“Trento è un’isola! 18 morti nelle valli”. Così titolava il giornale “l’Adige” l’edizione di domenica 6 novembre 1966, due giorni dopo la sera del tragico evento. Nell’occhiello specificava:
“L’Adige ha tracimato a Roncafort ed ha invaso da nord la città – Una macchia nera e rossa penetra nelle strade: benzina e nafta dilagano – E’ aperto soltanto il collegamento con Verona – Dalla Valsugana notizie disastrose: pare sia la zona più colpita – Stato d’emergenza ovunque – E’ in atto l’opera di soccorso”.
Nel piccolo riquadro in alto, a destra della testata:
“AMICI LETTORI, la rotativa del vostro quotidiano è stata sommersa dalle acque. Nonostante quest’ora anche per noi dura e difficile, abbiano voluto uscire egualmente in edizione di emergenza per recarvi le principali notizie del giorno dedicate alla alluvione”.
Erano già trascorse più di ventiquattro ore dal momento della tracimazione dell’Adige e solo allora si cominciava a fare un primo, sommario, bilancio sui danni e sulle vittime causate. Immagini di automobili sommerse, gente in barca per le vie della città, la Torre Vanga che sembrava emergere dalle acque come in origine. Ma cosa realmente accadde in quel tragico novembre 1966? Quali le cause, reali?
Quali eccezionalità meteorologiche hanno coinciso con le ondate di piena? Una particolare situazione meteorologica con il soffermarsi di cellule cicloniche in prossimità dell’Italia e il contrasto tra due correnti, una meridionale calda e una settentrionale fredda, provocarono piogge di elevata intensità e durata.
Propongo subito al riguardo il link di un video molto interessante (ed eloquente) postato in Youtube da Aldo Pasquali il 7 marzo 2013.
Il 4 novembre 1996, a trent’anni dall’alluvione in Trentino (il prossimo anno, il 2016, coinciderà col quarantesimo tragico anniversario) il giornale “l’Adige” di Trento (Editrice NET srl) di cui allora era direttore Giampaolo Visetti, allegò al quotidiano un supplemento ricco di fotografie, testimonianze, servizi su quello che fu definito “L’autunno del finimondo”. Progetto editoriale di Sandro Moser. Grafica: Maria Conforti. Foto di Flavio Faganello e Giorgio Rossi (con la collaborazione di Piero Cavagna). Da quella pubblicazione ho ricavato le foto che ripropongo. La qualità purtroppo non è delle migliori. Si tratta pur sempre della copia, su carta di giornale, di foto scannerizzate da giornale. Rendono comunque l’idea – grazie soprattutto agli scatti degli indimenticabili Faganello e Rossi – di quello che capitò in Trentino nei primi giorni di quel novembre 1966 .
Prima delle foto però un altro documento importante. La memoria dell’ing. Pietro Armani, poche settimane dopo il disastro. Con tutti i dati sulle precipitazioni di quei giorni e delle concause dell’alluvione.
CLICCA QUI SOTTO:
COME, QUANDO, QUANTO E PERCHE’
CRONACA FOTOGRAFICA
DI UN DISASTRO
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Trento, 5 novembre 1966 (Foto Flavio Faganello)
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Mezzano invasa dal fango (Foto Giorgio Rossi)
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% novembre 1966: in via Tommaso Gar, allagata, una famiglia si mette in salvo su una canoa con l’aiuto di un vigile del fuoco e un giovane volontario (Foto Giorgio Rossi)
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Trento, via Rosmini. Per due giorni in molte zone della città fu possibile spostarsi solo in barca. A destra, il vecchio distributore di benzina: dalle cisterne si svuotarono sulla città enormi quantità di carburante (Foto Giorgio Rossi)
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Piazza Mostra a Trento: è il punto di approdo di decine e decine di trentini tratti in salvo dai vigili del fuoco e militari del Genio nella zona di via S. Martino e via Suffragio. Piazza Mostra diventò per alcuni giorni un piccolo “porto” di sfollati (Foto Flavio Faganello)
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Canezza, all’imbocco della Val dei Mocheni, pochi chilometri a monte di Pergine Valsugana, una folla guarda allibita il ponte che la furia del Fesrina ha distrutto (Foto Giorgio Rossi)
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Trento, la stazione delle autocorriere allagata. Sullo sfondo l’hotel Astoria, che subì gravissimi danni (Foto Flavio Faganello)
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Campotrentino, una delle zone più colpite dall’alluvione. Un vigile del fuoco distribuisce il latte, fatto arrivare a Trento da Rovereto. Per giorni la situazione degli approvvogionamenti rimase precaria (Foto Giorgio Rossi)
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La diga di Santa Giustina: l’alluvione avrebbe potuto assumere le dimensioni di una tragedia biblica per la valle dell’Adige, se non fossero state trattenute le acque eccedenti del bacino idroelettrico
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Una scena di distruzione delle campagne di Campotrentino, dove più violenta fu l’ondata di piena dell’Adige. Qui due agricoltori recuperano in qualche modo le carcasse delle mucche uccise dall’alluvione (Foto Giorgio Rossi)
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L’onda di piena invade la valle dell’Adihe. La zona dei Murazzi, tra Trento e Rovereto, completamente sommersa. Unica via di comunicazione per i pedoni, il tracciato ferroviario (ma i treni rimasero a lungo bloccati perché, tra l’altro, l’acqua aveva bloccato la stazione di Trento (Foto Giorgio Rossi)
