TRENTO, ARTE E STORIA – 3

trento da vedere – 306

Dinnanzi al già fastoso palazzo madruzziano delle Albere viene spontaneo riandare col pensiero alle vicende della potentissima famiglia dei Madruzzo: il loro castello avito posto a presidio della strada romana che dalla pianura padana conduceva in Germania per la val del Sarca e la val di Cavedine; i primi Madruzzo che tennero il castello, successivamente danneggiato, ricostruito ed ampliato fino alla fine del Trecento; i secondi Madruzzo, il cui capostipite Giovanni gaudenzio non solo ricostruì ed ampliò castel Madruzzo dov’era nato, ma riadattò anche castel Toblino e portò alle classiche forme attuali castel Nanno, la dimora dei suoi avi. Dalla seconda famiglia Madruzzo è derivata la sucessione ininterrotta di principi vescovi che ressero le sorti del Principato tridentino dal 1539, col grande Cristoforo Madruzzo, succeduto a Bernardo Clesio, al 1658, con Carlo Emanuele. Al centro d’Italia, fra le province di Ascoli Piceno e Macerata, si distende l’imponente catena dei monti Sibellini, nella quale svettano picchi particolarmente alti come ad esempio il monte Vettore (2400 metri) e il monte Bove (2113 metri). Ai piedi di quest’ultima cima si trova il piccolo centro di Visso, ricco di storia e di monumenti artistici. A Visso si trovano ancora stemmi della famiglia Madruzzo, perché Cristoforo Madruzzo, fra i vari incarichi di cui fu investito, come ad esempio l’amministrazione apostolica della diocesi di Bressanone o il governo di Milano e di Spoleto, fu anche legato pontificio della Marca di Ancona e di Ascoli, e nelle Marche pure governò la cittadina di Visso dal 1550 al 1578, anno della sua morte. Per l’esattezza Cristofoto Madruzzo governò Visso tramite un commissario generale cui aveva concesso ampi poteri. Dopo Cristoforo Madruzzo Visso perdette l’ampia autonomia che aveva goduto fin dal tempo dei liberi comuni e venne completamente assoggettata al potere temporale della Chiesa. Cristoforo Madruzzo lasciò il governo del Principato vescovile tridentino ancora vivente, nel 1567, e andò a vivere a Roma: a Tivoli lo colse la morte e venne sepolto nella chiesa di S. Onofrio sul Gianicolo, dove fu tumulato più tardi anche suo nipote Ludovico, pure lui principe vescovo di Trento dal 1567 al 1600. Nella cappella madruzziana del tempio romano le sue tombe sono prive di iscrizione, e quella di Cristoforo Madruzzo si può distinguere dall’altra solamente per la fattura dello stemma. Cristoforo Madruzzo, infatti, come amministratore apostolico della diocesi di Bressanone, aveva potuto abbinare, a differenza del nipote Ludovico, l’insegna araldica del suo casato a quelle del Principato vescovile di Bressanone e del Capitolo del duomo di quella città, rappresentate rispettivamente dall’agnello col vessillo crociato e dall’aquila caricata del pastorale

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