GIACOMO MATTEOTTI, LE ORIGINI TRENTINE

a cura di Cornelio Galas

Giacomo Matteotti

(testi in parte tratti da Wikipedia)

La famiglia di Giacomo Matteotti, il deputato ucciso a Roma dai fascisti, era originaria di Comasine (Comàsen o Comàšen in dialetto locale) una piccola frazione del Il paese è situato nell’alpestre Val di Peio che è, a sua volta, una valle secondaria della più nota Val di Sole.

LE ORIGINI TRENTINE DELLA FAMIGLIA MATTEOTTI

Il paese è situato nell’alpestre Val di Peio che è, a sua volta, una valle secondaria della più nota Val di Sole. Il paese, come molti altri nella valle, ha vissuto principalmente di agricoltura e di allevamento del bestiame.

Una risorsa che, per molti secoli, ha contribuito allo sviluppo degli insediamenti umani, nel paesino e nella valle in generale, è stata la presenza di giacimenti di ferro (magnetite) il cui sfruttamento, probabilmente ancora in epoca romana o precedente, ha raggiunto l’apice intorno al XV secolo e XVI secolo, declinando ed infine spegnendosi del tutto intorno alla metà dell’Ottocento col definitivo abbandono della lavorazione con l’altoforno situato in località Forno di Novàl.

Comasine

Vi fu, in realtà, un tentativo di ripristinare l’attività mineraria intorno al 1920 con analisi geologiche che miravano a valutare l’effettiva portata dei giacimenti. Altri tentativi si susseguirono con alterne vicende, nel 1937-38 vi lavoravano circa 300 operai e la zona fu visitata anche dall’allora Ministro delle Corporazioni On. Lantini. Non vi fu tuttavia un effettivo riaffermarsi dell’attività estrattiva come fonte economica primaria.

Nuovo interesse si ebbe dopo il secondo conflitto mondiale e il passaggio dalla Ditta «La Comasine» alla Ditta «Rumi» negli anni cinquanta portò a nuove iniziative, sempre con alti e bassi e il lavoro proseguì fino al 1967, quando anche quest’ultima società, che aveva provato a fare ricerche mirate nel settore, chiuse i battenti.

Comasine

Si procedette allora alla sistematica rimozione delle residue installazioni (come teleferiche, impianti di frantumazione e di lavaggio, edifici per il personale, ecc.) e i giacimenti metalliferi vennero definitivamente abbandonati anche perché la percentuale di minerale estraibile era, nel complesso, troppo bassa ed era pertanto impossibile reggere il confronto con i normali mercati internazionali riguardo alla convenienza dell’attività estrattiva.

L’abbandono delle miniere aperte nel XX secolo, tutte situate in zona altamente sfruttata dal pascolo bovino, obbligarono gli allevatori-contadini a sbarrarne le entrate per proteggere gli animali (mucche, vitelli) e il tempo fece il resto facendo crollare le entrate causa la decomposizione delle strutture lignee di sostegno.

Attualmente, nella popolazione e soprattutto nei giovani si sta risvegliando un certo interesse per il “discorso” miniere. Si vuole conoscere la loro storia, i loro siti, ecc. Molti siti delle miniere del XIII – XIV secolo sono ancora ben visibili. Sarebbe auspicabile la compilazione di una mappa dettagliata con le indicazioni di qualche anziano a perfetta conoscenza dei luoghi. Altrimenti, il tempo e la terra ricoprirà tutto, anche la memoria dei luoghi.

Comasine fu dunque anche paese di forte emigrazione soprattutto negli ultimi decenni dell’Ottocento. Questa emigrazione fu dovuta, essenzialmente, alle precarie condizioni economiche a seguito della crisi mineraria che aveva cominciato a farsi sentire verso la metà dell’Ottocento con la chiusura definitiva dell’altoforno di Forno di Novale e dalla diffusa consapevolezza che le limitate possibilità delle risorse agricole locali non potevano offrire condizioni di vita dignitose e realistiche speranze per il futuro.

Comasine

Oltre alle mete transoceaniche come le lontane Americhe e l’Australia, quelli di Comasine, come numerosi abitanti della Val di Peio (e della Val di Sole e Val di Non), preferirono mete più vicine che almeno nei primi tempi consentissero loro di continuare a mantenere un punto di contatto con il paese natio e la possibilità di ritornare a lavorare la magra campagna nel periodo estivo.

Fu così che molte persone puntarono alla pianura Padana ove la possibilità di lavoro come “ramai – calderai” (“parolòti”) era buona data la larga diffusione del rame in cucina e nelle varie lavorazioni. Alcuni, col lavoro e col commercio, fecero una discreta fortuna e portarono all’apertura di un modesto esercizio commerciale che, richiedendo una presenza continua, era di ostacolo al ritorno estivo. Nasceva così l’esigenza di un trasferimento definitivo nei paesi della pianura.

Anche gli antenati della Famiglia di Giacomo Matteotti scesero dalle montagne del Trentino in pianura Padana, ma non proprio come semplici emigranti ma come “commercianti” per vendere il “loro” ferro ricavato dalle miniere di Comasine.

