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per capir i trentini – 159
CIAPAR PER EL SCANALUZ â Eâ quello che di solito fanno gli strozzini. Prendere per la gola, non sempre e non solo in senso figurato.
NAR SMONANT â Menare il can per lâaia. Non venire alla conclusione. Vedi anche: âTĂŹra e smĂłnega”.
FAR SPACO – Far spicco. Far bella mostra di sè. Magari con uno spacco mozzafiato …
SCALDARSE ‘L PISIN – Innvervosirsi. Creare una situazione fisiologica in base alla quale l’urina si riscalda, provocando reazioni inconsulte. Non solo l’esigenza di andare alla toilette.
NO DAR DA DIR – Fare in modo che non ci sia proprio nulla da dire sul proprio operato. Non assurgere agli onori della cronaca. Per nessuna ragione.
TEGNIR ‘N STROPA – La stròpa è la ritortola di vimini con cui si legavano i tralci delle viti. Quindi la frase significa tenere a freno, in soggezione. Soprattutto i bambini.
FAR DE FER E MANARA – Usare il ferro e l’accetta. Impiegare ogni mezzo per riuscire a portare a termine un impegno, un lavoro. Raggiungere ad ogni costo un obiettivo.
TIRAR NA STRISA – Tirare una striscia. Meglio: barrare qualcosa, cancellare con un segno un debito, un ricordo, una persona. “Su quel lĂŹ hò tirĂ na strĂŹsa”.
FAR DO CREPI – Fare due tuoni. Ovvero alzare la voce, mettersi ad urlare improvvisamente, infuriarsi come se fosse scoppiato, di colpo, un temporale.
NAR FOR PER LE FROSCHE – Frosche sta per frasche. Di palo in frsca, andare fuori dal seminato, andare su tutte le furie. Vedi anche: “Nar fòr de carezĂ da”, “Nar fòr dai somenĂ di”.
VOLTAR EL PUTIN EN CUNA – Il leader russo non c’entra. Come si cambia posizione al piccolo nella culla, cosĂŹ si cambia un discorso magari appena … nato.
FAR ALA VILIACA – Un lavoro fatto male che imporrebbe la fuga da parte dell’autore? Sicuramente un lavoro fatto male a prescindere dall’azione conseguente.
AVER ENGIOTI’ EN PAL DE FER – Si usa in tono canzonatorio rispetto a chi stenta a piegare la schiena, a piegarsi per lavorare. Schiena dritta ma non per autonomia di pensiero e rigetto delle imposizioni. Proprio perchè c’è questo palo di ferro nel corpo che impedisce la manovra …
TAIAR EL MAL PER MEZ – Dirimere un contrasto con l’applicazione del giusto mezzo in fatto di colpe e torti. Smussare, cercare di conciliare posizioni apparentemente inconciliabili.
PITOST CHE STARGHE VIZIN A UN CHE BATE SU LEGNA, MEIO STARGHE VIZIN A UN CHE CAGA – I rischi sul posto di lavoro ancora prima dell’entrata in vigore della 626. Insomma, meglio non stare vicino a chi spacca legna: qualche pezzo potrebbe schizzare. Nel dubbio meglio turarsi il naso nell’altra situazione.
EL BOTON DE LA GUDAZA – Il bottone della madrina. L’ombelico.
DIR MESA BASA – La Messa bassa è quella di tutti i giorni, officiata senza sfarzi, in tono dimesso o comunque diverso dalla Messa domenicale, festiva, per matrimoni o funerali. Significa borbottare, brontolare le proprie ragioni quando non si ha il coraggio di esporsi a viso aperto. Si usa anche per indicare come delle persone tramino qualcosa in combutta parlottando sottovoce.
DAR ZO A L’ORBA – Picchiare senza alcuna moderazione: dove cojo cojo.
DAR NA SDRELADA – Sdrèl è un bastone nocchiuto. Fa molto male …
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini- 158
CIAPAR âN TROZ â Letteralmente: prendere un sentiero. In realtĂ si tratta di trovare un ritmo, una cadenza, pigliare lâandazzo.
TOR SU âL DO DE COPE E NAR â Se briscola è denari il due di coppe vale ben poco. Meglio però accontentarsi anche di questa carta, ovvero del poco che ci si è trovato in mano e abbandonare il gioco. Si usa quando si profilano guai nel perseverare su una strada tortuosa âŚ
AVER AVERI A PAESOTI â Avere dei possedimenti nei paesini? No. In realtĂ si fa (ceva) riferimento a figli illegittimi sparsi un poâ ovunque âŚ
DAL CORER AL SCAMPAR â La differenza tra le due azioni è minima. Cambia la causa. Si usa comunque al posto di pressappoco, circa, piĂš o meno. Vedi anche: âzircumzĂŹrcaâ.
EN âL SO IESUMARIA â Cioè, nel suo raccoglimento, dentro di sĂŠ. Assorto nei suoi pensieri (non sempre preghiere).
EL SE BINA A UNA â Va riferito al cielo. Quando le nuvole su mettono insieme e minacciano pioggia.
MIS MAS â Confusione. (vedi il tedesco: mischmasch). âLâè tut en mĂŹs mĂ s âŚâ. Come diceva Bartali: âTutto da rifareâ.
BARONI DE âL SOL â Una volta i medicanti a Trento, avuta la minestra della caritĂ pubblica, si disponevano lungo le mura di piazza Fiera per godersi il sole, la loro unica ricchezza.
SENTIRSEN TANTE CHE TERA â Un rimprovero duro, una serie di di brutte parole tante quanto lâestensione del pianeta terrestre.
VEGNIR A LE BELE â Redde rationem. âSe te me vègni a le bèle âŚâ. E, dopo lââincontroâ: âA le tĂ nte lâè vegnĂš a le bèleâ.
SAVER DE CHE PEâ UN EL ZOPEGA â Conoscere il lato debole dellâavversario o comunque avere informazioni utili su come affrontarlo al meglio.
ARAR STORT â Andare fuori strada. Anche senza lâaratro. Al contrario: âarĂ r drĂŹtâ, rigare dritto.
NO TROVAR âN ARBOL DE PICARSE â Non trovare un albero per impiccarsi. Insomma, non saper prendere una decisione drastica e trovare subito una scusa fasulla.
FAR DE LE SOE â Fare quelle cose, di solito non positive, comunque originali, per le quali si è da tempo conosciuti dagli altri.
DAR ENDRIO LE SO CAMISE â Equivale alla liquidazione dopo il licenziamento.
DAR ENDRIO LE SO BALOTE â Restituire le palline. Ritirarsi da un affare, rompere una trattativa.
FAR CAMPANOâ â SĂŹ, suonare le campane. Ma con estensione del significato anche alla diffusione di notizie che dovrebbero essere tenute segrete o rimanere tra poche e fidate persone.
DE OGNI PET FAR NA CANONADA â Gonfiare le cose (di qui problemi di aerofagia e ed eccessiva, potente flatulenza?), esagerare, imbastire una speculazione su fatti di poco conto.
DAR âN BASO SUT â Un bacio senza passione, con pochissimo trasporto (e senza scambio di saliva?).
METER âN TE âN TASER â Mettere a tacere. Far sĂŹ che non se ne parli. Operare perchĂŠ qualcosa sia insabbiato.
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ENGOSAâ COME âN PAIT â Ingozzato come un tacchino. Lo si nota da quella ⌠escrescenza sotto il collo?
ENDREâ COME LâULTIM VAGON DE LA GIARA â Dai e dai a forza di lavorare in miniera e far saltare mine può succedere di non essere piĂš particolarmente sveglio.
STONAâ COME NA CAMPANA ROTA â Ovvero stare alle note musicali come la Fossa delle Marianne sta allâEverest.
NAR COME âN SOLDO âN COSTA â Rapidissimo. Come chi se la svigna coi soldi.
DRIT COME NA VIGNA DA LIGAR SU â Con evidenti problemi di scoliosi. Magari insorti dopo anni di lavoro proprio nei vigneti.
A ESTRI COME I PITORI â Genio e sregolatezza dellâartista.
FORTUNAâ COME I CAGNI âN CESA â Quando tutti ti guardano come a dire: âE tu che ci fai qui?â
ESSER EN MEZ COME âL ZOBIA â Essere dâintralcio. Come un appuntamento che cade proprio di giovedĂŹ, in mezzo alla settimana di ferie. Vedi anche: âZòbia vegnĂša, stimĂ na perdĂšaâ.
VEGNIR AVANTI COME LA MERDA SOT AI STARNEZARI â Si sa che sotto le grondaie le deiezioni si squagliano. Di qui i chiari problemi di crescita. Di volume.
SIMPATICO COME âL MAL DE PANZA â In effetti il sistema nervoso simpatico può avere delle disfunzioni a carico dello stomaco.
STAR SORA COME LâOIO â Galleggiare, spadroneggiare.
LâEâ NA MERICANADA â Si diceva fin dalle prime delle ormai migliaia puntate di Beautiful.
UNDICESIMO, NON SBAZILARE â Il Comandamento in piĂš: non prendersela.
LâEâ MALCIAPAâ â Preso male: da condizioni di vita, salute, qualcosa che comunque lo ha afferrato e non lo molla.
SE SARAâ ROBE ⌠Meraviglia, stupore. Ma anche commento negativo, scandalizzato, puntini puntini âŚ
QUESTO LâEâ NâALTRO SCIAP DE OSEI â Non è questo il problema, al confronto quello che tu dici si volatilizza.
UPA â In tedesco sta per âaufâ. Su, su, alzati e cammina. Si usa con i bambini. Per gli adulti confronta: âOscia, âsa fente? StĂŠnte o nènte?â.
EL BACHETEL DE LâALEGRIA â (censura) â anatomia maschile riguardante il basso ventre. Ostentazione di vigore sessuale nonostante le ridotte dimensioni del (censura) in questione.
TIRARNE ZO A CAMPANE DOPIE â Doppio accompagnamento musicale per una serie (doppia) di insulti.
ESER SU âL CAVAL DE âL MAT â GioventĂš sfrenata, i migliori anni della nostra vita.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 156
LâEâ MEIO BEVERNE NA BOZA CHE SPANDERNE NA GOZA â Lo smacchiatore non sempre risolve lo specifico guaio. E rischia di costare piĂš della bottiglia. Cfr anche: âlâè lâultim bicer che fa far la bĂ laâ.
VIN DE CASA NO âMBRIAGA â Ma non sempre il vino del contadino â anche quello biologico â lascia indenni dopo abbondanti bevute.
COI SOLDI SE FA CANTAR I ORBI â Vedi anche: i successi internazionali di Bocelli.
QUANDO NO GHE NâEâ, GNANCA LA PIALA NO âN TOL â Il limite insuperabile non riguarda solo lavori di bricolage. Vedi anche: âSe no ghe nâè denter no ân vegn gnanca foraâ.
DA âN CATIF PAGADOR SE TOL QUEL CHE VEGN â Da un debitore inaffidabile meglio prendere al volo quello che può dare. Pochi, sporchi ma subito.
GROSA COSINA MAGRO TESTAMENT â Quando âhanno mangiato tuttoâ resta ben poco di ereditĂ .
METI LA ROBA âN DâEN CANTON, PRIMA O DOPO LA GAVRAâ STAGION â Anche: âScarpa rota sta chi, che se no ne trovo altre te meterò anca tiâ. Della serie: âtut prima o dopo pòl vegnĂŹr bonâ.
LA CARITAâ ONESTA LA VA FOR DA LâUS E LA VEN DALA FENESTRA â Chi dĂ con onestĂ prima o poi riceve di ritorno il dono fatto. A patto che non sia un do ut des. Proverbio questo, peraltro, da aggiornare âŚ
A ROBAR GHE VOL SCARPE DA LADRO â Meglio lasciar perdere se non si ha lâadeguata predisposizione al furto. Attrezzi compresi.
QUANDO âL CORPO SE âL FRUSTA, LâANIMA LA SE GIUSTA. Dai âFlagellantiâ.
A CHI MASA E A CHI MIGA â Ingiustizia sociale.
NEGOZIANTI DE LEGNAM, TANT FRACAS E POCH GUADAGN â Crisi del settore del legno. Vedi anche: âNĂŠ zugadori, nĂŠ pescadori, nĂŠ useladori no ân vedrĂŠ mai de sioriâ. E ancora: âPic, pic, sempre povero e mai richâ. âVal pĂš ân picol trafichet che ân gros mĂ nech de picâ.
VAL PU UN CHE LAVORA CHE ZENTO CHE COMANDA â La carica dei 101 ha bisogno di un solo leader.
CONSIGLIETE COL VECIO E FATE AIUTAR DAL ZOVEN â Saggezza dellâanziano e vigore della gioventĂš, la formula vincente.
CHI GHâA TORT ZIGA PU FORT â (da lâArena di Giletti: âPerò se lei non mi fa parlare prendo le mie cose e lascio lo studio âŚâ)
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini â 155
EL GAL LâEâ LâOROLOI DEL CONTADIN â Basta fare i dovuti calcoli quando scatta lâora legale.
CHI MASA SBAIA SE âMPIENIS LA PANZA DE ARIA â Can che abbaia non morde, ma solo per problemi di aerofagia.
EN DE I PONTAROI SE COGNOSE I BONI BOI â Eâ in salita che si capisce se il bove ha doti di grimpeur.
TERA NEGRA FA BON GRAN, TERA BIANCA FA MORIR DE FAM â Quando acquistate un terreno agricolo fate molta attenzione al colore della terra, cosĂŹ come si scruta la dentatura di un cavallo.
âN DO CRESCE BACO NO STA âMPIANTAR TABACO â Bacco, tabacco e venere riducono il raccolto in cenere. Meglio lasciar perdere le coltivazioni di tabacco sotto le vigne e farsi comprare le sigarette dalla moglie.
EL VILAN VESTIâ DE GALA EL SPUZA SEMPER DE STALA â Pour lâhomme che sussurra al bestiame.
DA ALA âN ZO I Eâ TUTI âTALIANI â Vecchia divisione etnica della popolazione prima della Grande Guerra e prima della Lega Nord.
QUANDO LA MERDA LA MONTA EN SCAGN, LA FA SPUZA E LA FA DAN â Lo sterco al potere può indurre alla coprofagia.
DE âN MORT E DE âN POTENT O PARLAR BEN O GNENT â Massimo rispetto per i defunti e lâonorata societĂ .
CHI GHâA EL PODESTAâ DA LA SOA GHâA âN CUL I SBIRI â Da aggiornare: non basta essere amico del sindaco per farsi togliere una contravvenzione dalla polizia locale.
EN GUERA, EN CAZA E NEI AMORI EN SOL PIAZER GHâA MILI DOLORI â Mai accettare caramelle dagli sconosciuti.
QUANDO âL FOCH SOFIA, LETERA âN VIAZ â Segnali di fumo.
EN TODESCH ENTALIANAâ LâEâ âN DIAOL DESCADENAâ â Ja, oscia madona, du daren mir contributen wie King Durni geprometten hat.
SE STROPA âN BUS E SE âN VERZE NâALTRO â Camera dâaria ormai irreparabile.
EL ROS TUTI I MATI I LO CONOS â La corrida moderna.
TRA CAORE E NAS SE MONZE TUT LâAN â Lâinsostenibile colata di latte e muco. Tra lâarte casearia e i fazzolettini Tempo.
EL FISCO LâEâ COME âL CAGN: SE NO âL MORDE ANCOI EL MORDE DOMAN â Attenti al 730 (e al cane).
POL DORMIR CHI GHâA âN GRAN MALOR, MA NO DORME âL DEBITOR â Quando la morfina dei prestiti non basta ad allontanare gli incubi.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 154
EL MAL EL VEN A CARI E âL VA VIA A ONZE â Il bilancio, dal punto di vista della quantitĂ e anche in rapporto alla durata, è sempre a favore del male, delle negativitĂ . Sic dicitur.
MAL DE PEL, SANITAâ DE BUDELE â I cosiddetti âsfoghiâ della cute indicano il piĂš delle volte lâavvio di un benefico processo di depurazione dellâorganismo.
EL SAN EL VOLERIA ZENTO ROBE, EL MALAâ UNA SOLA â Quando si dice: basta la salute. Vedi anche: âBenedĂŠta la sanitĂ , se è siori e no sel saâ.
COLAZION BONORA, DISNAR A LA SO ORA, A ZENA POCHETOT, SE TE VOI VIVER TANTOT â Ecco come regolare lâassunzione dei pasti nellâarco della giornata per vivere a lungo.
DONE, ANI E BICERI NO SE I CONTA MAI â Lo slogan dei vecchi play boy.
QUEL CHE VEN DE RIFA E RAFA, SE NE VA DE BUFA E BAFA â La âpartita di giroâ dei beni mobili (ma anche immobili) arrivati dopo sospetti percorsi.
I SOLDI DEI PORETI E I CULI DEI CAGNI LâEâ I PRIMI CHE SE VEDE âN PIAZA â Non sono ostentati eppure, stranamente, si notano subito.
EL DIAOL EL CAGA SEMPRE SUL MUCIO PU GRANT â Diverso dal âpiove sempre sul bagnatoâ. PerchĂŠ in questo caso si parla di cose piĂš solide, abbondanti, a prescindere dalla provenienza. E dalla capacitĂ di resistere alle intemperie. O agli sciacquoni.
LâOM EL TEN SU âN CANTON DE LA CAâ, LA DONA I ALTRI TREI â Economia domestica e ruolo della donna.
VEDE PU QUATRO OCI CHE DOI â In tipografia i correttori di bozze dovrebbero essere almeno due.
NO NAR AL CESSO PER NO BUTARLA VIA â Il massimo dellâavarizia.
CHI DEL LOT SE âNNAMORA, PREST O TARDI EL VA âN MALORA â La compulsione del gioco dâazzardo, ancor prima dellâavvento dei videopoker.
CO LE CIACERE NO SE PAGA NESUN â Ad esempio: âIntanto grazie, ci sentiamo âŚâ. Vedi anche: âLaoro fat, soldi spètaâ.
LA PIGNATA DE LâARTESAN SE NO LA BOIE ANCOI LA BOIE DOMAN â Un buon artigiano non resterĂ mai senza lavoro. Anche âin neroâ, al limite.
QUANDO LE ANEDRE LE SCHERZA SU LâACQUA PREST CAMBIA âL TEMP â Non rovinate le previsioni meteo lanciando pezzetti di pane nel lago âŚ
LA PRIMA GALINA CHE CANTA LâHA FAT LâOF â Excusatio non petita, accusatio manifesta.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini â 153
I VERI AMIZI CIARE VOLT A LâUS â Non è chi frequenta spesso la tua casa â soprattutto quando non serve –  il vero amico.
LA POLENTA CRUVA E LA DONA NUDA LE Eâ LA ROVINA DE LâOM â Dalla pellagra al cuore (cfr Venditti).
I BOI SE I LIGA PER I CORNI, I OMENI PER LA PAROLA â Anche se lâuomo non sempre rispetta i patti, mentre il bove lo deve fare comunque, obtorto collo.
PUTOST DE TOR DONA DAL NAS LEVAâ LâEâ MEIO MAGNARSE âN CAMP O âN PRAâ â Occhio alle permalose (ma anche ai permalosi) e al prezzo da pagare (vale anche per il divorzio breve).
FIOI PICOI ALEGREZE GRANDE, FIOI GRANDI ALEGREZE PICOLE â Equazione che tien conto sia delle variabili che delle fisse.
BATI âL BON EL VEN MILIOR, BATI âL TRIST EL VEN PEGIOR â Cambiano carattere solo i masochisti?
MODA, DESMODA, EL CUL STA âN LE BRAGHE â Passano le mode, ma il lato B dovrebbe rimanere comunque coperto.
EL TEMP EL SGOLA â Il tempo passa. Sia nellâacqua (panta rei), sia sulla terra (carpe diem), sia nellâaria.
LâEMPROMETER LâEâ FRADEL DEL MAL ATENDER â Chi promette sa giĂ che non manterrĂ subito la promessa.
OGNI PAES GHâA LA SO USANZA, OGNI BONIGOL GHâA LA SO PANZA â BonĂŹgol (o botòn de la gudĂ za, o boton de la panza) è lâombelico. E non si può staccare dalla pancia.
SE TE TE SPOSI I TE DIS DRIO MAL, SE TE MORI I TE DIS DRIO BEN â Matrimoni e funerali, false felicitazioni e ipocriti ricordi.
EL MES CHE SCOMENZIA DE DOMENEGA LâEâ PEZO DE NA TRISTA FEMENA â Occhio al primo giorno di ogni mese prima di credere allâoroscopo.
SE TE VEDI FUM, O CHE LâEâ FOCH O CHE LâEâ UN CHE HA CAGAâ DA POCH â Massima attenzione quando si avvertono questi segnali nellâaria: non sempre è puzza di bruciato.
EN DOVE NO GHâEâ COLPA NO GHâEâ PECAâ â Attenuante generica nellâomicidio colposo?
SE NA FAMIGLIA LA FA SU âN MUR, DO FAMIGLIE LE GODE DE SICUR â La concordia tra vicini sta nella materiale delimitazione delle rispettive proprietĂ ?
LâAQUA SANTA LA FA BEN TANT POCA CHE TANTA â Ininfluente il dosaggio e quindi lâassidua o meno frequentazione delle terme, pardon, della chiesa.
LâAMOR DE DIO E LA SEâ DEL FERAR LâEâ DO ROBE SENZA FIN â Lâimportante è che il fabbro si disseti con acqua, esclusivamente con acqua.
TUTI I SALMI I FINIS âN GLORIA â Pretesto per il brindisi. In ogni occasione. Soprattutto alla fine di una lunga conferenza.
EL DIAOL EL COGNOS LâALTRO â Tra Diavoli ci sâintende.
AL ZIMITERI SE FINIS TUTE LE QUESTION â Semmai le liti, dopo, riguardano gli eredi.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini â 152
FOGAMERDE â Si tratta dello scarabeo stercorario. Insetto che evidentemente ha nello sterco il suo habitat naturale. Ma âfogĂ râ (o fodegĂ r o ancora sfodegĂ r) sta per frugare. Quindi il significato di ficcanaso. O peggio di chi ama invischiarsi nello sporco. Non in senso lato.
MAGNANUGOLE â Chi vive tra le nuvole, perdigiorno. Insomma per aria, elemento del quale addirittura si alimenta.
NAR A PASCOLAR LE GALINE DE LâARZIPRET â Non vuol dire dare una mano allâarciprete (o al parroco, o comunque al sacerdote del paese) nel pollaio, ma di fatto morire.
TE BATO VIA I COIONI E GHE I DAGO AL GAT CHE âL FAGA MATERIE â Minaccia grave. Con prospettive non solo di cruente evirazioni, ma anche di spettacoli orrendi. Col gatto che gioca con ⌠poveri resti della virilitĂ perduta.
TI TASI CHE TE GHâAI ANCORA LA PEZOTA BAGNADA â (vedi anche pezotèr, pezotèra, pisòt, pisòta). Invito a un ragazzo o a una ragazza, presuntuosi, saputelli, a ricordare la loro inesperienza. Anche nei bisogni fisiologici, primari, infantili.
DESFIZAR LE BUDELE â Mangiare in abbondanza. In modo da togliere lâintestino da una sorta di raggrinzimento. Da notare che âdesfizĂ râ vuol dire sfilare lâago. Quindi in senso figurato si tratta di rompere le cuciture e ⌠liberare il passaggio del cibo. Vedi anche âbrontolĂ r de budèleâ, gorgogliare degli intestini, a causa della fame.
RASPAR SU TUT â RaspĂ r sta per limare, usare la raspa. In questo caso significa proprio mangiare tutto quanto câè nel piatto, senza lasciarvi nemmeno una briciola. Limando tutto ⌠ciò che è commestibile.
NA SGEVA DE FORMAI â Una scheggia di formaggio. Assaggio che prelude sempre a âOscia, dĂ me nâaltra sgeva de sto formĂ i bòmâ.
NA SBERLA DE POLENTA â Nulla a che fare con le torte in faccia. Sbèrla sta qui per âgrande porzioneâ. Anche sbèrla de carne, sbèrla de formĂ i (diverso, molto piĂš abbondante dalla sgèva).
PREPARAR EL CAFEâ BON â Il  caffè buono è semplicemente quello che non è caffè di orzo (o de zicòria) o quello che adesso si chiama decaffeinato. Insomma il caffè vero, non suoi derivati o sostituti.
FAR EL FIOZ â Letteralmente: fare il figlioccio. In realtĂ in questo caso il Padrino è quello che sottrae la porzione di un altro commensale. O perchĂŠ è lento a servirsi o perchĂŠ è arrivato tardi a tavola.
LâEâ âN PORO TETA â Tonto, imbambolato, anche âtetĂŹnaâ.
POCI MANINA â Bacia la manina. Ringrazia il cielo che è andata bene. Frase spesso accompagnata dal gesto di baciare la mano prima sul palmo e poi sul dorso. Vedi anche: âbasĂ rse le manâ.
BELE CHE FINIâ âL FILOâ â Chiusura dei discorsi, della festa, della pacchia. Filò erano le veglie invernali dei contadini nella stalla. In queste riunioni ci si dedicava al desvolzò, ovvero a dipanare le matasse dei filati di lana, capanapa o cotone, si sgranavano le mĂ nze de zaldo, si raccontavano storie ai bambini, si ascoltavano i racconti degli anziani. Far filò: chiacchierare, raccontarsi fatti e novitĂ .
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LASA CHE I CANTA âN DOM, CHE I Eâ PAGADI â Invito a prestare attenzione alla conversazione. Ed a lasciar perdere canti, âsireneâ provenienti da luoghi in quel momento estranei al dialogo.
LâEâ NA VAL CHE SE BRUSA â Quando è impossibile far qualcosa per evitare il peggio. Non un focolaio, insomma. Non una cosa da niente.
BELA DA VEDER â Commento a qualcosa che era del tutto prevedibile, inevitabile. âMĂ ma, ho maciĂ âl quaderno co la ciocolata ⌠â â BrĂ o, lâera bela da vederâ.
NO GHâEâ MA CHE TEGNA â Non si ammettono repliche. Senza se e senza ma. Vedi anche: âNo ghâè zeròti che tegnaâ.
SMACAR EL BORTOL â Percuotere il sedere dei bambini. âOcio che te smĂ co el Bòrtol neh âŚâ.
ESER âN GIANDARMO â Riferito di solito ad una donna energica, che riesce a mettere in riga tutta la famiglia, a cominciare dal marito.
NO CREDER GNANCA âN TE âL BROâ DE GNOCHI â Non credere proprio in nulla. Nemmeno alla gastronomia.
PARER LA MORT âMBRIAGA â Essere davvero conciato male. Rinsecchito, macilento. Da stare in piedi per miracolo. Come appunto se la morte avesse esagerato nelle libagioni. Le ultime âŚ
RIDER CO âL SAOR DEI ALTRI â Ridere di malavoglia. Magari quando non si è capita la battuta, la barzelletta.
VA ZERCA CHI LâHA ROTA â Impossibile conoscere chi abbia fatto qualcosa di negativo, provocato un danno. Eâ anche un invito a non prendersela troppo oltre che a lasciar perdere le indagini.
FAR PREZIPIZI â Rovinare, fracassare. Ma soprattutto: andare in malora, finire nel burrone, fallire.
VOLTAR EL PUTIN EN CUNA â Cambiare discorso. Non il pannolino ⌠e nemmeno il premier russo.
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CHI GâHA BRAGA PAGA, CHI GâHA VESTA GODE LA FESTA â Da aggiornare al pagamento degli alimenti in caso di divorzio.
EL MATRIMONI âL FA TREMAR ZIEL E TERA E PEI DELA LITERA â Tra sacro e profano. Innamoramento, amore e sesso.
CHI GâHA FIOI TUTI I BOCONI NO I Eâ SOI â Quando si mette su famiglia con prole le spese aumentano.
MEIO NâAIUTO CHE ZINQUANTA CONSIGLI â Fatti, non parole.
MEIO FAR ENVIDIA CHE PECAâ â Meglio essere invidiati che oggetto di compassione
GâHA DIRITO A RIMPROVERAR CHI SA MEIO FAR â Lâesperienza, la pratica dĂ la facolta, il diritto di intervenire. Soprattutto quando si parla di lavori da eseguire a regola dâarte.
FRADEI âN CRISTO, NO âN LA PIGNATA â Finita la Messa gabbato lo Santo. E giĂš le mani dal mio panino ⌠amen.
QUANDO SE STA BEN NO SE Eâ MAI VECI â Meglio aggiungere vita agli anni che anni ad una vita di acciacchi e dolori fisici
CHI Eâ VIZIN ALA COSINA MAGNA LA MENESTRA CALDA â Ma attenzione alle pizze da asporto se si abita lontano dalla pizzeria.
MERDA GRANDA PANZA TESA â Eâ da quanto esce fuori che si capisce quanto è andato dentro âŚ
EN CASA STRENZI, EN VIAZO SPENDI, EN MALATIA SPANDI â Teoria e pratica della spesa. Diversa a seconda delle prioritĂ .
CHI Eâ STRET DE MAN Eâ STRET DE COR â Lâavarizia incide anche nei rapporti interpersonali. Dâamicizia soprattutto.
CON LA BOSIA TE VAI A DORMIR GENERAL E TE DESMISI CAPORAL â La realtĂ (degradata) quando ci si risveglia dopo un sogno che si reggeva sulla menzogna.
ESSER âN TE âL VOLT DEI POMI â Cioè al fresco, dove si conservano le mele. Di solito si allude alla camera mortuaria
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 149
APRIL LâEâ FAT PER âNCOIONAR LA ZENT â Non solo il primo del mese. Anche perchĂŠ, come diceva il saggio cinese, aplile dolce dolmile âŚ
APRIL NO TE DESLIZERIR DE âN FIL â Ma con questa primavera uggiosa sfido chiunque ad andare in giro con abbigliamenti ⌠anche solo primaverili.
APRIL EL FA âL FIOR E MAGIO âL DA âL COLOR â Il ciclo naturale. Poi comâè quella storia dellâape? E la cicogna, mamma, allora cosa câentra? E perchĂŠ bisogna stare attenti a guardare sotto le verze? E il piccolo Andrea, il mio fratellino, come mai è venuto fuori dalla tua pancia?
SE âL PIOVE EL DIâ DE PASQUA VEN ERBA ANCA SU âN DE NA LASTA â Potere delle muffe, dellâumiditĂ . Occhio durante le arrampicate libere ai fragili appigli vegetali.
SE PIOVE SU LE PALME PIOVE ANCA SUI BRAZADEI â Non bisogna fidarsi, in caso di precipitazioni pre-pasquali, dei pic nic allâaperto o delle gite fuori porta. Meglio consumare il tradizionale dolce pasquale al coperto.
SE TE GAI âN BON ZOCH SALVEL PER EL MES DE APRIL â Meglio tener via un poâ di legna per questo mese e non dimenticare il caminetto.
NADAL COL SOL, PASQUA COL STIZON â Quando fin dalla fine di dicembre si può prevedere che tempo farĂ a Pasqua.
SE LA VIGNA LA BUTA DE MARZ LA âMPPIENIS EL TINAZ, SE LA BUTA DE APRIL LA âMPIENIS âN BARIL â Se le viti germogliano in marzo la vendemmia sarĂ ricca. BasterĂ un piccolo contenitore invece se questo succede in aprile.
EL SEREN CHE VEN DE NOT LâEâ COME NâASEN CHE VA DE TROT â Bufale. Che non vanno al galoppo. CosĂŹ come non dura il sereno che viene di notte, con le scarpe tutte rotte âŚ
LA LUNA LA SPAZZA â Non solo il vento allontana le nuvole.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini â 148
ESSER CUL E CAMISA â Relazioni intime. Perfetta sintonia e ⌠aderenza a determinati modi di essere. In comune.
ESSER BUSETA E BOTON â Asola e bottone. Come cul e camĂŹsa. Forse con maggiore profonditĂ e vicinanza.
NO ESSER DE QUEI DâALSERA â Avere maggiore esperienza. Distinzione netta da quelli che recentemente hanno preso contatto con lo stesso locale o con la stessa situazione. Vedi anche: âNo son miga vegnĂš zo co lâultima nèf âŚâ.
NO VEDERGHEN DENTâ â Impossibile vedere allâinterno. Non solo della sfera di cristallo ma anche nella soluzione piĂš pratica di un problema.
FAR LA SCAFA â Creare con i muscoli facciali la tipica espressione del broncio.
NO AVER RECHIE â Non darsi pace. Non avere tempo nemmeno per un requiem ⌠Occhio che non si tratta di non avere orecchie per sentire quello che succede comunque intorno.
AVER SCRIMIA â Non aver problemi di discernimento. Per âscrimiĂ râ. Ovvero sbrogliare una matassa. Risolvere una questione. Poter dir la propria opinione con convinzione e la forza della conoscenza.
ENZOLARSELA DRIO A LE RECE â Un poâ come fare un nodo per ricordarsi qualcosa. Solo che in questo caso specifico vuol dire serbare rancore per uno sgarbo che risulta registrato perfettamente. Ed altrettamento perfettamente è stato archiviato a livello audio.
TAIAR A SCALETE â Una volta per molto meno si dava dellâincapace al barbiere che avesse conciato i capelli a scaletta, cioè con evidenti âtaccheâ. Ora la moda ha però rivalutato questo tipo di taglio. Viene usato anche per dire che qualcuno cincischia.
DAR DA âNTENDER CHE NâASEN LâEâ NAâ SU PER NA NOGARA (O NOGHERA) â Prima che lâasino (o lâelefante) possa decollare, librarsi in volo nel cielo, è necessario del resto che possa prender quota, magari con lâaiuto di una pianta di noci.
NAR DE LIRONLERO â Lâè lĂŹ lâè lĂ lâè lĂŹ che lâaspetava el Miguel âŚ. El Lironleroooo.  Vuol dire andare barcollando. Magari alla ricerca del merendero, del sombrero, dopo en goto de quel nero âŚ
ZUCHER SORA LE FRAGHE â Qualcosa di superfluo. Ma in gelateria è concesso âŚ
LâALBA DEI TAVANI â Si parla di mezzogiorno. Quando i mosconi cominciano a ronzare âŚ
AI TEMPI DE MATIO COP â Cioè anni e anni e anni addietro. Ai tempi del misterioso Matio Cop.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini â 147
LâAMOR LâEâ ORBO â Serve la benedizione furbi et orbi per non dar retta alla passione.
LâAMOR VECIO NO âL FA MAI MUFA â Basta prestare attenzione alle conseguenze dei cosiddetti ritorni di fiamma.
MEIO SOLI âN TE NA STALA CHE TANTI âN TE âN PALAZ â La qualitĂ della vita in relazione ai carichi antropici.
NA NOS PER SACH E NA DONA PER CAâ â Funziona come le societĂ perfette: sono quelle i cui soci sono in numero dispari, inferiore a tre.
PER LA COMPAGNIA SâAâ MARIDAâ ANCA âN FRATE â Il problema del celibato negli ordini religiosi.
EL DENT LâEâ PU VIZIN DEL PARENT â E delle volte un dente, anche cariato, fa meno male di certi consanguinei.
FIOL SOL, FIOL ASEN â Il disagio dei numeri primi.
FATA LA GABIA, MORT LâOSEL â E pensare che aveva lavorato e fatto risparmi per una vita, mai andato in ferie, al lavoro in quel cantiere della sua casa anche di notte. Che sfortuna ⌠proprio quando erano arrivati anche i faretti per il giardino.
EN TERA DE ORBI BEATO CHI GAâ NâOCIO â La tremenda vendetta di Polifemo-
ZOCH DE MAN NO SâEL FA VIZIN AL CAGN â Attenti al cane: non capisce la lingua dei segni.
LA ZIVILTAâ LA VA SEMPRE âN ZO, MA âL MONDO âL GAâ âL CUL EN SU â La rivoluzione terrestre non tiene conto dei capricci umani.
CHI GAâ LA GOBA, CHI GAâ âL GOS E CHI NO GAâ NEâ GOBA NEâ GOS GAâ âL DIAOL ADOS â Meglio difetti fisici che vendere lâanima al diavolo nella propria integritĂ .
LODETE ZESTA CHE âL MANECH LâEâ ROT â Quando anche se il difetto sta nel manico tutto il resti funziona ancora.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini â 146
ONT COME LA SIL DE âL CARETER â Unto come lâassale del carrettiere. Si dice anche âont come na sitèlaâ. Ci si riferisce solitamente ad un ubriaco (ònt). Se si è vicini al coma etilico : âònt e bisòntâ.
DURA COME âN BECH â Dura come un caprone. Si parla di carne. Vedi anche: âCossa gĂ t soto le scarpe se le sòle te me lâhai fate ai feri?â
TACAR COME âL VISâCIO â Ovvero come quella sostanza che si usava per intrappolare gli uccelli su un ramo.
STRUCADI COME SARDELE â Provare per credere sui bus la mattina quando partono (o tornano) gli studenti.
VEGNIR AVANTI COME LA MERDA SOT AI STARNEZARI â Gli starnezĂ ri sono le grondaie. Sotto le grondaie di solito le deiezioni durano pochissimo. Di qui il significato: crescita zero. Come la produzione industriale italiana negli ultimi tempi.
VARDA CHE TE COLTIVO â PiĂš che una dichiarazione dâintenti in ortofloricoltura si tratta della minaccia di âraddrizzareâ con metodi drastici qualcuno.
FARSEN NA TESA â Mangiare abbondantemente. Per poi dire: âBo, adès sarĂŹa anca tès, ma e se nèssen a farne na piza?â
SALUTE E BEZI E TEMP DE GODERLI â Salute e soldi ma anche il tempo per godersi questi desideri (o auguri).
CIAPARSE SU QUALCOS â Ammalarsi. âVei denter che se no te ciapi su qualcos âŚâ. PossibilitĂ di prendere un virus, unâinfezione, di subire una patologia da portatori tuttâaltro che sani di ⌠qualcosa.
ESER ENCUCAâ â Naso tappato dal raffreddore. Ma anche per i postumi di una sbornia.
EL BACHETEL DE LâALEGRIA â Riferimento allâorgano sessuale maschile (omissis âŚ)
ESER BENBINAâ â Essere composto. Avere un abbigliamento adeguato, anche alla situazione climatica, atmosferica, ambientale. In caso contrario: malbinĂ , eser maltapĂ , eser maldobĂ ,eser malcombinĂ .
AVER EL VESTIâ CHE PIANZE ADOS â Come il contrario della voce precedente. Ma in modo evidente: nel senso che si vede lontano un miglio che il vestito gli (o le) casca male, che è troppo largo, che insomma non avvolge nella maniera giusta il corpo.
LASAR UN âB TE âL SO PIS â Lasciare qualcuno ⌠nei propri umori, nel suo brodo. Anche con le mutande bagnate se se lâè fatta sotto.
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BOIR FORA â Richiama il bollire delle vinacce attraverso il quale si ottiene la grappa. In realtĂ si riferisce in genere allâaumento della sudorazione dopo abbondanti libagioni. Anche di grappa.
ESER SENZA DOVA â Si dice di un vino che ⌠non sa di niente. Al contrarip, se âĂŹl gĂ la dòvaâ allora si lascia bere, o meglio ââl se lĂ sa âŚâ.
RACHELE â Modo scherzoso per indicare la grappa. Forse dal nome della moglie del Duce. O da qualcosa che richiama el âraschĂŹnâ in gola. Boh.
TROVARSE âMBROIADI â Certo, si dice anche di vittime di imbrogli, raggiri. Ma il piĂš delle volte per definire uno stato di imbarazzo, quando non si sa che dire o cosa fare. O si è in difficoltĂ comunque. In una situazione piena di guai.
AVERGHEN PIEN LE MIOLE â Stanchissimo. Fino alle midolla.
NO ESER LA STRADA DE LâORT â Non avere davanti un tragitto breve. Come quello che porta allâorto di casa. Insomma, un posto lontano da raggiungere.
EN SPEGIO DE GIAZ â Luogo ricoperto, del tutto, da ghiaccio. Lastra ghiacciata dove ci si può specchiare.
A CHI MASSA E A CHI MIGA â Ingiustizia sociale.
QUANDO SBALZA LA BALA âN MAN OGNUN SA DARGHE â Da evitare (se non si è il portiere) nellâarea di rigore durante una partita di calcio. Vuol dire che quando si è toccati dalla fortuna non è difficile realizzare qualcosa di buono. Di solito âŚ
CON GNENT NO SE FA GNENT â Start-up con necessitĂ di contributo iniziale
APRIL: LA PEGORA LA GODE E âL PORCO âL ZIGA â Destini diversi per ovini e suini in primavera
APRIL PIOVOS, AN FRUTUOSÂ – Spread e Pil collegati strettamente al meteo
SE CANTA âL GAL SORA LA ZENA SE LâEâ NUGOL EL SE SERENA, SE âL CANTA SORA âL DISNAR SE LâEâ SEREN EL SE VOL NUGOLAR, SE âL CANTA DA MEZANOT EL PIOVE âL DIâ E ANCA LA NOT â Occhio al gallo prima di uscire di casa con o senza lâombrello.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 144
VARDAR FORA MAL â Non bisogna fare la traduzione letterale. Altrimenti si va lontano, molto lontano dal significato. Si tratta di dimostrare un brutto aspetto che denota una cattiva salute. Allâopposto si può dire âvardĂ r fòra benâ. Deriva dal tedesco: er sieht schlecht/gut aus. Insomma gli occhi come specchio dellâanima ma soprattutto delle condizioni (interne, di qui la necessitĂ di guardar fuori) di salute. Attenzione: vardĂ r mal (senza specificare da dove) vuol dire invece guardare in modo cagnesco, con recondite minacce. Allâopposto, vardĂ r ben: principio di innamoramento?
TOR CO LE BONE â Convincere con le buone maniere. Rapportarsi al prossimo con empatia. Vedi anche: âUsĂ rghe le bòne a âl diaol perchĂŠ no âl mordaâ.
METERGHE âN DIâ PER NAR E TREI PER TORNAR â Non dipende sempre ed esclusivamente dagli imprevisti. Può anche darsi che il luogo di arrivo abbia una serie di interessi tali da rendere piacevole il soggiorno.
SERAR SU BARACA E BURATINI â Cala il sipario. Chi sâè visto sâè visto. E forse non ci sarĂ una prossima analoga situazione, una replica dello spettacolo.
NO FARSE VARDAR DRIO â Non dar motivo per essere additato. Anche dal punto di vista morale. Non solo per lâabbigliamento eccentrico.
TACAR BOTON â Trattenere â chi non ne ha affatto voglia â con chiacchiere pretestuose e vuote. Possibile risposta: âMòleme te prego che gò da nar a tor i boci a scòlaâ.
CONTAR QUELA DE LâORCO â Tenere a bada con ciance come si fa raccontando fiabe ai bambini. Vedi anche: âContĂ quela de lâòrsâ.
SVOLTOLARSE DA âL STRACH â Si può riuscire a non dormire anche per lâeccessiva stanchezza.  O pigrizia.
ARAR STORT â Non rigare dritto, uscire di strada. Anche su strada asfaltata o nella vita sociale, non necessariamente nei campi. Dove però si può finire dopo lâincidente.
AVERGHEN FIN CHE SE âN VOL â Il massimo dellâabbondanza.
TRAR âL CUL A SGUAZ â Tipico modo di nuotare di chi è alle prime armi. Con grandi movimenti di acqua in piscina.
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EN VENT CHE PORTA VIA â Non è di solito quello dellâest. Ma freddo, tipo bòra triestina, tramontana. Se non porta proprio via la persona ha buon gioco con lâombrello. Ma dove vanno i marinai?
EN NEGRO DâONGIA â Roba da poco. Giusto quella porcheria che si annida sotto unghie da tagliare e reduci da lavori ⌠sporchi.
PIS DE ANZOI â Non è la pioggia ⌠dorata. O qualcosa simile allâacqua santa. Si dice di un liquore decisamente squisito.
MIS MAS â Confusione. Dal tedesco: Mischmasch.
AVER NA CARGA DE LEGNA VERDA â Beh, ha anche un significato letterale. Cioè ritrovarsi con tanta legna appena tagliata, verde, non adatta per accendere subito il caminetto o il forno. Ma una volta si usava per indicare una famiglia con a carico ancora tanti bambini, tanti piccoli, in âverde etĂ â. PiĂš pesanti â come per la legna â di quelli stagionati, secchi. Nel senso che li si ha in groppa. E vanno allevati, custoditi, preparati al âfuocoâ della vita.
AVER LE COCOMBRIE â Essere ipocondriaco, fissato su qualcosa, soprattutto sui propri, magari inesistenti, malanni fisici. Anche preoccupazioni decisamente insolite.
BASTA CHE LâARFIA â Basta che respiri. Squallido se riferito al rapporto con una donnaâŚ
DAR LE ARMANDOLE â Dare le mandorle. Corrompere (non con un semplice sacchetto di mandorle, sâintende).
ESSER SENZA DOVA â Si dice di un vino che non ha personalitĂ . Al contrario: ââl ghâĂ dòvaâ.
DROPAR LA LADRA â Non è il caso di coinvolgere una donna in un colpo ladresco. La lĂ dra è in realtĂ quel tubo di gomma con il quale si può comodamente succhiare o travasare il vino dalle botti o dalle damigiane. Certo, serve anche a rubare. Ad esempio ⌠la benzina dal serbatoio delle vetture, dei motocicli, dei camionâŚ
ESER ONT â Non vuol dire unto del Signore. Ma brillo. âBisòntâ: piĂš che ubriaco, da coma etilico.
TROVARSE EMBROAI â In grande difficoltĂ . Non saper che fare per uscire da una situazione intricata. Certo, anche restare vittima di una truffa, di un imbroglio. Ma in questo caso è meglio dire: âOscia, i mâha ciavĂ , diaolporcoâ.
FARNE NA BARELA â Non câentra il pronto soccorso. Si tratta di andare a cacare abbondantemente. La barella si usava â dopo – per trasportare in qualche luogo (ad esempio nei campi) il contenuto del gabinetto (cesso) che di solito era collocato allâesterno dellâabitazione e non era di certo allacciato alla rete fognaria.
LâARTE DEL MICHELAZ. MAGNAR, BEVER E NAR A SPAS: Carpe diem. Che gli altri lavorino che io me la spasso da mane a sera.
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DA SAN GREGORI PAPA LE RONDOLE LE PASA LâAQUA â A San Gregorio cominciano le migrazioni, sopra il mare, delle rondini. Che ritornano ⌠per far primavera.
DA SAN GIUSEP NO SE SCALDA PU âL LET â A prescindere dalle variabilitĂ in teoria dal 19 marzo (San Giuseppe) non si dovrebbe piĂš riscaldare il letto. Artificialmente sâintende. Se poi câè la calda passione âŚ
MARZ NO âL GHâA âN DI COME LâALTRO â Marzo pazzerello.
DE MARZ CHI NO GHâA SCARPE VA DESCOLZ â Insomma, a piedi nudi nel parco? Almeno i calzini, forse, sarebbe il caso di metterli.
AL SOL DE MARZ E A LâAMOR DE LE PUTELE NO SE GHE CREDE â Fuochi fatui.
VOIA O NO VOIA MARZ âL VOL FOIA â Guarda guarda, stanno spuntando le prime foglioline âŚ
LA LUNA DE MARZ LA VA FIN A SETEMBRE â Influssi lunari primaverili destinati a condizionare tutto fino alla fine dellâestate. Ipse dixit.
CHI MAZA EN PULSE MARZOL, MAZA EL PARE E ANCA EL FIOL â Prevenzione contro i parassiti molto efficace nel periodo di marzo. Strage di unâintera generazione di pulci assicurata.
SE âN MARZ BUTA ERBA, EN APRIL BUTA MERDA â Lâauuspicio? Che marzo sia poco piovoso.
MARZ SUT E APRIL BAGNAâ, BEATO âL VILAN CHE LâHA SOMENAâ â Marzo asciutto e aprile piovoso, beato il contadino che ha seminato.
EL BOâ MORO O LâEâ MERDA O LâEâ ORO â Non ci sono vie di mezzo. Difficile la previsione al momento dellâacquisto dellâanimale.
EL PRAâ FAâ LA VACA E LA VACA FA âL PRAâ â Un ciclo naturale. Dallâerba al concime.
ZAPA FONT E SOMENA PER SORA â Aratura del terreno profonda, semina a spaglio e in superficie.
PAN VIN E ZOCA E POâ LASA CHE âL FIOCA â Pane, vino e un bel caminetto accesso. E lascia pure che fuori nevichi.
EN TEMP DE GUERA TANTE BOSIE CHE TERA â Quante bugie, quante cose non vere si sentono e si dicono in tempo di guerra.
EN GUERA, EN CAZA E NEI AMORI EN SOL PIAZER GHâA MILI DOLORI â Guerra, caccia e amori: per una gioia mille dolori.
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NO STA DARTE LA ZAPA SUI PEI â Occhio dove scavi, dove usi la zappa. Non solo ai piedi âŚ
FA PU BEN CHE TE PODI â Invito ad eseguire un lavoro a regola dâarte. Nel limite del possibile.
DATE PAZE VALAâ â La virtĂš dei forti è la calma. Soprattutto nei momenti decisivi. Vedi anche: âCalma e gessâ.
UNDICESIMO ⌠NON SBAZILARE â SbazilĂ r sta per vacillare. Invito a non prendersela. âMi no sbazĂŹloâ: non mi preoccupo, faccio sul serio.
VOLTELA CHE LA SE BRUSA â Invito a cambiare discorso. O anche ad evitare che la frittata si cuocia troppo da una parte.
CON LA FAM FIN AI OCI E CON LE SBROCE FIN AI GINOCI â Allora: in tempi di gran miseria, di gran fame, si bollivano le castagne nellâacqua per mangiarne la polpa. La fame rimaneva costante nonostante le bucce della castagne svuotate del loro contenuto arrivassero sino alle ginocchia.
FAR STRONZI MAGRI â Poco entra e poco di conseguenza esce âŚ
BRONTOLAR DE BUDELE â Quando si ha fame canta solo lâintestino
FAR PIETAâ AI SASI â Se anche il mondo minerale sâintenerisce vuol dire che si è messi male.
GNANCA BON DE ⌠– Classica sfida impossibile. Attenzione: leggere bene la parte dedicata ai possibili effetti collaterali.
BELE CHE FINIâ EL FILOâ â Buonanotte suonatori. La festa è finita. Adesso siamo a posto âŚ
NO LA VA GNANCA A TRARLA â Se una cosa non va non va. Nemmeno a spingerla.
AVERGHE DE âL STROLECH â StrolegĂ r vuol dire arrovellarsi, lambiccarsi il cervello, fantasticare.
METERGHE SU NA PEZA â Porre rimedio a qualcosa che è stato fatto male. Basta che ââl tacon no sia pezo del bĂšsâ.
RESTAR MALSAORI? â Retrogusto amaro dopo qualcosa che si sperava fosse ben diverso.
 Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 140
GAMBE AIUTA E CUL VEI DREâ â PiĂš veloce della luce, del tempo, dello spazio. Laddove tutti gli elemti fisici, allâunisono, si danno ad una precipitosa fuga. Vedi anche ânĂ r che nĂ reâ.
SPETEME CHE VEGNO â Non è una richiesta di tempo ma lâesatto contrario. Si dice a chi è lento, indeciso nel muoversi, nel darsi da fare. Vedi anche: âNènte o stènte?â
BOCA TASI, CHE DE DAROâ DEL PAN â Invito a non palesare un segreto. In cambio di tangente alimentare.
âSA SONTE MI, FIOL DEI ZINGHENI ? â Esclamazione, dal retrogusto razzista forse, ma molto usata in passato. Ora tristemente aggiornata per la veritĂ (Vara che no son miga arivĂ coi barconi). Vedi anche, a proposito di vecchie discriminazioni: ââSa sonte mi, el fiòl de la serva?â
VAGO VIA E SâCIAO â Venni, vidi e salutai. Sâciao ha ancora presente la radice di âservus, schiavoâ donde il ciao moderno: vostro umile servitore (una volta) bye bye, adesso.
QUESTO LâEâ NâALTRO SCIAP DE OSEI â Questa è unâaltra questione, un altro stormo di problemi che sorvola le nostre teste pensanti. Vedi anche: âNo lâè quela so mareâ, laddove possono nascere, a prescindere dal Dna, gli identici problemi dettati da âmater certa, pater âŚâ.
LâEâ TUT PETI PER LA TOS â Rimedi effimeri. Volatili. Inadeguati per curare la raucedine, la tosse.
NENO â Vuol dire piccino. La sequenza a diminuire: piccinino ⌠picinèno ⌠nèno ⌠(anche) nène ⌠nini.
SMONAâ â Stufo, annoiato. Pur riferendosi allo stesso organo sessuale femminile è diverso da âsfigĂ â. Nel senso che qui la sfortuna non câentra. Semmai lâaccidia. Lâeccessiva rilassatezza. La pigrizia unita ad una concezione del mondo tutta letto-divano-poltrona-Tv e poco altro.
AVER EL MAL ZALT â Sintomi dellâitterizia.
AVER EL MAL DE LA PREDA â Non si tratta di dover scappare da un predatore. Vuol dire essere afflitti dalla renella, avere i calcoli (piccole pietre?) alla vescica.
AVER EL MALCADUâ â Epilessia. Convulsioni. Frequenti perdite di coscienza e conseguenti cadute.
NO LA ARDE E NO LA SBRUSA â Quando uno stato di malesere non si decide ad avere il proprio picco. Tipico di certi raffreddori, di influenze mal curate.
TANT CHE FREGARGHE âL CUL A LâASEN QUANDO âL GHâAâ LA SGHITA â Un rimedio che serve a ben poco. Come liscare il culo allâasino quando ha la cacarella, appunto.
AVER ZIGAMENT DE RECIE â Fischi negli orecchi. Proprio come se qualcuno gli gridasse (o fischiasse) dentro.
