a cura di Cornelio Galas
Le trasformazioni
1942 e 1943: due anni “chiave” per l’organizzazione del Servizio
di Maria Gabriella Pasqualini *
Il terzo anno di guerra iniziava con una certa “confusione” nel campo dell’informazione militare, cioè con la presenza di quattro enti addetti, ma con difficili capacità di coordinamento da parte dell’organo superiore, anche per mancanza di decisione e chiarezza da parte di chi aveva deciso ordinamenti e competenze.
Amè, nel 1944, sulla base delle esperienze vissute nell’appunto più volte citato, fatto ad uso del suo successore, colonnello Agrifoglio, dopo il breve periodo del “Commissario” Carboni (agosto 1943-ottobre 1943) -, criticò aspramente questa situazione, notando che vi era una sostanziale anomalia considerato che nel settore difensivo le zone di prevalente interesse navale e aereo (basi e piazze navali e aeree) rimanevano, per il controspionaggio e per la polizia militare, sotto l’esclusiva giurisdizione di speciali organi della Marina e dell’Aeronautica. Quindi, secondo Amè, nel 1941 era stata delineata la figura di un organo informativo superiore coordinatore con funzioni direttive che, comunque, rimanevano strettamente contenute nel campo difensivo…
Di contro, le sempre più chiare caratteristiche della lotta unitaria degli aspetti terrestri, navali e aerei si riflettevano sugli orientamenti e sulle linee direttrici della ricerca informativa con tale interdipendenza di elementi che nussun apprezzamento di situazioni, nessuna valutazione (di ampio rupiro era ormai più possibile se non rivolgendo sguardo ed attenzione a tutte le manifestazioni avversarie nel triplice campo operativo… così l’aggressione avversaria manifestantesi con iniziative molteplici neL campo dello spionaggio e del sabotaggio, si rivolgeva contro obiettivi a volta a volta di carattere terrutre, navale ed aereo, in funzione delle necessità generali ed operative ed esigeva da parte nostra fronte unico di difesa, unità di metodi e di procedimenti concorde finalità di azione.
Bisogna dire che Amè ha sempre ripetuto lo stesso concetto, anche se quando era Capo Servizio si era espresso con maggiore cautela e attenzione. Per dare un quadro completo e sintetico degli organi di controspionaggio, agli inizi del 1942, a migliore comprensione delle varie trasformazioni, occorre sottolineare che la situazione era la seguente:
- Organo direttivo presso il Comando Supremo: S.I.M. (Sezione “Bensignore”) che aveva la funzione di alta direzione e coordinamento di tutta l’attività controinformativa militare. Organi esecutivi erano i Centri C.S. dipendenti dalla stessa Sezione, in Italia, all’estero, nei territori coloniali e di occupazione.
- Organo direttivo presso lo Stato Maggiore Marina (S.M.M.): il S.I.S. (Ufficio “E”), che in coordinamento con il S.I.M., doveva dirigere l’attività
controinformativa nelle piazze marittime. Gli organi esecutivi del S.I.S. erano i Centri C. S. dell’Ufficio “E”. - Organo direttivo presso lo Stato Maggiore dell’Esercito (S.M.E.): il S.I.E. che dal 1° febbraio 1941 era passato alle dirette dipendenze del Sottocapo di S.M.E. per le operazioni.
- Organo direttivo presso lo Stato Maggiore Aeronautica (S.M.A.): il S.I.A., con competenze similari a quello della Marina, nel campo di specifico interesse aeronautico. Gli organi esecutivi erano i Nuclei controinformativi da esso dipendenti.
Organo direttivo presso i Comandi Superiori delle Forze Armate o i Comandi di Armata (C.A.), erano: Capo Ufficio “I”, che dirigeva il controspionaggio all’interno delle Grandi Unità (G.U.), avendo alle sue dipendenze un ufficiale dei Carabinieri, responsabile del controspionaggio e consulente tecnico. Le direttive ai fini del coordinamento e della collaborazione nel settore venivano date dal S.I.M. Gli organi esecutivi degli Uffici “I” erano costituiti da personale organico o assegnato, proveniente dai Centri della “Bonsignore”, quando fosse ritenuto necessario lo svolgimento di particolare attività in favore delle G.U.
Il criterio generale al quale doveva ispirarsi l’attività di controspionaggio presso i Comandi Superiori e le Armate in territorio nazionale era che gli Uffici competenti dovevano far capo all’organo del Comando Supremo, in quanto il settore era svolto esclusivamente dai Centri del S.I.M.
Per le Armate di occupazione, il discorso era diverso in quanto difficoltà ambientali e forme particolari di lotta contro ribelli o formazioni partigiane rendevano l’azione di polizia militare essenzialmente operativa, e come tale investiva funzioni e responsabilità del Comando stesso.
In questa particolare situazione, dunque, il servizio di controspionaggio doveva rimanere contenuto in un suo caratteristico campo di azione, con orientamento e sviluppo adeguati alle proprie competenze. Poteva essere opportuno in alcune località occupate istituire degli organi speciali, sulla falsariga dei Centri operanti sul territorio nazionale. In questo caso competeva istituzionalmente al S.I.M. stabilire l’entità, la costituzione e la dislocazione di quegli organi, che non rimanevano alle dipendenze tecniche e amministrative del S.I.M., ma venivano “assegnati” agli Uffici “I” per l’impiego.
Per l’ 8^ Armata (in Russia), assai lontana dalla madrepatria e con speciali condizioni di lotta, estese anche alle retrovie, era stato ritenuto di accentrare presso il Capo di quell’Ufficio “I” la direzione e la condotta sia del servizio di controspionaggio sia della polizia militare, per assicurare un’organizzazione aderente alla situazione molto particolare.
Per l’Albania e l’Egeo, il servizio di controspionaggio era stato organizzato con direttive unitarie dal S.I.M., dal quale dipendeva per la linea tecnico-amministrativa. Per l’impiego, gli organi di controspionaggio rimanevano “assegnati” ai rispettivi Uffici “I”.
Per l’Africa settentrionale era stata rilevata la possibilità in tal une zone di istituire degli organi speciali uguali ai Centri operanti sul territorio nazionale. Era competenza del S.I.M. stabilire e ubicare i moduli dell’intera organizzazione: tali organi rimanevano anch’essi alle dipendenze tecnico-amministrative del S.I.M., ma “assegnati” per l’impiego all’Ufficio “I” del Comando Superiore delle Forze Armate in Africa settentrionale.
Quali che fossero le critiche rivolte alle decisioni prese a livello superiore, Amè, che nel 1942 era stato promosso generale di brigata, cercò in ogni maniera di far “maturare” il Servizio e di “fare risultati” nel proprio settore, anche se il coordinamento non era facile e certamente parco di molte soddisfazioni, nonostante i sempre soddisfatti promemoria o rapporti che presentava alle superiori Autorità.
Il 4 agosto 1942, firmata dal Capo di S.M.G., venne inviata a tutti i Comandi interessati una circolare sulla organizzazione e i compiti dell’attività di controspionaggio, indubbiamente “ispirata” dal generale Amè. Secondo quanto scritto, si imponeva la necessità di pianificare i compiti e le attribuzioni degli organi centrali e di quelli periferici nel settore della polizia militare e del controspionaggio; circolare anticipatrice di quanto sarebbe successo, pochi mesi dopo, con l’unificazione di quelle attività sotto un unico organo, il S.I.M.
Nella circolare i compiti del controspionaggio militare venivano così sintetizzati:
tutela del segreto militare, che si assicurava con a) una azione preventiva (con l’emanazione di direttive e norme di polizia militare; con consulenze, controllo, vigilanza e con interventi particolari); b) azione repressiva (individuazione e eliminazione di reti e di agenti avversari); lotta contro il sabotaggio e contro la propaganda avversaria tra le Forze Armate, attività condotte da agenti segreti o emissari nemici.
Nella circolare si specificava che non rientravano nei compiti del controspionaggio sia l’attuazione di misure a tutela del segreto, al quale dovevano provvedere degli organi di polizia militare; sia la lotta contro il sabotaggio e la propaganda tra le truppe, alla quale dovevano provvedere le truppe, gli organi appositamente esistenti presso gli Stati Maggiori, i Comandi dei Carabinieri territoriali, i Comandi dei Carabinieri mobilitati presso le unità operanti, la stessa Pubblica Sicurezza.
Il giorno successivo alla data della predetta circolare del Capo di S.M.G., il 5 agosto 1942, Amè inviò a tutti i Centri di controspionaggio una propria circolare con la quale impartiva direttive d’azione circa l’organizzazione dei compiti e dell’attività di controspionaggio. Tali direttive erano volte a orientare attività e rendimento dei Centri su ben definite basi di compiti e di azione e a ottenere il conseguimento dei nostri obiettivi in ambiente di sempre più stretta ed armonica collaborazione, come indicano la crescente delicatezza e complessità del nostro lavoro.
In essa si chiariva che la Centrale era l’unico organo deputato a dirigere ogni attività, ed era la sola guida dell’azione che aveva la disponibilità di tutti i mezzi, la valutazione delle necessità generali, che consentiva di impartire le disposizioni, aderendo alle direttive superiori. Il suo intervento era determinante nell’orientamento, nel tempo e nella intensità; era la responsabile di ogni attività del Servizio.
Era evidente che nessuna iniziativa complessa e nessun orientamento verso nuovi obiettivi potevano essere sviluppati, se non con la piena approvazione e cognizione della Centrale. Ne conseguiva l’esigenza di un aggiornamento continuo sull’attività dei Centri, che avevano l’obbligo pertanto di riferire costantemente le caratteristiche sostanziali della loro attività, oltre alle informazioni raccolte. Nussuna minorazione doveva intervenire da ciò alla libertà d’azione e all’iniziativa di cui godevano i Centri nell’ambito della loro competenza.
Il Capo Centro dirigeva e conduceva personalmente l’attività dei suoi subordinati: ne era l’ispiratore, l’eccitatore, il moderatore. Nel campo di azione e responsabilità, era figura nettamente preminente. Anzi, per le particolari esigenze del servizio, essendo unico responsabile doveva essere un accentratore: questo era il consiglio che veniva dato.
L’ufficiale che da lui dipendeva, se presente, partecipava alle direttive e all’orientamento tracciato dal Capo, non limitandosi ad essere un burocrate, ma dando la sua collaborazione in modo attivo, sostituendolo, in caso di assenza, con energia e senso di responsabilità… operando nel quadro delle direttive ricevute.
Le direttive poi tracciavano anche le caratteristiche del sottufficiale che veniva considerato un prezioso esecutore, collaboratore del Capo Centro, in ben definiti limiti di azione. Aveva dei compiti chiari e determinati, non poteva influire con orientamenti personali sul servizio né poteva determinare o condurre in proprio azioni di un certo rilievo. Doveva eseguire e obbedire con intelligenza e con passione. Solo in casi di inderogabile urgenza poteva intervenire di iniziativa, quando però avesse avuto elementi razionali per farlo.
Amè annotava ancora che lunghe permanenze nella stessa sede, se contribuivano alla conoscenza dell’ambiente, in modo utile al servizio, potevano però condurre il sottufficiale ad essere irretito da relazioni locali talora inceppanti deviatrici, pericolose. In questi casi il Capo Centro doveva vigilare ed intervenire con immediatezza. Questa ultima postilla riguardava, almeno per iscritto, solo i sottufficiali. Per gli ufficiali, nei pochi casi conosciuti, la questione si presentava sempre assai più delicata e veniva risolta direttamente a Roma, con la dovuta discrezione.
Nella sua circolare Amè dava particolare rilievo alla collaborazione tra i Centri, che doveva essere reciproca, fiduciosa e leale. Probabilmente specchio di quello che era successo, si legge nelle direttive: nessuno deve quindi temere che il suo lavoro possa essere sottovalutato, se debba, ad esempio, rinunziare, quando necessario, a compiere o ultimare operazioni di servizio in favore di altro Centro che !a dituazion.e indichi come più idoneo al compito. In questi sarà, anzi, tenuto in debito conto dello spirito di collaborazione e di cameratismo dimostrato.
Dunque se il Capo Servizio aveva ritenuto opportuno sottolineare questo aspetto nelle direttive, era evidente che, oltre ai noti elementi di difficoltà ambientale di lavoro, si erano manifestate gelosie fra i Centri, che avevano probabilmente ritardato il conseguimento di alcuni risultati.
L’attività svolta nel settore del controspionaggio militare nell’anno 1942 fu comunque piuttosto interessante, anche perché nell’ottobre, per quanto riguardava il settore difensivo, fu ordinata l’unificazione del controspionaggio militare, una misura sicuramente di grande importanza, in quanto poteva assicurare la necessaria unità difensiva contro lo spionaggio e il sabotaggio avversario, che in quel particolare anno si era andata intensificando, in conseguenza appunto dell’andamento del conflitto.
L’unificazione fu sicuramente un punto di svolta nell’evoluzione dell’attività controinformativa, ma soprattutto divenne la base necessaria per quegli ulteriori cambiamenti, che sarebbero però giunti solo nel 1943 con un certo ritardo sugli avvenimenti.
I risultati più importanti raggiunti in campo organizzativo nel 1942 furono i seguenti: erano stati attribuiti al S.I.M. il coordinamento e la direzione tecnica del servizio di controspionaggio presso gli Uffici “I” dei Comandi Superiori delle Forze Armate in Albania, nell’Egeo, in Africa settentrionale, e delle Armate operanti nei territori di occupazione, ed era stato unificato nel S.I.M. il servizio di controspionaggio per tutte le Forze Armate.
Analizzando su una mappa la posizione dei Centri C.S. all’estero, era evidente che il gran numero di essi gravitava intorno al bacino mediterraneo, sviluppandosi verso gli Stati dell’Europa sud-occidentale balcanica, essendo quelle le zone considerate di particolare interesse bellico nazionale e al tempo stesso quelle di più facile penetrazione.
È altresì da notare che per la maggior parte i Centri furono aperti durante la guerra, esattamente nel periodo peggiore per simile attività ed ecco perché, secondo Amè, furono ricercate le linee considerate di minore resistenza, per potenziare il controspionaggio all’estero.
Vi erano certamente delle zone in cui si verificava sovrapposizione di competenze (come quella ad esempio del gruppo dei Centri di Tangeri, Ceuta e Algeciras); in altre vi erano invece delle deficienze operative, come ad esempio in Egitto o nel Vicino Oriente, considerati settori ostici alla penetrazione italiana e tedesca. Fu in quel periodo che il Servizio decise di richiamare anche degli ufficiali di complemento sicuramente esperti di quelle zone.
Un esempio particolarmente noto: nel giugno del 1940, pochi giorni dopo l’entrata in guerra dell’Italia, Amè faceva, ad esempio, richiamare in servizio il capitano del genio Paolo Caccia Dominioni, già in congedo illimitato, che in quel momento si trovava ad Ankara, in qualità di direttore dei lavori della nuova sede dell’ambasciata d’Italia, alle dipendenze del Ministero degli Affari Esteri. Caccia Dominioni era un ingegnere, che aveva già avuto esperienze di raccolta informativa in Africa.
Anche in questa occasione egli seppe fare egregiamente quanto gli fu richiesto, essendo rientrato in servizio ai primi di gennaio del 1941, e al S.I.M. dal 27 di quel mese. Il 23 agosto 1941 riceveva un encomio solenne, iscritto nelle sue carte personali, in quanto era stato addetto a un Gruppo incaricato dell’organizzazione dell’azione difensiva all’estero, e in circostanze sicuramente rese difficili dalle vicende belliche, riusciva ad utilizzare in pieno le sue solide conoscenze della zona dove si trovava ad operare e delle popolazioni che vi abitavano, potendo quindi dare un contributo di valore al Servizio.
Passato successivamente al S.I.E. (Sezione “Calderini” 1° gruppo), nel marzo 1942 Caccia Dominioni chiedeva di poter essere trasferito in Africa settentrionale a comandare un battaglione Guastatori. Fu accontentato. Dopo un periodo di addestramento a Ronchi dei Legionari, fu inviato nel luglio 1942 a Derna, dove assunse il comando del XXXI battaglione Guastatori.
Per il Medio Oriente erano in atto sforzi notevoli, considerando la politica araba del fascismo, anche perché l’aiuto del Gran Muftì e del Primo Ministro iracheno Rashid Alì al Gaylani dava la speranza di poter eliminare quel cono d’ombra. Infatti, nell’ottobre di quell’anno, fu deciso di dar loro un aiuto concreto, per sviluppare la rete informativa di cui ambedue disponevano nei paesi arabi, allo scopo di utilizzarla per obiettivi italiani.
Era stata anche prevista una missione speciale per l’esigenza “M” (centrale informativa del Muftì in Africa settentrionale) che doveva essere composta l) dal seguito civile del Muftì; 2) dal Capo Missione militare; 3) dalla delegazione del Ministero degli Affari Esteri; 4) da un nucleo comunicazioni; 5) da un quartiere generale; 6) da un reparto armato fornito dal Centro militare “A”. Fu prevista la partenza del Muftì e della missione “esigenza M” per la metà del mese di novembre.
Amè dunque non disperava di arrivare ad un coordinamento generale nel servizio di controspionaggio e il 30 aprile indirizzava un promemoria al Capo di S.M.G. nel quale, con varie argomentazioni, indicava come fosse necessario avere un solo filo conduttore nel settore considerato e modificare il funzionamento della attività informativa difensiva militare.
A suo parere, sarebbe bastato sancire che:
- 1°– l’organo direttore responsabile dell’attività repressiva del controspionaggio è il S.I.M. per tutto il territorio metropolitano;
- 2°-di ogni risultanza. o un sospetto in materia ogni Servizio è tenuto a darne al S.I.M. partecipazione immediata;
- 3°– che nessuna azione possa essere svolta dai vari Servizi in materia di C.S., se non in casi urgenti, senza. preventivi accordi ed in collaborazione col S.I.M.
Il 10 ottobre dello stesso anno, infatti, Mussolini ordinava che a partire dal 15 dello stesso mese, tutto il controspionaggio militare fosse accentrato nel S.I.M. e che gli organi relativi esistenti presso le altre Forze Armate fossero soppressi.
Con questo secondo accorpamento si realizzava finalmente l’unità dell’attività difensiva sotto una sola direzione, come sempre auspicato da Amè, il quale considerava che l’unificazione del controspionaggio militare è stata una misura di fondamentale importanza, ai fini contro informativi, poiché ha assicurato l’indispensabile unità della difesa contro lo spionaggio e il sabotaggio nemico… l’accentramento di tutto il controspionaggio militare deL S.I.M. è stato un indubbio riconoscimento della importanza preminente assunta dal servizio in questo settore, ed è venuto a premiare, con il conferire più gravi responsabilità e più alti doveri una attività che, nel corrso di due anni di guerra, ha già saputo conseguire notevoli vittoriosi risultati.
Il 20 novembre tornava quindi alle dipendenze del S.I.M. anche il “Gruppo controllo stampa estera” che era stato distaccato, alcuni mesi prima, presso il Ministero della Cultura Popolare. Per quanto riguardava l’organizzazione del controspionaggio all’interno, il miglioramento era stato ottenuto con due ordini di provvedimenti. Si era cercato di dare una migliore ripartizione sul territorio nazionale ai Centri, secondo criteri che guardavano essenzialmente all’ operatività.
L’incremento dei risultati era stato ottenuto non solo grazie a un maggior numero di Centri, ma soprattutto con una più razionale suddivisione delle giurisdizioni di competenza. Ad esempio, i Centri C.S. di Fiume e Lubiana (settembre 1942) erano stati trasformati in sottocentri alle dipendenze di quello di Trieste, assicurando in tale modo unità di direzione e esecutiva dell’attività alla frontiera orientale. Il Centro C.S. di Padova era stato trasferito a Verona e quello Speciale, a Roma, era stato unificato con quello di Roma Centrale.
Per quanto riguardava l’assorbimento dei Servizi C.S. della Marina e della Aeronautica, erano stati costituiti dei Centri a Venezia, a Taranto e un sottocentro a Livorno; erano stati organizzati quelli della Marina a La Spezia, Pola, Brindisi, Augusta, Trapani che erano stati trasformati in sottocentri, alle dipendenze degli organi C.S. del S.I.M. più vicini; era stato costituito un Centro a Spalato e quello di Zara era stato trasformato in sottocentro; l’Ufficio “I” del Montenegro aveva assorbito il soppresso Centro della Marina e quello della Grecia aveva assorbito quello di Patrasso.
Anche la precedente (al 15 ottobre) organizzazione di controspionaggio all’estero era stata potenziata: era stato costituito un Centro a Barcellona; nel quadro dell’attività contro la Francia, era stato attivato un Centro ad Ajaccio, con sottocentro a Bastia e distaccamenti a Calvi e Bonifacio. Tunisi aveva visto l’apertura di un nuovo Centro. Era stato incrementato quello di Nizza, che aveva esteso in questo modo la giurisdizione a tutto il territorio della Francia metropolitana occupata dalle truppe italiane. Così era stato assicurato il migliore svolgimento dell’attività controinformativa anche in Spagna, separandola nettamente da quella informativa, alla quale in passato era unita.
Indubbiamente l’integrale assunzione da parte del S.I.M. e la conseguente unità di guida dell’attività di controspionaggio in tutti i territori metropolitani, insulari e coloniali francesi occupati dalle truppe italiane, avevano portato ad un miglioramento notevole dei risultati. Fu prevista anche la costituzione di una Sezione “I” nel Sahara libico a capo della quale fu proposto un ufficiale, che già aveva esperienza del servizio, era conoscitore dell’Africa occidentale francese e dell’Africa equatoriale. In quei settori occorreva personale molto specializzato.
Nel periodo successivo (giugno), il S.I.M. provvide a dare le indicazioni principali su un programma di massima per la propaganda in quei territori affidando alla radio, al cinema e agli stampati i mezzi di comunicazione per fare breccia sull’opinione della popolazione locale.
La propaganda nei paesi arabi era di notevole interesse anche per il Ministero degli Affari Esteri che, per ordine di Ciano, diede particolare attenzione al settore, convocando varie riunioni con la presenza di ufficiali del S.I.M., volto a coordinare attività e iniziative svolte da vari enti, per controbattere efficacemente l’azione del nemico e equilibrare quella alleata, cioè dei tedeschi. Il mondo arabo continuava ad essere un elemento centrale della politica estera fascista.
Anche l’organizzazione dei collegamenti ricetrasmittenti fu potenziata, in parallelo con la crescente complessità dell’organizzazione e dell’importanza delle operazioni di controspionaggio: si trattò comunque non di una rete rigida, ma di una organizzazione elastica che poteva essere adattata e adeguata alle necessità contingenti. Fu anche creata una buona rete di radio intercettazione e radiogoniometria per cercare di individuare trasmissioni clandestine.