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Scene di ordinario “salvataggio” nel centro di Trento. Furono numerose le famiglie portate in salvo dai volontari, che affiancarono i vigili del fuoco e i militari nelle operazioni di assistenza agli alluvionati (Foto Giorgio Rossi)
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Non fu solo l’Adige il protagonista dell’alluvione. Anche l’Avisio terribilmente ingrossato causò danni gravi lungo il suo corso: qui il crollo delle case a Lavis, vicino al vecchio ponte Loreto (Foto Flavio Faganello)
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Le rovine del torrente Chieppena: in primo piano l’onorevole Carbonari (Foto Flavio Faganello)
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L’esodo dal paese di Ischiazza in val di Cembra (Foto Flavio Faganello)
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La devastazione a castel Tesino (Foto Flavio Faganello)
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Scene di desolazione a Campotrentino dove l’Adige tracimò con più violenza. Molte famiglie di agricoltori persero tutto, dai campi al bestiame (Foto Giorgio Rossi)
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La val di Fiemme fu tra le valli più colpite dall’alluvione. La rabbia dei corsi d’acqua e gli smottamenti interessarono paesi e frazioni distruggendo case e strutture con una violenza che il fondo valle non conobbe (Foto Giorgio Rossi)
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Una casa sventrata nel Primiero. Nella valle furono gravissimi i danni riportati dalle case e dalle infrastrutture (Foto Giorgio Rossi)
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Un’altra immagine di Fiera di Primiero: per giorni la zona rimase completamente tagliata fuori dal resto della provincia: non si poteva telefonare, le strade erano interrotte, gli acquedotti contaminati (Foto Giorgio Rossi)
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Allagamento all’imbocco del viadotto ferroviario tra la stazione Atesina e l’hotel Astoria. Interi quartieri di Trento rimasero per giorni isolati (Foto Flavio Faganello)
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Enrico Paissan, in via Rosmini, porta in salvo due bambini. I giovani di allora, a Trento come a Firenze, giocarono un ruolo importante nell’assistenza e nel lavoro di primo soccorso, scoprendo una nuova frontiera dell’impegno e del volontariato che negli anni successivi avrebbe trovato grande applicazione (Foto Giorgio Rossi)
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Un’immagine eloquente della gravità dell’alluvione
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Un’anziana sfollata stringe tra le mani un assegno di solidarietà (Foto Flavio Faganello)
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Lung’Adige Marco Apuleio: il fiume è ormai al limite: i residenti di Piedicastello vissero ore di paura, mano a mano che il livello dell’Adige si alzava sotto i loro occhi (Foto Flavio Faganello)
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Via Pozzo, con a destra l’ingresso alla stazione delle autocorriere e, sullo sfondo, il campanile di Santa Maria Maggiore (Foto Giorgio Rossi)
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Distribuzione di latte a Trento in piazza Catena da parte dei vigili del fuoco arrivati in Trentino da Alessandria (Piemonte) – (Foto Giorgio Rossi)
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E’ il 7 novembre e si scruta con ansia il livello dell’Adige all’altezza del ponte di S. Lorenzo, dove venivano effettuati i controlli sul livello della piena, che si sta lentamente abbassando (Foto Giorgio Rossi)
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Auto recuperate dalle strade allagate
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Edo Benedetti, sindaco di Trento nei giorni dell’alluvione
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Le campagne della bassa Valsugana (qui i dintorni di Strigno) subirono gravissimi danni dall’alluvione (Foto Flavio Faganello)
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Si salva quello che si può
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Una casa devastata a Villa Agnedo, in bassa Valsugana, dai detriti trascinati a valle dai torrenti in piena (Foto Flavio Faganello)
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Un’altra immagine di distruzione
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Gli argini travolti dal Rio Bianco in val di Fiemme (Foto Giorgio Rossi)
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Alto anche il numero delle vittime
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Predazzo, i primi sofferti interventi di recupero dopo i giorni del diluvio (qui nei pressi della centralina idroelettrica) – (Foto Giorgio Rossi)
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Il torrente Chieppena nei giorni successivi all’ondata di piena. Considerato uno dei corsi d’acqua più sicuri del Trentino, nel novembre del 1966, trascinò a valle una quantitò enorme di massi (Foto Flavio Faganello)
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Così il giornale l’Adige in quei giorni
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Lo smottamento di Cassana che causò la morte di due persone. Fu l’incidente più grave verificatosi in val di Sole (Foto Flavio Faganello)
