“TU NON HAI VINTO”

DA UNA FOTO, UNA STORIASatorArepoTenetOperaRotas

 

di Maurizio Panizza

 

Ci sono immagini che nascondono segreti. Saperle osservare senza pregiudizio, collegare più elementi, interpretare il contesto, consultare altre fonti, può diventare un’operazione molto interessante. Un’operazione che a volte può rivelare sorprese inaspettate.

“Scopro storie e le racconto.
Viaggio in grandi navi della memoria cercando voci, occhi e mani che sappiano descrivere le vicende dei miei personaggi. Di loro, qualcuno chiede verità e giustizia, altri solo pietà e comprensione.
In silenzio scruto immagini, ascolto parole, osservo sorrisi, condivido lacrime.
Entro lieve in queste storie e con uomini e donne, prima sconosciuti, ripercorro i passi delle loro vite. Poi inizio a scrivere.” (Maurizio Panizza, il cronista della storia).

“TU NON HAI VINTO”GetAttachment

Ettore Tolomei, l’uomo che nella prima metà del ‘900 divise i destini dell’Alto Adige, del Trentino e dell’Italia

 

Una decina di anni fa, in una buia notte d’estate, all’interno di un piccolo cimitero dell’Alto Adige veniva profanata una tomba. Non era la prima volta che ciò accadeva.

Nell’angolo del cimitero di Montagna, vicino al cipresso, il luogo dove era situata la tomba di Tolomei distrutta nel marzo del 1979

Nell’angolo del cimitero di Montagna, vicino al cipresso, il luogo dove era situata la tomba di Tolomei distrutta nel marzo del 1979

 In effetti, quella era solo una delle tante offese a cui era stato sottoposto il sepolcro da quando lì erano state tumulate, più di cinquant’anni prima, le spoglie mortali di un discusso personaggio. A dire il vero, il primo atto di terrorismo avvenne nel 1947, quando degli sconosciuti fecero saltare in aria il monumento funebre che l’uomo, ancora in vita, si era già fatto costruire. Un fatto analogo accadde poi nel 1957 e un altro ancora nel 1979. In quell’ennesima occasione il sarcofago rimase distrutto e i resti mummificati che conteneva furono scaraventati a molti metri di distanza. I continui lavori di ricostruzione furono sempre pagati dallo Stato.

Quello del 2006, di cui si diceva, fu dunque l’ultimo atto di vandalismo in ordine di tempo, almeno fino ad oggi. All’indomani, un giornale locale riportava in cronaca: “Durante il fine settimana, degli ignoti hanno scempiato la tomba di Ettore Tolomei nel comune di Montagna, imbrattandola con la scritta «Tu non hai vinto».

Ma chi era Tolomei, questo personaggio così odiato?

L’Enciclopedia Treccani (con la quale lui stesso collaborò) lo descrive così: “Tolomèi, Ettore, conte. (Rovereto 1865 – Roma 1952). Si adoperò per la diffusione della cultura italiana in Alto Adige, dando vita all’Archivio per l’Alto Adige (1906-47). Lottò per il confine del Brennero durante e dopo la prima guerra mondiale, fu commissario per l’Alto Adige e promosse la trasformazione in italiano della toponomastica e dei cognomi della regione.”

Pur con tutto il rispetto per la prestigiosa enciclopedia, questa vaga descrizione non spiega il motivo di tanto rancore e disprezzo. Vediamolo, dunque, da vicino, questo roveretano semi-sconosciuto alla maggior parte di noi e cerchiamo di capire.

La casa natale di Ettore Tolomei a Rovereto

La casa natale di Ettore Tolomei a Rovereto

Ettore Tolomei nacque in Trentino, da famiglia di origini toscane, il 15 ottobre del 1865 a Rovereto, in una grande casa situata sull’attuale Corso Bettini, angolo di via Paganini. Il padre era un ricco commerciante di legnami.

Già durante gli studi, Ettore manifestò un forte desiderio affinché il Trentino – il Sud Tirolo austriaco di lingua italiana – passasse all’Italia, corroborato in questo da un acceso nazionalismo respirato da sempre in famiglia.

Nel 1884 accadde un fatto che rafforzò ulteriormente il giovane Tolomei nelle sue convinzioni irredentiste. Il 4 gennaio la polizia arrestò il fratello minore, Ferruccio, di soli 15 anni, studente presso le scuole commerciali di Trento, per aver lanciato durante la notte dei volantini inneggianti alla ribellione contro l’Austria. Il gesto costò al ragazzo quattro mesi di carcere e la vicenda, seguita da Ettore a Firenze, dove frequentava l’università, lo colpì fortemente, facendo crescere in lui ancora di più il suo odio antiaustriaco.

Un’altra circostanza contribuì a formare politicamente il Tolomei:

Ettore Tolomei in mezzo ai fratelli Arnaldo e Ferruccio

Ettore Tolomei in mezzo ai fratelli Arnaldo e Ferruccio

l’incontro nelle aule universitarie con il prof. Bartolomeo Malfatti, pure lui trentino irredentista. Le costanti frequentazioni con il Malfatti avviarono il giovane roveretano verso un particolare interesse nella ricerca geografica e toponomastica, convincendolo che proprio dallo studio dei nomi si poteva dedurre che non solo il Trentino, ma pure il Sud Tirolo (l’attuale Alto Adige) avrebbero dovuto appartenere per diritto storico all’Italia.

Dopo essersi laureato e aver esercitato per pochi mesi l’incarico di professore di lettere presso il ginnasio italiano di Tunisi, il Tolomei rientrò in Austria con l’idea fissa di recitare un ruolo da protagonista nella battaglia per il passaggio della sua terra all’Italia.

Convinto che per prima cosa si dovesse lavorare sulla propaganda (in tal senso il Tolomei precorse i tempi), nel 1890 riuscì a farsi finanziare da un ricco industriale un settimanale tutto suo, “La Nazione Italiana”, uno strumento prezioso di promozione e di affermazione ideologica anche personale. Da qui il giovane professore iniziò la sua lunga e assillante campagna monotematica che lo accompagnò per tutta la vita, però con una distinzione importante rispetto ad altri irredentisti trentini: quella di pretendere sempre e senza condizioni pure l’annessione dell’Alto Adige, nome quest’ultimo da lui stesso riportato in auge dopo un breve uso in epoca napoleonica per indicare i territori che vanno da Salorno sino al Brennero.

La carta geografica di Tolomei che fissa i confini dell’Italia al Brennero

La carta geografica di Tolomei che fissa i confini dell’Italia al Brennero

Sosteneva, infatti, il Tolomei che i confini naturali dell’Italia, sia geografici che culturali, erano da fissare in coincidenza col crinale alpino del Brennero. Dalle pagine del suo settimanale (e più tardi da quelle dell’«Archivio per l’Alto Adige», altra sua creatura editoriale) arrivò addirittura a contestare l’esistenza storica e geografica del Sud Tirolo tedesco, negando più avanti anche la ragion d’essere dell’area di lingua e cultura ladina. Insomma, un fanatismo nazionalista che metteva in imbarazzo pure i compagni di lotta, i quali aspiravano sì a vedere riconosciuti i diritti del Trentino, ma che si trovavano in disaccordo su quanto sosteneva il Tolomei a riguardo dell’Alto Adige. Interessante, a tal proposito, una lettera che gli scriverà l’amico Paolo Orsi. Così ragiona l’archeologo: “Ho un dubbio tremendo che noi si domandi troppo e che per troppo volere non tutto si raggiunga: l’Alto Adige fino al Brennero potrebbe essere per noi una Vandea che ci darà noja per un secolo!”

Di rimando, il Tolomei afferma: “I sedimenti germanici nell’Alto Adige sono solo un residuo di conquista. Ma chiunque volti la gleba sul versante meridionale alpino, egli è italiano.” Ovvia la conclusione: per il prof. Tolomei l’Alto Adige è indiscutibilmente italiano per posizione, storia e cultura. Il fatto poi che sia abitato per la quasi totalità da genti tedesche, per il roveretano diventa una questione irrilevante, come a dire un’insignificante casualità storica.

Nel 1906, acquista a Gleno, nei pressi di Montagne, in provincia di

La torre della residenza di Tolomei a Gleno

La torre della residenza di Tolomei a Gleno

Bolzano, un maso che adatta a castello integrandolo con tanto di torre. Da lì in avanti, questo diventerà il suo quartier generale al quale darà il nome altisonante di “Museo della Rivendicazione dell’Alto Adige”.