Anche la collaborazione con la Milizia Nazionale Portuaria aveva dato i suoi frutti perché, in conseguenza dell’unificazione del controspionaggio, era stato sciolto il suo Servizio Informazioni (S.I.M.P.): le squadre di questo ente avevano assunto la denominazione di squadre della Milizia Nazionale Portuaria “in servizio di C.S.”, passando per l’impiego alle dirette dipendenze dei Centri C. S. ed Uffici “I” nel territorio di giurisdizione dove esse erano dislocate.
A vantaggio di questi elementi erano stati organizzati corsi di specializzazione, per dare loro una adeguata preparazione professionale: in effetti risultò poi che questi elementi iniziavano a fornire un buon rendimento nel particolarmente delicato servizio ai porti. Nel febbraio 1942 fu anche chiarito che per evitare interferenze con glì organi di propaganda dipendenti dallo S.M.E., le attribuzioni per la “propaganda pro segreto militare” erano integralmente devolute al S.I.M., mentre rimaneva agli organi dell’Esercito l’azione istruttiva ed educativa da svolgere presso le truppe per la riservatezza e il segreto in materia militare.
La materia riguardante la propaganda sulle popolazioni dei territori di operazioni non era seguita dagli organi militari ed era anche molto debole quella rivolta alle truppe nemiche. Sotto questo aspetto diveniva particolarmente importante e urgente agire nel teatro d’operazione nordafricano, dove la propaganda doveva soprattutto rivolgersi verso le popolazioni arabe controbattendo quella nemica, aperta o occulta, ed aumentando il prestigio italiano nel settore, anche a scopi operativi.
Nel maggio 1942 Amè propose al Comando Supremo di passare al S.I.M. il compito direttivo e di stimolo di tutta la materia, mentre sarebbero dovuti rimanere lo sviluppo e l’esecuzione dei progetti, considerato che il S.I.M. non disponeva né di personale né di mezzi, in quanto non aveva mai avuto e assolto attività del genere nel passato. L’attività del S.I.M. si concentrò dunque sul controspionaggio e la difesa del segreto militare: il Diario Storico ovviamente fu quasi tutto dedicato a quel settore con molti dettagli, molti più che nel passato, un grande aiuto per lo studioso che può ricavare principalmente da questo documento quanto fu realizzato concretamente nel periodo considerato e seguire giorno per giorno anche l’attività di “doppio gioco” messa in atto… almeno quella ufficiale.
Tra le notizie più interessanti vi sono quelle relative all’organizzazione dei servizi di informazione nemici, come almeno venivano percepiti dagli agenti italiani. In effetti non sempre, anzi molto raramente, in quel periodo bellico, era possibile conoscere a fondo l’organizzazione dei Servizi del nemico, visto che anche le organizzazioni, sicuramente molto attrezzate, come era quella americana, non riuscirono ad avere, almeno fino al 1943, una corretta percezione dell’organizzazione italiana nel settore, in effetti abbastanza complessa.
Nel terzo anno di guerra il lavoro era aumentato in modo esponenziale e, come suo costume, Amè cercò di rendere ancora più efficiente il Servizio, tra l’altro costituendo due nuovi Centri C. S., portandone così il numero a 10: oltre a qucello di Nizza, sopra indicato (per il coordinamento di tutta l’azione di controllo e di ricerca che si svolgeva attraverso gli organi di P.S., di C. S. e quelli della Commissione Italiana di armistizio con la Francia); un secondo venne costituito a Losanna per controllare l’attività proveniente dal paese transalpino verso l’Italia, attraverso la Svizzera.
La collaborazione con l’omologo tedesco era sempre proficua, almeno secondo i documenti: gli incontri erano sempre improntati a una massima cordialità. Anzi, nel gennaio del 1942, addirittura furono fornite al Capo del C.S. alleato prove della collaborazione tra il 2ème Bureau francese e l’Intelligence Service, collaborazione di cui iL servizio tedesco aveva solamente vaghe sensazioni… riscuotendo ammirazione incondizionata anche per l’ordine e la disciplina riscontrati nel porto di Napoli, che erano frutto delle disposizioni emanate per la difesa del segreto militare. Quanto sopra veniva scritto in un promemoria indirizzato al Capo di S.M.G. che come documento ufficiale, deve essere opportunamente valutato da un attento lettore… umane erano alcune considerazioni per dimostrare che il lavoro svolto era di grande qualità anche agli occhi dell’alleato…
Gli incontri proseguirono, sempre nella massima cordialità, come voleva la dizione ufficiale e uno dei più importanti avvenne l’11 e il 12 marzo 1942, a Merano, dove vennero prese in esame tutte le attività di collaborazione fra i due Servizi, ai fini di intensificarle e di coordinarle per il futuro. Quello che è interessante, al di là delle proposte delle rispettive attività, è una frase: in complesso il Servizio germanico ha dato l’impressione di essere in questo momento alla ricerca di ogni via per superare una crisi di funzionalità dipendente da imprevisto sviluppo di eventi.
In sostanza dalle parole anche confidenziali rispetto alla situazione interna germanica, si era avuta la sensazione quasi di una debolezza improvvisa: l’ammiraglio Canaris aveva parlato delle condizioni di crescente disagio della popolazione per le difficoltà della guerra, per quelle annonarie, per le gravissime perdite umane. Aveva accennato alla grave crisi dei trasporti di ogni genere, alla mancanza di carburante, all’insufficienza e al logorio delle linee ferroviarie, alla crisi di manodopera, alla preoccupazione per l’andamento delle colture nel 1942, ai fenomeni sociali interni, quali ad esempio il crescente e vasto fenomeno della dissoluzione della famiglia, a causa del conflitto, con le conseguenze morali che questo poteva comportare.
È la prima volta che questi promemoria, precedentemente sempre positivi nel presente e molto confidenti nel futuro, davano invece l’idea delle progressive enormi difficoltà che anche l’alleato aveva sia all’interno sia nei territori occupati.
E quindi il Comando tedesco, secondo l’interpretazione italiana, tendeva a garantirsi nelle direzioni e sui fronti dove, in corrispondenza dell’offensiva contro il fronte russo, temeva che l’avversario potesse essere indotto ad operare per immobilizzare e divergere forze e menti… in complesso egli (Canaris), riteneva che il nemico russo fosse ancora saldo e difficilmente atterrabile in breve tempo. Il Capo dell’Abwehr aveva ragione: sarebbe stato interessante per gli studiosi avere un resoconto stenografico off records della conversazione.
Nonostante la cordialità dei rapporti, in un promemoria della fine del maggio 1942, non firmato, un’analisi dell’attività informativa tedesca in Italia, quella ufficiale, non era invece particolarmente positiva: i numerosi informatori affannosamente reclutati in Italia sono scelti in genere tra persone di bassa estrazione e di dubbia moralità e vengono impiegati senza chiari compiti e definiti programmi con sistemi che rivelano manifesta ignoranza delle poddibilità ambientali e metodi di lavoro di sorprendente ingenuità.
Gli agenti reclutatori, di nazionalità germanica, alcuni dei quali hanno mansioni direttive, sono generalmente individui di scarsa levatura o moralità, si danno a vita irregolare, di pochi scrupoli amministrativi… da quanto precede si è indotti a concludere che il servizio germanico, pur con le sue innegabili capacità organizzative centrali, esplica – almeno per quanto riguarda il settore da noi controllato – azione sproporzionata ai mezzi impiegati deviando spesso dai suoi compiti. Cosa peraltro per il servizio italiano favorevole, anche per le possibilità di penetrazione e di controllo che uomini e sistema a noi largamente consentono.
Indubbiamente l’esibire il Servizio tedesco come non estremamente efficiente, giovava di riflesso a quello italiano, ma questa sembra essere la prima volta in cui una critica all’alleato è così palese e non solo sussurrata nei corridoi. Tanto più strana la circostanza se si considera che all’inizio del promemoria si leggeva che: il Servizio informazioni germanico ha chiesto l’assegnazione di lire un milione al mese per i propri bisogni in ItaLia. Propongo di aderire alla richiesta; probabilmente l’estensore del promemoria non poteva esprimere parere sfavorevole, ma nel contempo chiaramente evidenziava come sarebbe stato speso il contributo italiano a quel Servizio.
Nell’anno successivo furono molti gli incontri tra esponenti del controspionaggio tedesco e italiano: uno particolarmente importante si svolse a Venezia, nel marzo 1943, centrato sulla reciproca collaborazione nei paesi balcanici e in particolare sulle questioni che attendevano all’azione controinformativa nei territori occupati in genere. In quella sede furono confermate le direttive generali e i criteri di collaborazione sui territori di rispettiva giurisdizione nella Francia occupata.
Iniziano però a mancare nel promemoria le consuete frasi che inneggiavano alla reciproca cordialità, sintonia di obiettivi e profusione di sinergie. Era un testo secco e operativo, che rispecchiava l’andamento bellico. Nel rapporto finale sull’attività di controspionaggio del 1942, naturalmente fu scritto che la collaborazione con i tedeschi era continuata con reciproca soddisfazione e centrata principalmente sullo scambio di notizie e di materiale fotografico, di documentazione relativa ai sistemi di sabotaggio nemico, di regolamenti riguardanti la censura di guerra, la conservazione di documenti segreti e l’organizzazione della polizia militare al seguito delle truppe operanti.
Vi era stata anche la collaborazione nei Balcani, in Croazia e nel territorio francese oltre che una concreta sinergia per l’organizzazione e il funzionamento del servizio radiogoniometrico e di intercettazione di apparecchi clandestini. Tutto quindi di grande soddisfazione, almeno secondo i documenti ufficiali, ma al di là delle parole la stima reciproca e la fiducia si stavano affievolendo. La guerra da “parallela” stava diventando “subalterna”.
Nel dicembre 1944 Amè redasse per il generale Messe, Capo di S.M.G. un rapporto dal titolo L’autonomia e l’individualità del servizio informazioni italiano rispetto al dervizio informazioni germanico nel corso della guerra attuale: sostenne che il Servizio italiano aveva mantenuto durante la guerra una grande autonomia e separazione da quello tedesco sia per l’organizzazione del modo di agire, per il tipo di iniziative o di azioni effettuate, sia per quello che lui chiamava l’orientamento intellettuale e per l’analisi che veniva fatta delle notizie e la valutazione delle situazioni.
Sosteneva che lo scambio informativo era stato limitato a settori di interesse reciproco e basato sul principio di do ut des. Vi erano degli organi di collegamento a Roma e a Berlino presso le Centrali dei due Servizi, con parità di compiti e prerogative, ma Amè ricordava che vi erano state diversità di giudizio circa le situazioni e le previsioni belliche di maggiore importanza, specialmente per il bacino del Mediterraneo, dove indubbiamente l’attività del servizio italiano era prevalente e la conoscenza migliore nel campo difensivo.
Secondo Amè la linea di condotta del Servizio italiano era stata ispirata a una collaborazione su di un piano di assoluta reciprocità e completa indipendenza. La piena autonomia del S.I.M. da ogni ingerenza tedesca era facilmente riscontrabile in tutti i documenti dell’attività svolta durante la guerra, soprattutto in quelle operazioni contro-informative considerate più redditizie ma delicate, dove il “doppio gioco” era riuscito a mietere numerosi risultati: la penetrazione con elementi italiani di organizzazioni informative avversarie aveva dato buoni frutti, ma nessuna di queste azioni, era sottolineato nel rapporto a Messe, era stata condotta in accordo con il Servizio tedesco e nemmeno ne era stata data conoscenza a Berlino.
In realtà i tedeschi avevano ripetutamente chiesto di poter mettere in contatto i propri agenti con gli elementi occulti all’estero del S.I.M., ma a queste richieste era sempre stato opposto un rifiuto, nell’idea che la collaborazione doveva venire solamente attraverso gli organi centrali.
Anche per quanto riguardava la situazione all’interno del territorio italiano, non venne concessa al Servizio tedesco una libertà di organizzazione e di funzionamento ma fu ammessa solamente una attività espletata in forme e modi concordati. Lo stesso atteggiamento sarebbe stato tenuto per quanto riguardava i territori occupati dalle truppe italiane, soprattutto quando elementi del Servizio alleato tentavano delle attività che non erano state concordate, spesso in aperta violazione degli accordi bilaterali.
I tedeschi che avevano agito in Italia in modo occulto, e in modo analogo avevano operato in Dalmazia e in Croazia, erano stati arrestati, regolarmente incardinati in campi di concentramento e non restituiti al governo di Berlino; nel luglio 1943 il Servizio italiano aveva scoperto a Tirana una importante cellula informativa tedesca che operava senza autorizzazione e fu giocoforza quindi espellerla dall ‘Albania. Anche nell’ambito della crittografia, l’attività italiana e quella tedesca furono molto attente l’una all’altra, ma scarsa la collaborazione; i tedeschi premettero molte volte per avere le chiavi con le quali il S.I.M. era riuscito a spezzare i codici di centri nemici di Mosca e del Mediterraneo per lo svolgimento di azioni di doppio gioco, ma mai ebbero riscontro favorevole.
Vì era stato però qualche vantaggio. Il Servizio tedesco, dal punto di vista tecnico, era molto più avanzato, così che l’Italia, ad esempio, aveva potuto ottenere una complessa attrezzatura per microfotografia, che, sottolineava Amè, era stata tuttavia regolarmente pagata con fattura. I tedeschi vollero sistemare in Italia un impianto fisso ed altri mobili di controllo per la ricerca radiogoniometrica di stazioni clandestine; il S.I.M. si oppose decisamente a questa richiesta fino alla fme del 1942, ma poi l’autorizzazione venne concessa direttamente dal Capo di S.M. G.
In sintesi il Servizio italiano aveva operato in piena autonomia di fronte all’omologo tedesco, anzi facendosi apprezzare per il lavoro, per il suo ordinamento e per le attività palesi e occulte. È tuttavia verosimile, da quello che si evince dai documenti dal 1940 in poi, che il S.I.M. in parte abbia collaborato con i tedeschi, e altro non poteva fare per via dell’alleanza, ma che tentò di resistere a molte pressioni; la cordialità degli inizi del conflitto, si tramutò prima in freddezza, poi in diffidenza, e infine in seria contrapposizione, fino a quando i due Servizi non dovettero combattere l’un contro l’altro.
L’entrata in guerra dell’Unione Sovietica e degli Stati Uniti nel 1941 aveva indubbiamente modificato gli equilibri che si ritenevano ormai raggiunti, di fatto segnando già la sconfitta di Germania, Italia e Giappone, anche se sarebbero dovuti passare ancora quasi tre anni per la firma degli armistizi e ancor più tempo per i trattati di pace.
Continuava comunque con grande attenzione in Italia l’attività di censura e statistica, a cura della competente Sezione che, il 12 agosto, avrebbe assunto il nome di Sezione Coordinamento Censura di Guerra, sempre nell’ottica di un miglioramento dell’efficienza; alla censura e ai suoi risultati, il Diario Storico dedicava molti dettagli e gli allegati, con le relazioni quindicinali sullo spirito delle truppe e della popolazione, emergente dalle intercettazioni, offrono uno spaccato veritiero di come procedeva la vita nel paese in guerra, anche se forse leggermente edulcorate ad uso delle autorità alle quali erano rivolte, ma pur sempre molto chiare e reali.
Gli Uffici Censura Posta Estera (U.C.P.E.) di Roma, Bologna, Milano e Spalato e il “Gruppo Speciale” nella sola prima quindicina d’ottobre 1942 avevano complessivamente revisionato 1.698.816 “pezzi” che sarebbero saliti a circa 2.500.000 nel marzo dell’anno seguente; le commissioni provinciali di censura avevano segnalato 727 corrispondenze per il controllo e ne erano state elaborate 315. Un lavoro immane per il personale addetto, che dovette essere aumentato, specialmente per l’Ufficio di Roma, al quale affluiva anche la corrispondenza da e per i prigionieri di guerra in mano italiana.
I vari organi competenti per la censura della corrispondenza da e per l’estero alla fine del 1942 erano:
- gli Uffici Censura Posta Estera di Roma, Bologna, Milano e Spalato, dipendenti dal S.l.M., competenti per la corrispondenza diretta all’estero;
- le Commissioni provinciali di censura, dipendenti dal Ministero dell’Interno, competenti per la corrispondenza proveniente dall’estero;
- l’Ufficio censura posta estera di Roma, competente per la corrispondenza da e per i prigionieri di guerra italiani e nemici.
Successivamente fu deciso di creare un “Nucleo censura posta estera” a Ponte Chiasso, con dipendenza dall’U.C.P.E. di Milano, per garantire un rigoroso controllo dei documenti che accompagnavano le merci destinate all’estero.
Nella seconda metà del 1942 il S.I.M. sviluppò l’organizzazione di reparti speciali, con l’obiettivo di sfruttare le possibilità nel campo informativo ed operativo degli elementi arabi presenti in Italia e di quelli destinati comunque ad affluirvi, per impiegarli dove le difficoltà di ambiente e di penetrazione precludevano l’utilizzazione di elementi europei. Molto probabilmente questa idea era venuta in seguito alla proposta del Ministero degli Esteri, della fine del mese precedente, di porre in atto un piano di collaborazione militare con gli arabi, anche per rimediare alle lacune informative di quel settore strategico, come sopra già sottolineato.
Era infatti logico che proprio nei paesi arabi occupati dagli inglesi fosse difficile infìltrare degli agenti a causa, soprattutto, della lingua e dell’ambiente: i controlli erano sempre più stringenti verso la popolazione non autoctona e quindi qualsiasi agente occidentale veniva immediatamente individuato e controllato. Fu previsto un Centro di inquadramento per l’istruzione militare degli elementi reclutati. L’arruolamento e la scelta di coloro che avrebbero dovuto affluire al Centro sarebbero stati effettuati con il concorso del Gran Muftì, notoriamente amico del Reich e del regime fascista, e a sua volta da entrambi sostenuto.
Il Capo Centro doveva essere un ufficiale superiore dell’Esercito, conoscitore dei problemi del Medio Oriente e della mentalità araba, nonché pratico di operazioni belliche coloniali. Per quanto riguardava le uniformi, si pensò di vestire i volontari arabi con una divisa che poteva essere simile a quella dell’esercito iracheno e contraddistinta con un distintivo comune ai paesi arabi interessati (Iraq, Siria, Libano, Palestina e Transgiordania).
Per quanto riguardava l’armamento, considerato che la grande maggioranza degli arabi era già abituata all’uso di armi di fabbricazione britannica, bisognava mettere a loro disposizione armi e munizionamento inglese tratte dal bottino di guerra. La nota dolente del piano consisteva, come al solito, nelle risorse finanziarie, ma si confidava che le spese non sarebbero state rilevanti, considerato che i capi del movimento arabo, com’era stato dichiarato dal Gran Muftì, intendevano provvedere con fondi propri ad armare e stipendiare gli elementi reclutati e contribuire al mantenimento generale dell’organizzazione progettata.
Per quanto riguardava la dipendenza del Centro Militare speciale, agli inizi avrebbe dovuto avere dipendenza dallo S.M.E., pur ricevendo le direttive generali di sviluppo e di impiego dal S.I.M., che le avrebbe concordate con il Ministero degli Esteri e con i capi del movimento arabo che collaboravano al progetto.
In effetti il S.I.M. costituì un “reparto arabi” in più compagnie, inquadrato con ufficiali e sottufficiali esperti e un battaglione di tunisini, articolato in modo tale da prepararne gli elementi all ‘impiego in guerra. L’addestramento, realizzato in Centri militari, alla data del 18 settembre 1942, aveva raggiunto un buon grado: era stato organizzato un corso di ardimento, per cinque ufficiali, un sottufficiale e otto militari di truppa dei Centri militari “A” (arabi) , con forza probabile di 100 unità, e “T”(tunisini), con 200-300 elementi; un corso paracadutisti presso il reparto allievi paracadutisti del Centro “I” di Tarquinia; un corso informativo per arabi della durata di 20 giorni, per essere eventualmente nominati ufficiali e impiegati in uffici, nella propaganda, o come capi banda; era stato costituito un plotone informatori-guide da inviare in Africa settentrionale non appena fosse stato possibile.
Fu in seguito prevista la costituzione di nuclei nazionali da aggregare al Centro “A”, composti da italiani rimpatriati dai paesi arabi, Iran compreso: già nel giugno 1942 si poteva pensare di costituire immediatamente tre nuclei di nazionali reduci dall’Egitto; uno per i reduci provenienti dalla Siria, Palestina e Iraq; uno con nazionali reduci dall’Iran, significando che ogni nucleo poteva essere costituito da 30-40 uomini. Nell’ottobre vi fu la cerimonia di giuramento e la consegna della bandiera di combattimento alle “formazioni militari arabe”.
Il “reparto arabi” non fu mai impiegato secondo i piani prestabiliti, ma proprio in Tunisia fu invece impiegato il battaglione di tunisini, anche se non nel controspionaggio per ragioni contingenti, ma come elementi di nuclei di altre unità di tunisini volontari, colà organizzate nella fase iniziale delle operazioni. Direttive particolari furono in merito impartite per ogni Centro. Fu anche costituito un Centro militare, previsto in circa 200 unità, per gli indiani di orientamento politico e spirituale favorevole all’Italia, selezionati nei vari campi di prigionia, ma la questione del loro impiego non ebbe corso.
Il previsto Centro Militare ‘I’ (indiani), fu tuttavia sciolto il 15 novembre successivo, perché in una riunione tenuta presso il Ministero degli Affari Esteri fu concorde l’opinione di non proseguire l’addestramento, dopo che era stato allontanato il fiduciario politico indiano Shedai e che era corsa l’indiscrezione di una prossima partenza per l’Africa settentrionale.
l volontari indiani per mezzo di un portavoce, avevano fatto sapere che non sarebbero stati disposti ad accettare un invio in quel territorio, cosicché essi, ripreso lo status di prigionieri di guerra, furono trasferiti in campi di prigionia, di preferenza in alta Italia, per non permetterne il contatto con altri connazionali prigionieri e quindi contrastare l’eventuale disseminazione di notizie sui particolari reparti che venivano preparati nei Centri militari; vennero altresì privati del trattamento più favorevole che era riservato ai prigionieri di guerra indiani. In sintesi l’esperimento non fu assolutamente soddisfacente.
Per sintetizzare tutta l’attività del S.l.M. nel campo del controspionaggio nell’anno 1942 è interessante l’analisi del rapporto fatto dallo stesso ente. Per quanto riguarda l’attività controinformativa preventiva per la tutela del segreto militare, furono adottate importanti misure, in accordo con i ministeri competenti, i vertici degli organi di polizia interessati al settore. Tra tutti i provvedimenti adottati il rapporto ne considera particolarmente alcuni:
- limitazioni per le rappresentanze diplomatiche degli Stati sud americani presso la Santa Sede, non aventi relazioni diplomatiche con l’Italia o in stato di guerra con il Regno;
- emanazione di norme cautelative intese a reprimere la falsificazione dei passaporti italiani;
- adozione di misure prudenziali per l’ingresso nel Regno di sudditi albanesi;
- definizione di norme per la difesa delle grandi aziende industriali contro il sabotaggio;
- divieto agli stranieri di consultazione di opere contenenti dati statistici, industriali, etc:…;
- disciplina del trasporto di corrispondenza all’estero da parte di privati;
- limitazione con criteri di rigorosità dei movimenti degli stranieri nell’Italia meridionale;
- adozione di disposizioni per la tutela del segreto industriale;
- definizione delle limitazioni e concessioni per gli equipaggi stranieri che toccano i porti del Regno;
- disposizioni per la vigilanza e la repressione di eventuali organizzazioni esterne ai campi di prigionieri di guerra allo scopo di favorire evasioni;
- vigilanza ai fini contro informativi sui prigionieri di guerra;
- norme per rendere inefficace da parte del nemico l’uso di documenti di riconoscimento appartenenti a militari italiani caduti o catturati.
Il S.I.M. attuò o cercò di far attuare con grande rigore le misure adottate, intervenendo in tutte quelle questioni che interessavano comunque l’attività controinformativa preventiva e collaborando con le istituzioni coinvolte. Per quanto riguarda l’attività controinformativa repressiva, nel rapporto si sottolinea come fossero stati conseguiti notevoli successi nel corso dell’anno.
La sintesi dei fatti più importanti della guerra contro lo spionaggio e il sabotaggio nemico, come rappresentata nel rapporto, insisteva sui seguenti punti:
- lotta serrata e positivi successi su tutti i fronti, contro i servizi anglo-sassoni;
- completa neutralizzazione del sabotaggio britannico rivolto dalla Svizzera contro l’Italia;
- annientamento della rete dello spionaggio francese già operante, al soldo britannico dalla ex Francia non occupata contro l’Italia;
- primo e vittorioso scontro, nel presente conflitto, con lo spionaggio sovietico contro l’Italia;
- repressione di tentativi di spionaggio da parte di una rete polacca al servizio anglo-russo;
- cattura di un ‘organizzazione spionistica operante in Italia al soldo americano;
- cattura di una rete informativa operante in Italia per conto del servizio svizzero;
- individuazione ed arresto di numerosi elementi slavi già responsabili di spionaggio a nostro danno in favore della ex Jugoslavia.
Il lungo rapporto continuava anche con un’analisi di quelle che erano state le direttrici d’azione dei servizi di spionaggio nemici, principalmente quello anglosassone e quello sovietico, ai quali si appoggiavano i servizi minori. Per quanto riguardava quello inglese i metodi di lotta consistevano, tra gli altri, nella raccolta attenta di notizie per mezzo di informatori e viaggiatori di alta classe, che transitavano tra la Svizzera e l’Italia o tra la Spagna e l’Italia, con notevoli mezzi finanziari.
Per quanto riguardava il sabotaggio era stato introdotto dalla Svizzera materiale esplosivo incendiario, che però era stato intercettato. Il Servizio sovietico aveva operato principalmente con direttive della Centrale di Mosca per mezzo di agenti e di elementi orbitanti per la maggior parte in Svizzera. Il S.I.M. evidenziava che i metodi di lavoro di Mosca avevano rivelato una notevolissima capacità organizzativa e un grado di efficienza e pericolosità nettamente superiore a quello di ogni altro servizio.
I sovietici avevano organizzato l’attività fin dal tempo di pace, predisponendo una buona rete di informatori muniti di falsi passaporti di Stati sicuramente neutrali. In tempo di guerra erano riusciti ad usare radio clandestine molto ben dissimulate; avevano attuato la strategia dei compartimenti stagni tra le varie reti e anche fra gli agenti; avevano sfruttato, per lo spionaggio e la raccolta informazioni, la propaganda comunista.
Il S.I.M. aveva conseguito notevoli successi contro i servizi avversari, inserendo propri elementi nelle loro organizzazioni e disegnando dei canali obbligati attraverso i quali gli avversari dovevano incanalare le loro correnti informative e i materiali destinati al sabotaggio; intercettando le comunicazioni di alcuni dei principali centri direttivi nemici; avendo avuto una buona conoscenza di quelli che erano gli altrui progetti e azioni e reagendo tempestivamente a singoli tentativi di sabotaggio.
Tra i risultati più importanti del 1942 figuravano fra gli altri, la cattura e la successiva utilizzazione di una stazione radio nemica. Questa azione aveva consentito di avere un diretto ascolto non solo con un’altra stazione similare, ma anche con gli organi del Servizio inglese del Cairo e di Gibilterra e soprattutto di mantenere la fiducia del nemico rispetto a quella stazione. Questo aveva consentito di conoscere con tempestività alcune operazioni progettate dall’avversario, sia sul mare sia nel cielo; aveva permesso di adeguare la difesa costiera e marittima italiana alla situazione: almeno così si legge nel rapporto.
La cattura di quella radio aveva permesso anche di conoscere gli obiettivi dello spionaggio inglese, e per difendersi, fornirgli notizie artefatte, cioè fornire disinformazione. Era stato possibile catturare e fucilare agenti nemici, avendo appreso preventivamente del loro sbarco. Anche a Milano e in Svizzera era stata proseguita con pieno successo una determinata attività diretta a impedire il sabotaggio britannico proveniente dalla Svizzera. Erano state intercettate 15 spedizioni di materiale esplosivo e incendiario, da usarsi contro industrie belliche italiane e vie di comunicazione.
Di questa azione la parte più brillante fu quella di far credere al servizio nemico che il materiale era giunto nelle mani appropriate e che era stato usato come previsto da una organizzazione di sabotaggio antitaliana creata dal servizio inglese. Gli invii di materiale erano quindi continuati con ritmo costante. Per far credere all’intelligence inglese che gli atti di sabotaggio venivano concretamente realizzati, si faceva credere al nemico che alcuni degli incidenti che per causa fortuita si producevano in Italia, erano in realtà il prodotto dell’organizzazione terroristica da essi patrocinata.
Vennero neutralizzati anche dei tentativi di spionaggio contro l’Italia effettuati dagli inglesi sul territorio spagnolo: anche in questo caso erano stati inseriti agenti italiani nel centro britannico di Barcellona e era stata creata una fittizia rete informativa che operava in Italia riferendo i risultati a quel centro; inoltre erano state trasmesse al nemico notizie militari non vere: disinformazione, come arma di lotta.
Anche in Grecia e nell’Egeo erano stati ottenuti dei risultati di notevole interesse, catturando un’intera organizzazione che cercava colà di creare una rete informativa, commettere atti di sabotaggio e soprattutto preparare una rivolta contro le forze occupanti italiane e tedesche, allo scopo di porre le premesse a un’azione inglese di sbarco.
Tra i successi veniva annoverata la disarticolazione di una rete spionistica ivi già operante, con la cattura dei suoi componenti; erano stati catturati agenti isolati che agivano contro l’Italia e una banda che operava a Creta e in altre isole del Dodecaneso, collegata per mezzo di un sommergibile britannico con il Comando delle forze militari greche in Egitto; sempre in Grecia era stata catturata una stazione radio nemica e quindi gli organi italiani di controspionaggio erano riusciti a mettersi in diretto collegamento con il Cairo, disseminando disinformazione.
Contro lo spionaggio francese al servizio degli inglesi, nella zona di Nizza e Marsiglia si riteneva di aver ottenuto risultati di un certo interesse. Occupato il territorio francese, era stato possibile annientare la rete avversaria, mentre la rete controinformativa alla frontiera occidentale aveva assunto una ampiezza eccezionale, passando attraverso diverse fasi: oltre al normale inserimento di decine di agenti italiani nell’organizzazione nemica, erano state utilizzate tre stazioni radio ricetrasmittenti catturate al nemico, a Torino, Genova e Bolzano.
Il S.I.M. era riuscito ad avere una completa conoscenza dell’organizzazione e dei metodi di lavoro dell’avversario, anche e soprattutto con la cattura di alcuni agenti nemici. L’attività era stata svolta anche contro lo spionaggio nord-americano, individuando e catturando agenti di una rete a Roma, che trasmetteva notizie politico-militari al nemico, proprio per mezzo di messaggi convenzionali inseriti in articoli pubblicati sul giornale romano “Il Messaggero”: un giornalista si prestava al gioco.
Lo spionaggio sovietico, come già detto, era considerato molto attivo ed efficiente, ma il S.I.M. era riuscito a individuare una rete informativa operante sul territorio nazionale e ne aveva catturato alcuni agenti, entrando in possesso anche di una stazione radio di grande potenza e dei cifrari usati dalla rete sovietica. Anche in tal caso, utilizzando l’apparato e i documenti, il S.I.M. era riuscito a entrare in diretto collegamento con Mosca, conoscendo così i metodi di lavoro del Servizio avverso, una volta individuati altri agenti sia in Italia sia oltre frontiera, e, appresi gli obiettivi, iniettando disinformazione.
La sezione “Bonsignore” aveva ovviamente contribuito a tutta l’attività controinformativa, preventiva e repressiva: veniva segnalato che la mole del lavoro svolto, poteva essere compendiata in due cifre: lettere ricevute 75.820 e 41.561 quelle spedite. In conclusione, il servizio di controspionaggio militare, seppur creato solamente l’anno precedente, aveva raggiunto un livello di rendimento adeguato alle esigenze della guerra.
Scriveva a tal proposito Amè: per ampiezza e saldezza di organizzazione, chiarezza di orientamenti e di direttive, precisa valutazione degli obiettivi da raggiungere hanno consentito al Servizio di conseguire vittoriosi successi su tutti i fronti della “guerra segreta”… condotta con inesauribile ricchezza di mezzi dai più potenti servizi informativi del mondo… il lavoro compiuto e i risultati raggiunti rappresentano indubbiamente un fermo punto Jdi arrivo, ma costituiscono soprattutto una sicura promessa per l’attività a venire…
I documenti ufficiali non potevano essere privi di retorica, perché se molti erano stati i successi, non poche erano state le sconfitte: nei documenti inglesi, americani, francesi, tedeschi e sovietici si può infatti riscontrare la storia nell’altra faccia della medaglia, fermo restando che con i mezzi finanziari e le risorse umane disponibili, il S.I.M. fece e svolse un lavoro molto positivo.
Dopo un riordino interno effettuato il 15 febbraio 1942 (per il quale era stata sciolta la Sezione Personale e Amministrazione, e istituita una Sezione Amministrativa), alla data del 1° giugno 1943 vi fu un cambiamento ordinativo anche nel S.I.E. con l’attribuzione al S.I.M. dell’attività informativa. Lo S.M.E. modificava l’organizzazione costituendo il Reparto Informazioni Esercito (R.I.E.), con formazione e organici di guerra, che aveva potestà su tutti gli Uffici “I”dei Comandi di Armata, del Comando delle Forze Armate in Sicilia, del Comando Supremo delle FF.AA. dell’Egeo e del Governatorato del Montenegro.
Al 1° giugno 1943, il nuovo organismo era strutturato su una Segreteria, una Sezione situazione, una Sezione intercettazione-radiogoniometria e decrittazione, una Sezione organizzazione, un Nucleo automobilistico, una Sezione amministrazione, per un totale di 68 ufficiali, 87 sottufficiali e 173 elementi di truppa.
Compito del R.I.E. era determinare la forza, lo schieramento, gli intendimenti operativi dell’avversario nei vari scacchieri. Le fonti dirette per la raccolta delle informazioni erano:
- gli organi informativi dei Comandi di Armata, dei Comandi Superiori, etc;
- gli Addetti militari dell’Esercito all’estero;
- gli interrogatori dei prigionieri;
- le intercettazioni e decrittazioni operative;
- esplorazione aerea, etc.
Le Sezioni C.S. che operavano presso gli Uffici “I”delle Grandi Unità avrebbero avuto una duplice dipendenza, una, diretta, dal S.I.M. per la parte impiego e tecnico-amministrativa, una di collaborazione e di funzionamento dal proprio Ufficio “I”. Il nuovo Reparto-aveva come indirizzo telegrafico RIEMILES.
L’ordinamento dal 1943 fino all’8 settembre
Nei primi cinque mesi del 1943 il S.I.M. dipendeva, per le direttive in campo operativo e funzionale, dal Comando Supremo, riferendo al Generale Addetto. Una parte contenuta del personale dipendeva dallo stesso Comando Supremo; il personale dell’Arma, dalle Legioni territoriali dei Carabinieri; quello degli Uffici di censura dai Comandi territoriali. La forza presente in totale era di 1.071 ufficiali, solo 676 sottufficiali e 1.467 unità di truppa ai primi dell’anno.
L’ordinamento era sostanzialmente quello dell’anno precedente, anche se con qualche struttura in più. Era stata creata, infatti, oltre le tre già esistenti (Esercito, Marina, Aeronautica), una 4^ Sezione, derivata dal IV Gruppo “Calderini”; una di collegamento con il Ministero dell’Interno, con la Direzione Generale di P.S., e con gli organi di polizia dipendenti, per quanto concerneva la sicurezza e la difesa del segreto militare; la Sezione impartiva, tra l’altro, le direttive per l’organizzazione dell’attività della censura della posta estera e di quella dei prigionieri di guerra.
Era stata costituita una Sezione “I” dello Stato Maggiore misto presso il Comando Supremo, dipendente dalla 1^ Sezione Esercito, per seguire la situazione nemica e fornire al Capo di S.M. e al Capo Ufficio Operazioni gli elementi necessari alla valutazione dei problemi operativi: la creazione della nuova Sezione era una conseguenza della unificazione, disposta nell’ottobre del 1942, di tutti i Servizi C.S. delle Forze Armate, considerato che il S.l.M. ne aveva assunto il coordinamento e la direzione tecnica; vi era poi un Nucleo di collegamento S.I.M. presso lo stesso organo, che doveva costituire il tramite tra l’Ufficio Segreteria di Stato Maggiore e la Segreteria, dalla quale dipendeva, del Capo Servizio e tenere i contatti con gli uffici del Comando Supremo; altro nuovo Nucleo era quello di collegamento presso il Ministero degli Affari Esteri
La Sezione “Bonsignore” continuava a sovrintendere, come per il passato, sui Centri C. S. all’estero e all’interno: era stato costituito un nuovo Centro C.S. a Tirana, nel febbraio 1943; uno simile a Corfù, Barcellona, Ajaccio e Tunisi. La cosiddetta delicata attività “P”, cioè l’acquisizione di documenti del nemico, era stata particolarmente fruttuosa, perché, a tutto il febbraio 1943, erano stati sottratti 2.869 documenti, 30 cifrari, 38 codici e tabelle di sopracifratura: un successo dovuto anche alla unificazione dei servizi di controspionaggio, almeno secondo la valutazione del Capo Servizio.
La Sezione Coordinamento Censura di guerra aveva un nuovo ufficio a Chambéry, oltre a quelli (U.C.P.E.) di Roma, Bologna, Milano, Spalato; dei Nuclei C.P.E. a Mentone (di recente istituzione), a Fontano, Monginevro, Lanslebourg, Seez e Ponte Chiasso; delle Commissioni di censura Posta Militare presso i Comandi delle Grandi Unità, dislocati oltre frontiera e oltremare; organi di censura in Grecia e Montenegro. Il lavoro svolto da tutti questi Uffici era veramente immane, sia quello palese, sia quello occulto, ad esempio, sui dispacci ufficiali in transito.
Continuavano ad esistere, come per il passato, l’Ufficio Reparti Speciali, il Gruppo Propaganda per la Difesa del segreto militare e il Gruppo Controllo stampa estera. L’unificazione dei servizi di controspionaggio fatta sulla carta non fu comunque facile in realtà, se il 21 febbraio 1943 il S.I.M. fu costretto ad inviare chiarimenti sulle competenze della Centrale anche sui territori della Francia occupata, e al Comando della 4^ Armata che, all’insaputa di Roma, aveva condotto una importante azione di controspionaggio. La competenza del Centro C.S. di Nizza fu rapidamente estesa anche a quei territori, onde scongiurare qualsiasi ulteriore autonoma iniziativa al riguardo.
L’ordinamento esistente però non soddisfaceva se, nell’aprile 1943, già si studiava una nuova organizzazione del Servizio: oltre al Capo del Servizio, con una sua Segreteria (Ufficio di corrispondenza e Drappello automobilistico) si prevedeva un Ufficio di Stato Maggiore con funzioni delle seguenti cinque Sezioni:
l^ Sezione: Centri all’estero (attività offensiva)
- 1° Gruppo Esercito,
- 2° Gruppo Marina,
- 3° Gruppo Aeronautica;
–
2^ Sezione: controspionaggio (attività difensiva)
- 1° Gruppo controspionaggio,
- 2° Gruppo controspionaggio (azione preventiva e repressiva) ,
- 3° Gruppo affari speciali e propaganda pro segreto militare;
3^ Sezione: censura
- 1° Gruppo censura posta estera,
- 2° Gruppo censura prigionieri di guerra,
- 3° Gruppo speciale,
- 4° Gruppo controllo stampa estera,
- 5° Gruppo personale uffici censura;
4^ Sezione: tecnica
- 1° Gruppo intercettazione e mezzi tecnici,
- 2° Gruppo decrittazione. Cifrari,
- 3° Gruppo di Gabinetto chimico-fotografico;
–
5^ Sezione: personale e amministrazione
- 1° Gruppo Personale (pratiche avanzamento, disciplinari, ecc.),
- 2° Gruppo amministrazione della 1^ Sezione, della 2^ e altre varie incombenze,
- 3°Gruppo Materiali (carico dei materiali tecnici e di arredamento, acquisti e distribuzioni, varie).
Il nuovo ordinamento derivava dalla volontà di migliorare l’organizzazione generale del lavoro e soprattutto, negli intenti di Amè, di riuscire a costituire un reale Servizio Informazioni, quasi interforze, ma con una seria attribuzione di coordinamento e direzione su quelli di Forza Armata. Quello esistente al momento, in sostanza, era quello voluto dall’allora Capo di S.M.G. Cavallero nel 1941, con cambiamenti, dovuti a progressivi scorpori o integrazioni di attività, come precedentemente visto, ma fino a quel momento non vi era stata una riorganizzazione organica del Servizio.
Nella relazione che accompagnava il progetto, Amè ancora una volta cercò di dimostrare come la decisione di riunire tutta l’attività offensiva, difensiva e di censura in un unico organo, soprattutto in tempo di guerra, avrebbe comportato maggiore coerenza d’azione e possibilità di meglio valutare le informazioni che pervenivano alla Centrale.
Il progetto fu inviato a Mussolini, con allegato un promemoria esplicativo dei compiti del S.I.M, delle conseguenze di una pluralità di organi nell’attività offensiva, mentre, per quella difensiva, veniva evidenziato come l’unificazione presso il Servizio dell’attività di controspionaggio di tutte le Forze Armate aveva dato la misura dell’efficacia della unità di direzione e di responsabilità, consentendo di operare su tutto il territorio e su obiettivi di interesse generale, eliminando interferenze e sovrapposizioni.
Alla base del nuovo progetto, che voleva riunire l’attività offensiva e difensiva era la convinzione che questa sarebbe stata l’unica soluzione in un delicato momento della guerra, per garantire all’organo informativo del Comando Supremo un migliore assetto.
In sintesi con la nuova struttura il S.I.M. avrebbe assunto e potuto svolgere:
- un coordinamento più efficace di tutto il Servizio Informazioni Militare;
- ricercare delle informazioni all’estero per la parte terrestre e per quella politico-militare in generale;
- dirigere il controspionaggio all’estero e all’interno;
- coordinare l’attività offensiva e difensiva;
- coordinare e sviluppare il servizio di censura;
- dirigere e potenziare gli elementi tecnici necessari per lo sviluppo della sua attività.
L’organo informativo dell’Esercito avrebbe ridotto e contenuto la propria attività nell’ambito operativo della Forza, con funzioni organizzative e direttive sugli organi informativi delle Grandi Unità e su quelle attività informative che erano strettamente legate all’impiego degli uomini e dei mezzi.
Per meglio comprendere quali sarebbero state le differenze nelle fonti informative di S.I.M. e R.I.E., occorre ricordare che quelle del S.I.M. sarebbero state:
- a) i centri all’estero;
- b) i documenti e informazioni diplomatici e militari;
- c) la crittografia;
- d) la collaborazione con i servizi di informazione degli stati alleati;
- e) i Servizi Informazioni delle tre Forze Armate.
Quelle del R.I.E. sarebbero invece rimaste, come sopra anticipato:
- a) gli Addetti militari all’estero;
- b) l’intercettazione operativa;
- c) l’esplorazione aerea;
- d) l’interrogatorio di prigionieri;
- e) gli organi informativi dei Comandi d’Armata.
Chiudeva il promemoria una notazione ottimistica: la situazi.one attuale appare matura e propizia per passare senz’altro alla seconda fase dell’auspicata concentrazione, senza dar luogo a crisi o soluzioni di rendimento… la situazione sicuramente era matura, forse solamente poco propizia, anche perché questo tipo di decisione sulla necessaria unificazione dell’attività offensiva e difensiva arrivava certamente con grave ritardo rispetto proprio agli eventi bellici.
Il 1° giugno 1943, per disposizione di Mussolini, il S.I.M. acquisiva le attribuzioni dell’attività di informazione militare, e cioè l’offensiva e la difensiva, e il R.I.E. veniva riorganizzato su nuove basi limitate ai compiti operativi. Il nuovo ordinamento, il quinto che era stato attribuito al Servizio durante il conflitto, secondo Amè, metteva dunque la parola fine ad una situazione definita insostenibile ed esiziale… spezzata l’unità di azione di offesa e difesa, smembrata nei mezzi e negli spiriti la coesione e la funzionalità di organi i1tituzionalmente interdipendenti per compiti e strutture, il Servizio Informazioni italiano aveva vissuto per circa due anni una vita grama e difficile, irta di difficoltà e interferenze…
Nel Diario Storico del 1° giugno finalmente egli poté esprimere ufficialmente quelle che erano state le sue critiche, rappresentate sempre con un deferente senso di concretezza, ai superiori. Una volta ottenuto quanto aveva cercato di far comprendere, poteva finalmente e completamente fare le critiche che riteneva opportune, con una certa libertà di pensiero, forse permessa anche dalla situazione certamente difficile dell’Italia e probabilmente da uno spirito generale di critica che ormai trovava il coraggio di affermarsi e di rivelarsi, come si ricava dalle relazioni quindicinali sulla censura della posta in tema e verso l’estero, ed anche in quella militare.
