I SERVIZI SEGRETI ITALIANI DAL 1919 AL 1949 – 3

a cura di Cornelio Galas

Dalla prima alla seconda guerra mondiale 1922-1939

Il S.I.M. e la sua costituzione nel 1925

di Maria Gabriella Pasqualini*

Come si è visto nelle precedenti puntate, il periodo post conflitto fu un difficile momento di ricostruzione non solo militare, ma anche morale, sociale ed economica dell’Italia, travolta, per la prima volta dopo la raggiunta unità, da una guerra che aveva sconvolto il territorio, soprattutto a nord; aveva avuto numerose vittime anche fra la popolazione civile; per quanto poi attiene specificamente al settore informativo, anche se ufficialmente tutto era andato per il meglio, in realtà si erano riscontrate numerose falle nel Servizio, soprattutto perché ai livelli di vertice non era stato dato il giusto peso alle informazioni che giungevano, a volte in numero sovrabbondante e soprattutto non coordinate.

Il mondo politico stava per subire un cambiamento che avrebbe permeato tutto l’arco temporale fra la prima e la seconda guerra mondiale, ben più distruttiva della prima, e anche quello militare si stava riorganizzando, sempre più dipendente dalle decisioni in politica estera. Sulla base delle lezioni apprese dal passato conflitto, anche il settore dell’intelligence avrebbe dovuto ricevere nuovo e più coordinato impulso.

Era comunque ormai chiaro che, nell’interesse generale dello Stato per lo specifico settore, sarebbe stato necessario un provvedimento che costringesse ad uno stretto coordinamento fra tutti gli Uffici preposti alla raccolta delle informazioni militari, anche se sembrava una proposta non ancora matura per i tempi. Già nel primo periodo del Fascismo questa esigenza nel settore civile era stata sentita e attuata, tanto che alla fine del 1926, aveva iniziato a funzionare un Ufficio di coordinamento dei servizi di informazione civile presso la Segreteria del Capo della Polizia.

Come precedentemente rilevato, infatti, nell’ordinamento Bonomi del 1920 non era stato fatto alcun accenno al Servizio Informazioni, come del resto era successo nel precedente ordinamento Albricci. Anche in quello previsto dall’onorevole Gasparotto, nel 1921, il Servizio Informazioni non aveva alcun ruolo, né di primo né di secondo piano. L’ordinamento Diaz emanato con il Regio Decreto n. 12 del 7 gennaio 1923 avrebbe avuto ancora carattere di provvisorietà, anche se poi fu applicato per qualche anno.

In questo quadro era stata creata una Commissione Suprema mista di Difesa, con membri civili, che aveva come scopo dichiarato di curare la predisposizione e l’organizzazione delle attività nazionali e dei mezzi, soprattutto economici, necessari alla guerra. Sembra che, almeno alla luce della documentazione sinora reperita, anche questa Commissione non si sia occupata specificamente di riorganizzare in genere il Servizio di Informazioni militare, per il quale però studi e progetti continuavano a far lavorare gli uffici competenti: ormai i tempi erano maturi per una riorganizzazione della raccolta delle informazioni militari, anche perché il nuovo regime, occupato e preoccupato di rafforzarsi, aveva deciso di affidare integralmente alle autorità di polizia la cura dell’eventuale opposizione al regime e comunque l’intero settore dell’ordine pubblico.

Mentre l’attenzione generale era rivolta alla riorganizzazione post-bellica delle Forze Armate, il Servizio Informazioni continuava il suo lavoro: tra le altre disposizioni emanate, sembra interessante ricordare la comunicazione di servizio, n. 107/riservata del 6 giugno del 1923. Il generale Amantea, Capo del Reparto Operazioni, comunicava quali sarebbero state le attribuzioni del Servizio Informazioni a partire dal successivo 1° luglio, fornendo delle chiare linee organizzative, che fanno comprendere quale fosse in quel momento l’orientamento della filosofia dell’informazione, che avrebbe poi avuto un ampio sviluppo proprio nel periodo tra le due guerre mondiali.

La comunicazione di servizio del generale Amantea n. 107 del 6 giugno 1923 sulle attribuzioni dell'Ufficio Informazioni

La comunicazione di servizio del generale Amantea n. 107 del 6 giugno 1923 sulle attribuzioni dell’Ufficio Informazioni

Nell’Istruzione era indicato con grande chiarezza che dovevano essere ricercate, raccolte e coordinate le informazioni riguardanti ogni aspetto della vita italiana (politica, sociale e militare), e del maggior numero di Stati esteri, con lo scopo di tenere al corrente l’Ispettore Generale dell’Esercito, il Ministro della Guerra, il Capo dello Stato Maggiore Centrale e le altre Autorità militari sulla situazione generale e in special modo su quegli Stati che più rilevavano per gli interessi nazionali.

Il Servizio doveva prepararsi e organizzarsi in caso di guerra, in accordo con i Ministeri interessati e doveva anche provvedere alla preparazione del personale occorrente; doveva fare lo spoglio della stampa; compilare i cifrari e preparare il personale addetto alloro uso in caso di conflitto; eseguire il servizio di polizia militare e di controspionaggio e in accordo con i Ministeri interessati, predisporre il servizio di polizia militare e di controspionaggio in caso di mobilitazione.

Ultimo punto interessante: il Servizio doveva tenere il collegamento con il Ministero degli Esteri per ciò che si riferiva alla situazione politico-militare; la tradizione di ottima collaborazione tra il Servizio e la diplomazia dunque continuava, e non poteva essere altrimenti, in linea con quanto era avvenuto nel secolo precedente, quando il rapporto fra diplomatici e militari si era rivelato, nella maggior parte dei casi, assai fruttuoso.

Le informazioni venivano raccolte sia dagli organi centrali sia da quelli periferici con le stesse finalità, pur se con differenti modalità. Nel 1924 veniva diramata una prima edizione interessante dell’Istruzione sul Servizio Informazioni presso le truppe. La successiva fu emanata il 31 gennaio 1931 dal Ministro Pietro Gazzera, in quel breve periodo (dal 1929 al 1933) in cui Mussolini non fu titolare del Ministero della Guerra. L’Istruzione del 1924 è indubbiamente uno dei primi tentativi di organizzare in modo organico la materia e di tenere in debito conto gli ammaestramenti del conflitto terminato pochi anni prima.

Così inizia l’Istruzione:

Le informazioni sul nemico costituiscono uno degli elementi essenziali del disegno del comandante… il servizio informazioni dunque ha importanza somma, sia nella preparazione, sia nella condotta delle operazioni. Ma per assicurare il successo, non basta avere conoscenza della reale situazione dell’avversario; è indispensabile anche impedire che esso riesca a conoscere la situazione nostra. Affinché il rendimento del servizio informazioni sia pari agli scopi, devono essere osservate le seguenti necessità:

1° Necessità dell’esistenza di una coscienza informativa. Qualsiasi notizia, anche in apparenza più insignificante, ha il suo valore nella compilazione del quadro generale. Chiunque, per la sua posizione, per le sue relazioni, ha modo di osservare o di apprendere notizie, contribuisce allo sforzo comune riferendo prontamente le notizie stesse a chi sia in grado di utilizzarle. Occorre però ricordare che anche l’avversario vede, ascolta, raccoglie e di qualunque notizia fa tesoro per il conseguimento della vittoria…

la coscienza informativa è il derivato di una elevatissima educazione morale e si esplica con l’abitudine di riferire le notizie sul nemico, e di mantenere nello stesso tempo il più geloso segreto sulle cose nostre: tale coscienza ha valore di contributo efficacissimo alla vittoria…

Gli altri elementi che venivano sottolineati erano la necessità di organi appositi: era stato notato che la partecipazione alla guerra di tutto un popolo, i progressi della scienza in tutte le branche dell’attività umana, l’impiego delle truppe con nuovi mezzi di offesa e di difesa, avevano allargato talmente il campo delle condizioni che si imponevano organi specialmente costituiti.

Veniva anche sottolineata la necessità di far affluire tutte le informazioni ad un unico centro: tale organo centrale, conoscitore di tutte le notizie, doveva coordinare le ricerche, scoprire le lacune, constatare gli ulteriori bisogni, concretare una situazione. Sarebbero stati così evitati sussulti e disagi dovuti a falsi allarmi; comandi e truppe, che si sentono protetti da buon servizio informazioni che raccoglie e vaglia tutte le notizie, non sarebbero stati più soggetti agli orgasmi derivanti da informazioni saltuarie non apportate.

L’ulteriore punto sottolineato nell’Istruzione era la necessità di presentare le informazioni in modo che esse potessero essere utilizzate dai Comandi e cioè occorreva che queste fossero vagliate e coordinate e che dalla loro sintesi si potesse trarre una conclusione tale da permettere a un Comandante di utilizzarle per modalità operative ovvero di modificare decisioni già prese, in relazione a nuove realtà.

Fu anche sottolineata la necessità che la situazione nei riguardi dello Stato morale delle truppe fosse riepilogata e completata da un ente che fosse in qualche modo al riparo di ogni influenza soggettiva, il quale sia al corrente di tutto, e abbia i mezzi e la possibilità di ricercare quelle cause che esulano dal campo d’azione dei Comandi.

Fu anche ravvisata la necessità di adoperare l’arma potente della propaganda, considerata arma moderna di primissimo ordine. L‘Istruzione proseguiva sostenendo che dalle necessità esposte discendevano chiari compiti per il Servizio:-

  • a) rappresentare la situazione del nemico, quella politico-militare degli Stati neutri o amici, e la situazione sul morale delle truppe e della popolazione civile; il Servizio Informazioni deve cioé ricercare i dati che occorrono: raccoglierli, vagliarli, ordinarli, sintetizzarli in una situazione da comunicare tempestivamente a chi deve utilizzarla;
  • b) dirigere, coordinare e attuare la Difesa del segreto militare;
  • c) organizzare, dirigere e impiegare l’arma della propaganda verso il nemico, e la propaganda negli Stati neutri o amici.

I criteri fondamentali con i quali operare venivano di seguito elencati. Nell’ambito dell’organizzazione del Servizio, vi doveva essere una elasticità di costituzione e cioè nessuna attività, nessun servizio di guerra è altrettanto soggetto a più varie mutevoli contingeneze quanto il Servizio Informazioni. La sua organizzazione deve avere elasticità che permetta adesso di adattarle e tutte le circostanze; una specializzazione e una stabilità affinché il segreto non fosse esteso a una cerchia troppo larga di fruitori; il personale, pur specializzato, solo dopo una certa permanenza nel Servizio poteva iniziare a dare rendimento apprezzabile e quindi era necessario che esso non venisse sostituito frequentemente.

I criteri di funzionamento erano:

  • a) la segretezza, individuale e collettiva; segretezza che se era un dovere per tutti i combattenti, lo doveva essere per chi a maggior ragione apparteneva al Servizio Informazioni;
  • b) l’ autonomia, in quanto il campo della ricerca delle notizie era vasto e l’importanza di ogni fonte era mutevole e quindi gli organi del Servizio Informazioni dovevano godere della libertà di provvedere in ogni contingenza;
  • c) altra caratteristica del funzionamento doveva essere l’iniziativa: le esigenze per le quali occorre far fronte con il funzionamento del servizio, sono svariatissime e molto spesso impreviste. La necessità che nulla sfugga, impone che tutti gli organi di informazione agiscano con la massima iniziativa, tanto per le ricerche e valutazione delle notizie, quanto nella trasmissione delle medesime.

Altre due erano le caratteristiche necessarie per il buon funzionamento del settore:-

  • d) la sollecitudine,
  • e) la responsabilità.

Notizie inviate dall’Addetto militare degli Stati Uniti in Italia circa i congedi dal servizio militare previsti alla fine del 1922

In quel periodo di transizione, 1921-1924, in sintesi, operavano alle dirette dipendenze dell’Ufficio Informazioni del Comando Supremo, alcuni organi periferici, le Sezioni Statistica di Torino con competenza per la Francia; Milano e, in seguito, Verona per la Svizzera e la Germania; Trieste, per la Jugoslavia.

Il 15 ottobre 1925, evidentemente nel quadro di riorganizzazione di tutti i servizi di informazioni, militari o civili, con il Regio Decreto n. 1909, composto da soli quattro articoli, veniva istituito il primo Servizio Informazioni che avrebbe voluto essere unificato e interforze, il S.I.M., Servizio Informazioni Militare. Questo provvedimento legislativo avrebbe segnato il primo timido avvio verso la moderna concezione dell’intelligence militare.

All’art. 1 si legge: è costituito alla dipendenza del Capo di Stato Maggiore Generale un “servizio informazioni militare” nel quale saranno unificati e coordinati gLi attuali servizi informazione dell’Esercito, della Marina e della Aeronautica: la dizione dell’articolo è assolutamente esplicita.

L’art. 2 prevedeva che il Capo del Servizio Informazioni Militare, in base alle direttive impartite dal Capo di Stato Maggiore Generale e tenute presenti le richieste che gli sarebbero pervenute dai Capi di Stato Maggiore delle singole Forze Armate, indirizzava e coordinava l’azione di tutti i servizi a lui affidati.

L’art. 3 riguardava le attribuzioni, l’assegnazione del personale e dei mezzi ai vari organi del Servizio Informazioni Militare, che avrebbero dovuto essere stabiliti d’accordo con i Ministeri interessati e quelli delle Finanze: dunque una partecipazione anche in questo caso interministeriale.

Anche l’art. 4 è particolarmente interessante perché stabiliva che sarebbero state introdotte nei bilanci della Guerra, della Marina e dell’Aeronautica le variazioni dipendenti dall‘unificazione del Servizio Informazioni disposte dallo stesso decreto. Dunque è evidente che in quel momento storico, con un chiaro e dichiarato intento, si intendeva strutturare un Servizio Informazioni Militare in cui unificare e coordinare i Servizi Informazione previsti nelle singole Forze Armate.

In realtà se si legge attentamente anche il secondo capoverso del primo articolo si nota che sarebbero rimasti attivi i singoli servizi di Forza Armata: tuttavia la raccolta delle informazioni di carattere tecnico attinenti alle singole branche rimaneva alla dipendenza dei Capi degli Stati Maggiori interessati, fermo restando l’obbligo della comunicazione al Capo del Servizio Informazioni Militare di tutto quanto avrebbe potuto interessare il cooordinamento dei servizi ad esso affidati.

La prima pagina della traduzione in inglese del Decreto istitutivo del S.I.M. eseguita dall’intelligence americana

In sostanza il decreto intendeva probabilmente costituire un servizio informazioni militare, unico per le tre Forze Armate, con diretta dipendenza dal supremo organo militare di vertice, mentre ogni Forza Armata avrebbe mantenuto un proprio servizio per la sola ricerca informativa di carattere tecnico non meglio specificato.

Per meglio comprendere gli intendimenti dell’epoca, occorre, come sempre, soffermarsi sui mutamenti ordinativi e di attribuzioni dell’intero settore militare. Con il Regio Decreto Legge n. 68 del 6.2.1927, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 30 del 7.2.1927, tra le attribuzioni del Capo di Stato Maggiore Generale, l’art. 9 indicava che questa autorità doveva essere tenuta continuamente al corrente degli elementi della situazione generale militare estera per cura del Servizio Informazioni Militare; il quale rimane alla dipendenza del Ministero della Guerra, pur rimanendo sempre devoluto a ciascun capo di Stato Maggiore delle Forze Armate il coordinamento e la raccolta delle informazioni di carattere tecnico.

L’art. 10 non determinava ancora le attribuzioni in caso di guerra, ma le rimetteva alle decisioni al Governo, cioè all’organo politico: conseguenza naturale delle vicende storiche di quegli anni. Il successivo Regio Decreto n. 70, dello stesso giorno e pubblicato sulla stessa Gazzetta Ufficiale, che stabiliva l’ordinamento del Corpo di Stato Maggiore, all’art. 2, nella composizione degli Uffici del Comando, indicava al quarto punto anche il servizio informazioni militare.

Come fa notare il Vìviani nel suo studio, effettivamente il decreto del 1925 non era molto chiaro e quelli successivi non contribuirono a chiarire il ruolo del S.I.M. e degli organi informativi di Forza Armata, anche in realtà, per una lunga serie di ragioni, tra le quali non fu estraneo il fatto che Badoglio cumulasse la carica di Capo di Stato Maggiore Generale e di Capo di Stato Maggiore dell’Esercito: il S.I.M., che avrebbe dovuto essere dunque un organo informativo interforze, con compiti sia di raccolta che di coordinamento, inesorabilmente restò invece solamente organo informativo dell’Esercito, che peraltro agì indubbiamente da collettore di tutte o quasi le notizie informative di carattere militare.

L’avvenimento importante fu che era stata riconosciuta l’esigenza – anche se la sua efficacia rimase in parte sulla carta -, di disporre di un organo interforze deputato al coordinamento e seguente valutazione delle informazioni ricevute in un quadro complessivo che riguardasse terra, mare e aria.

In effetti durante le guerre d’indipendenza e nello svolgimento del primo conflitto mondiale, la Marina era stata minor attrice negli eventi bellici (francesi e inglesi, padroni del Mediterraneo; austriaci e turchi – anche se in declino- dell’Adriatico) e le stesse fortune (o le sfortune) della guerra erano state di fatto affidate prevalentemente alle forze dell’Esercito; quindi quello che si sviluppò maggiormente, per motivi contingenti, fu il Servizio terrestre.

I tentativi di unificazione dei vari servizi di informazione, fatti precedentemente al secondo conflitto mondiale, fallirono e la collaborazione fra essi fu sporadica e lasciata alla buona volontà dei singoli Capi Servizio, perché al mutare delle situazioni, quasi mai corrisponde analoga rapidità delle istituzioni ad adeguarsi ad esse: e comunque è difficile cedere “terreno” e competenze, quando queste si siano consolidate nel tempo.

Notizie sul nuovo ente informativo italiano inviate a Washington dall’Addetto militare degli Stati Uniti in Italia

l difficili Anni Trenta: progetti di riorganizzazione

Tra la prima e la seconda guerra mondiale, il S.I.M. si trovò ad operare in modo intenso, attivissimo su tutti i fronti, ivi compresi i territori d’oltremare (Somalia ed Etiopia) e durante la guerra di Spagna, dal 1936 al 1939. Fu molto spesso in concorrenza con i servizi di informazione della Marina e dell’Aeronautica, a volte sovrapponendosi ad essi, per una difficile comunicazione fra gli organismi. Infatti non vi fu mai una direttiva funzionale permanente: la collaborazione e il collegamento si realizzarono sempre in modo non organico.

Ad esempio: in quel periodo gli organi preposti o che concorrevano al servizio di difesa del segreto militare erano – oltre alle Sezioni Statistica dello Stato Maggiore dell’Esercito e i Comandi di Corpo d’Armata territoriali con i loro Uffici Informazioni -, l’Ufficio Statistico della Marina che era istituito presso il Reparto Informazioni dell’Ufficio del Capo di Stato Maggiore della Marina, i Comandi in capo d Dipartimento e i Comandi Militari marittimi; le autorità militari e le autorità militari marittime; i Comandi dell’Aeronautica; l’Arma dei Carabinieri Reali, che, soprattutto in materia di servizio di difesa del segreto militare, aveva il compito di esplicare una vigianza continua e minuziosa in tutt lo Stato, vigilanza che poteva svolgere efficacemente più di ogni altra organizzazione, proprio per la sua caratteristica capillarità sul territorio.

