-Comintern, ha lasciato cadere la domanda dicendo che ormai il Comintern non esiste più e che Stalin è diventato l’effettivo campione del nazionalismo russo.

Hitler e Ciano, ripresi in un interno della Cancelleria, si salutano

Di pari passo, col sorgere nell’animo di Ribbentrop del nuovo amore per i Soviet, è scomparsa la vecchia passione per il Giappone, che non è più, come egli diceva, una delle fondamentali forze del mondo moderno, un Paese imbattibile, un popolo eroico ecc. ecc., ma è invece un qualsiasi Stato asiatico che ha la disgrazia di essere governato da una cricca di militari poco intelligenti e molto ritardatari…

Nell’ultimo colloquio che ho avuto con Ribbentrop, forse per influenza del Führer, egli si è mostrato meno estremista di quanto non lo fosse stato nei colloqui precedenti e ha detto che anche lui, se la cosa apparirà possibile, favorirà una soluzione pacifica. Ciò nondimeno rimaneva sempre incredulo sulla possibilità di raggiungerla.

Sul terreno pratico e per quanto concerne il prossimo avvenire siamo rimasti d’accordo sulle seguenti basi:

1. Nessuna iniziativa verrà presa prima del discorso di Hitler, che sarà pronunciato giovedì o venerdì.

2. Dopo che il discorso sarà stato pronunciato e che le prime reazioni franco-britanniche si saranno manifestate, Ribbentrop ed io prenderemo nuovamente contatto per informazioni reciproche sulla situazione.

3. Qualora gli eventi lo consiglino, un nuovo incontro potrà avere luogo. Ribbentrop, a titolo personale, insiste perché in tal caso siano i due Capi ad incontrarsi al Brennero.

NOVEMBRE 1939

LETTERA ALL’AMBASCIATORE A BERLINO

Roma, 8 novembre 1939 – XVIII

N. 7547


Personale

Caro Attolico,
dal colloquio che hai avuto con Ribbentrop il 2 corr., e sul quale hai riferito col tuo rapporto n. 8501 del giorno 6, risulta che malgrado l’evidenza degli avvenimenti prodottisi nei giorni precedenti lo scoppio del conflitto e nonostante che non siano successivamente mancate nostre chiare “messe a punto” – vedi colloquio Göring-Teucci – sussiste in codesti ambienti una strana misconoscenza di quello che è stato il nostro atteggiamento.

Captain Giuseppe Teucci, Italy

Particolarmente ingiustificata è la permanenza di tale stato d’animo presso Ribbentrop, il quale conosce perfettamente, in ogni dettaglio, l’attività svolta dall’Italia ed è stato testimone della perfetta scrupolosa lealtà con cui l’Italia ha espresso sempre il suo pensiero, ha segnalato tempestivamente i pericoli della situazione ed ha infine impiegato tutto il peso della sua influenza diplomatica per la quale lo stesso Führer ha espresso al Duce la sua riconoscenza.

È effettivamente probabile che, come tu dici, Ribbentrop cerchi sopratutto delle giustificazioni di fronte a se stesso. Ma noi non possiamo permettere che certe interpretazioni a certi stati d’animo, oggi ancora forse fluidi ed incerti, vadano cristallizzandosi a nostro danno in dispregio della più elementare verità. È quindi necessario che tu chiarisca una volta per sempre con Ribbentrop che le sue affermazioni circa le cause dell’intervento inglese – da lui attribuito principalmente alla conoscenza della neutralità italiana – sono assolutamente arbitrarie e categoricamente smentite dalla storia diplomatica di quei giorni.

Mussolini e Ribbentrop

A prescindere infatti dalla considerazione che l’Inghilterra, già da molto tempo prima dell’estrema crisi dell’agosto, aveva ripetutamente e ufficialmente comunicato la sua decisione di entrare in guerra se si fosse verificato un attacco del Reich alla Polonia (argomento da me ripetutamente sottolineato nei colloqui di Salisburgo), sta di fatto che al momento decisivo le determinazioni dell’Inghilterra non poterono essere influenzate dall’atteggiamento italiano, poiché la non belligeranza dell’Italia fu nota solamente attraverso il comunicato del Consiglio dei Ministri del 1° settembre, quando cioè le truppe tedesche avevano già invaso la Polonia scatenando l’automatica esecuzione di quel Patto di assistenza anglo-polacco che – è bene ripeterlo – era stato firmato sin dal giorno 25 agosto.