In quella pagina di Diario, il Capo Servizio esprimeva il suo pensiero in modo esplicito. Sottolineava che i Centri all’estero, rimasti, erano in profonda crisi sia per la qualità sia per l’avvicendamento inconsulto del personale. In quel momento in tutto il Nord Africa, o italiano o occupato e controllato dalla Commissione di armistizio, non vi era più un solo agente italiano, così come tutta la restante sponda mediterranea verso Levante, la Tripolitania e la Cirenaica erano prive di elementi e di conseguenza cieche ai fini informativi. Quindi la ricerca delle notizie all’estero aveva perso terreno e anche il funzionamento del servizio presso le Grandi Unità era inefficiente e non curato.
La collaborazione con la Germania, notava Amè, era stata scarsa nel settore informativo, formale nel campo crittografico, con magri contatti e con relazioni generalmente fredde: indubbiamente le relazioni con l’omologo servizio tedesco, forse solo formalmente cordiali prima dello scoppio della guerra, si erano andate progressivamente raffreddando, di pari passo con l’alleanza tra l’Italia e la Germania. Appare tuttavia difficile oggi dimenticare i rapporti e i promemoria sulla entusiastica collaborazione e unità di vedute, che avevano caratterizzato quasi tre anni di guerra e il periodo precedente al conflitto. Anche la collaborazione con l’Ungheria si era dimostrata molto poco operante in tutti i settori.
La stessa attività crittografica, criticava Amè, si era adagiata col tempo su linee burocratiche… non vivificata da nessun soffio e passione operativa. Il lavoro di ricerca documentaria del Servizio si era orientato verso una produzione di quantità più che di qualità e aveva messo in rilievo notizie politico-generali e talvolta giornalistiche di scarso rilievo, perdendo, almeno negli ultimi tempi, la visione del preminente compito operativo e la sensibilità relativa.
Anche la situazione del personale aveva posto numerosi problemi sia per gli avvicendamenti sia per il rientro ai reparti; in complesso disorientamento degLi spiriti del lavoro, della collaborazione. IL S.IM. considera la sua nuova fisionomia organica e funzionale assunta da oggi come base per una nuova tappa del suo duro cammino verso gli obiettivi determinati dal’interesse del paese, che il Servizio intende perseguire con fede e tenacia, pur nelle difficili condizioni determinate dalla situazione e dalle condizioni dell’organizzazione attribuitagli.
Dunque, prima di questa decisione del 1° giugno 1943 (un martedì, come annota diligentemente l’estensore del Diario Storico), sembra quasi, dalle parole dello stesso Capo, che il Servizio non fosse riuscito a far nulla… invece aveva certamente dato dei frutti, anche se con fatica, minore organizzazione e scarso coordinamento, ma aveva raccolto notizie e informazioni; era riuscito a produrre bollettini e notiziari mensili. L’Italia stava perdendo la guerra e la colpa non era certo attribuibile solo al Servizio di Informazioni militare che pur molto aveva lavorato spesso passando notizie corrette, ma delle quali molte volte non se ne era tenuto conto. Il generale Amè forse era riuscito in qualcosa in cui credeva e per il quale aveva lottato da quando aveva assunto l’incarico.
Nella stessa data della storica decisione, il 1° giugno, il Sottocapo di S.M G. inviò una circolare, sostitutiva della precedente, con lo stesso oggetto del precedente agosto 1942, relativa alla nuova organizzazione di compiti dell’attività di controspionaggio. I compiti erano essenzialmente i soliti codificati: azione preventiva, azione repressiva, lotta contro il sabotaggio e la propaganda avversaria fra le Forze Armate .
L’organo direttivo di questa attività era ovviamente il S.I.M. (Sezione “Bonsignore”); il controspionaggio all’interno doveva essere svolto unicamente tra i Centri C.S. dipendenti da quella Sezione, mentre l’attività all’estero veniva svolta dagli organi occulti del S.I.M. dislocati oltre frontiera. Per quanto riguardava il controspionaggio presso le Armate, sul territorio nazionale era svolto unicamente dai Centri del S.I.M.; per le Armate dislocate in territorio d’occupazione era svolto dai Centri C.S. del S.I.M., dove il Comando Supremo avesse ritenuto necessario organizzarli o dalle Sezioni C.S. di Armata.
Dove non fossero stati presenti i Centri S.I.M., veniva poi disposto che per la Francia occupata e la Corsica, il servizio di controspionaggio sarebbe stato svolto dai Centri del Servizio di Nizza e Ajaccio; per la Slovenia e per la Dalmazia, erano competenti i Centri C.S. per i territori annessi (province di Lubiana e Spalato); per quelli occupati, la Sezione C. S. del Comando della 2^ Armata. Per il Montenegro, il Servizio era svolto dalla Sezione del Comando Truppe Montenegro. In Albania era competente il Centro di Tirana; in Grecia, quello di Atene. Nell’Egeo, il servizio era svolto dalla Sezione del Comando Superiore delle Forze Armate Egeo.
Il 31 maggio lo S.M.E. aveva di.sposto che il S.I.M. poteva entrare in relazioni dirette con gli Addetti militari all’estero e che avrebbe sostenuto le eventuali spese per la collaborazione. In una lettera a questi ufficiali Amè chiarì che la loro collaborazione avrebbe potuto concretarsi solamente con un prudente impiego di elementi assolutamente sicuri, con missioni saltuarie, poiché in realtà gli Addetti militari avevano il divieto di organizzare e maneggiare reti informative; per le spese che potevano essere sostenute per quei fiduciari, non era necessaria alcuna autorizzazione preventiva, salvo che gli esborsi fossero di particolare rilievo, per i quali bisognava avanzare delle proposte motivate alla Centrale.
Dal 1° giugno, il Diario Storico cambiò alcune delle sue voci che furono strutturate in attività generale informativa; attività offfensiva; attività difensiva, coordinamento censura di guerra, in pratica riprendendo la struttura di quello dell’anno 1940. Naturalmente anche l’organizzazione dei Centri all’estero ebbe qualche modifica, a seconda delle esigenze locali e dell’andamento bellico.
Interessante è che in quel periodo fu impartito l’ordine ai Centri di organizzare le cosiddette “reti informative di emergenza”, da lasciare nei territori in caso di eventi bellici contrari: queste reti dovevano essere costituite da pochi elementi selezionati e naturalmente dotati di apparati radio clandestini; le eventuali trasmissioni dovevano comunque essere improntate a carattere di massima prudenza, saltuarie e brevi, allo scopo di non essere individuate.
Bisognava inoltre trovare una soluzione al problema di far giungere le risorse finanziarie agli agenti di emergenza, in modo che la riscossione continua dei compensi ne potesse stimolare l’attività. L emergenza bellica forse iniziava ad essere compresa, in tutti i suoi aspetti…
Il 28 giugno Amè, firmando con il suo storico nome di copertura “Armando” , inviò una circolare a tutti i Centri all’estero facendo notare come il loro rendimento e quello delle Sezioni Statistica fosse notevolmente inferiore alle attese: infatti il gettito informativo era considerato inferiore alle necessità della situazione politico-militare. Forse era stata proprio l’attività condotta per l’organizzazione delle reti di emergenza a limitare la raccolta informativa, mentre era esattamente quello il momento di imprimere il massimo impulso alla conoscenza del territorio e delle azioni dell’avversario.
Vì era la certezza che il nemico avrebbe scatenato la violenza dei suoi mezzi preponderanti, ma non si aveva ancora l’apprezzamento esatto circa il punto di applicazione, nell’entità, nello spazio e nel tempo. Dove avrebbe attaccato e quando?
Amè incoraggiava, nel giugno e luglio 1943, comunque l’organizzazione delle reti di emergenza (in Albania, Montenegro, Croazia, Serbia, Bulgaria e Grecia), avendo una visione concreta e realistica delle possibilità locali, agendo con la perseveranza e metodo, escludendo persone di bassa lega e l’elemento femminile… nonostante alcuni casi di donne che avevano reso ottimi servigi, come nel passato, continuava il pregiudizio, che era stato proprio anche della prima guerra mondiale, che le donne evidentemente non erano adatte ad un serio lavoro informativo, soprattutto di carattere militare.
Problemi giungevano anche dagli altri organi informativi italiani all’estero, fatta eccezione per la Marina e l’Aeronautica, con le quali vi era stato un significativo coordinamento. Uno dei problemi, invece, era stato posto da una nuova rete informativa, organizzata dal generale Pièche, dei Carabinieri, che sotto i diretti auspici del Ministero degli Affari Esteri, stava operando nel settore balcanico.
Egli aveva già degli elementi inseriti in Bulgaria, in Serbia e apparentemente ne stava preparando l’invio in Svizzera, Ungheria e Romania. In un promemoria del giugno 1943 Amè faceva presente che col proliferare degli organi informativi all’estero e l’inserimento di nuovi elementi, erano aumentate le interferenze, le difficoltà e i pericoli di compromettere tutta l’attività già messa in atto.
Nel promemoria illustrò quanto stava succedendo in Bulgaria, dove agivano contemporaneamente in campo informativo cinque diversi organismi italiani: due Centri del S.I.M. regolarmente accreditati presso l’omologo Servizio bulgaro; un elemento dell’organizzazione Pièche; un elemento a testa dei Servizi della Marina e dell’Aeronautica, con due stazioni radio.Tutto questo affannarsi aveva naturalmente suscitato nei bulgari sospetti e diffidenze.
Anche in Turchia vi era qualche problema: pochi giorni prima il Centro del S.I.M. aveva casualmente saputo che due ufficiali italiani si sarebbero stabiliti a lstanbul con compiti informativi non determinati; ma più grave era che i nominativi degli ufficiali (probabilmente elementi della cosiddetta “organizzazione Pièche”), e la missione loro affidata erano sconosciuti a tutti gli organi militari, tanto che Amè dovette dare ordini al proprio Centro di impedire ogni attività di quelle persone, proprio per evitare problemi in uno Stato in cui i movimenti degli informatori del S.I.M. “accertati” erano già strettamente sorvegliati e di questo già erano state fatte amare esperienze.
Veniva richiesto dunque, prima di tutto, d’impedire il moltiplicarsi di iniziative in campo informativo e soprattutto di esplicare un’azione diretta ad ottenere che la rete informativa del Pièche non si estendesse a settori particolarmente difficili, anche se per motivi diversi, quali erano la Svizzera (crocevia delle attività spionistiche internazionali con la presenza degli inglesi, dei francesi di De Gaulle, degli americani, degli jugoslavi, dei russi e dei polacchi) e la Turchia (porta verso l’Oriente, Vicino e Medio, sede di traffici di ogni genere, padrona incontrastata dei passaggi sul Bosforo e nei Dardanelli), ove peraltro era difficile sottrarsi alla sorveglianza della polizia e dei Servizi locali.
Nella laica Repubblica di Turchia operavano i servizi americani ad Ankara, lstanbul, Samsun ed Erzerum ; quelli inglesi si erano stabiliti oltre che a lstanbul e a Erzerum, anche a Smirne, Mersina, Adana, Alessandretta; i russi erano ad Ankara, lstanbul e a Mersina. L’Italia aveva un “Addetto militare aggiunto” che si occupava del servizio informazioni in Turchia. Verso la fine di agosto il Ministro degli Esteri propose di abolire quell’incarico: Carboni, nuovo Capo del Servizio, non approvò sostenendo che la proposta del ministro era basata unicamente sull’arbitraria affermazione che la maggior parte delle informazioni militari non avevano alcuna base sostanziale.
Era invece il contrario e gli avvenimenti futuri dovevano consigliare un ulteriore potenziamento degli organi informativi in quel territorio: questa era l’opinione del nuovo Capo del Servizio, ma quel che è interessante, se vera, era l’opinione del Ministro degli Esteri di allora, Giuseppe Bastianini, che aveva sostituito Ciano il 6 febbraio 1943, quando il Duce aveva effettuato un notevole rimpasto ministeriale. Una opinione che dimostrerebbe come effettivamente non veniva dato molto credito alle informazioni di fonte militare e quindi lo stesso Servizio Informazioni del Comando Supremo non fosse molto considerato.
La situazione era ormai compromessa; il10 luglio, con lo sbarco americano in Sicilia iniziò l’ultimo lungo tragico atto del conflitto, che sarebbe durato fino alla completa liberazione dall’ex alleato tedesco nel 1945, per finire quanto si era già chiaramente manifestato durante tre anni di guerra. Il 25 luglio prendeva “congedo” in un modo strano il regime fascista, sconfessato dal suo stesso organo apicale, il Gran Consiglio: non era stata una rivoluzione popolare a estrometterlo per sempre dalle vicende italiane. Nessuno aveva avuto il coraggio o la possibilità di farlo se non i suoi stessi sostenitori, anche se costoro in realtà non avevano forse previsto tutte le conseguenze del loro “ordine del giorno”. La storia si rivela per quello che è a posteriori e raramente si rivela ai suoi protagonisti.
Il 18 agosto 1943 il generale Amè lasciava l’incarico di Capo del S.I.M. per andare a comandare una divisione; la direzione veniva assunta dal generale di C.A. Giacomo Carboni, come “commissario straordinario”: Vice Capo Servizio era il generale di brigata, Carlo Fantoni. Il lavoro continuava a 360 gradi, con la normale attività e la costituzione di un nuovo Centro a Lugano sotto copertura commerciale; furono predisposti due ulteriori Centri, uno a Innsbruck e uno a Klagenfurt, che iniziò la sua attività il 1° settembre. In Spagna invece, con la decisione del governo spagnolo di limitare l’attività informativa dell’Asse, il Servizio dovette studiare altre soluzioni per rimanere in Africa settentrionale, nel caso che quel governo avesse veramente applicato le risoluzioni prese.
Una delle possibilità era quella di assegnare in Marocco alcuni elementi informativi, già presenti a Tetuan e Melilla, che erano dotati della copertura diplomatica della Missione Militare Italiana a Madrid, e comunque di costituire al più presto possibile nel Marocco spagnolo qualche nuovo Centro informativo, con copertura consolare, senza informarne le autorità spagnole e cercando di nasconderne l’attività con tutti gli accorgimenti necessari.
Nei territori spagnoli compreso il Marocco, e in Portogallo, erano presenti i servizi inglesi, americani, polacchi, belgi, olandesi, francesi, cecoslovacchi e anche i brasiliani. Le “reti di emergenza” erano state predisposte anche in Spagna e in Francia. Le “reti” avevano iniziato a funzionare ad esempio in Sicilia, dove gli agenti vennero sollecitati a comunicare alla Centrale, se la popolazione locale ascoltava le radiodiffusioni speciali dirette ad essa.
Il S.I.M. si avvide chiaramente delle manovre tedesche riguardo all’Italia, e soprattutto del movimento delle truppe attraverso il Brennero: il 4 agosto con un promemoria venivano date le notizie riguardanti i transiti della 136^ divisione da montagna, composta in maggior parte da altoatesini, che, secondo alcune voci, dovevano occupare o rafforzare lo stesso Alto Adige.
Era anche noto che a Innsbruck erano confluiti 10 treni, dei quali sette di materiale vario e tre di truppe della divisione SS “Leibstandarte A. I.”, meglio nota come Divisione A.H. ( Adolf Hitler), della quale si conosceva il numero degli effettivi, giunta a tappe forzate dal settore centrale del fronte russo e verosimilmente diretta al Brennero.
Il promemoria terminava con la notizia che da parte tedesca era previsto l’impianto a Roma di un apparato ricetrasmittente clandestino, che avrebbe dovuto iniziare il suo funzionamento non appena le truppe e i comandi tedeschi avessero lasciato Roma… Tale attività è da noi seguita. Essa merita segnalazione per il suo valore indiziario. Il comportamento dei tedeschi era ormai chiaro: sia sul territorio italiano sia su quello all’estero, occupato, in attesa degli eventi il Governo tedesco aveva predisposto serie contromisure, comprendendo chiaramente quello che sarebbe successo e non riconoscendo più l’italiano come alleato, ma raffigurandolo come possibile nemico.
I movimenti delle forze germaniche nelle zone di confine, nei Balcani e in Italia venivano dal S.I.M. attentamente monitorate e le notizie raccolte erano corrette. Il contegno di quelle truppe veniva definito di massima disciplinato, ma duro e riservato. Le Forze tedesche non si fermarono comunque al Brennero, ma continuarono ad affluire in Italia attraverso il valico, anche se con una certa lentezza, scendendo verso l’Emilia.
Al 31 agosto 1943 il S.I.M. era a conoscenza della completa dislocazione dei reparti tedeschi sul territorio del Corpo d’Armata di Roma, con nome del Corpo e Reparto, dell’esatta ubicazione di stazionamento, della dipendenza, del nominativo del comandante, della forza presente, degli automezzi e dei carri armati, dell’impiego e dell’armamento.
Quei mesi estivi furono molto particolari per la cosiddetta “collaborazione con i nazisti alleati”: il contegno di militari tedeschi in Italia meridionale dava sempre più luogo a numerosi incidenti, non accettando essi i posti di blocco e in alcune occasioni anche sparando contro i militari italiani, oppure sequestrando senza autorizzazione mezzi privati e altri beni.
La convivenza con l’alleato tedesco era ormai difficile a tutti i livelli, dal militare al diplomatico. Le Forze Armate di Hitler avevano già occupato surrettiziamente gran parte del territorio italiano. L’8 settembre vide ancora un promemoria del S.I.M. sugli aspetti della situazione politico-militare in Germania, sull’ordine pubblico, ma il Diario Storico del mese di settembre, almeno dei primi otto giorni, allo stato delle ricerche non è risultato reperibile; sono consultabili solo i fogli che le singole Sezioni inviavano all’Ufficio deputato alla redazione del documento.
Tra il 18 agosto e l’8 settembre, il Servizio aveva avuto una ulteriore sistemazione ordinativa: era strutturato in un Capo del Servizio (indicato con la parola “Commissario”), e un Vice. Dal Capo Servizio dipendeva una Segreteria generale e cifra; dal Vice, i tre ufficiali di collegamento con il Ministero degli Esteri, con quello degli Interni e con la M.V.S.N. Le Sezioni avevano dunque preso il nome di Uffici: l’Ufficio I comprendeva le Sezioni “Calderini”, Ordinamento, Crittografica, Tecnica, Politica, Collegamento con lo Stato Maggiore dell’Esercito.
L’Ufficio II comprendeva le Sezioni Esercito, Marina, Aeronautica, Gruppo recensione stampa estera, Gruppo fotografico e riproduzioni. L’Ufficio III era la Sezione “Bonsignore”, e quella della censura di guerra. All’Ufficio IV erano assegnate le Sezioni Personale, Amministrazione, Affari vari. Questo era l’ordinamento S.I.M. in vigore il giorno 8 settembre 1943. Il 9 settembre la situazione era radicalmente cambiata.
* Maria Gabriella Pasqualini
(Roma, 26 marzo 1944) è una storica e accademica italiana.
Laureata nel 1966 in Scienze Politiche nella Università di Roma, ha insegnato per 40 anni, dapprima “Storia e Istituzioni dei Paesi afro-asiatici” nell’Università di Perugia e poi “Storia e Istituzioni dell’Africa Mediterranea e del Vicino Oriente” in quella di Palermo (ad eccezione di una parentesi decennale 1974-1984 per Servizio all’estero presso il Ministero degli Affari Esteri).
È docente alla Scuola ufficiali carabinieri a Roma, dove risiede.
Specialista di Storia dei servizi segreti italiani, ha pubblicato un corpus di studi di cinque volumi, riguardanti la storia dei Servizi Segreti italiani militari e civili, per il SISMI, per l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna e per l’Agenzia informazioni e sicurezza interna.
I suoi studi sulla storia dell’intelligence italiana sono disponibili anche sul sito del Dipartimento delle informazioni per la Sicurezza DIS.
- È stata vicepresidente del Comitato Consultivo del Capo di stato maggiore della difesa per il Servizio Militare Volontario Femminile dal 2000 al 2007 al Ministero della Difesa.
- Direttore Scientifico di osservatorioanalitico.com
- Vice Direttore del giornale on-line The HorsemoonPost.
- Membro del Comitato Scientifico della Fondazione Giuseppe e Marzio Tricoli.
- Membro della Società italiana di storia militare.
- Premio Nazionale Universo Donna (2001).
Opere
- L’Italia e le prime esperienze costituzionali in Persia (1905–1919), Napoli – Perugia, ESI, 1992.
- Gli equilibri nel Levante. La crisi di Alessandretta 1936–1939, edito da IlaPalma – Edizioni Associate, Palermo, 1995.
- Il Levante, il Vicino e Medio Oriente. Le fonti archivistiche dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, SME, Ufficio Storico, Roma,1999.
- Le missioni all’estero dei Carabinieri 1855-1935, Ente Editoriale Arma dei Carabinieri, Roma, 2001.
- Le missioni all’estero dei Carabinieri 1936-2001, Ente Editoriale Arma dei Carabinieri, Roma, 2002.
- Operazione Vespri Siciliani, coautore con Giancarlo Gay, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, con Introduzione del Ministro della Difesa, Roma, 2003.
- Uomini in Uniforme, coautore con Giancarlo Gay, Rai-Eri-Roma, 2004.
- L’Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1943. Speranze e realtà, Roma, Stato Maggiore Esercito, Roma, 2005.
- “Problematiche costanti nel servizio di informazione militare italiano dal 1861 al 1949”, in: Storia dello spionaggio, a cura di Tomaso Vialardi di Sandigliano e Virgilio Ilari, Savigliano, 2005.
- Soldato per scelta. La tradizione del volontariato militare in Italia dal 1861 ai nostri giorni, Roma, Stato Maggiore Esercito, 2006.
- Carte segrete dell’intelligence italiana. Vol. I: 1861-1918, Ministero della Difesa – RUD- Roma, 2006, (Prefazione Ministro della Difesa).
- Carte segrete dell’intelligence italiana Vol. II: 1919-1949, Ministero della Difesa – RUD- Roma, 2007, (Prefazione Ministro della Difesa).
- L’intelligence italiana dal 1949 al 1977, AISI, De Luca Editore, Roma, 2011.
- Breve storia dell’organizzazione dei Servizi d’Informazione della Regia Marina e Regia Aeronautica. 1919-1945, Roma, 2013, 300 pagine, Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Difesa, Ministero della Difesa e Commissione Italiana di Storia Militare. .
- Carte segrete dell’intelligence italiana Vol. III, IL SIM negli archivi stranieri, Stato Maggiore Difesa, Ministero della Difesa. 2014.