AVER âN DENT CAROLAâ â Carol non è nome proprio ma, in dialetto trentino, significa tarlo. Di qui le carie âŚ
MAGNAR LA FRITOLA â Mangiare la frittella. Ma di solito ci si riferisce a ben altro. In campo sessuale.
ESER DE RIVA MA AVER LE GAMBE A ARCO â Non è lâauspicio della fusione tra i due maggiori centri della âBusaâ. Semmai un modo ironico per dire che le gambe â non in perfetta linea â appartengono allo stesso corpo.
AVER EN STRAZ DE MARIâ â Come dire: altro non câera in giro quando mi sono sposata. Bisogna accontentarsi. Piuttosto che restare zitella âŚ
ESSER SU âL CAVAL DE âL MAT â Follie giovanili. Quando si seguono i propri bollori âŚ
FAR NA RESTA â Avete presente i russi che buttano giĂš la vodka in un sorso e poi spaccano il bicchierino per terra? Ecco, in trentino far na resta è uguale. Solo che il bicchierino poi non viene rotto, ma riempito piĂš volte ancora.
onosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 139
ESER COME LA LUNA DâAGOST â Cioè grosso, grasso, ben nutrito. E magari avere anche ⌠la luna, essere meteoropatico.
TEGNIR LA CAâ COME âN BOMBO â Massima pulizia. Perfezione. Tenere la casa come un confetto. âAh no stè vardĂ r en giro neh che gò ancora da meter a posto stamatinaâ (per far notare che è giĂ tutto uno splendore, un bello e impossibile).
SEMPIO â Non scempio. Sta per âa un solo filo, sempliceâ. Però si può usare anche come insulto o come buffetto amichevole (âChe sĂŠmpio che te seiâŚâ).
STROPOL â Significa tappo. Si dice di persona bassa di statura. Si usa con i bambini: âVèi chi stròpol che te ghe dĂ i en baso al nono ⌠no? Alora bĂ sete el culâ).
CAGABAS â Vedi voce precedente. Vuol dire che si è bassi. Anche con il sedere evidentemente.
TESTA SBUSA â Câè un buco nel cranio. Dal quale sono usciti i neuroni. Sta per ignorante.
TE SEI âN MASACRO â Non sta per serial killer. Sei una frana. Che può combinare âdisastriâ (âMa che disastro hat fat su poâ?â)
NO AVERGHE DE MI, DE TI, DE VOI â Insapore. Non saper di niente. Nemmeno di una moltitudine di sapori assemblata da altri commensali.
VALAâ PAGNACA â Da pagnotta. Sta per scimunito. Molle. Flaccido e poco sveglio.
BACUCO â Scemo. âLâè ân vecio bacucoâ: demenza senile.
MACABALE â Da macĂ r (ammaccare) e bĂ le (palle). Rompiscatole.
LAMENTARSE DE OGNI PET DE CUL â Lagna continua. Ogni occasione è buona per ⌠soffiare sulla polemica.
NAR A PASCOLAR LE GALINE DE LâARZIPRET â Sta per morire. Nel senso ⌠pastorale del termine.
NO FARME NAR ZOâ QUEL CHE NO GOâ â Di solito proferita dalle donne. E riferita ad organi sessuali maschili.
AVANTI COI SCAVI â Tirem innanz. Adelante. Insomma, dai, che vien sera e continui a dirmi le stesse cose.
BECOLAR QUALCOS â Eâ il modo di mangiare delle galline (anche sbezolĂ r) cioè prendere il cibo di qua e di lĂ con il becco. Spiluccare. BecolĂ r può anche voler dire raggranellare quattrini, qualcosa ⌠sempre di qua e di lĂ .
PERCHEâ âL SE MOVA GHE VOL EL BINDEL â Quando serve lâargano per smuovere qualcuno lento, pigro, con poca voglia di far qualcosa. O di alzarsi semplicemente dal letto.
TE PODI FAR EN QUADRET â Da incorniciare. Una volta si trattava di ex voto, messo in un quadretto appunto, da far pervenire ad un santuario o genericamente âala Madònaâ. Cosa preziosa. âVara che la tâè nĂ da de lĂšsso, te poi farghe ân quadrètâ.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 138
NAR A PANZA â Tanto al chilo. Presappochismo. MassĂŹ che cosĂŹ va bene. Allâincirca.
TRARSE EN SCHENA âSuccede di fronte a qualcosa di straordinario. Anche in senso negativo. Nel senso che si finisce a terra, di schiena, come se unâesplosione ti avesse colpito in pieno. Diverso âtrĂ rse en tèra dal riderâ (vedi anche : pisĂ rse adòs dal rider) vale a dire diventare vittima di unâirrefrenabile ilaritĂ .
FARGHE LA PONTA AL LAPIS â Cioè appuntire la matita che di solito si usa nel settore artigianale. Sta per mettere i puntini sulle âiâ, fare i saccenti.
EN TE âN DAI E NO VEDI â Colpisci e fuggi. In un attimo. Decisione allâistante. E non lo vedi piĂš âŚ
PARLAR âL DIALET BIOT â Parlare dialetto âsciètâ cioè senza prendere in prestito parole dalla lingua italiana. Insomma, come mangiare un panino âbiòtâ senza companatico. Schietto âŚ
AVER LA PIOMBA â Appesantimento dopo una sbornia. Vedi anche: âgò na scimia entorno ⌠che quando la ciapoâ.
NA ONZA E NA PONTA â Lo dice di solito lâanziano malandato a chi gli chiede come va. Vale a dire: unâapplicazione di unguento e un bastone per appoggiarsi. Queste le richieste, semplici, per star meglio.
AVER EN BRUT MAL â Ci si riferisce sempre a mali ritenuti incurabili. Insomma, quando si parla di male brutto di solito si utilizza questo eufemismo.
MAGNARGHE SORA â Far la cresta. Illeciti guadagni. Tangenti, bustarelle ⌠vitalizi?
DAR LE SARDELE â Non si tratta di rifornire qualcuno di sardine. Ma di far venire, a forza di bacchettate , segni sulle mani che richiamano la figura della sardina.In piĂš punti di rosso vivo colore e bruciore.
CIAPAR NA CISOLADA â Prendere una bruciacchiatura. Di solito riferito a quello che può succedere avvicinando i capelli ad una fiamma.
PORTAR EL CAPEL EN BANDA â Cioè uno che porta il cappello storto. Per mettersi in mostra. Tipico dei giovanotti di un tempo. PerchĂŠ adesso il cappellino si porta anche con la visiera sul retro ed è di moda.
ESSER MERDA E MEL â Amici per la pelle (sporca e attaccaticcia?), insomma una relazione quasi intima.
ESER ORBO DA âN OCIO E SORDO DA NA RECIA â Vedo e non vedo. Sento e non sento.
ENFASARSE LA TESTA PRIMA DEL TEMP â Saltare la coda del pronto soccorso e âfar da sĂŠâ? Diciamo che è molto di piĂš. Si tratta di provvedere da sĂŠ alla medicazione prima ancora di essere rimasto ferito. Insomma, con largo anticipo nella previsione pessimistica
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 137
FIOL SOL, FIOL ASEN â La solitudine (con vizi e capricci) dei numeri primi. Anche questo comunque un proverbio da aggiornare.
FIOLE E VEDRI I Eâ SEMPRE âN PERICOL â Attenzione massima quando si maneggiano oggetti di vetro. Quanto alle figlie: âNo, non vai da sola in Germania âŚâ â Ma papĂ , è per lâErasmo ⌠per studiare. âPuoi benissimo studiare anche a casa no?â
ACQUA CHE VA NO PORTA VELEN â Questo forse quando le analisi di fiumi e torrenti erano superficiali o si affidano allâapparenza âŚ
LA FOGNA RIMESTADA LA RADOPIA âL SO PROFUMO â Vedi il proverbio precedente e tranne le dovute conclusioni.
NO PRESTAR FEDE A OM CHE GIURA, A CAVAL CHE SUDA E A DONA CHE PIANZE â Spergiuri, il doping nei concorsi ippici, la lacrima facile.
NEâ A TORT, NEâ A RESON NO FARTE METER EN PRESON â No alla carcerazione preventiva.
NO SE FA MAI FADIGA A FAR LE ROBE O A âMPROMETERLE EL MES DEL MAI E LâAN DEL MIGA â Le famose Calende Greche.
QUANDO SE CREDE DE ESER A CAVAL NO SE Eâ GNANCA EN PEâ â Mai dormire sugli allori o pensare di essere vicini al traguardo solo perchĂŠ la sella è comoda.
I PENSERI I Eâ DREâ ALA VIA: CHI LI TOL SU, CHI LI PARA VIA â Ma cosa câè in concreto  dietro questo benedetto angolo tanto temuto eppure tanto desiderato, oggetto comunque dellâumana curiositĂ ?
LIGA LâASEN EN DO CHE VOL EL PARON â Non capisco ma mi adeguo.
EL SIOREDIO EL LASA FAR, MA NON STRAFAR â Peccare è umano, perseverare âŚ
FINIâ LA MESA, FINIâ ANCA LE CANDELE â Andate in pace lo stesso.
A MAGNAR CANDELE SE CAGA STOPINI â Meglio essere laici e affidarsi ad altro tipo di alimentazione?
LA MORT LA TOL EL DUR E ANCA âL TENDER â âA livella di Totò.
I DIFETI DE NATURA SE I PORTA A LA SEPOLTURA â Panta rei, talis et qualis. Fino alla fine.
LA SANITAâ NO SE LA CONOSE CHE QUANDO SE LA PERDE â Ah, non avessi tutti questi acciacchi âŚ
SE TE PIAS VIVER SAN, VESTISETE CALT E MAGNA PIAN â Lâimportanza della masticazione lenta e di un ambiente con temperatura che favorisca la digestione.
SORA EL MELON GHE VOL VIN BON â Un abbinamento enogastronomico tassativo.
GROSA COSINA MAGRO TESTAMENT â E pensa: ogni giorno spendeva una cifra solo per cibo e bevande. Toh, guarda quanto gli è rimasto sul conto corrente. Robe da matti.
VEDE PU QUATRO OCI CHE DOI â Dai, dammi una mano a fare questi conti ti prego.
CHI MAL FA, MAL PENSA â Il gene del male.
QUANDO âL CORPO SE FRUSTA, LâANIMA LA SE GIUSTA â Autoflagellazioni. Cilicio e dintorni.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 136
En casa de galantòmeni, prima le dòne e poâ i omeni â E precedenza anche a bambini e anziani in caso di naufragio o urgente evacuazione per pericolo imminente.
LA BRAVA DONA LEVA BONORAM VA A DORMIR TARDI, LâEâ LA PRIMA A LEVAR E LâULTIMA A NAR A DORMIR â Proverbio che probabilmente andrebbe aggiornato o quantomeno ridefinito dopo il Job Acts.
LA DONA LâEâ COME LâACQUA SANTA. LA FA TANT ISTES POCA COME TANTA â La famosa media delle statistiche. A prescindere.
OCI MORI ROBA CORI, OCI GRISI ROBA PARADISI â Non pervenute le ruberie di altri colori.
LA POLENTA CRUVA E LA DONA NUDA LE Eâ LA ROVINA DE LâOM â Invito alla sana alimentazione e (per il famoso problema che può causare alla vista) a non diventare schiavi â da soli â della pornografia.
VARDA LA MARE E SPOSA LA FIOLA â Indagine sulla base dei concetti della fisiognomica. Con reale proiezione negli anni dei possibili mutamenti della nubenda.
PER LA COMPAGNIA SâEâ MARIDAâ ANCHE âN FRATE â Oltre le gambe câè di piĂš.
A RONCEGNO SE SPOSA OGNI ORDEGNO â Definizione sub judice: si tratta di capire, storicamente, perchĂŠ proprio a Roncegno è cosĂŹ facile, per gli uomini, di qualsiasi categoria – belli, brutti, cosĂŹ cosĂŹ, poveri, ricchi, allâincirca, intelligenti, meno, a livello zero ecc. â trovar lâanima gemella.
NO GHâEâ PARENTAâ CHE NO SIA SMERDAâ â Ovvero: invidie, maldicenze, pettegolezzi, malignitĂ si trovano dentro ogni parentado. E in paese se ne parla âŚ
LA MARE PIETOSA FA LA FIOLA TEGNOSA â A forza di dir di sĂŹ si ricevono tanti no. E capricci.
LONTAN DA LâACQUA, LONTAN DAI FULMINI â Consigli utili per la prevenzione in caso di.
MEIO NâAIUTO CHE ZINQUANTA CONSIGLI â Tra il dire ed il fare âŚ
CHI STUDIA MASA MAT DEVENTA, CHI STUDIA GNENT PORTA LA BRENTA â La via di mezzo? Scuole di formazione professionale.
PER STAR BEN, CIAPA âL MONDO COME âL VEN â Carpe diem. Oh capitano, mio Capitano âŚ
SE CIAPA PUâ MOSCHE CON NA GOZA DE MEL CHE CON EN BOCAL DE FEN â Gentilezza e astuzia sono piĂš efficaci di tutto il resto.
CHI NO GHâAâ CARITAâ CON LE BESTIE NO LA GHâA CON NESUN â Il rischio di essere abbandonati dallâinspospettabile amico, coniuge, conoscente, parente e affini allâautogrill. E non per sbadataggine.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini â 135
SE, MOâ E MA, TRE COIONI DA ADAMO EN QUA â Meglio âsenza se e senza maâ, e anche senza âmòâ.
LâEâ MEIO VIN TORBOL CHE ACQUA SCIETA â Cloro? ProprietĂ oligominerali? No, la tradizione consiglia un buon bicchiere di vino anche se torbido.
TROVAR QUEL DE âL FORMAI â Il pericolo di un incontro (con lâaddetto al caseificio? Con il venditore di formaggi arrabbiato per conto suo?) certamente da evitare in determinate situazioni.
STAGION DELE ZIGOLE â Periodo in cui bisogna accontentarsi di pane e cipolla. In attesa della ripresa âŚ
ESSER AL REVERS â Trovarsi in un posto dove difficlmente fa capolino il sole. âEssèr revèrsâ significa invece agire in maniera diversa rispetto al normale. âOscia, âsa fat? Vara che no lâè miga con en bicier a la volta che te brèvi el prĂ nehâ.
NAR A PEOTI â Non significa camminare con i piedi piccoli. O almeno non riguarda solo chi ha numeri di scarpa bassi. Eâ quasi uno sfottò: âAh caro da chi envanti te devi lassĂ r star la machina, bisogn nĂ r a peòtiâ.
SBARAâ FOR DALE MINE â Scheggia impazzita dopo unametaforica esplosione. Di corsa. Trafelato.
EMBIBIAR SU UN â Darla ad intendere. Magari con una Bibbia sui generis.
DARGHE SORA â Non fa parte del verbale di un pestaggio. Si tratta di rifare qualcosa. Ma anche âaggiungereâ qualcosa. âHo comprĂ na cana per pescar. I mâha dat sora sto zestèl per i pesĂ ti ⌠bel vera? PecĂ che quando âl se bagna el deventa pu picolâ.
SENTIRSEN TANTE CHE TERA â Avete presente la quantitĂ â in miliardi di miliardi di miliardi di metri cubi â della crosta terrestre? Ecco, quando si usa questa esclamazione vuol dire che si è ricevuta una sequela infinita di rimproveri, lamentele, offese, ingiurie.
TEGNIR SOTO CIAVE â Custodire cose preziose. Meno frequente in riferimento a sequestri di persona.
AVERGHE LE LUGANEGHE TACADE SU â Cioè: essere a posto in fatto di scorta viveri. TranquillitĂ . Lâimportante è aspettare almeno che si stagionino prima di tirarle giĂš (le luganeghe).
NO ARIVARGHE GNANCA CO LA SCALA â Ad afferare le luganeghe di cui sopra? Anche. In genere non riuscire a centrare un obiettivo nemmeno con un aiutino. âNo ghe vol la scala per arivargheâ: si dice di un concetto, di una risposta, di una soluzione talmente facile che si potrebbe fare a meno di agevolazioni, consigli, suggerimenti sul da farsi.
VARDAR âN LE VERZE â Conseguenze dello strabismo. O di momenti in cui, come dire, si ha lo sguardo fisso, perso nel vuoto. O ancora quando si è assorbiti da altri pensieri e ci si estranea dalla realtĂ .
RESTAR MALSAORIâ â Restare con lâamaro in bocca. O altri sapori, retrogusti che deludono, non soddisfano, fanno schifoâŚ
ESSER FIOL DE SO PARE â Non occorre insomma lâesame del Dna per stabilire la paternitĂ . Perch talis pater talis filius.
PRESENTARSE CO LE MAN EN MAN â Avete presente gli amici che si presentano alla cena, da voi invitati, con il tovagliolo sotto il mento e le posate pronte in mano e ⌠nientâaltro? O quelli che vi portano una bottiglia di vino tappo corona comprata al Discount per 40 centesimi?
STIZAR SOTO â Dar aria alla brace, attizzare il fuoco, seminare zizzania, fomentare polemiche.
DARGHE ENDRIO LE SO STRAZZE â Lei da questo momento si può ritenere licenziato. Questi i suoi effetti personali. Attenda nostre comunicazioni. Ma il sindacato dovâè? Ah giĂ che non câè piĂš lâarticolo 18 ⌠Frase anche inviabile con sms se si tratta dellâaddio tra fidanzati. PiĂš complicato in caso di rottura matrimoniale.
NO ESSER FARINA DA FAR OSTIE â Insomma, non essere propriamente  uno stinco di santo.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 134
SOL A SPIAZI, ACQUA A SGUAZI â Occhio alla nuvoletta dellâimpiegato o di Fantozzi.
QUANDO âL BONDON EL GHâA âL CAPEL, LASA LA FALZ E TOâ âL ZESTEL â Meglio prendere le proprie cose e mettersi al riparo dalla pioggia. Se il âcappelloâ di nuvole sta sopra la Paganella o il Monte Stivo ⌠o che fa brut o che fa bel. Insomma, come dicono quelli del meteo: variabile.
LâULTIMA NEF NO LA LASA ENDREâ GIAZ â Passato ormai è lâinverno, odo fringuelli far festa âŚ
SE âL GAL EL CANTA CHE âL SO TEMP NO LâEâ, SE NO VEGN EL SOL EL RESTA COME LâEâ â Altra previsione del tempo con la massima incertezza.
QUANDO LE ANADRE LE SCHERZA SU LâACQUA PREST CAMBIA âL TEMP â Attenzione: le anatre devono scherzare, non fare sul serio.
PAN VIN E LEGNA E POâ LASA CHE LA VEGNA â Lâimportanza del focolare domestico e dellâenogastronomia quando fuori piove o nevica.
NO GHâEâ ALTRA PREMURA CHE QUANDE LA MERDA LâEâ MADURA â Mi scappa la pupĂš, mi scappa la pupĂš, mi scappa la pupĂš papĂ .
EL FISCO LâEâ COME âL CAGN, SE NO âL MORDE ANCOI EL MORDE DOMAN â Vedi alla voce Equitalia.
TRA CAVRE E NAS SE MONZE TUT LâAN â Caccole (o muco) e latte i prodotti delle differente lavorazioni.
DAR NA MAN DE BIANCH â Non si tratta esclusivamente di imbiancare. âVara che te dĂ go na man de bianchâ è infatti anche una minaccia. Un avviso di manrovesci in arrivo âŚ
DORMIR COME âN ZOCH â Avete presente un ciocco di legno? Difficile smuoverlo dal letto.
AVERGHE ZENTO ANI PER CULATA â Il prossimo (vicino?) record di vecchiaia.
AVERGHE EL FOCH AL CUL E LâAQUA LONTANA â Problemi che possono derivare dalla dismissione di caserme dei vigili del fuoco di periferia. Ma anche quando si vorrebbe risolvere in fretta un problema urgente e la soluzione invece richiede parecchio tempo.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini â 133
A MORIR GHâEâ SEMPER TEMP â Incrociando le dita. E toccatina al basso ventre ⌠Vedi anche: âChi se fa a ora a morir âŚâ detto del notevole ritardo di qualcuno o dellâinizio di qualche evento.
NEâ A NASER NEâ A MORIR SE SPETA QUEL CHE GHâA DA VEGNIR â Sala parto o capezzale non danno appuntamenti precisi. Chi câè câè.
MAL DE PEI, SANITAâ DE BUDELE â Movimento, movimento e anche se i piedi fanno male i malesseri allâapparato digerente spariranno.
LA MALVA DA OGNI MAL LA SALVA â ProprietĂ universali dellâerba officinale.
CO LA TOS E CO LA PANZA NO SE LA FA FRANCA â Difficile nascondere problemi di raucedine e la gravidanza.
 A CHI NO GHE PIAS EL PAN DIO GHE TOGA ANCA LA POLENTA â La maledizione di chi interrompe la dieta.
EN TâEN BON BICER SE NEGA âL DISPIAZER â Bere per dimenticare le delusioni. Non solo dâamore.
MERDA GRANDA, PANZA TESA â Analisi delle feci per stabilire quanto effettivamente si è mangiato.
I CO IONI DEI CAGNI E I SOLDI DEI PORETI I Eâ SEMPRE âN VISTA â Pochi, solo due magari, ma buoni.
CHI GHâA CAR E BOI FA POLITO I FATI SOI â Autosufficienza rurale.
CHI âMPRESTA EL NE PERDE NA ZESTA, CHI TORNA A âMPRESTAR EL NE PERDE âN CAR â La sfiducia nei creditori non consente il bis in caso di sofferenza. Vale anche per mutui e prestiti bancari.
EN CASA STRENZI, EN VIAZO SPENDI, EN MALATIA SPANDI â Diversificazione, secondo determinate prioritĂ , della capacitĂ di spesa.
PU SE GHâA PU SE VORIA GAVER â Gli incontentabili.
LA RANA USA âL PALTAN, SE NO LA GHE VA ANCOI, LA GHE VA DOMAN â Il lupo perde il pelo ma âŚ
DAVANTI A NA INGIUSTIZIA CHE SE MANIFESTA NO POL TASER NA PERSONA ONESTA â Le motivazioni della condanna di Carolina Kostner.
CHI DEL LOT EL SE âNNAMORA, PREST O TARDI EL VA âN MALORA â Vale anche per gratta e vinci e slot machines.
LA COA LâEâ LA PU DURA DA PELAR â Le rifiniture sono sempre molto impegnative.
LAOR FAT, SOLDI SPETA â Purtroppo lâattesa spesso e volentieri è molto lunga. Ed è attivata dalla frase âEntĂ nt grazie nehâ.
DA SAN VALENTIN âL FRET LâEâ ANCORA FIN â Di solito la festa degli innamorati ha bisogno di ⌠calore.
A DIN DE FEBRER CANTA âL CUCO, ZIFOLA âL MERLO: SEN FORA DA LâINVERNO â Aspettando marzo e la primavera.
SPUZA âL CESO, CAMBIA âL TEMP â Previsione empirica del tempo. Vale anche per tombini fognari e affini.
EN CAMPAGNA BISOGN NARGHE E âN BOTEGA STARGHE â Potere della presenza fisica sul posto di lavoro.
LA GRASA DEL RUGANT NO LâEâ BONA NEâ PER EL PRAâ NEâ PER LâORT â Dove smaltiranno quello che resta a terra lĂ dove i maiali grufolano?
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 132
PARLA COME TE MAGNI â Ovvero: non darti tante arie. Attenzione: non si tratta di usare mani e posate a meno che non si sia un mimo.
DRIT COME âN BAZILON â Bazilòn è quellâasta di legno un poâ ricurva con delle tacche allâestremitĂ : serviva per portare due secchi, due ceste e affini sulle spalle. Eâ tuttâaltro che dirittoâŚanzi, piĂš lo si usa e piĂš le sollecitazioni della gravitĂ lo rendono curvo.
FAR âL CUL COME NA VERZA â Avete presente la verza? Beh, alla fine del trattamento il sedere finirĂ per assomigliarle.
EL TE STA BEN COME âN FIOR SU âN TE NA RECIA â Non è propriamente un complimento. Anzi, il piĂš delle volte significa: âBen ti staâ. In senso ironico diametralmente opposto.
SGREMENOS â Vedi anche âzidiòsâ: irritabile.
LECAMERDE â Ruffiano (vedi anche leccaculo ove la materia leccata è la stessa).
TE SEI âN PISOT â Riferito a marmocchio o comunque a qualcuno che deve ancora crescere mentre al contrario di dĂ arie da saputello. Vedi anche: pisanlèt, pisambrĂ ghe, pezotèr).
PAMPALUGO â Sciocco. Câera un gioco di carte dove chi rimaneva con una carta finale sparigliata veniva dichiarato appunto âpampalĂšgoâ.
SCORLAPERI â Di personale inaffidabile, che cambia facilmente parola e opinione. Facile peraltro far cadere le pere mature âŚ
VOLER RESTAR PER SOMENZA â Chi non si rassegna allâetĂ avanzata. E magari non lascia certi incarichi impegnativi ad altri.
VARDA CHE TE DEZIPO NEH â DezipĂ r sta per sgualcire, capitozzare, guastare. Minaccia di solito accompagnata da eloquenti movimenti delle mani.
NO FARME NAR ZO DAI CANCHENI â I cancheni sono i cardini. Quindi câè il rischio che sullâinterlocutore si abbatta qualcosa di pesante.
LâEâ ORA DE MAIOLICA â Il piatto (di maiolica) con il pasto è servito, avanti, a tavola.
VEDERLA LONGA â Di solito si dice quando lâappetito non può essere appagato nel breve tempo. Ma anche in altre situazioni di attesa: alla Posta, nellâambulatorio del medico, in altre anticamere.
CAVARSE LA SEâ â Rende lâidea di un intervento radicale per far fronte alla sete della quale non se ne può piĂš âŚ
NA BELA MONA â Non è un complimento, metti, a Monna Lisa. Vuol dire : un bel niente. Non se ne parla.
Eâ NAâ TUT EN MONA â Eâ finito tutto nel nulla. Non si è combinato niente. Si è rovinato tutto (vedi anche: na bela merda).
LâEâ TUT PETI PER LA TOS â Si sa che la flatulenza non è dâaiuto per problemi alle alte vie respiratorie.
FAR SONINE â Per i bambini: ninna nanna ninna oh âŚ
ESSER FOR DA LE STRAZE â Non aver piĂš bisogno delle fasce (quelle che si usavano prima dei pannolini). Quindi diventare autosufficiente, almeno da questo punto di vista. Si dice anche quando una situazione impegnativa è stata superata.
METER âL CUL âN LE PEADE â Andarsela a cercare. Mettersi nei guai. Non solo col deretano.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 131
I AMIZI I Eâ COME LE MOSCHE: FIN CHE GHâEâ DA MAGNAR I Eâ TUTI âN COSINA â Prima di dire che chi trova un amico trova un tesoro forse è meglio mettere sotto chiave la dispensa?
LA DONA LâEâ COME âL TEMP: LA CAMBIA A OGNI MOMENT â Come dire che la meteoropatia colpisce di piĂš il genere femminile. Forse.
ALE DONE E ALE SCALE NO SE GHE GIRA MAI LE SPALE â Non è solo un problema di equilibrio.
SE TE VOI VEDER EN BEL DIAOLIN, VESTISI NA MORA DE ZELESTIN â Consigli di moda: gli abbinamenti da evitare.
TRE ROBE PARA VIA LâOM DA CAâ: EL FOC, LâACQUA E NA DONA CATIVA â Per lâultimo caso pare non ci siano adeguate, specifiche, polizze assicurative.
LA ROBA LA âNDRIZA LA GOBA â Il denaro fa sparire tutti i difetti. Tranne lâaviditĂ .
LâAMOR LâEâ MATA E ORBA, EL MATRIMONI LâEâ EN BON OCULISTA â âNon pensavo fosse cosĂŹ âŚâ.
CO LE CIACERE NO SE SGIONFA DONE â Appello allâincremento demografico.
CHI NO SâAIUTA SE NEGA â Vedi anche: âQuando lâacqua la tòca el cul sâempara a noĂ râ.
NâASEN BEN VESTIâ NO SCONDE LE RECE â Quando i dettagli rovinano tutto.
NO BISOGN MAI FIDARSE DEL SEREN DâINVERNO, DEL NUGOL DâISTAâ, DELA VECIA SALUTE E DE MASSA FELIZITAâ â Situazioni anomale delle quali è meglio diffidare. Soprattutto per il âdopoâ.
VARDETE DAL PEâ DEL MUL, DAL MORDER DEL CAGN E DAL CETIN CHE TEN LA CORONA âN MAN â Come dire: attenzione ai calci, ai morsi ma anche allâipocrisia.
A OGNI PORTA EL SO BATEDEL â A ognuno il suo picchiotto, i suoi problemi.
NO TOCAR CAGN CHE ROSEGA NEâ ZUGADOR CHE PERDE â Il primo è impegnato a mangiare lâosso. Lâaltro è rimasto ⌠allâosso.
SE TE VEDI FUM, O CHE LâEâFOC O CHE LâEâ UN CHE HA CAGAâ DA POC â Elemento importante per lâindagine: lâodore.
DIO MANDA âL FRET A SECONDA DEI VESTIDI â Di qui lâimportanza di vestirsi âa cipollaâ.
LâANIMA A DIO, EL CORPO A LA TERA E LA ROBA A CHI LA VA â Post mortem.
CHI BESTEMIA GHâA EL DIAOL SU LA SCHENA â Diaolporco el savèvo ⌠e âl spĂŹzega anca.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 130
A BRUSA CAMISA â Improvvisamente. Di colpo. Pare che il termine derivi da spiacevoli sorprese quando, utilizzando il ferro da stiro a brace, inavvertitamente si bruciava appunto la camicia âŚ
BUA â Male, dolore. Di solito riferito ai bambini: âTe fa bua? Endove?â
CAGARELA â Diarrea. Ma anche paura: âGhâo fat vegnir la cagarèla ⌠ah el me sta lontan adèsâ.
CALTRO â Cassetto di un mobile, palchetto di una libreria. Non è uno scaltro mutilato.
DIAOLINI â Non sono piccoli diavoli. Si tratta delle conseguenze del freddo soprattutto su mani e piedi. FormicolĂŹĂŹ acuti e dolorosi. âMadona che frèt, ghâò i diaolini anca ai pèi. Eh sĂŹ che che ho mès i calzòti gròssi nehâ.
ENGREMENIR â Vedi la voce precedente: intirizzire per il freddo. EngremenĂŹ vuol dire anche aggranchito, tutto raccolto su sĂŠ stesso ⌠magari per riscaldarsi.
EN FRACO â Come dire allâennesima potenza. Nel senso che si tratta di unitĂ di misura indeterminata. âEn fraco de boteâ: ne ho prese o date tantissime, non so quante.
GIASENA â Bacca di mirtillo. Nero o rosso. âAmpòmolaâ è invece il lampone.
ISCIA â Canneto, salceto. Vedi localitĂ Ischia Podeti vicino a Trento.
LELA â Non è nome proprio di donna. Sta per lentezza, fiacchezza. âMenĂ r la lèlaâ: andamento lento, gingillarsi.
MATERION â Mattarellone, spensierato, chiassoso. âChe ateriòn che lâè to marĂŹ ⌠semper drio a tute le done del paès. Ah scusa, ma no te âl savèvi?â.
NEOâ â Nulla a che fare con problemi della pelle. Eâ il nipote. âNeòdaâ la nipote. âNevodarĂŹaâ:  tanti nipoti insieme.
 OSTREGA â Viene dal dialetto veneto. Imprecazione, esclamazione, stupore. Certo, si riferisce allâostrica. Ma va detto che in Toscana sta per sputo catarroso ⌠molto simile alla polpa delle ostriche. Barèa âŚ
POLITO â Voleva dire anticamente pulito. Poi è diventato sinonimo di âfatto beneâ. âMe racomando putèi neh, far polĂŹto âŚâ: ovvero comportarsi bene, eseguire nel migliore dei modi un determinato lavoro.
RAFANAS â Confusione, guazzabuglio, ammasso confuso di cose. Vedi anche Festival rock in Vallagarina.
SGARAMBEA â Scheggia. âOscia mâè restĂ âna sgarambèa nel dè ⌠varda se te ghe la fai a tirarmela via ⌠pian però, no cosĂŹtaâ.
TIRACHE â Bretelle. Anche âtirabragheâ. Tornate di moda.
TE SEI FORA COME EL VARON â Dallâalluvione del torrente Varone nellâAlto Garda. Per indicare chi è andato fuori di testa.
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AMAâ NO TE SARAI SE PER TI SOL TE PENSERAI â Lâegoismo e lâamore non vanno dâaccordo.
CHI MASSA LA SMENA PREST O TARDI LA SPUZA â Chiaro al riferimento anche a problemi di alitosi.
QUANDO DE MEN BISOGN SE GHâA, PU LIBERI SE STA â Lâautosufficienza rende liberi. Soprattutto da quelli che prima o poi finiscono per diventare debiti, magari impagabili.
NO SE POL CANTAR E âNTANT PORTAR LA CROS â Cantare ed essere addolorati? Stride. Anche se lo spettacolo deve continuare, si sa âŚ
CHI GHâA âL CUERT ROT GHâA LA CASA MARZA â Le infiltrazioni rovinano prima o poi anche quello che câè sotto il tetto.
PARER E NO ESSER LâEâ COME FILAR E NO TESSER â Prima o poi il mare tra il dire e il fare, tra lâessere e lâapparire provoca tsunami.
LâEâ SUL FONT CHE RESTA âL SPES â La legge di gravitĂ non perdona. In fondo restano i depositi. Che possono essere buoni, meno buoni, sostanziosi o scarti.
NO TAIAR QUEL CHE TE PODI DESLIGAR â La frenesia a volte può giocare brutti scherzi e provocare danni.
LâULTIM ABIT CHE I TE FA LâEâ SENZA SCARSELE â Le tasche non servono ai morti: non hanno nulla di indispensabile da portare addosso nellâultimo viaggio.
COI ANI VEN I MALANIÂ – La vecchiaia porta con sĂŠ gli acciacchi.
MEIO FAM E SON CHE MALADI DAL BON â Fame e sonno? Molto meglio che avere qualche brutta malattia.
MEIO EN PET A TAOLA CHE âN RUT EN PIAZA â Regole agresti di bon ton.
DONE, ANI E BICERI NO SE I CONTA MAI â Bacco, Venere e la vita che passa ⌠in allegria e spensieratezza.
CHI CHE FA LA SPARTIZION NO âL PERDE MAI LA SO PORZION â Chi suddivide dei beni difficilmente, anzi quasi mai, dimentica la sua parte. Magari qualcosa di piĂš âŚ
SAN MATIA SE âL TROVA âL GIAZ EL LO PORTA VIA â A S.Mattia (24 febbraio) se ancora câè il ghiaccio dura poco.
TANTA NEF, TANTE NOSELE â Le precipitazioni nevose abbondanti favoriscono la crescita delle nocciole.
CHI CHE ROBA POC VA EN GALERA, CHI CHE ROBA TANT FA CARIERA â Il motto di Tangentopoli.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 128
LâAMICIZIA DE ZOVENTUâ LâEâ QUELA CHE DURA DE PUâ â Anche perchĂŠ è fatta, poi, di tanti ricordi comuni.
SOLI NO SE STA BEN GNANCA EN PARADIS â Parlami di te bella signora ⌠del tuo mare nero nella notte scura io ti trovo bella non mi fai paura signora solitudine signora solitudine âŚ
LA DONA LâEâ COME âL TEMP: LA CAMBIA OGNI MOMENT â Meteoropatia e imprevidibilitĂ .
TRE DONE ENSEMA LE FAâ MERCAâ â Di tutto e di piĂš. Ampia gamma di argomenti di conversazione.
I BOI SE I LIGA PER I CORNI, I OMENI PER LA PAROLA â Non sempre pratico e sicuro il sistema. Per gli uomini sâintende.
I OMENI I GHâA I ANI CHE I SE SENTE, LE DONE QUEI CHE LE MOSTRA â Anche questo proverbio non vale sempre e comunque. Soprattutto per gli uomini.
QUANDO I CAVEI I TIRA AL BIANCHIN, LASSA LE DONE E TEGNETE AL VIN â Se Bacco, Tabacco e Venere riducono lâuomo in cenere, forse è meglio smettere di fumare, di correre dietro alla donne ⌠ma anche non buttarsi nellâalcol.
SE NO SE BARUFA SE FA LA MUFA â Lâamore non è bello se non è litigarello.
FRADEI CORTEI, CUGNADE SPADE â Spesso e volentieri sono le cognate a fomentare le liti tra fratelli. Ma vedi anche: âtre fradèi, tre castèiâ.
FOCH E ACQUA BONI SERVI, MA CATIVI PARONI â Quando la natura prende il sopravvento ⌠allagamenti, incendi, disastri.
MEIO ENVIDIAI CHE COMPIANTI â Meglio far invidia che compassione. Anche : âMeio far envidia che pecĂ â.
LAORA PER EL COMUN, LAORAR PER NESUN â Articolo (118?) dello statuto dei lavori per i dipendenti pubblici,, scomparso comunque col Job Acts.
EL TEMP EL SGOLA â Come panta  rei, tutto scorre. O âlâè nĂ da zamai la gĂ zzaâ. O ancora: âCiao, Ninetaâ.
VAL PU âN MOCOL DAVANTI CHE NA TORZA DE DREâ â Non resta che provare per credere.
EL MONDO LâEâ FAT A SCARPETE. CHI LE CAVA E CHI LE METE â Antico slogan dellâExpo Riva Schuh?
LE BONE PAROLE NO LE LIGA I DENTi â E dĂ i, dimmi qualcosa di carino ⌠non hai il bavaglio mi pare.
CHI CHE SOMENA SPINI NO âl GHâA DE NAR EN GIRO DESCOLZ â Chi la fa lâaspetti. Chi semina spine poi stia attento ad andare in giro a piedi nudi.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 127
QUANDO LâAMOR EL GHâEâ, LA GAMBA LA TIRA âL PEâ â Va â di corsa â lĂ dove ti porta il cuore.
LâAMOR, LA TOS E LA PANZA NO SE I SCONDE â Difficile celare i propri sentimenti. CosĂŹ come trattenere la tosse e far finta di essere magri nonostante un voluminoso airbag anteriore.
I FILOâ LONGHI I FA LE NOT CORTE â Quando si sta volentieri a parlare con gli amici fino a tardi âŚ
I AMICI I Eâ COME I MELONI: SU ZENTO GHE NâEâ UN DE BONI â Chi trova un amico ⌠trova un melone gustoso, perfetto.
GROPI, SERADURE E DONE BISOGN TORLI CO LE BONE â Delicatezza, pazienza le virtĂš richieste nei tre casi, di solito tuttâaltro che facili da risolvere.
A LA NOZA E ALA FOSA SE COGNOS I PARENTI â Vedi orchestra Bregovic: buona sia per matrimoni che per i funerali.
O BEN O MAL ARIVA SEMPRE CARNEVAL â Appuntamento con lâilaritĂ collettiva. A prescindere dallo stato dei singoli.
CHI TRA âN PET PU GRANT DEL CUL, CREPA LE BRAGHE â Attenzione, soprattutto quando si esagera con i fagioli. Invito alla moderazione. Non sempre conviene âspararleâ grosse.
FIN A LA MORT NO SE SA LA SO SORT â Chi siamo? Dove andiamo? Câè vita dopo la morte?
NO GHâEâ POLSAR CHE STRACA â Lâozio padre dei vizi? Ma valĂ âŚ
A TAVOLA E âN DâEL LET NO BISOGNA GAVER RISPET â Lasciati andare ai piaceri della tavola e del sesso.
CHI MAGNA POINA POCH EL CAMINA â La ricotta non è lâalimento adatto per lunghe escursioni .
DIS LA PADELA AL PAROL: TIRETE âN LA CHE TE ME ENGRANIZI â Stesso ambiente di lavoro ma ambizioni diverse, confuse, ipocrite.
DA LA ZERIOLA SE PIOVESELA DE LâINVERNO SEN FORA, MA SE LâEâ SEREN QUARANTA DIĂŹ GHE NâAVEN â La zeriòla è la candelina benedetta che viene distribuita nelle chiese il giorno della Purificazione di Maria: 2 febbraio.
SE âL DIâ DELA ZERIOLA LâEâ NUGOL, LâORS EL VEN FOR DALA TANA; SE LâEâ SEREN EL STA DRENTO E âL SE ZACA LE ONGIE â vedi proverbio precedente: conseguenze per il mondo animale.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 126
ASEâ (o ASEDO) â Aceto. Nar en asè: vino che si trasforma in aceto. Riferito allâuomo: diventare acido, scostante.
BUT â Gemma, germoglio. El bĂšt de la patata. Pianta che ghâĂ zĂ i bĂšti:             germogli in anticipo.
CAF â SĂŹ, è anche la sigla dei centri di assistenza fiscali. Ma in dialetto sta per cavo. âSâè ròt el cĂ f de la corrente oscia ⌠i deve fĂ r en bĂšs per trovarlo e dopo farghe anca na zòntaâ.
DESPERSIA â Smarrimento. Nar en despèrsia: andar perso. âEh sĂŹ che me parèva dâaverlo mèss chi sora el comodĂŹn osciaâŚâ.
ENTARTAIARSE â In un certo senso richiama foneticamente il âtaglioâ. Delle parole però. Vuol dire tartagliare, balbettare. EeeeâŚnnnâŚ.sssòma: papaâŚ.papaâŚparlĂ r a cocoâŚcoco⌠colpiâ.
FIOZ â Figlioccio del battesimo o della cresima. âAh el Thomas lâè mè fiòz sĂ t?â.
GRADELA â Poco gradita da carni, pesci vivande in genere che lĂŹ, sulla gratella, finiscono per essere cotti alla brace, alla griglia insomma. Torta de gradèla: dolce tipico trentino, a forma di gratella. Nar dala gradèla ale brase: dalla padella alla brace.
IESUS â GesĂš. Serve soprattutto come paragone. En tâen Jèsus: in un attimo.
LAOR â Lavoro. Ma attenzione, âpòr laòrâ sta per poverino, povero diavolo.
MISSIOT â miscuglio, intruglio. âStĂ go poch ben: lâè che algièri sera ho fat me sa massa misciòti âŚâ.
NOSETA â Nulla a che vedere con la seta. NĂŠ è una derivazione dallo spagnolo nosotros. Semplicemente è il malleolo. âHo ciapĂ âna bòta ala nosètaâ.
ORBAROLE (o ORBIROLE) â Traveggole, vertigini. âNo vegno fin su en zima ⌠me vei le orbaròleâ.
PIPACUL â Non câentra nĂŠ la pipa, nĂŠ il deretano. Anche se questâultimo potrebbe subirne le conseguenze, a livello, diciamo, fisiologico. Si tratta di paura, tremarella.
RONZEGAR â Dal latino barbarico ronchos emittere. Russare. Ronzegòn:uomo  che russa spesso.
SGREBEN â Terreno in luogo aspro, con scarsa vegetazione, pieno di rovi, sterpi.
TETAVACHE â Chi vive nellâozio, tonto, inconcludente.
URTONAR â Urtare, dar gomitate o spallate.
VISCIO â Vischio. Che taca come âl viscio: che attacca come il vischio.
ZECHENAR â dal latino barbarico zechum. Gozzovigliare. Far bisboccia.
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A PEI ZONTI â Diverso da âmĂ n zònteâ (mani raccolte in preghiera). Si dice di solito di chi salta non sempre privo della volontĂ , cosciente, di far male a qualcuno. âl ghâè saltĂ sora a pèi zònti âŚâ. Allo stesso tempo si può riferire alla passivitĂ di un soggetto. ââl ghâè finĂŹ denter a pèi zontiâ, per dire che si è cacciato da solo e in pieno in un brutto pasticcio.
BRUSSELA â Eâ un bitorzolo, una bolla, una pustola. Avèrghe âna brussèla soto la lengua: gongolare. âLĂ ssete âstar el pirlo se no oltre che orbo te vei anca le brussèleâ (cfr non fornicare).
CICIO â Accento sulla seconda âiâ, altrimenti sta per obeso, robusto, ciccio insomma. Si usa con i bambini: âmètete nel let che ghâè ân bel cicĂŹoâ. Dolce tepore, calduccio.
ENDORMIA â Narcotico, anestetico, ma anche sonnifero. âGhâai dĂ t lâendòrmia entrèga o sol per dove i lo taièva su?â (differenza sta anestesia totale e locale).
FRIZZON (anche SFRIZZON) â Dolore acuto, fitta. Frizza Uo frèzza)  sta infatti per freccia, dardo. Quindi quello che si prova è molto simile âŚ
GREP â Nulla a che vedere con spread o altri parametri economico-finanziari del genere. NĂŠ si tratta di una misteriosa sigla. Sudiciume. Che appare spesso sullâorlo del collo e sul bavero dei vestiti, sulla biancheria. Avèrghe el grèp al en dè: essere veramente molto sporchi. Non fare la doccia da mesi âŚ
ITOBELA . La frase originaria è: lâè ito bèla. Cioè: è passato molto tempo. âLâè nĂ che lâè ito belaâ: è morto da un bel pezzo.
LIRONLERO â NĂ r a lironlero: barcollare, andare in qua e in lĂ .
HO CIAPAâ âN MORDON â Sono stato morsicato. Non necessariamente da un cane, come si sa.
NESSIâ? â Intercalare per chiedere conferma. Come âNevèra?â. O anche: neh? âTe mâhai ben capĂŹ, nessĂŹ?â.
NAR EN OGA MAGOGA â Cascar dalle nuvole. Oga magoga nelle favole per bambini indicavano paesi o regioni lontanissime.
PRESSA â Fretta.PĂš prest che en prèssa: la necessitĂ di accelerare al massimo. Pressolòn: frettoloso e quindi anche pasticcione. Avèr pu pressa che quei che more de not: avere una grande premura.
QUADREL â Non è un piccolo quadro ma un mattone. Dal latino barbarico: quadrellus. âLevĂ r el quadrèlâ: togliere il mattone sotto il quale ci sono i risparmi, quindi spendere quello che si ha.
REMENGO â Richiama lâitaliano âramingoâ. Vagabondo. Ma anche birbante. Chi non sa cosa fare, dove andare. âTei, remèngo, set stĂ tĂŹ a lassĂ r avèrt el rubinèt de la fontana?â.
SDRAVACARSE â Di solito che si butta nel letto o sul divano proprio come le vacche si mettono sullâerba o sul fondo della stalla.
TOROBET â Torobeti erano i burattini. Di qui il significato di banderuola, voltagabbana, voltafaccia, traditore.
VAROLE â Segni che lasciava il vaiolo. Poi â fino ad un certo periodo â lâapposito sistema di vaccinazione, sul braccio. âGhâat le varòle? No? Ah, alora te sei zovènâ.
ZAL â Acciaio. ZalĂ sta per uomo dâacciaio, vigoroso, robusto, forte insomma.
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MA TE CREDIT FURBO? â Domanda retorica. In realtĂ si sta dando del cretino allâinterlocutore, con prove alla mano sulla sua assoluta mancanza di alibi e giustificazioni sulla questione sollevata.
RIDI, RIDI ⌠CHE LA MAMA LâHA FAT I GNOCHI â Di solito succedeva il venerdĂŹ. Quando andava di magro e appunto di gnocchi. In realtĂ si tratta di uno sberleffo. Si pensa ma non si dice: âma cossa ghâat po da rider? Te me pĂ ri matâ.
GHE STâALA? â Nulla a che vedere con la zootecnia, insomma con la stalla. Interrogazione sulla capienza di un determinato contenitore (lâinterno di una borsa, un bagagliaio, un ascensore, ecc.) in funzione di un oggetto esterno a volte ingombrante. Vedi anche : âCi starĂ ?â (ghe starĂ la?). Dubbio prima di una cena romantica, soprattutto sul dopo.
ENMANEGAâ VERT â Pazzo. Matto. Col cervello che va in qua e in lĂ nella scatola cranica. Proprio come quando si fa il manico di una zappa, di un piccone, di un badile con legno âverdeâ, non stagionato. Ovvio che la perdita del residuo di linfa e umiditĂ produrrĂ una diminuzione della massa⌠creando instabilitĂ .
LONCH DIRENT â Posizione orizzontale del corpo umano. Può essere associata ad un sano riposo. Ma anche a qualcosa di irreparabile.
TâEL DIGO SOL A TI NEH ⌠– Un segreto confidato. Si sa, come dice un vecchio proverbio cinese, che il segreto è tuo schiavo finchè lo tieni per te, diventa il tuo padrone quando lo sa anche solo un altro. Vale anche il detto: i segreti sono come le ditte, si mantengono tali solo se i soci sono dispari e inferiori a tre.
LâACQUA LA âNRUZENIS I CANAI â Una delle giustificazioni dellâalcolista al rifiuto di un bicchiere di minerale.
OSCIA, NO GHâO MONEA ⌠– Tipica scusa per non pagare â comâera nei patti preventivi â il caffè al bar. Anche: âGhâavrĂŹa zinquezento euri de carta ⌠paga ti valĂ che dopo i cambioâ.
EL ME FA ANCA PECAâ ⌠– Atto di compassione, rimorso a metĂ per un giudizio negativo su altri. Pianto del cocodrillo. Di solito segue però: âMa che âl se ciava anca lu ⌠â.
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SU ALT e ZO BAS â Non sempre si tratta di indicazioni riguardanti âpiani altiâ o âinterratiâ nel secondo caso. Ad esempio: âân do elo to marĂŹ? Ah, lâè su alt, el sâè butĂ zo nâatimin perchĂŠ el stĂ poch benâ. E magari si tratta del piano rialzato di una villa, non del quattordicesimo piano di un grattacielo. Nellâaltra ipotesi: âVèi zo bĂ s che ghâò da darte el sach del panâ. Cioè: vieni in cortile. Ma anche dal secondo al primo piano. O anche una mezza rampa di scale. Tutto è relativamente vicino e lontano. DipendeâŚ
EL SâEâ SERAâ DENTRO â Si è chiuso in casa. Conseguenza? âSon stĂ da serĂ da fòraâ. Laddove, se in casa non câè nessuno, bisogna chiamare i pompieri.
EL SâEâ PROPRI SBREGAâ EL CUL â Non riguarda una ferita lacero-contusa sul sedere. NĂŠ comunque una lesione sul lato B dovuta ad incidente o ad azione autolesionista. Si dice di chi ha fatto il minimo idispensabile rispetto ad una richiesta di aiuto, di soldi, di collaborazione.
METEVE LI CHE VE FAGO NA FOTO â Raggruppamento forzato in un determinato luogo (a volte proprio in controluce) in funzione di una foto ricordo. Il luogo per lo scatto è sempre scelto dal fotografo, mai dai soggetti ritratti. Attenzione â se ci sono dei rancori sopiti â quando vi dice: âEn poâ pu endrĂŹo, ancora, ancora endrĂŹo âŚâ. Meglio guardarsi alle spalle.
DOMAN GHâAVEN I MEI A DISNAR â Allarme rosso. Che scatta di solito nel fine settimana. Proprio quando le prospettive, i programmi erano quelli di oziare tutto il giorno in casa. Ancora piĂš drammatico: âHa âpena telefonĂ i mei ⌠i è zamĂ i a Nach. I voleva farne na sorpresa. Però me papĂ el sâè tòt drio la padèla dei crauti e na bòzza de vinâ.
CHE PASSI ⌠– Non è la descrizione di una camminata svelta. O di un atleta che corre con ampie falcate. Piuttosto lo stato pietoso di chi magari è reduce da un pestaggio o è finito suo malgrado in una buca piena di melma o si è messo addosso, prima di uscire, la prima cosa che ha trovato nellâarmadio.
NENTE A FAR QUATRO SALTI? â Invito ad una serata danzante. Non necessariamente per ballare la polka.
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AH MA QUANDO TE I LAVI DOPO I SE MOLA FORA, I SE SLARGA ⌠– Ottimistica previsione dopo lâacquisto di un paio di jeans che creano allâaltezza dellâinguine lâeffetto salsiccia o arrotolato.
NO GHE SEN ⌠Tipica esclamazione dei pensionati, di solito in gruppo, davanti ad un cantiere pubblico. Anche âAh, no i ghâen vei miga fora sat ⌠â.
MA ELO TO FIOL? CHE BEL. I OCI I Eâ QUEI PRECISI DEL NANDO â Attenzione ai dettagli quando si fanno questi apprezzamenti. Possibili gaffes. E risposte di questo tipo: âVara che son divorziada dal Nando da sete ani. Sto chi el ghâò avĂš col me nof compagno, el Renatoâ.
DAI, DAI LA ME PASSA EL DOTOR SIGNORINA CHE SO CHE âL GHâEâ â Messaggio lasciato di frequente alla segreteria telefonica dei medici di base.
EN BIANCO PER MI E NA SPUMA PER EL BOCIA â Succedeva una volta nei bar di paese. Molto prima che fosse vietato fornire alcolici ai minorenni. Vedi anche: âAh, la me daga anca en par de caramele dolze, quele con su la vacaâŚdoe de numer neh che se no ghe mal ai dentiâ.
ZAâ CHE NO TE GHâAI GNENT DA FAR ⌠– La frase piĂš odiata dai pensionati. Costretti a impiegare il loro (finalmente) tempo libero in una serie di attivitĂ non pagate e molto piĂš impegnative delle vecchie (ma retribuite e sindacalmente garantite) mansioni.
ME CAMBIERESSEL ZINQUEZENTO EURI? â Missione impossibile, quasi illegale.
SET NAT EN BARCA ? â Si dice a chi lascia aperta sistematicamente la porta dâingresso. Come se fosse appunto su una barca. Ma non nel cabinato.
SE âL TE PIAS MOL TE STRACO â Dal corso di autostima inserito nei programmi dellâUniversitĂ della Terza EtĂ .