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, capendo che la situazione in Austria stava diventando pericolosa e che quanto detto da lui, e tollerato dalle autorità fino a quel punto, poteva ora trasformarsi in alto tradimento, il Tolomei ritenne utile passare il confine e scendere in Italia. A questa decisione, seguirono mesi di intensissima propaganda nei circoli irredentisti romani, oltre a numerosi contatti con personaggi importanti, enti e ministeri per illustrare le prospettive tanto agognate.

Intanto l’Italia – gettata alle ortiche la Triplice Alleanza stipulata con Austria e Germania anni prima – stava ora per concludere un nuovo patto con Londra e Parigi. Un patto segreto che fra altre cose prevedeva, appunto, in caso di vittoria, il confine dell’Italia al Brennero.

Non possiamo dire quale ruolo diretto ebbe il Tolomei in tutto questo. Certamente si può affermare che la campagna di stampa battente da lui organizzata nel corso degli anni precedenti aveva finito per convincere anche i più elevati gradi della nomenclatura politica al Governo. E quindi, tenuto conto che all’epoca, a Roma dell’Alto Adige si sapeva poco o nulla, è evidente che in quella circostanza fu concesso al professor Tolomei, e ai suoi studi, un notevole credito di fiducia.

Il senatore Ettore Tolomei

Il senatore Ettore Tolomei

Oggi conosciamo tutti quali furono gli esiti della guerra e come portarono al disfacimento dell’Impero Asburgico. L’Austria, sconfitta, dovette cedere nel 1919 all’Italia, oltre a Trieste e all’Istria, pure il Trentino e l’Alto Adige: era la grande vittoria di Tolomei, attesa da sempre. Per il Governo, invece, l’Alto Adige iniziò ben presto a diventare un serio problema, rendendosi conto che la gestione di quel territorio si stava rivelando estremamente complicata.

Pochi anni dopo, nel 1922 con la “Marcia su Roma”, giunse al governo Benito Mussolini. Tolomei era pronto per riproporsi al nuovo arrivato che per lui, comunque, nuovo non era. Già aveva aderito l’anno prima al Partito Nazionale Fascista e ancora in precedenza aveva avviato un’intensa corrispondenza con il futuro Duce a riguardo della questione altoatesina.

Dunque, l’avvento del Fascismo trovò un Tolomei già pronto a condividere una politica di oppressione e violenza in luogo di quella di pacifica convivenza sin qui tentata dal Commissario Civile per la Venezia Tridentina, on. Credaro. Così, fra diverse vicende, nel ’23 si arrivò alla nomina di Tolomei a Senatore del Regno. Nello stesso periodo, sempre riguardo all’Alto Adige, lui dichiarò: “L’Italia deve affermare il suo diritto e il suo genio, reimprimendo

Al centro, Tolomei, nel corso di una sfilata fascista

Al centro, Tolomei, nel corso di una sfilata fascista

con tutti i nomi dei monti e delle acque, delle città e dei paesi fino all’ultimo casolare, il sigillo perenne del nazionale dominio.”

Nel ’28 Tolomei uscì allo scoperto decidendo di incontrare a Monaco un giovane Hitler ancora agli inizi della sua “carriera” politica. Con lui, convenne che affinché l’amicizia fra i due popoli potesse consolidarsi sarebbe stata necessaria una netta rinuncia della Germania all’Alto Adige. L’ipotesi venne accettata e così, con la disponibilità di Hitler, iniziò a delinearsi un più agevole percorso, ma le nefaste conseguenze non avrebbero tardato a manifestarsi.

A partire dal 1933, sulla base di un decreto fascista che costringeva la popolazione al cambio dei cognomi, il sen. Tolomei  si dedica alla stesura definitiva di un “Prontuario” di oltre seimila cognomi tedeschi da italianizzare: un’aberrazione. Ricavandone a campione solo alcuni da tale lista, il cognome Hofer, ad esempio, fu trasformato in Dal Maso, Arlanch divenne Arlango, Unterchirker Sottochiesa e Hittler tradotto in Dalla Capanna.

Uno “studio” di conversione effettuato a volte su basi etimologiche, in altre per sola traduzione o assonanza, in altre ancora per pura fantasia. A distanza di alcuni anni Tolomei, comunque, ammise: “L’applicazione delle norme è stata fatta un po’ troppo burocraticamente, senza la cooperazione degli enti scientifici meglio adatti ad assicurare la perfetta rispondenza alle ragioni storiche e linguistiche. Da ciò non pochi errori.”