E, d’altra parte, le misure militari adottate dall’Italia in pronto fiancheggiamento dell’azione tedesca non potevano certo far sorgere presso gli inglesi la persuasione della astensione italiana, della quale assolutamente nessuno poté aver notizia prima che il Duce stesso l’avesse decisa il 1° settembre, come è provato, tra l’altro, dal fatto che la sera del 31 agosto il Governo inglese interruppe le comunicazioni telefoniche e telegrafiche con l’Italia oltre che con la Germania e non le riattivò che il giorno successivo. I motivi della astensione italiana, come è ben noto a Ribbentrop, sono consegnati in documenti irrefutabili se pur non conosciuti dal pubblico.

Attribuire l’intervento inglese alla non belligeranza italiana è dunque affermare il falso e la stessa lealtà da noi sempre mantenuta verso la Germania ci impone di non permettere che sussistano equivoci in questa materia. E del resto equivoci non dovrebbero sussistere da che, con suo telegramma del 1° settembre (che codesto Governo non ha finora voluto rendere noto al popolo tedesco), il Führer ringraziò il Duce per l’aiuto diplomatico e politico fornito dall’Italia alla Germania.

Bernardo Attolico e Konstantin von Neurath

Ti prego di far presente a Ribbentrop quanto precede assicurandomi circa l’interesse che egli porterà a questa nostra precisazione che è di natura fondamentale per il presente ed il futuro dei nostri rapporti con la Germania.

LETTERA ALL’AMBASCIATORE ATTOLICO

Roma, 24 novembre 1939 – XVIII

N. 8070

Strettamente personale

Caro Attolico,
come avrai visto dal comunicato di ieri, il Gran Consiglio è stato convocato per il giorno 7 dicembre a Palazzo Venezia.

Non potrà certo sfuggire il particolare rilievo che nelle circostanze attuali viene ad assumere questa riunione del massimo organo del Regime, che è la prima che ha luogo dopo l’inizio del conflitto e sarebbe senza alcun dubbio molto utile che per quella data ci apparisse più chiaro quali sono gli intendimenti dei dirigenti tedeschi per quanto riguarda i piani bellici e l’azione diplomatica.

Mackensen, Ribbentrop, Ciano e Attolico

Ritengo perciò opportuno che, senza farne comunque l’oggetto di un passo, tu trovi modo di attirare l’attenzione di Ribbentrop su queste circostanze e sulla opportunità che vi sarebbe, nella imminenza della riunione del Gran Consiglio, di renderci meglio orientati sulle intenzioni della Germania.

Puoi aggiungere che tale richiesta è dipendente dal fatto che avresti ritenuto di venire a Roma a conferire, nell’imminenza della riunione del Gran Consiglio, appunto per aggiornare tutti gli elementi conclusivi circa i propositi del Reich.

Aggiungo per chiarezza che:

1. non devi compiere alcun passo;

2. devi invece richiedere informazioni senza avanzare alcun suggerimento da parte nostra.

Cordialmente.

DICEMBRE 1939

LETTERA AL MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI DI GRAN BRETAGNA

Roma, 3 dicembre 1939 – XVIII


N. 8311

Caro Lord Halifax,
ho molto apprezzato la Vostra lettera del 25 novembre e sono lieto di assicurarVi che io cordialmente ricambio i vostri sentimenti. Con Sir Percy Loraine ho già ripreso le conversazioni sulle questioni che interessano i nostri due Governi, ed ho la sincera convinzione che questi scambi di idee continueranno in quello stesso spirito di fiducia che li ha finora caratterizzati.

In questo spirito, e seguendo il vostro suggerimento di una amichevole collaborazione fra noi, io desidero attirare la vostra personale attenzione sopra una questione che io considero molto seria ed urgente.

Sir Percy Loraine

Voi siete certamente al corrente delle gravi difficoltà che le nostre navi mercantili incontrano in conseguenza del controllo francese ed inglese sul mare. Queste difficoltà erano fino ad un certo punto prevedute da noi fin dall’inizio delle ostilità; e per attenuarle e per evitare attriti e incidenti, noi ci siamo mostrati disposti fin da allora a cooperare con le Autorità britanniche ed abbiamo accolto favorevolmente le vostre proposte, particolarmente per quel che riguarda l’approdo volontario delle navi ai porti di controllo.

Questo era stato fatto da parte nostra e vostra con la chiara intesa di rendere le operazioni di controllo più facili e più rapide. Ma devo dire che i risultati sono stati finora estremamente insoddisfacenti. Le nostre navi che sono andate spontaneamente o che sono state dirottate nei vostri porti, sono state o sono trattenute in questi porti per un periodo molto maggiore di quello che può essere considerato come ragionevole e necessario, e la procedura delle visite di controllo è andata assumendo un carattere che io non esito a definire come vessatorio.

Vi accludo qui una lista delle nostre navi che sono state trattenute per periodi più o meno lunghi nei vostri porti, e voi stesso potrete constatare che la detenzione di queste navi è durata sempre vari giorni e spesso qualche settimana. Voi vi rendete certamente conto dei gravi danni che questi ritardi importano per la nostra navigazione e per il nostro commercio e financo per i nostri rifornimenti normali e io ritengo necessario mettere in rilievo questi fatti.

“Home Fleet”

Ma desidero richiamare la Vostra particolare attenzione sulla gravità di questa questione e sulla irritazione che questi danni e gli ostacoli frapposti al nostro commercio stanno causando nell’opinione pubblica italiana, e la sfavorevole reazione che essi hanno sulle relazioni italo-britanniche. Io ritengo che questo debba essere evitato, e sono sicuro che voi dividete la mia opinione, e che la nostra collaborazione – alla quale tanto Voi che io attribuiamo una grande importanza – permetterà di regolare questa questione in maniera soddisfacente.

Con rinnovati ringraziamenti per la Vostra lettera, credetemi, mio caro Lord Halifax.

COLLOQUIO COL DOTTOR LEY

6 dicembre 1939 – XVIII

Il Conte Ciano fa presente al Dott. Ley che il Duce si è vivamente interessato all’esposizione da lui fattagli circa la situazione ed i propositi del Reich ed ha particolarmente apprezzato quanto il Dott. Ley gli ha detto essere il pensiero del Führer sugli avvenimenti in corso.

Speciale attenzione il Duce ha prestato ai fatti più recenti della politica germanica ed a questo riguardo il Conte Ciano chiede al Dottor Ley qualche precisione sull’avvenire statale e amministrativo dei territori polacchi occupati dal Reich. Il Dott. Ley premette che la frontiera fra la Germania e l’U.R.S.S. rimane il fiume Bug. Tale confine è definitivamente stabilito. Bisognerà però fare una differenza tra il confine del Reich propriamente detto e il confine “di interessi” dell’Impero tedesco.

Il confine vero e proprio del Reich comprende le provincie della Prussia Orientale, della Prussia Occidentale, il Gau della Warte e la Slesia. Tali frontiere sono quelle immutabili del Reich. Il territorio invece che viene compreso fra il fiume Bug e lo Stato tedesco anzidetto è quello della Polonia. Lo Stato polacco raggruppa da 10 a 12 milioni di polacchi. In tutta questa zona, abitata da soli polacchi, viene fissato lo Stato polacco. Tra il Bug e la Vistola è stata delimitata una provincia che verrà abitata da israeliti ai quali sarà fatto divieto di varcare la Vistola mentre verranno forniti del necessario per lo sviluppo dei loro interessi in tale regione.

Alla domanda del Conte Ciano sul regime che si intenderà dare a questo Stato polacco, il Dott. Ley risponde che, pur mancando di dettagli in merito, si può fin d’ora dire che esso sarà una specie di Protettorato il quale, per il fatto di comprendere i grandi centri polacchi come Cracovia, Censtocova, Varsavia e Lublino si potrà, a ragione, intitolare “nuova Polonia”. Perché questa Polonia viva, è necessario, secondo quanto il Führer gli ha detto personalmente, che essa non diventi una “piattaforma di azioni dirette contro il Reich”. Alla vita della “nuova Polonia” il Führer mette questa condizione indispensabile e le Autorità del Reich cureranno che essa venga rispettata.

Il Conte Ciano domanda al Dott. Ley quale è il pensiero del Governo del Reich per quanto concerne la situazione nel Baltico e accenna specialmente all’attuale momento in Finlandia.

Il Dott. Ley si rimette a quello che gli ha detto il Führer, “non essere cioè la Russia per il Reich e per la vita del popolo tedesco un problema capitale.” “Noi non sopravalutiamo né sottovalutiamo la Russia “ dice Ley. “Dal punto di vista ideologico quello che l’U.R.S.S. può tentare contro la compagine spirituale del popolo tedesco ci lascia completamente immuni. La Germania è e sarà antibolscevica. Si è parlato di strapotenza sovietica e si è anche vantata l’importanza dell’armata russa. Noi conosciamo l’armata sovietica e sappiamo che non può resistere a nessun urto decisivo. Anzi, in una parola, essa non vale niente.”

Alla precisa domanda del Conte Ciano sulla sorte della Finlandia il Lett. Ley risponde che il Reich non ha nessun interesse per il futuro destino di questo Paese. “Non possiamo dire” egli continua “che il contegno della Finlandia verso la Germania sia stato amichevole. Essa non solo non ci ha mai trattato bene, ma non è stata in nessun modo riconoscente alla Germania per il grandissimo contributo che ha dato alla sua indipendenza.

Il Führer pensa che parimenti l’Italia non dovrebbe avere nessun motivo di simpatia verso gli Stati nordici. Proprio il Führer ha ricordato che fu lo svedese Sandler a proporre le sanzioni contro l’Italia. Dalla parte degli Stati nordici, del resto, vi è stata sempre una chiara avversione ideologica verso l’Italia e la Germania. Comunque, noi vedremmo con soddisfazione la fine del conflitto sovietico-finlandese.”

Il Conte Ciano chiede al Dott. Ley come egli consideri tale possibilità e questi risponde che effettivamente l’uscita è problematica, al che il Conte Ciano vuol sapere dal Dottor Ley se egli non ritiene che la U.R.S.S. abbia delle mire sulle ricchezze minerarie svedesi, sottolineando che se l’U.R.S.S. dovesse impegnarsi in conflitto con la Svezia potrebbe avere delle sorprese poiché, per quanto gli svedesi non combattano da cento anni, essi sono dei buoni soldati come lo dimostra la storia e potrebbero opporre una seria resistenza.

Il Dott. Ley dice di non credere che la Russia abbia delle mire aggressive verso la Svezia ed aggiunge che, a suo modo di vedere, si attribuisce una importanza eccessiva alle capacità e alle possibilità sovietiche valorizzando un Paese che è inceppato da troppi mali sociali ed etnici per poter attuare un vero e proprio espansionismo.

Il Conte Ciano obietta che si tratta di 180 milioni di individui che se non altro, per il loro peso possono produrre degli squilibri sensibili in ogni parte d’Europa considerando sopratutto che essi si appoggiano ad una ideologia che si avvantaggia di un pericoloso proselitismo. Ley, pur ammettendo il pericolo, risponde che questi 180 milioni di individui non sono capaci di alcun dinamismo e che in ogni modo non possono essere resi attivi in senso espansionista.

“Tanto il Duce che il Führer” dice il Dott. Ley “esprimendosi sull’U.R.S.S. hanno entrambi parlato di Asia. Anzi il Führer ha detto che dove finisce il confine tedesco comincia l’Asia.” Il Conte Ciano osserva che in effetti l’Asia si è avvicinata sempre più all’Europa. “Il pericolo è maggiore” egli dice “non certo per una Potenza come la Germania, ma principalmente per i piccoli Stati e sopratutto per le deficienti organizzazioni statali balcaniche.”

Egli cita l’esempio della Bulgaria dove il bolscevismo accoppiato allo slavismo può produrre un vero e proprio sovvertimento e precisa alcuni dettagli della propaganda comunista in Bulgaria, sopratutto nella classe studentesca, che impressionano il Dott. Ley il quale peraltro insiste sul tema fondamentale della capacità tedesca di domare facilmente e dovunque gli slavi. A sostegno di tale asserto, il Dott. Ley si riferisce allo zarismo il quale, disponendo di una grande organizzazione, non faceva paura alla Germania in quanto la sua forza propulsiva era esercitata da slavi.

“Ancora meno fa paura il Governo dei Soviet” dice Ley “che dispone di minor forza vitale ed è praticamente disorganizzato. Certamente il bolscevismo è giunto al momento decisivo della sua trasformazione e noi dobbiamo sorvegliarlo da vicino, ma pur sorvegliandolo ci rendiamo conto che le posizioni non sono mutate; fascismo e nazionalsocialismo sono ancora in perfetta, completa antitesi al comunismo e al marxismo. La lotta fra queste ideologie sarà decisa non in Oriente ma in Occidente. Dalla espressione di forza che risulterà dalla eliminazione delle democrazie occidentali verranno risolti tanto il problema russo quanto quello balcanico.”

Il Dott. Ley si diffonde sul compito devoluto all’Italia e alla Germania di decidere questo conflitto ideologico abbattendo le Potenze democratiche. “Scomparse le democrazie occidentali non vi è dubbio” dice il Dott. Ley “che la Russia debba accettare le nostre condizioni. Ormai la lotta è arrivata ad un punto tale che si tratta soltanto di “essere o non essere. Noi non possiamo fare nessun paragone con l’ultima guerra né tentare una riproduzione dell’avvenire a base di Versaglia o di altri Patti che sono stati stilati nel ’19, poiché adesso il problema che si pone è nient’altro che la distruzione di una parte o dell’altra. In una parola: o noi o l’Inghilterra.”

Al Conte Ciano, che gli chiede se in Germania non si pensi ad una soluzione pacifica, il Dott. Ley risponde che essa ormai non è più possibile. “Il Führer” aggiunge il Dott. Ley “ha voluto la pace e lo ha dimostrato sino all’ultimo con i suoi tentativi di composizione del conflitto. È chiaro ormai che l’Inghilterra vuole la guerra e sino in fondo.” Di questo avviso è anche il Conte Ciano, al quale il Dott. Ley conferma che anche la Germania è ormai fermamente decisa a spingere la guerra sino alle estreme conseguenze, sempre considerando l’Inghilterra come il suo vero grande nemico.

Robert Ley with the Italian Cianetti,1938

“Evidentemente, se l’U.R.S.S.” dice il Dott. Ley “volesse avvantaggiarsi di qualche momento del conflitto e, per un incredibile giuoco di prestigio volesse tentare qualcosa per sovvertire quegli elementi da noi fissati per condurre la nostra azione contro l’Inghilterra, allora noi saremmo costretti a prendere posizione.” Al Conte Ciano, che gli domanda se l’U.R.S.S. può fare qualcosa in questo senso, Ley risponde di non avere alcun elemento in proposito, e ad una precisa domanda circa la di lui opinione su un eventuale attacco sovietico per impadronirsi della Bessarabia, il Dott. Ley risponde che egli personalmente non crede che l’U.R.S.S. voglia tentare una impresa simile.

“In Finlandia” egli dice “i russi hanno fatto un calcolo sbagliato. Credevano che la Finlandia cedesse e adesso sono impegnati in una vicenda che li conduce fatalmente a larghe operazioni belliche. Ma ripeto che le considerazioni sul compito dell’U.R.S.S. non possono farci perdere di mira il nostro scopo essenziale; che dobbiamo cioè eliminare gli Stati occidentali per formare un altro e decisivo raggruppamento di forze.

Sarebbe un pericolo immenso se l’Inghilterra e la Francia dovessero uscire illese dal conflitto. Io non so cosa voglia Mosca, ma noi faremo di tutto per rivolgerla contro l’Asia e possibilmente per tenerla in Asia a cui essa appartiene per la sua formazione spirituale e per í suoi interessi.” Il Conte Ciano, a questo punto, fa notare al Dott. Ley che il Giappone non potrà assistere indifferente al tentativo di fare entrare la Russia come elemento dominante nella vita politica asiatica.

Il Dott. Ley dice che su tale argomento non ha avuto modo di parlare col Führer, ma che la sua opinione personale è sempre basata sulla necessità di eliminare a tutti i costi l’Inghilterra prima di poter affrontare il problema sovietico nelle sue ripercussioni asiatiche ed europee. Il Conte Ciano avvia la conversazione sugli immediati scopi di guerra germanici, sulle probabilità di offensiva e sull’epoca in cui si presume che questa verrà attuata.

Robert Ley

Il Dott. Ley dice che il Führer è d’avviso che un buon nazionalsocialista, cioè un buon combattente, non può ottenere successi con la difensiva. “La vita e la tattica del Führer insegnano appunto questo: i successi si ottengono soltanto con l’offensiva. La Westwall non è stata fatta per essere una tana. Noi l’abbiamo costruita solo per spiccare da questa un attacco.

Il Führer è fermamente deciso di eliminare l’Inghilterra ed egli tende le sue forze – ed è sicuro di riuscire – perché dentro un anno nessuna nave sia in grado di lasciare i porti inglesi. In una parola noi vogliamo levar di mezzo il ponte che gli inglesi hanno costruito sulla costa francese ed eliminare così la base di operazioni che l’Inghilterra possiede in Europa.”

Il Dott. Ley precisa a questo punto che la forza militare germanica è stata aumentata da 152 divisioni a 176 divisioni. Tale aumento di 24 divisioni è stato determinato dalle necessità tattiche del fronte occidentale, e tutte le 176 divisioni si trovano in Occidente poiché in Polonia sono state lasciate solo le truppe territoriali. Al Conte Ciano, che gli chiede dove sia presentemente ammassato il grosso dell’esercito, il Dott. Ley risponde di non poterlo precisare poiché non gli è stato detto dal Führer.

Venendo a parlare del Belgio e dell’Olanda, il Conte Ciano chiede a Ley quale fondamento abbiano le voci corse recentemente di un probabile passaggio delle truppe tedesche attraverso questi due Stati. Il Conte Ciano ricorda a questo proposito che il Führer ebbe ad escludergli che lo Stato Maggiore ventilasse un tale proposito. Il Dott. Ley risponde che “è intenzione del Führer di rispettare il Belgio e l’Olanda finché questi due Stati saranno veramente neutrali.

Theodor Eicke (right) with Robert Ley 1936 during inspection of Dachau

Purtroppo il recente caso di Stevens e Best ci hanno dimostrato che l’Olanda è tutt’altro che neutrale. Come ha detto al Duce, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito olandese è stato destituito in seguito all’arresto di questi due inglesi. Quell’individuo che è caduto nella sparatoria che seguì all’arresto dei due inglesi era nient’altro che un ufficiale olandese. La Germania ha anzi protestato all’Aja al riguardo. Comunque, l’atteggiamento della Olanda viene dal Führer giudicato assai severamente.”

Alla precisa domanda del Conte Ciano, intesa a sapere se per ciò le relazioni fra l’Olanda e il Reich si possono considerare non buone, il Dott. Ley risponde: “Non posso saperlo perché la questione non è di mia competenza. Gli Stati neutri ci odiano, ma devo dire che odiano anche l’Italia. Del resto, tanto voi che noi non potremo aspettarci alcun vantaggio da loro. Voglio ricordare che l’Olanda, durante l’ultima guerra è stata sempre per la Gran Bretagna. Bisogna dire che Best, arrestato adesso come agente del Secret Service, dirigeva l’ufficio di spionaggio antitedesco già nel 1917.”

Pistoia;Robert Ley;Adolf Hitler

Il Conte Ciano chiede allora al Dott. Ley quale resistenza egli crede che possa presentare l’Olanda sopratutto se essa attui il suo sistema di allagamenti. Ley risponde che non può fare nessuna considerazione al riguardo poiché non è informato, ma riferendosi alla necessità da parte della Germania di avere a tutti i costi un punto di approdo in Francia che consenta di battere l’Inghilterra, dice: “Sono convinto che la “Linea Maginot” è sorpassabile e sono convinto che noi possediamo i mezzi per sorpassarla”, e al Conte Ciano che gli chiede se nel piano di questa avanzata è compresa Parigi, gli risponde di non poterlo sapere, ma che senza dubbio la Germania farà di tutto per impadronirsi di una larga fascia costiera in Francia.

Robert Ley

Alle altre domande del Conte Ciano relative alla possibilità di un’azione in inverno, il Dott. Ley dice di non essere in grado di rispondere, poiché non è al corrente dei piani militari, ma risultargli che il Führer è sempre deciso ad approfittare del momento propizio.

Il Dott. Ley conviene con il Conte Ciano che bisogna calcolare che Francia ed Inghilterra si rafforzano. Non bisognerà perciò dimenticare le prospettive che si offrono al popolo tedesco il quale ha una decisa volontà di combattere fino alla fine e ha un altrettanto forte convincimento di non voler dormire dietro la Westwall. Circa il piano specifico di operazioni militari, egli dice di non essere in grado di poterne parlare, poiché tali dettagli sono noti soltanto ad una strettissima cerchia di persone. Il suo riserbo deve perciò essere considerato più che comprensibile.

Circa un probabile intervento degli Stati Uniti e del Giappone, il Dott. Ley, rispondendo ad una precisa domanda del Conte Ciano, premette di non averne parlato col Führer ma ritiene che tanto il Giappone che gli Stati Uniti non attaccheranno. Tale sua presunzione è basata sugli opposti interessi delle due Nazioni, e per il Giappone sulla condotta che tenne nell’ultima guerra e sulle assicurazioni che Tokio si fece dare prima di entrare in conflitto.

Reichsorganisationsleiter Dr. Robert Ley; Reichsstatthalter für Lippe Gauleiter Dr. Meyer

Il Dott. Ley aggiunge che se gli Stati Uniti si muovono contro la Germania, il Giappone allora certamente si metterà d’accordo con 1’U.R.S.S. e stabilirà un programma di azione navale antiamericano nel Pacifico. Anche per quello che si riferisce all’aiuto degli Stati Uniti alla Francia ed all’Inghilterra, il Dott. Ley lo giudica problematico poiché, per quanto l’America fornisca una grande copia di armi moderne alla Francia, “questa non ha sufficiente materiale umano per adoperarle.

Il Führer” continua il Dott. Ley “è convinto che le probabilità di vittoria non sono mai state nella storia così evidenti per la Germania come adesso. L’armamento, a cominciare dalle artiglierie, è eccellente e perfezionato. I quadri sono perfetti e le truppe numerose e allenate. L’unità all’interno è perfetta checché se ne dica e si stampi all’estero. Gli ultimi resti della rete di spionaggio francese sono nelle mani della Polizia tedesca. A Varsavia abbiamo definitivamente scoperto che lo spionaggio francese e polacco si serviva degli stessi uomini e degli stessi sistemi.

Robert Ley (al centro) mentre accompagna il duca di Windsor (a destra) in una visita a una fabbrica tedesca nell’autunno del 1937

Lo abbiamo perciò eliminato e con esso gli uomini che lo componevano. Il Secret Service ha avuto la sua fine con l’arresto in Olanda di due inglesi. Né temiamo sommosse da parte ceca o polacca; lo slavo è fondamentalmente inattivo e le sedizioni che si possono tentare nei territori occupati non ci preoccupano affatto. Aggiungo che le fabbriche di Skoda e quelle di Viscoviz lavorano come non hanno mai lavorato al tempo della Cecoslovacchia.

“Desidero finire dicendo che non sono venuto qui per domandare un aiuto, ma da vecchio amico dell’Italia cui ho dato infinite testimonianze di affetto. Ho avuto occasione di incontrarmi in questi ultimi tempi a lungo con il Führer e spesso ho avuto l’onore di essere ammesso alla sua intimità, nel cerchio dei suoi familiari. Il Führer parla del Duce con una stima e amicizia senza uguali. Egli non ha che un desiderio: fortificare e rinsaldare questa amicizia anche nel corso di questi eventi turbinosi. E lo scopo della mia visita è stato appunto quello di far noto questo senso di comprensione che è diffuso in tutte le sfere dirigenti germaniche ed è voluto dal nostro Capo.”

Il Conte Ciano ringrazia il Dott. Ley per le sue parole amichevoli, lo prega di portare al Führer il suo deferente saluto ed aggiunge che la posizione dell’Italia verso la Germania, come già è stato detto ieri sera dal Duce, è chiara: tale come è stata definita dal telegramma che il Führer ha diretto al Duce.

Adolf Hitler & Robert Ley

Il Dott. Ley ringrazia per le accoglienze che gli sono state fatte in Italia e prega il Conte Ciano di rinnovare al Duce l’espressione della sua riconoscenza per le parole che Egli gli ha detto.

LETTERA A VINCI GIGLIUCCI, MINISTRO A BUDAPEST

N. 8750


Roma, 22 dicembre 1939 – XVIII

Caro Vinci,
malgrado gli intensi e drammatici avvenimenti di questi ultimi mesi, che hanno dirette ripercussioni sull’Europa balcanico-danubiana, è molto tempo che non avvengono incontri né diretti scambi di vedute tra i dirigenti italiani e quelli ungheresi. È vero d’altra parte che gli ungheresi non hanno mai cessato dall’esprimere, in varie forme, il loro desiderio di mantenersi con noi in stretto contatto c collegamento.

Luigi Orazio Vinci Gigliucci seduto sul vagoncino di un piccolo treno insieme ad altri graduati dell’esercito e della milizia

Come tu sai ho declinato, per ovvi motivi, l’invito recentemente rivoltomi da Horthy per una caccia in Ungheria. Sarebbe però opportuno che Csàky, prendendo pretesto dalla necessità di trascorrere alcuni giorni in riposo, venisse a Venezia ai primi di gennaio. In tal modo io potrei, come casualmente, approfittare della sua presenza in Italia per avere con lui un incontro di due o tre giorni, necessario ad un esame diretto della situazione.

Esprimiti in tal senso, mantenendo per ora la massima riservatezza sull’argomento e telegrafa l’esito della tua conversazione. Molti cordiali saluti.

 

COLLOQUIO COL MINISTRO DEGLI ESTERI DI ROMANIA

Roma, 30 dicembre 1939 – XVIII

Ho ricevuto Antonescu il 26 dicembre; egli mi ha esposto il noto punto di vista romeno e ha fatto appello all’Italia. Gli ho ripetuto, per quanto riguarda l’atteggiamento in genere dell’Italia verso i Balcani, quanto ho detto nel mio recente discorso. L’Italia si interessa direttamente a tutto quanto accade in codesta parte di Europa.

Essa vede con la più profonda simpatia ogni manifestazione della volontà dei Paesi danubiano-balcanici di risolvere amichevolmente le questioni che esistono tra di loro, ed è pronta a dare a tal fine il suo consiglio e il suo ausilio. Per quanto più particolarmente concerne i rapporti della Romania con l’Ungheria, ho detto ad Antonescu che sono disposto a parlare a Budapest raccomandando moderazione e spirito conciliativo.

Ion Antonescu

Però la Romania doveva pure da parte sua dar prova di buon volere, e sopratutto importava far presto e quindi affrettare la distensione con Budapest che rappresenta, a mio avviso, quanto di meglio codesto Paese possa fare nell’attuale situazione per rafforzare efficacemente la sua posizione internazionale. Gli ho aggiunto che qualora la Russia attaccasse la Romania e questa opponesse resistenza armata, l’Italia non mancherebbe di darle la sua assistenza con ogni possibile mezzo.

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