LâEâ âN PEZ CHE NO SE VEDE PU EN GIRO EL BEPI ⌠– Allarme comunitario. Prodromo di un qualcosa di tragico. O del ricovero del soggetto in una casa di riposo. Partono subito le indagini ⌠Con relazione, in macelleria, in farmacia, anche in chiesa o in altri luoghi del paese, appena si sa qualcosa di piĂš.
SE FEN LA GHIRLANDA NO FEN lâAVISO DA MORT SUL GIORNAL PEROâ ⌠Gli effetti della crisi anche nel settore delle pompe funebri.
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per capir i trentini – 121
EMPILELE LI â Non è il titolo di una canzone africana ma lâinvito a mettere in ordine determinati oggetti: in questo caso femminili plurali. Tipo: tapparelle, corde, scatole, cartelle. Vedi âempĂŹleliâ per cartoni, pacchi, pezzi di ferro ecc. Anche âempĂŹlei lĂ , lazò, en font, sora, soto, come te voi âŚâ.
LâHA NETAâ SU TUT â Si può riferire ad una pulizia impeccabile del pavimento. Ma anche alla voracitĂ di un commensale che non lascia niente nel piatto.
CHE GAT GHâAT CHE CAGA EN CAâ ? â Che gatto hai che sporca in casa? Uno dei tanti scioglilingua.
NO LâE TANT A PIOMBO â Non è giusto. Ovvero non rispetta lâesatta perpendicolare del filo con peso allâestremitĂ utilizzato dai muratori per costruire muri, pareti a regola dâarte.
CIAO, SON MI â Classico inizio di una conversazione telefonica. Laddove si dĂ per scontato che lâinterlocutore capisca al volo chi sta chiamando. Questo peraltro succede da molti anni. Ancora prima che I recapiti telefonici in entrata (e quindi anche in uscita) apparissero sul display.
VOI CAVARME LA SPIZA ⌠– Prurito da combattere. Nella fattispecie la curiositĂ di sapere una cosa. O di farla. Notare lâassonanza tra spĂŹza e sfizio.
PADELA Â ROTA â Inaffidabile per la cottura dei cibi. Ancora di piĂš â per analogia â nella custodia di segreti.
LA ME SBRUSA â Rancore insopprimibile. Vicenda che brucia ancora nellâanimo. Prodromo di una vendetta. Segue di solito: âAh ma prima o dopo el vei ben sul bachetònâ.
STAR SU LE UCIE â Come i fachiri. Ma con dolore. Senza ascetismo. Avere voglia di menare le mani (non solo per tirarsi via gli aghi da sotto). Essere impazienti. Non sopportare piĂš una certa situazione.
TE PORTA LA COLAZION O âl DISNAR? â Di solito si dice a chi, dopo una notte brava, a mezzogiorno è ancora a letto ⌠Riguarda in particolar modo figli e figlie la domenica mattina.
LA BARBA? DROPA EL SUGAMAN VALAâ â Riferito a chi, ancora adolescente, ha pochi e radi peli sulla faccia.
MA âN DO ELO EL GEOMETRA? â In un cantiere edile la presenza del direttore dei lavori è perlopiĂš invocata quando ci sono serie contraddizioni tra progetto e ⌠quello che si sta realizzando.
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LâARIA DE LA MATINA LâEâ NA BONA MEDIZINA â In effetti anche se è magari un poâ fredda contribuisce a risvegliare il corpo dal torpore e soprattutto dallâipocondria.
EL LET LâEâ NA ROSA, SE NO SE DORME SE RIPOSA â Anche se non si prende sonno nel letto comunque ci si rilassa, si riposa.
OGNI PAES GHâA LA SO USANZA, OGNI CUL GHâA LA SO PANZA â Tradizioni locali imprescindibili dal territorio, dal paese. CosĂŹ come lato A e lato B del corpo.
FIN CHE GHâEâ LâORSA SU LA VIGOLANA NO STA CAVARTE LA MAIA DE LANA â Sulla Vigolana, montagna trentina in particolari condizioni climatiche sembra di vedere unâorsa. Ecco, vuol dire che câè ancora la neve e comunque fa freddo âŚ
SAN VINCENZ DELA GRAN FREDURA â Il 22 gennaio, giorno di S. Vincenzo, di solito fa molto freddo.
CHI GHâA EN MESTER EN MAN DAPERTUT EL TROVA PAN â Forse bisogna ripartire dalle botteghe artigiane per dare lavoro ai giovani?
EN ZO TUTI I SANTI I AIUTA â In discesa è tutto molto piĂš facile. Anche grazie ai santi, forse.
EN DOI SE FA DE PUâ CHE âN UN, I DIS QUEI DE BELUN; EN TREI SE FA MEIO CHE MIGA, I DIS QUEI DE GARNIGA â Chiaramente una smentita del detto: chi fa da sĂŠ fa per tre.
EL POM âL CRODA POC LONTAN DA LâARBOL â Non occorrono indagini per sapere da dove è caduta la mela
FAT EL LET E SPAZAâ, SE LA DONA LâEI PORETA NISUN EL SA â Forse non è proprio cosĂŹ per lâAgenzia delle Entrate âŚ
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LAVABORE â Vino scadente. I boscaioli per meglio far scivolare il legname, i tronchi (bòre) a valle li bagnano abbondantemente. Di qui il sospetto che il sistema (acquaâŚ) sia usato per diluire il vinoâŚ
TIRAR ZO QUATRO SIRACHE â SirĂ ca sta per bestemmia. Di solito quattro sono sufficiente. Ma câè chi ne ha bisogno almeno del doppio.
METER âN SESTO â Mettere in ordine. Tornare alla normalitĂ .
CON QUELA FORBES TE TAI LâACQUA â Insomma, avrebbe bisogno dellâarrotino per svolgere al meglio la propria funzione.
BELA BRAVURA SPUZAR CO LE BRAGHE PIENE â Nel gioco del tressette cosĂŹ si sfotte chi ha fatto âcappottoâ Â avendo in mano tutte le carte buone.
ESER EN CIESA â Quando, giocando a briscola, si vuol dire (o far capire, bluffando) che non si hanno carte buone da calare.
EL BOCON DE âL MASA TES â Piccoli avanzi rimasti nel piatto. Per dire che il commensale è sazio e il pasto era troppo abbondante rispetto allâappetito.
CIUCHETER â Ubriacone. Chi prende la âciuccaâ spesso e volentieri.
RUGA â Non è lâetĂ che avanza sul viso. Ruga sta per bruco. âTe sei propri ne rĂšgaâ: molesto, seccatore, brontoloneâ.
FARGHE I PEI ALE MOSCHE â Richiede una grande abilitĂ nei cosiddetti lavori di fino.
TORGHE LA VOLTA â Portare a compimento qualcosa. Prenderci il giro.
VEGNIR EN RECIA â Aver sentore di qualcosa. Mi è giunta voce che âŚ
TACAâ CO âL SPUDIC â Attaccato con uno sputo, malamente.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 118
DAGHE âN TAI â Non câentra il thai chi chuan. Eâ lâinvito a chiudere un discorso, un rapporto, una collaborazione, qualcosa insomma che collega ad altro, altri.
MA VA ANCA EN MONA â Una sorta di viatico. Da non intendere, sempre, come una maledizione, anzi âŚ
TI âNTANT TOâ âL TEâ . Barbarismo anglosassone con contaminazioni linguistiche indiane vittoriane da intendersi come richiesta di pausa in un incontro di affari o dâaltro tipo.
CIAPA E PORTA A CAâ â Soddisfatti e â forse, chissĂ â rimborsati. Ma non subito.
REPETON â Nessuna allusione a problemi, grossi, di flatulenza. Dicesi di politici che repeteant cioè vanno ben oltre i due mandati.
DETO EL BICIERA â Soprannome legato alle attitudini enologiche del soggetto in questione.
BEVIT QUALCOS ? â Cfr âdeto el bicièraâ, parola dâordine al bar, Anche âDĂ i che âl pago mĂŹ ân giroâ.
NO STAâ DIRME ⌠– Sorpresa, meraviglia, sgomento. E implicita esortazione a continuare il racconto di cose che si vogliono sapere fin nei minimi dettagli.
SPETA, SPETA ⌠– Tasto pausa con promessa di qualcosa di piĂš interessante. O richiesta di tempo per completare unâoperazione.
ZERTO CHE ⌠– Giudizio, insindacabile, sospeso. Comunque sempre in senso negativo.
AH NO SO MIGA GNENT MI â OmertĂ . Replica: âMa se tâho vĂŹstâŚâ â Controreplica: âSe ghâero dormivoâ
E ANCA FUSSA? â E anche fosse? Risposta epicurea a chi vuol creare ansia, suspence, attesa di sfavorevoli imprevisti.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 116 bis
MEIO âN MOCOL CHE NAR EN LET AL STROF â Piuttosto che andare a letto al buio basta anche una piccola candela. Piuttosto che niente meglio ⌠piuttosto.
NO PRESTAR FEDE A OM CHE GIURA, A CAVAL CHE SUDA E A DONA CHE PIANZE â Situazioni evidentemente provate di anomalie nel tempo seguente âŚ
EL NAS DEI CAGNI, EL CUL DEI VECI E I PEI DELE DONE I Eâ SEMPER FREDI â ChissĂ perchĂŠ .
LE BONE PAROLE LE ONZE E LE TRISTE LE SPONZE â Tra adulazione e cattiveria.
MEIO OSEL DE BOSCH CHE DE GABIA â Ah, la libertĂ .
ZENA LONGA VITA CORTA, ZENA CORTA VITA LONGA â Mai eccedere nel pasto serale
EN DIAOL EL COGNOS LâALTRO â Tra demoni ci sâintende
DAI PEI DEI MULI, DAL MUS DEI CAGNI E DA QUEI CHE GHâA SEMPER LA CORONA âN MAN, STEGHE LONTAN â Una serie di situazioni ad alto rischio.
PU SE VIVE PU SE SE SVIZINA ALA MORT â Comincia nella culla il viaggio della vita, senza biglietto di ritorno, senza lâorario dâarrivo.
LA PRIMA GALINA CHE CANTA LâEâ QUELA CHE HA FAT LâOF â Chi per primo parla di una determinata questione fino ad allora ignota, di solito ne è il colpevole autore.
NO BISOGN METER EL CAR DAVANTI AI BOI â Ovvero: cercare di forzare una situazione con mezzi a dir poco ridicoli.
A SOMENAR COL VENT TE PERDI LA SOMENZA â Come predicare al vento
ZOBIA VEGNUDA STIMANA PERDUA â GiĂ , perchĂŠ resta ben poco ormai prima del week end
EN GUERA, EN CAZA E NEI AMORI EN SOL PIAZER GHâA MILI DOLORI â Donne e motori gioie e dolori, difficile trovar piacere comunque in guerraâŚ
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 116
VAL PU EN GRAN DE PEVER CHE âN STRONZ DE N’ASEN â QuantitĂ non significa qualitĂ âŚ
EL PAN EN MOSTRA LâEâ LâULTIM VENDUâ â Mettersi in vetrina non sempre funziona âŚ
LA PRIMA LâEâ NA SPINA, LA SECONDA LâEâ REGINA â Nelle eventuali seconde nozze cambia il ruolo della moglie
ME SON MONDAâ I GINOCI â Brutta contusione alle ginocchia, la diagnosi. Cerotti, disinfettante e in casi gravi pronto soccorso la terapia.
GHâAT MONEA? â Hai spiccioli? Diffidare di chi tira fuori una banconota da 50 euro per chiederti un euro e dieci centesimi per pagare il caffè âŚ
TEGNETE DA CONT â Invito a mantenersi in forma, a non far pesare piĂš dellâineluttabile il conto che lâetĂ , i malanni, le delusioni, prima o poi presentano alla cassa della vita.
SON MI â Risposta alla domanda: pronto chi parla? O anche al citofono: âAvèrzi dai che son miâ. Possibile replica: âMa sèt ti? E dĂŹ alora che te sei tĂŹ noâŚâ.
MA TASI VALAâ ⌠Constatazione dellâinutilitĂ di andare oltre un colloquio? Non sempre. Anzi, quasi mai. PerchĂŠ in effetti è rafforzativo di quello che seguirĂ : âMa tĂ si valĂ che lâho sentĂŹa anca mi en paès âsta vòzeâŚno lâavrĂŹa mai dĂŹtâŚtĂ si, tasi, vara na robaâŚ.â.
EL SAVEVO, EL SAVEVO ⌠– Il senno di poi. Può anche essere completato da: âI me lâavèva dĂŹt en tanti, se ghâavès dĂ t resòn ⌠oscia el savèvo mi che la sarĂŹa nada a finir cosita ⌠el savèvoâ.
â SA DISIT SU OSPIA? â Ma cosa dici? Ma cosa stai raccontando? Notare il âsuâ, che precisa anche la direzione presa dalle parole su qualcosa che sta piĂš in aria che in terra.
SE TE SPETEVO TI ⌠Ritardo ingiustificato che costringe ad azione affannosa. E che viene mosso come accusa allâinterlocutore. In attesa di scuse gratificatorie per quanto fatto da soliâŚ
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini â 115
METI EN PIOCIO âN LA FARINA CHE âL CREDERAâ DE ESER DEVENTAâ âN MOLINAR â Ovvero âpiòcio refatâ, chi, cresciuto in miseria, quando ne esce diventa superbo.
CON LA BOSIA TE VAI A DORMIR GENERAL E TE DESMĂŹSI CAPORAL â Le bugie hanno le gambe corte
EL CUL DIS MAL DE LA MERDA â Il colpevole sparla della sua colpa
MAL NO FAR PAURA NO GAVERÂ – Non far del male e non avrai paura, rimorsi, conseguenze negative
A CHI NO LA SCOTA NO LA BRUSA â Invito alla prudenza: se non ci si avvicina al fuoco è difficile riportare ustioni. Anche in senso metaforico: delusioni, accidenti âŚ
LE BONE PAROLE NO LE LIGA I DENTI â Se hai qualcosa di buono da dire di certo nessuno ti zittisce.
EL TEMP FA MATADE, LE MATADE FA MISERIA, LA MISERIA FA GIUDIZI,âL GIUDIZI DA FAR ROBA, LA ROBA FA BON TEMP E âL BON TEMP FA FAR MATADE â Una spirale, una catena ineluttabile, con epilogo che riporta al punto di partenzaâŚ
QUANDO LE SCOMINZIA LE CORE DRIO TUTE â Quando i guai arrivano di solito sono sempre accompagnati da altri guai, magari contemporaneamente
ROBA PER FORZA NO VAL NA SCORZA â Non câè valore nei lavori fatto controvoglia
SE TE VEDI FUM O CHE LâEâ FOCH O CHE LâEâ UN CHE HA CAGAâ DA POCH â Nella tradizione popolare sembra non ci siano alternative âŚ
NA PISADA SENZA âN PET LâEâ COME âL VIOLIN SENZA LâARCHET â Diciamo che non sempre câè lâabbinamento delle funzioni âŚ
No SE SA DE CHE MORT SE MORE â Difficile conoscere il proprio destino
PEI CALDI, TESTA FREDA, PANZA LIZERA â Tre regole per star bene
NO GHâEâ ERBA CHE VARDA âN SU CHE NO GABIA LA SO VIRTUâ â Ogni erba ha le sue proprietĂ diciamo piĂš o meno benefiche.
QUANDO LA MERDA LA MONTA EN SCAGN LA FA SPUZA E LA FA DAN â Quando un incapace arriva al potere fa guai e ⌠si sente
PU âN ALT CHE SE VA, PU âL CUL SE MOSTRA â PiĂš si va su nella scala gerarchica della societĂ e piĂš si è esposti allâanalisi dei propri difetti.
NA VOLTA PER UN LA CIAVE DEL VOLT â Invito allâalternanza nelle amministrazioni pubbliche ma anche nelle societĂ che gestiscono âŚ. le cantine.
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PONTERA â accento sulla âeâ. Nulla a che fare con i ponti. Bisogna però salire, andare in su. Dai che dopo quela curva de sora se ariva al rifugio. Poâse sa, a nar en zo ogni sant aiuta.
TE ME ROBI EL PAN DA LA BOCA â Accusa di egoismo. Di sfruttamento. Di ingiustificabile e anomala divisione dei beni,
TUTI BONI DE FAR CASCAR UN CHE CAGA â Vinci facile. Laddove basta una leggera pressione per mettere a terra e in evidente imbarazzo chi in quel momento è in altre azioni occupato. Da tergo âŚ
GRAZIE MA MI NO Â FUMO â Vecchia battuta, al buio, riferita a chi, impegnato in rapporti sessuali a pagamento, non ha il classico physique du rĂ´le.
TUT CHI? â Umiliazione post regalo o quando si tratta di ricevere concreti compensi per qualcosa che si è dato o fatto a vantaggio del prossimo.
NO DIGO GNENT â Astensione. Sospensione del giudizio. Può seguire: âVara, sol perchĂŠ te sei ti tâel digoâŚperò che la resta chi, valĂ â.
OCIO CHE âL SCOTA â Avviso ai commensali dopo lâuscita dal forno di vivande roventi. Consigli: âSòfieghe sora prima de butar zoâ.
GHâOâ ZENT TE CIAMO DOPO â Replica mai intercettata: âLa podèva envidarne anca noi ⌠ah ma stavolta ne la ligo al dèâ.
I SE PARLA â Gossip su possibili fidanzamenti in paese
GHâEâ SCAPAâ LA SPOSA â Situazione che precede separazioni , divorzi, rancori. Resta sempre da indagare il perchĂŠ dellâimprovvisa fuga.
PITOST MAGNO NA MERDA â Drastico giudizio su qualcosa di negativo che vale lâalternativa coprofaga.
DAI CHE RESTEN AMIZI â Eufemismo: vai via dalla mia vita, dal mio cuore, dal mio lettoâŚ.ne sen capidi dai
  Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini â 113Â
LASSA EMPIZAâ â Richiesta di chi, in caso contrario, si troverebbe al buio o con macchinari spenti o con la televisione da riaccendere. Al contrario: âSmòrza zò tut prima de nĂ r via, me racomando âŚâ.
Me DIGO CHE ⌠– Non è un verbo riflessivo, nĂŠ lâincipit di una seduta per favorire lâautostima. Si usa di solito per introdurre la descrizione di qualcosa di straordinario. âAh, me digò che quela trota la sarĂ stĂ da longa en metroâŚâ â âMe digo che se te lâavèssi vista te sarèssi nĂ en drè schèna ⌠âna roba âŚâ
ALORA TâEL FAI APOSTA ⌠– Denuncia di una provocazione. La giustificazione classica: âVĂ ra che no ho fat miga appòsta ⌠lâè stĂ la to sposa a basĂ rmeâ.
MA ME CREDIT EN DUGO? â Credi che sia un credulone? Uno che si prende facilmente in giro? Pensi di approfittare di me? Mi ritieni cosĂŹ ignorante e inesperto?
SET SCAPAâ DA PERZEN? â Quando a Pergine Valsugana câera il manicomio âŚ
TE GHE SEI DA LA MAESTRA â Riguardava i rapporti tra scolari delle elementari negli anni sessanta. Si trattava in pratica di annunciare la segnalazione al corpo docente di un atteggiamento violento subito durante la ricreazione o passato inosservato in classe.
VEI ZO DAL PIN VALAâ â Invito a ragionare terra terra. Cioè a lasciare le âvetteâ del proprio sapere per tornare tra i ⌠normali.
COME LâEâ âSTE TRIPE? QUANDO LE TROVO TE SAVROâ DIR â Quando le trippe costringono ad una caccia al tesoro nel piatto di brodo. A monte câè sempre scarsitĂ di materia prima in cucina.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini 112
DAT FOR DA UGO? â Ugo non si sa bene chi sia, cosa faccia nella vita ma soprattutto perchĂŠ viene tirato in ballo come parametro del self control. In ogni caso meglio non superare i confini di questa arcana Ugheide.
HAT BEGAâ COL PETEN ? â Dicesi di chi evidentemente non solo ha litigato col pettine ma proprio non ha confidenza con pieghe, riccioli, taglio di capelli ordinato. Va detto che il pettine non è per fortuna nĂŠ vendicativo, nĂŠ permaloso.
STASERA STAGO LIZER â Promessa, quasi sempre infranta, di chi a pranzo ha esagerato sia nelle proporzioni dei pasti sia nel loro contenuto calorico o di grassi. In realtĂ la cena è quasi sempre la fotocopia del menĂš diurno. Segue, la mattina dopo: âân do elo che ghâè lâalka selzer âcramento?â. E lâennesima buna intenzione: âAh, ancoi a mezdĂŹ la vĂ de riso en biancoâ.
ME NE FREGA MEN CHE MEN ⌠– Stop alla conversazione. Dichiarazione di distanza abissale tra due interlocutori. Anche: âVĂ ra, no podrĂŹa fregarmen de menâŚâ. Drastico: âPrima che vaghi ânvanti col discorso tâel digo subit: no me ne frega propri gnent de gnent via zeroâ.
NO âL SE RICORDA PU GNANCA DAL NAS ALA BOCA â Amnesia progressiva. Che nulla ha a che vedere con olfatto e capacitĂ di esprimersi. Trattasi di distanza esigua tra percezione e coscienza del percepito.
DIâ GIURO â Richiesta di certificazione solenne di qualcosa che ha bisogno di conferme anche extraterrene a volte. Vedi anche: âMa dĂ iâŚâ.
HAT SGARBIAâ BEN NELA BORSA? â Trovare chiavi, piccoli oggetti in borse riempite allâinverosimile a volte costringe veramente a operazioni di ârastrellamentoâ metodico. A âsgarbiĂ râ appunto.
COME VOT CHE LA VAGA⌠– Come vuoi che stia, in quale situazioni mi trovi. Segue di solito: âChĂŹ sènâŚân do vot che vĂ gaâ soprattutto se si è ricoverati in ospedale.
MA VALO DE CORP? â Tentativo di indagare sui sintomi per abbozzare una diagnosi artigianale. Se ci sono problemi di evacuazione una volta arrivavano la dolce euchessina per i bambini e le âfoie madriâ per gli adulti.
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 SARIA DRIO A NAR ⌠– Classica risposta a chi, sullâuscio di casa o dellâufficio, sta avviando un colloquio che si preannuncia lungo e noioso. Per tagliar corto meglio usare: âDai, dai che se no perdo la corièra, ne sentĂŹnâ ed entrare subito nella propria auto sgommando.
HO VIST CHE TE SEI SUL GIORNAL ANCOI â Riconoscimento di popolaritĂ se la foto è allegata ad un premio, ad una buona notizia. Conferma di cattiva fama ormai diffusa in caso contrario. Possibile risposta: âSpero de no èsser tra i avĂŹsi da mòrtâŚperchĂŠ no i mâha dit gnent nesĂšn de quando sarĂŹa el me hòbitâ.
EL SE LâEâ âNTAIADA â Ha capito lâinghippo, mangiato la foglia, scoperto lâinganno. âAh no lâè miga vegnĂš ala riuniòm del condomini: el se lâè ântaiĂ da che ghâera da pagĂ r la vedrĂ da rota da so fioi col balòmâ.
NAR A PETAO â Aerofagia, meteorismo, flatulenza non câentrano. Qui si parla non tanto di gas ma di solide, concrete prospettive di andare incontro a malanni seri. O al piĂš di finire per terra.
NEâ FORA A ZUGAR â Invito rivolto di solito a un gruppo rumoroso di bambini quando i rispettivi genitori vorrebbero avere un attimo di tranquillitĂ per dialogare. Pericoloso in aereo o quando i terrazzini non hanno parapetti a norma.
GHE STARALO DENTER? â Dubbio â perlopiĂš delle mogli â quando in un negozio di abbigliamento cercano un maglione, un paio di mutande, un paio di pantaloni, una giacca per il marito. Le rassicurazioni scontate della commessa: âMa tanto dopo i se slĂ rgaâŚâ.
CON DOMAN NO FUMO PU â Battuta vecchissima. Segue: âFumo sol co na mamâ. Vale anche per lâalcolismo.
LEZUâ, STUDIAâ â Si dice di chi ha fatto âle scòle alteâ e comunque riesce a mettere dâaccordo un soggetto con un predicato verbale e un oggetto. Segue la giustificazione: âMĂŹ dopo le profesionĂ li ho tacĂ via subit a laorĂ r nehâ
EL ME FEVA PECAâ â Mi faceva compassione. Insomma non è unâazione peccaminosa subita.
TUTA COLPA DE STI SBALZI â Ci si riferisce a repentini cambiamenti di tempo per giustificare qualsiasi tipo di malessere, soprattutto nervosismo, insofferenza, incostanza.
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CHI PER VEDER QUALCOS BISOGNA SLONGAR EL COL â Problemi di visibilitĂ in locali affollati (teatro, cinema e affini) ma anche allâaperto se si è sovrastati da chi ha preso posti migliori.
I ME NâHA DAT, I ME NâHA DAT MA NâHO ANCA CIAPAâ â Versione poco chiara â o al contrario troppo evidente â di come sono andate le cose in una rissa.
DIME âSA TE PAR â Richiesta di giudizio di un lavoro, di un qualcosa che si è fatto magari proprio su commissione dellâinterlocutore. Attenzione: se domanda termina con âAhâŚâ vuol dire che ci si aspetta un giudizio positivo. Eâ insomma lâequivalente dellâaffermazione: âVegnĂš fòra en bel mistèr ahâŚâ. Se invece segue la frase: âche se noâŚâ vuol dire che si minaccia di distruggere tutto in caso di risposta negativa. Ed è considerato giudizio negativo anche il termine âSĂŹ dai, ensòma, el podrĂŹa anca nĂ r per quel âŚâ
AH, SE NO DOVESs VEDERTE PU ⌠– Segue di solito un âsalĂšdeme la spòsaâ con la mano tesa per la stretta allâamico e conoscente. Il piĂš delle volte però lâaltro, con la mano destra, è impegnato a toccare per scaramanzia ciò che si trova in mezzo alle gambe.
MA TE FAT I CAVEI ROSSI COME LE DONE? Risposta: âNo, son drĂŹo a sbianchezĂ r el plafòn del bociaâ. Replica: ââsta tento ale fiamĂ e valĂ â.
TâHO VIST EN TELEVISION ALGIERI ⌠– I 15 minuti di fama che prima o poi toccano a tutti, soprattutto con i quiz televisivi. Câè anche il solito commento, in paese: âMa dime, dime, el BonolĂŹs da vĂŹf elo propri cosita?â
STA âTENTO CHE VAGO A TOR NA CASSA DE ACQUA MINERALE, BEVO TUTE E SEI LE BOTIGLIE E VEGNO A PISSARTE SU LA SCRIVANIA â Minaccia con premeditazione e mezzi facilmente reperibili sul mercato.
VEI VEI CHE GHE PASSA ANCA EN MOTOCARO â Istruzioni per lâuscita da un parcheggio accompagnate da inviti a girare bene e velocemente il volante. In caso di tamponamenti lâaddetto ai âsegnaliâ di solito si dĂ alla latitanza almeno fino al prossimo matrimonio o funerale se trattasi di parente.
EL RISCALDAMENTO LâEâ NâHAâ EN BLOCO â Seguono, se fa freddo e la giornata del guasto coincide con festivitĂ , âlitanieâ giĂ preparate da tempo e custodite nel nylon che contiene le istruzioni della caldaia. Lâepilogo: âE i è vegnui a controlarla la stimana passada diaolporcoâŚâ.
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TOLEâ QUALCOS? â Domanda alla quale per una legge non scritta del galateo  – o piĂš semplicemente perchĂŠ il tono dellâofferta non è sempre convinto e convincente – bisognerebbe rispondere sempre: âNo, grazie, no la stĂ ga a disturbĂ rseâ. Per non far capire che tutto si farebbe tranne che tirar fuori bicchieri, bottiglie o tazzineâŚdi solito la reiterazione dellâofferta è di questo tipo: âMa nò, no me dè nessĂšn disturboâŚoscia (rivolto ad altri familiari) ma ghâavè ancora da scargĂ r la lavastovilie?â Può anche succedere comunque alla padrona (o padrone) di casa di lasciarsi scappare un esagerato âDai che mèto su la mòka anca per miâ. E questo nove volte su dieci è un autogol. PerchĂŠ la risposta sarĂ sempre questa: âAh ben, se te fai el cafè anca per tiâŚaloraâŚâ.
EHâŚA STAR COL CUL DESCUERT⌠– Frequente commento di fronte a chi diventa paonazzo per colpi di tosse o deve soffiarsi ripetutamente il naso o ancora è visibilmente raffreddato. Si tratta di ironico riferimento ad atti sessuali allâaperto o in luoghi non propriamente definibile tetti coniugali. Lâinteressato negherĂ comunque sempre anche di fronte allâevidenza (tracce di rossetto sulla guancia o analoghi indizi).
NO LâHA DIT GNANCA BAF â Insomma non ha reagito. Non ha detto alcunchè, nĂŠ bif nĂŠ baf, nemmeno âahâ. A dimostrazione della ragione di chi riferisce ora quel silenzio âcolpevoleâ piĂš che arrendevole.
MA SET PROPRI SICUR DE AVERGHE TUTE LE FASSINE AL CUERT? â (cfr: enmanegĂ vèrt) â Laddove insomma il legname tagliato, quando è ancora verde, non stagionato, poi riduce il proprio volume. CosĂŹ come i neuroni nel cervello di chi ha dimenticato la legna sotto la pioggia, al di fuori del cranio-casolare.
LâHO VIST PATIâ â Lâho visto male. Molto dimagrito. Scavato anche nellâanimo (cfr. ciuciĂ dale strie).
CUL PORTA BOTA â Il sedere attutisce le contusioni. Dipende ovviamente sempre dallâintensitĂ , dallâangolazione, dallâoggetto contundente, dallâaltezza della caduta.
SAT CHE I HA SERAâ VIA EL GINO? â Sai che hanno arrestato Gino? Risposta: âMa se lâera nĂ zo per Napoli a laorar che sarĂ zamai dese aniâŚâ â SĂŹ, propri a Napoli i lâha ciapĂ ? âE cossa Ă lo fat?â â No so, ma se i lâha serĂ via qualcòs el deve pur aver fatâŚ
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EL SAâ DA TAP â Bocciatura di un vino. Possibile replica: âVĂ ra che te hai dropĂ la botigliòta de lâasèdo osciaâŚâ
TE SEI ARIVAâ AL FUM DE LE CANDELE â Sei arrivato tardi. Come quando a Messa hanno appena spento le candele.
TEGNEME CALT EL POSTO â Invito a presidiare una carica, un posto di lavoro, qualcosa che comunque va preservato da invasioni. Non sempre câè, soprattutto adesso in tempo di crisi, la sicurezza di trovare se non caldo, almeno tiepido, il âluogoâ raccomandato ad altrui attenzioni nellâinterregno.
VANZIT QUALCOS? â Hai qualcosa contro me? Hai crediti nei miei confronti? Ho forse fatto qualcosa che non va bene e per la quale mediti una vendetta?
OSCIA HO DESMENTEGAâ EL PORTAFOI A CAâ â Capita quando lâinteressato dovrebbe pagare il âsuoâ giro di aperitivi. Il barista a quel punto dice sempre: âLâè semper la stessa storia. E tòr zò qualche pirola per ricordarse le robe? O set zĂ a livei de alzĂ imer?â
EN POâ PER UN LA CIAVE DEL VOLT â Cioè: non deve sempre toccare allo stesso soggetto lâincombenza, la responsabilitĂ , il pagamentoâŚ
LâEâ BEN SICUR NEH CHE TO MARIâ ANCOI EL FAâ EL TURNO DE NOT EN CARTERA ⌠– Richiesta di conferma a scanso di equivoci di un impedimento che consente libertĂ sessuali extraconiugali notturne. Occhio agli scioperi a scacchiera. E comunque agli imprevisti imprevedibili.
GHâAVEâ CIODI DA DESE CHE NO SE STORZA SE SMARTELO NEL MUR DE CEMENTO? â Lâincubo di chi è addetto al punto vendita di ferramenta.
VARA, TE âL DIGO, MA PROPRI PERCHEâ TE SEI TI ⌠– Atto di spionaggio. Confidenza sempre in cambio di altre confidenze. Collusione.
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GHE NâHO DIT DE BOâ (o BOIA) E DE VACA â Relazione sintetica di una serie di offese e minacce rivolte non sempre ad un nemico in comune con lâinterlocutore. Questâultimo di solito chiede lumi sullâepilogo: âAh sĂŹ, e lĂš âsa tâĂ lo dit, âsa Ă lò fĂ t, èla finĂŹa lĂŹ?â
BOM STâASEDO MA DAME EN BICIER DE VIM VALAâ â Stroncatura del vino ricevuto dopo un panegirico sulle sue qualitĂ . Possibile risposta: âTe ghâavrai la boca zamai empastĂ daâ.
SERA LA BOTEGA CHE NO TE GHâAI GNENT DA VENDER â Riferito alla patta aperta dei pantaloni e anche alla pochezza di quello che solo le mutande a quel punto coprono.
QUEI CHE NO GHâAâ TESTA GHâAâ GAMBE â Nel senso che gli smemorati, quelli che dimenticano le chiavi dellâauto allâultimo piano e se nâaccorgono solo quando sono in garage devono essere allenati a sforzi ripetuti.
GHâEâ SCAMPAâ LA SPOSA â Gossip paesano. Indica piĂš che una scomparsa un tradimento anche se detto dagli uomini non sempre rispecchia lâeffettiva realtĂ dei fatti. Difficile insomma un âGhâè scampĂ el marĂŹâ anche di fronte allâevidenza.
LâEâ NAâ A VOLT â Eâ caduto. Si dice sia di ruzzolone che di perdita del carico. âLâè nĂ de vòltaâ invece sta per âè tornato indietroâ. âLâè sempèr en vòltaâ: è sempre in giro.
TE MâHAI STOMEGAâ â Mi hai stufato. Con le parole, con le opere, con i pensieri. âMâè restĂ tut sul stòmechâ: principio di indigestione, congestione. Seguono, di solito, conati di vomito (per fortuna che ho butĂ su tut) liberatori.
ENCULETE â Invito ad una di fatto impossibile auto-sodomia. âEl mâha enculĂ â: non si tratta di aver subito una violenza sessuale ma di aver preso una grande fregatura, un grande abbaglio, essere insomma rimasti vittima di una truffa, di un raggiro (da dietro, si saâŚ).
BEL, BEL, QUANT COSTEL? SIâ BEL MA NO ME âL SENTO BEN ADOS â Classica retromarcia in un negozio di abbigliamento quando viene notificato il prezzo.
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LA VEI ZO A SECIE â Le tristemente famose âbombe dâacquaâ. Quando si vuol sottolineare lâintensitĂ delle precipitazioni: âVèi zò pali de fèrâ. O ancora: âSâè rot le cĂ ne de sòraâ.
GHâOâ I FRENI CHE ZIGA â Constatazione della necessitĂ improrogabile di metter mano ai freni dellâauto. O di una riparazione mal riuscita: âMa se i ho âpèna rifĂ ti, osciaâŚâ.
CHE GHEBA â Che fumo, che nebbia, che polverone. âGhâĂ t de ghebĂ r?â: hai una sigaretta? âGhâat da âmpizĂ r?â: hai da accendere.
DAME EL SUGAMAN CHE ME SUGO I PEI â In effetti lâasciugamano non serve solo per la parte finale degli arti inferiori.
OCIO CHE ANCOI SON ZIDIOS â Attenzione: sono nervoso, potrei avere reazioni inconsulte. âTe me pari zidiòsâŚâ: presa dâatto della precedente situazione.
DEVâESSER STAâ LâULTIM BICIER ⌠– Chiaramente è sempre lâultimo bicchiere di birra, vino, alcolici vari che si prende la colpa di una ubriacatura di fatto in atto da molti bicchieri prima. Ultimo barlume prima dellâincoscienza.
DAMEI PUR A MI SE NO I TE PIAS â Invasione, pacifica ma decisa, del piatto altrui quando la propria portata è stata fagocitata a tempo record, doppiando gli altri commensali.
VARA CHE DOPO I TE CIAMA EL MONCO ⌠– Minaccia (seria) di venire alle mani. Progetto (che non viene però mai concretizzato) di mutilazione. Invito a far attenzione quando il compagno di lavoro è addetto alla fresa e non ha sufficiente esperienza.
CARGAâ DE FEVER â Quando il termometro segna una temperatura oltre i 38 e per lungo tempo nonostante la tachipirina. DĂ proprio il senso dello schiacciamento determinato dalla febbre.
NO TE VEGNERAI MIGA EN CASA CON QUELE SGALMERE â Blocco di chi potrebbe annullare lâoperazione pulizia del pavimento appena terminata con âschifezzeâ attaccate sotto scarpe reduci evidentemente da una porcilaia o comunque da camminamenti su materiale molle, sporco e puzzolente.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini â 105
SET ZAâ STRACH? VARA CHE LâEâ LONGA ANCORA ⌠– Disarmente (per lâinterlocutore) giudizio sulla resistenza fisica durante unâescursione o un lavoro impegnativo. La possibile risposta (giustificazione): âA mi i mâha sèmper dit de tegnĂŹr el pĂ s del montagnèr, no de còrerâ.
CHE FIN ALA FAT LA TO SPOSA? â Domanda retorica e maliziosa, quando tutti in paese sanno ormai che la coppia è scoppiata e stanno seguendo le procedure legali per la separazione. Possibile replica: âScusa neh, magari la sarĂ ensèma a qualchedun altri, come la tuaâŚâ.
OCIO CHE EL (TE) VA DE TRAVERS â Invito a non buttar giĂš bevande o cibo con il rischio di strozzarsi. Ma anche a spegnere il gas per evitare che il latte, bollendo, esca dal pentolino. In questo caso meglio: âOcio che el te va for de sòraâ.
TE VERAI CHE âL SE TIRA FORA â Riferito al meteo, previsione di una giornata tendente al sereno. A meno che qualcuno non sia nei guai e tenti di venirne fuori. O faccia parte di un partito, un movimento politico nel quale non crede piĂš.
âN DO VAT TUT EN GRINGOLA? Dove vai vestito a festa? CuriositĂ di fronte a chi, di solito, non cura molto lâestetica, lâabbigliamento. Risposta: âAh, ancòi se spòsa me neoĂ âŚma âpèna se tĂ ca a magnĂ r me tiro ben via sta cravĂ ta che me strènze el còlâ.
SAT CHI HO VIST ANCOI AL BAR DEI DO FIASCHI? Segue sempre un gossip paesano che culmina con âMa lâavrèssit mai dit che âl feva quela fin? Sposarse co la badante de so mama?â
ZAâ CHE NO TE GHâAI GNENT DA FAR â La frase che piĂš di altre terrorizza soprattutto i pensionati. Considerati oziosi, privi di impegni. Risultato? Sono caricati di faccende domestiche che prima, quando lavoravano, potevano bellamente schivare.
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 SCOTONA â Taglio di carne. Occhio però che scotta. Vedi anche âscottaditaâ.
NO VEGNIRAâ MIGA I TOI DOMINICA ⌠– Domanda retorica. Si sa che suoceri e parenti affini arrivano sempre quando la coppia aveva altri programmi. Confronta: âVeleni e antidotiâ.
NO TE PARI TANT A PIOMBO â Certificazione tecnica di instabilitĂ . O pendenza (cfr. I misteri della torre di Pisa). Di solito è la constatazione, insindacabile, di un evidente stato di ubriachezza piĂš o meno molesta. Il giudizio si estende anche a chi proprio non riesce a connettere, a parlare, ad esprimersi nella lingua corrente. Non nel senso dellâacqua.
EL GHâAâ I OCI DE SO MAMA â Mater certa est ⌠Subito dopo, a mò di excusatio non petita si dice: âPerò le gambe le è grosse come quele del papĂ âŚâ
HO PATIâ EN FRET, MA EN FRET ⌠– Pretesto per farsi un whisky doppio. Anche perchĂŠ non si scende mai nei dettagli. NĂŠ del prima. NĂŠ â ma è meglio â del dopo.
TEGNETE DA CONT â Invito a preservare la specie. A mantenersi in salute. Confronta: âfa polito daiâ. âTegnelo da contâ invece va inteso come salvaguardia di un rapporto. âTegni a manâ: invito delle Casse di Risparmio â Sparkasse.
VEGNIRIA ANCA MA ⌠– Quando si pongono delle clausole rispetto ad un appuntamento, ad un viaggio, a qualcosa da fare insieme ad altri. A monte, quasi sempre, problemi irriferibili.
EL ME DAGA PUR DEL TI â Paradosso. Incipit di un dialogo che non crea, anzi, le condizioni per un colloquio amicale, inter pares.
TI NO TE SAI CHI CHE SON â Classico espediente per evitare la contravvenzione per divieto di sosta. Occhio: tanti alla fine sono stati denunciati per tentativo di corruzzione (ghâat bisoin de âna racomandazion en Provincia? Basta parlarneâŚ.dai che nem a bever qualcos al bar).
VARA TI CHE PASSI ⌠– Giudizio, drastico, basato sempre sullâapparenza, riferito ad un conoscente magari uscito in strada un poâ trasandato perchĂŠ gli è scappato il cane âŚ
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MOLA ZO QUEL MUS VALAâ â Invito ad uscire dal mutismo post litigio. Insomma a lasciar perdere precedenti screzi. Con i permalosi bisogna aggiungere: âPer mi te poi star cosĂŹ anca do ani, che te diga: prima o dopo la te passerĂ . E se no la te passa lâè istèssâ.
NO LA PAR NA CAMERA MA âNA STALA ⌠– Richiamo allâordine. Di solito rivolto ai ragazzi e al disordine delle loro camere. Famosa la risposta data anni fa ad una mamma che faceva questo rimprovero: âA proposito de stala e boĂ zze: chiel che sâè netĂ el cul coi me calzòti?â.
GHE STALA? (o GHE STALO? O GHE STAI?) â Nulla a che vedere con la precedente definizione. Sta per: âCi sta dentro?â. Succede quando si prendono âallâincircaâ le misure della cucina e si arriva con il frigo che non ci sta. Ma anche quando bisogna far trasloco con un veicolo dal bagagliaio stretto.
âSA VOT – Il significato è subordinato alla punteggiatura che segue. ââsa vòt?â sta per cosa vuoi? ââsa vòtâŚâ sta per âdimmi tuâŚdel resto ⌠ââsa vot !â esprime invece giĂ un giudizio. Pur senza entrare nei dettagli. âCasa da sbianchezar. Me marĂŹ? âsa vòt !â. Esasperazione del concetto: ââsa vòt che vegna foraâŚâ.
AH DIGO BEM â Conferma. Ma con rafforzativo: ho ragione io, non câè alcun dubbio. Può essere anche riflessivo: âAh me digoâŚâ. Sempre e comunque autoreferenziale. Col tempo imperfetto equivale a âlâavevo detto ioâŚâ. E cioè: âAh volevo ben dirâŚ.ah, âl disèvo miâ. Con varianti: âGhâavrĂŹa mès su quel che te volevi che âŚâ.
TE PAR LâORA? â Sottinteso: di arrivare, di partire, di fare qualcosa in un momento poco adatto. Segue di solito un breve commento: âNo, perchĂŠ se chi ognun âl fa quel che âl vol, quando che âl vòlâŚâ.
NO STA MONZERMELA â Non si riferisce al divieto di mungere la propria vacca. Ma, in senso figurato, di non darla a bere. âA mi te me la monzi?â Bere cosa? Forse il latte che non a caso in altra definizione: âNo sta farme vegnir el lat ai dinociâ.
ABITEL DA âSTE BANDE ? â Occhio: non câentrano le bande malavitose nĂŠ quelle musicali. Sta per: abita da queste parti? Possibile risposta: âSĂŹ, en font al paes, ma âl staga ân banda ala straa che passa i camionâŚâ
PISARSE ADOS DAL RIDER â Incontinenza provocata da una incontenibile risata. Altro effetto: âMe vei da pianzer a forza de riderâ: solo apparentemente una contraddizione.
AVEâ ZA MAGNA? â Domanda ad ospiti che arrivano, inattesi, allâora di pranzo. Segue: âNo, lâè che per meter su nâaltro piat de pasta ghe meto ân minut nehâŚâ. La risposta è sempre di cortesia ma sibillina: âMa dai che ve dèm da far per gnènt, passèvem giust da chi e alora ⌠però a sentir lâodor del ragĂšâŚma si valĂ che tastènâ.
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MOCINER â Si dice di chi ha la âgocciaâ al naso. Nel senso che dovrebbe pulirsi dal muco, dalle famose âcandeleâ che scendono. Insomma, è ancora un bambino che non ha imparato a badare a se stesso: ha bisogno della mamma per soffiarsi il naso. Si estende a chi è ancora ingenuo, bambinone. O semplicemente trasandato per pigrizia.
EL SâEâ SLONGAâ⌠– Riferito di solito ad un bambino che non si vede da anni. E che nel frattempo ovviamente è cresciuto. Attenzione: mai dire âel sâè slargĂ â anche di fronte ad un evidente caso di obesitĂ infantile. Sta male.
ENGRANIZAâ â Non vuol dire immerso nel grano o sporco di farina. Si tratta dellâeffetto del contatto con carbone e affini. Tipico degli spazzacamini. O di chi ha cercato di spegnere malamente i ârestiâ di un barbecue.
SALUDEME LA SPOSA â Va detto solo ad amici non gelosi. Altrimenti può far sorgere sospetti su frequentazioni extra-coniugali difficili da risolvere nel corso di una successiva, eventuale, cena per i chiarimenti.
TOLEâ âN CAFEâ ? â Proposta formale. Con la segreta speranza di una risposta di questo tipo: âNo, grazie, lâavèm âpena bevĂš al barâ. Al che di solito si fa finta di insistere: âVara che ghe meto nâatimo a meter su la mokaâŚâ. Il pericolo? Di ricevere una replica del genere: âAh bèm se te âl bevi anca ti alora va bèmâŚâ. Segue la ricerca di tazzine e piattini puliti (ma impolverati) nella credenza. Con silenziose, impercettibili bestemmie.
SET TI? â Sei tu? Entrata dalla porta dâingresso con passo ben noto. Chiaro: è lui. Anche perchĂŠ è difficile che estranei rispondano cosĂŹ: âNo, son uno co âna pistola en mam, dime sol dove te tegni i soldi chevago via subitâ.
DAI CHE NE VEDEN âN DIâ â Come dire: spero di non dover passare ancora una serata noiosa come questa. Segue: âtanto âl me numer te âl ghâai no?â. E via senza chiedere conferma o ridare recapiti in caso contrario.
EL GHâA âN BRUT COLOR â Diagnosi superficiale dello stato di salute di un conoscente. Che magari ha dovuto solo rinunciare alle ferie al mare o non ha avuto il tempo di prendere il sole in montagna. Ma normalmente si riferisce a persona terza. Non direttamente allâinteressato al quale, invece, si dirĂ : âMa sat che te vedo propri ben?â.
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DAME âN BUTON â Richiesta dâaiuto, di dinamicitĂ . Nella maggior parte dei casi si tratta di provare (con marcia inserita: non la retromarcia, attenzione) a mettere in moto unâauto con batteria quasi scarica. Può anche essere una sorta di sfida: âDai, dame ân butòn che dopo te vedi quel che te fago miâŚâ. O ancora, una sorta di complicitĂ il lunedĂŹ mattina: âDame ân butòn che ancòi voia de laorar salteme adòsâ.
EMPIZEME â Non va preso alla lettera. Lâinterlocutore ha solo bisogno di un accendino, di un cerino, di qualcosa che dia fuoco alla sigaretta. Non di diventare un bonzo. NĂŠ di alzare il livello della propria eccitazione.
MA SE LâHO VIST GIUST ALGIERI⌠– Sorpresa, sgomento di fronte a qualcosa che riguarda un conoscente peraltro incontrato di recente. âQuel lĂŹ en presòn? Ma se lâho vist giust algièri al barâŚâ. âEâ morte l Bepi? Ma valĂ , che lâho vist algieri e âl steva benònâ.
ENSOMA ⌠– Giudizio sospeso. Che comunque tende al negativo. âChe te par de come ho sbianchezĂ la sala? SĂŹ dai, ensomaâŚâ. âComâela nada ieri sera? â EnsomaâŚâ.
ME SA CHE LâEâ STA COLPA DE TUTI QUEI MISCIOTI â Giustificazione dellâalcolista non anonimo al termine di una serata finita con vomito sui sedili in pelle dellâauto appena ritirata dalla concessionaria dallâamico e pretesto per eccessivi brindisi in un locale specializzato in drink.
SE NO TE âL TACHI ALA CORENTE LâEâ DIFIZILE CHE âl VAGA â Richiesta â non sempre anticipata â di energia per far funzionare elettrodomestici. Di solito è preceduta da bestemmie contro chi ha venduto lâapparecchio in questione ed analisi del certificato di garanzia.
EL SE LASSA ⌠– Cioè: si lascia mangiare, si lascia bere. Non è male. In realtĂ il retro-pensiero inconfessabile è un altro: âCon tuti i soldi che âl ghâĂ el podèva anca ofrir qualcos de meioâ.
HAT SAVUâ DEL GINO? â Prodromo quasi sempre di una brutta notizia che riguarda conoscenti comuni (a chi parla e ascolta). Può anche riguardare la decisione di sposarsi di un noto scapolo. Comunque sempre una sorpresa, un gossip che esce dalla quotidianitĂ .
PAGO MI COI TO SOLDI â Nel fatidico (quasi sempre ipocrita) duello su chi vuol pagare il conto del ristorante alla fine câè chi alza ironicamente la bandiera bianca. Mettendo in fuorigioco lâavversario.
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 TE LA GHâAI GRASSA â Giudizio sullo stato altrui non solo, non esclusivamente dal punto di vista economico. In teoria sta per âsei fortunatoâ. In pratica contiene quasi sempre un sottinteso: ânon fai niente, sei un ozioso, un perditempo, vivi bene solo grazie al lavoro degli altri, succhiaruote ecc.â. Da evitare questa allocuzione quando lâinterlocutore ha una moglie di costituzione robusta.
PRIMA O DOPO EL VEI BEN SUL BACHETON â Attesa dellâepilogo di una dichiarata azione di vendetta per un torto subito. O di un redde rationem. Un regolamento di conti in sospeso. Come chi attende sul ponte il passaggio del cadavere del nemico nel fiume, cosĂŹ il trentino aspetta con sicurezza del risultato che lâantagonista resti attaccato al âbachetònâ, palo trattato col vischio, di solito usato per catturare gli uccelli da richiamo.
NO âL GHâEN âNZOLA GNANCA LE SCARPE â Non è allâaltezza nemmeno di fargli da servo, da attendente. âEl Gino a zugar a bocce? No âl ghâen ânzola gnanca le scarpe al Mario, lâè propri negĂ â.
NO SERVE MIGA LA SCALA PER âRIVARGHE â Cioè: non occorrono grandi doti intellettuali o capacitĂ manuali per capire un determinato concetto, per avere lâintuizione esatta ed efficace. âTei, i ha mess en prèsòn el Gigi⌠– Oscia, no ghe voleva miga la scala per ârivarghe. No âl lavora da dese ani e âl va ân giro semper co la Ferari e pien de doneâŚâ.
ME NONO âL LO DISEVA SEMPER â Incipit di un aneddoto, di una perla della tradizione orale, di un proverbio popolare. In pratica un ricordo che diventa allo stesso tempo stile di vita custodito e seguito fino a prova contraria.
SE FEâ I BRAVI VE PORTO EN PIAZA A RIVA A VEDER I SIORI CHE MAGNA âL GELATO â Sarebbe come dire adesso: se fate i bravi vi porto a Castelnuovo del Garda a vedere Gardaland dalla strada o dal parcheggio. Eppure era una sorta di ⌠consuetudine in tempi grami. Peraltro qualche ghiacciolo da dieci lire poi ci scappavaâŚ
SACRAFORMENTO â Esclamazione. Attenuazione di evidente (nel suffisso) bestemmia. I produttori di frumento a suo tempo hanno però avviato una class action contro questa, secondo loro, gratuita denigrazione dei loro prodotti agricoli.
CUERTETE SU â Copriti. Meglio: metti una barriera, qualcosa di piĂš di un tetto, quello che insomma chiamano, anche per lâimpermeabilizzazione e coibentazione delle case, âcappottoâ. Cfr anche: âdai che prest sen al cuèrtâ. ââna volta che sen al cuèrt se pol anca far la ganzegaâ.
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TEGNEME BOTA â Invito a fornire copertura. O sicurezza. Come quando da una parte si usa il martello e dallâaltra occorre appunto qualcosa (o qualcuno con in mano qualcosa) che possa attutire il colpo. Anche âsostegnoâ morale ad un certo tipo di discorso. Di norma âcul porta bòtaâ: il sedere assorbe meglio le contusioni.
CHE VOT CHE SIA ⌠– Sdrammatizzazione. In campo sanitario diagnosi immediata di ferita: âMa valĂ che no lâè gnenteâŚâ Oppure: âCon do pònti te te la caviâ. Nel settore commerciale: âChe vòt che sia dese euri per âna camĂŹsaâŚdai cinesi le vei a costar de puâ.
EH, âSA GHE VOL POâ? â Dichiarazione di potenza di fronte ad un compito definito (da altri) quasi impossibile. âPortĂ r su âl frigo al terzo piano? Eh, âsa ghe vol poâ ⌠va a zercarme do cinghie che tegna e poâ te fago veder miâ.
TE VAI PROPRI A ZERCARLI COL LANTERNIN ⌠– Serve per focalizzare lâattenzione su incredibili coincidenze (quasi sempre nefaste). Meglio: per inquadrare una sequenza sfortunata soprattutto negli incontri negativi. Come per lâappunto li si andasse a cercare caparbiamente con la pilaâŚ
DAI ANCOI, DAI DOMAN ⌠– Testardaggine. Incaponirsi con qualcosa. Che non avrĂ sempre gli effetti sperati. âDai ancoi, dai domanâŚte verai che casca zò el pèrâ.