L’Autorità di Pubblica Sicurezza avrebbe proiettato e integrato l’azione svolta dai Comandi militari e dagli organi dell’Arma. Sempre per questa attività di difesa del segreto militare, era competente anche la Guardia di Finanza, per le zone di confine e lungo le coste; la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (M.V.S.N.), i cui organi avrebbero potuto all’occasione procedere ad atti di perquisizione, all’arresto di persone sospette, dovendo, al pari delle truppe dell’Esercito e della Marina, chiedere ausilio all’Arma dei Carabinieri Reali; ancora altri organi preposti erano le Capitanerie di Porto e le truppe da montagna dislocate ai confini, che si riteneva potessero contribuire validamente al servizio di difesa del segreto militare.

Per meglio però comprendere l’azione del S.I.M. in quel periodo, non bisogna dimenticare il particolare contesto storico in cui questo pur attivo Servizio agiva, quando contemporaneamente il fascismo creava nuovi servizi segreti che rispondevano alle sempre più crescenti esigenze di controllo politico del Regno e della popolazione, introdotti con leggi speciali o potenziava gli esistenti.

Momento di grande rilievo in questa particolare attività del regime fu la creazione della tristemente nota O.V.R.A.  nel dicembre del 1930. Era evidente che i due servizi, militare e politico, dovessero avere dei contatti per necessità operative: infatti nel S.I.M. vi era un ufficiale di collegamento con quell’organismo, un maggiore dei Carabinieri Reali. Così il Servizio militare comunicava quelle informazioni politiche, delle quali veniva in possesso, all’O.V.R.A. che a sua volta passava invece al S.I.M. quelle esclusivamente militari, nel rispetto delle particolari competenze istituzionali.

Era un normale scambio di notizie, come dichiarò proprio al’processo Roatta, nel 1945, uno dei testimoni, che era stato Commissario Capo nel Commissariato di P.S. del quartiere Prati, in Roma. È impossibile credere alla tesi opposta, sostenuta da Cesare Amè, a capo del S.I.M. nel primo periodo della seconda guerra mondiale nel corso della sua testimonianza nello stesso processo.

La nomina di Cesare Amé a capo del S.I.M. – 9 settembre 1940

In realtà Amè era stato sempre molto critico nei confronti del Servizio, prima che arrivasse a dirigerlo. In un lungo appunto redatto nel novembre del 1944, per il colonnello Pompeo Agrifoglio, suo successore, egli scrisse che tra le due guerre il Servizio aveva vissuto una vita operosa, ma piena di vicissitudini, e ribadì gli stessi concetti qualche anno dopo nel volume di ricordi dato alle stampe.

La vita del Servizio fu veramente piena di gravi problemi, in quanto era impossibile per i responsabili militari non avere rapporti con le varie realtà della polizia politica e non dare esecuzione alle istruzioni speciali emanate da autorità politiche con incarichi militari: non va dimenticato infatti che, tranne il breve periodo 1929-1933, Mussolini aveva retto, e non solo formalmente, i tre Ministeri militari e quindi i compiti del Servizio erano divenuti assai più complessi di quelli previsti e soprattutto di quelli istituzionali: questo avvenne in particolar modo quando ne fu affidata la direzione al generale Mario Roatta, dal gennaio 1934 al settembre 1936, che in realtà continuò a dirigere il Servizio anche nel periodo di comando delle truppe volontarie in Spagna, nonostante quanto da lui asserito nel corso del processo che lo riguardava.

Non avendo rinvenuto in archivio molti documenti relativi agli anni Trenta, una sinossi del X Corso ufficiali informatori, tenuto nel 1931, può aiutare a comprendere come veniva visto il Servizio e quale era l’addestramento per gli allievi.

Il corso era suddiviso in varie conferenze (probabilmente “ore” di lezioni): le prime riguardavano le generalità sul Servizio Informazioni, le differenze del servizio in tempo di pace e di guerra, gli scopi e gli obbiettivi del Servizio centrale e di quello presso le truppe operanti; i concetti fondamentali d’informazione, l’organizzazione della ricerca, i mezzi. Per quanto riguardava la seconda “conferenza”, al secondo capoverso, si legge: necessità del collegamento costante con gli altri organi informativi dello Stato: problema dell’unione di tutti i servizi informazioni sotto un unico ente direttivo.

È dunque sottolineata la necessità non solo della collaborazione con gli altri organi informativi, inclusi quelli civili, ma anche l’esigenza di una unica direzione. Segno evidente che il decreto del 1925 rispondeva ad esigenze sentite, ma che non era riuscito nell’intento previsto o auspicato.

Tra i temi affrontati, appare molto interessante l’argomento previsto per la sesta “conferenza” riguardante l’elaborazione delle informazioni: le notizie raccolte subiscono, sempre, un processo di vaglio, di controllo, di confronto, detto elaborazione, che porta a dare a ciascuna notizia il suo grado di veridicità e di importanza. Tale processo spetta, esclusivamente, agli organi specializzati… l’elaborazione… consiste in

  • a) esame preliminare (valore, attendibilità, urgenza);
  • b) classifica (repertori vari);
  • c) esame comparativo (comparazione con quanto già si sapeva; coordinamento delle informazioni; deduzioni che se ne possono trarre; sintesi definitiva);
  • d) cernita (notizia, nota, utilizzabile) da controllare, da scartare): la procedura doveva consentire la definizione dei più precisi punti di situazione.

Veniva poi considerato attentamente l’addestramento specializzato del personale per il Servizio, notando che il settore informazioni doveva essere sempre considerato nelle esercitazioni con le truppe e con i quadri. Dall’ottava conferenza si può conoscere meglio lo schema del Servizio, con la rete degli organi specializzati: gli Uffici del Servizio Informazioni erano presso il Comando Supremo; il Capo Servizio ne aveva la direzione sia presso l’esercito mobilitato sia in zona territoriale sia all’estero. Egli dipendeva dal Capo di Stato Maggiore dell’Esercito.

Gli altri organi erano: l’Ufficio Informazioni d ‘Armata, il cui Capo dipendeva dal Capo di Stato Maggiore dell’Armata; la Sezione Informazioni di Corpo d’Armata, organo intermedio tra l’Ufficio d’Armata e la Sezione di Divisione; la Sezione Informazione di Divisione di fanteria, organo informativo al quale facevano capo tutte le notizie provenienti dalle unità che si trovavano a contatto con l’avversario e che, quindi, avevano la percezione immediata diretta della situazione nemica e delle sue possibili ripercussioni.

Vi era poi la Sezione Informazioni di Divisione celere, unico organo specializzato presso quelle unità; un organo informativo presso la Brigata alpina; dei Centri raccolta di notizie, organi temporanei creati in particolari condizioni di tempo e di luogo, per assicurare la ricerca e la raccolta informativa, quando la rete degli organi specializzati non era in completa attuazione o quando la rete era insufficiente (fronti estesi): venivano istituiti da organi elevati (Armata), con un funzionamento analogo a quello delle Sezioni Informazioni di Divisione, con la differenza che raramente delineavano la situazione, mentre potevano essere incaricati del primo interrogatorio dei prigionieri, dei disertori, dei profughi civili e dell’esame dei documenti sequestrati. Altri organi periferici: il Servizio
Informazioni presso i Reggimenti di fanteria, dei granatieri, e degli alpini con un ufficiale informatore e relativa squadra.

L’ufficiale dipendeva direttamente dal Comandante del reggimento, del quale costituiva l’unico aiuto per quanto riguardava l’azione informativa, originata sempre da ordini dello stesso Comandante, e esclusivamente rivolta verso il nemico. I livelli ordinativi sprovvisti di organo informativo erano: la Brigata di fanteria, il Reggimento di bersaglieri, di cavalleria, e di artiglieria. In tutto il corso veniva sempre ribadito il principio della “coscienza informativa” che consenta la collaborazione spontanea di tutti i cittadini in genere e nei militari, in specie, nella ricerca e comuniczione delle notizie non meno che nella difesa del segreto militare.

generale Alberto Bonzani

Nel 1933 il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Alberto Bonzani, considerava soddisfacenti i risultati raggiunti nell’attività addestrativa dell’ anno precedente. E indicava che solo le esercitazioni permettevano in tempo di pace di prepararsi alla guerra e pertanto occorreva abituare gli organi informativi a funzionare e i comandi a valersi dei risultati ottenuti da tali organi; era opportuno fare in modo che i militari di ogni grado comprendessero che ognuno di loro poteva dare un concreto contributo alla conoscenza della situazione nemica, in tempo di guerra.

Sulla base dell’esperienza indicava le principali norme alle quali si doveva attenere il Servizio per un suo migliore funzionamento: È indispensabile che gli organi informativi collaborino direttamente con gli organi operativi e, quindi, siano sempre a stretto contatto con essi: da questa prima indicazione discendeva l’esigenza di una stretta collaborazione tra i vari organi informativi e che agli stessi non venissero ridotti gli organici e diminuiti i mezzi.

Il generale Bonzani indicava che le comunicazioni delle notizie sul nemico dovevano effettuarsi da Comando a Comando e ognuno di essi doveva valersi del proprio organo specializzato anche per la trasmissione dei risultati raggiunti. Inoltre era necessario che il Servizio Informazioni entrasse in funzione e precedesse sempre l’unità combattente di cui faceva parte, considerata l’importanza della migliore conoscenza di ogni aspetto dell’avversario agli effetti operativi e l’esigenza che il Servizio Informazioni fosse in ogni momento in grado di fornire al Comandante il quadro della situazione.

Il Generale raccomandava molta cura nella compilazione della situazione avversaria, grafica e/o descrittiva, perché questa rappresentava il documento riassuntivo dell’intera attività informativa ed era quindi uno dei principali elementi sui quali il Comandante basava e definiva il proprio concetto di azione.

Il documento doveva essere necessariamente sintetico e non doveva richiedere molto tempo per la sua redazione proprio allo scopo di essere tempestivo. La sintesi doveva riportare anche l’indicazione dell’ora in cui la situazione era stata focalizzata e fermata dall’analisi. Gli organi operativi dovevano inoltre essere molto chiari nell’indicare gli obiettivi informativi e specificare soprattutto quali potessero essere gli elementi essenziali della situazione nemica.

Alla luce delle esperienze fatte durante il primo conflitto mondiale, Bonzani metteva in guardia contro i rischi di un eccessivo ricorso all’interrogatorio di civili, in quanto, se la fonte era interessante in tempo di pace, poteva rendere in modo assai diverso in tempo di guerra e quindi non bisognava sopravvalutarne le potenzialità.

Per quanto poi riguardava la tutela del segreto delle trasmissioni, sottolineava che non era soltanto importante e necessaria la cifratura dei messaggi, ma occorreva che gli operatori usassero la massima parsimonia nell’impiego dei mezzi telegrafici, considerato che era abbastanza facile ricostruire una rete avversaria nelle sue maglie e che, anche senza decrittazione dei messaggi, il nemico poteva quindi procurarsi dati importanti sullo schieramento: i radiogrammi infatti dovevano essere brevi anche per ridurre il tempo necessario per la cifratura e decifratura e per sfruttare il più possibile la caratteristica di rapidità della radiotelegrafia.

Veniva anche allegata una Istruzione sul “servizio informazioni presso le unità operanti”, che doveva essere considerata peraltro come un esempio e non come un modello dal quale non potersi discostare. La situazione attuale non era di completa soddisfazione degli organi militari e politici, nonostante la creazione del S.l.M. e la presenza degli organi informativi, già ben sviluppati, della Marina e quelli in fase di specializzazione dell’Aeronautica.

Contestualmente alla creazione dell’O.V.R.A. e al potenziamento delle strutture di sicurezza, dal 1934 vennero fatti studi, su ordine preciso del Capo del Governo, sulla possibilità di unificazione dei servizi informativi militari, offensivi e difensivi, segno evidente che il problema era all’attenzione del Ministero della Guerra: il S.I.M., nato per essere interforze  – almeno da quanto si deduce dal decreto -, era rimasto in realtà, come si è visto, un servizio informativo dell’Esercito. Era però sempre più sentita, in certi ambienti militari, l’esigenza di un organo o di un sistema di coordinamento, stretto o meno, ma che esistesse.

Almeno fino al 1939, i Ministeri interessati non riuscirono tuttavia a conseguire alcun risultato pratico, proprio a causa di loro diffidenze e prevenzioni. I Sottosegretari di Stato delle Forze Armate, dopo numerosi scambi di punti di vista, lasciarono inalterata la situazione. Rimasero attive le tre organizzazioni che però, secondo le parole di Amè, continuarono così a vivere … e … pur avendo ragione di sussitere nei limiti delle esigenze di ciascuna Forza Armata, diedero luogo, nel campo generale dell’organizzazione dell’azione offensiva e difensiva all’interno e all’estero, in pace e in guerra, a interferenze continue ed a una dannosa dispersione di energie e di mezzi che le esperienze e l’economia consigliavano di tenere accentrati…

La relazione ufficiale sul S.I.M., che fu presentata a Messe, Capo di Stato Maggiore Generale, nel dopoguerra, indica nei seguenti elementi le ragioni per cui non fu possibile arrivare a tale unificazione, anche dopo un concreto tentativo fatto nel 1934, prima delle vicende belliche: difficoltà contingenti di trapasso dal sistema esistente a quello proposto; eccessivo accentramento e conseguente pesantessa che si sarebbero creati col nuovo sistema, considerati pregiudizievoli alla sollecitudine con cui il materiale informativo deve essere sfruttato dagli organi competenti delle varie FF.AA; convenienza a non modificare nella situazione politica del momento organismi sì importanti e delicati. Cosicché, dopo scambi di pareri e di progetti, furono lasciate inalterate le organizzazioni delle sinfole FF.AA, con carattere di reciproca indipendenza.

Dunque vari elementi portarono alla decisione di non procedere ad alcun mutamento, rimandando a tempi diversi, che poi divennero quelli immanenti di un conflitto, la strutturazione di un serio coordinamento interforze. Per completezza si evidenzia che il Viviani, nelle sue ricerche, indica il 1936 come la data in cui il Servizio ebbe una sia pur parziale riorganizzazione, dovuta al generale Alberto Pariani, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito e Sottosegretario di Stato alla Guerra (Mussolini aveva ripreso tre anni prima la titolarità del dicastero), insieme al Capo del Servizio, l’allora colonnello Mario Roatta): la Direzione Centrale veniva suddivisa in sette sezioni (Situazione Forze Armate, Valutazione, Controspionaggio, Contabilità, Cifra, Intercettazione, Addetti militari).

generale Alberto Pariani

Il Viviani riporta anche che Roatta costituì, nell ‘ambito del S.I.M. un organo “Servizi Speciali”, dipendente direttamente dal generale Pariani, per compiti ‘delicati’ che spaziavano dai sabotaggi, agli attentati, alle esecuzioni, alla sovversione e al terrorismo. Si tratta forse di quei “Servizi Speciali” che comparvero ufficialmente nel 1940, quando il controspionaggio fu reso un Servizio autonomo, alle dirette dipendenze dell’organo di vertice.

Il progetto di riordino del 1937

I progetti presentati e analizzati erano dunque molteplici, ma in realtà quasi nulla fu deciso fmo all’inizio della guerra. Tanto era sentita l’ esigenza di un riordino che in un promemoria del 20 maggio 1937, si legge la seguente affermazione, riferita all’analisi di uno studio di unificazione del Servizio Informazione, fatto in quei tempi: per quanto riguardava i sistemi informativi offensivi, sono fuori discussione i seguenti punti del noto progetto:

  • a) necessità di coordinamento fra tutti i Servizi informativi;
  • b) necessità che un organo coordinatore sia presso il CAPO DEL GOVERNO;
  • c) necessità che un organo proposto ad attentati, sabotaggi, propaganda disfattista sia presso il CAPO DEL GOVERNO.

Prima di analizzare il promemoria, ecco alcuni cenni sul progetto elaborato, che:
– per i servizi informativi offensivi prevedeva:

  • la creazione di un organo presso il Capo del Governo, da lui dipendente, cioè una Direzione Centrale dei Servizi Segreti (D.C.S.S.), che potesse coordinare l’azione di tutti i servizi informativi, anche civili – è scritto espressamente -, ma che assumesse anche quelle necessità un po’ particolari che erano state evidenziate al paragrafo c); un sistema raccomandabile di coordinamento stretto, automatico sarebbe stato quello di accentrare presso un organo militare della Direzione Centrale, una Divisione Informazioni Militari (D.I.M.), incaricata della ricerca e raccolta di quelle notizie;
  • un altro sistema meno stretto poteva essere quello di affidare alla D.I.M., solo mansioni di semplice coordinamento fra i Servizi informazioni delle singole Forze Armate, i quali avrebbero continuato a svolgere la funzione offensiva e difensiva, disponendo in piena autonomia di uomini e mezzi. Prevedeva altresì elementi segreti di quei Servizi con duplice dipendenza a) dalla D.C.S.S., per bilancio, impieghi speciali e, almeno in parte, per reclutamento e addestramento; e b) dal Capo dei singoli Servizi per l’impiego ordinario;
  • – per quanto riguardava i servizi difensivi:
  • quello di polizia militare (passivo) poteva continuare ad essere svolto in pace e in guerra dai vari comandi e dai loro organi informativi, senza la necessità di crearne di nuovi;
  • per il controspionaggio, il progetto proponeva di affidarlo ad enti civili (Direzione Generale della Pubblica Sicurezza) come in Francia. Il progetto osservava peraltro che il servizio di controspionaggio non poteva avere una divisione territoriale o per singole forze armate come di fatto non aveva.

Per quanto riguardava i sistemi informativi offensivi, ci si rendeva ben conto che non era possibile una unificazione completa dei Servizi, ma era possibile raggiungere un coordinamento più stretto assegnando ad organi diversi quelle che venivano ritenute le due principali funzioni informative e cioè:

  • a) la ricerca e la raccolta di notizie;
  • b) l’elaborazione delle notizie.
  • Per la prima si poteva pensare ad un organo unico centrale (come in F.A. germaniche, così è scritto nel testo), mentre la seconda poteva essere attribuita ad organi distinti presso i singoli ministeri: un obiettivo a più lastre. Mentre non si riteneva possibile assegnare la ricerca e la raccolta delle notizie alla prevista Direzione Centrale per qualsiasi genere di informazioni (avrebbe avuto alle sue dirette dipendenze innumerevoli organi di polizia), sembrava invece attuabile e conveniente assegnare ad un unico organo militare (la prevista Divisione Informazioni Militari), inserito nella predetta Direzione Centrale, la ricerca e la raccolta delle notizie militari, almeno quelle provenienti da fonti non palesi, riservando l’elaborazione delle notizie (e eventualmente la raccolta delle notizie palesi), ad Uffici Situazione, appartenenti ai singoli Ministeri delle Forze Armate.

Il calendario del S.I.M. per l’anno 1937. Nelle immagini seguenti i singoli mesi

.
Ognuno di questi Uffici avrebbe quindi avuto un proprio quadro della situazione, in relazione ai settori di specifico interesse, mentre la Direzione Centrale avrebbe avuto un obiettivo (come veniva chiamata la raccolta di notizie) a tutto campo e avrebbe analizzato solamente quelle informazioni ritenute importanti o urgenti.

Il sistema delineato nel progetto aveva naturalmente pregi e difetti. Gli inconvenienti che potevano essere sottolineati erano:

di ordine generale, in quanto un unico obbiettivo non dava una visione globale: si sarebbe potuto ovviare con una molteplicità di fonti nella raccolta a largo spettro; inoltre si poteva ipotizzare, nel caso specifico, una mancanza di corretta emulazione fra gli organi centrali, che poteva però essere sostituita, in certa misura, da quella degli organi periferici;

di ordine contingente, in quanto i Servizi “I” esistenti nel primo conflitto mondiale erano stati ritenuti all’altezza del loro compito, secondo la Commissione ufficiale d’inchiesta sulla disfatta di Caporetto. Organizzati in modo diverso – così veniva detto nel progetto, non ripetendo gli errori e ovviando alla mancanza di coordinamento di allora -, nonostante
i problemi che avevano allo stato presente, i Servizi avrebbero potuto rendere di più, anche se non era stato ancora provato. Trasformare radicalmente una situazione, a termine conflitto, potrebbe perciò sembrare condanna, non meritata, della loro opera: era molto sentita dunque la preoccupazione di non delegittimare l’operato dei Servizi di informazione nel conflitto precedente, comunque conclusosi con una vittoria. 

Se si rinunciava al sistema proposto, lasciando la funzione offensiva e difensiva ad ognuno dei Servizi “I” militari, occorreva ad ogni buon conto lasciare ad ognuno di essi là possibilità di maneggiare il proprio obbiettivo in piena libertà e responsabilità, non essendo legati da duplice dipendenza di elementi segreti.

Le ragioni per lasciare in vigore il sistema esistente sarebbero state: di ordine tecnico, in quanto in Servizi “I”, così concepiti (ossia lasciando congiunta l’attività per le due funzioni principali), non era possibile separare praticamente ciò che era segreto da ciò che non lo era; gli elementi segreti (nel senso di organi centrali o periferici), erano gli organismi che raccoglievano anche notizie palesi; gli elementi segreti (nel senso di individui) direttamente impiegati dalle “Centrali”, erano pochi. Quelli numerosi usati dagli organi periferici erano in parte occasionali, e tanto questi quanto gli agenti fissi erano normalmente non conosciuti dalle “Centrali”, per ovvie ragioni di sicurezza.

Quindi la conclusione era la seguente: la duplice dipendenza degli elementi segreti (in genere) equivale a duplice dipendenza di interi servizi… la duplice dipendenza limitata ai pochi agenti segreti diretti dalle “‘centrali” contribuisce minimamente aL coordinamento… ;

di ordine morale, perché togliere ai Servizi “I” come erano organizzati in quel tempo, pur lasciando loro la funzione offensiva, la libera disponibilità di uomini e mezzi avrebbe potuto assumere l’aspetto di una condanna a quegli organismi per l’attività svolta nel passato più grave ancora della trasformazione totale del sistema: occorre notare a questo punto che ancora una volta dunque compare la preoccupazione di non delegittimare quanto fatto nel periodo bellico; inoltre, la presenza nello stesso Servizio di unità amministrate e di referenti direttamente ad altro Ente (per quanto superiore gerarchico) poteva dare un senso di impaccio e di disagio, particolarmente risentito dai responsabili di vertice considerando che i rapporti dovevano essere basati su una incondizionata fiducia.

Dunque, rimanendo nel sistema delle due funzioni decentrate, il coordinamento era ritenuto comunque indispensabile e lo si poteva ottenere (come per le truppe in campagna), non per il basso (giurisdizione oarziale sugli elementi segreti – compagnie di prima linea e pattuglie), ma per l’alto (giurisdizione parziale sui Capi Servizi- Comandi di Divisione); tutto questo poteva essere raggiungibile con le seguenti disposizioni: ogni Servizio “I” doveva comunicare allaa D.C.S.S. la dislocazione, la composizione e i compiti dei propri enti periferici e la notifica dei propri agenti diretti; tenere a disposizione della D.C.S.S. per compiti speciali di diretto interesse o che interessassero altri servizi civili o militari gli agenti e gli enti periferici; non costituire nuovi enti periferici o fissare in qualche posto i propri agenti segreti diretti, senza l’assenso della D.C.S.S., che conoscendo la situazione degli altri Servizi, poteva giudicare se era più semplice o più opportuno affidare i compiti da attribuire a questi nuovi agenti o a enti e elementi già sul posto per conto di altri Servizi “I” , o procedere per affiancamento.

Riconosciuto che un buon rendimento dei Servizi “I”, richiedeva la trattazione dei singoli argomenti da persone specializzate, sorgeva anche la necessità che dovesse esistere nella D.C.S.S. un organo tecnico, la citata Divisione Informazioni Militari (D.I.M.), per il solo coordinamento fra i Servizi “I” delle tre Forze Armate e la D.C.S.S.

La D.I.M aveva altresì compiti di coordinamento fra i Servizi stessi, secondo le direttive impartite dal Capo della D.C.S.S.; di ispezione, per il coordinamento, degli elementi staccati; di ricerca di notizie speciali mediante agenti propri; della tenuta al corrente (ad uso della D.C.S.S.) delle diverse situazioni, statistiche e simili; di contatti segreti con gli Stati Maggiori e i Servizi Informazioni militari stranieri. Per le stesse ragioni tecniche doveva essere inserita nella D.C.S.S. una Divisione informazioni politico-commerciali, in parallelo con quanto esisteva presso gli organismi informativi civili.

Era peraltro ovvio che tutti i Servizi, in particolare poi quelli militari, dovevano essere organizzati in modo da funzionare con efficienza non solo in pace, ma soprattutto in guerra. In sintesi, il progetto studiato nel promemoria, peraltro assai articolato, analizzava in dettaglio le varie possibilità, a volte non con la necessaria chiarezza espositiva – essendo la materia alquanto complessa -, ma in conclusione proponeva l’istituzione presso il Capo del Governo di un organo coordinatore, la Direzione Centrale, la D.C.S.S., che comprendeva fra le altre una Divisione Informazioni Militari e una Divisione Informazioni Politico-Commerciali.

Per quanto riguardava i servizi informativi difensivi, era stabilito che il servizio di polizia militare (passivo) non richiedeva organi specializzati, in quanto era compreso nelle normali funzioni dei singoli Comandi che in tempo di pace vi provvedevano con mezzi propri o con gli organi territoriali dell’Arma dei Carabinieri Reali; in guerra con mezzi propri o con reparti di Carabinieri Reali mobilitati; richiedeva invece maggiore attenzione il servizio di controspionaggio (attivo) che non poteva comportare ripartizione territoriale, né poteva essere suddiviso fra le Forze Armate.

In realtà, in quel momento, il controspionaggio veniva svolto dal S.I.M. su tutto il territorio metropolitano per conto delle tre Forze Armate (ad eccezione di quello interno delle Piazze marittime dove operava di massima il solo Servizio C.S. della Marina. Talvolta, in alcuni casi, era ammessa ed attuata una azione congiunta dei due Servizi).

Il progetto segnalava in sostanza l’opportunità di affidare l’intero servizio di controspionaggio ad enti di polizia civile (Direzione Generale di P.S. e Questura), inserendovi le Forze Armate. Per sostenere questa opportunità, veniva altresì fatto il paragone con il Servizio C.S. francese che era affidato alla polizia civile, cioè la Surété nationale: il personale francese addetto al servizio era però specializzato da lunghissimi anni ed era sempre diretto da uffici militari. In Francia, all’epoca, gli imputati di spionaggio, quando non militari, erano giudicati da tribunali civili ordinari.

Veniva fatto notare che anche in Germania il servizio di controspionaggio era civile, ma che l’organismo competente era civile solo per gli abiti borghesi che indossava quotidianamente. Infatti i suoi membri appartenevano alle S.S. ed erano diretti da un imponente Ufficio militare esistente presso ogni Corpo d ‘Armata e che riuniva le funzioni di controspionaggio e di ricerca.

Al vertice di questi Uffici vi era un Organo militare unico. La riflessione ulteriore portava a sottolineare il fatto che in Italia vi era una istituzione di primissimo ordine, che non esisteva in altri Stati, che è allo stesso tempo arma combattente e organo di polizia a status militare, l’Arma dei Carabinieri Reali, che già svolgeva l ‘attività di controspionaggio: tanto questo ente era adatto allo scopo che se non esistesse, sembrerebbe opportuno crearlo apposta per affidargli tale servizio.

Sarebbe stato dunque positivo mantenere militare il Servizio C.S. sia per le ragioni esposte, sia perché vi era una esperienza ultradecennale da parte degli organi che già se ne occupavano; diversamente vi sarebbe stata:-

  • a) la necessità di creare un nuovo numeroso gruppo di specialisti, mandando forse disperso quello esistente o che, affiancandosi al nuovo, sarebbe solo divenuto un suo duplicato; vi era poi una stretta connessione fra le questioni informative e quelle di controspionaggio, ovvero che l’azione di controspionaggio implicava molto spesso una perfetta conoscenza del segreto, specie se militare, che si difendeva;
  • b) la circostanza che in guerra, in territorio nemico e presso le truppe operanti, si sarebbe dovuto creare ex novo un servizio di controspionaggio militare privo dell’esperienza acquisita in tempo di pace.