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Vigili del fuoco a Ches, in val Rendena, dove sotto una frana morirono tre persone Il torrente Chieppena nei giorni successivi all’ondata di piena. Considerato uno dei corsi d’acqua più sicuri del Trentino, nel novembre del 1966, trascinò a valle una quantitò enorme di massi (Foto Giorgio Rossi)
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Militari del Genio a Predazzo accanto ai resti di un ponte travolto dall’ondata di piena (Foto Giorgio Rossi)
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Per giorni i titoli furono drammatici
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Una panoramica del Primiero alcuni giorni dopo il culmine dell’alluvione: qui siamo a Fiera ed è possibile intuire la violenza dell’inondazione (Foto Giorgio Rossi)
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Mezzano: un ponte di fortuna costruito su una roggia. Sullo sfondo si possono vedere i detriti trascinati a valle dall’ondata di fango, detriti che sommersero il paese distruggendo tutto (Foto Giorgio Rossi)
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Panoramica della colata di fango che investì Mezzano nel Primiero: il costone della montagna restò precario per giorni; molte delle nuove case appena costruite vennero irremidiabilmente danneggiate. Si trattava di abitazioni costruite col lavoro di una vita, spesso all’estero (Foto Giorgio Rossi)
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Ischiazza in val di Cembra. L’intero paese venne evacuato. La gente portò in salvo tutti gli arredi sacri della chiesa. Qui il “salvataggio” della campana (Foto Flavio Faganello)
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Il trasporto di un malato a Tezze Valsugana nei giorni successivi all’inondazione (Foto Flavio Faganello)
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I massi trascinati a valle dal torrente Chieppena hanno invaso e bloccato la ferrovia della Valsugana (Foto Flavio Faganello)
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Panoramica del Vanoi dopo i giorni dell’alluvione (Foto Giorgio Rossi)
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Una panoramica di Mezzano, diventato paese simbolo del dramma vissuto dal 4 al 10 novembre dal Primiero. Il paese venne aggredito da una colata di fango e detriti (Foto Giorgio Rossi)
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Scena di distruzione a Predazzo. Le località di montagna furono funestate in quei giorni soprattutto da frane e smottamenti, causati dalle violente piogge. Predazzo fu una delle località che più ebbero a soffrire da un sistema idrogeologico improvvisamente impazzito (Foto Giorgio Rossi)
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Val di Fiemme: pochi giorni dopo l’ondata di maltempo si ebbe la piena consapevolezza dei danni e delle devastazioni (Foto Giorgio Rossi)
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Trento, il “tombone” ferroviario di piazza Centa, una delle poche vie di comunicazione che unisce il popoloso quartiere di Cristo Re al centrocittà. Il passaggio rimase completamente sommerso (Foto Giorgio Rossi)
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Via Segantini a Trento sommersa dalla piena dell’Adige. Pochi coraggiosi scendono in strada usando un canotto (Foto Flavio Faganello)
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La stazione delle autocorriere di Trento Completamente allagata. I collegamenti sia dell’Atesina che della Trento-Malè furono bloccati a lungo. Sullo sfondo si può vedere la basilica di S. Lorenzo completamente sommersa
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Via Belenzani, a Trento, allagata. Sulla sinistra c’era l’ufficio centrale della “Telve” che subì notevoli danni. Le comunicazioni telefoniche furono interrotte su vaste aree della città e in intere vallate
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Via Prepositura a Trento: l’acqua si sta lentamente ritirando ed i soccorsi possono farsi più efficaci. Molte famiglie restarono bloccate in case senza gas, acqua e telefono
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Sul Lung’Adige, a Trento, prima che la situazione diventasse drammatica. Come era ancora d’uso allora, quando l’Adige era in piena, ci si recava sulle sponde per “catturare” con i rampini il legname trascinato dalla corrente (Foto Giorgio Rossi)
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“Zatterieri” improvvisati lungo le vie allagate di Canova di Gardolo (Foto Flavo Faganello)
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Uno dei punti di tracimazione dell’Adige in città, qui la sera del 4 novembre all’altezza dello stabilimento Michelin (Foto Flavio Faganello)
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Traffico bloccato in centro: qui, di fronte all’azienda di turismo vicino ai giardini di piazza Dante dove più intensa arrivò l’ondata di piena (Foto Flavio Faganello)
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La piena si è ritirata, cominciano a Trento i primi lavori di recupero e ripristino. Qui vediamo via Belenzani all’altezza della sede dell’allora Telve, che era stata completamente sommersa la notte tra il 4 e il 5 novembre (Foto Giorgio Rossi)
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Un’immagine quasi “lunare” della piana Rotaliana, trasformata in una gigantesca palude dall’ondata di piena dell’Adige, che nella piana ruppe gli argini in parecchi punti causando ingenti danni alle coltivazioni e alle vie di comunicazione (Foto Giorgio Rossi)
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