â SA âN DISIT? â Cosa ne dici? Richiesta di giudizio, di affermazione, di segno dâintesa. Basta indicare con lâindice, a volte, lâoggetto sub judice. âAh? âsa ân dĂŹsĂŹt? â Mah, che te diga, me par na monada piturar de nero el mur del cessoâŚâ.
EL TACA, EL TACA ⌠– Può riferirsi ad un francobollo che finalmente si attacca alla busta (se non adesivo dopo tante leccate che lasciano un retrogusto schifoso in bocca). Si può dire anche di qualcosa che aderisce ad una superficie durante lavori di bricolage. Ma attenzione: potrebbe anche essere un grido dâallarme in caso dâincendio. O la soddisfazione di chi è riuscito a far prender fuoco alla carbonella del barbecue.
OIO DE GOMBET â Lubrificante non in vendita. NĂŠ commestibile. Va usato quando ci si trova di fronte a lavori che richiedono velocitĂ nelle mani, nelle braccia, quindi nelle articolazioni. âDai, daiâŚoio de gòmbet se no prima che tâabi netĂ su âl paviment vei nòtâ.
NAR EN ASEDO â Non câentra lâasado. Non vuol dire fare un bagno nellâaceto. Semplicemente il processo di trasformazione del vino in aceto è applicato allâinvoluzione umana. Del cervello in particolare. Laddove insomma si cambia (di solito in peggio) rispetto allâingrediente originale.
NAR A GUERNAR â Andare al governo? No. Si tratta di dar da mangiare agli animali domestici o dâallevamento. Pulire la stalla. Insomma accudire galline, conigli, mucche ecc. âVegno dopo, adès devo nar a guernĂ r i cunèiâ.
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ORS â Non è solo il tema dâattualitĂ in Trentino (cfr caso Daniza). Eâ anche un aggettivo sostantivato. Peraltro utilizzato genericamente per definire proprio il tipico atteggiamento trentino. âTe sei propri nâòrsâ. Vale per âsei proprio un tipo selvatico (per non dire di peggio)â. O ancora: âGnanca bom de far balĂ r lâorsâ: missione impossibile. E comunque non a caso il centro sociale di Trento si chiama âOrso Brunoâ. Ovvero lâessere al di fuori di una certa mentalitĂ . Pur facendo parte della stessa comunitĂ . Incomprensione? Può darsi. Ma questa è unâaltra storia.
VAGO A PAION â Vado a dormire. Ovvero â secondo tradizione â su un materasso riempito da quello che avanza delle pannocchie. O dalla paglia. Di solito si dice alla fine di una serata pesante (enogastronomica). Ma anche quando alla televisione danno le solite soporose repliche. âMa sĂŹ, valĂ , nem a paiònâŚâ. Giustificazione: âChe doman devo levarve su prestâ.
DIME ⌠– Posizione di ascolto. Stand by. âDai dime tutâŚâ. Massima disponibilitĂ alla ricezione di qualcosa da parte di chi evidentemente ha tanto da dire. E in fretta. Sollecitazione: âAlora, dai, dime, dime osciaâŚâ. Esclamazione: âDime tiâŚâ. Sta per un giudizio negativo su quello che si è appena appreso. âI mâha dit che i parte adès da Roma e i pensa de arivar a Moena en quatro ore. Dime tiâŚma sai dove che lâè Moena?â.
BECCC â BAREA â (da Giancarlo Angelini, Riva) â Definizione estemporaea di qualcosa che fa particolarmente schifo. Preannuncio di conati di vomito. Allontana da me questa cosa orribile a vedersi. Che puzza. Che cosa immonda.
SE I ME ZERCA NO GHE SON â (cfr: dighe che no ghe son). Linguaggio burocratico tra datore di lavoro e segretaria. Ma anche a livello familiare: âSe me zerca el comercialista dighe che no ghe sonâŚche me son empicĂ , proprio per colpa suaâ.
I SOLDI I VA E I VEI â Utilizzata â la giustificazione â quando si è chiamati in banca per render conto del ârossoâ sul conto. Filosofia epicurea rivisitata dopo la crisi economica del primo Novecento. Consolazione per chi ha appena perso quanto vinto alle slot machines.
ANCOI GHE SEN, DOMAN NO SE SA â Quantâè bella giovinezza. Del diman non vâè certezza. Carpe diem. Vale però â al di lĂ dellâesistenzialismo â anche per determinate offerte quando ci sono i saldi di fine stagione.
TUT MAL SEN âRIVAI â Fine di un viaggio particolarmente difficoltoso. Intermezzo: âTe lâavevo dit mi che de lĂ lâera pu cortaâ. âZerto che se te ghâai navigadori del doâŚâ. In ogni caso arrivo alla mèta. Reazioni: âSi va ben, ma mi con ti no vegno pu ân machinaâŚma le curve le vedit o te le ân dovini per culo?â.
A PROPOSIT DE MERDA, CHIELO CHE SâEâ NETAâ âl CUL COI ME CALZOTI? â Vecchissima battuta trentina per definire una situazione igienico-sanitario ormai oltre il limite. Non va detta prima dei pasti.
AH I ME SENTE STAVOLTA ⌠– Annuncio di contestazione verbale di un contenzioso. Segue: âChe no la finĂŹs miga chi nehâŚâ. E ancora: âChe no i pensa de cavarsela cositaâŚâ.
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TIRETE DRIO LA PORTA QUANDO TE VAI FORA â Invito a chiudere la porta quando si esce. Non a staccarla dai supporti e a portarsela via. Segue sempre: âE sèrela piam che se no vei zò el crocefĂŹs tacĂ de sora come semperâŚâ.
CAN DA LâUA ⌠– Non è un cane addetto alla protezione dei vigneti da potenziali razzie di uva. Si dice di una persona che di fatto non ha una precisa preparazione. Ma che sfrutta questo suo stato perâŚfare i propri interessi comunque. O meglio, non far niente.
LâEâ DELE BALE CHE ⌠– Eâ inutile che⌠Insomma si contesta unâazione priva di senso. Forse anche dannosa allo stesso soggetto che la compie. O ha in amimo di concretizzare. âLâè dele bale che te vaghi avanti e ândrio senza combinar gnentâŚâ.
GHâAVEâ âNA CASA, âNA FAMEA, QUALCHEDUNI CHE VE SPETA? â Domanda, retorica, rivolta a ospiti che non si decidono ad andare via magari al termine di una lunga cena, con dopocena a base di barzellette che tutti conoscono da un pezzo. Rafforzativo: âNo so, se volè ve lasso anca dormĂŹr chi sul canapèâŚmi vago a paion entantâ.
CIAPA LA GOMA E NETA SU VALAâ â Laddove la goma non è la gomma. Ma un idrante. Câè però anche la âgòmaâ nel senso di pneumatico. E anche quella per âscancelĂ râ.
VOT DO BISI DA PORTAR VIA? â Attenzione. Qui le doppie contano. E diversificano il significato. BĂŹsi sta per piselli verdi. Che sistematicamente, chi ha lâorto, produce in abbondanza. Ed è costretto quindi, nel periodo della âgrande, simultanea crescitaâ di questo ortaggio, a regalare. Un modo per sbarazzarsi in realtĂ di un fastidioso âsur plusâ. Bissi, invece, sta per serpenti (bĂŹs, il singolare). Occhio: âmolĂ r âl bĂŹssâ ha significati talvolta a sfondo erotico, vietati ai minori di 18 anni. Anche se può voler dire semplicemente: âandare alla toiletteâ.
MA GNANCA SE ⌠– Negazione decisa. Rifiuto, rigetto perentorio di una proposta, di una richiesta. I puntini di sospensione possono essere riempiti da vari âcontrappesiâ. Tipo: âMa gnanca se te dai desemili euriâŚma gnanca se te me âl domandi en dinòcioâŚma gnanca se me telefonès el papa (e questâultima è oggi da evitare visto che papa Francesco ha fatto tante âsorpreseâ).
DIGHEL ANCA TI OGNI TANT â Coinvolgimento (di solito del padre) nellâeducazione dei figli. Invito a rimproverare, a far raccomandazioni, a richiamare. âDai dĂŹghelo anca ti ogni tant che no se pol dormir fin a mezdĂŹ tuti i dĂŹâŚno lâè miga nâalbergo sta cĂ e poâ son semper mi quela che nètaâ.
SE CIAVA â Chissenefrega. Che vada a quel paese. âNar a farse ciavĂ râ: andare in malora, marcire, morire. Anche: âMa che âl se ciĂ va anca luâ. Ovvero: ma che anche lui se ne vada, mi lasci stare, vada via. âTe ciava qualcos?â: tâinteressa qualcosa forse di questo? âEnciĂ vete denterâ: chiuditi a chiave. âSon restĂ enciavĂ foraâ: ho perso la chiave, non riesco ad entrare.
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DIâ GIURO â Invito a confermare solennemente la veritĂ di quello che si afferma, con un giuramento. Con una mano(sulla Bibbia? No, di solito sulla Gazzetta dello Sport, sulla foto della mamma, sul libretto di circolazione della moto appena acquistata. Attenzione a eventuali dita incrociate sotto il tavolo che potrebbero vanificare questo âsigilloâ.
MA TE PAR LâORA? â Contestazione sullâorario pattuito per il rientro a casa dei figli adolescenti. Per una telefonata a tarda notte senza preavviso e senza effettiva urgenza. Per lâarrivo, con notevole ritardo, ad un appuntamento. Le possibili giustificazioni: âVara, ghâera âna coa longa come lâam de la fĂ mâ. Oppure: âOscia, i mâha robĂ lâoroloi, no pensevo fussa sĂŹ tardiâ. O ancora: âPapĂ , vara che ân discoteca i taca via a mezanòt. E âl pu bèl el vei en par de ore dopoâŚâ.
MA DAI ⌠– Sopresa. Meraviglia. A volte ipocrita. Insomma è possibile che questa specie di âOooooohâ nasconda in realtĂ ben altre emozioni e sentimenti. Ad esempio unâindiretta presa in giro dellâinterlocutore. âSat che lâè tuta la not che no dormo? â Ma dai (effettivo pensiero: Lâè ân poâ cavoli toi, no me ne frega gnent). âSat che ân ferie ho fat la foto ensema a Pupo?â â Ma dai⌠(effettivo pensiero: ma chielo âsto Pupo?). âSat che ieri aven trovĂ dese chili de brise? â Ma dai⌠(effettivo pensiero: Ma se no te sei mai nĂ per fonghi en vita tuaâŚ).
PROVA A SCHIZARMEL â Non è lâaccordo con un killer per investire qualcuno. Semplicemente la richiesta di aiuto per un brufolo sulla schiena.
NO STE VARDAR EL CASIN â Succede quando arrivano in casa ospiti allâimprovviso. Sistematicamente quando câè il massimo disordine. O meglio quando câè il âsolitoâ normale sottosopra. Serve per far immaginare agli altri come sarebbe se tutto fosse al posto giusto. Segue: âSon ciapĂ âsta matina, ghâò ancor da averghe do minuti per meter a posto la cĂ , ma sentève zo ântant che meto su la mokaâ.
ZERTO CHE ANCA TI ⌠– Quando lâaltro ha appena finito la relazione sul proprio ruolo (ovviamente sempre migliore di altri) in una determinata discussione, questione. In pratica lâombra del sospetto anche su chi si è appena dichiarato innocente o comunque estraneo ai fatti.
BEVI DE MEN VALAâ â Drastico giudizio su quello che si è appena sentito. Imputazione: alcolismo. âSat che ieri sera ho vist en zèl na roba che pareva en disco volante?â â Bevi de men valĂ soratut a stomech vòt.
MI NO VEH â Classica risposta alla domanda: chi è stato? Se scatta questa giustificazione da parte di un singolo allâinterno magari di un gruppo numeroso sorge inevitabilmente il sospetto che sia proprio quello il âcolpevoleâ ovvero lâautore del misfatto in cerca di autore.
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DAL BON â Senza punto interrogativo serve a rafforzare il concetto appena espresso. Ma anche a prendere respiro. Un come âalsoâ in tedesco, âwellâ in inglese. O il sinonimo âneveraâ o ancora il semplice ânehâ. Se è seguito da punto di domanda invece prende il significato di âsul serio?â o âdavvero?â o ancora âma veramente?â.
ANCA SE FUSSA (o FUSSA ANCA) â Non riguarda lâanatomia umana. Insomma non câentra con bacino, osso sacro, cocige e altre ossa che stanno appunto attorno allâanca. Sta per âebbene, anche se questa ipotesi trovasse riscontroâŚâ. Praticamente esclude problemi in prospettiva. Cioè dopo la verifica di un dato, di una situazione, di una notizia non ancora acclarati ma appena percepiti. âHo vist to marĂŹ con nâaltra⌠-Anca se fussa, alme n el me stĂ for dai pei per ân pezòt e lo soporta nâaltraâ.
LE VEI SEMPER TUTE ENSEMA â Riguarda di solito gli imprevisti, i guai. Che non vengono mai da soli o in date e orari diversi. Anche: âNo sta dirmeâŚuna drio lâaltra. No se vede mai la fin de stĂŹ casĂŹniâ. Segue sempre lâelenco di questa cascata di disgrazie: âOh, prima el bocia coi sciopèti (morbillo ndr), poâ el nono che i lâha trovĂ per tera stinch come na rana fora dal circol dei pensionai, poâ me marĂŹ che la sbrugnĂ la machinaâŚ.no te digo el restâ.
GATE GATE GATE â Richiamo per gatti? Cancello, canalizzazione, terminal  in inglese? No, serve per accompagnare vocalmente lâazione che provoca il solletico. Di solito sotto le ascelle, punto piĂš sensibile. Anche: biri, biri, biri.
SE DEMOâ âL FES DO GOZZE ⌠Una sorta di appello contro la siccitĂ . Virtuale danza della pioggia. Non necessaria come in questa estate del 2014, mentre stiamo scrivendo. Per una situazione meteo migliore invece si usa: âSe demò âl se tirès foraâŚâ o âDai che forsi vei fora âl solâŚâ.
VARA CHE LA VA DE SCOPELONI ⌠Minaccia di ricorso a punizioni corporali, schiaffi a mano aperta e altro. Rivolta a bambini capricciosi. Tra adulti: âSe te ciĂ po te desfoâ oppure âVei vei che te ân dago âna rĂ taâ o ancora âGhâat bisogn de âna remenĂ da?â.
TE SEI PROPRI âN SECIER ⌠– Per dire che qualcuno abusa con lâalcol. Al punto di buttar giĂš vino, birra, liquori in quantitĂ industriale. Come se fosse una sorta di lavello della cucinaâŚcon notevole capacitĂ di entrata quando si è tolto il tappo sotto.
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GNANCA BON â Classica frase di sfida. Come quando si gettava il guanto allâavversario. Segue una dichiarazione, perlopiĂš esagerata, dellâinterlocutore circa unâimpresa che questi si dice in grado di compiere. Esempio: âMi âl farĂŹa el giro dela Busa tut en retromarciaâŚâ â Gnanca bonâŚâ. Al che due sono i possibili finali: 1. Lo sfidato monta in macchina, mette la retromarcia e prova ad uscire dal cancello di casa⌠2. Lo sfidante, visto il tentennamento da parte dello sfidato davanti alla dimostrazione pratica, mette il dito nella piaga: âTe lâavevo dit che te te saressi cagĂ adòs⌠ân cont lâè le ciaciere, nâalter i fatiâ. La missione apparentemente impossibile potrebbe però anche essere suggerita direttamente e nei dettagli dallo sfidante: âGnanca bon de magnar en tre minuti en chilo de formai grana gratĂ zò senza bever gnentâŚâ. In questo caso la risposta potrebbe invertire ruoli: âAh sĂŹ? Prova tĂŹ che te ciacieri tantâŚâ.
MIZ PATOCH â PiĂš di bagnato. Fradicio. Situazione in cui ci si può trovare dopo essere stati sotto la pioggia battente per ore senza ombrello. O dopo essere finiti vestiti in piscina, nel lago, nel mare, ecc. Segue sempre: âDĂ i sughete en pressa se no te voi ciapĂ r su na dojaâ.
QUANDO EL SOL EL TRAMONTA LâASEN EL SâEMPONTA â Ovvero solo quando manca poco alla fine della giornata cosiddetta lavorativa ci si dĂ la mossa per fare qualcosa. Senza sfruttare le condizioni (non solo meteo o dâilluminazione) piĂš favorevoli.
PADELA ROTA â Non è solo quella (con i buchi) che serve per le caldarroste. In genere si definisce cosĂŹ chi non sa mantenere un segreto. Ovvero lascia uscire dai fori (dalla bocca in questo caso) qualcosa che gli è stato riferito in maniera molto riservata e con la solenne promessa di non spifferare il tutto ai quattro venti.
ALTE CHE SE LE VEDA â Famoso (superato però da nuove tattiche) richiamo degli allenatori di calcio trentini ai propri giocatori per favorire cross e comunque âfar vedereâ la palla ed evitare un disastroso tiki taka. SottoâŚancora piĂš sotto serve anche a âfar vedereâ le palle di alltro tipo, quelle del basso ventre per intenderci. Cioè lâagonismo, il gioco mascolino in campo.
FORA CHE (EL, LA, I) VEGNA â Invito senza mezzi toni a dire, mostrare qualcosa che lâaltro, lâaltra, gli altri stentano a esternare. O a confessare nel caso di contesti che creano particolare disagio, imbarazzo.
SE TE SAVESI⌠– Serve per creare un alone misterioso attorno a qualcosa. Esempio: – Comâela nada ieri sera col to nof moròs? âSe te savesiâŚâ. Oppure: âSe te savesi chi el che ho vist ieri seraâŚâ. Si possono usare anche altre frasi: âVara, no tel digo gnanca come lâè nadaâŚâ. Oppure: âTe lâavesi vistâŚâ. O ancora: âAh se te ghe fussa stĂ anca tiâŚâ. Dipende poi dalla curiositĂ o meno dellâinterlocutore se lâintervallo vuoto dei âtre puntini âŚâ sarĂ riempito con descrizioni generali, nei dettagli o con ulteriori elementi di suspence tipo: âChe poâ nâho tâho gnancora racontĂ el pu belâŚâ.
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POL DARSI â Ipotesi. EventualitĂ . Una sorta di âniâ, insomma tra il no e il sĂŹ. âDĂŹsit che vegna da piover anca ancòi? â Ah pòl dĂ rsi, zamĂ i stâistĂ tuti i i dĂŹ prima o dopo do gòzze âl le faâ.
O DENTER O FORA â Perentorio âinvitoâ a prendere una decisione su dove stare. In casa o fuori. In cucina o sul balcone. Di solito arriva dalle donne ai mariti, ai figli che vagano senza mèta proprio quando si sta per lavare il pavimento. Particolarmente pressante la richiesta in caso di maltempo. âDĂ i, dènter o fora che se nò mâengiĂ zzo a star chi a spetĂ r cosa te voi fĂ râ.
NO GHâEâ ZEROTI CHE TEGNA â Per dire che non câè niente da fare. Inutile attaccare cerotti ad una âferitaâ (situazione, prospettiva di solito nefasta, azione impossibile) che sarĂ difficile curare. E quindi risolvere.
LâHO VIST MAL â Rapporto sulle condizioni (perlopiĂš di salute) di qualcuno incontrato recentemente. Può anche essere una sorta di radiografia fatta de visu: âOscia, ma sat che te vedo mal, propri malâŚâ. Possibili risposte. Nel primo caso: âAh ma lâè da ân pèz sĂ t che lâè cosĂŹâŚâ. Secondo caso: âGnanca mi se lâè per quel te vedo meioâŚâ.
SCANTONAR â Mettere qualcosa in un ripostiglio. Nascondere. âVara che ho trovĂ quei giornai veci che te zerchèvi: i era scantonĂ i drio lâarmĂ râŚâ. Ma anche deviare dal tema, parlare dâaltro, sfuggire al redde rationem. âNo serve a gnent che te te scantòniâŚquesta lâè la veritĂ , diaolporcoâ.
PIC E BAILA â Piccone e badile. Abbinamento di attrezzi che prelude a scavi, a lavori edili, certamente a fatica. Va aggiunta quasi sempre la âcariòlaâ per il trasporto.
PONTA E MAZOT â Come sopra, due attrezzi usati di solito per demolizioni, per fare un buco, una âtracciaâ per gli impianti elettrici o termici. âAh, tute l dĂŹ co la ponta e mazòt per far quel mistèrâŚno te digoâ.
ZAâ CHE NO TE GHâAI GNENT DA FAR â Tipica frase rivolta ai pensionati, ai disoccupati, ai cassintegrati ma anche a lavoratori momentaneamente non impegnati. Prelude a compiti da svolgere per riempire proprio quel âvuotoâ. Che a quanto pare tutti notano, tranne gli interessati. La risposta: âMa se lâè la prima volta stamatina che podo fermarme nâatimoâŚâ.
DOMAN VEI I MEI â Annuncio della visita di suoceri, cognati, parenti. Non sempre accolta con entusiasmo da generi e affini. âMa come? No avevente dit che doman se neva a magnar el pès sul lach? No pòdei vegnir nâaltro dĂŹ?â.
CASCAR COME âN PER â Legge della gravitĂ . Scoperta non a caso da Newton quando gli cadde in testa una mela. La pera dĂ però, in trentino, unâidea piĂš buffa di questo finir per terra. E meno buffa per quanto riguarda le conseguenze.
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SE NO LâEâ ANCOI LâEâ DOMAN â Quando si è incerti sulla data in cui sarĂ eseguito un lavoro, consegnato qualcosa, mantenuta una promessa. Comunque si pone un limite temporale: al massimo domani. Con lâindicativo âèâ. Senza se, senza ma, senza forse.
CONTENT COME âNA PASQUA â Felicissimo. Come se fosseâŚrinato, resuscitato, dopo un periodo oscuro. O come se non ci fosse nulla di piĂš bello. Naturalmente prima di rompere lâuovo e trovare magari una sorpresa. Ancora piĂš bella. O meno âŚ
GHâO CHI ZENT â Ho qui gente. Sottinteso: in casa. Segue: âCiĂ meme dopo valĂ âŚâ o âTe ciamo mi quando i è nai viaâ o ancora âDai che ne sentĂŹm nâaltro momentâ.
SET TI ? â Domanda che si pone nellâincertezza-certezza. Ovvero quando si avverte un rumore provenire dalla porta dâingresso. Di solito i ladri non rispondono. Se invece si tratta del marito (o della moglie) che rincasa troppo tardi seguirĂ : âMa te par le ore?â oppure âAlmèn dĂŹ qualcòs, sona âl campanèl, fate sentir che ho ciapĂ âna stremĂŹaâŚâ.
VALAâ VALAâ VALAâ ⌠– Sarcastico. Laddove si retrocede subito in serie inferiore quanto sentito dallâaltro. Non è raro che segua: âcòntele men grosseâŚvalĂ â. Lâinterlocutore comunque non deve tradurre letteralmente: non occorre âandare lĂ â. Anche perchĂŠ non ci sono al riguardo indicazioni precise. A meno che non segua: âma vĂ a cagĂ r valĂ â. In questâultimo caso bisogna chiedere subito dove si trova la toilette. Di solito è in fondo a sinistra.
NO GHâEâ SU GNENT â Tipica frase al bar da parte di chi legge i giornali cercando qualcosa che gli interessi. Dipende dai gusti ovviamente: câè chi è attratto dalla cronaca nera, chi dal gossipi, chi dallo sport. Se proprio nulla capta lâattenzione del lettore il giornale resta a disposizione di altri avventori. In caso contrario potrebbe essere sequestrato per ore davanti ad una tazzina di caffè.
NO SE FA COSIâ â Riguarda un lavoro non eseguito a regola dâarte. Ma anche un comportamento, un atteggiamento, unâazione. âDai, no se fa cosĂŹâŚâ. Se il richiamo è indirizzato ai bambini: âTâho dit che no se fa cosĂŹ. Quante volte devo dirtâel?â
âSA ERONTE DRIO A DIRTE? â Amnesia. Richiesta di aiuto per poter continuare il discorso. Effetto delle eccessive incidentali, parentesi, fughe fuori tema precedenti. Possibili risposte: âAh se no te âl sai tiâŚâ Oppure: âMa no erit drio a dirme de to nuora ⌠a proposit, come stĂ lo so fiòl?â
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DAVERZEME â Aprimi. Di solito ci si riferisce alla porta dâingresso. Gli altri significati riconducono a Jack lo squartatore. Nel caso di scatole o altri contenitori: âDai daverzeme âl ti valĂ â.
âNA SCIANTA â Piccola quantitĂ . Di liquidi. âDameân giust âna sciĂ ntaâ. Anche âci cĂŹnâ. âBasta ân ci cinâŚse no fago la balaâ.
TIRALANA â Soprannome di un vecchio titolare di imprese funebri di Arco. Derivava dallâultimo gesto, professionale, prima della chiusura della bara. Quando tirava appunto il velo bianco interno (non sempre di lana) e diceva, a tutti i cari estinti, senza distinzione: âAh pora dònaâŚAh pòr òmâŚ.ah pòr putèlâŚah pòra putelotaâŚâ. Seguiva il sigillo e il rumore dellâavvitatore.
SON MI â Risposta al telefono fisso, quindi quando non câerano ancora i cellulari con numero in entrata sul display. Non sempre câera il riconoscimento vocale. Da qui la replica: âSĂŹ va bèn, ti te sei ti, mi son miâŚ.ma ti chi vegniresset a esser?â.
DRIO MAN â In sequenza. Passo passo. Seguendo una guida. Ma anche in una logica matematica, geometrica. Prima questo poi lâaltro. âMa sĂŹ te verai che drio man combinèn qualcòsâ.
NO STA DIRME GNENT⌠– Invito a non relazionare su un fatto che sicuramente sâintuisce nella sostanza. Nella maggior parte dei casi negativa. Ma anche in senso contrario: âNo sta farme dir gnentâŚâ Sempre in riferimento a qualcosa che non si vorrebbe dire, o meglio,propri  rievocare. âNo sta dirmeâŚâ: presa dâatto di qualcosa che non si pensava.
CHE TE PAR? â Cosa ne dici? Cosa pensi di questo? Senza il âcheâ diventa invece un giudizio. âLâè propri ân zĂ ver, me parâ â âAh no se fa cosĂŹ, te par?â
GHâELO? â Câè? Sottinteso: il dottore, il commercialista, il familiare ecc. Segue, in caso di risposta negativa: âAh ben, alora passo nâaltra voltaâŚâ
CIAO FIGHI â Addio a qualcosa. Ad una situazione favorevole. Perdita di qualcosa. Anche del minimo sindacale: âsposĂ rse coi fighi sechiâ.
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 VEI DENTER CHE LA FEN FORA â Sottinteso: la questione, il problema, la divergenza. Câè anche la possibilitĂ di dirimere la controversia allâesterno (di una casa, di un bar, ecc.): in questo caso si dice âNem fora a farla foraâ. Con minaccia: âTe âspeto fora dopoâŚâ.
ENTAIARSELA â Capire al volo qualcosa che di solito non è proprio positiva. Anche âcapĂŹr subite l tĂ i del prĂ â. Ovvero come erano messe le cose e come potrebbero mettersiâŚ
PREGA DIO CHE NO VEGNA LIâ ⌠PiĂš che un avviso di intervento. Insomma di azione violenta per por fine a qualcosa che disturba e non accenna a finire. Anche: âVara che se vegno lĂŹâŚâ.
NETAR SU PER TERA â Lavare i pavimenti, qualcosa che è finito per terra. Per altri tipi di pulizia: âGhe sarĂŹa le terlaine da tirar zò dal plafònâ. âMe sa che lâè da lâan pasĂ che no te nèti soto âl letâŚvara che polvèrâ.
PIAM PIAM CHE TE TE STRANGOLI â Rivolto a chi mangia troppo avidamente. Ma câè anche chi rischia di soffocare perchĂŠ preso da troppi impegni. In questo caso lâinteressato âel magna a strangolònâ.
EL VA ZOâ CHE âL SE COPA â Non è riferito, di solito almeno, a qualcuno impegnato in pericolose discese. Ma al cibo o alla bevande (vino soprattutto) particolarmente gustose. Nel senso che non occorre tenerle piĂš di tanto in bocca: decidono subito (vivande e bevande) il suicidio nellâesofago e nei canali successivi che portano allâintestino. Dove tutto sarĂ ridotto ai minimi termini dai succhi gastrici. Anche: un boccone tira lâaltro, appunto, nel fatale burrone.
DAME EL ME SOLITO SUCO DE FRUTA ⌠Lo diceva in quel di Bolognano dâArco un anziano intendendo per succo di frutta il succo di uva (bianca) naturalmente dâaccordo con il barista che tirava fuori la solita bottiglia di vino nosiola.
FAR LE SCOLE ALTE â Una volta voleva dire frequentare le scuole medie. Poi le superiori (ancora piĂš alte insomma) e, ma solo da qualche decennio, lâuniversitĂ .
NO SO PU DA CHE BANDA VOLTARME (o CIAPARME) â Situazione di forte stress. Con tanti impegni, lavori da eseguire. PiĂš che altro richieste che arrivano appunto da tutte le parti. A raggiera, con al centro il malcapitato.
SE SA BEN ⌠– Conferma non tanto o meglio non solo della pubblicitĂ di una determinata notizia, situazione, azione in corso. Ma della veritĂ del concetto espresso in precedenza da altri. âSarĂŹa da spostarla quela machina ân mez ala straaâŚ. â Se sa benâŚâ. Anche: âCredo benâŚâ.
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GH’AT LE MAN DE MERDA? – Domanda retorica. Perchè viene posta dopo che qualcuno ha allentato con le mani – per vari motivi – la presa. E quindi qualcosa è caduto per terra. Anche “gat le man de poĂŹna?” laddove poĂŹna sta per ricotta. Insomma si contesta alla fine scarsa attenzione al trasporto, alla protezione di oggetti perlopiĂš fragili.
MOCHELA LI’ – Potrebbe anche essere riferita alla moka del caffè quando … erutta. Si tratta comunque dell’invito a smetterla. Di solito preceduta da minaccia: “Vara che se no te la mòchi lĂŹ … “. ANCOI NO SON PER LA QUALE – Cioè non è giornata. Oggi proprio non va. Confronta anche: “Ancòi son zidÏòs” oppure “Ancòi gò le bale girade”. Quando arriva questa comunicazione preventiva meglio girare al largo. I SE PARLA … – Non è la presa d’atto di un dialogo, di una riconcilazione. Almeno questo non è il significato primario. “La Gina e ‘l Marco i se parla” vuol dire che Gina e Marco si frequentano, hanno relazioni amorose, confidenziali, intime (ma non ancora dichiarate). Insomma siamo nella fase che precede ancora l’eventuale fidanzamento ufficiale. Si usa anche separatamente. “La Gina la ghe parla al Marco”. “Ma sat che ‘l Marco el ghe parla ala Gina? Da quando? Ah no so, ma i l’ha visti ensema pu de na volta a magnar la pizza”. CIAPAR SOTO – Sinonimo di investimento stradale. “Vara che per esser stĂ ciapĂ soto da ‘n camion e poderla ancor contar…te gai avĂš culo neh”. Per prendere da sotto qualcosa invece si dice “ciapĂ r da soto”. Per prendere da sopra: “CiĂ pĂ el sach enzima”. MENAR EL TORRON – Per fare il torrone bisogna mescolare la pasta nell’apposito contenitore ma soprattutto avere esperienza in questa attivitĂ , guidare le operazioni. Ci si riferisce quindi a chi comanda qualcosa. A chi ha responsabilitĂ di un lavoro. “Chi elo che mèna el torron chĂŹ?”. Attenzione però perchè torrone sta anche per qualcosa che annoia. “Oscia ‘l m’ha piantĂ zò ‘n torròn che no ‘l la finiva pĂš”. ZO’ BAS – SU ALT – GiĂš e su. Ma il trentino specifica anche l’altezza. GiĂš basso, su alto. Non sempre la differenza è quella che corre tra primo piano e pianterreno. DORMIT? – In sè l’interrogativo potrebbe anche partire dall’apprensione per lo stato apparentemente comatoso dell’altro, dell’altra. Il piĂš delle volte però proprio questa domanda provoca un brusco risveglio. Con la risposta seccata: “SĂŹ, dormivo fin quando te sei vegnĂš tĂŹ a domandarme se dormo”.
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SE NO GHE NâEâ DENTER NON âN VEI FORA â Applicazione concreta della legge fisica dei vasi comunicanti. Ovvio il risultato se si cerca di cavar fuori qualcosa dal nulla. In particolare qui si fa riferimento alla presenza o meno di neuroni nel cervello.
SENTETE ZO â (el se sènta zo, sentève zo quando si usa la forma di cortesia) â Invito a prender posto in una stanza. Tipica frase utilizzata per accogliere ospiti in casa. Di solito segue unâofferta: âDai che ântant meto su la mokaâ. Attenzione alla risposta: âme sènto zoâ significa anche essere giĂš di morale oltre che lâaccettazione dellâinvito a sedersi. Quindi bisogna semmai precisare: âVĂ ben, grazie, me sènto zo alòraâ. Per non ingenerare equivoci sul proprio stato dâanimo, sâintende.
âNA CAGNA ⌠– Letteralmente vorrebbe proprio dire cagna. La femmina del cane. Però, se usato in determinati contesti significa grande fatica, notevole stress, risoluzione di un problema con dispendio di tante energie fisiche e anche mentali. âSĂŹ, ghe lo fata a mèter su le perline da sol nela stubeâŚ.ma lâè stĂ âna cagnaâŚâ.
FARGHE LA PONTA AI BIGOI â Va da sĂŠ che far la punta agli spaghetti oltre ad essere operazione priva di utilitĂ sarebbe comunque complicato. Dicesi di persona che tende alla pignoleria. Senza però venire a capo del problema. O, per assurdo, complicando ad altri la vita facendo perdere tempo inutilmente.
NO SEN CHI A PETENAR LE BAMBOLE â Altra operazione che in sĂŠ non ha molto senso, se non per le bambine che giocano appunto con le bambole. Serve per far presente che non si sta con le mani in mano, che non si vuol perdere tempo con azioni sciocche, che si sta lavorando a progetti ben piĂš importanti e seri.
VARA CHE TE TE CIAPI SU NA DOJA â Avviso di pericolo. Cioè la concreta possibilitĂ di beccare un malanno, una brutta malattia. Di solito riguarda un abbigliamento non adeguato alla temperatura esterna. Ad esempio uscire a petto nudo mentre nevica. Ma anche esporsi per troppo tempo ad agenti atmosferici che possono creare problemi alle vie respiratorie.
DIGHE GRAZIE AL SIOR (o ala siora o ala zia, al nono ecc.) â Ordine perentorio rivolto perlopiĂš ai bambini. Si tratta di ringraziare qualcuno che ha fatto un regalo, un piacere o dato comunque un beneficio, un aiuto. Se il bambino non dice subito grazie scatta la reprimenda: âAlòra, ghe disit grazie o no âŚâ. Con giustificazione benevola che però prelude ad un regolamento di conti dopo a casa: âEl me scusa neh ma i putelòti de adès i è zamai tuti cositaâŚâ.
DO ETI E DO DECA LASSO? â Richiesta, da parte del salumiere, dellâaddetto agli affettati (anche formaggi ecc.), del macellaio di aumentare la porzione richiesta evidentemente non calcolata bene al momento del taglio. Costituiva nelle vecchie botteghe di alimentari una sorta di leit motiv nel dialogo tra commerciante e consumatore. Le possibili risposte: âMassĂŹ valĂ âŚzamai te lâhai taiadi zòâ. Ma anche: âNo no, tâavevo dit do eti caro, no te me ciaviâŚâ.
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SMORZA ZO TUT â Tipica frase che chiude una sessione di lavoro. Non solo in ufficio. Si tratta proprio di spegnere la luce e andar via. Quel âzoâ sta per giĂš, nel senso di portare lâinterruttore generale in posizione âoffâ. Che non vuol dire uovo in questo caso, ma in trentino serve per ricordarsi che âonâ, lâaltro bottone, lascia invece acceso lâimpianto. Ovvio che âmeti su lâòffâ potrebbe significare anche mettere un uovo in padella e accendere (ecco che serve lâon) il gas.
CHI VEGNIRESSELO A ESSER? â Indagine sul contesto familiare, ma anche sociale, di una persona che non rientra nella abituale âcerchiaâ. Solitamente si cerca un aggancio tipo: âEl vegneria a esser el cugnĂ del Gino, quel che abita en font al paes e che feva lâidraulico ma adese l fa el panettèr e che lâavria sposĂ una de Bolzan che la gĂ do puteloti che i va nella stessa scola dei toi ma i è pu grandiâ.
NO SON MIGA VEGNUâ ZO CO LâULTIMA NEF â Cioè: non sono un marziano, di primo pelo, inesperto. So cosa faccio, ho esperienza. Anche nel mettere le catene alle gomme in caso di nevicataâŚ
LâEâ ZO CHE âL TRAPOLA EN CANEVA â Non vuol dire che qualcuno è rimasto in trappola in cantina. Semplicemente: sta facendo bricolage. Cioè non qualcosa che rientra nella sua attivitĂ primaria. Ma un hobby.
LâEâ TUT SO MARE â Si sa, mater certa est⌠Insomma che un neonato assomigli alla madre è sicuro. Meno certo il fatto del collegamento alla paternitĂ . Di solito per evitare disagi si rimedia cosĂŹ: âSĂŹ, sĂŹ lâè tut so mare ma ⌠le man lâè quele de so pareâŚvara che grosseâ.
BUTAR SU â PerlopiĂš vuol dire vomitare. âLâha butĂ su tut, el sâè liberĂ demòâŚâ. Poi câè anche il significato ortodosso: spingere in su. âDai buta su che se no sten chi fin doman matinaâ.
MAGNELO? â Interessamento sullâappetito altrui. In genere lâoggetto è qualcuno che ha avuto problemi di salute e che quindi si sta gradualmente riprendendo.
ME SLONGHIT TI? â Altra frase che potrebbe ingenerare dubbi. Non si tratta di una richiesta di allungamento fisico. Anche perchĂŠ sarebbe operazione difficile e perniciosa. In realtĂ la domanda riguarda la possibilitĂ di un âpassaggioâ in macchina, in moto. âMe slònghit ti a me cĂ ?â.
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STAME ARENT â Stammi vicino. Stammi appresso. Può essere un ottimo consiglio per non perdersi tra la folla ma, soprattutto con i bambini, anche un ordine per evitare i pericoli della strada. In questâultimo caso si può dire anche âstĂ denòr ala straaâ, ovvero stai vicino al ciglio della strada.
COME VALA? â Come stai? Come va? Notare la particolaritĂ Â della costruzione verbale: come va essa. Laddove per essa sâintende perlopiĂš la vita. Ma può anche riferirsi al funzionamento di qualcosa. Ad esempio, guardando la moto dellâinterlocutore: âCome vala? Gala ripresa?â Se lâinterrogativo riguarda piĂš di una persona: âCome ve vĂ la?â. Al ritorno dalla vacanza, o dopo un esame ad esempio: âComâela nĂ da?â MAGNA POLENTA VALAâ⌠– Quando si ritiene qualcuno ancora inesperto. Nel senso di etĂ ancora inadatta per fare qualcosa. âAh te ghe nâhai ancora tanta polenta da magnar se te vòi vegnirme drioâŚâ. MâEâ VEGNUâ EN RECIA â Ho saputo in giro. Pettegolezzi. Gossip popolare. Inutile chiedere la fonte di queste notizie. Anche perchĂŠ di solito quando a qualcuno âlâè vegnua ân reciaâ, vuol dire che quellâindiscrezione ormai ha fatto il giro del paese. Insomma la sanno tutti tranne magari lâinteressato. MAGHER âEMPICAâ â Ai limiti dellâanoressia. Magrissimo. Il paragone con lâimpiccato? Per dar lâidea â in effetti macabra – di un corpo âtiratoâ, allungato. SET NAT EN BARCA ? â Per contestare a qualcuno una situazione di âgiro dâariaâ provocata da porte o finestre lasciate aperte. Proprio come sulla barca. AMAR COME âl TOSSECH â Amarissimo. Come il veleno. Tossico perfino. EL DIFET LâEâ NEL MANECH â Il difetto, la cosa che non va sta nel manico. O meglio, in chi comanda, in chi ha responsabilitĂ proprio perchĂŠ guida non solo lâattrezzo preso come termine di paragone. DAI CHE NEM FORA A FAR âNA GHEBADA â Invito a uscire (dopo il divieto nei locali pubblici) per fumare insieme una sigaretta. Gheba sta anche per fumo. âChe ghèba che ghÏè en cosĂŹnaâŚvara che me sa che se brusa qualcòs nel fornoâ.
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CUL PER TERA â Può essere dinamico (finĂŹr col cul per tera), o statico (son restĂ col cul per tera). In ogni caso trattasi di situazione negativa. Che per tornare positiva presuppone la possibilitĂ di rialzarsi. Di riportare in posizione normale il fondoschiena.
LASSEL NEL SO BRODO â Lasciar qualcuno nei suoi guai, nella sua situazione, nel suo egocentrismo soprattutto.
TIRAR FOR DALE STRAZZE â Recuperare qualcuno da una situazione tuttâaltro che adeguata alle sue esigenze. Non solo e non necessariamente da problemi finanziari. Ma ad esempio anche da uno stato alquanto confuso in rapporto appunto agli ⌠stracci dove è finito.
VEGNO SUBIT â Rassicurazione ipocrita di chi è giĂ in notevole ritardo allâappuntamento.
SIâ DAI ⌠– Praticamente vuol dire ânoâ. Soprattutto quando lo dice una donna ad una commessa in un negozio di abbigliamento. Ma vale anche in un centro arredamenti, in qualsiasi altro punto vendita. Se poi è seguita da âma sĂŹ, ensoma⌠sĂŹ âl podria forsi anca narâ, vuol proprio dire che lâoggetto proposto non piace affatto. Lâuomo di solito si salva dicendo: âBem dai che ân parlo a cĂ ala sposa e poâ ve savrò dirâ.
SE PROPRI PROPRI ⌠– Ammissione palese del fatto che si è costretti, controvoglia, a fare qualcosa.
DIGHE CHE NO GHE SON â Bisbigliata a chi, rispondendo al telefono, vicino, deve dire in tempo reale una bugia sulla presenza in casa del soggetto in questione. Non è raro che, ingenuamente, esca con âEl mâha dĂŹt giust adès che no âl ghèâ.
ALMEN DOMANDAR ⌠– Protesta, peraltro pacata ma prodromo di una lite, nei confronti di chi ha fatto o preso in prestito arbitrariamente qualcosa senza chiedere il permesso preventivo.
NO VEDERGHEN FORA â Non si tratta di essere in condizioni di scarsa visibilitĂ verso lâesterno. Quello è definito da âNo ghe vedo da chĂŹâ. Qui si tratta invece di non riuscire a venir a capo di un problema, di un lavoro complicato, di una serie di quesiti apparentemente irrisolvibili.
VARA, VARA âŚÂ – Guarda. Seguito da indicazione: VĂ ra chi quel che âl mâha fat (cfr Chiellini ai mondiali di calcio dopo il famoso morso). Serve â con la sospensione dei tre puntini â come avvertimento. âVara, varaâŚâ. Che può sfociare in minacce gravi. âVara che se no te te dai âna calmada te dago na peada che te fai el giro del tavol do volteâ.
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Â
DAGHâEN TAIO â Invito ad una maggiore capacitĂ di sintesi. Ma anche a tagliare fisicamente qualcosa. In questo caso occorre anche precisare dove. âVara, daghâen taio lĂŹâŚoscia lĂŹ tâho dit no chiâŚlassa star valĂ che me rangioâ.
PEL DE GALINA â Brividi (sgrisoi). Per uno spavento. Ma anche per il freddo. Dalla reazione della pelle e soprattutto dei peli alle variazioni termiche. âVara tĂŹ lâè istĂ e gò la pèl de galina dal frètâ. Per il freddo anche âBagolĂ r dal frètâ.
TUTI BEN? TUTI FOR DAL LET? â Richiesta di informazioni sullo stato di salute di conoscenti, amici, ma soprattutto parenti. La risposta (tipicamente trentina) non è mai positiva al cento per cento, quasi per scaramanzia (âSĂŹ dai valĂ , a parte el Berto co i so soliti reumi e la Lucia co la so toss da fumâŚsĂŹ dai, ghè anca de quei che stĂ demò pezo neh, ma de de quei che sta meio se lâè per quelâ).
ME CAVO FORA â Non si tratta di estrarre da soli i denti o chiamarsi fuori da un contesto, da una situazione. Semplicemente sta per spogliarsi. Non per esibire nudi integrali, almeno non nella maggioranza dei casi. Può essere anche la necessitĂ di mettersi comodi. O di tirar via indumenti che fanno sudare.
ME SA CHE NO âl FA GNENT ⌠Riferito al meteo, lâimpressione che non ci saranno precipitazioni. Di solito a scanso dâequivoci câè il suffisso âal pu el farĂ do gozzeâŚâ. Se poi questa ottimistica previsione non trova riscontro nella realtĂ ci sarĂ lâineluttabile presa in giro: âCossâelo che te disevi? Che no âl feva gnent? Ma se vei zò pali de ferâŚâ. âNo no âl fa gnentâŚenveze che a gozze la vei zo a secieâ.
TE SAVROâ DIR â Rinvio di un giudizio. In attesa di una concreta analisi personale. Vale anche nellâaltro senso del dialogo (âSĂ pieme dĂŹr come lâè nadaâŚâ).
MA SE POL? â Ma si può? Non necessariamente con la descrizione di quello che si intende per impossibile. Ad esempio, passa una persona completamente nuda in una via del centro. Il commento: âMa se pòl?â.
SE TE MâEL DISEVI ⌠(o SE âL SAVEVO) â Il senno di poi. Mancata informazione preventiva che annulla a posteriori determinati vantaggi. âSe te mâel disèvi prima de pomi che nâavevo a casa fin che te volèviâŚ.senza nar a comprarliâ.
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 MOLA, MOLA ⌠NO MASSA ⌠SU âN PEL DE DRIO â Indicazioni durante il trasloco o comunque per riportare nel punto esatto il baricentro di un oggetto che si sta trasportando sia in salita che in discesa.
MA SET FORA? â Domanda retorica. Ma non perchĂŠ lâinterlocutore è âallâesternoâ. In pratica gli si dĂ del matto, del folle, dellâanormale. âTe sei propri fòraâŚâ: conferma del concetto precedente senza alcun dubbio.
DAMEL DRIO â Non è lâinvito, masochistico, a farsi fare del male sulla schiena o nel fondoschiena. Semplicemente si tratta di farsi consegnare qualcosa che serve. âDame drio el martèl che i ciodi i gò zĂ nela borsaâŚâ. O anche in caso di persona da accompagnare âDame drio el putelot che âl porto a lâasiloâ.
LâHAT PU VIST TI? â Denuncia implicita di scomparsa di qualcuno che doveva pagare qualcosa. O di un amico che non si fa piĂš vedere da tempo. âGò chi ân so cont lonch come lâan de la famâŚlâhat pu vist ti?â
MAGNEâ QUEL CHE VE SENTIâ DE MAGNAR TANTO QUEL CHE VANZA CHE âL DEN AI RUGANTI â Ingenua ammissione della povertĂ del cibo portato in tavola. Di solito interrompe bruscamente il pranzo o la cena. E provoca conati di vomito.
OSTIZIA â Rispetto allâanaloga esclamazione (ostrega) anche foneticamente richiama sentimenti di stizza, di delusione, principio di rancore.
METTERSE A UN â Mettersi a posto. Sistemarsi. âMetete a un che te me pari en barbònâ. Anche transitivo: âmeti e un âsta camera che me par âna stalaâ.
HAT MOLAâ ? â Se la domanda è posta con due dita che chiudono il naso vuol dire che la puzza si sente e quindi il gas intestinale, se si è in due, proviene dallâinterlocutore. Che comunque negherĂ sempre lâevidenza (MĂŹ no vehâŚma vara che forsi lâè le fogne, vol dir che cambia âl temp).
DISIT? â Ipse dixit. Cioè: ma allora se lo dici tu è vero⌠(-Vei da piover me sa. âDĂŹsit?â)
COMâELA, COME NO ELA ⌠IneluttabilitĂ del destino. Interrogativi senza risposta che possono riguardare anche il passato (Comâela stada come no ela stadaâŚ). Anche per le partite di giro in ambito finanziario: DĂ mela, tòmelaâŚ
FARSE DENTER â Non riguarda lâassunzione di droghe per via endovenosa. Ma socializzare. Entrare nelle simpatie di un gruppo. âTe dirò che sule prime lâera semper lĂŹ enmusonĂ , poâ ale tante el sâè fat denterâŚadès lÏè quel pu de compagniaâ)
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AH BEN ALORA ⌠– Constatazione che comunque le cose vanno in un verso. Volenti o nolenti. Se si aggiunge il punto di domanda (âE alora?â) si passa alla richiesta di spiegazioni. O allâinvito, serio, deciso, a fare qualcosa. Ma può anche risultare una excusatio non petito (âE alora? Savrò ben mi cossa devo far osciaâŚâ).
SIâ SIâ⌠– Affermazione che in realtĂ ha valenza esattamente contraria. âSĂŹ sĂŹââŚsĂŹ sĂŹ dighel a tuti che tâhai pescĂ âna trota de vinti chiliâŚsĂŹ siâ.
 âSPETA â Richiesta di pausa, di attenzione a quello che si dirĂ o farĂ dopo. ââspèta che te contoâŚâ. Quando si sente la frase ââspèteme chi che vegno subitâ armarsi di pazienza.
 TE VERAI CHE VEI FORA âN BEL MISTER â Rassicurazione sullâesecuzione di un progetto. Quando il cliente che lâha commissionato comincia a preoccuparsi. Due i possibili epiloghi. Il primo: âVist che bel mistèr che è vegnĂš fora?â. Il secondo (commento del cliente): âBravo, bravo propri en bel mistèr te mâhai fatâ (allargando le braccia).
 CIAPAR SU LE SO STRAZZE âŚÂ â Prendere tutto quello che si ha e â di solito â andarsene, uscire dalla porta.
 TRAT ZO COPI? â Rivolto a chi fa un discorso senza base e⌠tetto.
 TE SAVROâ DIR â Implicita ammissione di dubbio su una determinata proposta. Fa il paio, quando si vuol uscire da un negozio senza acquistare alcunchè, con âGhe penso suâŚâ o âGhâen parlo a me marĂŹâŚâ.
 ENTANT GRAZIE â Tornata dâattualitĂ con la crisi economica. Equivale ad una sorta di cambiale non firmata nĂŠ a maggior ragione esigibile. Una volta si diceva invece âSegneme ⌠che passo quando ciapo pagaâ.
 TE ME CAPISSI BEN ⌠Nulla a che fare con problemi urologici. Serve per sottolineare un determinato concetto appena espresso. âEl mâha mandĂ ân monaâŚte me capissi ben, a miâŚâ.
METER SU ZENA (o DISNAR) â Avviare le operazioni (compreso apparecchiare il tavolo) domestiche in vista del pranzo o della cena. (âMèta su la zena o nente a magnarne âna pizza? Ho capĂŹ, taco su la padela del minestronâŚâ) Per la colazione si dice di solito: âEmpiza la mokaâ.
 MOLAR EL BIS â Operazione pericolosa non tanto e non solo perchĂŠ non si tratta di un serpente velenoso ma per le conseguenze che spesso portano a matrimoni riparatori.
 SCOLTEME MI â Segui il mio consiglio, ascoltami bene. Presunta saggezza e invito a seguire chi ha dalla sua un (giusto?) vissuto.
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SGHERLO â Zoppo. SgherlĂ r: azzoppare. SlongĂ r zo le sgherle: morire. âVara che te fago nar via sghèrlo se te me roti i zebedeiâŚâ
SGIANDON â Uomo grande e grosso, bighellone, buono a nulla.
SGIAVEL â Giavellotto ma anche bastone, randello. âEn sgiavèlâ sta anche per una grande quantitĂ di cose. SgiavelĂ da: bastonata. Sgiavelòn: chi va sempre in giro con intenzione cattive.
SLENGUAZZON â Sboccato, che parla a vanvera. âTe ghe credi a quel lĂŹ? Ma se lâè ân slenguazzònâ
SOMEIAR â Assomigliare. âEl ghe someia tut a so mareâŚpoch a so pare enveze e de pĂš al postĂŹnâ.
SQUAQUOLARSELA â Passarsela bene, vivere in allegria, godere di una determinata cosa.
TEMESTUFI â Persona noiosa. Anche âTemestomeghiâ Accompagnato anche ad altri soggetti. âBelatemestomeghiâ, âMadonatemestufiâ.
PIALACH â Non è la pialla ma una determinata situazione del lago. In uso tra i pescatori e i velisti gardesani.
ZENTILINI â SĂŹ vuol dire anche gentilino ma soprattutto esile, mingherlino.
ZEZUN â Digiuno. Anche âdezĂšnâ.
QUANDO LâAMOR EL GHâEâ LA GAMBA LA TIRA âL PEâ â Nulla è impossibile quando câè il vero amore.
I NOMI DEI COIONI SE I TROVA SCRITI SU TUTI I CANTONI â ChissĂ se ci si riferiva alleâŚcampagne elettorali.
I AMIZI I Eâ COME LE MOSCHE, FIN CHE GHâEâ DA MAGNAR I Eâ TUTI âN COSINA â Amicizia per convenienza?
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BIASI FA NET â Motto popolare, esclusivamente trentino, che sta per: consumare, far piazza pulita. Di solito si usa nel corso di un pranzo. Come dire: pulire tutto quello che câè sui piatti.
BILIGORNIA â Cantilena, piagnisteo. âLâè semper chi a stracarne co le so biligornieâŚâ
BOCAROLA â Erpes alle labbra, piccola pustola, anche quel fastidio che si prova nel portare alla bocca frutta acerba. âChe bocaròla che tâè vegnĂš foraâŚno stĂ tocarte che lâè pezoâ.
BUFA (o BOFA) â Bollicina, vescichetta sulla pelle. Specie dopo una scottatura. Ma anche quando si utilizzano scarpe troppo strette ad esempio.
BOLP â Volpe. âAh lâè âna vecia bòlpâŚâ.
BORTOL â Sta per Bartolomeo. Ma anche per deretano, sedere. SmacĂ r el bòrtol: battere sul sedere per punizione ai bambini. Sculacciare. âVara che te smaco âl bòrtol nehâŚâ
CAFETERA â Moka per il caffè. Cafetèr: uno che beve tanti caffè al giorno.
CAGADUBI â Persona confusa, piena di dubbi.
CAGAREL â Saputello, ma anche bacchettone, scrupoloso nella sua severa morale.
CAIA â Spilorcio, avaro, ma anche maligno, di piccolo animo. Accento sulla âiâ: âLâè ân caĂŹaâŚâ
COLMO â Cima, vetta. ââpena rivĂ sul colmo ⌠del dòs el sâè butĂ per tera da strach che lâeraâ
EL DIâ DELE NOZE FESTIN E FESTON, EL DI DREâ POLENTA DE FORMENTON â Dopo lâabbuffata del pranzo nuziale ci si deve accontentareâŚ
PER LA COMPAGNIA SâEâ MARIDAâ ANCA âN FRATE â Le tentazioni del matrimonio.
A CAâ DEL ZENDRO VA DE SABO E CAMINA DE VENDRO â Meglio non interferire nella vita coniugale.
A LA NOZA E ALA FOSA SE COGNOSE I PARENTI â Matrimoni e funerali riuniscono tutta la parentela.
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NAR DE CANEO â Distruggersi. Si usa anche per chi ha la diarreaâŚ
CAREDEL â Piccolo carretto. Anche girello per bambini.
CAREZADA â Non è una carezzaâŚ.energica ma sta per carreggiata. NĂ r for de carezĂ da: uscire dal seminato, dallâargomento. Poi sta anche per carezzare certo: âE âlâha carezĂ daâŚe ela la gĂ molĂ âna sberla, vale a capir ti le doneâ.
CASEL â Cascina dove si lavora il latte per trasformarlo in formaggio e altri prodotti derivati.
DEZUN â Digiuno. âDevo far dezĂšn chè domam matina vago a far i esami del sangue e del pĂŹsâ
FIOR DE LA MADONA â Fiordaliso
FORBES â Forbice. ForbesĂ r: lavorare con la forbice. El tâha dat âna bela sforbesĂ da stavolta ai cavèi ah?â
GIASENA â Bacca di mirtillo nero o rosso.
GRADELA â Gratelle per arrostire carni, pesci e altre vivande. Torta de gradèla: tipico dolce trentino, crostata. Nar dala gradèla ale brase: di male in peggio.
GROP â Nodo, cappio. Gròp de case: caseggiato. Anche mal di stomaco, dispiacere: âGò ân gròp dopo aver vist quei pori laoriâŚâ. Averghe zamai for el grop: aver finito di crescere.
MENARLA PER LE LONGHE â Tirare a far tardi, tirarla lunga. Vedèrla longa: avere una grande fame. Long come lâan de la fam: lungo come un anno di grande carestia. Long tirent: lungo disteso. Di solito si usa per le salme, per chi finisce a terra. Savèrla longa: conoscere bene un argomento ma vale anche per i logorroici.
GUDAZ â GUDAZZA â Padrino o madrina del battesimo o della cresima, compare, comare.
CHI NO MAGNA HA MAGNAâ â Chi è sazio evidentemente non ha appetito.
LE BONE PAROLE NO LE âMPIENIS LA PANZA â Per la fame non bastano i discorsiâŚ
COI ANI VEN I MALANI â Acciacchi inevitabili
SOL DâINVERNO E NUGOLE DâISTAâ NO LE DIS LA VERITAâ â Imprevisti del meteo.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 78
TINTONAR â Scuotere, tirare da una parte allâaltra. âI nâha tintonĂ i tuta la matina en quei ufĂŹzi, prima da un, poâ da lâalter, ala fin nesuni saveva cossa farâ. Anche âtironĂ râ.
TOMPELA â Stecca dellâombrello. âDai con quela tompèla che se no lâombrèla no la serve a gnent seradaâŚâ
ZIRELA â Pasticca, pastiglia. âEl deve tor zò tante de quele zirèle per la pressiòn altaâŚâ
ZIZZOLADA â Bruciacchiatura. âLâha ciapĂ âna bela zizzolĂ da ai cavèiâŚel lĂŹ gĂ tuti grĂŹsi adèsâ.
SPOTACIAR â Imbrattare, impiastricciare. âGhè cascĂ âl gelato per teraâŚ.tut spotaciĂ â
SPONZIROL â Punteruolo, arnese per fare fori
SPINZAR â Spezzare, frantumare. âEl nèva massa de corsaâŚlâha spinzĂ la portiera dela machina contro âl murèt de lâortâ.
SOLFA â Parlantina, discorso noioso. âBasta dai co âsta solfaâŚho capĂŹ zamai quel che te volevi dirmeâ (vedi anche âsmenĂ rlaâ)
SGAIOFA â Tasca, saccoccia. NascondiglioâŚ.gaglioffo.
ORBAROLE â Capogiro, vertigini. âA forza de nĂ r su la zinzola mâè vegnĂš le orbaròleâ
MUSAROLA â Museruola per cani. âMusaròlâ: museruola per i buoi.
MUTEGON â Sornione, intrattabile. MutegĂ r: fuoco che brucia malamente colpa della legna troppo verde.
SE âL SE METE SUL MEZDIâ EL PIOVE TUT EL DIâ â Pioggia a mezzogiorno? Allora piove tutto il giorno
QUANDO âL LAC LâEâ SCUR PIOVE DE SECUR â Nubi scure sul lago annunciano la pioggia .
SE âL TONEZA PRIMA DE PIOVER DA LA CAMPAGNA NO TE MOVER â Tuoni prima della pioggia? Si può rimanere tranquillamente a lavorare nei campi.
SPUZA âl CESSO CAMBIA EL TEMP– Si avvertono odori piĂš intensi dal water, dai tombini? Cambia il tempo
STROPE LONGHE INVERNO LONG â Se i rami dei salici tendono ad allungarsi piĂš del solito lâinverno sarĂ lungo.
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PELOSATA â Pelliccia? No, varietĂ dâuva. Schiava gentile.
PERATOLA â Piccola pera. Anche âperĂ tolâ
PORCODIZERE (o ORCODIZERE) â Esclamazione particolare. Nulla a che vedere con il verbo latino dicere. Si tratta sempre di evitare pesanti bestemmie.
PETAR SU â Non câentra la flatulenza. Sta per affibbiare a qualcuno qualcosa. âGhâavevo domandĂ do pòmi de numerâŚel me nâha petĂ su âna cassètaâ
PIATOLA â Insetto schifoso. âTe sei âna piĂ tolaâ: sei un brontolone, uno che si lamenta sempre. Anche spilorcio,pigro, tedioso.
PIENENT â Zeppo, pieno, che sta per traboccare. âBasta oscia che lâè pienèntâĂš
PIZZEGOT â Pizzicotto. âVei chi che te dago ân pizzegòt a quele bele sguĂ nzeâ.
POSSIBOL â Possibile. âFar el possĂŹbòlâ: fare tutto quello che si può. âAh no lâè miga possĂŹbol che âl vegna zò stasera sat, el gĂ la riuniòm con quei de le bòcceâ:
POTON â Musone. Meter zo el potòn: imbronciarsi.
PRESEMPI â Per esempio. âPresèmpi, lâĂ lter dĂŹ, come semper come âl mâha vĂŹst lâha voltĂ la fĂ zzaâ.
PUGNATEL â Piccolo pugno di roba. âGiust ân pugnatèl de sĂ lâŚche se no dopo la vei massa saorĂŹa la polentaâ.
ROBETA â Può anche essere refurtiva, ma di scarso valore. Poca roba. âCossa te sèt fat al nĂ s? Ah, robèta, mâè scampĂ el rasòr a farme i bafiâ.
RUAR â Ultimare, finire. âDĂ i, rĂšela!â: smettila per favore.
SANSUGOL â Mingherlino, esile. âMagna bocia che te sei ân sansĂšgolâ
CHI VA A SPAZON PERDE âL CANTON â Se si va a spasso si perde il posto.
CHI NO GâHA CARITAâ CO LE BESTIE NO LA GâHA CON NESSUN â Se non ami gli animali non puoi amare nemmeno gli uomini.
GâHA DERITO A RIMPROVERAR CHI SA MEIO FAR â Quando la pratica val piĂš della teoria
DOVE NO GHâEâ COLPA NO GHâEâ PECAâ â Chi sbaglia involontariamente non può essere considerato colpevole.
LâEâ SUL FONT CHE RESTA âL SPES â La sostanza resta sempre sul fondo.
LA NOT LA Eâ LA MARE DEI PENSERI â Quando le preoccupazioni non lasciano dormire
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FADIGA â Fatica. SfadigĂ r: faticare. âA chi no vol far fadĂŹghe, el teren el produs ortigheâ
FAGNAGNA â Richiama âFar nannaâ. In effetti si dice di persona lenta, poltrone, melenso.
FUMINANTI â Fiammiferi. Che ovviamente, accesi, liberano allâinizio fumo di zolfoâŚ
GALINOTA DE SAN PERO â Non è una piccola gallina ma la coccinella.
GATIZZOLE â Solletico. La coscienza lâè come le gatĂŹzzole: chi ghe nâha e chi no ghe nâha. PerchĂŠ non tutti sono sensibili al pizzicorino, oltre che sotto le ascelle, nellâanimo.
GOTO â Bicchiere. âDĂ me ân gòto de quel to vim bòmâ.
GOZZA â Goccia. âMe sa che ancòi âl fa sol do gòzzeâ, riferito alla variabilitĂ del tempo. âFighi dalla gozzaâ: fichi dalla goccia. Gòz: goccio, assaggio. âMèteme ân gòz de oio sul pĂ mâ.
GUALIV â Uguale, pari, piano. âEn dòs e na val i forma en gualivâ. âTanto da chi a zentâani sem tuti gualiviâŚâ.
LINGERA â Vagabondo, ozioso, sregolato. âArivadi a metĂ straa, se sente ciamĂ r: lingèra torna endrĂŹo, ghâè âl cont da pagarâ.
SLUDRO â Avido, spilorcio, avaro. âPensa che âl mâha prestĂ la baila senza manèchâŚ.quel sludroâ
MAGO â Non è un illusionista. O meglio, sâillude di essere intelligente. Sta per scemo, anche presuntuoso in certi contesti. âValĂ magoâŚâ
MANEGA â Manica. Ma anche gruppo. âLâè âna mĂ nega de mĂ tiâ. âAh questo lâè nâaltro pĂ r de mĂ negheâŚâ âFĂ te su le maneghe e dame na man osciaâŚâ
LâORA DEL GARDA â Vento del Garda. Ha vari gradi di potenza come ci suggerisce il collega Giancarlo Angelini, grande esperto gardesano. Lâorèta, lâOra, lâOrĂ i eâŚ.lâOra da cagarse adòs, quando soffia alla grandeâŚ
CHI TRAâ âN PET PU GRANT DEL CUL CREPA LE BRAGHE â Invito alla moderazione, a ⌠non gasarsi troppo.
CHI NO GâHA TESTA GâHA GAMBE â Semplicemente perchĂŠ deve tornare indietro a prendere ciò che ha dimenticato.
CHI VA A DORMIR SENZA ZENA TUTA LA NOT EL SE REMENA â Anche se a volte succede per cause diametralmente opposte: una cena abbondante con digestione rallentata.
LâOM EL TEN SU âN CANTON DE LA CAâ, LA DONA I ALTRI TREI â Fondamentale la donna nellâeconomia domestica.
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ARFIAR â Eâ quello che si fa di solito quando câè afa. Respirare, certo, ma a fatica. âLâè lĂŹ che lâĂ rfiaâŚco âsto caltâ.
ARLEV â Allievo, seguage. âAh vedo che te gai nâarlèv, Giani, ensegneghe bèm el mistèr del marangònâ
ARMELA â dal latino armilla. Collare dei cani. Era il cerchietto dâoro che i guerrieri romani portavano al braccio.
ARMELIN â Da non confondere con lâermellino. Sta per albicocca. Pianta da frutto introdottaâŚdallâArmenia
BARBISI â Basette che si congiungono a grossi baffi. Tipo quelli dellâimperatore dâAustria Francesco GiuseppeâŚ
BASIA â Grosso piatto pieno di cose da mangiare. âVara che basĂŹa de robe bone che ghè chi sul tĂ ol ah?â
BIRIBOL â Vino di scarsa qualitĂ . âTèi, tacagn, che oscia de birĂŹbol mâhat dat da beverâŚâ
DEDAL â Ditale. âDròpa âl dedĂ l a cosĂŹr che se no te te spònzi co lâucia come semperâŚâ
TIRAR DE LONGO â Tirar dritto, senza indugio. âLâha vist che âl lo spetèva davanti a lâĂšs, âl lâha vardĂ e ppoâ lâha tirĂ de longoâ.
FAIMALON â Di solito per ragazzo sbadato, pasticcione, maldestro.
FAZZA â Faccia. âDirghel ân fazzaâ: dirlo senza paura. âSe ghe âl vede en fazza che lâè stĂ luâŚ.â
GAVETA – Spago. Gavettone non è uno spago grossoâŚma qualcosa che si può subire in spiaggia dâestate.
MERDA DEL DIAOL â CosĂŹ una volta i bambini chiamavano la liquirizia.
NOS â Noce. Ma anche ânostroâ (nòs, vòs, de loriâŚ). Parti della noce: scorza (mallo), sgussa (guscio), pĂŹz (gheriglio), nosèla (nocciola). Se âl piove de le Sante Cros, vĂ sbuse tute le nos. Da San Roc le nosèle le va de scroc.
EL MONDO LâEâ FAT A SCARPETE: CHI LE CAVA E CHI LE METE. Diseguaglianza sociale. Il mondo è dei furbi?
EL NAS DEI CAGNI, EL CUL DEI VECI E I PEI DELE DONE I Eâ SEMPRE FREDI â Problemi genetici. âDai scaldami i piedi ti pregoâŚâ.
LE BONE PAROLE NO LE LIGA I DENTI â Ce ne vorrebbero invece tanteâŚal posto di quelle cattive.
QUANDO LE SCOMINZIA LE CORE DRIO TUTE â GiĂ , chissĂ perchĂŠ i guai non vengono mai uno alla volta.
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BRIGOLAR â Essere irrequieto, dimenarsi â BrigolĂ r dal fred: dimenarsi dal freddo, cercare di scaldarsi.
BRODEGON â Sporco, imbrattato di macchie. Insomma come quello che sâimbrodola mangiando o bevendo.
BATIBOI â Scompiglio, mischia, trambusto. âAh è vegnĂš fora ân batibòiâŚâ. Non necessariamente percuotendo una mandria di buoiâŚ
CIUCIANESPOI â Si sa che succhiando nespole è un poâ difficile avere una dizione perfetta. Si usa in riferimento a chi appunto ha un difetto di pronuncia.
CULBIANC â Non è il contrasto tra il sedere e le parti del corpo non coperte da costume e abbronzate al mare. Si tratta di un ucello di palude. Chiamato anche gambetta.
DACQUAR â Dakkar? Deserto? Un poâ difficile annaffiare, annacquare, irrigare in quei posti. âAh el nono lâè nĂ a dacquĂ r lâortâŚche co âsta sĂštaâŚâ.
ENCALMAR â Riportare la calma? No, innestare le piante. Ce ne sono di vari tipi: a corona, a spacadura, a stĂŹca, a zifolòt ,a tacòn, a ocio, a tassèl: cioè a buccia, a bocciolo, a zufolo, a scudetto, a tassello, a occhio. Insomma dipende anche dallâesperienza dellâagricoltore e da quello che si vuol coltivare.
MISSIOT â Miscuglio, intruglio. âMe sa che ho fĂ t ân brut missiòt: bira, vim, amaroâŚgò misciamènt de stòmechâŚâ
MISSIADA â Mescolata. âDĂ ghe âna missiĂ da che se nò se tĂ ca zò tut en quela padèlaâ.
MORBIN â Allegria, capriccio. âAvèr âl morbĂŹnâ: far follie. âFar passĂ r el morbĂŹnâ: far passare la voglia, il capriccio.
MOSCOLIN â Moscerino. âVara se te ghe la fai a tirarme via quel moscolĂŹn che mâè finĂŹ ân te lâocioâŚâ
NANA â Nanna. âNina nana bel popĂŹn, pien de caca e de pissĂŹn, fa la nana sul cossĂŹnâŚâ. Quando non câerano ancora i pannoliniâŚ
NUGOLA â Nuvola. Nugole rosse o vent o gozze, nugola bassa el tempe l passa, nugola de montagna no la bagna la campagna. Quando le nigole le va vers Verona, tò la zĂ pa, va e zapòna. Quando le nugole le va vers BolzĂ n, tò la zèsta e va per pan. NĂšgol: nuvoloso.
NOSETA â Malleolo. âChe pĂ ca ala nosètaâŚvara lâè zĂ drio a sgionfarseâ.
POIAM â Abbiocco. In uso soprattutto nellâarea gardesana. âDopo magnĂ mâè vegnĂš ân torno ân poiĂ mâŚâ. Anche âpòiaâ
EL PAN EN MOSTRA LâEâ LâULTIM VENDUâ â Riferito agli esibizionisti. Ma anche a prodotti belli solo in vetrina.
A TORSELA SE MORE DO VOLTE â Meglio la serenitĂ che il rancore. Anche per il benessere fisicoâŚ
CHI MASSA LA SMENA PREST O TARDI LA SPUZA â Dai e dai a forza di sentire sempre le stesse coseâŚ
QUANDO SE STA BEN NO SE Eâ MAI VECI â Basta la salute.
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GRASSA â Concime, letame. BĂšsa de la grĂ ssa: concimaia. âGrĂ ssa de paia, tre ani la fa bataia. Grassa de foia, lo fa se la ghe nâha voia. La grassa del porco no lâè bona nĂŠ per el prĂ , nĂŠ per lâorto.
FIFIO â Paura, tremarella, fifa. Anche: spagòt. âTâè vegnĂš el spagòt ah?â
DE SCONDON â Di nascosto. âI se vede e i se parla de scondònâŚâ
DESGIAZZAR â Scogliere il ghiaccio. âMagna ân pressa âsto gelato che se no âl se desgiĂ zza e te te âl sbrodoli su le manâ.
DESPERSIA â Non câentra la Persia. Se non come Paese lontano anche nel tempo. Perdizione, smarrimento. NĂ r en despèrsia: andar perso.
DOBELON â Antico gioco delle carte somigliante a quello del âcalabracheâ. Anche diffuso soprannome trentino.
DONAM â Adunanza di donne. Di solito spregiativo. âGhè zò ân donĂ m nela còrtâŚtute che le ciaceraâŚâ
MAGHETI â Harry Potter e soci? No, ghiandole nel corpo.
MALBINAâ â Sciatto, in disordine, trascurato non solo nel vestire.
MAROIDOLE â Non lasciatevi ingannare anche qui dal prefisso mar: nulla a che fare col mare. Si tratta delle emorroidi. La talassoterapia è efficace in queste patologie? Boh
MASEGHERA â Catarro, abbassamento di voce, raucedine. âGò ântorno na maseghèraâŚse sente?â
MIGNOGNOLE â Moine, smorfie, smancerie. âFar le mignògnoleâ: far carezze ma anche smancerie.
LâEâ DEI CORNI â CosĂŹ non va bene, non vale.
CHI SE MARIDA PRIMA DE GAVER SUGAâ LA PEZOTA EL VA PREST EN ROVINA â Mai sposarsi troppo presto.
LâAMOR lâEI MATA E ORBA, EL MATRIMONI LâEâ âN BON OCULISTA â La differenza tra innamoramento e vita coniugale
CRODAR DAL SON â Crollare dal sonno. Quando è meglio ânĂ r a slòfenâ, andare a dormire, o âa paiònâ.
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SFREDIDA â Raffreddamento â âDĂ ghe âna sfredĂŹda a quela padèla broèntaâŚOcio a no scotĂ rte demòâ
SFRIS â Scalfitura, sfregio. âVĂ ra chi che sfrĂŹs che i mâha lassĂ su la machinaâŚfigurete se i te lassa ân biglietim per lâasicuraziomâ. Anche per incontro fugace: âSĂŹ ne sèm vĂŹsti propri de sfrĂŹsâŚâ.
SFRIZZON â Dolore acuto, fitta. âMâè vegnĂš en sfrizzòn a la panzaâŚah meno male che ghera el cesso vizĂŹmâ.
SGALONAâ â Stanco, sfiancato. âNo vago pu con lĂš per fonghiâŚdopo do minuti lâè zĂ sgalonĂ â
SGASOLARSE â Godere, gioire, gongolare. âSon chĂŹ che me sgĂ solo sol a ân maginarme la scenaâŚâ
SGOGNAR â Beffare, schernire. âSgogna pur che ân di la te tocherĂ anca a tiâ
AH SE LâEâ PER QUEL … â Avvio di un discorso che di solito riprende quello dellâinterlocutore ma solo per affermare la maggiore importanza di quello che si andrĂ a raccontare. âAh se lâè per quelâŚa mi la mâè nada anca pezoâ.
SIRACA â Bestemmia, moccolo, imprecazione. âTirĂ r zo sirĂ cheâ: bestemmiare. Anche: âTirĂ r zò quatro madòneâ. âSmadonĂ râ.
SLAPAR â Mangiare avidamente, divorare. âAh te dovevi vederloâŚlâha slapĂ su tutâŚ.no servva gnanca lĂ var el piat dopoâ.
SLAPAZUCHI (o SLAPON) â Ingordo, chi non ha fondo, mangione.
SLASAGNAâ â Svogliato, lasagnone, dinoccolato, fiacco
TOPINA â talpa. Topinara: tunnel scavato dalla talpa.
ZESA â Siepe. Zesòn: grossa siepe.
METER âN SESTO â Non si tratta di mettere la sesta marcia. Ma di riordinare. Anche la salute: âAh lâè âpena vegnĂš for da lâospedal, el deve ancora rimeterse ân sestoâ.
NO SBREGARSE ZO LA SCARSELA â Non darsi tanto da fare per il prossimo. AviditĂ , indifferenza. Anche âbraccino cortoâ quando si tratta di tirar fuori soldi dalle proprie tasche.
CAVAR CIODI E âMPIANTAR CAVICI â In sostanza il rimedio peggiore del male. Pagare un debito facendone uno piĂš grosso. Di male in peggio.
DARSE LA ZAPA SUI PEI â Contraddirsi, farsi del male, imbrogliarsi.
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SGANGHERAâ â Scomposto, disadatto. âFòr dai gĂ ngheriâ: fuori di testa.
SBIGHEZON â Da âsbighèzâ â âVardĂ r de sbighèzâ: osservare con fare sospettoso. Di traverso. âDe sbighezònâ: di soppiatto, di nascosto, spiandoâŚAnche âde sbiègoâ.
TREBISONDA â âNar de trebisondaâ: barcollare. âHo pèrs la trebisondaâ: ubriaco in stato confusionale.
RECAMADORA â Ricamatrice. Che âfa i recĂ miâ.
REMENGO â Vagabondo, birbaccione. RamingoâŚ. âMa vĂ a remèngo valĂ âŚ.â: vai a quel paese.
SBADILADA â Badilata di terra o di materiale che comunque si può raccogliere e disperdere col badile. âBĂšteme âna sbailada de gièra nela còrt che poâ ghe penso mi a spianarlaâŚâ.
SDIAOLAR â Arrabbiarsi per fare qualcosa di difficoltoso. âHo sdiaolĂ tute l dĂŹ per netĂ r le scale dala sporcariaâŚe adès vara ti, me toca riciapĂ r tut en manâŚâ.
SLAMBROT â Lavoro mal fatto, fango, mota- âSlambrotònâ: pasticcione.
SPERMEZAR â Dividere a metĂ , dimezzare. âEl spermezeria en cavèlâ: taglierebbe anche il capello in dueâŚtaccagno.
ZAL â Acciaio â ZalĂ : robusto, duro come lâacciaio.
ZAVAGNA â Malumore, imbronciamento. âNo stĂ farme vegnĂŹr la zafĂ gnaâ: non farmi arrabbiare.
LâEâ MEIO CUSTODIR EN FORMIGAR CHE NA PUTELA SOLA â Il problema delle adolescentiâŚ
MEIO NâAIUTO CHE ZINQUANTA CONSIGLI â ConcretezzaâŚ
EL MONDO LâEâ FAT A SCARPETE, CHI LE CAVA E CHI LE METE. Dare ed avereâŚ
CHI MASSA LA SMENA PREST O TARDU LA SPUZA. Diffidare da chi ripete sempre le stesse cose.
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SCALCAGNAR â Mettere le scarpe senza alcuna attenzione riducendole a informi ciabatte. âScalcagnadaâ: pestone, distorsione, ma anche percossa: 2el gĂ dĂ t âna bela scalcagnĂ daâŚlâè nĂ via svèrgolâ.
SCALZACAGNI â Mascalzone, farabutto. Insomma uno che riesce a scalzare anche i cani, tutto dire.
SGROPARSE â Togliersi un ânodoâ che tormenta, liberarsi di qualcosa di negativo. âDĂ me âna sgnĂ pa ala ruta valĂ che me sgròpoâŚâ.
SLAVAZ â Scroscio, rovescio dâacqua improvviso. Anche âsguĂ zâ.
SLOFA â Fungo: la vescia. Ma anche scorreggia. âLâha molĂ âna slòfa che de colp no se ghe la feva gnanca a arfiar con quela spĂšzaâ.
SLONGHIGNON â stangone, persona molto alta e magra.
SMARGELA â Moccolo al naso. âSmargelònâ: moccioso. âValĂ smargelòn, che te i tâha bociĂ perfĂŹm a lâasiloâ
TEZA â soffita, o meglio, stanza con apposite aperture per conservare fieno e biade.
TIRACUL â Abito stretto, aderenteâŚ.troppo aderente.
TRIPOLAR â calpestare luoghi coltivati. Anche lo zampettare dei bambini.
UCIARMONICA â Fisarmonica
VEDEL â Vitello. âAh quel lĂŹ no me par ân gat, lâè gròs come ân vedèl zamai a forza de magnar e dormir sul canapèâ.
CHI FA BEN SOL PER FORZA, PERDE âL FRUT E TEN LA SCORZA â Insomma salva lâapparenza e perde la sostanza.
CHI STUDIA MASA MAT DEVENTA, CHI STUDIA GNENT PORTA LA BRENTA â Chi studia troppo si esaurisce, chi però non studia può ambire solo a mestieri umili.
SE CIAPA PU MOSCHE CON NA GOZA DE MEL CHE CON EN BOCAL DE FEN â Astuzia, gentilezza contro sistemi piĂš faticosiâŚ
CHI VIVE SPERANDO MORE CAGANDO â Non serve dire altro, nella âsperanzaâ che sia un detto conosciutoâŚ
ROBA FA ROBA E MERDA FA MERDA â Cfr il proverbio precedenteâŚ
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 69
CALCAGIERA (o CALCAGIARA) â Rullo compattatore. Per pavimentazioni stradali. Ma anche per livellare terreni o materiali vari. Riferito a persone: lâelefante in un negozio di chincaglieria. âAh, lâè vegnĂš denter come ân calcagièraâŚen casĂŹmâ.
BRAGALD â Fungo chiamato ovolo. PerchĂŠ ha la volva, la âbragaâ.
BRUGNOCOLA â Bernoccolo. Brugna oltre che per susina sta anche per ammaccatura. âOscia ho sbrugnĂ la machina a vegnir fora dal mecanicoâŚi lâaveva messa âpena a posto da nâaltra brugnaâ.
CAMPEZAâ â Non è partecipio passato del verbo campeggiare. Anche se in teoria forse si potrebbe piantare una piccola tenda tra una vite e lâaltra, ovvero nel tratto di terreno (questo il campezĂ ) tra un palo e lâaltro delle vite
CANAGOLA â Serve per tenere appeso il campano al collo delle pecore e dei buoi. âCiapĂ r per le canagoleâ: strozzare.
CANTARAN â Cassettone. Se âcantaâ ovvero risulta difficile aprirlo senza far rumore, di solito i falegnami (marangoni) consigliano lâuso di una saponetta sugli spigoli che creano attrito.
CIUCIABRUSCHI â Esile, mingherlino, debole.
CAROBOLA â Carruba. Per i cavalli. Ma anche â un tempo â nel piatto (con sale) esposto la notte di S. Lucia. Dove si accompagnava a fichi secchi, mandarini, caramelle. No, non câerano ricariche per il telefoninoâŚ
CELA â Marmitta, pentola, vaso di rame. âTacar su la celaâ: mettere a cuocere le vivande. Anche unitĂ di misura, o meglio, di abbondanza nelle dosi. âDĂ me na cela de cafè che som endromènzâ
NAR PER SORA â Traboccare. âVara che lâacqua lâè zamai da ân pez che la boieâŚlâè anca nada per sora e sâè smorzĂ el gasâ.
PIOMBA â Sbornia, ubriacatura. CiapĂ r âna piomba: essere ubriaco fradicio.
FAR POLITO â Fare una cosa come si deve, a regola dâarte. Anche rigar dritto: âOh, far polito nehâŚ.che no voi gazèriâ.
OCI MORI ROBA CORI, OCI GRISI ROBA PARADISI â Nel senso che la donna con gli occhi scuri tenta gli uomini, quella con gli occhi grigi seduce anche i santi.
SE NO SE BARUFA SE FA LA MUFA â Lâamore non è bello se non è litigarello.
COME SE NOMINA âL DIAOL LâEâ POC LONTAN â Quando si dice la strana coincidenza..toh, appena nominato ed eccolo quaâŚ
TUTI I STRONZI I FUMA â Campagna contro le sigarette ante litteram? O si allude ad altre caratteristiche proprie dei soggetti in questione?
CON LA BOSIA TE VAI A DORMIR GENERAL E TE DESMISI CAPORAL â PiĂš che le gambe le menzogne hanno i âgradiâ corti.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 68
SCORTELADA â Accoltellata, ferita col coltello. Ma anche grande dispiacere. âVara, no pensevo propri de ciapĂ r da quel lĂŹ âna scortelada del genereâ.
SCRIMIA â Giudizio, talento, intendimento. âSenza scrĂŹmiaâ: senza senso. âPèrder la scrĂŹmiaâ: andare fuori controllo, oltre le regole.
SCOLOBI â Barlaccio dellâuovo, torbido del vino. Riferito a persone: ombroso, indecifrabile, tuttâaltro che solare.
SFANTAR â Dileguarsi, sparire,svanire, evaporare. âOscia, âsta Coca Cola zamai lâè sfantĂ daâŚno la sa pu de gnentâ.
SFICONAR â Letteralmente: rompere il terreno con un palo, sfruconare. Ma anche ammucchiare alla rinfusa. âân do ela la giaca?â â Ah, la sarĂ sficonada en qualche armĂ r me saâŚlâè ani che no te la meti.
SGARGAIADA â Risciacquatura della bocca, gargarismo. âFate âna sgargaiĂ da co la malvaâŚte verai che te passa el mal ale zenziveâ.
SPIZZA â Prurito. âMâha becĂ nâafâŚ.che spizzaâ. Ma anche smania: âVolerĂŹa torme la spĂŹzza de nar a veder quel che i fa quei doiâŚâ.
TAVELA â Parlantina. âAh quel lĂŹ el gĂ âna tavèlaâŚ.che âl te encoiòna senza che te te âscorziâ.
TRODENA â Scrocco. âNar a la tròdenaâ: andare a scrocco.
TUAR â dal francese âtuerâ. Ingorgare, ostruire. Ma anche nauseare.
UMEGAR â Bruciare senza fiamma. Soprattutto quando la legna è verde. Fumo che sale dalle legne umide. Anche covare sotto la cenere. âLâè zamai da stamatina che lâè lĂŹ che lâĂšmegaâŚme sa che prima o dopo âl sciòpaâ.
VATISAPI â Vallo a sapere. âVatisapi quel che âl gĂ ân mèntâ.
CHI MASA SBAIA SE âMPIENIS LA PANZA DE ARIA â Can che abbaia non morde?
ANCA TRA I PESATI COME TRA I CRISTIANI, I BACALAâ I Eâ PU DEI PESECANI â Insomma: il gregge è piĂš numeroso dei lupi? E soccombe?
NO SE SA DE CHE MORT CHE SE MORE â Lâincertezza del destino.
A STAR SENTADI SU DO CAREGHE SE FINIS COL CUL PER TERA â Vale per i doppi o tripli incarichi?
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 67Â
SBROCO â Sfogo, eruzione cutanea. SbrocĂ rse: sfogarsi, levarsi un peso. âDai e dai el se sbrocĂ âŚe come se âl sĂŠ sbrocĂ . SdĂŹnze dapertutâ.
SCARMENAR â dal latino carminare. Spargere, versare, sparpagliare. âA scarmenònâ: in maniera disordinata.
SCHIRAT â Scoiattolo. âEnsoma, me scapa i oci e sul pèz no ghè ân schirĂ t co âna nosèla tra le zatèleâŚâ
SCOTON â Frate servente. Soprattutto quello che va in giro a chiedere offerte per il convento.
SCUDELA â Ciotola, vaso per bere. âVara che en quela scudèla gò mès el stĂšch bianch miga âl lĂ tâ.
SOSTA â Non è una pausa, un luogo dove si può parcheggiare, ma la molla. âChe mòla che lâè deventada zamai âsta sòsta a forza de droparlaâŚâ.
SUPIERA â Zuppiera. âNèta su tuta la supiera che te fa bem qualcos de calt nel stomèchâ.
TACAâ â Accanto, appresso, vicino, proprio attaccato. âEl tabachĂŹn? Basta che âl vaga dritâŚlâè lĂŹ propri tacĂ ala ciesa, drio peròâŚâ.
TETAVACHE â Sempliciotto, tonto, persona che vive nellâozio, senza combinare mai niente.
TOCAMAN â Impegno di fidanzamento. Insomma dar la mano allo sposo. Promessa di matrimonio. Per lâoccasione alla futura sposa viene offerto lâanello di fidanzamento. Cerimonia con la presentazione ai parenti, agli amici.
ZIFOLAR â Fischiare. Sta anche per orinare. âZĂ che sèm chi narĂŹa a farmeâŚ.âna zifoladaâ.
SANT EN CIESA E DIAOL âN CASA â Differenza di comportamento tra la piazza e le pareti dometiche: lâapparente onestĂ e bontĂ in pubblico e lâesatto contrario in casa.
EN ZO TUTI I SANTI I AIUTA â In discesa non ci sono mai problemi, o quasiâŚ
SPIZA AL NAS LETERA EN VIAZ â Prurito al naso? Potrebbero arrivareâŚmail
EL FISCO LâEâ COME âL CAGN: SE NO âL MORDE ANCOI EL MORDE DOMAN â Tasse, eterna oppressione in Italia.
CHI GâHA TORT ZIGA PU FORT â La ragione non è direttamente proporzionale ai decibel dellâesternazione.
 Conosser âlâenciclopedia per capir i trentini – 66
 NADA â Non è quella che cantava âMa che freddo faâ. E nemmeno deriva dal ânadaâ (niente) spagnolo. Sta per andata. Partita. âAh lâè nada zamai la corieraâŚâ. Quando si perde lâoccasione: âLâè nada la gazzaâ.
BALOM â Pallone. Ma anche ubriacatura, sbornia, sbronza. âLâha fat en balòmâŚ.che âl sâè endromenzĂ su la banchèta ân piazzaâ. âAh se vinzo ala loteria stavolta fĂ go ân balòmâŚâ
PESTOLAR â Calpestare camminando, pestare con i piedi andando. âDai vĂ fora da quel pòr om che lâè do ore che lâè lĂŹ che âl pestola ne la cortâ. Pèstole: tracce lasciate sul terreno. Non solo dagli umani. âVara, âste chi lâè le pestole de ân levroâŚ.me sa che lâè passĂ da poch, vara le bagolòte lâè ancora caldeâ.
TRIBOLAR â Affliggersi, tribolare. âLâha tribolĂ assĂ valĂ quel por omâ.
CAMAMILA â Camomilla.
LAIM â Non è lâingrediente di un detersivo, di una saponetta. Agile, snello. âLâè laim come ân camòzâ, svelto come un camoscio.
POINA â Ricotta. âMa gat le mam de poina?â Chi non ha molta presa, insomma mani tenere, mollicce.
CONZAâ â Conciato, accomodato. âConzĂ per le festeâ: non propriamente nel senso letterale, indica di solito la situazione in cui si trova chi è stato malmenato. Ovvero âgli hanno fatto la festaâ (sgradita).
METUA â Messa. âEl gâha piantĂ zò ne metĂšaâ: gli ha fatto una lunga predicaâŚ.
FUN â Nessun inglesismo. Sta per fune.
FAMEI â Giovane che i contadini tenevano in casa per accudire ai servizi del podere. Anticamente servo. Poi chi aveva in gestione una campagna.
SEITAR â Continuare. âEl seita a dirme semper le stesse robeâŚâ
LâAMOR EL FA FAR SALTI, LA FAM ANCOR PU ALTI â Pane, amore e carestia.
I NOMI DEI COIONI SE I TROVA SCRITI SU TUTI I CANTONI â Una delle tante colorite espressioni usate duranteâŚ.le campagne elettorali.
I AMIZI I Eâ COME I MELONI: SU ZENTO GHE NâEâ UN DE BONI â Vedi: come riconoscere un melone maturo.
SOLI NO SE STA BEN GNANCA EN PARADIS â La solitudine è insopportabile anche nel Paradiso, terrestre o celeste.
PU CHE SE GâHA, PU SE VORIA GAVER â Lâincontentabile.
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DREZZA â Treccia. Dei capelli. Ma anche dâaglio, di cipolle. Ma anche tipo di pane, intrecciato ovviamente.
DUGO â Gufo. Se riferito a persona sta per minchione, simunito, gonzo. âTe sei propri ân dugoâŚensoma no te gai dat dese euri per ân cafè e no te gai gnanca domandĂ el restoâŚmahâ).
EMBACUCAâ â Incappucciato, imbacuccato. âTei, lâè vegnĂš denter tut embacucĂ , so ben del Bao che lâera quel de la televisiom, quel che fa anca i cineâŚgò dit che la limosina el vaga a domandarla da nâaltra bandaâ
EMBOTIDA â Grossa coperta imbottita di lana, cotone, trapunta. âAh no lâè ancora a posto el temp sat, mi dormo ancora co lâembotĂŹda anca se lâè zamai istĂ â.
EMPETOLAR â Ingarbugliare, imbrogliare. Da pètola, caccola. EmpetolĂ rse: finire invischiato in una situazione sgradevole. âCossa mâè vegnĂš ân ment de âmpetolarme en âsto mistèr poââŚâ.
FERCOL â dal latino ferculum. Barella, portantina per trasportare le sculture dei santi in processione.
FIAâ â Fiato. âMe casca âl fiĂ â: scoraggiarsi, cascare le braccia. TirĂ r âl fiĂ : tirare il fiato. Tor el fiĂ : mozzare il fiato. âEl sâè desmentegĂ de tirar el fiĂ â: si è scordato di respirare, è morto.
FIGHER (o FIGAR): Albero del fico. âEl nòno? Ah âl sarĂ lĂ soto âl fighèr a lâombrĂŹaâ.
FIOZ â Figlioccio del battesimo o della cresima.
GABOLA â Truffa, bindolata. âHat capĂŹ dove lâera la gĂ bola? CiĂ pelo adèsâŚâ
ISTAâ â Estate. Proverbio: el temp dâistĂ el piove a volontĂ : ma allora è sempre stata cosi?
LANZA â Lancia, asta. Riferito a un serpente: il saettone. Esser âna lanza: scaltro, birbone.
PIPACUL â Non è il sedere che fuma la pipa. Anche se, in un certo senso, la paura, la tremarella (questo il vero significato di pipacul) può avereâŚeffetti collaterali analoghi.
VIGNA PODADA LâE COME DONA PETENADA â Insomma, massima cura, anche in viticoltura.
EN DO GHâEâ BOAZE GHE ANCA VACHE â Ovviamente ci si riferisce alle mucche al pascolo. Indisgiungibili dallo sterco che lasciano.
TRE VOLTE BON VOL DIR COION â Ad essere troppo buoniâŚ
PARER E NO ESER LâEâ COME FILAR E NO TESER â Filare e non tessere: lavoro inutile e comunque senza riscontro.
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BOMBO â Chicca, caramella, confetto. âNòzzeâ, per il classico omaggio distribuito dai nubendi. âGĂ t portĂ le nòzze a tò zia? Vara che la ghe nâha a malâŚâ. Tornando al bombo: âPòpo, vei chi che te dago ân bomboâ (una volta, adesso il bambino preferisce i contanti). Sta anche per elegante, forse in maniera esagerata, vistosa. âCon quel vestĂŹ te me pari ân bòmboâ.
BRUMA â Brina.âChe brumĂ da che lâha fat stanòtâ. Anche per stato del corpo, abbassamento di temperatura: âSom chi tuta âmbrumada, empĂŹzza el fochâ. November da bruma, davanti el me scalda, de drio el me consumo.
BRUSCOL â Bruscolo. Diminutivo: bruscolĂŹn. âMâè nĂ ân bruscolĂŹn nei ociâ
BRUSSELA â Bitorzolo, bolla, pustola. âGò na brussèla propri soto la lenguaâŚche mal a magnĂ râ. âAh te dovevi vederlo quando lâha ciapĂ i sciopèti (morbillo): brussèle dapertut por laòrâ.
CALUZEN â Fuliggine, nei camini, nei fornelli. Eh certo, calt e ruzènâŚnei tubi.
CANTINELA â Non è una piccola cantina ma una lista di legno lunga e sottile che si usava in edilizia per tramezzi di stanze, soffitti, pergolati. âAh lâè fat ancora co le cantinèle âsto plafònâŚvara, ghè anca la paia demò ântramèzâ.
CICIO â Occhio: accento sulla seconda âiâ: cicĂŹo. Calduccio, dolce tepore. âVei chĂŹ al cicĂŹoâ. Di solito invito ai bambini infreddoliti. Tenerezza.
CRONA â Cresta del monte, dirupo, balza.
CULATA â Natica. âTegni mòla âsta culĂ ta che te fago âsta punturaâŚâ
ENDORMIA â accento sulla âoâ: endòrmia. Sonnifero, narcotico. âI ha dovĂš darghe lâendòrmia per lâoperaziòmâŚalmèm per en par de ore el tase valĂ â.
FALIVA â SĂŹ, periodicamente quelli della Partita Iva devonoâŚfarla. Ma falĂŹva in dialetto trentino sta per scintilla, favilla, parte minutissima di fuoco. âFalĂŹva de nèfâ: fiocchetto di neve. Per la precisione âFalĂŹvaâ quando inizia a nevicare, quando è ancora un misto acqua e neve.
EL DIAOL EL CAGA SEMPER SUL MUCIO PU GRANT â Intreccio tra ricchezza e disonestĂ . Ma attenzione: âLa roba robĂ da, come la ven la vaâ.
PU CHE SE GâHA PU SE VORIA GAVER â AviditĂ senza limiti.
CHI GâHA EL CUERT ROT GâHA LA CASA MARZA â Ristrutturazione urgente. Ma anche probabilmente la necessitĂ di avere protezioniâŚdallâalto.
EN ASEN BEM VESTIâ NO SCONDE LE RECIE â Lâabito non fa il monaco. Anche âPorzèl co la cravĂ taâ.
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MAGNARIA â Guadagno illecito, serie di operazioni di stampo mafioso, faccende poco chiare. âAh caro chi lâè tut na magnariaâ.
MAROIDOLE â Emorroidi . Anche il sintetico âMoroidiâ. Comunque sempre fastidiose.
MASNIN â Macinino per ridurre il caffè in polvere. Ora in disuso. Composto da cassetta, tramoggia, manovella. Câè ancora in qualche soffitta.
MATERION â Mattarellone, spensierato e chiassoso. âChe materiòn che lâè tò marĂŹâŚsemper lĂŹ a vardar le done dei altriâ â SĂŹ, ma dopo fem i conti a casaâŚ
MERCOL â Non è Merkel in versione dialettale tirolese. Sta per mercoledĂŹ. La settimana: lĂšni, marti, mèrcol, zòbia, vendro, sabo, dominica.Ăš
MISSIADA â Mescolata. Da âmissiĂ râ. âDaghe na misciĂ da al sugo se nò se tĂ ca zò tutâ.
STORZICOL â Torcicollo. âVei chĂŹ davanti che se no a forza de voltarme me vei el storzicòlâ.
A STRANGOLON â In fretta. A rischio di soffocarsi. âMagnar a strangolònâ: senza il tempo per gustare il cibo. âScusa sĂ t ma son chĂŹ a strangolòn, devo nĂ râŚ.â
STUF â Non è un elemento della stufa. NĂŠ dello stantuffo. Sta per stufo. âStuf e agroâ: arcistufo. CiapĂ r âna stufĂ daâ: uguale a âciapĂ rne ân gòsoâ, essere infastiditi, annoiati.
ENZOâ â Enzo accentato? No, in giĂš, verso il basso, allâingiĂš. âEl Giani Bam Bam? Ah quel lâabitĂ pĂš enzòâŚen font al paèsâ.
REFOL â Gran quantitĂ di cose. Rèfol de vent: raffica, folata. RefolĂ da: ventata. Ma anche lavata di capo. âGhè ârivĂ âŚâna refolĂ da da so pare âŚ. ah no âl lo fa pĂš per en pezòtâ.
NA BONA POLSADA NO LâHA MAI MAZAâ NESUN â Il riposo dei giusti. Quando ci vuoleâŚ.ci vuole.
PEI CALDI, TESTA FREDA, PANZA LIZERA â Tre regole dâoro per la salute.
PREDICHE CORTE LUGANEGHE LONGHE â Insomma, poche e giuste parole a Messa, e qualcosa di piĂš da mangiare.
SOL DE INVERNO E NUGOLE DE ISTAâ NO LE DIS LA VERITA’ – Meglio non fidarsi di questi elementi meteo, troppo variabili nelle rispettive stagioni.
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VIGOGNA â Da vigone, stoffa ricavata dalla lana di un ruminante di origine americana. âMèza vigognaâ: di media qualitĂ .
VOLT â Avvolto, arco per copertura, luogo fresco per conservare i vini ma anche salsicce, speck, frutta. âNar a voltâ: ribaltarsi. âNa volta un, la ciave del voltâ.
EH ZAâ â Eh giĂ . ZĂ e temp: tempo fa. âZĂ , te gai resòmâ. âEh zĂ , no cambia propri gnentâ. ZĂ mai: ormai. âZamĂ i lâè nada la gazaâ: ormai è passato il momento giusto, persa lâoccasione.
ZANZARELE â pasta casalinga fatta con farina e acqua. âChe bòna la minesta co le zanzarèle: mai magnada?â
ZIGOLA â Cipolla. âChe odòr de zĂŹgole che frĂŹtega: âsa fat ancoi da disnĂ r?â
SARMENTEL â ramo secco della vita. âBĂŹna su quele sarmènte che ho poĂ e bĂštele sul motocaroâ.
FRIZZON â Futta, dolore acuto.âHo sentĂŹ ân frizzòn ân la panza, ân malâŚâ.
TARZANEI â Diciamo che non sono figli di Tarzan. Anche se si trovano a loro agio (per il disagio di chi li ospita) sui peli del sedere. Dove restano senza far uso di liane per spostamenti. Provocando fastidio e anche arrossamenti. Cita e Jane non câentrano.
FARLET â Non è un ordine perentorio per lavori domestici. Il letto semmai è quello di bovini e altri animali da allevamento. Con prodotti del sottobosco e dei campi. Poi trasformati in concime naturale.
DESTRANI â Nostalgia, ricordo di una persona, del proprio paese, della propria casa.
CETIN â Bigotto, bacchettone, falso devoto. âSĂŹ sĂŹ, cetĂŹn, semper en ciesa, ma tòcheghe le so robe: el deventa âna bestiaâ
BRAZZEDEL â Ciambella, pane che le donne portavano infilato nel braccio.
GHIRLO â vortice, mulinello di cento. âHat vist che ghirlo ieri sera? El mâhĂ butĂ i calzoti a sugar su lâolĂŹfâ
A LE DONE E ALE SCALE NO SE GHE GIRA MAI LE SPALE â Insomma, guai in vista in caso contrario.
VARDETE DA CAGN CHE NO SBAIA E DA CORTEL CHE NO TAIA â Potrebbero riservare sorpreseâŚ
CAVARSE LA SEâ CO LA CARNE SALADA â Peggio il rimedio del male.
PER STAR BEN CIAPA âL MONDO COME âL VEN â Parafrasi del carpe diem, del vivi giorno per giorno.
SE EL SE METE SUL MEZDIâ EL PIOVE TUT EL DIâ– Se comincia a piovere a mezzogiorno pioverĂ tutto il giorno.
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GOS â Gozzo. âStar sul gòsâ: soffrire per qualcosa, essere insoferente a qualcuno, qualcosa. âQuel lĂŹ el me stĂ propri sul gòsâ. âCiapĂ rne ân gòsoâ: sensazione di noia, fastidio, disagio. âNa predica che no finiva pĂš. Nâho ciapĂ ân gòsoâ.
GRAUGN â Calabrone. Riproduce anche foneticamente il rumore che fa questo pecchione, della famiglia degli imenotteri.
GUZZAR â SĂŹ, sĂŹ, vuol dire anche quella cosa lĂŹ. Insomma, in modo molto volgare, lâatto sessuale. In realtĂ significa appuntare, aguzzare, appuntire. Guzzar pali: far la punta ai pali per conficcarli nel terreno. Di qui lâallusione ad altri tipi di penetrazione?
LIVERA â Mazza di ferro, grosso palo di ferro con la punta a dente utilizzato per smuovere macigni e far leva. Piede di porco. Viene anche chiamato âpĂ l de ferâ. âDame la livera che provem a mover sto balòtâ.
LIMOSINA â Esattamente il contrario della limousine. Che certamente non si può permettere chi va alla questa, fa lâaccattone, chiede la limòsina, lâelemosina.
LIRONLERO â âNar de lironlèroâ, barcollare, tentennare. Andare in qua e lĂ .
LUSTRO â Lucido, splendente. âAvèr i oci lustriâ: avere gli occhi lucidi per la febbre o dopo aver pianto. âVara che oci lustri che te gai, misurete la fevèr valĂ â.
MADRELA â Galletto, dado da applicare ala vite. âTrovar âna madrèla ân sta cassèta de atreziâŚlâè come zercĂ r nâucia nel fèmâ.
MADONEGA (o MA DOCA) â Esclamazione storpiata per evitare di bestemmiare, offendere la Madonna. âOrpo de la madònega, tuti i me dis luganega, e son el salzizzòtâ.
MAIA â Non câentra con lâantica civiltĂ . Sta per maglia. âMaiètaâ, la t-shirt. âMaiònâ, per autunno e inverno.
MOLESIN â Morbido, soffice. âSenti che molesĂŹn che lâè sto panètâŚco la bondola el se lassaâŚâ
PICININ â Piccino, piccolino. âSon famĂ , va a robĂ r, robĂ r no se pòl, va nel cassetin, che ghâè ân panetin, damelo a mĂŹ, che son el pĂš picinĂŹnâ.
BRODO DE CANTINA E PIROLE DE GALINA â Vino e brodo, per stare in salute. Basta non abusarne, si sa.
CHI CHE LâEâ TES NO âl CREDE A âN FAMAâ â GiĂ , chi è sazio, chi vive nellâabbondanza stenta a capire i problemi di chi è affamato, al verde, nella miseria.
NO TAIAR QUEL CHE TE PODI DESLIGAR â Non tagliare quello che puoi slegare.
SCOLTA TANT E PARLA POCH â Non è propriamente un invito a dare il proprio contributo di idee. Però il consiglio funziona per fare quantomeno esperienza prima di uscire allo scoperto, prima di intervenire in un dibattito ad esempio.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 60
 RASA â Occhio allâaccento. RĂ sa sta per resina, ragia. Acqua rĂ sa, acqua ragia. Resina dei pini. RasĂ invece vuol dire rasato. âTe sèt rasĂ ? Se vede, te gai el barbòz pièm de taiâŚlâera meio se te lassèvi la barbaâ.
RASADA â RasĂ da: sbucciatura della pelle. âCome mai te gai quela rasĂ da sui dinoci?â â Ah, som cascĂ ân biciâŚno savèvo che ghera ân tombim drio la curva, quando lâhai fat, de not ânmaginoâ.
RATEL â Fascio di fieno, ma anche fastello di legna legata insieme. âPòrtel zò ân cantina quel ratèlâŚâtento a no perder tochi ân giro che lâaltra volta te mâhai fat su ân mazèl su le scaleâ.
REBALZA â Botola, apertura sul pavimento, ribalta di uno sportello.
RAMPIN â Gancio, uncino. Serve anche per avvicinare i rami nella raccolta di frutti. âAh no ghe la fago a ârivar a quele zireseâŚdame ân rampĂŹn valĂ â.
SALARIN â Saliera, contenitore del sale da mettere in tavola. âMa ân do elo el salarĂŹn? ân sta casa no se trova mai gnent quando âl serve diaolporcoâ.
SASSIN â Piccolo sasso? No: assassino. Non necessariamente omicida. âTe sei propri ân sassĂŹnâŚelo la maniera de laorar? A spacar su tut ero bom anca miâ.
SCANSIA â Strumento di legno, fatto a forma di gradinata, per custodire piatti e altre stoviglie in cucina.
SCORTAROLA â Accorciatoia. âAh se te vai su drit da lĂ te la scorti de sicur, lâè na bona scortarolaâŚâsta âtento però a no slipegĂ r che alòra de colp te torni de voltaâ.
STRAPASSIN â Chiavistello. âHat serĂ bem la porta col strapassĂŹn?â
RUGANTI NETI NO I VEI MAI GRASI â Meglio sporchi i maiali, a trugolare, se li si vuole grassi.
ZAVATONI âN VIAZA AQUA GARANTIDA â Se ci sono tanti rospi allâaperto, in giro vuol dire che la pioggia è imminente e sicura.
CHI NO GâHA CROS SE LE FA â Chi non ha dispiaceri se li procura. Non solo per masochismo.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 59
SELEN â Luna? No, sedano. âMèteghe zò anca el sèlen che la carne lessa la ciapa pu saòrâ
 SEANCA (o SIANCA) â Sia pure, ancorchè. âSeanca te cori adès zamai no arivèm puâ
 SGIONFABALONI â Millantatore, spaccone. âQuel lĂŹ? Ma i lo sa tuti che lâè sol en gran sgionfabaloniâ
 TAMAZ â Una specie di trappola per animali. Grossa pietra sostenuta da alcuni bastoncini in bilico, sotto il boccone, lâesca. Quando la preda urta i bastoncini attirata dal boccone rimane schiacciata. Si dice anche di qualcosa di malmesso, in bilico. E anche di persona rozza, che spacca facilmente quello che maneggia, insomma lâelefante in un negozio di chincaglieria. âTe sei propri ân tamĂ z ⌠vara che casĂŹmâ
 TESTERA â Spalliera del letto. Dove si appoggia la testa.
 TIN TON TELA â Tiritera. âEnsoma, tin ton tela, avem finĂŹ de ciacolar e bever ale quatro de matinaâ. Filastrocca: Tin ton tela / sâè maridĂ âl Brighela / lâĂ tolto na vecieta / che semper la repèta / la repetava en casa / e mi bisogn che tasa / la repetèva en ciesa / e mi bisogn che prega.
 TOMPELA â Stecca dellâombrello. Che adesso probabilmente non ha piĂš artigiani per eventuali riparazioni
TOSSEG â Può anche far venire la tosse. Parliamo di veleno, di sostanza tossica. âAmar come âl tossegâ: amaro come il veleno. âSpudĂ r tossegâ: sputare veleno, essere inviperito.
 TOSON â Prato appena falciato.
 TRAVAI â Baracca del maniscalco, dove ferrano cavalli e buoi. Anche travaglio, afflizione, tribolazione.
 UIN â Cattivo odore. Che viene soprattutto da utensili non ben lavati in cucina o contenuti in vivande poco conservate, destinate ad imputridire.
 STROPE LONGHE INVERNO LONG â Quando i rami dei salici tendono ad allungarsi piĂš del solito lâinverno sarĂ lungo.
 SPUZA âL CESSO, CAMBIA âl TEMP â Se si avverte puzza nella toilette vuol dire che il tempo sta per cambiare
 EL VIN LâEâ EL LAT DEI VECI â Istigazione allâalcolismo senile? No, se non se ne abusa il vino â dicono â può far bene anche a livello di prevenzione da malattie della terza etĂ .
 EL GNENT LâEâ BON PER I OCI â Chiara la differenza tra il nulla e qualcosa che invece si può toccare con mano. E magari mettere in boccaâŚ
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 58
A BINA MOLINEL â A gonfie vele, con tutti i mezzi a disposizione, felicemente. ZugĂ r a bina molinel, o a merlèr, o a bĂŹna o ancora a binèla: si tratta di un gioco che non ha nulla a che fare col mulino. Tre fagioli secchi posti su altrettanti quadrati concentrici. Si fa bina e molinèl quando si ottiene la combinazione di tre fagioli su una linea e altri due nella linea contigua. PiĂš facile giocare che spiegare comeâŚ
ANTANA (o ALTANA) â Stanza sotto il tetto, terrazza, soffitta, luogo piĂš alto della casa. Si dice anche âtèzaâ o âbaladòrâ.
BABION â Ciarliero. Deriva dal latino âbabuleus. âAh quela lĂŹ lâè âna vecia babiònaâŚno te ghe la fai a starghe drio, la ciacola fim che no la gĂ sĂŠâ.
BARBUSTEL â Pipistrello. Si dice anche di un bambino che non sta mai fermo. âEhi, barbustèlâŚstĂ fermo nâatimo che te mâhai stracĂ i oci a forza de girarme entornoâ.
BAVAROL â Bavaglio. âMeterghe el bavaròlâ: zittire. Serve anche per asciugare la bava alla bocca alla bisogna.
BORA â Non è il freddo vento triestino. Sta per tronco, fusto grosso, legno tagliato dalla pianta. Sembra che tutto derivi da bora, un serpente. PerchĂŠ i tronchi venivano trasportati per via fluviale e galleggiando andavano di qua e di lĂ proprio come un serpente.
CARAMPAMPOLI â Digestivo a base di caffè, zucchero appena caramellato e acquavite. Se se ne abusa sulle piste di sci può capitare di sentirsi comeâŚsui trampoli. Anche se non câentrano con lâetimologia di questa bevanda peraltro tornata di moda.
CICIOL â Cinciallegra â Dal verso di questo piccolo uccello: cin ci cin ci.
DENTâOLTRA â LĂ dentro, lĂ in fondo. âAh âl martèl no âl ghè chiâŚel devâesser dentâoltra, en font ala caneva, vizĂŹm ala gabieta dei cunèiâ.
DESMISSIAâ â Sveglio, desto. DesmissiĂ rse fora: svegliarsi, diventare piĂš attento. âTe sèt âpena desmissiĂ ? Se vedeâŚâ. âAh se no te sei desmissiĂ te te desmissi ân pressa a laorar con quei muradori lĂŹ se no te voi ciapĂ r ân forato sui peiâ.
CHI GâHA FIOI TUTI I BOCONI NO I Eâ SOI â Gli oneri inevitabili per chi mette su famiglia. A cominciare dalla divisione del cibo.
QUANDO âL SOL TRAMONTA I ASENI SE âMPONTA â Meglio però non aspettare il tramonto per cominciare un lavoro. Un poâ come âquando lâaqua tòca âl cul se âmpara a noĂ râ.
LUMAZI CHE GIRA LA MATINA LâAQUA LA SE SVIZINA â Lumache in giro al mattino? Si avvicina il maltempo.
AMAâ NO TE SARAI SE PER TI SOL TE PENSERAI â Chiaro il messaggio. Purtroppo si tratta di uno dei tanti detti popolari che non hanno sempre pratica attuazione.
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PAREANA â Non è una composizione di pareo â Ma un tramezzo, un muso, un assito per dividere una stanza. âAh me sa che dovrò butar na pareana per slargar el bagnoâŚadès per nar denter ne la docia devo tirar semper zò lâas del cessoâ.
PELOIA â Nessun riferimento ai peli. Anzi, sono proprio i peli, meglio, i capelli che mancano. Si dice di uomo pelato, senza capelli appunto. âTei, te ricordit quando sonevèm zo a Limom? Te parevi quel dei Camaleonti, cavei come ân leòmâŚ.adès te sei ân peloia, vara tiâ.
PEOT â Piedino. Deriva da peota, pianta dei piedi. âFar el peòtâŚâ fare il piedino, stuzzicare, amoreggiare. âNar a peotiâ, andare a piedi.
SCALFUDRO â Gaglioffo, farabutto. âAh quel lĂŹ lâè ân scalfudro, meio perderlo che binarlo ensemaâ
SGARAMBEA â Scheggia â âVara chi sul brĂ zâŚtut colpa de âna sgarambèa che ho ciapĂ lâalter dĂŹ a laorĂ r sul cuertâ.
CUCIARSE ZO â Acquattarsi, accocolarsi. âCĂšciete zo che se nò i te vede osciaâ.
EN BANDA â Nessun riferimento a complessi musicali. Sta per âda un latoâ, in parte. âStĂ ân banda che se no te sbianzo (ti annaffio)â. Portar el capèl ân banda: portare il cappello da una parte. âDa âna banda a lâaltra de la straaâŚtut piem de oio pers da ân camiomâ.
ENDROMENZAâ â Addormentato. Ma anche lento, pigro, ottuso, grullo. Assonnato. âSet ancora endromènz? Dai auf che lâè morghenâ. âEl Gino? Che te diga, el me par ândromènzâŚi gĂ portĂ via perfĂŹm le mudande e lu manco el sâè acòrtâ.
TEGNIR A MAN â Non significa dare la mano a qualcuno. Semmai tenere in mano qualcosa. Risparmiare, non sprecare. Anche âfar musĂŹnaâ.
METERGHE âl BECH â Metterci il becco. Impicciarsi in affari altrui, esprimere giudizi o commenti non richiesti. âMa cossa vat a meterghe âl bech nei mistèri dei altriâŚpensa ale to rogne valĂ , che lâè assĂ â.
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MOâ â Ora, ordunque â Vara mò che ora che lâè â Lâè vegnĂš mòâ da mi â Anche âdemòâ â âMòvete demò che lâè zamai tardiâ.
MORBIN â Allegria, capriccio â âEl gĂ el morbĂŹnâ: è troppo allegro. âFar passĂ r el morbĂŹnâ: levar la voglia, il capriccio.
MORDON â Morso, morsicatura. âCazzĂ r ân mordònâ: affibbiare un morso. Anche âmordĂšaâ. âl mâha dat âna mordĂša sul colâ. MorsegĂ r: non vuol dire segare il moro ma morsicare. âMòrsega âsto pom e lĂ ssa stĂ r quele ciche valĂ â.
MUCIO â Richiama il mucho spagnoleggiante. Vuol dire mucchio, gran quantitĂ , massa. âân mucio de zèntâ. âNo se pol sbarĂ r nel mucioâ. GiĂ , molto meglio âbesame muchoâ.
NOS â Noce. Scorza de la nòs è il mallo. La sgĂšssa è il guscio. Piz il gheriglio. Nosèla è la nocciola. âSe âl piove de le Sante Cròs va sbĂšse tute le nosâ. Nos sta anche per nostro. âDa chi a lĂ lâè tut nòsâ. âVara che te sei sul nòsâ: sei sulla nostra proprietĂ .
ORS â Questa è facilissima: orso. Come è facile incontrarlo in Trentino grazie al progetto di ripopolamento Life Ursus. âFar balĂ r lâorsâ: trarre guadagni particolari. âCoi soldi ân borsa se fa balar lâors e anca lâorsaâ. âMenĂ r lâors a Modena: tirarla per le lunghe con promesse a non finire poi non mantenute. âNar a veder balar lâorsâ: morire.
PAIA â Paglia â Om de paia: uomo da nulla, come lo spaventapasseri. Paia rebatĂšda: il vedovo che si risposa. âna paia: unâinezia. âSto oroloi chi? Ah lâho tot dai marochini, lâho pagĂ âna paia â.
PAIR â Digerire, smaltire lâubriachezza. Quindi per estensione pagare lo scotto, far pagare il fio. âAh ma quando avem capĂŹ che lâera sta lu a spacar el vedroâŚghe lâavèm fata paĂŹrâ. âNo stĂ parlarme de quel postoâŚ.ho paĂŹ tant de quel frèt che gò ancora le buganze ai pei (i geloni ai piedi)â.
PANADA â Pan cotto, pappa, pan bollito, vivanda fatta con fettine di pane cotte nellâacqua e condite con burro. âFar la panada al diaol: guadagnare per altriâ
PARAGUIDE â Non è un corpo paramilitare nĂŠ la protezione per operatori turistici ma semplicemente il cacciavite.
ESSER âN BONERA â Avere un carattere mite, buonaccione. Anche âesser âna pasta de òmâ. âEsse ân toch de pamâ. E ancora: âesser ân paciocon, ân pagnocònâ.
ESSER PIENI DE LASSEMESTAR â Essere stufi, stanchi, scostanti.
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AGOLA â Aquila. Basta togliere la âgâ e diventa invece un pesce di lago: Ă ola,
A PEI ZONTI â A piedi uniti. âSaltĂ r a pèi zontiâ. âStĂ r a pei zontiâ: vivere con tutti gli agi. Attenzione: âLâè nĂ denter che âl steva bemâŚ.lâè vegnĂš fora su na barèla a pei zontiâ. Ovviamente in questo caso non si tratta proprio di benessere. Se poi si parla di âlonch dirèntâ siamo nel campo di attivitĂ delle pompe funebri.
ARGHEN â Argano. Verricello. âGhè vol lâarghen per tirate fora dal let stamatina?â
ARMELIN â Albicocca. âTasta sti armelĂŹni, no te nâhai mai magnĂ de pu dolziâ.
EMBESSOLARSE â Balbettare. Ma anche parlarsi addosso. âTe sei propri nâembessolòm valĂ â.
BOSIADRO â Bugiardo. Da âbosĂŹeâ, bugie. Câè però anche un detto popolare che istiga a non essere sempre sinceri: âTra bosĂŹe e veritĂ se ten en pè la cĂ â.
CANCHEN â Cardine. Della porta, della finestra. âNo farme nar zo dai cĂ ncheniâ: non farmi arrabbiare.
CRUF â Crudo, poco cotto. Ma anche indicazione meteo: âOscia se lâè cruf stamatinaâ. Vale a dire freddo, rigido.
DALBON â Davvero, in veritĂ , sul serio. âBona dalbon âsta robaâŚ.â â Vara che lâera per el gat, semo.
ENDORASTRONZI â Inutile scendere in dettagli. Diciamo che sta per millantatore, fanfarone, ciarlatano. Câè anche la variante (ma di diverso significato, quasi sempre soggettivo): smerdabachète.
GRADELA â Gratelle per arrostire carni, pesci vivande in genere. âNar dala gradèla ale braseâ: come dalla padella alla brace. Cioè per schivare un male finire in una situazione peggiore.
TIRAR LA LELA â Essere spossato. Non aver voglia di far niente. âEl gĂ ân torno na lèlaâŚâ
ESSER EN MEZ COME âL ZOBIA â Cioè dâintralcio, fuori posto, come il giovedĂŹ in mezzo alla settimana.
SPUZAR COME âN BECH â Non câentra il becco. Si dice di chi puzza comeâŚ.un caprone.
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SCARSELA â Può essere anche scarsa, nel senso di vuota. Di soldi. Si tratta della tasca. Per estensione anche borsa. âVara no gò propri gnent ân scarsèlaâ. âMeti ân scarsèla popo che te te compri âl gelatoâ (adesso come minimo ai ragazzi, per vederli sorridere e dire grazie, bisogna regalare una ricarica del telefoninoâŚaltro che ghiacciolo).
SCORLON â Scossone, sussulto. âHo ciapĂ ân scorlòn che som ancora chi che tremo come âna foiaâ. âDaghe ân scorlòn per capir se te sei propri sut de benzina en quela moto osciaâ.
SECHERA â SiccitĂ . âSe no vei da piovèr stavolta lâè propri âna sechèraâ.
SECACOIONI â Rompiscatole, importuno, noiso. Anche âsecacorniâ. Insomma uno che stufa, che i testicoli non li rompe, ma proprio li prosciugaâŚ
SE SA BEN â Modo di dire per confermare, per affermare qualcosa. âVat a dormĂŹr? â Se sa ben, no hat vist che ora che lâè?â â âAh se sa ben che a meter el cul sul foch se se scotaâŚâ.
MAZOCOLA â Nappa, fiocco. âVara che bela mazocola che âl gĂ sula bereta de lana che gĂ fat la nonaâŚâ
MIGENIN (o MIGININ)- Poco poco, un briciolino ma anche uno zinzino riferito ai liquidi. âDĂ mem ân miginĂŹn te prego che se no fago la balaâŚâ
MONEGA â Monaca. Era anche uno speciale trabiccolo di legno che si riponeva dâinverno tra le lenzuola per collocarvi nel mezzo un braciere allo scopo di riscaldare il letto. Si diceva allora per scherzo: âVago a dormĂŹr co la monega, cosĂŹ la me fa caltâ.
NO RICORDARSE DAL NAS ALA BOCA â Avere scarsa memoria in uno spazio temporale ristretto. Quello che separa insomma il naso dalla bocca.
ESSER âN TASI E COSI â Taci e cuci. Uno che rimugina senza lasciar trasparire quello che sta pensando. Doppiezza. Tipo poco raccomandabile. Oltre che permalosoâŚ
ESER ALTA DE GREMBIAL â Donna in stato interessante. Incinta. Col pancione che tiene alto il grembiule insomma.
FAR CORER I LUMAZI â In realtĂ significa masturbarsi. CosĂŹ come identico significato ha anche âscorlĂ r el perseghèrâ. Laddove è facile intuire che non si allude al pesco.
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SPARAGNAR (o SPARGNAR) â Risparmiare. Senza sparare. Semmai sperare che lo Stato non tassi quello che si riesce (si riusciva?) a metter a parte. âNo spargnarla a nesunâ: non fare sconti, non mandarla a dire. Anche: sparmiĂ r temp. âSparmiĂ r de vegnĂŹrâ (grazie, te me sparmi temp e benzina). âSe savèvo che stasera te fevi la grigliadaâŚsparmièvo de magnar quele do sbèteghe a zenaâ.
PASUâ â Satollo, pasciutto, ben nutrito, grasso. âTe me pari massa pasĂš: no te ghe stai pu denter ne le bragheâ. PassĂša: scorpacciata. CiapĂ rne na passĂša: subire un eccesso. âSom nĂ a lâasemblea del condomini: nâho ciapĂ na passĂšaâ. Abbondanza: ânâho magnĂ na passĂša de polenta e cunel, som chi ancora encoconĂ â.
SALASAâ (o SARASAâ) â No, non vuol dire che câè troppo sale (semmai: ghè asĂ sĂ l, ghe sal asĂ ). Si tratta di selciato, ciottolato. Donne, attenzione ai tacchi su questo tipo di pavimentazione frequente nei centri storici trentini e soprattutto nei paesi.
SCAIAR â Piallare. Scaiaròl lâarnese per piallare a mano. Scaiada, la piallatura. Scaiar de travers: intraversare. âEl gĂ el mĂšs che âl par scaiĂ â: indicazione somatica.
SGHIT â Cacherello. Di topi, uccelli. Poca roba insomma. âEsser ân sghĂŹt: essere una persona molto piccolaâ. âNo valèr ân sghĂŹtâ: avere poco valore. âOcio ai sghĂŹti, che i osèi ancoi i vola bassi: me sa che cambia âl tempâ.
SMISCIAMENT â Mescolamento. âSmisciament de stomechâ: problemi gastrici.
TONTONAR â Non è lâalternativa al noto navigatore satellitare. Sta per dolersi, lamentarsi fra sĂŠ con voce sommessa e confusa. Insomma borbottare, bofonchiare. Con un effetto audio molto simile ad un doppio tuono che però è attutito nella bocca semichiusa.
CHI Eâ SCOTAâ da LâAQUA CALDA GâHA PAURA ANCA DE QUELA FREDA â Nel senso che il âtraumaâ potrebbe in questo caso portare ad una situazione igienica imbarazzante.
LâEâ MEIO VERGOT CHE NEGOT â Meglio qualcosa che nulla. Insomma meglio poco che niente o come si suol dire che sâaccontenta gode. Anche perchĂŠ: âno se pol avert lâort e anca le verzeâ. O ancora: âmeio ân mòcol che nar nel let al stròfâ.
CO LA LENGUA âN BOCA SE VA DA PER TUT â Importante conoscere le lingue straniere? PiĂš che altro saper parlare, saper spiegarsi. Anche a gesti, in qualche maniera: âNoio volevam savuarâŚâ, nella famosa scena con Totò a Parigi.
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ANCA â Non câentra con lâanatomia. Sta per anche. âoscia ghè chi anca el BertoâŚvoi veder se stavolta el se ricorda dei soldi che gò prestĂ â. Può essere anche esclamazione che sintetizza sorpresa. âE dopo è vegnĂš fora che lâaveva anca robĂ el tacuĂŹn de me sorelaâŚ-Anca quelaâŚâ Anca. Pensa tiâŚâ.
ARMAR â Nulla a che vedere con le forze armate. Eâ lâarmadio. âButa tut denter lâarmĂ r cosita che tanto ghe la mama che lava e stira ah?â. Sta anche per realizzare una costruzione in cemento armato. âDaghe zò acqua co la goma che ho âpena armĂ â.
BARBOZ â Si può sporcare di vino se si va al bar dove ci sono le bozze (bottiglie). Ma in realtà è il mento. âNetete el barbòz che te sei pièm de grèpâŚe dropar i mantĂŹni?â
DESGOSAR â Smettere di gridare (gosar)? In effetti potrebbe anche essere, se non altro perchĂŠ non ci sarebbero piĂš, a fatto compiuto, spiacevoli intasamenti (di solito nel wc, quindi anche maleodoranti, con evidenti disagi). Sta per rimuovere lâintasamento, lâostruzione. âDesgòseme el cesso valĂ che no se pòl gnanca pu nar denter da la spuzaâŚâ. Sta anche per aprirsi con qualcuno, sfogarsi. âGò dit tut quel che gavevo da dirghe, me som desgosĂ â.
EMBROIAâ â SĂŹ, sta per imbrogliato. Ma piĂš che altro per proprie caratteristiche. Nel senso di imbarazzato, impacciato, confuso. âOscia, adès che te me âl disi som ebroiĂ âŚâsa ghe diga al Gino, che no ghè pu soldi?â
A LA NOZA E A LA FOSA SE COGNOSE I PARENTI â Matrimoni e funerali, ovvero gli eventi che di solito radunano i parenti. Anche quelli che non si vedevanoâŚ.dallâultimo funerale. Lâoccasione per fare il punto sui cambiamenti. âHat vist la nova sposa del Mario? Ah no lâha miga spetĂ tant a torse nâaltra donaâŚâ
LâACQUA LA SMARZIS I CANAI â Lâalibi degli alcolizzati. Che di solito danno preferenza allâacquaâŚvite. Proprio per disinfettare â dicono â bocca e gola dai batteri dellâacqua. âEn bianco per mi e na spuma per el bociaâŚâ.
DAL PISTOR E DAL BECAR SE STA PU BEN CHE DAL SPEZIAL â Dal fornaio e dal macellaio si sta meglio che dal farmacista. Sempre che, ovviamente, non si esageri nelle prime due bottegheâŚ
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 51
TENDRO â Nessun riferimento a Dro, comune del Basso Sarca. Tenero, molle, soffice. âMa sĂ t che lâè tendra âsta ciopèta? Set sicur che no sia na briòs?â
TINFETE TONFETE â Richiama un rumore confuso, assordante. Si usa anche per indicare unaâŚbastonata. âAh ma quando i ho visti , tinfete tonfete, te verai che no i vei pu a robar zirese quei oseiâŚâ.
TIN TON TELA â Tiritera. âEnsoma, tin ton tela, è vegnĂš mezanot e erem ancora lĂŹ dal Mario a taiarghe el col ale so botiglie de sciava, capĂŹ come?â
VAROLE â Tipico segno lasciato, fino agli anni sessanta, dal vaccino contro il vaiolo. âMa ti no le gĂ t le varòle? Alora te sei zovenâ.
VIAZ (o VIAZO): viaggio, cammino. âEl Roberto? Ah, lâè ân viazo. Me sa che lâariva da ti domam matinaâŚlâè longaâ.
ZANCA â parte sinistra. âEl scrive de zancaâŚlâè revèrs come so mamaâ.
ZERLO â gerla â âTòte drio anche ân zerlo valĂ che magari binèm su le olive cascĂ e zòâŚâ
ZUCH â zucca. Riferito a persona: zuccone, duro di comprendonio. âTe sei propri ân zuchâ.
SACRANON â Esclamazione intraducibile. Spesso diluita in sacrataifel, âcramento, sacraformento. Comunque non è di gioia, di soddisfazione. Semmai il contrario.
LâEâ DEL BALON â Non è gergo calcistico. Sta per: non serve a niente. âLâè del balon che te me ârivi adès, zamai ne sem rangiaiâ.
NA BELA MONA â Un bel niente. Inutile aggiungere che la traduzione letterale sarebbe hot hard.
 Conosser – l’enciclopedia per capir i trentini – 50
Â
TĂ´i khĂ´ng hiáťu bẼt cᝊ Äiáťu gĂŹ váť nhᝯng gĂŹ bấn nĂłi
ÔľŐ˝ŐšŐĽŐ´ Ő°ŐĄŐ˝ŐŻŐĄŐśŐ¸ÖŐ´, ŐŠŐĽ ŐŤŐśŐš Ő˘ŐĄŐś ŐĽÖ ŐĄŐ˝Ő¸ÖŐ´
×× × ×× ×××× ×Š×× ××ר ××× ×Š××Ş× ×××ר
Â
No ho ‘mparĂ de colpo lingue strane. Basta nar su gugle e dirghe de far la traduziom
de “non ho capito nulla” (ho provĂ anca con “no ho capĂŹ na eva”, ma mÏè vegnĂš for na roba strana de pomi, bissi, pecai…)
AH, CAPIRSE.
No l’è sol question de lingua e dialeti. Ve fago dei esempi per capirne meio, valĂ .
 TAIAI FORA. E chi vei bona la barzeleta su l’incomunicabilitĂ . Vat a pescar? No, vago a pescar…
Ah, scusa, credevo te nessi a pescar… Si è su due diversi piani culturali. O di gergo. O comunque non in grado di percepire il significato, la sostanza. Succede anche quando ci si trova ad un matrimonio con parenti e amici mai visti che parlano di cose successe anni addietro e usano una specie di codice segreto per fare grasse risate. E pò no ocor che ghe taca gnente…savè bem a cosa me riferiso.
MI ENVEZE. Sat cosa m’è suces ieri? I m’ha ciapĂ soto el gat su la strada, pora bestia, vederlo lĂŹ, che el treva i ultimi e ‘l me vardeva…e pensa che….Mi enveze ieri ser son nĂ ala festa de sant’antoni. Gh’era en complesso che soneva le canzom dei nossi tempi…te sentissi… Ecco, anche se questa può sembrare una variante del “taiai fora” in realtĂ l’interlocutore ha staccato il filo dell’audio. Cioè proprio non ti ascolta. Usa solo il suo microfono. In uscita.
MA DAI... Sat che ho iscrito me fiol a ‘n corso de arti marziali? Ma dai…dime, dime… Beh, no l’è miga na roba for de testa, podria farlo anca to fiol…Ma dai, davera? Beh, ensoma no costa po chissĂ cosa….Ma dai, ghe telefono subit a me marĂŹ….ma dai, chissĂ che content el sarĂ …
Questo è un quadretto riduttivo (per esigenze di spazio) di dialoghi dove si trova dall’altra parte un entusiasmo esagerato. Occhio però a quando questi adulatori svoltano l’angolo….Angelo, sat dove l’ha iscrito so fiol la Gina? A ‘n corso de quei che se dĂ pache coi bastoni….l’è proprio vera che quela l’è na famiglia de ‘n semeniti….ma faghe zugar al balom come tuti quei de la so etĂ no. Che po me sa che ‘l costa n’ira de dio. Ma se sa, i vol sempre far i spandi merenda quei lĂŹ, come co la machina nova che i ha apena comprĂ …la par na ruspa.
E LI’ PIOVELO? Importantissimo sapere la situazione meteo quando si telefona nell’albergo dove abbiamo prenotato. Meno importante forse chiedere lumi sul tempo a chi abita a pochi chilometri di distanza. Ma se nò cosa onte fat el contrat per zento scati gratis col telefonim? Per domandarghe se i sta tuti bem? Ne sen visti n’ora fa…
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini . 49
(parole ciapae dai todeschi â studi di Giuseppe Osti)
 ZACAR . da Zacke â masticare, mangiare. Morso coi denti (Zacke sta per dente), zacòn, zacĂ da. âDai che nèm a zacĂ r qualcòsâŚâ.
ZERUCAR â da ZĹąrĹąck. Indietreggiare.
ZIMBERLINA â da Zimmermädchen â cameriera sbarazzina
ZIPOLA â da Zipfel â truciolo di legno. Anche sipola. Zipolar: preparare i trucioli.
ZON â da Tschon â Birillo. Anche uomo da nulla
ZOGER â da Zeiger â lancetta dellâorologio
ZUECH â da Zweig â ramoscello secco, pezzo di ramo rinsecchito. Anche zibec o zivec.
ZUMA â da Zumme. Recipiente di latta o di legno per portare sulla schiena a valle il latte. A Egna Zumm è il recipiente per trasportare lâuva. Anche âla conzĂ lâ.
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(parole ciapĂ e dai todeschi. Â Studi di Giuseppe Osti)
SLUC â da Schluck. Goccio. Usato in Bassa Atesina. âDame en sluc valĂ che gò propri sĂŠ stamatinaâŚbom bomâŚ.no dai nâalter slucâ.
SMALZ â da Schmalz. Strutto, condimento grasso. Anche smauz. Smalzar: condire con lo strutto. Anche smaozzar. Câè anche la polenta âSmalzadaâ.
SMIAC â da Gschmeis. Mucchio di sterco. Anche âgrassaâ.
SMISMAS â da Schmiere. Cose in disordine. âMeti a posto che ghè chĂŹ en smismas che par na stalaâ
SMITT â da Schmied. Maniscalco.
SMORM â da Schmarren. Fritta. Fatta con pasta di uova e latte, piuttosto liquida, fritta in strato sottile, nel burro o in altro grasso, tagliata a pezzi con la paletta e rivoltata perchĂŠ prenda colore dorato. Si può mangiare con lâinsalata oppure, zuccherata, con la marmellata.
SMUCEC â da Schmutzig â Lurido, nolto sporco. Anche smuzzeg, smuzzec smuzegh.
SNAIDERÂ da Schneider â Sarto
SNAIT â da Schneid â Coraggio, energia.
SNAPERLI â da Schnapperl â Arpioni e coni con anelli per tirare i tronchi sul terreno.
SNELER â da Schneller â Secondo grilletto del fucile da caccia. Assai sensibile: fa èartire il colpo appena viene sfiorato, quindi è piĂš veloce del primo. Anche scatto degli orologi.
SNIDIO â da Schneidend â tagliente, molto liscio. Snidiar: lisciare.
SNIZEL â da Schnitzel â cotoletta, piatto di carne battura
SNIZZAR â da Schnitzen â Tagliare, rinnovare. Anche aprire, tagliare per un primo assaggio.
SNOL â da Schnalle â Maniglia della porta, chiavistello. Snolar: premere piĂš volte sulla maniglia della porta. âVara che a forza de snolar el snol el te resta ân manâ.
SNORCHIER â da Schnarchen â Russare.
SNUF â da SchnĹąpfen. Presa di tabacco. âDai che me fago en snuf per stranudarâŚâ
SOLTENÂ – da Schalter â Pertica da vigna. Anche interruttore della luce.
SOSOLE â da Schoss â Ramoscello, germoglio. In Vallarsa e Folgaria. Anche ramoscelli per accendere il fuoco.
SOSS â da Sosse â Intingolo, salsa, sugo
SOTLER â da Sattler â Sellaio. Anche materassaio.
SPANGLER â da Spangler â Lattoniere.
SPEL â da Spule â Rocchetto di filo.
SPELTA â da Spelte â Grossa scheggia ma anche gran fetta.
SPERETE â da Sperren â Intelaiatura per finestre (sperren sta per chiusere). Anche sperèl: telaio, sportello della finestra.
SPIZAR â da Spitzen. Far la punta.
SPOZ â da Spatz. Passero.
SPRAIZ â da Spreize. Traversina tra due muri o due fianchi di fossa.
SPRECHENAR â da Sprechen. Parlare. Soprattutto tedesco.
SPREOZA â da Spriuza. Parte antica della casa
SPRIZ â da Spritz. Intonaco ruvido. Forse da qui, dalla tinta, il classico aperitivo.
SPRIZENAR â da Spritzen â Irrorare i campi, le viti, le piante. Annaffiare, spruzzare.
SPRIZIN â da Spritze. Annaffiatoio, spruzzatore. Anche da qui potrebbe arrivare lâaperitivoâŚ.con lo spruzzo alcolico.
SRAIBERAR â da Schreiben â Scarabocchiare.
SREF â da Schrepf â Freno dei carri
STAIF â da Steif â Duro, rigido, forte, solido. âStaifoâ, âstaifelâ per forte, ottimo, buono.
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(parole ciapĂ e dai todeschi â studi di Giuseppe Osti)
STAINQUT â da Steingut â Maiolica, ceramica, vasellame confezionato con caolino.
STECH â da Stecken â bastone
STICA â da StĂźck â pezzo di caramella, di cioccolato, anche pezzetto di legno. âDame âna stica de liquirizia valĂ , de quela mola, che par gomaâŚâ.
STINCHENAR â da Stinken â puzzare. Stinc sta per puzzolente. âEmbriach stincâ: avvinazzato, con eloquenti zaffateâŚ
STOFIS (o STOCAFIS) â da Stockfisch â Stoccafisso, baccalĂ .
STOLL â da Stollen â Cunicolo, caverna, galleria, pozzo.
STOM â da Stamm(gut) â tenuta, podere.
STOMBI â da Stamm â tronco, fusto, ceppo. Mozzicone di pianta, moncone del granoturco, anche bastoncello sper sospingere i buoi.
STROF â da Strafe (prigione buia). E prima ancora dal latino turbidus. âGhe vedo de pu co lâacendim al strof che co la pila che te mâhai regalĂ : lâè semper scarica.
STROSSERA â da Trossserin: donnaccia, strega, donna sciatta
STROZA â da Strotzen â slitta rudimentale per trasportare a valle legna, fieno. Strozegar: trascinare. E poi anche strozega, strozegon, strozil. Le strozzeghe de Santa Luzia: tanti barattoli che si trascinano la notte di Santa Lucia in attesa dei regali.
STRUCAR â da DrĂźcken. Premere, calcare. Anche abbracciare forte: âVei chi che te struco bel popĂŹnâ
STRUDEL â da Strudel â il famoso dolce di mele
STUA â da Stube â stanza, camera, di solito con la stufa
SUSTER â da Schuster â Calzolaio. Usato anche come cognome (anche Soster)
TANF â da Dampf â Vapore. Ma anche odore di muffa, puzzo, aria viziata.
TARTAIFEL â da Der Teufel â Imprecazione âal diaovoloâ. En diaolporco mez todeschâŚ
TARTOFOLA â da Kartoffel. Patata. Anche tartufola.
TOM â da Damm â argine di un fiume, terrapieno
TONCAR â da Tunken â intingere, inzuppare. Vedi tradizione delle Vigiliane di Trento: la tonca ne lâAdes.
TONCO â da Tunke â Intingolo, sugo, salsa. Anche âpocioâ.
TOTENI â da Duttn â Nulla a che vedere con fritto misto di mesce. Sono i testicoli. Umani. âNo stĂ farme nar zo i toteniâŚâ
TRIFOLE â da TrĂźppeln. Tartufi
TRINCAR â da Trinken â bere. Anche âtrinchenarâ. E trincada, per bevuta di solito abbondante, trincadina per lâaperitivo (ma occhio ai âgiriâ offerti e da offrire), trincador, forte bevitore, trincheta per âembriaghelaâ.
VAFEL â da Waffeln â biscotto, cialda.
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(parole ciapĂ e dai todeschi â dagli studi di Giuseppe Osti)
PUZENAR â da Putzen. Non significa puzzare ma pulire. Per evitare le puzze semmai.
RADA â da Rad â Ruota per filare (molinèl). In veneto la rada è la bicicletta.
RAIA â da Kreide â Gesso usato dal sarto.
RAIDA â da Raidn â spalla del bue. Piegatura, giuntura.
RAISER â da Reise â Vagabondo
RAISERE â da Reis â frasche secche, usate per accendere il fuoco.
RAISNEGL â da Reissnadel â Puntina da disegno. Anche foneticamente dĂ lâidea dellâutilizzo.
RAISSA â da Raisse â Spacco, spaccatura. Rasada (sbucciatura, raschiatura della pelle) forse ha la stessa origine.
RAITA â da Reiten â fretta. âChe raita che te gai, ân dove dèvit correrâŚâ)
RAUCI â da Rausch â Mirtilli rossi.
RAUT â da Raut â Terra dissodata.
RAUTAR â da Reuten â Dissodare il terreno â âVago zò ân oreta en campagna a rautarâŚtògo drio anca el sarlĂ t per taiĂ r en par de stropeâ).
REFA â da Reff â Gerla, sacco a spalla, sacco da montagna
REFLANA â da Reff â Sciattona
RESET â da Ris â Canalone per far scendere a valle i tronchi. Magari col âBròzâ.
RESTOC â da Rasttag â Soggiorno, giorno di riposo. Risale allâabitudine militare di riposare per un giorno durante le marce lente di trasferimento.
RIC â da Ritsch â Piccolo rivo al centro del paese. A Egna si chiamava cosĂŹ il canale di scolo che scorreva tempo fa al centro del paese.
RIMENA â da Riemen â Non si tratta di menare due volte. NĂŠ di rivoltarsi (remenarse). Eâ la cinghia del fucile. CosĂŹ è chiamata anche la cinghia di trasmissione nelle segherie veneziane. E la cinghia dei calzoni.
RISOLA â da Ris â Scivolo, canalone
ROAN â da Rain . Ciglio, orlo, bordo, rialzo di terra ai piedi delle vite. Anche ciglio di confine tra due campi, piccola costa di pendenza tra un campo e lâaltro.
ROBLER â da Robler â Bravaccio, caporione
ROM â da Rahmen â Nulla a che fare con gli zingari â Asse su cui si mette a raffreddare il pane. Anche sinonimo di stipite della porta e di cornice.
ROST â da Roascht â Piatto usato in Alto Adige. Fatto di polenta, patate, cipolle e grasso. Rosto in dialetto trentino sta anche per arrosto.
RUF â da Rupfen â Tela, iuta. âMe serviria en sach de rufâŚsat de quei per le patate per capirneâ)
RUIC â da Ruhig â Calma, silenzio. Invito a non fare casino, a tacere.
SACRATAIFEL â da Sakrament-Teufel â Imprecazione al sacramento e al diavolo.
SAIT â da Seitel – La nota cooperativa non câentra. Eâ una misura per liquidi: Un quarto. âDame ân sait de vim bianch valĂ â.
SAUBER â da Sauber â Pulito. Richiama anche lâitaliano salubreâŚ
SAVA â da Sau â Femmina del maiale. PiĂš carino di porca.ä
SBANZA â da Wanze â Cimice. âMe sa che gò na âsbanza sula panzaâŚâ)
SBETEGA â da Schwätzerin â Donna chiacchierona, ciarlatana. In veneto: betegĂ r. Da Schwätting, ritaglio di carne, carne di poco prezzo, con cartilagginim tendini. âTe mâha dat proprio ân sbètegaâŚno ghera de meio?â
SBORS â da BĹąrste â Spazzola, bruschino.
SBOVO â da Schwabe . Blatta, scarafaggio.
SBRECH â da Brechen â Strappo. Anche sbregĂ r_ rompere, strappare, lacerare, stracciare. Anche âsbrègoâ. âVara che te te sei sbregĂ le braghe a passĂ r via âl fil spinĂ â
SBRINZET â da Spritzer â Spruzzatore usato dai bambini per giocare, formato da una canna di sambuco. Anche canna per clisteri.
SCANDORLOT â da Kanne â Piccolo recipiente, bricco, barattolo di latta. Riferibile anche a candola (vedi).
SCHEO â da ScheidmĹąnze â Moneta austriaca durante la dominazione dellâAlta Italia. Veniva letta solo la prima parte della scritta: Schei. Usata ancora nel dialetto veneto.
SCLON â da KLoben â frantume di legno.
SDRAM â da Stram â Acquazzone, pioggia dirotta, torrenziale. âVara che da chi a ân poâ vei zò ân sdrĂ mâŚmeio nar al cuertâ.
SDREMBEL â da Dremel â bastone, legno storto.
SENSA â da Sense â Falce.
SGNAPA â da Schnaps â Acquavite, grappa. Anche âsgnapètaâ (che comunque non vuol dire di gradi alcolici piĂš bassi). âAh dame âna sgnapa a la ruta valĂ che me fago en bel rutâ.
SGNAUZAR -.da Schnauzen â abboccare il cibo, mangiare di malavoglia. Sgnauso sta per rimasuglio di cibo. Anche sgnauz, sgnauzòn. Sgnaozi, avanzi di cibo. A volte sgnauz sta anche per baffi.
SGNECH â da Schnecke â Lumaca. E anche di conseguenza, per associazione di idee, cosa molliccia. Anche sgnecariaâŚ.
SGNEGOL â da Zwerg . Nano, piccolo ma grazioso.
SGNIF â da Nif â Smorfia, ceffo.
SGREBEN â da Gräben â Fosse, terreno incolto in montagna. Potrebbe anche derivare dallo sloveno greben.
SGRINGHENAR â da Klingen â Strimpellare. âLâè tute l dĂŹ che âl sgringhena la chitarraâŚno vei for gnentâ.
SGROBI â da Grob â Ruvido, villano nel trattare.
SIL â da Siele â Funicella per guidare capre e bovini
SINA â da Schiene â Rotaia . âVara che se no te tachi bem le sine el trenin demò el se rebaltaâ
SINCHEN .- da Schinken â Prosciutto
SLAIFER â da Schleifer â Arrotino. SlĂ ifera è la carriola dellâarrotino, âel molètaâ
SLAMPER â da Schlamper â Sciatto, sporco
SLANC â da Schlank â Snello
SLAPAR â da Happig (ingordo) e schlabbern, mangiare con aviditĂ , succhiando rumorosamente. Rimanda anche ad happen, modo di inghiottire dei cani. In friulano Laip è il truogolo dei maiali. Slapazuchi, tipicamente veneto.
SLAPE â da Schlappen â Ciabatte
SLAPERA â da Schlampe â Sciattona. Slomper al maschile.
SLAPERONAR â da Schlamperei â andare in giro sciatto.
SLAUP â da Schlaff â fiacco, debole
SISERI â da SchĹątzen .- Bersaglieri, soldati tirolesi.
SLAIDER â da Schleuder â Fionda per lanciare sassi, con ramo biforcuto e striscia di gomma.
SLINGA â da Schlinge â Cappio, nodo, laccio per uccelli. In Alto Adige anche laccio per le scarpe.
SLINZA â da Schlingel â Birbone, furfante. Anche scheggia piccolissima, favilla (sdĂŹnza in altra parlata).
SLIPEGAR â da SchlĹąpfen â Scivolare, sdrucciolare. Slipegada, scivolata. âVara che chi se slĂŹpegaâŚmètete qualcòs che tegna soto i peiâ)
SLIPERI â da Schlittschuh â Pattino da ghiaccio
SLIPIAR â da Lippe â Toccare appena il cibo con le labbra (Lippe).
SLOCH â DA Schlag â Colpo, scoppio. Giocattolo fatto con la canna di sambuco. Con alle estremitĂ due fori. Collocando due palline alle stremitĂ e premendo sulla pallina posteriore con uno stantuffo, la seconda pallina parte con un rumore: schlag, appunto.
SLOFEN â da Schlafen. Dormire. âNem a paiòm, nem a slofen valĂ che lâè ora zamaiâ
SLOGHENAR â da Schlagen â Battere, percuotere, bastonare
SLOPA â da Lappn. Cencio, straccio.
SLOSSER â da Schlosser â Fabbro, ferraio.
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(parole ciapĂ e dai todeschi â dagli studi di Giuseppe Osti)
CIORCIOLA â da Tschurtschen â Pigna. âMagnĂ r ciòrcioleâ, vivere in stato di povertĂ . Potrebbe derivare anche dal latino circellus, anellino, cerchietto. Sicuramente riferibile allâorgano sessuale femminile quando è usata nelle battute tra amici. âSèt nĂ per ciòrciole che te sei tut spatĂšz?â
MISMAS â da Misch-Masch â Miscuglio. âHo fĂ t en mismas che adès me vèi da butĂ r suâŚe sĂŹ che âl so che misciĂ r vim, bira e sporcaria varia âl me fa semper malâŚâ.
MOSA â da Mus âFarinata, purea. Farina di granoturco e frumento cotte nel latte. Molto in uso un tempo nei paesi di montagna. âDĂ i che stasera ne rangièm co la mòsa vanzada da ieriâŚ.oh questo ghèâ.
OLMA â da Walm â Mucchio di fieno nel prato. âPrima de sera bisognerĂ anca portarle al cuèrt quele òlme osciaâŚâ
PAIC (o PAIZ) â da Beize â Mordente per abbrunire il legno âBase per la verniciatura â âDai, dai mover le manòte con quela carta de vedro che per stasera volerĂŹa darghe su anca el pĂ iz a âsti seramentiâŚâ.
PACECA (anche PACIOCA, PACIECARIA) â da Paceck â Fanghiglia, melma. âân do sèt nĂ con quela machina che lâè piena de pacecaâŚ.oscia, lâavevo âpena lavadaâŚelamadonaâŚâ). âSom nela pacecaâŚno so se ghe la fago a vegnir stasera satâŚâ.
PACHERA â da Bagger â Ruspa, scavatore. âNo sta preocuparte, vegno zo mi co la pachera dopo a spianarte tutâŚti demò lasseme averte l cancèlâŚâ).
PENEGOL â da Penegol â Fusto della pianta di granoturco.
PETON (anche PETUM) â da Beton â Non ha nulla a che fare con lâemissione (notevole) di aria dallâintestino. Si tratta di calcestruzzo. Dalla betoniera (petoniera?).
PIRLA (anche PIRLO ) â da Wirbeln . Giravolta. âLâha fat na pirla en curva che per poch no âl neva de soto co la machinaâŚâ). Pirlo sta per sventato, strambo. Pirlar: far girare in fretta. âEl lâha fat pĂŹrlar per aria âsto cortèlâŚoh, ghera dâaverghe paura che el se fes anca mal da solâŚâ).
PINTER â da Binder â Bottaio. Pinterar: acconciare le botti. Pinterer: fabbricante di secchi e mastelli.
PROBUSTI â da Bratwurst. Salsiccia. Spesso si usa al posto di WĹąrstel. âA mi i probusti i me piĂ s pĂš mezi brusai che fati ne lâacquaâŚala todesca ensomaâ.
PROFEZENI (anche PROVEZENI): da Provesen â Crostini con ripieno di pezzetti di carne.
PLOR â da Plora â Prato in dolce pendio. âVĂ su la plor a far le sghiramèleâŚbasta che no te rudoli fin ân fòntâ
PLOTA â da Platte â Piano del focolare. âOcio che lĂŹ sula plota i se scalda massa i ravaneiâŚâ
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(Parole ciapĂ e dai todeschi â dagli studi di Giuseppe Osti)
FRACHEL (anche FRACA, SFRACEL) â da Frakel â Misura di capacitĂ , un terzo di litro. Ma serve anche per dare lâidea di âtante botteâ, o di moltitudine. Ghera ân sfracèl de zentâŚâ.
GARBAR â da Gärber â Conciapelli. Garbaria sta per conceria. Via Garberie ad Arco non è un luogo dove una volta si riunivano i galanti, insomma uomini e donne predisposti a garbi cortesi. Ma proprio un posto dove si conciavano le pelli.
GABURO â da Gebure. Giovinotto. Era in uso negli anni quaranta e cinquanta. âTe sei propri ân gaburoâŚâ. E noi che si pensava di essere molli come il burroâŚInvece sta per ragazzino del luogo. Proprio âdei nossiâ.
GHIRLO â da Wirbel â Tromba dâaria, vortice, mulinello di vento. âAh lâaltra sera è vegnĂš ân ghirlo che âl mâha petĂ zò tute le piante diaolporcoâŚâ. Si dice anche di tipo strambo, sventato. âQuando âl vei a cĂ no te sai miga cossa ghe passa per la testaâŚlâè ân ghirloâ.
GRANF (o GANF) â da Krampf. Crampo. âFèrmete che mâè vegnĂš ân granf a âna gambaâŚvara che i è setantadò stâam en mar nehâŚno som miga pu ân galètâ.
GRAZEDAR â da Kratzen. Razzolare, rasapere in terra delle galline.
GRIES â da Griess â Semolino. âLâaltra sera avèm fat i gnochi de griesâŚboni sat, col so bel ragĂš). Sta anche per sabbia, terreno sassoso, incolto. Forse deriva da qui il nome di una nota zona di Bolzano.
GRINGOLA â da Ring â Cerchio, festa, euforia. Danza in circolo. Allegria. âEl sâè mess tut en gringola per la festa satâŚâ. Quindi anche tipo di abbigliamento. Atteggiamento.
GUINDOL â da Winde. Arcolaio per svolgere ed avvolgere le matasse. Ragazzo vivace. Veloce. âTe dovevi vederlo to fiolâŚel neva via come ân guĂŹndolâ.
LUDRO (anche SLUDRO) â da Luder. Carogna, birbante, spilorcio. Prima ancora dal latino barbarico ludro (che vuole tutto per sĂŠ). âQuel lĂŹ? Lâè propri ân sludro. Meio perderlo che trovarlo, scolteme miâ.
MAGON â da Magen. Peso sullo stomaco. CosĂŹ era indicato anche lo stomaco degli animali, bovini soprattutto). Dispiacere. âVara, da quando lâè nĂ via gò ancora âl magònâ.
MARLOS â da Malzlos. Retoromano. Lucchetto. âHo dovĂš meterghe âl marlòs sul frigo. Se nò de nòt me marĂŹ el se feva fora tuti i âfetatiâŚte me capissi bemâ.
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(parole ciapĂ e dai todeschi â dagli studi di Giuseppe Osti)Â
CLEZENI â da Kletzen â Focaccia del giorno dei morti
CLOMPER â da Klammer. Martello. Usato soprattutto dai muratori.
CRACOLA (anche RACOLA) â da Graggeln â Strumento di legno. Con ingranaggio pure ilegno. Emete un suono simile al gracidare delle rane. Si usa nelle cerimonie religiose al posto delle campane durante la settimana santa. Ma anche in determinate feste e sagre. Indica anche un modo di essere. Petulante. âTe sei propri âna rĂ colaâ.
CRIGHEL â da KrČglein. Boccale di birra (mezzo litro). Nome in uso tra bevitori di birra. âNa òlbaâ equivale a mezzo crighel⌠Ma di solito piuttosto che ordinare due âòlbeâ si passa subito al crighelâŚ
CRISTONAR â da Kreistn. Bestemmiare.
CROSNOBOL â da Kreutzschnabel. Becchincrpce. Uccello con il becco a forbice, detto anche pappagallo degli abeti. Si die anche di chi è sciocco, sguaiato: âTe me pari ân crosnòbolâŚâ.
CUCAR â da Gucken. Guardare, curiosare, spiare. Diverso dall’italiano “cuccare”. ââsa cĂšchitâŚdoi che se bĂ sa? Dai valĂ , sporcazònâŚâ. Cucher è il mirino del fucile da caccia.
DUGO â da Uhu. Allocco, barbagianni. Anche di persona non propriamente sveglia, furba: âTe sei stĂ propri ân dugo valĂ a farte ciavĂ r da quei doi liâŚche zĂ i èra dughi per so contâ.
FAIFA â da Pfeife. Sta per pipa.
FERSA â da Ferse. Rosolia. Morbillo.
FERSLUZ â da Verschluss. Chiusura, otturatore (anche del fucile militare, ma nel tempo che fu)
FINCH â da Fink- Fringuello. Si dice âorbo come ân finchâ semplicemente perchĂŠ câera lâabitudine, barbara, di accecare gli uccelli di richiamo per renderne piĂš efficace il canto. Alla Bocelli. Alla Stevie Wonder? Alla Josè Feliciano? Alla Ray Charles ?MahâŚ
FINFERLO â da Pfifferling âFungo prelibato. Gallinaccio, piccolo e giallo. Ottimo con la polenta. Ci sono anche le âfĂŹnferleâ piĂš strette e lunghe. Buonissime per il risotto.
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(parole ciapĂ e dai todeschi- dagli studi di Giuseppe Osti)
BINDEL â da Windel. Legaggio, fascia, fasciatura. Di qui anche BINDELA (da WindelsĂĽge) sega a nastro.
BIOT â da Bloss. Nudo, solo, nientâaltro. Ci si rifĂ anche al gotico Blaus. Ma câè anche un âbiotosâ greco che vuol dire vita.
BOCIA â Da Bursche. Ragazzino, recluta alpina, garzone. Câè chi pensa però ad una derivazione dal francese boche.
BONBOSSERÂ – da Bodenwasser. Acquitrino, infiltrazione di acqua dalla terra nei prati, falda acquifera.
BOTER â da Butter. Burro.
BRINCAR â da bringen. Prendere, afferrare.
BROAR â da brĹąhen. Scottare con acqua bollente. Anche il fermentare del fieno. Broènt, che scotta.
BRODEGAR â da brodeln. Versare acqua bollente sopra la biancheria o certi mangimi per il bestiame. Câè anche la âbròdegaâ, acqua sporca. Sbrodolar invece viene da brodelene, sta per balbettare, parlare a vanvera. Poi se ci si riferisce al brodo, anche âsbrodolĂ rse adòsâ.
BUGANZE â da Buganzen. Geloni.
CANDOLA â da Kanne. Bricco, piccolo recipiente. Anche âcĂ ndorlaâ, âscanderlòtâ. Può essere in rame stagnato ma anche in porcellana. Per il caffè, da conservare caldo. âNèm a farne âna cĂ ndolaâ, andiamo a bere qualcosa.
CANEDERLI â da KnĹdel. In brodo o asciutti. Tipici dellâAlto Adige. Con pane e (una volta) avanzi della dispensa (soprattutto speck).
CANISTRA â da Tornister. Zaino militare pesante ricoperto di pelle di capra. Detto anche âsac dei soldĂ iâ.
CANOPA â da Knappen. Miniera. Caponar, lavorare in miniera, dissodare il terreno. Buse canope: grotte derivanti dai pozzi minerari scavati nella valle del Fersina e sul Calisio. Nel rendenese, canopĂ r, lavorare malamente. Canopo, minatore.
CHIPA â da Kippe. Materiale di scarto ammucchiato fuori dalla miniera (cfr. discarica della Maza). Chiparse: ribaltarsi, cadere a terra. ChipĂ r: rovesciare, scaricare materiale.
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STRIA â Non è una striscia ma una strega, una fattucchiera. Si dice di chi è, diciamo cosĂŹ, molto intraprendente. Accusate di essere âstrieâ tante donne finirono al rogo anche in Trentino nel XVII secolo: dalla Val di Non alla Val di Fiemme e anche in Vallagarina. âCiuciĂ for dale strieâ: letteralmente succhiato dalle streghe. Quindi magrissimo. âBruta striaâ: per indicare una donna vecchia e brutta (peggio di âvecia Befanaâ) ma anche riferito a chi ha occhi da gufo e una nomea non proprio positiva.
STROV (o STROF) â Buio, scuro.âMeio en mocol che nar nel let al strofâ. âLâè massa strof, no vedo na madonaâŚâ. âLâè pezo che nar de notâ: sottinteso (lâè stròf). Quindi impresa difficile. Non vedere bene dove si va a parare. Non capirci niente.
SVERGOL â Storto, sbilenco. âGhe nâho dat tante e tante che lâho fat nar via svèrgolâ. 2Ma no vedĂŹt che tâhai montĂ la tenda tuta svèrgola?â. âDaghe nâendrizzĂ da a quel quadro sul mur: no vèdit che lâè tut svèrgol?â. Nel calcio svirgolare riprende un poâ questo termine del dialetto. Facendo finire la palla in tribunaâŚ
TABIEL â Antenato del table? No, è semplicemente il tagliere. Di legno (ma se ne trovano in commercio anche di plastica e altri materiali, ovviamente resistenti allâazione di coltelli e affini per affettare salumi, formaggi ecc.). Il âtabièl de la polentaâ è di solito basso, largo, circolare. Gli altri possono avere varie forme a seconda dellâestro degli artigiani (bellissimi quelli di olivo, con le particolari venature). Diventa anche unitĂ di misura: âDĂ me ân tabÏèl de speck valĂ âŚ.ah, anca na bira media zĂ che te ghe seiâ.
TAI â Nulla a che vedere con la Thailandia, col Thai Chi Chuan, con lâOriente. Taglio. âVĂ ra che tĂ i che me som fĂ tâŚmâè scapĂ el cortèl diaolporcoâ. Serve anche per indicare âpezziâ di qualcosa. âTai dela carneâ. âTai del formĂ iâ,âTai del bosch, del fènâ. Conoscere âel tĂ i del prĂ â è invece importante per capire subito come stanno le cose. Prima che lâerba del prato sia stata tagliata. Magari riservando spiacevoli sorprese.
TELARA â dal latino âtalariaâ. Tonaca dei preti. Ma anche e soprattutto tipico capo di abbigliamento di protezione per artigiani (e anche commercianti, specie quelli esposti a polvere, macchie dâolio ecc.). ââsa fat co la telaraâŚ.vara che ancoi lâè festaâ.
TOROBET â Banderuola, chi cambia facilmente idea. I âtorobètiâ erano una volta i burattini usati per divertire i bambini. âTe sei propri ân torobètâŚprima te me disi âna roba, poâ te ân fai nâaltraâ.
VEâ VEâ â Monito. Minaccia. âVĂ ra vèâŚ.che te me crodi zòâ. âVè, vèâŚocio che te me schizi i dèi se te moli da âsta banda el frigoâŚdĂ i che zamai sem ârivai ân zimaâ.
DARSE PACA â PĂ ca stĂ per botta, colpo, percossa. In questo caso però non siamo di fronte ad una sorta di autoflagellazione. Anzi, tutto il contrario dellâatto di umiltĂ . âDarse pĂ caâ vuol dire darsi importanza. Resta sempre la possibilitĂ , una volta vittime della superbia, di darsi veramente una botta in testa per tornare in sĂŠ. Normali insomma.
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GANZEGA â Dal tedesco âganzâ (tutto) â Gran mangiata alla fine di un lavoro, di solito quando è terminata la costruzione di una casa. In cima al tetto si pone di solito anche un abete. E poi via a âganz essenâ, tutto mangiare. A Mori la tradizionale omonima festa. Tradizione che si porta avanti dai tempi della ricostruzione post bellica. âOh, ciama anca i marangoni (falegnami) neh per la ganzega de lĂšni, che se no i ghe nâha a mĂ lâ.
GAZER â Confusione, frastuono. Per estensione anche guaio. âSpero bem de no finir nei gazèri a farte âsto piazèrâŚâ. In italiano troviamo lâequivalente in gazzarra. GNANCA â Nemmeno. âGnancòraâ sta per non ancora. Attenzione allâinfido invito: âGnanca bom deâŚâ. Nasconde tranelli. E comunque di solito mette di fronte a sfide ad altissimo rischio. Meglio rispondere: âMa gnanca se me âl domandi en dinòcioâ, âMa gnanca se te me dai en sach de soldiâŚfalo ti valĂ âŚgnanca bòmâ. MADONEGA â Esclamazione opportunamente storpiata rispetto a quella che potrebbe sfociare, in determinate situazioni, in bestemmia. Câè anche la variante (dal lombardo?): Elamadona⌠âMadònega, che zidÏòs che te sei ancoiâŚâ. MALMARIDADA â Mal maritata. Una volta, prima del divorzio, câera un luogo dove venivano âricoverateâ le donne separate dal marito. Adesso, in tempo di crisi, magari con gli alimenti da pagare e senza casa, sono gli ex mariti, spesso e volentieri, che hanno bisogno di questo tipo di assistenzaâŚâAh no lâha miga trovĂ quel giust, lâè malmaridadaâ. ORBO â Cieco. Precisazione: la benedizione Urbi et Orbi non riguarda Roma e tutti i non vedenti. âBote da orbiâ: furia cieca, colpi alla rinfusa. âVara che la merda che tâhai schizò âl lavrĂŹa vista anca nâorboâŚbasterĂŹa no vardar semper per ariaâ. PEGOLA â Pece. Usata per le imbarcazioni. âEmpegolarseâ: restare invischiato in una situazione negativa, bloccato appunto nella pece. Sta anca per sfortuna. âTe lâavevo dit che quel lĂŹ el porta pègolaâ. STREMIDA â Spavento. âCiapĂ r âna stremĂŹaâ: prendere un grande spavento. Ma anche far paura: âAh, no me som miga fat meter la testa soto i pèÏ, ho tirĂ fòra âl fòcol e gò dat âna stremĂŹa che lâè ancora drio che âl còreâ. NO ARIVARGHE GNANCA CO LA SCALA â Non essere in grado di afferrare un determinato concetto. Non arrivarci. Non cogliere il significato nemmeno con un aiuto. âMa digo, ghe vol la scala per ârivĂ r a capĂŹr che se te buti lâalcol su âl foch co la botiglieta la fiama la te torna endrio e te te brusi?â
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COPIN â Nuca. âScominzia a corre che te ciĂ po per âl copĂŹnâŚâ. Non è il diminutivo di coppo (còp) anche se comunque sta nella parte superiore del capo. âCopĂ râ sta per ammazzare. Magari con un colpo proprio alla nuca⌠Il massimo della confusione: âEl lâha copĂ con ân colp de còp sul copĂŹnâ.
CRIAR â Sgridare. âCrièghe tĂŹ al âbocia che mi go da farâŚâl continua a spuĂ r dapertut i òssi dele zirèseâ. âDa quando el gĂ criĂ quela volta no lâ lo saluda puâ.
DESCOLZ â Scalzo. âân do vat descòlz che lâè tut bagnĂ per tera?â âChe fat descòlz? Se sente odòr de formai strachĂŹm fim zobĂ sâŚâ.
FAR FAZION â Non significa essere faziosi. Anzi, riferito soprattutto a cibi, portare in tavola un piatto che accontenta oltre che il palato anche lâocchio. In generale qualcosa di ben fatto, bello da vedere. âBèl âsto maz de fiori âl fa proprio faziònâ.
FRASAâ â Anche qui attenzione allâanalogia fonetica: non câentra nĂŠ la frase, nĂŠ la parafrasi. Rasente, preciso. âNar frasĂ al murâ: sfiorare il muro.
GAIDA â Grembo. Ma anche lo spazio racchiuso tra i due lembi di un grembiule. âTegnĂŹr en gaidaâ: tenere sulle ginocchia, in grembo. âNa gaida de robaâ: quello che ci può stare in una grembialata. LâAida è unâaltra cosa. NĂŠ qui si fa riferimento ad omosessuali.
GATIZZOLE â Si possono anche fare ai gatti. Con attenzione. Solletico. âGate gate gateâ lâaudio. Mentre con le mani si pizzicano soprattutto le parti sensibili (sotto le ascelle ad esempio). Câè chi le ha (le gatizzole, o meglio ne subisce lâazione) e chi proprio è insensibile. âTanto a mi no te me fai riderâŚâ.
METERSE âN GRINGOLA â Non occorre un costume da cow boy, da Gringo. Meglio il vestito buono, âquel da la festaâ. Attenzione alle malignitĂ se ci si mette in gringola solo raramente: ââsa fat Toni vestĂŹ cosita, vat a sposarte? ân do hat lassĂ la to telara?â
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BATA â Nota marca di calzature? Certo, ma in dialetto trentino significa ovatta, bambagia. âDame en poâ de bata valĂ che te neto co lâacqua osigenada se no te vei nâinfeziomâŚâ. âQuel lĂŹ? Lâè come el vivès nela bĂ ta: na volta, digo na volta che âl se sia dat da farâ.
EMBESSOLON â Anche qui non ci si lasci trarre in inganno: bisce, soloni, embè non câentrano. Trattasi di balbuziente e per estensione anche di fa confusione nel modo di esprimere un concetto. âMama mama ma titi ma titi chichi chiveve chi vegnigni chi vegniresset esset aaa a eee esser?â
CARGA â Carico. Ma anche unitĂ di misura indefinita. âHo ciapĂ âna carga de legnadeâ. âNa carga de fèverâ per dire di un febbricitante. Che quindi âel ghe nâha na cargaâ (è molto ammalato). Ma anche voce del verbo âcargĂ râ. âZĂ che te ghe sei cĂ rgheme su anca la cariola valĂ âŚâ. âQuando te passi da lâasilo carga su anca el me matelòtâ.
CAVAOCI â Non è un orrendo tipo di tortura ma la libellula. Famiglia degli Pseudoneurotteri. In italiano non a caso detto anche Cavalocchio. ââSta tento al cavaoci nehâŚâ, per spaventare i bambini. CosĂŹ come si usava mettere sul chi vive con i pipistrelli: âVara che i te se taca ai cavei e no tei tiri pu viaâŚâ.
CEREGOT â Chierichetto. Forse dalla cera che inevitabilmente cola dai ceri tenuti in mano durante le cerimonie religiose. O dalla cerega, pelatina a cerchio sulla testa dei fraticelli. âChe bel che te sei vestĂŹ da ceregòtâŚno te pari quel canaia che me fa semper ânrabiar a cĂ â.
CHIVE â Qui, proprio qui. Live (lĂŹ). âTâho dit de darghe su la vernĂŹs sol da chive a live oscia, no dapertutâ. âChive lâè el mè e live lâè âl tòâ.
DESMISSIAâ â Sveglio. âDesmissiarse forâ, svegliarsi. âDesmĂŹssiete che lâè ora âcramentoâ. âAh no âl gĂ mes tant a desmissiĂ rseâŚse no âl durèva miga tant en mez a quele volpâ.
ZACH E TACH â Detto e fatto. Proprio come la velocitĂ con la quale si pronunciano questi termini. âAh te dovevi veder come i ha fat i pompieri a averzerme la portaâŚzach e tach. PecĂ che dopo ho trovĂ le ciavi: le gavevo en scarsela osciaâ.
NAR A PROVEDER â Andare a fare la spesa. Cioè provvedere alle necessitĂ giornaliere. Soprattutto quelle alimentari. âGhela la Maria? No, lâè nada a provèder. La sarĂ chi che la vei de volta zamaiâŚâ.
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ELLA PEPA â La pepa è la scarpa. Di solito si usa con i bambini: âânzòlete bem le pepe me racomando, come i tâha ânsegnĂ a lâasiloâ. Ella pepa è unâesclamazione. Non significa âche scarpaâ. In ogni caso sorpresa, meraviglia. Certo, potrebbe anche capitare di trovarsi di fronte ad una scarpa di cristallo persa da qualche CenerentolaâŚ.ma meglio sarebbe trovare per strada un rotolo di banconote. Col quale, semmai, comprarsi un bel paio di scarpe.
FUMINANTI â Zolfanelli. Quando si accendono liberano anche fumo e odore acre di zolfo. Non sono âruminantiâ cioè meglio non usarli come stuzzicadenti. Prima del barbecue: âOscia ho desmentegĂ i fuminantiâŚgĂ t nâaccendiĂŹm? No, ho âpena smess de fumarâŚâ
CARNE GREVA (o GREVADA) â Non è un particolare taglio da richiedere al macellaio. Si tratta di membra indolenzite, grande stanchezza. Grevare da gravare, quindi appesantire. âIeri son nĂ a torme i zigareti a pè, e difati ancoi gò la carne greva ale gambe. â Ma se âl tabachim lâè tacĂ a tò cĂ daiâŚâ.
PAPIN â Nulla a che vedere col famoso giocatore di calcio. Schiaffo, sberla, ceffone. Inferto col palmo della mano aperta. Interessante lâorigine del termine. Pappini erano a Firenze gli assistenti degli ammalati. Scoppiò una rissa eâŚ.vinsero gli ammalati proprio a suon di sberloni. âTe mòlo ân papĂŹn che te fago far do volte el giro del SassâŚâ.
ANCOI â Dal barbarico âhanc hodieâ. Oggi. âNo conta morir ancoi o morir doman: basta esserghe passandomanâ.
PISTOR â Non è il pastore ma il fornaio. E anche soprannome diffuso nei paesi trentini per indicare chi per la veritĂ faceva il panettiere. âEl Giani Pistòrâ. CosĂŹ come si definisce âpastinaâ chi fa o faceva il pasticciere.
LA BOTEGA LA DIS: TENDEME O VENDEME â Un poâ come lâocchio del padrone ingrassa il cavallo. Chi fa da sĂŠ fa per tre. âAh, quando ghè lĂš drio el banch i gira tuti come i guindoiâŚâ.
MEIO PRIM A SO CAâ CHE ULTIM âN ZITAâ â Questione di potere. Anche se non sempre a livello locale o famigliare si conta di piĂš che in altri luoghi. âLa sposa la gĂ dit: ah zamai me som rangiada, se te speto tiâŚma tanto no sarĂŹa cambia gnentâ.
Conosser â lâenciclopedia per capir i trentini – 36
SCHIZZAR â Schiacciare. Per schizzare, far âschĂŹziâ occorre schizzĂ r qualcosa che contenga liquido. Meglio non farlo dopo aver magari finito di imbiancare. âMa quante volte devo dĂŹrtel che el tubèt del dentifricio el vĂ schizĂ a partir da zo ân font e nò su ân zĂŹmaâŚâ.
SCIAP â stuolo, stormo, anche sciame (âân sciĂ p de afâ). Mettendo insieme tanti âsciĂ piâ di qualsiasi cosa, a casa, vien fuori ââna sciapotĂ daâ. E si verrĂ bollati: âTe sei propri ân sciapotòmâ.
SCHEI âcentesimo, centesima parte della vecchia lira austriaca. Era in rame. In realtĂ viene da âTodeschèiâ, perchĂŠ prima câerano i centesimi francesi (centèsem). Poi via gli austriaci sono rimasti i (pochi anche allora) schèi. Soprattutto in Veneto. âAh te poi tegnirtela âsta motosega, te voi massa schèiâŚâ.
SBAILAR â Non câentra il ballo (vamos a bailarâŚ.) e nemmeno lo sballo (rave e dintorni). Il verbo viene da âbaĂŹlâ, badile. Quindi si riferisce al lavoro fatto con questo attrezzo, di solito abbinato al âpicâ (piccone) nellâazione edile: pic e bailâ. âBaĂŹlaâ invece è la vanga. La bĂ ila è la baglia e non va assolutamente bene per rivoltare la terra nellâorto. La sbailĂ da è anche unâunitĂ di misura. âBĂšteghe sòra do sbailĂ de de cemento che poâ ghe penso mĂŹ a tirarlo de fimâ.
SBISEGAR â Frugare. Richiama â nel suono â lâoperazione necessaria per tirar fuori i fagiolini (bĂŹsi) dai baccelli. Insomma metter le mani in qualcosa alla ricerca di qualcosâaltro. O per semplice bricolage. âEl Gino? Ah el sarĂ zò che âl sbĂŹsega drio ala so bici en cantinaâ.
MERDA GRANDA PANZA TESA â Giudizio formulato â come nei bilanci finanziari â in base allâuscita. Che si presume sia equivalente allâentrata. Insomma chi produce enormi quantitĂ di rifiuti prima deve pur aver avuto modo di acquistare materia prima, poi trattata, rielaborata. âOh, lâè do ore che lâè denter nel cessoâŚmi ciamo i pompieriâ.
LâEâ lâULTIM BICER CHE FA FAR LA BALA â GiĂ , perchĂŠ fino ad allora, fino allâultimo bicchiere ingurgitato al banco del bar, in piedi, pronto per uscire, il soggetto dichiarerĂ â dopo â stava benissimo. Altra giustificazione: âMe sa che lâè stĂ quel limonzĂŹm a misciarme el stòmechâŚ. â Ma valĂ che lâera da do ore che tâeri zĂ ont e bisontâ.
DOPO I CONFETI VEM I DIFETI â Prodromo di una separazione, di un divorzio? Fine della luna di miele? Di sicuro una visione pessimistica del matrimonio praticamente subito dopo il classico taglio della torta nuziale. âMI però ghe lâavevo semper dit ala Rita che el Marco no lâera lâom giust per elaâŚmassa farfalòmâ.
FAT EL LET E SPAZAâ SE LA FAMEA LâEI PORETA NISUN EL SA â Un poâ come buttare la polvere sotto il tappeto per dare lâidea di pulizia. Ma anche, al contrario, la dignitĂ di chi, pur non potendo permettersi tanti lussi, tiene comunque a posto la propria casa. La ricchezza in questo caso è chiaramente unâaltra. âOh, te poi nar a trovarli a qualsiasi ora de la giornada, en cafè, en bicier i te lo ofre semper. E miga en chichere o bicieri sbecĂ iâŚâ.
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âORCODIZERE â Dir qualcosa da orco? No. Eâ chiaramente una composizione, una compressione, di termini che ha un solo scopo nellâapparente insignificato: evitare una bestemmia facilmente intuibile. Come il moderno âDio campingâ. O il nostro diaolporco. O il pudico âVaffanbrodoâ.
ENCALMAR â Nessuna azione volta a calmare animi evemntualmente esagitati. Parliamo di innesti. Non delle marce. Ma di specie vegetali. Encalmador quindi non è un operatore dellâOnu ma proprio lâesperto in queste operazioni. âQuandâelo che te vegni zò a âencalmarme el zireser?)
ENFRIZZAâ â Frizzi e lazzi? Non câentrano. CosĂŹ come è da escludere la conseguenza (per chi non ha adeguato abbigliamento) dellâaria frizzantina della mattina. Infilzato. Da freccia nei film western. Da oggetto particolarmente pungente sul posto di lavoro. (Vara mò se te riessi a trovar la spinaâŚme som enfrizzĂ la mam a poar le rose âcramento).
GOMITAR â Sgomitare per farsi largo tra la folla? Può anche darsi. Prima però di vomitare. PerchĂŠ questo è il vero significato di questo verbo. Classica battuta: âChielo che buta zo? Ah, scusa, som mi che gomito suâ
SPOSE ZOVENE, CORNI E CROS, SPOSE VECIE PETI E TOS â La vita coniugale da un punto di vista decisamente opinabile. Laddove insomma la sposa giovane e bella potrebbe tradire facilmente il marito, mentre quella piĂš avanti negli anni sarebbe prematuramente da ospizio. Eâ comunque un detto popolare pre-femminismo. Forse adesso bisognerebbe invertire i ruoli. Con mariti giovani in giro la sera per il calcetto e quelli oltre i cinquanta con i primi acciacchi da eccesso di fumo ed alcol. âAh, zamai me marĂŹ el gĂ el mal de lâagnèlâŚâ.
PRIMA DE DIR MAL BISOGN VARDARSE ZO DAL SO GROMBIAL â Un poâ âscagli la prima pietra chi è senza peccatoâ. PerchĂŠ il proprio grembiule â inteso come coscienza â potrebbe essere veramente piĂš sporco di quello indossato dallâoggetto della maldicenza.
SASS CHE RUDOLA NO FA MUSCIO â Eh giĂ , non può attecchire, magari avere oltre che il muschio anche un fiore, un posto solido. Come è difficile metter su famiglia se si è sempre ovunque, sempre in moto. âVara, la me fa propri pecĂ la Giulia, con quel moròs semper en giro per el mondoâŚlâè zamai dese ani che i se parlaâ.
VAL PU âN MOCOL DAVANTI CHE NA TORZA DE DREâ â Evidente lâutilitĂ di una luce – sia pure meno potente â davanti che una torcia dietro. Non fossâaltro per evitare di ustionarsi il sedere. Vale anche per chi si fida troppo di quello che alle spalle. âScolta ma se enveze che nar envanti a âmpizar cerini te te compressi âna bela pila dai cinesi?â
LâAMOR NO LâEâ PATATE ROSTIDE â Lâamore non è un contorno. Anzi, presuppone impegno, serietĂ , lealtĂ . Attenzione: non è però nemmeno una tagliata di manzo o uno stinco al forno. âMe portela anca en quartin de rosso de la casa? A forza de parlar de veci proverbi trentini mâè vegnĂš sĂŠâ.
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PUâ PREST CHE âN PRESSA â Massima accelerazione. PiĂš veloce della luce. Con tanta fretta, frenesia. Precisa indicazione sui tempi di consegna: âEl me serviria pĂšnprèst che ân prèssaâŚanzi te dirò de pĂš, el me servirĂŹa per algieriâŚâ
NAR A VOLT â Non vuol dire andare in cantina o comunque sotto i volti. Ma cadere. Allâimprovviso o dopo una serie di sbandamenti. Si dice di persona (Oh, lâè vegnĂš for dal bar e de colp lâè nĂ a voltâŚper fortuna no âl sâè fat squasi gnent). Di oggetto (Ghe lâavevo dit de darghe en ligĂ mâŚ.lâha fat la curva e tute l fèm lâè nĂ a volt).
SBREGARSE EL CUL â Letteralmente: strapparsi il sedere. In realtĂ sta per ritrosia nel fare qualcosa. Soprattutto nelle donazioni. (Tei, al matrimoni nela busta el mâha mès denter nâeuro e vinti centesimiâŚel sâha propri sbregĂ âl cul).
STOFEGAR NA VAL DE RUGANTI â Per soffocare unâintera vallata occupata da maiali ce ne vuole. Insomma qui il termine di paragone è la puzza. Ma si usa anche nei confronti di logorroici. (No âl la finiva pĂš de parlĂ râŚlâavria stofegĂ na val de ruganti).
NO ESSER FARINA DA FAR OSTIE â Di indole tuttâaltro che buona. Di certo non adatta appunto a fare ostie per la santa comunione. Avere qualche cosa, nel presente ma anche nel passato, che inficia inevitabilmente questa âtrasformazioneâ dal profano al sacro.
LA VA DE BALINAZI â Va di pallettoni. Non solo a caccia. Va malissimo. Fischiano pallottole. Il clima è teso. (Som nĂ denter a lâasemblea del condominio e ho capĂŹ subit che la neva de balinaziâŚ.)
EH MOSTRO â Esclamazione che nulla ha a che vedere con incontri del terzo tipo. NĂŠ con avvistamenti di orrende creature. Vuol dire: âMa daiâŚâ Oppure: âSul serio?â. âEh mostro, propri cosĂŹ el tâha dit?â
ESSER EN SECIER â Essere un lavello. Si usa soprattutto per chi non ha problemi a bere, bere, bereâŚ.di solito non acqua. (âElamadona te sei propri ân secièrâŚtâha zĂ finĂŹ do bire medie entant che som drio ancora a la me bira picolaâŚ)
FORA COME âN PONTESEL â Fuori di testa. A sbalzo. Proprio come un balcone. Esposto alle intemperie e alle paturnie. (Te zachi anca i sgussi dei pistachi? Ma ti te sei fora come ân pontesèl)
TUTI BEM, TUTI FOR DAL LET? â State tutti bene? Nel senso che se si è in piedi, fuori dal letto, si presume che siano tutti in buona salute. Può succedere di essere smentiti però dai fatti: âSĂŹ, però âl bocia lâè sul canapè che âl varda la televisiomâŚel gĂ zamai oto linee de fèver, ho âpena ciamĂ âl dotòrâ
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FIZZA â Piega. Del vestito (ââsa hat fat su de lĂ col to putèl che te gâhai la vesta piena de fizzeâŚâ). Della faccia, rughe (Zerto che te sei ben tut enfizĂ âŚte gai anca le zate de galina vizim ai oci). Di altri oggetti che possono essere alterati (Chielo che mâha ânfizzĂ ân sta maniera el giornale âpena comprĂ ?).
FARSE âNA GHEBA â Fumare. Gheba in realtĂ vuol dire nebbia. Quindi per estensione anche fumo. âEsser ân ghebòmâ: un fumatore incallito. âOscia che gheba che ghèâŚ.averzè le finestre almem quando fumèâ. Resta anche per nebbia: âDa Verona a TrentâŚâna gheba che te la taievi col sarlĂ t).
MACIA â Macchia. âMaciòmâ, grande macchia. Sta anche per luogo dove di solito si trovano, sempre, tanti funghi. Ovviamente nessuno rivelerĂ mai ad altri il segreto. âMassĂŹ vegno a dirtelo a tĂŹ dove lâè la me macia de brise soto VèlâŚâ.
SANGIOT â Non sta per San Giotto. Singhiozzo. ââsa gat? Gò âl sanâŚsanâŚgiòtâŚ.giòt osciaâ. Diffidare delle cure drastiche. âVei chi che te dago âna paca sula schènaâŚ.â. Meglio il classico bicchiere dâacqua. Trattenendo il respiro. Non per sempreâŚ
SGHIRAMELA â Non è come si potrebbe pensare un sistema, magari tipico della Val di Non, per âgirareâ le mele prima di inserirle nella confezione. Sta per capriola, capitombolo. ââTento a far le sghiramèle che âsto prĂ le pièm de boazze (vedi voce seguente)â
BOAZZA â Sterco di bue (da bò e âazz, esclamazione tipica di quando lo si pesta). Ma anche di vacca. Lâodore è lo stesso. La forma (sorta di focaccia scura con contorni frastagliati) pure. Difficile scorgerla se nel frattempo lâerba è cresciuta. Anche perchĂŠ tende a mimetizzarsi nel terreno. Ottima come concime (vedi voce seguente).
BUSA DELA GRASSA â Vasca dove sono conferiti liquami della stalla e ovviamente anche le boazze (vedi voce sopra). Una sorta di antesignana raccolta dellâumido collocata di solito allâinterno della proprietĂ dellâallevatore. Finirci dentro implica â a parte la situazione decisamente schifosa â almeno una decina di docce per poter tornare a frequentare i propri simili.
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 DESGOSAR â Anche in questo caso non bisogna affidarsi a quello che potrebbe essere un significato alla lettera. Non si tratta di smettere di âgosĂ râ, di gridare. O di abbassare comunque il tono della voce. Anche perchĂŠ âengosĂ â sta per ingozzato. Quindi troppo pieno. Quindi ancora intasato. O dal troppo cibo ingurgitato. Oppure dal solito pannolino finito nel water. Ecco allora che â se la situazione non si risolve con il famoso idraulico liquido â bisogna far intervenire lâidraulico solido, quello in carne ed ossa. Se non addirittura una ditta specializzata in spurghi. âLa prosima volta se trovo quel che ha engosĂ el cessoâŚel metò denter co la testa ân zò e âl dropo come âspirapolverâ.
BALOT â Sasso. Le dimensioni sono fissate da accrescitivi o diminutivi: balotòn, balotĂŹn. Diverso invece âbalaâ. Ubriachura. âHo fĂ t ân balòm che me pareva dâaverghe adòs tute le simie de lâAfrica, diaolporcoâŚâ. âBalaâ sta anche per menzogna, bugia. E per palla. âDĂ la quela bala, dĂ la quela balaâŚte me fai propri nar zò le baleâŚe dala quela bala, no âl vedit el to compagn libero? Credit de esser Balotelli?â
EN SENTON â Seduto. Si usa anche per i progressi del neonato. âAh no âl va pu a gatòm sat, adès âl se mete anche ân sentònâ. Diffidare di chi ci accoglie in una casa dove è in corso un trasloco e dice: âSèntete pur dove te voiâŚâ E non câè nemmeno uno scatolone dove appoggiare il sedere.
GIARA â Ghiaia. Per distinguerla dal pirandelliano contenitore di olio si può usare anche âgieraâ. âGierĂŹnâ invece è il ghiaino. Frequente nei viali dei cimiteri. âân do sèt stĂ che te mâhai portĂ denter en casa en sach de gierĂŹn co le scarpeâŚe netarle per tera davanti ala porta prima no ah?â
RUZEN â Arrugginito. DĂ anche lâidea, nel suono sâintende, di rozzo, grezzo. âMa no vèdit che quel cortèl lâè rĂšzen? Vot taiar la luganega con quel e ciaparte su el tetano?â Poi lâalibi â falso â di chi fa abuso di alcol. âLâacqua la smarzĂŹs i canĂ i e la ânruzenĂŹs el fèrâ.
SCORLAR NEL MANECH â Essere matto. Tocco. Come se il cervello insomma avesse pochi neuroni e quindi troppo spazio nella scatola cranica. Si usa dare una spiegazione al fatto: âLâè stĂ nmanegĂ vèrtâ. Riferito al manico di un attrezzo in ferro. PerchĂŠ è stato utilizzato un tipo di legno non ben stagionato. Magari appena tagliato. Che seccandosi, diminuisce di volume e quindi appuntoâŚ
BELA BRAURA SPUZAR CO LE BRAGHE PIENE â Va da sĂŠ che in questo caso non si fa riferimento a soldi nelle tasche. Anche perchĂŠ pecunia non olet, il denaro non puzza. Quando si gioca a carte questo è un modo per sfottere chi ha vinto facile avendo in mano tutte le carte buone. Dato e non concesso che non ne abbia nascosto qualcuna nei pantaloni.
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REBUF â Non è un re buffo. Diciamo che si tratta di capelli scompigliati. Difficile peraltro, con le acconciature di moda adesso, fare questo tipo di distinzione. ââSa hat fat stanot che te sei tut rebĂšf?â Tipico del gatto quando è arruffato (non si dice rubuffato).
DOIA â Doglia. Dolore. Ma nel dialetto trentino ci si riferisce di solito a polmonite. âVei denter valĂ che co âsto frèt, en maneghe corte, te te ciapi su âna doiaâŚâ.
NEâ TREâ NEâ SEI â Modello matematico che esclude quasi tutte le probabilitĂ . In pratica lâannullamento a priori di qualsiasi teoria, ipotesi, causa. âLâè vegnĂš lĂŹ e senza dir nĂŠ tre nĂŠ sei el mâha molĂ ân scopelòmâ.
TE DEVI MAGNARNE ANCOR POLENTA â Rivolto a giovani che evidentemente devono ancora maturare esperienza. Frase che si presta nellâepoca moderna anche a contestazioni: âVa bèm, ma no voi miga ârivĂ r ai to passi che zamai te gai la pelagraâŚâ.
BIS DEL LUFAM â Mostro mitologico. Che avrebbe terrorizzato le popolazioni di Linfano, striscia di terra del comune di Arco che arriva fino al lago di Arco, ad est del Monte Brione. Una sorta di drago cinese. Avvolto nel mistero. Come lo storione gigante che sarebbe stato avvistato di recente nel lago di Garda. âCoselo che tâhai vist? âsĂŹ grant e lonch? SarĂ stĂ el bis del LufĂ mâŚâ
GNECH â Molliccio. Gracile. Quasi schifoso al tatto. Come quando si prende in mano una medusa per capirci. Attenzione a non usarlo per definire gnocchi troppo cotti: âLâè gnech âsto gnòch, massa gnèchâŚquant lâhat lassĂ nĂ r ne lâacqua sul foch?â
STRUCA STRUCA⌠– Stringi stringi. Invito alla sintesi. Anche: âTaia valĂ âŚâ. Oppure: âPrediche corte e luganeghe longheâ. Anche una sorta di consuntivo. Veloce. Drastico. Col quale di solito si definisce lâinconcludenza di una lunga conversazione.
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âSTI ANI ANTICHI, QUANDO I COPEVA I PIOCI COI PICHI â I casi sono due: o nellâantichitĂ le pulci erano molto piĂš grosse di quelle attuali. Oppure chi usava il piccone aveva grande abilitĂ e soprattutto una buona mira. In ogni caso adesso ci sono altri sistemi per liberarsi di questi fastidiosi parassiti. E non è il caso di ricorrere a questi arcaici metodi soprattutto quando le pulci sono nei capelli.
NAR CHE NARE â Doppia velocitĂ . Andale andale, come diceva un noto personaggio dei cartoni animati (Speedy Gonzales). âNar che nare se no caro mio no ârivem en temp al matrimoniâŚâ. Anche: âVara che nar che nareâŚte verai che el passa via anca el Checo Moserâ.
SCHENA DRITA â A differenza della italica âschiena drittaâ qui si parla di inazione. Cioè proprio il dolce far niente, star lĂŹ in piedi indifferente al lavoro da fare. Insomma, non è che quella posizione costituisca unâautonomia di pensiero da gruppi di pressione. Tuttâaltro. Proprio non câèalcuna reazione di fronte ad alcun invito a fare una mano.
TANANAI â Incrocio â anche fonetico â tra canaglia e tenaglia. Laddove la tenaglia serve per stringere al collo la persona che di solito si fida del tananai. Si usa anche in tono scherzoso: âTe sei propri en tananaiâ. Ma meglio dare del âtananaiâ a chi non sa proprio cosa vuol dire.
ESSER EN PANZA â Nel grembo, sotto tutela. Sotto lâala protettrice di qualcuno. Tipico in una famiglia numerosa. Laddove magari il figlio piĂš piccolo âlâè ân panza ala mamaâ. Non solo in senso figurato se si tratta di ultimogenito partorito a tarda etĂ . âQuel lĂŹ? No âl fa gnent. Ma lâè ân panza al diretòrâ.
METER SU DA LAVAR ZO â Ammassare i piatti e le posate prima di lavarli. Un su e giĂš che poi continua nella fase del risciacquo prima di asciugare il tutto. Anche se câè la lavastoviglie bisogna comunque prima accatastare piatti e padelle sporche da qualche parte. Per lâinevitabile operazione preliminare. âMeti su da lavar zo e taca via che dopo semai te dago na mamâŚâ.
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SVERGOL â Storto, sghembo. Praticamente curvo come una sorta di âvirgolaâ tuttâaltro che regolare. Eâ anche il risultato di azione violenta: âAh ma ghe nâho dat tante che poâ lâè nĂ via svèrgolâ. O di attacco verbale: âDopo tute quel che el sâha sentĂŹ lâèra zamai svèrgolâ.
BINDELA â Nessun riferimento alla sequela Bin Laden. NĂŠ a maggior ragione al compianto Mandela. Macchina per tagliare il legname. Detta anche âcircolareâ. Può essere su piano o con lama che circola in verticale lungo supporti a forma circolare, allungata però a forma di uovo. Bisogna fare sempre attenzione al pezzo di legno che dovesse incastrarsi nella lama: mai forzarne il taglio. âTe sâè rot la motosega? Portème su quei travi da mĂŹ che dropèm la bindèlaâŚâ.
VERGOT â Qualcosa. Non deriva da very good. Anche perchĂŠ tra lâaltro non è detto che sia sempre un qualcosa di positivo. VergĂšm invece sta per qualcuno. Non di gomma.Ma in carne ed ossa. âHĂ t trovĂ vergĂšm alora che vegna a âiurane per le vandema?â â âGĂ t vergòt per farme digerir el smacafĂ m?â
SOM CIAPAâ â Sono preso da un impegno, da un lavoro. Prigioniero dello stress. Frequente: âSom ciapĂ fim sòra i cavèiâŚvei nâaltra volta valĂ â. âI lâha ciapĂ â: nel ciclismo quando il gruppo riprende il fuggitivo. In giudiziaria: arresto di un latitante. âMâavè propri ciapĂ stavoltaâ: riconoscimento, da parte dellâevaso, della brillante operazione delle forze dellâordine. âCiĂ pa e porta a cĂ â: prendi e va via prima che ci ripensi. ââtaliani ciapai col sciòpâ: lâirrisolta questione della toponomastica altoatesina.
LECHET â Vizio. Compulsione. Tipo lecca lecca. E non si riesce a smettere. âZamĂ i lâha ciapĂ el lechèt de vegnir semper chi a farse ofrir el cafèâŚ.ma quel lĂŹ galò na casa, na famèa?â. Anche passione: âEl gĂ el lechèt per la chitaraâŚma oscia, sonar a lâuna de not noâŚâ.
BEM BEM â Atto consolatorio (ebbene, suvvia). Chiusura di una conversazione (Bem bem dai che devo nar a meter su zena). Anche: âTutmĂ lâ. Per nonostante tutto. Non si dice mai âtutbèmâ, chissĂ perchĂŠ questa carenza nel lessico trentino.
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NO ESSER SU LA SOA â Non star bene. Non essere a posto, in diretto contatto col proprio interiore. O â nel caso di mal di pancia â con le proprieâŚ.interiora. âAh, ancoi no sòm su la miaâŚâ. Si usa anche: âNo esser per la qualeâ (cfr la famosa canzone del varietĂ del sabato: per cui la quale, cicale, cicale, cicale).
PERO DA DRENA â Personaggio che â dicono â è realmente esistito. Usato come minaccia (Vara che se vei zò el Pero da DrenaâŚ). O paragone: Ma chi credit de esser, el Pero da Drena?
SCORLANDON â Bighellone. Chi va in giro con le mani a penzoloni. Senza mèta. Senza precisi impegni. Insomma senza fare alcunchè di utile. E a mani vuote che, ruotando attorno al corpo come pale di mulino, indicano anche la nullatenenza. âE laorar enveze che nar tut el dĂŹ a scorlandòn?â
SOMENA SBANZEGHE â La sbĂ nzega era la moneta dâargento di alcuni stati europei, soprattutto di area linguistica tedesca: Austria, Germania, Svizzera. In tedesco infatti si dice Zwanziger. Si dice di chi in realrĂ e un avaro. Tuttâaltro che disposto insomma a seminare per strada i propri soldi.
MOLAR âN GAROFOL â Dare un pugno. Richiama la âformaâ del garofano meglio se con i petali ancora chiusi. Non è, nel modo piĂš assoluto, come ricevere un fiore. âVòt nâaltro garofòl o te ba sta questo?â
METO ZO â Chiusura di una conversazione telefonica in uso soprattutto quando non câerano nĂŠ i telefonini, nĂŠ i cordless. E magari lâimpianto fisso â solitamente attaccato al muro â era in duplex, cioè in comune con altri utenti. âSĂŹ ho capĂŹ oscia, meto zòâŚelamadona la pago anca mi la bolètaâ.
NAS LEVAâ â Non câentra il nucleo antisofisticazioni dei carabinieri. Parliamo di naso rivolto allâinsĂš. Quindi in senso figurato e non generalizzato sâintende, di schizzinoso. âQuel lĂŹ? El gĂ semper el nas levĂ âŚlĂ sselo nel so brodoâŚâ.
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RAIS â Non è un capo, un dittatore arabo. Si tratta delle radici. Non solo di alberi, di ortaggi, ma anche per estensione di una comunitĂ : tradizioni, usi, costumi. Il dialetto trentino appunto. âTâavevo dit de tòr su do foie de âsalata, no de cavarghe le raĂŹsâŚche ades no buta pu gnentâ.
PETOLA â A differenza del peto (pèt) non è gassosa ma solida, sia pure di ridotte dimensioni: è la caccola insomma. Quella che si dovrebbe tirar fuori dal naso con un fazzoletto. (Hat finĂŹ de tirarte via le petòle dal nĂ s? Hat finĂŹ i scavi?â). Dicesi anche di âintoppiâ nei fili di lana. Si definisce âpètolaâ chi tende a rallentare il lavoro, magari in nome del perfezionismo. Ma senza risultati migliori: VaĂ , valĂ pètola che a âstoria mi avria zamai finĂŹâ.
ZENZIVE â Gengive. Verrebbe da pensare che la âzetaâ abbia, in dialetto, sostiotuito la âgâ dopo un problema al cavo orale. Non serve in questi casi âel slavadèntâ (manrovescio). Anzi, peggiora le cose.
STIZA â Stizza? Nervoso? Situazione di insofferenza? No, sta per âmettere legna sul fuocoâ. Meglio, âstiza daĂŹ, meteghe do stèle (pezzi di legno) nela fornela se te voi far âsta benedeta polentaâ.
TIRA PUâ âN PEL DE ⌠CHE EN CAR DE BOI â Lasciamo ovviamente allâimmaginazione, alle fantasie (sessuali) completare la frase nella parte in sospeso. Di solito si dice di uomini ai quali lâamore, lâattrazione (meglio questo termine⌠attrarreâŚ.tirare a sĂŠ) fa fare di tutto. PiĂš degli animali da tiro (Boveâs Power?). Che però possono avere comunque la meglioâŚ.dopo. Soprattutto se il paragone si sposta sulle corna.
AUF CHE LâEâ MORGHEN â Dal tedesco, ovviamente. âSu che è giĂ domaniâŚâ. Tipica sveglia trentina. Non sempre gradita. Da non dire a chi di cognome fa proprio Morghen: sarebbe come dire: svegliati che sei Rossi, svegliati che sei Bianchiâ.
A LâAUGEN â Altra derivazione dal tedesco. Traducibile con âattenzione, occhioâ. Ocio al cagn che ho butĂ âpena fora el diserbanteâ. Sotto naja, negli anni settanta (e anche prima) metteva sul chi va lĂ le reclute sistematicamente vittime del nonnismo. A lâaugenâŚ.che se no trovo el cubo fat come se deveâŚâ.
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FOCOL â Non ha niente a che vedere con il fuoco. Si tratta infatti della roncola. Era frequente un tempo vedere agricoltori andare a piedi verso le loro campagne con il fòcol attaccato alla cintura. Un poâ come lâartigiano. Che ha sempre con sĂŠ il metro, la cassetta degli attrezzi. E il medico con lo stetoscopio attorno al collo. Va da sĂŠ che adesso andare in giro âarmatiâ in quella maniera potrebbe comportare dei guai. âLâè stĂ fat col fòcolâ: lavoro eseguito in modo grossolano.
RANTEGA â Raucedine. Basta in fondo dire âgò la rĂ ntegaâ per far capire immediatamente, foneticamente quale problema si ha alla gola. Inevitabile il consiglio: âTòte zò en cuciĂ r de mèlâ.
SGUAZERA â Contenitore delle immondizie. Dove si può âsgĂšarâ (svuotare) il rifiuto domestico. âân do hat mès quela carta del dotòr? No te lâavrai miga butada nela sguzèraâŚâ
QUADREL â Altro termine che può trarre in inganno se tradotto alla lettera. Non è un piccolo quadro ma il mattone. âAlòra me portĂŹt su âsti quadrèi o stènte chĂŹ a vardarne tuta la giornada?â.
EN MIGOL â Un poâ. MĂŹgola sta per briciola. Migolòta è proprio una briciola piccola. MigolĂŹn è meno di mĂŹgol quindi proprio poco. âDame ân mĂŹgol de farinaâŚmĂ ssa osciaâŚâ. Come parametro, sempre per definire una minima quantitĂ , va bene anche âân pèlâ. âDĂ me ân pel de zĂšcherâŚ.mĂ ssa osciaâŚâ.
âSA EL? â Nulla a che fare con venti sahariani. Cosâè? Anche: ââsa èlo?â. Diverso da âchi elo?â riferito a persona. ââsa elo? No, scĂšseme, âdès te me spieghi cossa che lâè sto cosoâŚtâavèvo dit che me serviva ân martèlâ.
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LâEâ DOLZ DE SAL â Si usa per dire che a qualcosa (pietanza) o qualcuno (in testa) manca sale. PerchĂŠ è ovvio che la carenza di cloruro di sodio sposta â chimicamente â la bilancia verso lo zucchero. O comunque verso sapori anomali: âNo lâsa de gnent, lâè dolz de salâ.
TE SEI NâARGAGN â Cosâè lâargagn? Sta per arnese, congegno, ma anche per mobile in disuso. Dicesi di persona che si lascia andare, una macchietta, un qualcosa insomma che assomiglia ad un oggetto non ben definito. Uguale: âTe sei nâarticolâ.
ZIDIOS â Rende molto bene lâidea di un tipo stizzoso. Non si usa solo per i bambini. Si associa a serpenti velenosi (Zidiòs come ân biss). O alla conseguenza di una patologia (El gĂ la fèver, lâè zidiòs e âl zavĂ ria: ha la febbre è nervoso e straparla).
BLAGA â Si dice di chi si vanta oltremodo. Sbruffone. Dal verbo blagĂ r, cioè esagerare. âVara, vara, âriva el solito blĂ ga co la giaca firmĂ daâŚma se lâho vist che al mercĂ i la vende per vinti euriâŚâ.
CUL PORTA BOTA â Diagnosi (e prognosi) di una forte contusione sui glutei. Si usa per sdrammatizzare, per non destare preoccupazione in chi magari, per colpa di quella botta, si è procurato in realtĂ la frattura del coccige. Il fatto che il sedere sia âin carneâ può certamente aiutare ad assorbire i colpi. Dipende però dalla dinamica e dalla entitĂ della lesione (cfr caduta su un cespuglio di rovi, sullo spigolo di un muretto, ecc.).
LADRO â In effetti si tratta proprio dello strumento usato per rubare qualcosa da una parte. In questo caso il vino da una botte. Per effetto dei famosi vasi comunicanti questo tubo di gomma, aspirato fino a sentire il vino in bocca, serve per riempire, in cantina, le bottiglie. âMe par che te ciuci massa con quel ladroâŚâ.
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EMBIBIAR SU UN â Non è escluso, anzi, quasi sicuro, che il verbo derivi da Bibbia. In pratica si tratta di raccontarla cosĂŹ bene da essere creduti. Quindi abbindolare qualcuno, facendogli passare per somma veritĂ quello che di veritĂ ha solo lâapparente, forbito, modo di essere illustrato. Attenti a non sbagliare però i numeri dei salmi, pardon, a non contraddirvi. La reazione: âAh te volevi embibiarmeâŚma vĂ a contarghe le to monae a qualchedun alter valĂ â.
FARGHE LA PONTA I BIGOI â Lavorare di fino, troppo di fino. E per scopi quantomeno dubbi quanto ad utilitĂ pratica. PerchĂŠ lavorare uno per uno lo spaghetto col coltellino per fare a ciascuno la punta oltre che essere impresa laboriosa alla fin fine appunto non è che compensi la mancanza di ruvidezza della pasta e il suo âincontroâ con il ragĂš. âDai oscia no sta a farghe la ponta ai bigoiâŚdame na mam a spostar âsta credenza enveze che lâè zĂ mezdĂŹâ.
AVERGHE EL MAGON â Angoscia. Magen in tedesco vuol dire stomaco. Di qui qualcosa che colpisce direttamente lâinteriore. Non solo in senso figurato. PerchĂŠ di solito un grande dispiacere fa venir mal di pancia. Depressione. Stato psicofisico negativo. âMe vei ancora el magon sol a pensargheâŚportarme via la macchina, scassarmela e robarme el Cd dei PoohâŚâ.
âN PIATIM DE AFARI TOI â Non si trova sui menĂš. Eâ invece il chiaro invito â a chi viola la privacy â a farsi gli affari suoi. Non induca in errore il diminutivo (piattino). Si usa far riferimento al contenutore piĂš piccolo proprio per sottolineare il divario tra la violazione subita e quella che succederebbe allâaltro in caso contrario. âOgni tant, magari, pensar a le âso miserie ahâŚ.â.
PARLA COME TE MAGNI â Ci si rivolge cosĂŹ a chi pur avendo grandi problemi a parlare correttamente in italiano cerca di sopprimere â con effetti ilari  a volte â il proprio dialetto. Un poâ come chi al pranzo di matrimonio ad esempio si trova in difficoltĂ con le varie posate. Mentre a casa di solito mangia tutto nello stesso piatto, con una forchetta e un coltello per tutte le portate. âNo, è che lâavria deto dopo disnare che qualcheduni ha sconduto i pironi dâarzento in mezo ai mantiniâ.
SâEâ ROT LA ZOSTA â Zòsta è la molla. Non la sosta. Si è comunque costretti a volte alla sosta quando nel motore dellâauto si rompe una zosta. Come bisogna provvedere alla riparazione se la zòsta smette di funzionare in altri congegni. âMa dime ti, lâho âpena cambiada âsta zòstaâŚ.no i fa pu le zoste che dura pu de ân mesâ.
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TIRA EL FIAâ â Respira. Riprenditi. Rivolto a chi arriva di corsa, ansimando. Si dice anche a chi è troppo preso da un lavoro, da un impegno. Con lâaggiunta: ââŚche nesun te core drioâ.
⌠E POâ TASO â Di solito interrompe, proprio sul piĂš bello, un discorso o meglio lâaccenno ad una serie di sospetti su altri, sempre assenti ovviamente in quel momento. ââŚe poâ taso, valĂ â, rende ancora piĂš misterioso quello che ci sarebbe ancora da dire. Come il seguente: â⌠e poâ no stĂ farme dir pĂš gnent, che lâè meioâ.
BEL MISTER â Occhio a quello che non sempre è proprio un complimento per qualcosa che si è fatto. Soprattutto dipende dallâespressione facciale di chi lo esterna. Se poi câè una sottolineatura (bravo, ma bravo tâhai propri fat en bel mistèr) è chiaro che si tratta di una critica. Che sfocia inevitabilmente nella seguente esclamazione: âBel mister, ades âsa fente? Magari te voleressi anca dei soldi per quel che te mâha mes ensèmaâ.
TE DAGO NA REMENADAÂ â PiĂš che di uno scrollone si tratta di un vero e proprio pestaggio. Nel senso che dopo la minaccia arriveranno botte un poâ dappertutto al malcapitato. Costretto poi a âremenarseâ (rigirarsi) nel letto per le contusioni e le ferite riportate. Consigliabile â sempre – in questi casi la fuga. A tutta velocitĂ . A scanso di equivoci. E lontano dalla potenziale fonte di percosse.
FAR ZOâ LE MANZEÂ â Non câentra il macellaio. PerchĂŠ le manze da âtrattareâ non sono bovini dai quali ricavare carne in varie pezzature. Le manze sono le pannocchie. Quindi si tratta di spannocchiare, togliere le foglie secche della pannocchia e âscartozzĂ râ, scartocciare, tirar via i chicchi.
ESSER BONORIF â Qui sono messi insieme due termini: bon e ora, buonâora. Insomma il bonorif è un tipo mattiniero. ââsa fat Bepi a stâoraâŚ.te sei bem bonorif ancoiâŚ.â â Ah lâè colpa dela sposa, la mâha butĂ for de cĂ â.
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MA TI CHI VEGNIRESSIT A ESSER ? â (proposta da Alessandro Tonelli) â Indagine che non riguarda i dati personali di chi si ha di fronte. Piuttosto la parentela in loco. E quindi lâesatta collocazione del residente in un mosaico a volte complesso. Esempio: âMi vegniria a esser el neò del fradèl del Toni Bamba, quel che lâha sposĂ la fiola del Bepi, cugnĂ del Giani Buta, che lâabita zo ale casòte noveâ. Non è raro che la domanda sia preceduta da âNo so ân do meterteâŚâ. Insomma nasce dal sospetto â quasi sempre fondato â che non ci si sia mai incontrati prima.
TUTI BONI A TRAR EN TERA UN CHE CAGA â (proposta da Alessandro Tonelli) Sembrerebbe il plagio di un noto spot televisivo (Ti piace vincere facileâŚ). In realtà è una frase coniata ben prima di quella reclame. Si usa per definire unâazione semplice. Oltre che vigliacca, dato che chi è impegnato nella delicata operazione è in posizione passiva. E basta appunto un dito per farlo cadere. Con scontate conseguenze. Ma anche reazioni da parte del malcapitato.
SE TE VOI SAVER LA VERITAâ VA DAL PU PICOL DELA CAâ â Beata (e maledetta a volte) innocenza infantile. Laddove al piccolo scappa sempre qualcosa che non doveva assolutamente trapelare dalle mura domestiche. Esempio: âEl papĂ ieri el ghe vardeva le mudande ala tataâŚâ. Inutile aggiungere che a scanso di equivoci e problemi di ogni tipo è meglio evitare di parlare di cose riservate in presenza dei bambini.
HAT MAGNAâ STROPACUI? â Ci si riferisce a bacche selvatiche che hanno â di qui la definizione dialettale â potere astringente. La conseguenza è un fastidioso gonfiore di stomaco, il blocco intestinale. Il rimedio? Dolce euchessina per i bambini. Purga (o clistere) per gli adulti. Per analogia la domanda potrebbe anche riguardare il significato di strane smorfie. O un inspiegabile mutismo: âdai dime qualcos osciaâŚâ.
FAR NA RESTA â Chi gioca a bocce sa di cosa si tratta: un colpo, tuttâaltro che facile, con il quale si colpisce la boccia avversaria. Mentre la propria (boccia) andrĂ proprio al posto di quella centrata e allontanata dalla zona punti. Vuol dire però anche buttar giĂš dâun fiato un bicchiere. Con un colpo solo. Attenzione se lo si fa con i superalcolici: la boccia potrebbe risalire di colpo fino al naso e agli occhi.
MOCHELA â Da mòcol, moccolo della candela. Insomma lâinvito â perentorio â è quello di spegnere conversazione o azione (fastidiosa) proprio come si fa con la candela. Di solito la richiesta riguarda anche il fumo⌠(tâho dit de mocarla lĂŹ del tut).
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MA SE LâHO VIST EN GIRO LâALTER DIâ â Sorpresa, stupore, sgomento. Di solito di fronte alla bacheca dei necrologi. Primi commenti: âMa no âl me parea malĂ , sĂŹ, bianch come na pezza, ma come so solĂŹtâ. Si usa anche apprendendo dal giornale dellâarresto di qualcuno del paese. O comunque conosciuto. Due le reazioni in questo caso: âMa no pol esser lĂšâŚâ. Oppure: âSe i lâha mess denter qualcos de brut lâavrĂ combinĂ â.
DAMEN DOI, DE NUMER â Dal fruttivendolo, in pasticceria, ovunque il prodotto sia in vendita a pezzi. Avvertenza per evitare di doverne pagare poi una quantitĂ esagerata, soprattutto per il costo finale. Può succedere poi che la richiesta non sia compresa nella foga del mercato. E allora: âTâavevo dit doi de numer, osciaâŚsa mâen faga de tuta sta robaâŚâ. Oppure: âSĂŹ ma no do ravioiâŚmagnem en quatroâ.
NO âL SA NEâ DE ORA NEâ DE VENT â Modo di dire suggerito alla redazione di âConosserâ da Giancarlo Angelini, giornalista, âlupo di lagoâ. Ora e vent sono venti che soffiano esattamente in senso contrario sul lago di Garda. In pratica si tratta di definire qualcuno o qualcosa che non ha una ben definita caratteristica. Insomma che non sa di niente. Ed è indeciso se andare da nord a sud o da sud a nord. Come i due venti gardesani.
MEIO FAR ENVIDIA CHE PECAâ â Meglio far invidia che compassione. Si dice a qualcuno che evidentemente dopo anni di risparmi finalmente è riuscito a farsi il Suv. Con eloquenti commenti silenziosi, fatti di sguardi piĂš che di parole, da parte dei vicini. Morsi dallâinvidia, appunto. Ma meglio questo che la commiserazione da parte degli stessi se lo stesso individuo gira ancora con la âDunaâ.
NO âNZOLARGHE GNANCA LE SCARPE A QUALCHEDUN â Impossibile avere lâonore di allacciare le scarpe a qualcuno di importante, inarrivabile?  SĂŹ, proprio perchĂŠ LUI, il potente, non può fare questa concessione a chi non fa parte della sua casta. In realtĂ la presa di distanza ha come parametro piĂš che il censo o lo stato nobiliare, borghese, lâintelligenza o la capacitĂ di svolgere una professione, di praticare uno sport. AbilitĂ in senso lato. E divario piĂš o meno profondo e largo tra lâuno e lâaltro.
STAR LIâ TRA LâUS E lâAS â Restar lĂŹ tra lâuscio e lâasse. La porta e i cardini. In dialetto si gioca sulla stessa consonante (esse) che preceduta da due vocaboli diversi (u, a) in fondo dĂ proprio lâidea dellâindecisione. Un poâ come il ânente o stente?â (andiamo o restiamo?). Inevitabile il richiamo ad una decisione da parte del padrone di casa: âFora o denter, che ghè giro dâaria osciaâ.
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SDERENAâ â Richiama efficacemente gli effetti del deragliamento. Ma non si riferisce ad un treno uscito dai binari bensĂŹ ad individuo stanco al punto di non riuscire a completare un percorso. Sia fisico che mentale, tipo un ragionamento. âAh som propri sderenĂ staseraâŚte savessi cossa i mâha fat farâ. âE su e zò co âsti sachi de cementoâŚsom sderenĂ . Dame ân bianco valĂ che me tiro suâ.
LâEâ NADA LA GAZAâŚÂ – Occasione perduta. La gazza (ladra, specializzata nel mordi e fuggi in questo caso) insomma è fuggita verso altri lidi proprio mentre se ne stava parlando. Può anche essere la corriera, un treno, lâeffetto del ritardo ad un appuntamento importante. Lâè âzamaiâ nada la gazaâŚ. Laddove âzamaiâ è rafforzativo.
SGIONFABOZE â Si dice di chi è attaccato alla bottiglia. Alcolista compulsivo. Ma anche di chi racconta cose che non stanno nĂŠ in cielo, nĂŠ in terra, tantomeno in una bottiglia ormai vuota che a quel punto si può solo gonfiare di aria. âChi el te lâha dit? Ah quel lĂŹ lâè ân sgionfaboze, no âsta credergheâŚâ.
FAMAâ COME âN LUZÂ â Affamato come un luccio. Da qui anche âluziaâ per fame insaziabile. Da non confondere con santa Luzia (santa Lucia) che invece propone il 13 dicembre ai bambini giocattoli (non commestibili) e dolci (vara che te fa mal massa caramele).
REPEZADA â Riparazione non a regola dâarte. Aggiunta di un pezzo non compatibile con una determinata struttura architettonica. Tentativo di bricolage che poi avrĂ bisogno di intervento di sistemazione (lassa star valĂ che ciamo el Gino, lassa star per caritĂ ). Pezada è anche una pedata. Quindi per analogia repezada potrebbe anche essere intesa come opera fatta con i piedi piĂš che secondo le istruzioni dettate dal cervello.
DAME NA MAM CHE TE DAGO NA ZATA â Intreccio tra umanitĂ e mondo animale? In realtà è una sorta di mutuo soccorso però su livelli diversi. Vale piĂš lâaiuto concretizzato da una mano o da una zampa al lavoro? PiĂš verosimile che sia lâammissione di disparitĂ tra quello che si offre in cambio di un sostegno. Ma le interpretazioni sono parecchie. Tutte ancora in fase di elaborazione da parte degli esperti. Ortopedici e veterinari.
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SCALDACOLA â Dicesi di individuo che riscaldando la colla provoca evidentemente una reazione non solo chimica quanto inappropriata al contesto. Accendendo una polemica. Coinvolgendo altri, tutti âincollatiâ a quel punto oltre  ustionati. Attenzione agli incendi indomabili. âZerto che sei bem en scaldacola⌠vara che casim è vegnĂš fora: date na calmada valĂ â.
TRAR SASSI NEL LACH â Tipicamente gardesano. Rivano in particolare. âAncoi se ciava tuti, vago a trar sassi nel lachâ. Isolamento. Azione inutile in sĂŠ quanto benefica per sfuggire allo stress. Lâinvito a âtrar sassi nel lachâ vale anche come âmandare a quel paeseâ qualcuno. Pur di toglierselo di torno. Altro significato: rassegnazione del disoccupato. Meditazione innocua. Sfogo. ân do elo nĂ el Renato? Ah, lâera for de testa, el sarĂ nĂ a trar sassi nel lachâŚâ.
GHâEâ DEN I FITALINI â Casa in affitto, occupata. Ma di solito lâespressione si usa per frutta âabitataâ da vermi o affini. Evidentemente morosi e quindi poco graditi dal locatore. Per gli agenti immobiliari: avviso di cortesia se lâalloggio è stato messo sul mercato. âEl varda che i gĂ dent ancora tutâŚe i è anca malmostosiâ.
AVER CARGAâ STORT E NAR A ONDE â Chiaramente lâimmagine richiamata è quella di un mezzo di trasporto sul quale il carico è stato sistemato in maniera sbagliata e quindi a rischio di caduta. Si usa per segnalare un ubriaco e il suo inconfondibile modo di caracollare dopo lâoperazione â appunto, il carico – di riempimento del serbatoio. âVara, vara no âl stĂ pu ân pèâŚ.el casca, no, sĂŹ che âl cascaâ.
A LâALBI â Non è affatto, come nella lirica, lâappuntamento con il successo (Allâalba vinceròòò). Albi è il trogolo del maiale. Quindi si manda qualcuno allâalbi o si afferma che è ormai allâalbi ad esempio dopo un rutto che sconvolge un pranzo. Peggio se al ristorante. Se oltre al rutto câè anche qualche altro sfiato del gas vuol proprio dire che il soggetto in questione piĂš che del piatto e delle posate avrebbe bisogno di grufolare allâaria aperta. Meglio se nel pantano. âScusa se tel domando neh, ma to marĂŹ falo cosĂŹ anca a casa quando ve sentè a magnar?â
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DO ETI E DO DECA, LASSO? â Succedeva nelle botteghe di alimentari di paese. Ma â dicono â succede anche adesso nel reparto gastronomia dei supermercati. In pratica, a fronte della richiesta di due ettogrammi di affettato, formaggio, pomodorini sottâolio, ecc. la bilancia âsballaâ di due decagrammi. Si tratta allora di chiedere al consumatore il permesso di lasciare quei venti grammi in piĂš ⌠Se lâacquirente non è dâaccordo lâaddetto farĂ sempre e comunque una smorfia. Come dire: âelamadona no me som sbagliĂ poâ cosĂŹ tantâŚâ. E penserĂ : âChe i te restĂ sul stomech quei do eti giustiâŚâ. Diverso il caso della carne. Dove una fetta in piĂš di filetto alza inevitabilmente (e di tanto) il prezzo. âLa varda, ghe taio via do tre tocheti de grass⌠cosĂŹ la paga de menâŚâ Decisamente da rifiutare proposte indecenti tipo: âLa me nâaveva domandĂ tre eti? Oscia, taia e taia mâè vegnĂš fora en chilo, âsa fente? Ghe meto tut come se fussa carne per el spezatim ah?â
TE ME CAPISSI BEMâŚÂ – In realtĂ la curiositĂ sulla comprensione di ciò che si è appena espresso è solo un pretesto per confermare la critica mossa ad una situazione, ad un soggetto terzo, assente durante la conversazione. Esempio: âLâè âna denter en cabina per provarse le braghe e âl gĂ lassĂ denter le mudande sporcheâŚ.te me capissi bemâ. Oppure: Gò dit, va a torme quatro ciopète. El mâè ârivĂ a cĂ con quatro chili de pamâŚ.te me capissi bemâ.
E MI, E TI E âl TONI, NAREM DALA âŚÂ Incipit di una nota canzone popolare. Molto scurrile. Vietata ai minori di anni 18. PerchĂŠ la destinazione del terzetto è una donna formosa con la quale consumare un atto sessuale di gruppo del quale poi vantarsi appunto cantandolo ai quattro venti. Di solito basta accennare âE mi, e ti e âl toniâ per capirsi al volo su come andrĂ a finire la serata. Fa parte dellâalbum (datato) in cui ci sono altre canzoni del genere (Lo spazzacamimâŚ.le fa vedere il buco, il buco del camin. NIneta damela per carità ⌠Do te vett o Marietina⌠A far lâamo en mez al prĂ âŚ.ecc.)
GOâ I DIAOLETIÂ â I demoni, sia pure gerarchicamente inferiori a Satana, Â non câentrano. Câentra invece lâipotermia. Lâabbassamento repentino della temperatura corporea. Che provoca formicolĂŹo agli arti (soprattutto mani e piedi), sintomo dellâincipiente congelamento.
DARSE NA PACA â Non è autolesionismo. Anzi, lâopposto. E cioè: atteggiamento narcisistico. Il soggetto farĂ vedere a tutti con apparente disinteresse la moto appena comperata, il vestito firmato, la ragazza con la quale esce da qualche giorno, lâultimo modello di occhiali, del telefonino. Non sa che gli spettatori piĂš o meno occasionali si divertono di fronte ad una scena da attori alle prime armi. E poi ci sarĂ sempre il provocatore: âMa ân do lâhat tot, dai cinesi?â.
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– tra 16 e 18
NET COME âN POM â Pulito come una mela. Ovviamente si dĂ per scontato che il frutto non sia stato trattato con antiparassitari. E nel caso di frutta biologica che comunque non sia stato toccato da mani sporche. Si usa questo paragone anche per definire lo squattrinato. Laddove pulitissimo è il portafoglio.
SGALMERONÂ â Si dice di un tipo rozzo. Da sgĂ lmera, calzatura (un tempo molto usata) con suola di legno e I tomaia di pelle. Chi usa le sgĂ lmere fa un rumore tipico: ta tanf to tonf, ton tanc. Molto lontano da una sinfonia, da una sequenza di note. Quindi foneticamente richiama appunto la persona che non ha molta grazia. Non solo nel camminare.
BAGOLON â Da bĂ gola. Ovvero escremento di pecora, di capra, di coniglio, raffica di âpallineâ per lâesattezza. Proprio per indicare il modo di parlare, irrefrenabile, di qualcuno. Definizione che può interessare oltre che la forma anche la sostanza ovviamente. Sempre assimilabile al paragone bucolico cui si accennava. âEl mâha dat na stracada de bale quel bagolònâŚâ
MAT COME NA ZORLA â Tanti â anche tra i trentini â confondono la zòrla con la molla. In realtĂ la zòrla (meglio sarebbe dire el zòrlo) è il maggiolino. Ovvero un insetto, un coleottero. Che ha un modo di volare strano, schizofrenico, irregolare insomma.
TE DAGO âN SCOPELON CHE âl MUR TE âN DA NâALTRO â Minaccia di violenza ad altissimo potenziale. Unp scapaccione come la racchetta che si usa nello squash. E gli stessi effetti. Oltre che âscopelònâ si può usare anche âsberlònâ, forte sberla. Se nel frattempo non si calmano gli animi il rischio è sempre quello della rissa. Laddove il muro, si sa, non potrĂ far da testimone su chi ha cominciato prima.
NO LâEâ QUELA SO MARE â Dichiarazione di illegittimitĂ . Con convinzione, anche senza prove del Dna. Si dice di qualcosa che non câentra con qualcosâaltro. âNo lâè quel el conceto, no lâè quela so mareâŚno lâè quel el so snol (maniglia, chiave di apertura in senso lato)â. Chiaramente âno lâè quel so pareâ è usato solo in cause giudiziarie sulla paternitĂ . Ma âmater semper certa estâŚâ Tranne, appunto, se non câentra proprio in un contesto.
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ESSERE DE âL GAT â Occhio, perchĂŠ il famoso aforisma di Trapattoni (non dire gatto finchè non ce lâha nel sacco) qui è decisamente capovolto nel significato. Eâ il gatto che, metaforicamente, mette nel sacco, tiene in scacco il malcapitato. Che, come un topo, è a quel punto spacciato, senza alcuna possibilitĂ di evitare le fauci di un destino buio. Resta solo unâamara, cupa, rassegnazione: Som nĂ a zercarmelaâŚ
GIUST AL VERS â Eâ pronto. Magari per una fortunata (vedremo dopo per chi) coincidenza: lâè arivĂ giust al vers. Insomma è arrivato al momento giusto. Attenzione, dipende però a cosa serve lâincontro, il rendez-vous. E da quali pensieri soprattutto è preceduto (ah, se el me vei al versâŚ). Potrebbe trattarsi di un regolamento di conti. O di un aiuto insperato, in zona Cesarini. Altro modo di dire: vegno stasera, en dâen vers o ne lâaltro. Cioè in qualsiasi modo. Si scoprirĂ dopo quale.
MA SIâ DAMEN âN DEâ â Ipocrita risposta a chi offre da bere, di solito vino o superalcolici . Si tratta di dosare il versamento del liquido nel bicchiere (bicièr) o bicchierino (bicierĂŹn) o in qualcosa di piĂš grande (la famosa âcandolaâ). Il dito (dè) starebbe per ââpena âpenaâ o ââna sciantaâ, vale a dire âpoco poco nehâ. Il piĂš delle volte chi offre da bere prende sul serio il consiglio. E ne versa davvero poco, giusto lâaltezza di un dito ovviamente in posizione orizzontale. Al che lâalcolisto non anonimo può rispondere con la battuta: âSĂŹ, ho dit ân dè, ma alt de drioâ (riferito al sostegno posteriore della bottiglia).
DAI, EL SE LASA â Dai, si lascia gustare (riferito a vini, bevande, cibo). Non è propriamente un complimento convinto. Precede ad esempio in enologia lâanalisi del retrogusto. In realtĂ tante volte si vorrebbe dire âNâho bevĂš e magnĂ de meio, ma pitost che do dei nei ociâŚâ. Il risparmio, lâeliminazione dellâoggetto offre cosĂŹ il tempo per proseguire lâassaggio e magari mascherare espressioni facciali tuttâaltro che in linea con quanto detto. Quasi sempre represso il giudizio negativo (âElamadonaâŚma âl sa de tapâ.
SCIOPETI â Certo, possono essere anche piccoli fucili giocattolo per bambini. PiĂš facile però che il tappo (anzi, il bollino) rosso ce lâabbiano i ragazzini con il morbillo (el bocia no âl va a lâasilo: el gĂ i sciopèti). Nel senso che sul viso soprattutto si formano queste piccole pustole, indice di uno stato avanzato della classica patologia perlopiĂš di interesse pediatrico.
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HAT DORMIâ COL CUL DESQUERT? â La solita domanda retorica. Nel senso che chi la pone ha giĂ qualcosa che va al di lĂ del semplice indizio per esprimere un giudizio sul âmodoâ di dormire dellâinteressato al quesito. E cioè: barba incolta, faccia stralunata, capelli che hanno atteso invano il pettine. Insomma, il tipo in questione mostra evidenti segni di una nottata insonne. Quanto alla mancanza di adeguata copertura delle parti intime il sorrisino dellâinquirente cela quasi sempre il riferimento a coiti notturni prolungati. E in particolare alla classica posizione del missionario.
TOR SU âL PEâ â Prendere su il piede. Ma non è un esercizio ginnico o meglio un numero da contorsionisti. Si riferisce, in Trentino, alla raccolta, di solito involontaria, del fondo del caffè da una tazzina, del fondo del vino da una bottiglia. In ogni caso qualcosa che doveva restare in fondo, ai piedi. Magari perchĂŠ lasciata lĂŹ inavvertitamente da qualcuno. Reazioni frequenti: Barea, ma no hat cambiĂ el filtro dela moka?
DAR NA MAN DE BIANCH â Semplicemente imbiancare. Anche se si usano altri colori (ho finĂŹ la tempera ocra propri a metĂ del plafòn de la sala, âcramento). Operazione che, nel âfai da teâ (me som rangiĂ ) finisce sempre per costare di piĂš (in materiali) e richiede giorni di lavoro per pulire. Espressione che può anche sottintendere una violenza fisica. Vara che te dago na man de bianch⌠Nel senso di rendere cadaverico il colore della pelle dellâaggredito. Non solo per la paura.
SEGNEMEL SU VALAâ â Non è una cambiale nĂŠ un pagherò, ma la disponibilitĂ a certificare il proprio debito su un libro che lâesercente, il commerciante, il fornitore tiene vicino alla cassa. La speranza, recondita, è quella che il vidimatore prima o poi si dimentichi di quellâappunto (nome e cognome del debitore , casuale, cifra in sospeso). Quando la somma âespostaâ raggiunge valori importanti non resta che la speranza in una vincita al lotto o in un incendio (quasi sempre doloso). âMa sat che no âl vedo pu en giro? El me resta squasi domili euri diaolporcoâŚâ.
FAR MUSINA â Musina sta per salvadanaio. Negli anni sessanta e settanta questo tipo di contenitore per il risparmio di denaro veniva consegnato dalle Casse Rurali a tutti gli studenti. Quei libretti al portatore fanno parte dei conti dormienti che tanti problemi di autocertificazione hanno creato nei mesi scorsi. Laddove si è scoperto di avere in deposito cinquantacinque lire dal 1964. Interessi vanificati ovviamente dallâentrata in vigore dellâeuro. âFa musinaâ è lâinvito a non scialacquare, a metter via. Non solo soldi ma anche beni cosĂŹ mobili che potrebbero uscire di casa e finire allâasta.
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QUEL DAL FORMAI â Personaggio misterioso, ma non troppo, evocato a mòâ di minaccia (vegnirĂ bem quel dal formai per tiâŚtâencontrerai quel dal formai prima o dopo) di punizione quasi divina, soprannaturale piĂš che terrena. In ogni caso il settore caseario (formaggi e affini) câentra ben poco con le conseguenze di questo arrivo dato per certo in un futuro che potrebbe anche non essere lontanissimo. Insomma, si tratta di una resa dei conti. Alla quale il âriceventeâ se ha coraggio, risponde di solito, con aria di sfida: âVara che mi no me cago miga adòs da la pauraâŚâ.
AVERGHEN âNA GNOCA â Non si tratta â lâerrore è indotto dal termine âgnocaâ â di trovarsi come in una sorta di harem. Dicesi invece di chi è ammalatissimo. Situazione che può essere precisata nei particolari patologici dalla seguente frase: âaverghe âna carga de feverâ. In ogni caso serve una grande pazienza, una grande capacitĂ di sopportazione. Confronta anche: ânâho ciapĂ na pasĂšaâ, rafforzativo e allo stesso indicativo (da quela predica, da quel mal de recie, daâŚ).
FA POLITOÂ â Invito a comportasi bene. Ad eseguire un lavoro a regola dâarte. A rispettare anche le norme non scritte. Insomma il suffisso âPolâ contiene in sĂŠ ovviamente tante cose. Ito sta per âandatoâ, uscir bene da un impegno. I polli non câentrano. E nemmeno la âpolisâ. Anche perchĂŠ la politica spesso e volentieri non combacia con lâetica.
ZAVAT â La ciabatta â anche se richiamata foneticamente nella pronuncia â non câentra. ZavĂ t è il rospo. Quindi dicesi zavat non tanto il brutto, ma lo sciatto, chi non sâimpegna. Accrescitivo: zavatòn. Possibili equivoci: âTe sei propri ân zavĂ t: ân do hat mes le zavate?â. Laddove le zavĂ te non sono le ârospeâ ma, in questo caso sĂŹ, le ciabatte.
ESSER SU LE UCE â Stare sugli aghi. Ma non come i fachiri. Qui si parla di ansia, in sostanza sta per âessere sulle spineâ. In compagnia: âAlora nente o âsa fente? Dai che i me seraâŚâ
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VEGN DENTER CHE TE TE SCALDI FORA â Non è affatto una proposta ambigua e contraddittoria come potrebbe sembrare di primo acchito. PerchĂŠ âforaâ non sta qui per fuori nellâaccezione comune, bensĂŹ per âmettere in circoloâ il caldo che arriva in un locale riparato dal freddo. Diversa in termini calcistici lâespressione: âScaldete fora che te meto denterâ. Ovvero riscaldamento prima dellâentrata in campo di un giocatore al posto di un altro, a partita in corso. Attenzione a âscaldarse foraâ con superalcolici. In realtĂ la dilatazione dei vasi sanguigni di cui lâalcol è responsabile produce soltanto una momentanea ed ingannevole sensazione di calore in superficie che, in breve, comporta un ulteriore raffreddamento del corpo e aumenta il rischio di assideramento, se si è in un ambiente non riscaldato e freddo o allâaperto. Diffidare anche della frase: âvara che lâacqua la smarzĂŹs i canaiâ, proferita sempre da alcolista noto e inguaribile.
NO LâEâ BOM DE FAR NA âOâ COL BICIER â Dicono che Giotto riusciva a disegnare un cerchio perfetto a mano libera, senza alcun aiuto. Lâeccezione che conferma la regola: impossibile senza un compasso, un normografo o anche seguendo come nel caso in questione, la circonferenza di un bicchiere, realizzare un cerchio. Câè però chi â evidentemente non portato per il disegno, tecnico in particolare â nemmeno se facilitato da questi strumenti riesce nel progetto.
TRAT ZO COPI? â Non è assolutamente il caso di rivolgere questa domanda a chi, sul tetto, sta eseguendo opere di carpenteria. La reazione potrebbe essere violenta. Accompagnata dal lancio di âcopiâ e magari anche di attrezzi e utensili. In sostanza la richiesta di informazioni è retorica. Ma si riferisce allo stato mentale del soggetto al quale in pratica si dĂ del matto. Potrebbe esserci anche un commento, di rimando, di questo tipo: âMe sa che te sei ti che ha ciapĂ i copi en testa: te zavĂ riâ.
 âSA FAT CHI POâ â Cosa fai qui? Quel âpoâ finale potrebbe essere fuorviante. Avere il significato cioè di âdel restoâ ma anche di sorpresa âtoh, câè questo in questo posto proprio adessoâŚ.come mai?â. Attenzione a chi dovesse essere oggetto di tale inchiesta mentre si trova al ristorante con lâamante, che magari (questo il fattore aggravante) è proprio la moglie dellâinquirente. âSem amizi fim dale elementariâ potrebbe essere una giustificazione inadatta alle circostanze.
TE VEGNERAI SU LâORGHEN ANCA TI â Redde rationem spostato nel tempo (indefinito, ma proprio per questo è una spada di Damocle). âOrghenâ è sinonimo di tanti sostantivi che hanno come comun denominatore qualcosa che potrebbe far male. Specie se, diciamo cosĂŹ, le canne (dellâorgano) sono di notevoli dimensioni. Confronta anche: te vegnerai anca ti sul bachetòmâ. Laddove per bachetòm si intende un marchingegno usato dai cacciatori per imprigionare gli uccelli. Col vischio.
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GHE SET? â Interrogativo posto, solitamente, a chi dovrebbe essere vicino: ad un vetta, in cima alle scale, in un posto dove dovrebbe essere comunque arrivato o quasi. Eâ anche indagine sullo stato psicofisico del soggetto, soprattutto quando si ha la sensazione che, eufemisticamente, pensi ad altro. Se alla domanda lâaltro risponde con una domanda (SĂŹ, perchĂŠ?), scatta subito la giustificazione della curiositĂ : No, perchĂŠ no te me pari tant su la tua⌠Attenzione a non fare confusione con âGat sĂŠ?â. Che non è una contrazione della domanda in questione ma un atto di cortesia (hai sete?). Nellâaffermazione in prima persona plurale (Ghe sem), cioè âci siamoâ, non necessariamente si conferma il raggiungimento collettivo di un obiettivo. Anzi, in alcuni casi diventa, preceduto da imprecazione (oscia, diaolporco, ecc.) una sorta di avviso di pericolo: oscia, ghe sem, el vigile lâha mes fora la paleta⌠DIGHE GRAZIE AL SIORâŚÂ – Classico maltrattamento psicologico di minori. Laddove sâimpone di ringraziare sconosciuti (ma evidentemente noti a mamme e papĂ ) che offrono caramelle. Le stesse caramelle che poi per leggi non scritte non si dovrebbero accettare da anonimi. Lâordine, negli anni cinquanta, sessanta e parzialmente negli anni settanta, era eseguito senza fiatare. Pena, lo si sapeva, un calcio nel sedere appena varcata la porta di casa. Non è da molti anni che câè stato un cambio di tendenza al riguardo. Anche perchĂŠ i bambini di oggi per dire grazie devono ricevere almeno una ricarica da 50 euro del telefonino. I SE PARLA DA âN PAR DE MESI â Gossip paesano. Su rapporti piĂš o meno palesi, piĂš o meno destinati a durare, non sempre prossimi alle nozze. Ci si riferisce alla fase della conoscenza reciproca. Che una volta implicava anche interrogatori da parti dei futuri, possibili, suoceri, su: condizione sociale, lavoro, imponibile dei genitori di lui, tipo di macchina a disposizione, eventuali malattie genetiche. Era scontato che la liaison fosse solo ed esclusivamente verbale. E quindi interessasse solo per parlare la bocca. Vietato lâuso di altri organi. CIUCIAâ DALE STRIE â Succhiato dalle streghe. E per questo al limite dellâanoressia. Non è ben chiaro come, perchĂŠ e quando le streghe â dato e non concesso che di streghe si tratti â commetterebbero questi atti vampireschi. Di certo, se la causa è sub judice, lâeffetto è devastante. Per i minorenni â colpa del mago Onan? â câè anche il pericolo della cecitĂ permanente.
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EL ME LâHA FRACADA â Dichiarazione equivalente â nel codice civile â alla denuncia di truffa. Cioè: mi ha abbindolato. Mi ha creato un danno con destrezza (anche sinistrezza se la controparte è mancina). Può anche finire lĂŹ, nellâammissione dello sfortunato rapporto. Ma è piĂš frequente il caso della memorizzazione della presa in giro subita. E di conseguenza la preparazione della vendetta. Ah, ma se âl pensa che la sia finida chiâŚ
QUEI DOI I Eâ MERDA E MEL â Non sia fuorviante lâaccostamento tra coprologia e apicoltura. Anche perchĂŠ lâaltra, analoga, frase (I è cul e camisa) ripropone in fondo la stessa dicotomia. Dicesi di abbinamento tipo acqua santa e diavolo. Sacro e profano (ano, appunto). Vara che mi te lâavevo dit che quei doi i bega, ma ala fim i ne tol per el culâŚ
VEI SU CHE TE TE BUTI ZO DO MINUTI â Sembrerebbe unâistigazione al suicidio. Ed invece è sĂŹ la proposta di un riposo. Ma non eterno: due minuti, un quarto dâora, il tempo per la pennichella o per un poâ di relax. Lâequivoco nasce ovviamente solo nel caso il letto si trovi al primo piano o al piano rialzato. PerchĂŠ se la camera fosse per caso al pianoterra non servirebbe indicare il luogo (su). Diverso il caso se lâinvitato si trova al secondo piano e il divano o comunque il posto dove riposare si trova al primo: Vei zo che te te buti zoâŚ
âNA PACA â Vari significati a seconda della situazione. Gò âna pĂ ca nel ginocio: contusione agli arti inferiori. Presuppone la domanda: Come ela stada? Cioè, come te la sei procurata quella botta? Ho ciapĂ âna pĂ ca de soldi. Qui invece pĂ ca sta per mucchio di denaro. Ovviamente meglio della contusione. Anche qui scatta di solito la domanda indiscreta: da chie? La risposta sarĂ sempre falsa (da lâassicuraziom, per i straordinari, da me zio dela Merica). Anche se in realtĂ si tratta magari di una vincita al lotto o col gratta e vinci. Inconfessabile la provenienza dei soldi se sono provento di reato.
VEI, VEI CHE GHE PASSA EN TIR â Indicazioni per manovre in entrata o uscita da una strettoia. Mette subito il conducente del mezzo in soggezione. Ed ha due volte su tre il risultato nefasto dello specchietto retrovisore esterno rotto. Graffi sulla carrozzeria non esclusi. I commenti piĂš frequenti: Se no te sei bòm de guidar perchĂŠ te set comprĂ âna machina sĂŹ grossa?
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per capir i trentini – 10
HAT FINIâ DE PINDOLAR? â Nella maggior parte dei casi trattasi di avviso a chi, in uno spazio ristretto, continua a girare a vuoto. Mentre lâautore del monito è magari impegnato in duri lavori domestici. Tipico esempio: la moglie con lâaspirapolvere e il marito che vaga per casa alla ricerca del telefonino, del caricabatterie, del telecomando, di qualcosa da bere, di qualcosa da sgranocchiare (con le briciole che finiscono sulla moquette appena pulita). Sul posto di lavoro lâoggetto del richiamo è chi non ha magari ancora ben assimilato i ritmi, le modalitĂ di produzione. O fa finta, con un arnese in mano, di cercare lâispirazione. Datore di lavoro o caporeparto in questo caso possono passare alla fase b: âAlmem zerca de no starme en mez ai peiâ. O alla fase c: âSe no sai cossa far tò la spazadora e neta su per teraâ. La fase c presuppone il licenziamento in tronco: âVame for dale bale valĂ , te pregoâ.
BASETE EL CUL â Arcaica espressione trentina. Non ha propriamente il significato di autocertificare la propria fortuna. Piuttosto implica unâimpossibile figura quasi da kamasutra, quindi una sfida giĂ vinta in partenza nei confronti di chi dovrebbe mettere in pratica questo esercizio. Eâ in sostanza la proposta di unâazione complicata, per non dire irrealizzabile a meno di estenuanti allenamenti sotto la direzione di un contorsionista. Risultato? Si deve comunque andare via per molto tempo. E lontano da chi invita alla pratica di questa difficile disciplina. Confronta: âVa a quel paesâŚâ (implicito: dove ti insegnano a baciarti il sedere).
CIAO NINETA â Potrebbe avere radici nella Resistenza (Ciao, bella, ciao, ciao, ciao âŚ) ovvero sintetizzare lâaddio, obbligato da eventi di varia natura, non solo bellici, ad una fidanzata, ad una moglie, ad unâamante.  Col tempo però ha assunto altri reconditi significati. Effetto di una causa (âLa gaza lâè zamai nadaâ) che impone appunto la rinuncia a qualcosa di caro, ad un sogno, ad un progetto.
DIMEL NâALTRA VOLTAÂ â Detto da chi ormai ha acquisito da tempo il concetto espresso con eccessiva ripetitivitĂ dallâinterlocutore. Va inteso, ovviamente, in senso contrario (âSe no te la mochi te dago en pugnâ). Guai insomma a dirlo realmente unâaltra volta. E unâaltra volta ancora.
AH, PER QUELâŚÂ – Non si sa mai chi o cosa sia in realtĂ âquelloâ cui ci si riferisce con quello che di fatto è un intercalare frequente. Di certo non è âquestoâ. E nemmeno âlâaltroâ. Insomma, sta per âdel restoâ, non bene specificato. La prova del nove? âNo lâè quela so mareâŚâ. Certezza espressa in tempi non sospetti in fatto di procreazione assistita. Quando non occorreva scrivere il nome del padre su una provetta.
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per capir i trentini – 9
VOT EN CAFEâ ? HO âPENA MES SU LA MOKA PER MI â Proposta che non si può rifiutare anche se a quel punto magari si è giĂ al decimo caffè della giornata. GiĂ si sente peraltro il classico borbottĂŹo del caffè che sta eruttando e quindi il rischio, in caso di diniego, è quello di dover far da spettatore silente e impotente a tutto il rituale che porterĂ il proponente a girare il cucchiaino nella tazzina scuotendo la testa (âVara che en cafè a stâora no âl tâavrĂŹa miga fat malâŚâ).
TIRETE DRIO LA PORTA QUANDO TE VAI â Non si tratta, come potrebbe sembrare, di scardinare la porta dâingresso e portarla con sĂŠ quando si esce. Soprattutto se quello non è il tuo appartamento. Eâ piuttosto un invito a ricreare, dopo il congedo, la situazione di sicurezza domestica preesistente. Molto dipende anche dal tono usato per la richiesta. PerchĂŠ se câè una famosa postilla percettibile quando ormai si sta per richiudere la porta (âE no stĂ pu farte veder ân sta casaâ) di fatto vuol dire che si è stati cacciati. A ragione, a torto, per un breve lasso di tempo o per sempre. A quel punto la reazione (âMa ciĂ vete, valĂ â) è violenta, con la porta che, sbattuta, fa cadere calcinacci o soprammobili.
â NDO EI I ME CALZOTI? E LA CAMISA? â Nel menage matrimoniale (ma succede anche nelle convivenze) finito il periodo dellâinnamoramento, della luna di miele, queste sono domande (rivolte dai maschi di solito) che dai e dai possono inficiare il rapporto. PerchĂŠ presuppongono una sorta di âassistenza 24 ore su 24â da parte della moglie/compagna/amante fissa. Oltre a lavare, stirare, sistemare abbigliamento e biancheria negli appositi spazi, infatti, la donna in questo caso dovrebbe anche praticamente fare da âservo mutoâ fornendo gradualmente e a comando i capi richiesti. Campanello dâallarme una risposta del genere: âSe te dessi na mam en casa ogni tant chissĂ che no fioca anca a feragost…come canta el gigi dâalessioâ. Decisamente prodromo di separazione invece questâaltra: âAh se no te sai dove tâhai mes la roba quando te sei tornĂ stanòtâŚporteghe a la to sbrindola le mudande da lavĂ râ.
COREGHE DRIO ADES â Riflessivo. Non è rivolto ad altri ma al proprio, fatale, ritardo alla vista della corriera che ormai è lontana dalla stazione. Ma può anche trattarsi di un ladro che ha appena sfilato la borsa al soggetto decisamente rassegnato al furto subito. O di un pallone finito nel torrente. Vani anche se apprezzati almeno come atto di solidarietĂ , commenti tipo: âDai che forse la ciapèm ancoraâŚâ.
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per capire i trentini – 8
DORMIVIT? â Tempo imperfetto come la sostanza della domanda. Nel senso che presuppone uno stato di corpo e mente di fatto modificato dalla stessa indagine. Insomma, prima lâoggetto dellâinchiesta dormiva, adesso, per colpa dellâinterrogativo posto di solito con una sorta di ipocrita cautela (âscusa neh, no volevo sveiarteâ) non dorme, non può dormire, piĂš. Scontata la risposta: âSĂŹ, dormivo, fin quando te mâhai domandĂ se dormivoâ. Può risultare esasperante, sfottente e quindi da evitare la giustificazione tipo: âZĂ che passèvo de chi me son dit: dai che vegno a trovarte ⌠ma no savevo che te dormissi a stâoraâ (ed invece si sa benissimo che lâamico svegliato di soprassalto di solito fa il turno di notte in cartiera).
DAI CHE EN DIâ O LâALTER NEM A MAGNAR NA PIZA ENSEMA â Lâappuntamento indefinito e indefinibile tradisce un desiderio esattamente contrario: quello di non essere costretti a stare attorno allo stesso tavolo, a subire una conversazione noiosa, a condividere una pizza e bevande che poi bisognerĂ magari offrire. Auspicio affidato al vento del âmassĂŹ, tant per dir qualcòsâ. Quindi volatile, deperibile fin dal momento del saluto finale (âBom dai alora che ne vedèmâ).
TOTI â Non câentra nĂŠ lâeroe della stampella, nĂŠ il numero due di Forza Italia, nĂŠ il capitano della Roma con una âtâ in meno. Si tratta di un avviso di pericolo rivolto perlopiĂš a bambini. âToti, nehâ (rafforzativo) quando il bimbo sta per toccare il vaso cinese costato duecento euro. In pedagogia neonatale prime informazioni sulla natura, la commestibilitĂ delle cose: âToti che lâè cacaâ.
HO VIST LA TO SPOSA LâALTER DIâ â Dato e concesso che ci sia stato questo contatto visivo bisogna sempre specificare allâamico âmarito de cuiusâ che si è trattato di avvistamento fugace con altrettanto fugace e disinteressato saluto (âAh, lâho saludada da lontamâŚâ). Mai e poi mai scendere in dettagli di tempo, luogo, modalitĂ . Ad esempio: se la sposa in questione era in atteggiamenti intimi con altri limitarsi a âlâera sentada co nâamica che la beveva en caffè, no ho volĂš disturbarlaâ. Se invece lâapproccio con la stessa donna rientra nel classico tradimento proprio ai danni dellâamico, glissare con il classico: âAh te sei propri fortunĂ , la par ancora na putelotaâŚâ.
GUAIAPORCOLEÂ â Interiezione complessa. Composta da: guai, diaolporco, ghe nâho do sportole. Serve per sintetizzare in una stessa parola vari tipi di sensazioni, di emozioni, di insofferenza. Senza dare lâesatta idea di come ci si sente davvero in quei momenti.
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per capir i trentini – 7
DAME âN BUTOM â Richiesta di aiuto (in questo caso seguita da âvalĂ â) soprattutto quando un veicolo si ferma per problemi alla batteria. Se è un problema di alimentazione (prevedibile visto che magari è da una settimana che si viaggiava in riserva) meglio farsi dare un passaggio, con tanica a mano, al piĂš vicino distributore. Può essere anche una sorta di sfida (dai, su, prova a darmi uno spintone) comunque da subordinare assolutamente alla stazza dellâinterlocutore. Che potrebbe anche raccogliere comunque il gesto presuntuoso e rispondere: Ah, se no te voi alterâŚ
EL GAâ LA LUNA â Per indicare che uno non è di buon umore. E quindi va, come dire, lasciato nel suo temporale isolamento. Diverso invece âel vòl la lunaâ. Dicesi di chi pretende troppo. Lâinterrogativo (Ma gat la luna?) mette sempre sul chi va lĂ lâoggetto dellâindagine. Che di solito reagisce cosĂŹ: âSĂŹ, e alora? Tonte domandĂ qualcos?â
TEGNIR UM EN BONA â Prima di Tangentopoli, anche in Trentino, era una pratica tacitamente ammessa nei rapporti tra cittadini e politici, meglio funzionari addetti a uffici per lâerogazione di contributi o agevolazioni di varia natura. Era ammesso anche il baratto. Ad esempio una decina di bottiglie di olio extravergine (cfr: Onzèr), una paio di metri di luganeghe, tre casse di mele. Dopo i noti scandali degli anni Novanta (peraltro reiterati anche in tempi piĂš recenti) si accettano solo contanti per evitare la tracciabilitĂ di carte di credito o assegni. La vicenda dei vitalizi dâoro insegna invece che il sistema, gradualmente, è riuscito a fare a meno di questo prebende esterne avviando un tipo di finanziamento endogeno, autoctonomistico. La reazione popolare: E pensar che me âl som tegnĂš en bona per aniâŚa me spese.
EN BIANCO PER MI, NA SPUMA PER EL BOCIA â Tipica frase al bar negli anni Sessanta-Settanta. Laddove era evidente la diversificazione della richiesta di consumazione tra vecchie e nuove generazioni. Adesso la situazione si è capovolta. Non è raro vedere un giovane ordinare uno spritz e aggiungere: âEl ghe daga en caffè anca al vecio valĂ â.
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i trentini – 6
VARA CHE TE SEI NEHâŚÂ Indicativo con scelta dellâaggettivo lasciata allâinterlocutore. Trattasi comunque quasi sempre di esagerazioni caratteriali. Cioè: guarda che sei ben stranoâŚ.guarda che quando pianti un chiodo⌠Lo spazio lasciato alla fantasia di solito non è accolto favorevolmente. La risposta piĂš frequente: PerchĂŠ ti alora?
MOLETE FORA. Invito ad uscire di casa, a frequentare gli amici, meno riferibile allâimpegno sociale. Per chi è ancora ingessato nel vestito buono della domenica o è reduce da un matrimonio, da un galĂ si tratta semplicemente di allentare il papillon, la cravatta, mettersi insomma comodo. Non in pigiama però se ci si trova in casa dâaltri. Possibili obiezioni: Come faga a molarme fora se som ai domiciliari?
SALUDEME LA SPOSA. Gesto di cortesia subordinato, negli effetti, al grado di parentela di chi manda questi saluti o ai rapporti di amicizia tra i due soggetti: mandante e ricevente. Accertarsi, prima di inviare questo saluto a distanza, soprattutto di come stanno andando le cose tra i due sposi. Se infatti nel frattempo si sono separati la frase suonerĂ come una evidente presa in giro. Possibili risposte da parte di un marito geloso: âPerchĂŠ, cosa ghat a che far ti co la me sposa?â
VANZIT QUALCOS? Richiesta di saldo nel computo dare/avere. Sempre e comunque in risposta ad atteggiamenti che lasciano immaginare pretese di pagamento o definizione di conti in sospeso di varia natura. La reazione può essere questa: Mi no, e ti?
AH, NO I GHE âN VEGN FORA. Tipico commento di un gruppo di pensionati di fronte a cantieri edili, soprattutto pubblici. Lâortodossia formale prevede che la frase sia pronunciata con le mani congiunte dietro la schiena e il capo che fa movimenti orizzontali da destra a sinistra (o viceversa) alzando gli occhi al cielo. Attenzione: i precari nel settore edile potrebbero avere reazioni violente. Tipo: Diaolporco no gavè gnent da far? Vara che vegno lĂŹ col pal de ferâŚ
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per capire i trentini – 5
SEM DEMOâ ARIVAI â Rassicurazione del conducente ai passeggeri quando di fatto tutti ormai hanno il corpo anchilosato per i disagi di un lungo, interminabile viaggio. Può indurre alla depressione cronica quando la frase è giĂ stata ripetuta piĂš volte nelle ultime tre ore. Di solito la reazione di chi è ancora in grado di parlare è la seguente: âMe sa che arivèm sĂŹ, ma a lâora del mai e nel dĂŹ del migaâ.
GAT ARIA DE LAâ? â Richiesta tecnica, professionale, nella sistemazione di serramenti o piastrelle o comunque di elementi che devono avere appunto un preciso spartiacque tra loro. Si può riferire anche allâaddetto al compressore. O, raramente, a chi è rimasto chiuso nellâascensore. Le risposte variano da âFin che te voiâ a ââCramento no sta butar peròâŚâ.
VA A FARTE CIAVAR â Due le scuole di pensiero per lâanalisi di questo imperativo. La prima: sta per lâaugurio di trovare un partner appassionato per un atto sessuale piĂš che soddisfacente e piĂš o meno concordato. La seconda: previsione certa di una truffa del quale lâoggetto sarĂ di lĂŹ a poco vittima nonostante lâavviso. Che però spesso è volutamente tardivo. Non è mai dato di sapere come poi realmente vada a finire.
DAMELA TOMELA â Partita di giro popolare. Ovvero la perfetta paritĂ â nel bilancio, nel baratto, in qualsiasi scambio commerciale â tra entrate e uscite. Serve anche ad indicare lâinutilitĂ di unâazione (damela tomelaâŚ.sem chi nĂŠ fodrai nĂŠ embastii) proprio in virtĂš del consuntivo citato in apertura. Nel dubbio, tra dato e ricevuto, ci si può sempre affidare al sistema âFermete nâatimo che fem do contiâ.
LâHAT PU VIST? â Domanda retorica (nel senso che la risposta è nota: âNo, no lâho propri pu vistâ) solitamente accompagnata da un gesto eloquente: braccia allargate e occhi al cielo. Eâ relativa a improvvise scomparse di chi doveva pagare qualcosa o restituire un favore o semplicemente render conto di un fatto che lo vede suo malgrado protagonista. Il piĂš delle volte negativo. Nel caso il soggetto irreperibile si facesse vivo casualmente sarĂ sempre accolto da âVei chi, vei chiâŚsi sĂŹ digo propri a ti, can da lâuaâ.
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come parla i trentini – 4
VEI CHI VALAâ. Eâ solo apparentemente un invito contraddittorio. PerchĂŠ valĂ in realtà è diminutivo di ebbenvalĂ (cfr. hebbenvallah). Questo nella forma. Nella sostanza resta intrinseca la scarsa volontĂ reale, sincera di invitare a venire da noi chi preferiremmo in cuor nostro restasse dovâè. In questo caso ebbenvalà è una tacita rassegnazione del trentino (MassĂŹ valĂ âŚ) ad un gesto di apertura che in effetti sarebbe chiusura a metĂ .
ZAâ CHE SON CHIâŚÂ Preludio ad unâazione non prevista, quasi obbligata dal caso (giĂ che sono qui). Indefinita e indefinibile (Podria nar a trovar la Gina o la Olga o la FrancaâŚno quela lâè massa lontana). OpportunitĂ colta al volo (Podo star chi anca a zena da voi, va bemâŚ). Rara la combinazione con atti di solidarietĂ (Podria giustarve quela taparela che scorlaâŚma no gò drio i atrezi oscia).
MAGNA QUEL CHE TE VOI. Concessione di ampia libertĂ ai commensali. Senza alcun obbligo o timore reverenziale nei confronti di chi ha preparato il pasto. PiĂš raro il âbevi quel che te voiâ anche perchĂŠ dipende dalla varietĂ della cambusa domestica. Assolutamente da evitare la postilla âtanto quel che vanza ghel dem ai rugantiâ: potrebbe ingenerare dubbi sulla qualitĂ degli alimenti proposti.
TUTMAL TE GAI NA BELA CERA. Frase che solitamente serve a mascherare il disagio di fronte ad un eccessivo aumento (o repentina diminuzione) di peso dellâinterlocutore. Detta durante la visita ad un amico/a ricoverato/a in ospedale è palesemente contraddetta dallâespressione del viso di chi la pronuncia. Tanto che si vede benissimo nella nuvoletta del non detto ma pensato: âElamadona se lâè mess mal, no lâavria mai ditâ.
LâERA NâOM COSIâ BOMâŚÂ Pronunciata durante le esequie, a bassa voce, facendo però in modo che il commento arrivi ai parenti del morto. Da evitare riferimenti al destino tipo âEh, prima o dopo la ghe toca a tutiâ. Soprattutto in presenza di anziani. Prima di completare la frase con quello che si pensa (âOdio, adès almem la sposa la pol finalmente vivere en pazeâ) uscire dalla chiesa e fare attenzione a chi sta nelle vicinanze.
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LASSA LI TUT COME L’E’. Si dice prima di uscire dal garage-officina all’amico di bricolage. Perchè di solito avanza sempre qualcosa una volta montato il kit Itea. Ma si usa anche dopo un tamponamento. Quando, evitata la constatazione amichevole (perchè dopo el so mi che vei sempre fora rogne…) si chiama la polizia stradale per un graffio sulla portiera. Infine è tipico in tempi di crisi, in riferimento al conto corrente. Con la speranza che senza prelievi al bancomat il saldo diventi attivo.
MONA. Anche un pretore trentino, negli anni settanta, ha sentenziato sul significato imbelle, inoffensivo di questo termine. Te sei en mona, sta per “sei uno sciocco, un cretino”. Diverso da imbecille o deficiente. Anzi, dar del mona a qualcuno significa inserirlo a tutti gli effetti nella propria cerchia di amici. Vei chi mona. valĂ , che te dago na man. ValĂ mona, no volevo miga far sul serio…Inutile dare della mona ad una donna per assonanza e assostanza. Sarebbe come dire che l’acqua è bagnata.
NENTE. Sempre seguito da punto di domanda. E detta da uno della compagnia che intende tornare presto a casa dalla sposa rifiutando l’ultimo giro di bianchi. Se si spazientisce farĂ seguire a Nente anche “o che fente?” Se si è solo in due bisogna usare il “Tei, nem valĂ che l’è tardi”. Rafforzativo: “Nem, se no te lasso a pè”.
OSTREGA. Ostrica. Ma serve piĂš che altro come in Dio C…amping, ad evitare bestemmie che si hanno sulla punta della lingua. In questo caso comunque si usa come aggettivo “disperativo”. “Ostrega, me despias…” “Ostrega…no elo nĂ en ferie? PecĂ …” O ancora come interpunzione. “Ostrega, me son dit, vaga o no vaga, ostrega…po’, ostrega, ghò pensĂ su e, ostrega, me som dit, l’è forse meio, ostrega, che staga a casa…te sei n’ostrega anca ti valĂ ”
PUTANA VACA. Espressione cacofonica. In genere inoffensiva e comunque non direttamente riferita al genere femminile. Diversa da putana bestia, troppo generica. E anche da “putana de to mare”, troppo specifica. Anche qui, come in ostrega, l’uso può essere esteso a varie situazioni. “Putana vaca, me son desmentegĂ de serar el gas”. O “Putana (de quela) vaca…i me serĂ l’Orvea”. “Ma putana vaca quant che metet a vestirte che sem zĂ en ritardo sporco, putana vaca”
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per capir el modo de parlar dei trentini
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FAGO TUT MI. In Lombardia tradotto con “ghe pensi mi”, in Veneto con “Faxo tuto mi” (cioè oltre a mandar via il fax, anche sms o messaggi mail se serve). Classica manifestazione di egocentrismo. Di solito implica anche una sorta di massima sicurezza nei propri mezzi e altrettanto disprezzo per le potenzialitĂ altrui. Classica anche la risposta a queste dimostrazioni di onnipotenza. Volelo far tut lu? Ma lassa che ‘l faga. Tanto, ogni dĂŹ vei sera. E tra zento ani anca lĂš el sarĂ soto tera coi so soldi…
GROP. Sta per nodo. Quello trentino serve di solito per “ligar su le robe sul trator”. Ogni grop fatto bisogna pensare anche al dopo. Cioè a quando bisognerĂ “desgratarlo”. Operazione non sempre felice. Grop sta anche per nodo alla gola. Qualcosa che sta sul gozzo. Il piĂš delle volte però deriva da problemi di alimentazione: “Ho magnĂ polenta e cunel…sono ancora engroppĂ : dame na sgnapa ala ruta valĂ ”.
HACCR…AMENTO. Parolaccia che prevede l’aspirazione iniziale. Ma non alla toscana (quella sarebbe hadonna hucaiola), proprio alla trentina. Cioè come se ti fosse scappata la macchina appena comprata, coi sedili ancora col nylon, giĂš dalla discesa per colpa del freno a mano non tirato. Ecco, la situazione drammatica è quella. Cui segue, quando è tornata un po’ di calma, la contrazione dello stesso termine (Cr…amento). Con pronuncia piĂš dolce. Come dire: se no gh’era quele bale de fem che i ha lasĂ quei de la trento-bondone sule curve la saria nada pezo.
IE. Deriva dal mondo contadino. E’ l’incitazione al bove, all’asino (al mulo no, di solito anche sotto naja davano solo un colpo di vibran nel sedere), ad animali da traino. Poi è andata al servizio della parlata moderna per invitare interlocutori lenti e logorroici (con problemi anche di dissenteria) a chiudere il discorso. O almeno le incidentali (non meno di una decina prima della pausa). Infine nei lavori forzati ha preso il posto di “Oh issa, oh issa”. Cioè: “Ie, che nem…ie che sem ormai sul pontesel co sto frigo dal cazzo…”
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