Purtroppo eravamo solo all’inizio. Nel 1938 si arrivò a ciò che Tolomei invocava da sempre e cioè ad un atto risolutivo: il plebiscito. Il senatore era al settimo cielo: grazie a Mussolini e a Hitler la questione altoatesina stava per concludersi definitivamente. Egli scrisse più tardi nel suo Archivio: “Il trattato fra Roma e Berlino sul trasferimento dei sudtirolesi nel Reich Germanico è qualcosa di meraviglioso, la cosa più grande che sia stata intrapresa dalla Guerra in qua per l’assimilazione dell’Alto Adige.”

La triste partenza dopo le “opzioni”

La triste partenza dopo le “opzioni”

In un clima di forte violenza psicologica, con la regia di funzionari agli ordini diretti di Himmler, il novanta per cento della popolazione optò per la cittadinanza tedesca pur sapendo che ciò avrebbe comportato l’abbandono della terra e della propria casa in cui era vissuto per generazioni. Con quest’atto disumano, tutto ormai era  compiuto. Del resto, nel momento in cui Germania e Italia si apprestavano a conquistare l’Europa, la questione di quei 200 mila altoatesini non poteva e non doveva essere un problema per i rispettivi governi.

Ettore Tolomei, formalmente defilato in quella circostanza, ovviamente ne fu l’ideologo, il “mandante”, il responsabile morale. Dopo quarant’anni che studiava e predicava l’italianizzazione forzata del Sud Tirolo con la “rieducazione” politico-culturale degli abitanti di lingua tedesca; dopo che era stato proibito l’uso ufficiale del tedesco, chiuse le scuole, sciolti i partiti, soppressi i giornali,  sostituiti gli impiegati e i funzionari, insediati podestà italiani, cambiati i nomi dei paesi, delle località, delle vie e delle persone, il Tolomei non avrebbe mai potuto sentirsi estraneo a tale violenza, né, per la verità, mai tentò di farlo.

Quella perpetrata allora, noi oggi la chiameremmo “pulizia etnica” e chi ne fu l’artefice, adesso sarebbe considerato dai tribunali internazionali un vero e proprio criminale.

Ettore Tolomei

Ettore Tolomei

Ettore Tolomei, tuttavia, dopo la guerra proseguì tranquillo la sua vita ancora convinto di essere stato dalla parte del giusto. Morì a Roma nel 1952, alla veneranda età di 86 anni, quando per l’Alto Adige non era ancora arrivata la pace sociale.

Per quella terra allora sfortunata, sarebbero venuti infatti altri anni e altri problemi. L’accordo Degasperi-Gruber per l’autonomia era già stato stipulato, ma le dure manifestazioni per il “Los von Rom” e il “Los von Trient” (“Via da Roma” e “Via da Trento”) erano di là da venire, così come gli attentati dinamitardi, le trame dei servizi segreti, le uccisioni di carabinieri e di guardie di finanza, gli aspri contrasti politici fra la popolazione di lingua tedesca e di quella italiana. Tutte conseguenze di odio e di vendetta venute a seguito delle sciagurate decisioni ideate e volute soprattutto dal Tolomei.

Alla fine, comunque, per ritornare al titolo di apertura, il protagonista di questa storia non uscì vincitore dalla sua ostinata e assurda battaglia. Con gli anni, in Alto Adige vinse, invece – seppur faticosamente – la rappacificazione, la convivenza, il buon senso e la ragionevolezza.

Oggi il nome di Ettore Tolomei – ormai sconosciuto alle giovani generazioni – quando viene evocato, nella maggioranza dei casi esprime ancora fastidio, vergogna, rabbia e risentimento.

Il ruolo della società, della politica e delle istituzione rimane dunque sempre quello di fare in modo che la memoria rimanga ben viva, che gli errori del passato non vengano mai più ripetuti e che la riconciliazione vinca ogni volta sugli estremismi, da qualsiasi parte essi provengano.

 

Maurizio Panizzapanizza

© Il cronista della Storia

maurizio@panizza.tn.

 

 

 

 

Questa voce è stata pubblicata in Senza categoria. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento