I “SEGRETI” DEL FASCISMO – 3

a cura di Cornelio Galas

Il patto d’acciaio

appunti di Enzo Ciccchino

“Nè volpe, nè leone, il duce non ha fatto che intestardirsi su una strada imboccata una sera di rancore”. Questo è l’amaro commento di un giornale svizzero all’annuncio della firma del patto d’acciaio nel ’39.  Ed era una strada senza sbocco. La stessa che sembrava percepirsi in quel disagio di Mussolini quando, all’ascolto di quel corale generoso “Duce! Duce!” epilogo di ogni suo discorso, lui si ritirava dal balcone e scompariva nel buio antro di Palazzo Venezia… rapidamente.

Cosa gli passava nella mente? Forse la possibilità di abbandonare Hitler ed unirsi alle democrazie occidentali come l’Italia della Grande Guerra? Ma a quel punto, con la Germania al Brennero sarebbe stata fatta fuori dalla gelida furia nazista e sarebbe stato vano sperare in un aiuto di Francia ed Inghilterra, le quali avrebbero visto con piacere come i due dittatori si tagliavano il collo.

Rimanere neutrali? Ma quanta ripugnanza poi avrebbero fatto ai vincitori! che avrebbero potuto manifestare tutto il loro disprezzo e biasimo per l’ignavia italica! Avrebbe provato forse così ripugnanza per il bluff di cui erano impregnati i suoi roboanti discorsi da ridurre le sue bellicistiche parole a quelle di un misero istrione.

Se questi potevano essere alcuni dei dubbi che tormentavano il suo pensiero, forse maggior conforto poteva trarre dalle reazioni della varie cancellerie europee e del mondo le quali, dopo tutto, ritenevano la firma di quel patto nulla più che un punto di arrivo quasi obbligato e prevedibile.

Grandi annotò nelle Memorie: “E l’Inghilterra? La notizia dell’alleanza italo-tedesca rattristò, ma non commosse eccessivamente gli inglesi. Per taluni essa non era altro che la conferma di una situazione già di fatto preesistente. Da altri, ed erano numerosi, essa non fu considerata come una posizione definitiva per l’Italia”.

Percy Loraine

L’ambasciatore inglese Loraine, quando ancora non era stato firmato in modo definitivo il Patto, così scriveva il 9 maggio a Lord Halifax…

1. E’ troppo presto  per valutare esattamente le implicazioni dell’alleanza politica e militare italo-tedesca decisa in principio alla riunione di Milano tra il conte Ciano ed il signor von Ribbentrop.

2. L’opinione ufficiale italiana è espressa nell’articolo di Gayda di ieri sera che indubbiamente e’ stato ispirato. Lo sforzo di gettare la responsabilità sulle spalle delle democrazie è elaborato e capzioso. L’affermazione che l’alleanza è un fattore agente per la pace d’Europa è difficilmente convincente anche se io non dubito che gli italiani amerebbero crederlo tale; il riconoscimento che la politica dei blocs è stata raccolta è involontariamente franco; il presagio di nuovi eccitanti non rassicura.


3. E’ forse un peccato che non mi sia stato possibile vedere il signor Mussolini prima che fosse stato fatto questo passo ma il ministro degli affari esteri mi disse che non potevo correttamente vederlo prima della presentazione delle mie credenziali. Non pretendo che avrei potuto fargli cambiare idea, cosa che presumibilmente era già stata formata, ma forse avrei potuto avere un’impressione di prima mano delle linee che egli stava elaborando nella sua mente.


4. Stando così le cose posso solo supporre che la sua azione sia in armonia con il suo presunto non tener conto degli asseriti obiettori nell’ultima riunione del Gran Consiglio fascista sfavorevoli a troppo strette relazioni con la Germania sulla base che anche se l’Italia non aveva ancora ricavato utili dall’Asse essa li avrebbe ottenuti in debito corso e certo non se li sarebbe assicurati con nessun altro mezzo.

5. Sembra molto probabile che pressioni per concludere l’alleanza siano venute da parte tedesca e che fossero molto forti; si può supporre che i negoziati per un patto anti-aggressione come quello tra il Regno Unito, la Francia e la Russia, uniti alla prevista conclusione di un accordo anglo-turco per un eguale risultato abbiano fornito al signor von Ribbentrop potenti argomenti nello spingere il governo italiano a concludere l’alleanza.

6. Possiamo presumere, penso, che l’Italia abbia cercato qualche ricompensa al virtualmente completo abbandono della sua libertà d’azione. Può essere che il mio telegramma n. 444 ne fornisca un indizio. Non c’e’ dubbio che sebbene gli italiani obbedirebbero agli ordini del signor Mussolini, la partecipazione dell’Italia ad una guerra a pro delle pretese della Germania sulla Polonia sarebbe profondamente impopolare in questo paese.


7. A giudicare dall’accoglienza personale molto cordiale verso di me, dalla evidente popolarità della squadra di salto britannica al Concorso ippico di Roma che si è concluso ieri (e l’ugualmente evidente impopolarità della squadra tedesca) e da altri indizi che ammetto sono solo fuscelli nel vento benchè confermino le impressioni ricavate qui dal primo ministro e da voi stesso, vi è qui grande cordialità e rispetto per il Regno Unito e un forte desiderio per quel che ci concerne di mettere una pietra sul passato. Tuttavia io non posso liberarmi dell’impressione che dietro la cordialità dei circoli dirigenti vi è la speranza di futuri favori, particolarmente a soddisfare le pretese dell’Italia a spese della Francia.

8. Non posso che temere che dietro il grido per la pace e giustizia vi sia accorata ambizione per ulteriore espansione coloniale e possesso di fonti di materie prime.

9. In realtà la posizione creata da un’alleanza scritta sara’ diversa più nella forma che nella sostanza da quella che l’ha preceduta.

Hitler e Mussolini

10. Il signor Mussolini può aver pensato di non avere altra alternativa che cedere alla pressione tedesca. Ma quale e’ stata la sua considerazione predominante nell’attirarsi, così agendo, l’impopolarità? Il prevalente allarme per la forza militare in rapida crescita del fronte antiaggressione? O principalmente sfida e determinazione a lottare per ciò che egli non è stato capace di assicurarsi con mezzi più pacifici? Il tempo risoverà forse l’enigma.

11. Per quanto concerne posso suggerire che dovremmo restare assolutamente calmi di fronte a questo nuovo ma non del tutto inatteso sviluppo? Ciò andra’ per il momento bene nel caso che i motivi italiani siano allarme o sfida.

12. Il mio collega francese pensa che la chiave al significato dell’alleanza sarà l’atteggiamento tedesco d’ora in poi verso la Polonia ed egli si aspetta che cio’ sia chiaro nelle due prossime settimane. Io non sono in disaccordo con lui”.

Percy Loraine

Due settimane dopo, quando il Patto d’Acciaio è stato già firmato, l’ambasciatore inglese Laraine telegrafa a Lord Halifax. E’ il 23 maggio 1939.

1. Mi è stato detto, sebbene non abbia modo di verificare l’informazione, che quando il conte Ciano si è incontrato con il signor von Ribbentrop a Como il 9 maggio, quest’ultimo ha annunciato che le truppe tedesche sarebbero entrate a Danzica quarant’otto ore dopo: che il conte Ciano ha telefonato a Mussolini, che ha fortemente protestato e ha detto che i rispettivi diritti e obblighi dei partners dell’Asse devono d’ora in avanti essere fissati in modo preciso. Da qui il Trattato di alleanza.

La firma del Patto d’Acciaio tra i ministri degli Esteri Galeazzo Ciano e Joachim Von Ribbentrop, alla presenza di Hitler

2. Deduco che quanto sopra sia abbastanza esatto perché concorda con le altre cose e cioè:

a) la riluttanza dell’Italia a essere trascinata in una guerra per una controversia tedesco-polacca;

b) La voce che circola qui che il primo suggerimento per un’alleanza sia venuto da parte italiana;

c) La dura pressione che l’Italia  sta esercitando per indurre la Polonia a fare pace con la Germania e ad accondiscendere in principio alle proposte di Hitler;

d) La decisione di Hitler a lasciare che le sue questioni con la Polonia rimangano in sospeso per due mesi.

3. Dopo aver letto attentamente il testo pubblicato del trattato di alleanza e l’articolo di Gayda su di esso sul Giornale d’Italia di ieri, non si può non essere colpiti dalla pienezza dell’identificazione dell’Italia nella politica e nelle armi con la Germania. Il trattato obbliga ogni parte a dare piena assistenza militare anche in una guerra che noi considereremmo di aggressione.

Galeazzo Ciano e Ribbentrop seduti su un’automobile scoperta

4. La mia impressione è che il conte Ciano ed i suoi amici personali lottino per legare indissolubilmente la sorte dell’Italia alla Germania e credano nelle guerre foudroyante e nella capacità della Germania e dell’Italia a intraprenderla con successo; che al signor Mussolini piacerebbe ancora lasciarsi una via aperta alla riconciliazione con le democrazie, ma si sente respinto; che la pubblica opinione informata italiana si rassegnerà, certo con riluttanza, alla politica di affondare o nuotare con la Germania a meno che intervenga in tempo molto breve una gradita riconciliazione con le democrazie, per la quale essi si aspettano che le democrazie paghino un prezzo.

5. Nello stesso tempo non posso credere che Mussolini  possa proporsi di legare il suo paese al carro tedesco cosi’ completamente come il trattato fa sembrare, e ciò che segue è la mia ipotesi e i suoi motivi.

Lord Halifax

6. Parlando approssimativamente, egli ha acquistato il diritto a essere consultato da Hitler e il prezzo pagato è l’alleanza. In quattro occasioni, abbiamo motivo di credere, Hitler ha agito senza parvenza di effettiva consultazione con il suo partner dell’Asse; e Mussolini ha dovuto prendere o lasciare. Era impossibile per Mussolini spezzare l’Asse, perché era vago. E’ possibile per Mussolini spezzare l’Alleanza se la Germania non la osserva. Abbiamo qui oltre a ciò la possibile spiegazione dell’estrema suscettibilità di Mussolini a qualsiasi cenno straniero che l’Asse poteva essere spezzato e stava indebolendosi.

7. Prendendo per sincere, come in un certo senso possiamo ragionevolmente fare, le recenti dichiarazioni di Mussolini che l’Italia ha bisogno di pace, l’alleanza lo pone in una posizione più forte per frenare Hitler da mosse che coinvolgerebbero l’Italia in una sgradita e impopolare guerra. E l’Italia si è assicurata il pieno appoggio tedesco se essa lancia un altro coup.


8. Nel complesso io propendo a credere che l’alleanza è preferibile all’Asse. La situazione è più positiva: l’alleanza deve essere accettata come un forte fattore, sia che ci piaccia o no. Essa può , in modo proprio concepibile, portare a una azione tedesca che offenda persino i sentimenti e la pazienza italiani. Può alla fine, e se può essere preservato per un certo tempo il precario stato di non-guerra europea, dare a noi e ai francesi un preciso fattore con cui negoziare, perché le potenze dell’Asse hanno ora unito la loro politica e le loro ambizioni. L’alleanza si puo’ dimostrare meno elusiva dell’Asse.


9. Ma anche se abbiamo il diritto di nutrire queste lievi speranze, e decidiamo stante tutto ciò di perseverare nei nostri tentativi di evitare una rottura con l’Italia e di mantenere una mano tesa che essa può afferrare, non possiamo essere ciechi di fronte a fattori più minacciosi, e cioé: la convinzione del Duce che l’associazione italo-tedesca sola sia capace di procurare utili all’Italia; la sottolineatura fatta da Gayda del carattere predatorio della prossima guerra da parte dei non possidenti contro i possidenti; il graduale soccombere dell’Italia, che sembra inevitabile, al vassallaggio politico e all’inferiorità economica con la Germania”.

Testo
Il patto d’acciaio

Sua Maestà il Re d’Italia e di Albania, Imperatore di Etiopia, e il Cancelliere del Reich tedesco ritengono giunto il momento di confermare con un Patto solenne gli stretti legami di amicizia e di solidarietà che esistono tra l’Italia fascista e la Germania nazionalsocialista.

Considerato che, con le frontiere comuni, fissate per sempre, è stata creata tra l’Italia e la Germania la base sicura per un reciproco aiuto ed appoggio, i due Governi riconfermano la politica, che è stata già da loro precedentemente concordata nelle sue fondamenta e nei suoi obiettivi e che si è dimostrata altamente proficua tanto per lo sviluppo degli interessi dei due Paesi quanto per la sicurezza della pace in Europa.


Il popolo italiano ed il popolo tedesco, strettamente legati fra loro dalla profonda affinità delle loro concezioni di vita e dalla completa solidarietà dei loro interessi, sono decisi a procedere anche in avvenire l’uno a fianco dell’altro e con le loro forze unite per la sicurezza del loro spazio vitale e per il mantenimento della pace.

Su questa via indicata dalla Storia, l’Italia e la Germania intendono, in mezzo ad un mondo inquieto ed in dissoluzione, adempiere al loro compito di assicurare le basi della civiltà europea.

22 maggio 1939 Ciano in Germania per la firma del patto d’acciaio

Allo scopo di fissare, a mezzo di un Patto, questi principi, hanno nominato loro Plenipotenziari:
Sua Maestà il Re d’Italia e di Albania, Imperatore di Etiopia: il Ministro degli Affari Esteri Conte Galeazzo Ciano di Cortellazzo.
Il Cancelliere del Reich tedesco: il Ministro degli Affari Esteri Sig. Joachin von Ribbentrop.
I quali, dopo essersi scambiati i loro Pieni Poteri, trovati in buona e debita forma, hanno convenuto i seguenti articoli:

Art. 1.
Le Parti Contraenti si manterranno permanentemente in contatto allo scopo di intendersi su tutte le questioni relative ai loro interessi comuni o alla situazione generale europea.

Art. 2.
Nel caso in cui gli interessi delle Parti Contraenti siano minacciati da avvenimenti internazionali di qualsiasi natura, Esse inizieranno immediatamente consultazioni sulle misure da adottare per la tutela di questi loro interessi.
Qualora la sicurezza o altri interessi vitali di una delle Parti Contraenti dovessero essere minacciati dall’esterno, l’altra Parte Contraente darà alla Parte minacciata il suo pieno appoggio politico e diplomatico allo scopo di eliminare questa minaccia.

Art. 3.
Se, malgrado i desideri e le speranze delle Parti Contraenti, dovesse accadere che una di Esse venisse trascinata in complicazioni belliche con un’altra o con altre Potenze, l’altra Parte Contraente si porrà immediatamente come Alleato al suo fianco e la sosterrà con tutte le sue forze militari per terra, per mare e nell’aria.

Art. 4.
Allo scopo di assicurare, per il caso previsto, la rapida applicazione degli obblighi di alleanza assunti con l’art. 3, i Governi delle due Parti Contraenti approfondiranno maggiormente la loro collaborazione nel campo militare e nel campo dell’economia di guerra.
Analogamente i due Governi si terranno costantemente in contatto per l’adozione delle altre misure necessarie all’applicazione pratica delle disposizioni del presente Patto.
I due Governi costituiranno, agli scopi indicati nei summenzionati paragrafi 1 e 2, Commissioni Permanenti, che saranno poste sotto la direzione dei due Ministri degli Affari Esteri.

Art. 5.
Le Parti Contraenti si obbligano fin da adesso, nel caso di una guerra condotta insieme, a non concludere armistizio e pace se non di pieno accordo fra loro.

Art. 6.
Le due Parti Contraenti, consapevoli dell’importanza delle loro relazioni comuni con le Potenze loro amiche, sono decise a mantenere e a sviluppare di comune accordo, anche in avvenire, queste relazioni, in armonia con gli interessi concordanti che le legano a queste Potenze.

Art. 7.
Questo Patto entra in vigore immediatamente al momento della firma. Le due Parti Contraenti sono d’accordo nello stabilire a dieci anni il primo periodo della sua validità. Esse prenderanno accordi in tempo opportuno, prima della scadenza di questo termine, circa il prolungamento della validità del Patto.

In fede di che, i Plenipotenziari hanno firmato il presente atto e vi hanno apposto i loro sigilli.
Fatto in doppio originale, in lingua italiana e in lingua tedesca, i due testi facendo egualmente fede.

… S’udiva della porta un cigolio cosi’ infelice che strappava le unghie al mignolo dei piedi…

Enzo Antonio Cicchino

nato a Isernia nel 1956. Vive a Roma.

matricola Rai 230160.

enzoantoniocicchino@tiscali.it

Autore e regista documentari RAI.

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