In sintesi le proposte del progetto nel promemoria, per quanto riguardava i servizi offensivi, erano così concepite:

– nel caso di ricerca e raccolta di notizie militari accentrate presso la Direzione Centrale, di:

  • inserire in essa una Divisione C.S. (quindi a livello centrale), che coordinasse e presiedesse l’intero Servizio e che mantenesse per esso il collegamento con i ministeri e gli enti civili interessati;
  • lasciare presso i singoli Uffici Situazione dei ministeri delle Forze Armate una Sezione C.S. di collegamento con la Divisione C.S. per le questioni riguardanti le singole Forze Armate;
  • lasciare l’attività di controspionaggio ad organi specializzati già esistenti, quali appunto l’Arma dei Carabinieri Reali, dipendenti direttamente dalla Divisione C. S. sopra indicata;
  • – nel caso che la Direzione Centrale avesse ricevuto solo funzioni di coordinamento, il progetto prospettava di:
  • inserire nella Divisione Informazioni Militari della D.C.S.S. una Sezione C.S., per il collegamento fra il Servizio C.S. con ministeri ed enti civili interessati;
  • attribuire a un Servizio Informazioni dell’Esercito l’intera attività di controspionaggio esercitata alla diretta dipendenza, dall’Arma dei Carabinieri Reali;
  • lasciare presso i Servizi Informazioni della Marina e dell’Aeronautica, le sezioni di controspionaggio di collegamento con il Servizio Informazioni dell’Esercito, per le questioni di controspionaggio interessanti, singolarmente o insieme, quelle Forze Armate.

l’organizzazione del S.I.M. negli Anni Trenta

fino alla vigilia della seconda guerra mondiale

Mentre si studiavano nuove riforme per il settore, dal 1935 al 1940, l’organizzazione del S.I.M., fu – a grandi tratti -, la seguente: una sede centrale a Roma; 3 sezioni di Statistica con sede a Milano, Verona e Trieste, rette da tenente colonnelli in servizio di Stato Maggiore (S.M.) e costituite da ufficiali e sottufficiali delle varie armi: il solo servizio di piantone e di corriere veniva disimpegnato da militari dell’Arma (appuntati e Carabinieri Reali); 11 Centri C.S. a Milano, Verona, Trieste, Torino, Zara, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Palermo, Cagliari, composti integralmente da elementi dell’Arma dei Carabinieri Reali; un certo numero di centri di “raccolta notizie” con ufficiali e sottufficiali delle varie armi (esclusi i Carabinieri Reali), che erano dislocati isolatamente, vestivano abiti civili, e agivano sotto copertura lungo le frontiere metropolitane.

La Direzione Centrale era dunque suddivisa in tre grandi rami: un Servizio Informazioni, diretto dal Vice Capo Servizio; un Servizio C.S. affidato alla 3″ Sezione interna, retta da un colonnello dei Carabinieri Reali, con un Vice sempre dell’Arma e un servizio amministrativo. Di interesse particolare divenne appunto quella Sezione che presiedeva al controspionaggio (divenuta poi la “Bonsignore”): già nel 1935-36 era quasi un ente a sé, con sede a Roma, in Via Crispi 10, in uno stabile privato, ma soprattutto è da notare che il colonnello comandante la Sezione firmava personalmente tutta la posta, d’ordine del Capo Servizio: una autonomia operativa e amministrativa notevole, con attribuzioni di Comandante di Corpo.

Da questa Sezione dipendevano tutti i Centri C.S., compresi Milano, Verona e Trieste, sedi delle Sezioni Statistica: una Sezione dunque assai “delicata”, che fu alla base, nell’aprile 1940, della divisione fra attività offensiva e difensiva.

La prima Sezione Statistica, quella di Torino, fu soppressa dopo gli accordi Mussolini-Laval; la seconda Sezione, quella di Milano, si occupava della Svizzera; la terza Sezione aveva competenza sull’Austria e sulla Germania, mentre la quarta Sezione, competente per la Jugoslavia, aveva assunto in quel periodo il nome di Sezione “Calderini” (dal nome del Vice Capo Servizio, colonnello Mario Calderini, caduto in Etiopia).

In origine era stata fatta una netta distinzione fra le Sezioni Statistica e i Centri C.S., per cui ogni ufficio operava indipendentemente l’uno dall’altro, a compartimenti stagni. Poi a mano a mano i capi delle Sezioni Statistica ritornarono ad avere una sempre maggiore ingerenza nel servizio di controspionaggio. La posta però continuava ad essere firmata dai Capi Centro, eccezione fatta per le pratiche relative al personale e per la corrispondenza diretta agli Alti Comandi (Corpi d’Armata, Zona Aerea, etc … ) nel qual caso firmava il Capo-Sezione.

I Centri di Trieste e Verona avevano anche una propria sede, mentre quello di Milano aveva i suoi uffici vicino a quelli della seconda Sezione Statistica. Ogni Centro aveva giurisdizione su di un determinato numero di province, nelle più importanti delle quali aveva distaccato proprio personale. In precedenza tutti i Centri avevano avuto alle loro dipendenze dei nuclei occulti, retti da ufficiali, che avevano il compito di reclutare, sul territorio italiano, gli informatori e di impiegarli convenientemente.

Erano di competenza dei Centri C. S. le questioni riguardanti:

  • i casi di spionaggio militare (identificazione dei soggetti e loro arresto, denuncia al Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato o proposte di provvedimenti di polizia);
    le persone sospette di spionaggio iscritte nella rubrica di frontiera (per segnalazioni, pedinamenti, iscrizioni o revoche);
  • la tenuta al corrente dello ‘schedario M’, nel quale venivano annotati gli agenti di spionaggio già individuati, residenti nella zona di competenza;
  • gli elementi allogeni da tenere in evidenza ai fini della mobilitazione;
  • gli stabilimenti ausiliari adibiti a fabbricazione di guerra;
  • le agenzie di informazioni (stampa), di viaggi e turistiche;
  • i servizi automobilistici a cavallo della frontiera;
  • gli italiani e gli stranieri sorpresi e fare abusivamente fotografie e rilievi di località militarmente importanti;
  • lo smarrimento, la sottrazione o la manomissione di documenti militari;
  • i furti di materiali bellici;
  • i disertori stranieri;
  • il commercio clandestino di armi e munizioni;
  • la censura postale (corrispondenza diretta o spedita da agenti di spionaggio supposti tali, lettere provenienti dall’estero e dirette a soldati, etc … );
  • le cellule di controspionaggio reggimentale;
  • la sorveglianza sulle rappresentanze diplomatiche e consolari straniere in Italia;
  • il movimento di ufficiali stranieri in Italia;
  • le organizzazioni politiche straniere esistenti nel Regno;
  • i fuoriusciti politici;
  • l’attività comunista antimilitarista o comunque disfattista;
  • i disertori italiani che rientravano dall’estero.

Peraltro ogni Centro era stato provvisto di gabinetto fotografico e di gabinetto tecnico, anche per la manipolazione dei timbri o per la rivelazione di inchiostri simpatici. La corrispondenza dei vari Centri era appoggiata ai Comandi di Gruppo dei Carabinieri Reali. Nelle città sedi anche di una Sezione Statistica, i Centri scambiavano la corrispondenza con il Servizio a mezzo di bolgetta.

Ai sottufficiali e militari dell’Arma era fatto obbligo di uscire in borghese e di alloggiare e consumare i pasti fuori della caserma: per questa ragione a loro venivano assegnate speciali indennità mensili. Anche gli ufficiali dei Carabinieri Reali dovevano effettuare il loro servizio in borghese e per questo ricevevano una particolare indennità.

In un promemoria datato 30 maggio 1937 veniva fatto un punto della situazione relativo al servizio di controspionaggio probabilmente in coincidenza con le proposte di riordino del S.I.M.: non si può dire che l’attuale organizzazione del servizio C.S. si sia rivelata in tutto negativa.

A parere dell’estensore del promemoria, non firmato, doveva obbiettivamente essere riconosciuto che con la creazione dei Centri e la soppressione delle Sezioni informazioni dei Corpi d’Armata, erano stati eliminati i gravi dissidi, già ritenuti insanabili, determinatisi fra gli organi periferici e le Sezioni Statistica.

Con qualche operazione di controspionaggio di un certo rilievo, il Servizio era riuscito ad ottenere alcune provvidenze: il personale era stato aumentato e meglio impiegato e questo aveva anche portato ad una maggiore disponibilità di fondi con cui i Centri avevano potuto essere convenientemente attrezzati. Detto questo, però veniva riconosciuto che erano stati compiuti alcuni errori, nel promemoria definiti gaffes; che la 3^ Sezione interna, cioè quella deputata al controspionaggio, si era troppo isolata, dando luogo a inconvenienti dovuti a mancanza di coordinamento; che si erano verificati vari conflitti di competenze e di dipendenze; che il personale mancava di preparazione; che i nuclei occulti non avevano prodotto risultati concreti e che troppi informatori erano stati arrestati all’estero soprattutto per errato impiego e per un non accurato reclutamento.

In sostanza il Servizio, così com’è attualmente organizzato nonostante le apparenze, non risponde pienamente alloo scopo: questa era la conclusione che in parte contraddiceva l’inizio del promemoria. Quindi si proponevano alcune soluzioni per renderlo più efficiente, ovviamente in aggiunta a quei radicali cambiamenti che fossero stati consigliati da una più profonda trasformazione del S.l.M.

Le proposte erano le seguenti.

ORGANIZZAZIONE

Per quanto riguardava questo campo, la Sezione C.S., cioè la terza Sezione interna, avrebbe dovuto essere inquadrata nell’ordinamnto del Servizio in modo effettivo e non soltanto formale come era allora Ne sarebbe derivata una unità d’indirizzo e di organicità di funzioni e metodo. Uno solo doveva essere il comandante, perché gli ufficiali preposti alla direzione delle singole Sezioni non avrebbero dovuto avere funzioni di comando più o meno mascherate, ma essere soltanto degli intelligenti e fidati collaboratori del Capo Servizio.

Se questo concetto avesse prevalso, ne doveva conseguire che anche la corrispondenza d’ufficio avrebbe dovuto essere firmata interamente dal Capo Servizio, tranne forse quella di ordinaria amministrazione che non rivestiva particolare interesse operativo (schedari, variazioni alla rubrica di frontiera, etc.).

Mario Roatta

Questa annotazione è particolarmente interessante se si pensa alle vicende della Sezione C.S. nel periodo 1935-1937, quali saranno rievocate durante il già citato processo Roatta del dicembre 1945, per l’uccisione dei fratelli Rosselli e per l’opera del S.I.M. in Albania, nonché per l’azione in Spagna.

Dunque già in epoca coeva era stata rilevata l’eccessiva indipendenza del servizio di controspionaggio all’interno del S.I.M., quasi un Servizio nel Servizio, che aveva provocato non pochi problemi. Ma questa situazione non cambierà; al contrario sarà istituzionalizzata a metà del 1940, proprio in senso contrario ai suggerimenti del promemoria in esame.

Altra proposta che veniva avanzata era relativa alla riunione dei Centri di Milano, Verona e Trieste alle rispettive Sezioni Statistica della stessa sede. Questo avrebbe portato alla riduzione di personale, soprattutto per quanto riguardava gli elementi addetti a funzioni di corriere e di piantone, con un certo vantaggio economico. Altra economia sarebbe derivata dalla riduzione delle spese di fitto dei locali.

Cesare Amé

Allo stesso tempo ne avrebbe tratto vantaggio il Servizio in quanto i Capi delle Sezioni Statistica avrebbero avuto la completa direzione dell’attività, sia offensiva sia difensiva. Non sembrava più molto utile il Centro di Zara: meglio sarebbe stato affidare quella zona alla competenza della Sezione Statistica di Trieste, distaccandovi un sottufficiale dei Carabinieri Reali con il duplice compito offensivo e difensivo.

I Nuclei avrebbero dovuto essere ufficialmente aboliti come “occulti”, e permanere costituiti in forma “palese”, quali organi staccati di controspionaggio e adibiti a funzioni attive in tutti i settori del Servizio, compreso l’eventuale reclutamento di informatori. Bisognava altresì rivedere le giurisdizioni di competenza delle Sezioni Statistica per migliorare la distribuzione del personale, specialmente lungo i territori confinari.

PERSONALE

Per quanto riguardava il personale presso i Centri C.S., si segnalava che nel complesso era scadente e il giudizio riguardava anche gli ufficiali. Peraltro si notava che non era possibile dare loro la colpa delle carenze di professionalità, perché erano scelti  a caso dal Comando Generale e destinati d’autorità ai Servizi.

In pratica avveniva, secondo quanto scritto nel promemoria, che qualunque ufficiale, purché ben classificato, poteva passare da un reparto territoriale alla direzione di un Centro o di un Nucleo: in seguito, dopo un breve periodo di affiancamento, l’ufficiale doveva cavarsela da solo, senza un preventivo addestramento.

Perché, sosteneva sempre il promemoria, non si era ancora capito che il Servizio Informazioni richiedeva personale scelto, molto intelligente, in possesso di una preparazione adeguata. C’era in sostanza un difetto di direzione e di competenza professionale per gli ufficiali e insufficiente capacità esecutiva nei sottufficiali. Da notare a questo riguardo che in precedenti documenti invece erano state rivolte molte lodi all’Arma proprio per il servizio di controspionaggio.

Una delle proposte era quella di istituire a Roma a cura del S.I.M., oltre i consueti corsi per ufficiali informatori che venivano svolti regolarmente dal Corpo di Stato Maggiore, un corso annuale al quale far partecipare almeno un ufficiale inferiore per ogni regione, da scegliersi tra quelli che più spiccavano per intelligenza, cultura, per i servizi resi nel campo della politica giudiziaria e soprattutto per la conoscenza delle lingue usate nei paesi confinanti.

Alla fine del corso avrebbe dovuto essere espresso un giudizio complessivo sulle attitudini palesate da ogni ufficiale: quelli classificati ottimi avrebbero dovuto essere destinati a sostituire progressivamente coloro che avessero lasciato il Servizio. Il corso così strutturato avrebbe avuto anche un interesse generale, poiché gli ufficiali, rientrando nelle loro sedi territoriali, si sarebbero occupati del controspionaggio con maggiore interesse e migliore competenza, e soprattutto avrebbero potuto contribuire a formare, non solo nei propri dipendenti, ma anche nelle popolazioni, quella codcienza informatilla della quale tanto si parlava, ma vanamente: almeno questa era l’opinione negli anni immediatamente precedenti lo scoppio del secondo conflitto mondiale.

Corsi analoghi avrebbero dovuto essere istituiti anche per i sottufficiali, prevedendo inoltre la partecipazione di quelli che già facevano parte del Servizio. Veniva altresì indicato che gli ammessi ai corsi avrebbero dovuto essere anche scaltriti nell’uso dei grimaldelli e di travestimenti e abilitati alla condotta degli automezzi, alla fabbricazione di timbri falsi, all’uso delle macchine fotografiche, alla manipolazione di inchiostri simpatici, … a quanto fosse utile e necessario per il disbrigo del lavoro previsto.

SERVIZIO

Per quanto riguardava il servizio in genere, inoltre non si doveva più consentire, come avveniva, che un Capo Sezione o un Capo Centro potesse, di suo arbitrio, far procedere a qualche arresto. A meno che non si fosse trattato di flagranza di reato o di un caso straordinario di spionaggio, tutte le operazioni di servizio avrebbero dovuto essere autorizzate dal direttore della Centrale, al quale naturalmente si sarebbero dovuti esporre in modo succinto, ma chiaro, gli elementi raccolti e gli scopi perseguiti, così da garantire la migliore riuscita di ogni azione di politica giudiziaria che gli organi del controspionaggio intendessero svolgere.

Con un simile sistema sarebbero stati conseguiti sicuri vantaggi anche ai fini del prestigio e della credibilità del Servizio, evitando, come già avvenuto, clamorosi arresti, seguiti da più clamorosi rilasci, indicativi spesso di operazioni di bassa polizia.

Nel promemoria si sottolineava poi che la mentalità del Carabiniere, nel suo normale servizio, era quella di arrestare colui che si rendeva responsabile di un reato, ma si rilevava che, nel settore del controspionaggio, un arresto improvvido, se non era più che giustificato, poteva alla fine risultare dannoso.

Hâjj Amîn al-Husaynî (Gran Mufti di Gerusalemme) con il Generale Cesare Amé, Direttore del S.I.M. (Servizio Informazioni Militari) nel 1942

Invece, una volta individuato un agente di spionaggio, si sarebbe dovuto, di massima, curarlo con pazienza da certosino, seguirlo accortamente per poter identificare la rete della quale era membro. Identificata la rete, bisognava estendere la vigilanza su tutti i suoi componenti e corpi, per poterla eventualmente distruggere al momento più opportuno, ma solamente se ciò era proprio necessario; altrimenti occorreva lasciarla vivere. Se una rete scoperta veniva soppressa senza valida ragione, non si guadagnava molto, perché ben presto si sarebbe ricostituita un’altra rete ben più difficile da individuare.

Altre critiche che il lungo promemoria muoveva all’organizzazione del momento era che il personale preposto al controspionaggio era scadente, lavorava meccanicamente e senza cervello ed era capacissimo di rovinare tutto con un atto avventato o di zelo inopportuno.
Venivano espresse, in embrione, le direttive ritenute utili per arrivare alle prove e poter formulare precise denunzie: si doveva attendere di conoscere nei minimi particolari tutto quanto poteva avere attinenza con le procedure usate dal Servizio avversario di cui faceva parte l’arrestato. Ottenuti gli elementi utili, l’agente avrebbe dovuto farne oggetto di ampia e dettagliata relazione, da inviare alla Centrale, che avrebbe potuto eventualmente trasmetterla ai propri enti, cioè alle Sezioni Statistiche e ai Centri.

Quindi l’estensore sosteneva che il Servizio così come era organizzato nonostante le apparenze, non rispondeva pienamente allo scopo. Tra i vari suggerimenti del lungo e articolato promemoria, vi era quello di istituire un periodico mensile nel quale elencare le questioni realmente importanti trattate da ogni singolo Centro o Sezione e che avrebbero dovuto poi essere aggiornate a cadenze regolari.

Lo scopo del periodico era duplice: il Capo della Direzione Centrale avrebbe avuto un unico quadro di tutte le questioni pendenti; i Centri e le Sezioni si sarebbero trovati nella necessità di muoversi per non inviare sempre specchi negativi e non avrebbero più potuto lasciar dormire le pratiche che dovevano invece essere attentamente curate… con tale sistema sarebbe difficile vendere fumo, scriveva il critico estensore, il quale sosteneva quindi che si scriveva molto, anzi troppo e che si concludeva poco, anche perché molto spesso si correva dietro a piccole cose, beghe, questioni che non riguardavano direttamente il Servizio.

Tra l’altro bisognava, per esempio, evitare comunicazioni di transiti di stranieri che non avevano dato luogo a seri sospetti e in ogni caso, prima di fare segnalazioni, occorreva che le notizie fossero vagliate e controllate specie se provenienti da fonti non sicuramente attendibili. Sarebbe stato così facilmente ridotto anche un carteggio che appesantiva il lavoro della Direzione Centrale.

Altra situazione da rivedere era quella relativa agli iscritti in rubrica di frontiera, per conto degli organi C.S.: si trattava di molte centinaia di nominativi che non erano stati più presi in considerazione da anni. Era quindi utile procedere ad una revisione accurata degli elenchi in modo da lasciare pochi nomi, ma buoni. Ne avrebbe sicuramente tratto vantaggio il Servizio perché molte persone non potevano essere praticamente vigilate con efficienza; poche, ma significative, invece sarebbero state seguite con maggiore concretezza.

Ogni Centro aveva poi in dotazione uno schedario degli agenti di spionaggio dimoranti nella propria giurisdizione. Si trattava di costosi e ingombranti registri che erano divenuti effettivamente inservibili a furia di variazioni e di cancellature. La praticità avrebbe voluto che si creassero degli schedari generali, in aggiunta a quelli particolari già in possesso dei Centri. Vi era anche uno schedario dei consolati esteri, che ogni Centro doveva avere sempre aggiornato per tutti quelli esistenti nella propria giurisdizione: questa questione era molto importante, perché attraverso il personale addetto era possibile penetrare quegli ambienti e riceverne interessanti informazioni.

Fra i tanti compiti affidati al servizio di controspionaggio figurava anche quello relativo agli elementi allogeni da tenere in evidenza ai fini della mobilitazione: però sino a quel momento non risultava essere stata diramata alcuna disposizione, mentre quegli elementi potevano risultare di grande utilità.

In base alle disposizioni vigenti in quel momento le Sezioni Statistica, i Centri C.S. e nuclei occulti avevano ognuno, per proprio conto, una rubrica degli informatori e fiduciari di cui si servivano. Accadeva ad esempio che coloro che lavoravano non solo per una Sezione, ma anche per un Centro e per un nucleo occulto locale, tutti nella stessa regione, fossero indicati con sigle diverse, pur trattandosi della stessa persona. Sarebbe stato più opportuno riunire tutti gli informatori e fiduciari in un solo registro che avrebbe dovuto essere tenuto dalla Sezione Statistica, ove presente, e a fianco di ogni nominativo sarebbe stato sufficiente apporre l’annotazione relativa al suo impiego, ovvero per chi lavorava.

Il vero problema però, a parte le formalità, era il reclutamento e l’impiego degli informatori. Per i confidenti che lavoravano per il controspionaggio all’interno del territorio italiano non vi erano troppe difficoltà: si trattava di valutare saggiamente quelli esistenti, ricercandone altri in località di confine, specialmente dove si trovavano importanti presidi e opere permanenti di carattere difensivo: da preferirsi gente del posto, semplice, possibilmente onesta, che non lavori di fantasia.

Per gli informatori destinati a lavorare all’estero il problema si presentava assai più difficile e non si poteva certo ricorrere a improvvisazioni. Molti, troppi agenti erano stati arrestati nel passato, specialmente in Jugoslavia: la Centrale era allarmata, ma il problema risiedeva proprio nel sistema di reclutamento. Quindi sarebbe stato utile che il S.I.M. avesse avuto un certo numero di propri informatori dislocati stabilmente nei centri vitali dei paesi confinanti, prevalentemente ricercati fra gli agenti di commercio, i giornalisti, i rappresentanti di società di navigazione, di società turistiche, di società di assicurazione, di società automobilistiche etc.

Questi elementi dovevano realmente svolgere un lavoro palese e ricevere uno stipendio, che il Servizio avrebbe dovuto arrotondare congruamente, per dare loro la possibilità di penetrare con facilità negli ambienti d’interesse. Si riteneva che questi informatori, una volta ambientati, sarebbero stati di effettivo e costante rendimento. L’unica difficoltà sarebbe stata quella del recapito della corrispondenza, cioè il modo di ricevere notizie senza che l’informatore avesse a scoprirsi, ma anche questo era un problema che poteva essere risolto con relativa facilità.

In sostanza, il Servizio doveva essere riorganizzato razionalmente, per eliminare tutto quello che non era produttivo e semplificare la raccolta e la comunicazione delle informazioni. Una riorganizzazione, sulla base delle esperienze fatte, si rendeva necessaria. Il giudizio che Amè esprimeva nel 1944, nell’appunto ad Agrifoglio sopra ricordato, su questo periodo di attività del S.I.M. (anni Trenta), non è particolarmente benevolo, in questo concordando, per vari aspetti, con il promemoria del 1937, presumibilmente redatto dall’Ufficio del Capo di Stato Maggiore Generale (S.M.G.).

Innanzi tutto Amè criticava l’ordinamento che non conferiva in pratica ampiezza adeguata al più complesso campo rivolto alla preparazione e alla costituzione degli elementi e dei mezzi destinati assicurare la ricerca, la raccolta e la trasmissione delle notizie nel campo che determina l’ossatura del servizio offensivo, e che era a suo giudizio condizione e premessa di ogni ricerca efficace e tempestiva e costituiva pietra di paragone della capacità concreta di ogni servizio informazioni.

In realtà riconosceva La complessiva bontà della struttura del Servizio, ma ne rilevava degli inconvenienti per quanto riguardava le proporzioni dei vari elementi costitutivi e giudicava complessivamente pesante l’organizzazione. In generale egli riconosceva che dal lato tecnico il Servizio aveva realizzato dei progressi dando vita ad attività e iniziative organicamente concepite e rivolte verso più estesi orizzonti di azione.

Ciò che Amè profondamente criticava era la dipendenza diretta dal Ministero della Guerra e le frequenti sostituzioni dei Capi Servizio i quali, a suo parere, per essere nominati, dovevano essere persone ligie al Sottosegretario. Criticava inoltre l’impiego di organi e lo svolgimento di attività del Servizio al di fuori dell’ambito tecnico-militare, spesso in campo politico-poliziesco, situazioni che a suo dire turbarono molto l’intima struttura spirituale dell’organizzazione e dannosamente influirono sulla considerazione e sul prestigio he la crescente efficienza gli meritavano.

Sempre a suo parere, mentre la Sezione difensiva veniva coinvolta in scopi assolutamente estranei alla finalità del Servizio, la Sezione C.S. languiva per malsano indirizzo e per l’assenza di impulsi sani e costruttivi.

Amè ribadì questi concetti, quando fu ufficialmente convocato presso l’Alta Corte di Giustizia quale teste nel processo Roatta. In quella occasione egli scrisse al Ministro della Guerra notando che si trattava di responsabilità (uccisione dei fratelli Rosselli in Francia, eseguita dai cagoulards) riguardanti avvenimenti che risalivano a quattro anni prima della sua nomina a capo del S.I.M.

Amè era consapevole della delicatezza della sua deposizione perché qualora non fosse stata protetta dal segreto d’ufficio, poteva sicuramente determinare reazioni tra gli alleati, complicazioni diplomatiche in Vaticano e in alcune ambasciate estere; e certamente provocare reazioni controproducenti per la situazione politica internazionale dell’Italia, compromettendo degli elementi e quindi intendeva probabilmente avvalersi del ricorso al segreto d’ufficio per motivi di opportunità politica.

Amè testimoniò con equilibrio, ma continuando nelle sue acerbe critiche al sistema imperante negli Anni Trenta, all’ambizione smodata di alcuni ufficiali, ai quali si dovevano le ulteriori difficoltà avute dal Servizio, alla divisione avvenuta nell’aprile 1940 tra servizio offensivo e quello difensivo.

Maria Gabriella Pasqualini

*Maria Gabriella Pasqualini

 (Roma, 26 marzo 1944) è  una storica e accademica italiana.

Laureata nel 1966 in Scienze Politiche nella Università di Roma, ha insegnato per 40 anni, dapprima “Storia e Istituzioni dei Paesi afro-asiatici” nell’Università di Perugia e poi “Storia e Istituzioni dell’Africa Mediterranea e del Vicino Oriente” in quella di Palermo (ad eccezione di una parentesi decennale 1974-1984 per Servizio all’estero presso il Ministero degli Affari Esteri).

È docente alla Scuola ufficiali carabinieri a Roma, dove risiede.

Specialista di Storia dei servizi segreti italiani, ha pubblicato un corpus di studi di cinque volumi, riguardanti la storia dei Servizi Segreti italiani militari e civili, per il SISMI, per l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna e per l’Agenzia informazioni e sicurezza interna.

I suoi studi sulla storia dell’intelligence italiana sono disponibili anche sul sito del Dipartimento delle informazioni per la Sicurezza DIS.

  • È stata vicepresidente del Comitato Consultivo del Capo di stato maggiore della difesa per il Servizio Militare Volontario Femminile dal 2000 al 2007 al Ministero della Difesa.
  • Direttore Scientifico di osservatorioanalitico.com
  • Vice Direttore del giornale on-line The HorsemoonPost.
  • Membro del Comitato Scientifico della Fondazione Giuseppe e Marzio Tricoli.
  • Membro della Società italiana di storia militare.
  • Premio Nazionale Universo Donna (2001).

Opere

  • L’Italia e le prime esperienze costituzionali in Persia (1905–1919), Napoli – Perugia, ESI, 1992.
  • Gli equilibri nel Levante. La crisi di Alessandretta 1936–1939, edito da IlaPalma – Edizioni Associate, Palermo, 1995.
  • Il Levante, il Vicino e Medio Oriente. Le fonti archivistiche dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, SME, Ufficio Storico, Roma,1999.
  • Le missioni all’estero dei Carabinieri 1855-1935, Ente Editoriale Arma dei Carabinieri, Roma, 2001.
  • Le missioni all’estero dei Carabinieri 1936-2001, Ente Editoriale Arma dei Carabinieri, Roma, 2002.
  • Operazione Vespri Siciliani, coautore con Giancarlo Gay, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, con Introduzione del Ministro della Difesa, Roma, 2003.
  • Uomini in Uniforme, coautore con Giancarlo Gay, Rai-Eri-Roma, 2004.
  • L’Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1943. Speranze e realtà, Roma, Stato Maggiore Esercito, Roma, 2005.
  • “Problematiche costanti nel servizio di informazione militare italiano dal 1861 al 1949”, in: Storia dello spionaggio, a cura di Tomaso Vialardi di Sandigliano e Virgilio Ilari, Savigliano, 2005.
  • Soldato per scelta. La tradizione del volontariato militare in Italia dal 1861 ai nostri giorni, Roma, Stato Maggiore Esercito, 2006.
  • Carte segrete dell’intelligence italiana. Vol. I: 1861-1918, Ministero della Difesa – RUD- Roma, 2006, (Prefazione Ministro della Difesa).
  • Carte segrete dell’intelligence italiana Vol. II: 1919-1949, Ministero della Difesa – RUD- Roma, 2007, (Prefazione Ministro della Difesa).
  • L’intelligence italiana dal 1949 al 1977, AISI, De Luca Editore, Roma, 2011.
  • Breve storia dell’organizzazione dei Servizi d’Informazione della Regia Marina e Regia Aeronautica. 1919-1945, Roma, 2013, 300 pagine, Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Difesa, Ministero della Difesa e Commissione Italiana di Storia Militare. .
  • Carte segrete dell’intelligence italiana Vol. III, IL SIM negli archivi stranieri, Stato Maggiore Difesa, Ministero della Difesa. 2014.
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