Non avendo potuto ricavare tutte le informazioni necessarie dagli archivi parrocchiali locali perché distrutti nel fuoco dell’incendio di Comasine del 1853, un grande aiuto per ampliare le ricerche sulla “Famiglia Matteotti” vennero da Sassuolo e Modena, come vedremo. Si sa con certezza che Matteo Matteotti, bisnonno del bisnonno di Giacomo, il 10 giugno 1772 ricevette l’investitura dal Principe Vescovo di Trento Cristoforo Sizzo de Noris di alcune miniere di ferro nella zona del monte Boài sulla montagna di Comasine.

Con certezza si sa anche che Matteo/2 (1762+1856) e Francesco (1766+1839), figli di Giovanni Battista e nipoti di Matteo/1, negli anni antecedenti il 1800 scesero nel Ducato di Modena trovando presso il Duca Ercole III d’Este terreno favorevole per vendere il loro “ferro” necessario al Duca per la fabbricazione di armi e acciarini. Francesco Matteotti è il capostipite del ramo della Famiglia Matteotti tuttora esistente a Sassuolo e a Modena.

Stefano (1791+1845), figlio di Matteo/2 e bisnonno di Giacomo, nell’aprile 1837 richiese l’iscrizione alla Camera di Commercio di Rovigo come “Venditore di Rami e Ferro” nel comune di Arquà Polesine. Precisazione molto importante perché ci dice che il motivo della sua presenza nel Polesine era la vendita del ferro estratto dalla “Famiglia Matteotti” nelle miniere di Comasine.

Casa Matteotti a Comasine in una foto del 1908 di Matteo/4, 1876+1909, fratello maggiore di Giacomo

Matteo/3 (1811+1858), con i fratelli Domenico, Francesco e Gregorio, continuò i commerci del padre Stefano e nel marzo 1848 comperò una casa a Fratta da una certa famiglia Laurenti. Matteo/3 Matteotti, il 20 luglio del 1833 aveva sposato a Comasine Caterina Sartori e da quella unione, il 1º ottobre 1839, nacque a Comasine Girolamo Stefano, padre di Giacomo.

Matteo/3 morì tragicamente a Fratta Polesine il 9 giugno 1858 e il diciannovenne Girolamo Stefano portò avanti il lavoro e i commerci del padre e del nonno. A 36 anni, il 7 febbraio 1875, contrasse matrimonio in quel paese con Elisabetta Garzarolo (detta familiarmente Isabella); questi furono i genitori di Giacomo Matteotti, nato a Fratta Polesine il 22 maggio 1885, deputato socialista, morto per mano fascista nel giugno del 1924 dopo avere denunciato in parlamento gli abusi e le violenze che il nascente regime fascista aveva fatto per poter vincere le elezioni.

La casa natale di Matteotti

Sulla casa natale degli avi Matteotti, a Comasine, è ancora visibile parte dell’affresco con la Madonna e le anime del purgatorio che si vede nella foto, affresco deteriorato e danneggiato dagli elementi atmosferici dopo l’incendio della casa nel 1924. È pure visibile una parte dello stemma dei “Matteotti” del quale recentissimamente si rinvenne una riproduzione dell’originale oltre ad alcune copie incise sulle tombe dei Matteotti di Sassuolo. Per interessamento del Comune di Peio, nell’autunno del 2015 venne restaurata la facciata della “Casa Matteotti” consolidando l’intonaco e quanto ancora rimane dell’affresco della Madonna con anime purganti (del 1763) e dell’originale stemma della Famiglia Matteotti.

Nel 1954, trentesimo anniversario della scomparsa dello statista, proprio a Comasine si tenne una solenne celebrazione commemorativa a cura della Federazione Tridentina del PSDI, con una lapide posata su una facciata di quella che fu casa Matteotti. La partecipazione di folla fu grande e mai, nel piccolo paese, si erano viste tante persone.

La lapide commemorativa posta su casa Matteotti

Tra le molte autorità presenti che in quel giorno di giugno del 1954 presenziarono alla commemorazione, bisogna ricordare il figlio di Giacomo, Matteo Matteotti (1921+2000) poi diventato ministro del Turismo e dello Spettacolo e il ministro del Lavoro On. Vigorelli che ebbe il compito di tenere il discorso ufficiale. Ogni anno poi, nell’anniversario della morte di Giacomo – 10 giugno – a cura dell’Amministrazione Comunale di Peio, dell’ASUC e della locale Associazione “Giacomo Matteotti” viene posta un corona e ricordata questa grande figura di uomo e di politico.

Telegramma del parroco di Comasine alla vedova Matteotti

I MATTEOTTI NEL POLESINE

 

Lo stemma della famiglia Matteotti

I funerali di Giacomo Matteotti, Fratta Polesine 12-8-1924 (dall’archivio di Franco Senestro)

La vedova Matteotti e Tita Ruffo baritono lasciano la tomba dopo i funerali di Giacomo Matteotti, Fratta Polesine, 21 agosto 1924

Giacomo Matteotti

Casa Museo Giacomo Matteotti

Casa Museo Giacomo Matteotti

Casa Museo Giacomo Matteotti

Piazza Matteotti a Rovigo

La targa in questione si trova in Via Giuseppe Pisanelli, nel Quartiere Flaminio

La cappella funeraria della famiglia Matteotti a Fratta Polesine

 

Matteotti Giacomo

 

 

Questa voce è stata pubblicata in Senza categoria. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento