I “SEGRETI” DI GALEAZZO CIANO – 14

a cura di Cornelio Galas

  • documenti raccolti da Enzo Antonio Cicchino

A settanta anni dalla loro redazione ecco per la
prima volta in rete i documenti che Galeazzo Ciano
allegava al suo DIARIO

 

GENNAIO 1940

COLLOQUI COL MINISTRO DEGLI ESTERI D’UNGHERIA

Venezia, 6-7 gennaio 1940 – XVIII

Col Conte Csàky abbiamo fatto un giro di orizzonte fermandoci particolarmente sulle seguenti questioni:

Relazioni russo-magiare. – Ho detto a Csàky che in caso di attacco russo era per noi impossibile fornirgli aiuti di masse armate se non si è prima risolta la questione della libertà di passaggio fra l’Italia e l’Ungheria.

Il Conte Csàky mi ha detto che secondo le informazioni ungheresi non è da prevedere un attacco russo alle frontiere magiare. Anzi tale eventualità sarebbe da escludere. Comunque, date le prove fatte dalle forze russe in Finlandia, il Governo ungherese si sente in condizioni di contenere qualsiasi attacco russo purché aiutato con armi ed eventualmente specialisti.

Conte István Csáky

Relazioni romeno-magiare. – Ho esposto al Conte Csàky il giudizio italiano sulla situazione e ne ho avuto la seguente risposta: L’Ungheria non può fare un accordo con la Romania che non le dia soddisfazione completa. Con ciò intende la cessione totale della Transilvania fino ai Carpazi. Dalle carte allegate risulta il programma massimo e il programma minimo delle rivendicazioni ungheresi.

Il programma massimo contempla 78.000 chilometri quadrati con un totale di 4 milioni 200 mila abitanti di cui, in base alle stesse statistiche ungheresi, solo il 37% magiari, il 50% romeni e circa il 10% tedeschi. Il programma minimo contempla invece la cessione di un territorio di 50.000 chilometri quadrati con una popolazione di 2 milioni 700 mila abitanti, della quale ungheresi e romeni farebbero parte con una percentuale presso a poco identica.

Csàky dice che qualsiasi accordo con la Romania che non comportasse tali cessioni territoriali determinerebbe la rivolta in Ungheria e nessun Governo sarebbe capace di imporlo al Paese. Però il Governo ungherese si rende conto delle necessità del momento ed è pronto a rinviare ad epoca piú propizia la resa dei conti con la Romania. Attualmente non farà niente che possa indebolire la resistenza romena nei confronti della Russia. Pertanto il Conte Csàky mi ha pregato di far sapere ai romeni quanto segue.

he Hungarian Foreign Minister István Csáky signs the Vienna Accord

Se la Russia attaccherà la Romania, e la Romania resisterà con le armi in pugno, l’Ungheria terrà nei confronti della Romania un atteggiamento di benevola neutralità. L’Ungheria interverrebbe invece immediatamente qualora dovesse verificarsi una delle tre seguenti ipotesi:

1. Massacro delle minoranze;

2. rivoluzione bolscevica in Romania;

3. cessione da parte della Romania di territori nazionali alla Russia e alla Bulgaria senza combattere. Csàky ha aggiunto che anche in tale eventualità niente sarà fatto senza previa consultazione e intesa con l’Italia.

Dalle dichiarazioni di Csàky ho riportato la convinzione che gli ungheresi continuano e continueranno a minacciare i romeni, ma che non faranno nulla di concreto e non prenderanno nessuna iniziativa militare se non quando saranno certi di non trovare di fronte una resistenza armata nemica.

Croazia. – Il Conte Csciky ha espresso le sue preoccupazioni per l’azione italiana in Croazia. Secondo notizie a lui pervenute – dice da Macek – l’Italia starebbe preparando dei movimenti in Croazia. Sempre secondo tali notizie l’Italia sarebbe in Croazia molto impopolare. Anche la propaganda delle democrazie sarebbe valsa a determinare una tale impopolarità.

Teleki Pál gróf és Csáky István gróf Rómában 1939

A giudizio di Csàky il popolo croato desidererebbe costituirsi in Stato indipendente orientandosi piuttosto sull’Ungheria. Comunque egli teme che una qualsiasi azione italiana in Croazia valga a portare l’incendio nei Balcani ed a compromettere la stessa situazione dell’Ungheria. Pertanto prega di voler soprassedere ad ogni nostra iniziativa.

Ho risposto che per quanto noi in Croazia si possa contare sulla simpatia delle larghe masse popolari e per quanto ci sia noto nei suoi particolari il forte movimento separatista di Zagabria, pur tuttavia non svolgiamo e non intendiamo svolgere allo stato degli atti un’azione intesa a turbare il mantenimento della pace in quel settore. Dovevo però sottolineare che l’Italia non poteva rimanere indifferente di fronte al pericolo di una affermazione bolscevica in Jugoslavia e particolarmente in Croazia.

In una tale eventualità ci riservavamo la più ampia libertà di azione. In modo preciso ho riaffermato che – in qualsiasi caso – l’Italia considera la Croazia, la Dalmazia e le zone adiacenti come facenti parte della sua sfera di interessi vitali nella quale non ammette interferenze di terzi Stati.

Relazioni con la Germania. – Ho spiegato al Conte Csàky la situazione esatta delle nostre relazioni con la Germania, della quale però era già al corrente attraverso le informazioni ricevute dal suo Ministro a Roma. Egli concorda appieno col nostro punto di vista e sul nostro atteggiamento.

Per quanto riguarda l’Ungheria, le relazioni con la Germania si mantengono corrette, pure esistendo tuttavia nell’opinione pubblica una corrente di fortissima ostilità – non ignorata a Berlino – contro il Reich. Csàky riconosce che la pressione tedesca si è fatta più leggera in questi ultimi tempi, ma ciò non è valso ad attenuare i forti sospetti che esistono nel popolo magiaro circa i reali intendimenti di Hitler.

Csaki sul motoscafo insieme ad un’altra personalità, a bordo c’è anche Ciano, a Venezia. IL ministro degli esteri ungherese indossa un cappotto chiaro e tiene in mano il cappello

Relazioni con le democrazie. – Poche relazioni con la Francia; più intense e cordiali le relazioni con Londra. Anche a Budapest in questi giorni è stato realizzato un accordo di carattere commerciale diretto a diminuire le difficoltà causate dall’applicazione del blocco.
Concludendo, il Conte Csàky ha ripetuto che l’Ungheria intende agire in strettissimo accordo con l’Italia, dando la sensazione sia in Germania sia nel resto del mondo che l’Ungheria rappresenta una forza che può essere manovrata unicamente da Roma.

A tal fine, ed anche per ragioni di carattere interno ungherese, ha rinnovato la preghiera a nome del Reggente di una mia visita a Budapest nella prossima primavera; il Reggente tiene molto a dare l’impressione precisa al Paese ed all’estero della continuità di contatti e quasi di direttive provenienti da Roma. A proposito dei rapporti italo-magiari il Conte Csàky ha parlato di altre questioni sulle quali mi riservo riferire verbalmente.

FEBBRAIO 1940

LETTERA ALL’AMBASCIATORE A BERLINO ATTOLICO

Roma, 24 febbraio 1940 – XVIII


N. 1-1358


Strettamente personale

Caro Attolico,
l’appunto di Teucci sulla sua conversazione con Göring, che hai trasmesso con tuo rapporto n. 1500 del 17 corrente, è stato letto qui con molto interesse e ne sono stati rilevati i passaggi di maggior rilievo.

In uno di essi viene riferito che Göring avrebbe supposto in primo tempo, che la non belligeranza italiana venne decisa per “forti pressioni di carattere interno.”

Il ministro Ribbentrop, accompagnato dall’ambasciatore Attolico e da una personalità italiana in uniforme della milizia, attraversa un corridoio .

Lo stesso Göring – come riferisce successivamente Teucci – ha poi mutato opinione. Non sarà tuttavia inopportuno che tu, ed eventualmente Teucci ripresentandosene l’occasione – troviate modo di ribadire con Göring che i motivi della nostra non belligeranza sono – come egli sa – di ordine puramente militare. Ciò che d’altra parte non ha impedito e non impedisce il permanere di quei rapporti di intima amicizia che uniscono i due Paesi e dei quali nei limiti delle nostre possibilità veniamo dando continuamente prova alla Germania.

Gradirò a suo tempo un cenno da parte tua sul seguito che avrai dato a questa mia segnalazione.
Molti cordiali saluti.

COLLOQUIO DEL DUCE CON SUMNER WELLES

Roma, 26 febbraio 1940 – XVIII

Roma, 26 febbraio 1940 – XVIII

Il signor Sumner Welles ringrazia il Duce per averlo ricevuto ed incomincia il suo dire dichiarando che il Presidente Roosevelt è desideroso di eliminare una volta per tutte i malintesi e le incomprensioni che sono esistiti per lungo tempo fra gli Stati Uniti e l’Italia. È lieto di comunicare che il Presidente degli Stati Uniti ha già richiesto al Congresso lo stanziamento di due milioni di dollari per partecipare alla Esposizione del 1942 e desidera anche stipulare un Trattato di commercio tra gli Stati Uniti e l’Italia.

Sumner Welles

Il Duce ringrazia di questa comunicazione e conferma che i lavori per l’Esposizione del 1942 verranno proseguiti in qualsiasi situazione politica. Anche egli concorda sull’opportunità di stipulare un Trattato di commercio regolare, tanto più che le relazioni commerciali con gli altri Paesi sono rese più difficili dal presente stato di guerra in Europa.

Il Duce non ritiene che la questione del riconoscimento dell’Etiopia e dell’Albania possa venire ormai sollevata dagli Stati Uniti, dato che a tale riconoscimento hanno ormai proceduto i Paesi più direttamente interessati. Il signor Sumner Welles dice che tale riconoscimento potrà aver luogo come “parte di un tutto” allorché si procederà ad una sistemazione generale del mondo ivi compresa la questione estremo-orientale. Il Duce risponde che ciò comporterà un lungo ritardo e che nel frattempo sarà utile stabilire un modus vivendi a larghe basi che permetta di intensificare gli scambi commerciali.

Il Signor Sumner Welles presenta al Duce un memorandum americano circa la possibilità di migliorare le condizioni generali di scambio internazionali e di giungere ad una limitazione degli armamenti, facendo rilevare che molte delle idee contenute in tale memorandum furono espresse dal Duce in un suo discorso alla Camera nel 1934. Il signor Sumner Welles domanda al Duce se Egli non sarebbe disposto a procedere subito ad uno scambio di punti di vista tra i Paesi neutrali per fissare le condizioni di una pace economica che dovrebbero venire prese in considerazione non appena venisse ristabilita nel mondo la pace politica.

Il Duce pur concordando sulla necessità di riaggiustare su nuove basi i rapporti economici fra Stati, fa presente che non ritiene possibile invertire i tempi: Egli cioè ritiene che la pace economica dovrà seguire, ma non può precedere la pace politica fra i vari Stati. Aggiunge che nella guerra economica l’Italia è arrivata buon’ultima: soltanto nel 1934 furono fissati i provvedimenti per i contingenti, il controllo sulle divise ecc., mentre il primo esempio era stato dato dagli Stati Uniti prima dell’amministrazione Roosevelt e dall’Inghilterra con la Conferenza di Ottawa, che divideva l’umanità in due parti: quella facente parte dello Impero Britannico e quella esclusa.

Joseph Kennedy with British Pm Winston Churchill 1940, and Sumner Welles at the Admiralty

Il signor Sumner Welles prende atto di quanto il Duce afferma e si dichiara soddisfatto dell’impegno del Duce di dare il Suo contributo alla pacificazione economica fra gli Stati allorché la situazione politica consentirà uno sviluppo in tal senso.

Venendo a parlare della situazione in Europa il signor Sumner Welles domanda al Duce se Egli veda qualche elemento che permetta di considerare possibile un accordo fra gli Stati belligeranti. Il Duce risponde che l’ultimo discorso di Hitler contiene due elementi molto importanti: l’affermazione del diritto germanico allo spazio vitale nell’Europa centrale, e la richiesta delle vecchie Colonie.

Con questo discorso il Führer ha fatto conoscere i suoi obiettivi: adesso si tratta di stabilite quale dovrà essere geograficamente il limite dello spazio vitale richiesto dalla Germania e quale struttura giuridica e politica dovrà avere. Il Duce continua dicendo che molti degli obiettivi di guerra degli alleati sono da considerarsi assurdi: primo tra essi il ristabilimento di un’Austria indipendente, la quale Austria non è altro invece che una provincia del Reich.

Anche la Cecoslovacchia così come era stata inventata dalle democrazie, rappresentava un’artificiosa costruzione destinata a minacciare la Germania. Per quanto concerne la Polonia bisogna riconoscere che alcune zone e città sono nettamente tedesche e alla Germania debbono rimanere.

L’altra parte della Polonia invece può costituire uno Stato nazionale polacco, in una forma che verrà successivamente definita. È certo che qualora si volesse ricostruire la Polonia nei suoi vecchi confini bisognerebbe decidersi a combattere non solo la Germania ma anche la Russia, che ha occupato una parte molto notevole e importante della stessa Polonia.

Il signor Sumner Welles prende atto di quanto il Duce gli ha detto e domanda se Egli ritiene che esistano ancora le condizioni per un eventuale contatto tra le due parti belligeranti. Il Duce ha risposto di non escluderlo a condizione che la guerra mantenga la sua statica posizione attuale; qualora invece dovessero ingaggiarsi battaglie in grande stile con grosse perdite da ambo le parti, le difficoltà sarebbero certamente insormontabili.

Sumner Welles and Herman Goering in Berlin, 1940

Ma a questo punto il Duce sente il dovere di far presente che nell’eventualità di un accordo verrà sollevata anche la questione italiana. L’Italia è prigioniera nel Mediterraneo e lo sarà fino a quando non avrà un libero accesso agli oceani. Lo stesso piroscafo sul quale viaggiava il signor Sumner Welles ha dovuto subire un controllo a Gibilterra.

Non c’è dubbio che tale stato di prigionia diventa sempre più malagevole con l’aumentare della statura e della potenza dell’Italia. La questione italiana non è stata ancora sollevata per non turbare le già molto torbide condizioni politiche europee, ma ciò non esclude che essa esista nella realtà e nella coscienza del popolo italiano.

Il Signor Sumner Welles dopo aver ringraziato il Duce per quanto gli ha comunicato dice che alla fine del suo viaggio in Europa passerà nuovamente per Roma per imbarcarsi su un piroscafo italiano a Napoli. Il Duce lo invita a recarsi nuovamente a conferire con Lui qualora al termine del suo viaggio abbia elementi importanti di informazione.

MARZO 1940

COLLOQUIO DEL DUCE COL MINISTRO DEGLI ESTERI DEL REICH

Roma, 10 marzo 1940 – XVIII

Il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha consegnato, accompagnandola con i saluti piú cordiali del Führer, la lettera di risposta di quest’ultimo al messaggio, che il Duce gli aveva tempo fa diretto. Ha dovuto passare del tempo prima che la risposta potesse essere redatta, perché il Führer – come già aveva qui fatto sapere a mezzo dell’Ambasciatore Attolico – intendeva farsi egli stesso un esatto quadro della situazione, prima di stendere la propria risposta.

Ciò si è avverato soltanto nelle ultime settimane, ed il punto di vista tedesco è stato esaurientemente esposto nella lettera del Führer, che contiene tutto quello che sulle importanti questioni si possa dire nell’attuale momento. Il Führer ha incaricato il Ministro degli Affari Esteri del Reich di dare chiarimenti, nei riguardi della lettera, ove il Duce avesse da fare domande in proposito, e di metterne in rilievo i punti principali.

The Italian Ambassador Attolico, Goring, Hitler, Ciano, Vob Ribbentrop In Germany On

In ordine ai punti meritevoli di particolare menzione, il Ministro degli Affari Esteri del Reich è venuto a parlare della questione del carbone. Il Führer è rimasto grandemente indignato delle misure recentemente adottate dall’Inghilterra per impedire il trasporto via mare del carbone tedesco in Italia. Egli considera tali misure come un tentativo inaudito degli Stati plutocratico-democratici inteso a strangolare economicamente l’Italia.

La Germania è naturalmente in grado ed è disposta a coprire tutto il fabbisogno italiano di carbone. Il Ministro Clodius, che ha accompagnato il Ministro degli Affari Esteri del Reich, può dare ai propri colleghi italiani tutte le necessarie informazioni sui particolari del piano progettato da parte tedesca per il regolamento di tale questione. Egli reca con sé proposte di soluzione anche per la questione assai difficile dei trasporti.

Carl August Clodius

Il Duce ha accennato a tale riguardo ad un fabbisogno mensile da 500 fino a 700.000 tonnellate. Il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha risposto che il Ministro Clodias può fare proposte per la copertura dell’intero fabbisogno di un milione di tonnellate al mese. Rispondendo ad un accenno del Duce alla difficile questione dei carri ferroviari, il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha dichiarato che il Ministro Clodius, a seguito dei negoziati avuti con le autorità militari, è ora nella possibilità di ottener carri supplementari e di assicurare in comune collaborazione fra Italia e Germania il completo trasporto del carbone.

Avendo il Duce obiettato che la questione del carbone rappresenta un’assoluta necessità per i piani militari dell’Italia, osservando che “senza carbone non vi sono cannoni”, il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha risposto che il Führer è dell’avviso che due uomini, quali il Duce ed egli stesso, sono sempre in grado di venire a capo anche di tale questione.

Del resto, le difficoltà di carbone in Germania si sono attenuate col terminare della stagione fredda. Il duro inverno è stato una splendida prova dell’unità del popolo tedesco. Quantunque la popolazione in Germania abbia sofferto molto il freddo (traduzione letterale: “si sia gelata come tanti sarti”), non vi è stato alcun segno di malcontento ed ognuno si è dato volenterosamente ragione delle difficoltà.

Il Duce ha dichiarato a tale proposito che è stata una prova della disciplina del popolo tedesco. Il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha soggiunto che, nel caso si dovessero manifestare da parte italiana ancora altri desideri di natura economica, il Ministro Clodius sarebbe volentieri disposto a discutere in proposito con i funzionari competenti italiani. Sono noti ai tedeschi i relativi desideri italiani, ed il Führer ha incaricato lui, Ministro degli Affari Esteri del Reich, di dichiarare al Duce che a tale riguardo la Germania farà tutto il possibile per soddisfare i desideri italiani.

Passando alla situazione generale il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha osservato che il Führer non crede ad alcuna possibilità di pace, e che è deciso già in quest’anno ad attaccare l’Inghilterra e la Francia, nella sicura convinzione di poter sconfiggere l’esercito francese nel corso dell’estate e di poter ancor prima dell’autunno scacciare gli inglesi dalla Francia. Il Führer ha preso tale sua ferma decisione, perché non crede in alcuna altra possibilità di soluzione, data la mentalità dei francesi e degli inglesi.

È una questione di principio, è la lotta di un sistema contro un altro. A migliore chiarimento della mentalità che regna presso gli avversari, il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha consegnato al Duce, nell’originale polacco e traduzione tedesca, alcuni rapporti degli Ambasciatori polacchi a Washington, Parigi e Londra, diretti al Colonnello Beck, che sono stati dai tedeschi rinvenuti negli archivi polacchi.

Da tali rapporti risultano anzitutto due fatti:  1) l’enorme responsabilità degli Stati Uniti nei riguardi della guerra e 2) l’odio profondo contro il nazionalsocialismo ed il fascismo e la spietata volontà di distruzione ai danni dei due Regimi. Si tratta qui di un atteggiamento che determina l’azione e l’inazione della plutocrazia inglese, francese e purtroppo anche americana.

Il Duce ha obiettato che i documenti sono certamente assai interessanti ma non contengono sostanzialmente alcun che di nuovo, in quanto che si sapeva già da prima che Francia, Inghilterra e Stati Uniti sono ostili ai regimi autoritari. Il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha dichiarato che anzitutto dai documenti appare chiara la sinistra parte giocata dagli Ambasciatori americani Bullitt, Kennedy e Drexel-Biddle i quali hanno in modo speciale influenzato anche l’atteggiamento inglese. Si risente in ciò l’azione della consorteria giudaico-plutocratica la cui influenza attraverso i Morgan ed i Rockefeller arriva fino a Roosevelt.

Anthony Joseph Drexel Biddle Jr.

Il Duce ha a questo punto osservato che si tratta effettivamente del gruppo dei trecento che reggono il mondo e dei quali già Rathenau aveva parlato. Il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha continuato dicendo che in Germania nessuno si fa illusione che la volontà di annientamento di tali circoli non sia una cosa reale e che tutto quello che avviene serve soltanto a mascherare tale volontà.

Come il Führer ebbe già ad informarne il Duce, la visita di Sumner Welles a Berlino non ha portato alcun nuovo fatto. In Germania ci si domanda cosa effettivamente Roosevelt si sia proposto con tale iniziativa. Il Duce ha osservato che debba principalmente trattarsi di questione interna americana.

Il Ministro degli Affari Esteri del Reich, a conferma di quanto da lui prima addotto, ha letto la relazione dell’Ambasciatore Potocki a Washington del gennaio 1939. Dopo che il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha finito di parlare, il Duce ha osservato che Roosevelt ha modificato in molti punti le proprie idee in quanto che il popolo americano è contrario alla guerra ed è difficile fargli cambiare tale stato d’animo. Il Ministro degli Affari Esteri del Reich annuiva riferendosi di nuovo alle interessanti rivelazioni contenute nella predetta relazione da lui letta.

Egli ha poi indirizzato il discorso sul problema russo. Il Führer ha esposto nella sua lettera a Mussolini tutto quanto vi era da osservare in argomento. Il Ministro degli Affari Esteri del Reich aggiunse di aver ritratto, dalle esperienze avute nel corso del suo duplice soggiorno a Mosca, la ferma convinzione che Stalin ha rinunciato ai propositi di una rivoluzione mondiale.

“Lo credete Voi veramente?” ha chiesto allora il Duce. Il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha risposto affermativamente e dichiarato che l’avventura di Spagna è stato l’ultimo tentativo della rivoluzione mondiale. Alla domanda del Duce se anche la Terza Internazionale avesse smesso ogni idea rivoluzionaria, il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha risposto che a suo avviso la Terza Internazionale svolge esclusivamente attività di propaganda e di informazione diplomatica.

Egli ha l’impressione che la Russia non solo si stia orientando, ma che è anche abbastanza avanti sulla via di divenire uno Stato nazionale e normale. Nelle amministrazioni centrali non vi sono piú ebrei ed anche Kaganovic, del quale sempre si sostiene – quantunque egli non lo abbia potuto controllare – che sia di sangue ebraico, è tutt’al più un georgiano. Con l’allontanamento di Litvinov tutti gli ebrei hanno lasciato i posti direttivi. Nel suo secondo soggiorno a Mosca egli ha avuto occasione di intrattenersi con tutti i membri dell’Ufficio Politico (Polit-Büro), durante un pranzo offerto da Stalin.

Lazar’ Moiseevič Kaganovič

Da parte tedesca erano presenti anche vecchi membri del Partito, come il Gauleiter Forster, il quale alla fine della manifestazione ha dichiarato che tutto si era svolto come se si fosse parlato con antichi camerati. Tale dev’essere stata anche la sua impressione. Ciò appare forse alquanto singolare, ma a suo modo di vedere l’atteggiamento dei russi – che è naturalmente comunista e come tale non può formare oggetto di discussione da parte di un nazionalsocialista – non ha piú nulla a che fare con la rivoluzione mondiale.

Stalin si era proposto di organizzare l’Impero russo su basi centralistiche e tale scopo egli lo ha anche largamente raggiunto, dato che nulla piú avviene in Russia fuori della sua volontà. A tale fine egli ha applicato metodi che in Russia erano in corso fino dai tempi antichi. E nel guardare il ritratto dello zar Alessandro, che sta ancora esposto nel Cremlino si ha – per quanto concerne tali aspirazioni – ancora l’impressione di andare a trovare uno zar e non Stalin.

Il Duce osserva allora che effettivamente Stalin pensa di essere il successore di Alessandro. Il Ministro degli Affari Esteri del Reich continua dicendo che l’Ufficio Politico (Polit-Büro) è costituito da autentici elementi moscoviti i quali non si interessano più ad altri Paesi ed anzi avrebbero la tendenza di separare la Russia dal resto del mondo.

La Russia non rappresenta alcun pericolo, sia dal punto di vista della politica interna sia estera, per il nazionalsocialismo od il fascismo. Effettivamente non si è riscontrato più in Germania, dopo la conclusione del patto russo, alcun tentativo di ingerenza sovietica nelle questioni interne tedesche. Il Führer parte dal punto di vista che esiste naturalmente una netta distinzione fra il bolscevismo ed il nazionalsocialismo, ma che non di meno è possibile concludere un favorevole accordo commerciale con la Russia, ed avere libere in Occidente molte divisioni le quali in altre condizioni si sarebbero dovute impiegare come copertura verso la Russia.

In virtú dell’intesa con la Russia la Germania ha libere le proprie spalle. La Russia sta attraversando una grande trasformazione storica. Essa ha rinunciato alla rivoluzione mondiale. I suoi rapporti con la Terza Internazionale – secondo quanto consta in Germania – si sono rilassati ed i rappresentanti russi in seno alla Terza Internazionale sono trattati freddamente. Nel campo della politica estera la Russia non pensa ad alcuna azione, essendo i suoi sguardi rivolti esclusivamente verso l’interno del Paese a motivo della trasformazione organizzativa subita dal Regime bolscevico.

Nel conflitto finnico la Russia – e ciò si sa in Germania con tutta precisione – sarebbe stata trascinata. Il Ministro degli Esteri finnico Tanner, un menscevico, è stato un cattivo consigliere del suo Paese e da ultimo l’ingerenza inglese ha creato una situazione che ha impegnato il prestigio della Russia, costringendo questa ad entrare in guerra nel cuore dell’inverno. In origine essa si proponeva di concludere con la Finlandia accordi simili a quelli stipulati con gli Stati Baltici.

Väinö Tanner

In tale stato di cose, i russi non rappresenterebbero alcun pericolo nemmeno per i Balcani. Stalin sarebbe naturalmente disposto a concludere in qualunque momento un accordo con la Romania, che gli assicurasse in parte o per intero la Bessarabia. Non si lascerebbe però sicuramente coinvolgere in un conflitto con la Romania, in vista delle ripercussioni incalcolabili che ciò avrebbe negli altri Paesi e dell’allargamento del conflitto che certamente ne seguirebbe a tutto l’Oriente.

Il punto decisivo è che gli uomini dell’Ufficio Politico (Polit-Büro) quale ad esempio il Capo della Ghepeu, con cui il Ministro degli Affari Esteri del Reich si era a lungo intrattenuto, sono elementi moscoviti i quali non vogliono minimamente sapere di Parigi, Londra e Washington, e che, orientati verso un nazionalismo russo – ma non panslavo – vorrebbero in ogni modo ottenere talune revisioni territoriali.

Il Duce ha ammesso che la Terza Internazionale non può effettivamente intraprendere una rivoluzione mondiale perché in seguito all’accordo russo-tedesco si è ingenerata una grande confusione nei partiti comunisti degli Stati occidentali, che egli definisce come la fine del movimento comunista nel mondo. I comunisti di Occidente riterrebbero anche che “sia stato Stalin ad andare a Berlino” e non viceversa.

Il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha sottolineato a tale riguardo il fermo atteggiamento dei membri del Partito in Germania i quali, ispirati al pensiero realistico fortemente sviluppato dagli insegnamenti nazionalsocialisti, hanno approvato senza riserve il Patto russo-tedesco.

In nesso a ciò il Duce ha osservato aver già scritto al Führer che riconosceva pienamente la necessità politica di tale accordo, che risparmia alla Germania un fronte di guerra e le lascia libere le spalle. Sebbene la Russia non sia completamente all’altezza dal lato militare, può tuttavia operare con grandi masse e la massa è sempre una forza. È semplicemente pazzesco che la stampa occidentale cerchi di far passare l’Armata russa per una “mandria”, come si sarebbe espresso Herriot.

Ciò è propaganda completamente falsa. Il Ministro degli Esteri del Reich approva e rileva come il Führer nella sua lettera al Duce abbia qualificata di idiota la propaganda inglese. Gli inglesi orienterebbero sempre falsamente la propria propaganda. Con gli scopi di distruzione da ultimo avanzati essi hanno condotto l’ultimo tedesco al seguito del Führer.

Il Duce ha definito l’attività del Ministero di Informazioni inglesi come una vera catastrofe. Questa propaganda inglese – ha proseguito il Ministro degli Esteri del Reich – rende piú difficile la conclusione della pace. Anche nel conflitto finlandese l’Inghilterra si è mostrata straordinariamente sdegnata subito dopo l’inizio delle ostilità, ma adesso è altrettanto ostinata contro la conclusione della pace.

Ribbentrop e Galeazzo Ciano, seguiti da un gerarca in alta uniforme e altre personalità, escono dalla stazione di Milano

Il Duce ha rilevato che l’Inghilterra è molto mal disposta verso un eventuale trattato di pace tra Finlandia e Russia, ma che la Finlandia non può scegliere altra soluzione perché diversamente non potrà ricevere alcun soccorso. Il Ministro degli Esteri del Reich è d’accordo: Svezia e Norvegia farebbero tutto il possibile per restare neutrali se sapessero che in caso di intervento anglo-francese in Scandinavia anche la Germania interverrebbe.

Ad una domanda del Duce, se il Ministro degli Esteri del Reich creda che esistano possibilità di pace, questi ha risposto che è difficile dare una risposta a tale quesito. Se i finlandesi fossero abili, concluderebbero ora la pace con i russi. I finlandesi hanno innanzi tutto condotta una cattiva politica. Il Ministro degli Esteri del Reich ha fatto dire loro, prima dello scoppio del conflitto, che avrebbero dovuto cercare una soluzione pacifica. Egli ricorda bene, che un certo giorno sia da Helsinki sia da Mosca erano giunte notizie, che si era vicini ad un’intesa.

Allora entrò in azione l’influenza anglo-francese per contrastare l’opera dell’ex-Ministro degli Esteri di Finlandia, Tanner, ciò che condusse alla guerra. Ventiquattr’ore dopo lo scoppio del conflitto il Ministro plenipotenziario di Finlandia a Berlino ha dichiarato al Ministro degli Esteri del Reich che i finlandesi erano pronti ad accettare tutte le richieste russe. Questo mostra quanto la politica finlandese sia stata mal condotta.

Il Ministro degli Esteri del Reich ha portato allora il discorso sulle condizioni dell’esercito tedesco. Ha ripetuto che il Führer non crede a possibilità di pace. L’iniziativa di Sumner Welles può perfettamente spiegarsi dal punto di vista della politica interna americana. Secondo altre versioni si spiegherebbe quell’iniziativa come un tentativo, condotto d’accordo con l’Inghilterra, per far sì che certe intenzioni tedesche siano procrastinate.

Ma anche se, tenuto conto dell’atteggiamento antibellicista del popolo americano, non si vuol contestare all’iniziativa di Sumner Welles il carattere di un tentativo leale, tuttavia gli avversari della Germania sono troppo impegnati per poter transigere sui loro scopi di guerra tante volte proclamati e che si fondano sull’annientamento della Germania. Data questa situazione il Führer è deciso a spezzare la volontà di distruzione degli avversari, e pertanto attaccherà la Francia e l’Inghilterra al momento che gli sembrerà opportuno.

Roma, venerdì 6 maggio 1938. Carri armati sfilano per un’imponente manovra militare in onore di Hitler ,
in foto il palco delle autorità per la grande rivista militare a Roma

È sempre difficile essere profeta; tuttavia egli, il Ministro degli Esteri del Reich, può dichiarare che da parte tedesca si spera che prima dell’autunno l’esercito francese sarà sconfitto e che nessun inglese piú si troverà sul continente, se non come prigioniero di guerra.

Il Ministro degli Esteri del Reich ha quindi ricordato che effettivamente a Salisburgo egli aveva dichiarato al Conte Ciano di non credere che l’Inghilterra e la Francia avrebbero senz’altro appoggiato la Polonia; ma che tuttavia egli aveva sempre calcolato la possibilità di un attacco da parte delle Potenze occidentali. Egli è ora soddisfatto del corso degli avvenimenti, in primo luogo perché è sempre stato chiaro che prima o poi il cozzo doveva avvenire, ed era inevitabile.

Per quanto concerne il momento, da parte tedesca – tenuto conto anche dello stato della preparazione italiana – si era pensato che il conflitto sarebbe scoppiato fra due o tre anni. Questo era stato anche il punto di vista del Führer. D’altra parte però si era osservato che sarebbe stato meglio condurre a termine il conflitto mentre il Duce ed il Führer sono in vita. Che la vita di un uomo di Stato sia talvolta legata ad un filo, lo ha provato l’attentato di Monaco, e quindi il Führer si è indotto a portare il problema a soluzione in un momento nel quale egli può contare sulla pienezza delle sue facoltà.

In secondo luogo, il Ministro degli Esteri del Reich è soddisfatto degli avvenimenti, perché dal momento in cui l’Inghilterra aveva istituito la coscrizione, era evidente che la proporzione delle forze non avrebbe subito un’evoluzione a favore dell’Italia e della Germania. Questo è stato un elemento decisivo per la deliberazione del Führer di risolvere il problema polacco, anche a rischio di un intervento delle Potenze occidentali. Il fattore piú essenziale della decisione, però, è stato che una grande Potenza non può tollerare certo modo d’agire.

Il Ministro degli Esteri del Reich ha porto a Mussolini il volume sulle atrocità polacche, con riserva di farGli pervenire la traduzione in italiano. Il corso degli avvenimenti che erano sempre stati gravi – ha soggiunto – aveva preso una piega tale che lo “sciovinismo” polacco negli ultimi mesi aveva quasi superato sé stesso con la sciocca bravata della marcia su Berlino, mentre il terrorismo contro le minoranze tedesche continuava.

Nell’agosto i polacchi avevano diretto alla Germania note così impudenti, che se fossero state pubblicate, i cannoni avrebbero sparato da sé, tanta sarebbe stata l’indignazione del popolo tedesco. Oltre un certo grado di pazienza non si può andare. L’accordo tedesco-polacco del 1934 poté essere concluso solo grazie al Führer e fin da allora fu impopolare in Germania. Ma invece di giovarsi di quell’accordo per appianare le controversie fra i due Paesi, i polacchi hanno approfittato dell’occasione per agire a danno dei tedeschi in maniera incredibile.

Questo naturalmente era noto in Germania, e l’opinione pubblica era così eccitata che nell’estate il Führer si trovava di fronte al dilemma, o di accettare una lunga campagna d’inverno in Polonia, ovvero colpire in maniera fulminea. Date le circostanze, il Führer non poteva che adottare la seconda soluzione. “In questo caso, gli eventi hanno dato ragione al Führer” ha notato il Duce.

A questo punto il Ministro degli Esteri del Reich ha accennato alla profonda fiducia del popolo tedesco nella vittoria. Non v’è soldato tedesco che non creda di giungere alla vittoria in questo anno: circostanza che il Duce ha notato come molto interessante. Il patriottismo dei tedeschi non è un patriottismo di schiamazzatori, ma si basa su una decisione fermissima. La situazione della Germania è favorevole.

Il blocco si manifesta inefficace. Con l’aiuto delle antiche provincie del Reich riconquistate, il fabbisogno in fatto di alimenti è garantito. Solo per i grassi il popolo tedesco è costretto a limitarsi, ciò che tuttavia non può che essere favorevole alla salute. In base al trattato di commercio, la Germania riceve dalla Russia, nel primo anno, un milione di tonnellate di cereali, quantità che potrà in seguito essere aumentata fino ad un milione e mezzo e due milioni.

In via confidenziale, il Ministro degli Esteri del Reich può annunziare che per ciò che concerne le forniture di materie prime, la Russia è molto generosa e dedica in parte il suo proprio oro all’acquisto delle materie prime necessarie per la Germania. A parte questo, è di grande aiuto il transito: forti quantità di derrate importanti sono in viaggio dal Manciukuò attraverso la Russia.

Anche i Paesi balcanici, come la Romania, collaborano al rifornimento della Germania, ed è anche molto importante l’aiuto economico dell’Italia, per il quale il Ministro degli Esteri del Reich, dietro incarico del Führer, porge al Duce un particolare ringraziamento. In conclusione, i rifornimenti in viveri e materie prime non possono preoccupare la Germania, nemmeno nel caso di una lunga guerra.

Il Ministro degli Esteri del Reich ha quindi accennato che in Inghilterra egli è molto screditato, perché gli inglesi pretendono che egli avrebbe dichiarato che non sarebbe mai giunto ad una guerra contro gli inglesi. Di fatto, egli nel 1937 aveva pregato il Führer di mandarlo come Ambasciatore a Londra, annullando un’altra decisione presa da poco.

In quell’occasione egli dichiarò al Führer che riteneva certa la guerra contro gli inglesi e vedeva solo nel re Edoardo una modesta, unica possibilità di evitarla, quantunque avesse subito aggiunto che riteneva che Edoardo non sarebbe intervenuto. In tale stato di cose, egli appunto nel 1937 definí al Führer le possibilità di guerra nel rapporto di 10 a 1. Se allora gli fosse stato chiesto, sotto quali auspici poteva desiderare di condurre quel conflitto, la sua piú sfrenata fantasia non avrebbe potuto suggerirgli una situazione cosí favorevole come quella in cui si trova la Germania oggi.

Alla domanda del Duce: “Quale programma avete per il vostro soggiorno a Roma, camerata Ribbentrop?“, il Ministro degli Esteri del Reich ha risposto che si teneva a completa disposizione del Duce. Questi allora ha proposto di predisporre un altro colloquio per lunedí nel pomeriggio alle ore 17. Egli, il Duce, esporrebbe allora la situazione dal punto di vista italiano esaminando anche il futuro e mostrerebbe alcuni documenti.

Il Ministro degli Esteri del Reich ha informato il Duce, in via riservata, che la Germania attaccherebbe con 205 divisioni perfettamente agguerrite e addestrate. Ha accennato ai risultati delle esperienze fatte finora dalla Germania sul fronte occidentale, ed in particolare al fulmineo attacco di sorpresa ad un posto avanzato britannico, durante il quale 16 inglesi vennero presi prigionieri. Questi sono risultati assai male armati e malissimo istruiti.

La superiorità della fanteria tedesca su quella inglese si può riassumere nel rapporto 3 a 1. Per una guerra moderna come questa a base di fortificazioni, gli inglesi non sono pronti in alcun modo. Non è possibile vestire i civili con uniformi e pretendere di mandarli al fronte come soldati dopo un’istruzione insufficiente.

Il Duce ha stimato le truppe inglesi che si trovano al fronte dai 50 ai 60 mila uomini (su un totale di 200 mila) mentre il rimanente è occupato nelle retrovie. Il Ministro degli Esteri del Reich ha parlato delle esperienze della guerra mondiale. Gli inglesi, nell’ultima guerra, sono stati comandati assai male. Alcune truppe scelte potevano essere buone, ma il livello medio era assai inferiore a quello dell’esercito tedesco.

L’esercito francese – secondo quanto risulta dai contatti avuti sul fronte occidentale – non è piú nelle condizioni del 1914. Il Duce ha notato a questo punto che i francesi hanno una mentalità puramente difensiva. Fino a tanto che si trovano nei loro rifugi tutto va bene, ma non appena devono uscire all’aria aperta anche nelle truppe francesi si fanno sentire gli effetti della demoralizzazione. Quando il Duce ha accennato al movimento comunista in Francia ed al fatto che vi si pubblicano tuttora giornali comunisti, il Ministro degli Esteri del Reich ha osservato ridendo che taluni di quei giornali sono stampati in Germania.

Nello stesso tempo, il Duce ha accennato anche al morale poco elevato dell’Inghilterra, dove di recente si è tenuta una riunione pacifista alla presenza di una grande folla, e dove d’altra parte il numero di coloro che dichiarano di avere “obiezioni di coscienza” contro la guerra è salito a 24.000. Il Ministro degli Esteri del Reich ha soggiunto che in una recente elezione la maggioranza è stata ottenuta dal candidato che aveva preso posizione contro la guerra.

Adolf Hitler

Il Führer gode oggi – ha proseguito il Ministro degli Esteri del Reich – un’eccellente salute, ed è entusiasta di battersi. Il Duce allora ha soggiunto che il Führer ha ragione quando afferma che le sorti della Nazione tedesca ed italiana sono legate l’una all’altra. Le democrazie occidentali non fanno alcuna distinzione nella loro ostilità contro i due Paesi.

Il Ministro degli Esteri del Reich ha osservato che l’atteggiamento delle plutocrazie, nelle sue cause piú remote, deriva dalla preoccupazione che le concezioni tedesche ed italiane potrebbero diffondersi in altri Paesi, e preparare la fine delle classi plutocratiche dominanti negli Stati Uniti, in Inghilterra ed in Francia. Dai documenti polacchi mostrati al Duce risulta che i plutocrati odiano profondamente il Duce ed il Führer. Questo è dovuto in parte alla loro cattiva coscienza ed in parte al timore che le idee fasciste e nazionalsocialiste facciano scuola.

Il Duce ha ancora osservato, che la Germania e l’Italia rappresentano i proletari, mentre in un certo senso gli altri Paesi sono i conservatori, e non si deve dimenticare che questi ultimi faranno di tutto per difendere il loro sistema fino all’estremo. Tuttavia il loro stato d’animo è pessimo ed essi non hanno ufficiali.

Il Ministro degli Esteri del Reich ha risposto di essere profondamente convinto che gli eserciti francese ed inglese vanno incontro alla piú grande catastrofe della loro storia. In Germania si capisce bene che la campagna non sarà cosí facile come in Polonia, ma il Führer calcola con grande prudenza e dopo un accurato paragone del valore degli eserciti contrapposti ed un profondo esame della situazione generale, si è definitivamente convinto che Francia ed Inghilterra saranno battute ed annientate.

Ad una domanda del Duce, se la Germania crede di poter sfondare la “Linea Maginot”, il Ministro degli Esteri del Reich ha risposto che lo Stato Maggiore tedesco ha compiuto in merito uno studio che ha durato forse un po’ a lungo, ma è risultato piú che mai esauriente, ed è giunto alla conclusione che la “Linea Maginot” non costituisce piú un ostacolo insormontabile. I metodi di combattimento ai quali negli ultimi mesi si sono addestrate le truppe tedesche e le armi speciali sapranno aver ragione anche della “Linea Maginot”.

Alla fine del colloquio il Duce ha detto che Egli intende riflettere su tutti i problemi e ha concluso, mostrando la lettera del Führer: “Io credo che il Führer abbia ragione”.

SECONDO COLLOQUIO DEL DUCE CON VON RIBBENTROP

Roma, 11 marzo 1940 – XVIII

Dopo lo scambio dei saluti il Duce, riferendosi alla visita del Ministro degli Affari Esteri del Reich al Papa ha osservato che non è molto utile avere l’amicizia della Chiesa Cattolica, che l’inimicizia del Papa in verità non è pericolosa, ma tuttavia può diventare incomoda, come egli sa del resto per esperienza personale.

Circa gli appunti consegnati il giorno prima sulle manovre di Otto di Absburgo, il Duce ha osservato che, come l’imperatore Carlo si era acquistato il soprannome di “Carlo l’avventato”, cosí Otto a causa dei suoi piani completamente insensati si era conquistato quello di “Otto il fantasioso”. I piani di Otto si possono solo designare come un “crepuscolo dello spirito”. Egli li pubblicherà nella stampa italiana e Gayda ha già parlato al riguardo sul “Giornale d’Italia”.

S.A.I.R. Otto d’Austria-Ungheria

Inoltre il Duce ha ringraziato il Ministro degli Affari Esteri del Reich per i chiarimenti che durante il colloquio del giorno precedente egli aveva dato alla lettera del Führer, lettera che Egli (il Duce) aveva letto tre volte. Il Duce ha poi preso posizione nel modo seguente circa i singoli problemi della situazione politica attuale:

Per quanto riguarda la Russia il Duce ha ricordato che il Governo Fascista, primo fra i Governi europei, già fin dal 1924 aveva riconosciuto i Sovíet e che egli stesso dieci anni dopo aveva sottoscritto con Litvinov un ampio Patto. In tale occasione venne anche offerto un banchetto ai russi, durante il quale però non furono pronunciati brindisi. Fin qui tutto aveva proceduto bene. Da parte italiana si era però fatta una ben netta distinzione fra il lato politico e quello ideologico di tali rapporti.

Per quanto riguarda il lato ideologico il Duce è stato completamente intransigente. “Io sono e resto anticomunista” ha dichiarato marcatamente il Duce, perché il comunismo sta in netto contrasto con il fondamento spirituale ed economico, cioè naturale della vita. Il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha annuito ed ha indicato il comunismo addirittura come contro natura, mentre il Duce ha osservato che proprio la natura mette sempre piú sotto i nostri occhi il principio della ineguaglianza.

Secondo il parere del Duce, la Russia non farà alcuna propaganda per un certo tempo, perché, come Egli ha detto ieri, in seguito al Patto germano-russo un terribile scompiglio si è prodotto fra i comunisti di ogni Paese. Ma non appena superate le difficoltà della politica estera della Russia, i bolscevichi ricominceranno subito a fare propaganda. Come egli ha già dichiarato nella sua lettera al Führer, la Germania ha fatto bene a stipulare il Patto con la Russia, poiché tale accordo assicura al Reich di non dover combattere che su un fronte solo, il che rappresenta un fattore di capitale importanza.

A causa di alcune polemiche, vi è ora una rottura (rupture) fra Italia e Russia. Da parte loro, i russi tendono ad esagerare in questo atteggiamento e trascurano ad esempio che il Conte Ciano, nel suo discorso del 15 dicembre, non ha parlato né della Russia né della Finlandia. In un passato non lontano i russi si erano accertati circa le possibilità di farsi costruire delle navi in Italia. Il piú veloce incrociatore del mondo, il Taschkent, è stato costruito a Livorno per i russi. In tale occasione furono continuate le prese di contatto fra le autorità italiane e russe. Se i russi desiderano stabilire di nuovo normali rapporti il Duce è pronto a farlo.

Il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha fatto presente che sarebbe utile nell’interesse dell’Asse che le relazioni fra Italia e Russia potessero di nuovo diventare buone. Sul conflitto russo-finnico il Duce ha osservato che la conclusione della pace è nell’interesse della Germania e dell’Italía.

Egli ha aggiunto che Germania ed Italia hanno interesse che la Russia non intraprenda nulla contro la Romania poiché se la Russia marciasse contro la Bessarabia, si avrebbe una situazione estremamente complicata e tutto il bacino danubiano correrebbe il pericolo di essere trascinato nel conflitto, il che non è certo nell’interesse della Germania in rapporto al problema dei rifornimenti. Il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha sottolineato qui in modo marcato che anche la Germania desidera la pace nei Balcani.

Il Duce ha dichiarato inoltre che Egli ha raccomandato agli ungheresi di rimanere tranquilli e di non mettere sul tappeto la questione della Transilvania, che del resto è molto complicata a causa delle varie nazionalità che entrano in considerazione. È interessante notare che la minoranza tedesca in Transilvania propende più per i romeni che per gli ungheresi. Il Ministro degli Esteri del Reich ha confermato ciò ed ha aggiunto che la minoranza tedesca in Romania ha avuto molto meno reclami da presentare che la minoranza tedesca in Ungheria.

Il Duce ha domandato se la Russia non poteva essere indotta dalla Germania a lasciare in pace i Balcani e confermare tale intenzione mediante dichiarazione o un gesto qualsiasi. Qualche cosa del genere servirebbe anche a creare delle favorevoli condizioni per una ripresa delle buone relazioni, prima di natura economica e poi di natura politica, tra la Russia e l’Italia.

Passando all’Inghilterra il Duce ha dichiarato che gli inglesi non devono avere il piú piccolo dubbio neppure per un momento che le loro richieste per forniture di cannoni, carri armati o aeroplani da bombardamento, come hanno già sollecitato, riceverebbero dall’Italia come risposta un no assoluto. “Non avranno un solo chiodo per scopi militari.”

Per quanto riguarda le materie prime, come mercurio, zolfo e canapa, l’Italia potrà fare qualche concessione. Egli ha del resto già fatto pervenire una comunicazione scritta su tale questione alla Germania per definire la posizione che l’Italia dovrebbe conservare fino al momento in cui si dovrebbe rompere definitivamente con gli inglesi e con i francesi.

Passando alla posizione dell’Italia il Duce ha dichiarato che al momento dello scoppio della guerra, il 3 settembre, l’Italia non era pronta. Egli è molto riconoscente al Führer per il telegramma nel quale questi ha dichiarato che non aveva bisogno dell’aiuto militare italiano per la campagna contro la Polonia.

Sarebbe stato bene, ha aggiunto il Duce, se questo telegramma fosse stato pubblicato anche in Germania, poiché si dovrebbe ben sapere colà che l’ipotesi, secondo la quale l’Italia combatterebbe eventualmente ai lati della Francia e dell’Inghilterra, è impossibile ed offensiva. L’Italia di oggi è tutt’altra che l’Italia di prima. Il Ministro degli Esteri del Reich ha confermato marcatamente che nessuno in Germania ha un’opinione differente.

In relazione a ciò il Duce ha sottolineato che è praticamente impossibile per l’Italia di mantenersi al di fuori del conflitto. Al momento dato entrerà in guerra e la condurrà con la Germania e parallelamente ad essa, perché l’Italia ha anche da parte sua dei problemi da risolvere. Egli ha definito i problemi dei confini terrestri, ora deve rivolgersi al problema dei confini marittimi, e mai piú forte che in questo momento si è palesata la necessità che l’Italia deve avere libero accesso all’Oceano.

Nessun paese è interamente libero se non ha un accesso al mare assolutamente libero. L’Italia è racchiusa in un certo senso in una prigione i cui cancelli sono Corsica, Tunisi e Malta e le cui mura sono rappresentate da Gibilterra, Suez e i Dardanelli. L’Italia è molto paziente e lo deve rimanere finché non è pronta, come il pugile sul ring deve in alcuni momenti sapere anche incassare molti colpi.

La durata di tale prova di pazienza diventa sempre più breve. L’Italia ha molto progredito con i propri armamenti ed Egli darà fra poco la possibilità al popolo italiano di vedere con i propri occhi quello che si è raggiunto in tale campo. Egli ha sacrificato quasi l’intera vita civile per poter fare dei progressi negli armamenti.

La flotta italiana sarà fra poco la più forte per quanto riguarda le grosse navi da battaglia, poiché avrà a sua disposizione più di 4 bastimenti da 35.000 tonnellate, di fronte a due soli da parte inglese. Centoventi sottomarini saranno pronti in maggio, ed in aprile potranno essere mobilitati per la Marina 150.000 uomini. Anche nell’Aeronautica l’Italia ha fatto molto. Il lavoro si svolge in tale campo sotto il diretto controllo del Duce perché si è appalesato necessario che Egli stesso si debba occupare dell’attività dei tecnici.

Le forze terrestri raggiungeranno in maggio i due milioni, di cui un milione di uomini potrà essere considerato come perfettamente addestrato ed avente alto spirito fascista e massima combattività (classi 1917, 1918, 1919, 1920). Il Duce si è spesso rivolto la domanda se gli avvenimenti come hanno dato ragione al Führer, non abbiamo dato ugualmente ragione a Lui. Egli deve rispondere affermativamente a questa domanda.

Se l’Italia il 3 settembre fosse entrata in guerra, avrebbe dovuto chiedere aiuto alla Germania. Il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha concordato ed ha osservato che il Führer ha egli stesso dichiarato che è stato meglio che l’Italia non sia entrata subito in guerra.

Il Duce ha proseguito dicendo che l’Italia cosí nella madrepatria, come in Libia, nel Mar Egeo, in Albania e in Africa, avrebbe dovuto combattere non solamente una guerra sui due fronti, ma una guerra su più fronti in ognuno di questi settori. In queste condizioni la guerra si sarebbe subito estesa ed avrebbe raggiunto il bacino del Danubio, specialmente perché il Patto turco-franco-inglese è diretto contro l’Italia, e l’Armata di Weygand viene preparata per essere diretta contro la Libia e non ad altri scopi.

Se ci si domanda se l’atteggiamento dell’Italia nello spirito dell’alleanza sia stato di aiuto alla guerra politicamente ed economicamente, si deve constatare che l’Italia ha agito da perfetta alleata. Specialmente per quanto riguarda il campo economico si deve rilevare l’aiuto dell’Italia nel rifornimento di generi alimentari specialmente di quelli che contengono l’importante vitamina C senza la quale gli organismi non si possono sviluppare.

Secondo le sue statistiche sono stati inviati in Germania nel solo mese di febbraio 9000 vagoni di generi alimentari ed Egli spera di poter raggiungere quanto prima la cifra di 10.000 vagoni. (Il Duce ha consegnato un appunto al riguardo.) Militarmente l’Italia ha impegnato un rilevante numero di truppe anglo-francesi, sia metropolitane sia coloniali, in varie parti dell’Europa e dell’Africa. Il Duce ha consegnato alcune carte dalle quali risultano cifre esatte e sottolinea che in tal modo una grande massa di truppe nemiche è vincolata altrove.

Ad una domanda del Ministro degli Affari Esteri del Reich, quante divisioni francesi siano sul confine italiano, il Duce ha risposto circa 10-12 divisioni, e, alla osservazione del Ministro degli Affari Esteri del Reich che da parte tedesca si riteneva che la cifra fosse inferiore, il Duce ha confermato la cifra da Lui detta ed ha spiegato che il minor numero era dovuto allo stato della neve causato dal rigido inverno, che rendeva inutili maggiori quantità di truppe alla frontiera. La cifra aumenterà subito allorché le condizioni atmosferiche cambieranno.

Il Duce è passato quindi a parlare della questione del momento in cui l’Italia potrà entrare in guerra. Tale questione è la più delicata, poiché Egli vuole entrare in guerra solo quando è completamente preparato, per non essere di peso al suo compagno. Ad ogni modo egli deve fin da ora con ogni chiarezza dichiarare che l’Italia non può sostenere finanziariamente una guerra lunga. Essa non si può permettere di sborsare ogni giorno un miliardo di lire come l’Inghilterra o la Francia, le cui spese saranno certamente più elevate.

Persino questi Paesi risentiranno difficoltà finanziarie ma l’Italia non può sostenere qualche cosa di simile. Il Duce ha dichiarato che Egli è convinto che la Francia e l’Inghilterra sono orientate contro la Germania e contro l’Italia e che esse non fanno alcuna differenza fra i due Paesi. Appena una fosse distrutta, sarebbe il turno dell’altra, perché negli Stati occidentali fascismo e nazionalsocialismo sono considerati come una sola e stessa cosa, dal che risulta la comunanza di interessi della Germania e dell’Italia.

L’Italia rappresenta la riserva che al momento dato farà il suo dovere e desidera di essere considerata come tale. La Germania ha, in questo momento, egualmente poco bisogno dell’aiuto italiano, come durante la campagna contro la Polonia, perché, eccezion fatta di combattimenti fra pattuglie, la lotta sul fronte occidentale contro l’Inghilterra e la Francia non è ancora veramente cominciata.

Considerato lo spirito dell’alleanza, l’atteggiamento italiano è favorevole sia alla Germania che alla stessa Italia, poiché l’Italia ha potuto armarsi in modo due volte più celere di quello che non le sarebbe stato possibile in altro modo. Essa lavora con ogni energia al suo armamento. Per quanto riguarda lo spirito del popolo italiano, il Duce poteva con ogni sincerità dichiarare che è una menzogna il ritenere che gli italiani siano per la Francia e l’Inghilterra.

Gli italiani disprezzano la Francia e l’Inghilterra, ed essi non hanno dimenticato le sanzioni. Il popolo italiano è orientato realisticamente. Il Duce l’ha educato a questo realismo ed il popolo italiano sa che può risolvere i suoi problemi solo con la Germania e mai contro la Germania. Il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha notato al riguardo che ciò è pensato molto realisticamente e rappresenta anche la concezione del Führer e la sua.

A ciò il Duce ha osservato che avrebbe risposto con un breve scritto all’ultima lettera del Führer. Egli giudica l’uomo dai fatti. Quello che importa è che i fatti gli diano ragione. Il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha ringraziato il Duce per le sue chiare dichiarazioni, delle quali egli darà esatta comunicazione al Führer, ed ha fatto a sua volta alcune domande aggiuntive. Come prima questione, già comunicata dal Principe d’Assia e che trova menzione anche nella lettera del Führer, il Ministro degli Esteri del Reich si è informato circa le possibilità di un prossimo incontro tra il Führer e il Duce.

Il Duce ha risposto di essere pronto ad incontrarsi col Führer. Il Ministro degli Esteri del Reich ha osservato essere desiderio del Führer – con riguardo al lungo tempo trascorso dall’ultimo incontro – di conferire nuovamente col Duce. È stata quindi prospettata come epoca dell’incontro la metà di marzo, dopo il 19 dello stesso mese.

Come luogo dell’incontro è stato designato il Brennero, non essendo facile per il Führer – come ha dichiarato il Ministro degli Esteri del Reich – di uscire dalla Germania in tempo di guerra. Ancora prima della partenza del Ministro degli Affari Esteri del Reich il Führer gli fece osservare che certe idee non si possono esporre per iscritto ma occorre piuttosto uno scambio di vedute da persona a persona.

Nell’ulteriore corso del colloquio il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha riassunto le dichiarazioni del Duce come segue: se egli lo ha ben compreso, è opinione del Duce che l’Italia sarebbe entrata in guerra. Gli inglesi si comporterebbero, secondo le parole del Duce, in modo sempre più impudente. D’altra parte il Führer non crede in una possibilità di pace, bensì che ad un dato momento le armate nemiche in Occidente verranno a cozzo fra loro.

Quando ciò avverrà, il Ministro degli Affari Esteri del Reich non lo sa, non avendo il Führer fatto conoscere nemmeno al proprio Ministro degli Esteri i particolari dei suoi piani militari. In ogni modo il Führer è d’avviso che la guerra sarà vinta sui campi di battaglia. In nesso a ciò egli desidera sapere dal Duce come questi si rappresenti dal punto di vista italiano l’ulteriore sviluppo delle cose. Gli inglesi avrebbero negli ultimi tempi provocato sempre maggiori difficoltà.

Essi avrebbero tentato di esercitare sull’Italia pressioni economiche per la fornitura di materiale bellico e sarebbero intenzionati – secondo ciò che il Ministro degli Affari Esteri del Reich conosce di loro – a continuare la partita.

Egli domanda quindi al Duce come egli si raffiguri in tali circostanze l’ulteriore sviluppo degli avvenimenti. Il Duce risponde che vi sono due possibilità: o la situazione diviene sempre più tesa in seguito all’atteggiamento dell’Inghilterra e della Francia, od altrimenti egli da sé svilupperebbe i vari problemi che interessano l’Italia, e ciò in modo totalitario.

Nell’uno e nell’altro caso arriverebbe il momento in cui dovrebbe verificarsi “una definizione dei rapporti dell’Italia con la Francia e con l’Inghilterra” e cioè una rottura con questi due Paesi. A domanda del Ministro degli Affari Esteri del Reich il Duce conferma che in entrambi i casi gli sviluppi seguirebbero una medesima direzione.

In connessione con ciò è stata di nuovo sfiorata la questione del carbone, al che il Ministro degli Affari Esteri del Reich ricordò che il Ministro Clodius sta a disposizione delle autorità italiane per discuterne i particolari, come egli già ieri aveva accennato. Si tratterebbe di esaminare il modo come risolvere la questione del carbone con piena soddisfazione dell’Italia mediante collaborazione reciproca degli Uffici competenti.

Il Duce si è compiaciuto della possibilità di discussione fra Clodius e Host Venturi ed aggiunse che intende ritirare, in quanto sia possibile, il carbone “nella sua totalità” dalla Germania, al che il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha risposto che la Germania farà tutto quanto sarà necessario a tale scopo.

Giovanni Host-Venturi

Il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha dichiarato inoltre di avere compreso dalle parole del Duce, che Egli crede che i rapporti con la Francia e l’Inghilterra si inaspriranno. Il Duce ha risposto subito affermativamente, aggiungendo:

“Sarà molto semplice preparare tale inasprimento, dato che lo stato d’animo del popolo italiano è fortemente ostile all’Inghilterra e alla Francia. Entrambi i Paesi hanno del resto commesso gravi errori.

Così ad esempio la stampa francese ha recentemente dichiarato che i neutrali debbono decidersi se essere con l’Inghilterra e la Francia o contro di esse. Questi due Paesi sono stati i soli che hanno avuto il coraggio di combattere; essi perciò dovranno essere i soli a fare la pace. I neutrali che non abbiano voluto prendere una decisione non saranno presi in considerazione.”

Il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha soggiunto che i neutrali negli ultimi tempi si erano fatti potentemente sentire e non erano punto disposti a combattere per l’Inghilterra; egli ripete a questo proposito la sua domanda se abbia bene compreso che il Duce crede in un essenziale inasprimento delle relazioni con l’Inghilterra e con la Francia. Tale atteggiamento è naturalmente per la Germania di speciale importanza per quando l’esercito tedesco dovrà entrare in azione.

Il Duce ha risposto che un simile inasprimento sarà sempre facile provocare. Secondo Lui vi sono due ipotesi: o la situazione si sviluppa in favore della Germania ed allora è naturalmente nell’interesse dell’Italia di combattere assieme; oppure le cose si mettono male per la Germania – ed egli si affretta a dire che considera tale eventualità come puramente teorica, data la considerevole maggiore efficienza che anche a suo avviso presenta lo esercito tedesco in confronto al 1914 – ed allora l’Italia è maggiormente costretta ad intervenire, dappoiché in tale caso, essa stessa si troverebbe in grande pericolo.

Un’ulteriore domanda del Ministro degli Affari Esteri del Reich ha trattato delle relazioni fra l’Italia e la Russia. Se egli ha ben compreso il Duce, un miglioramento di tali relazioni sarebbe possibile. Ciò sarà salutato con molto favore in Germania. Il Duce ha definito un simile miglioramento come possibilissimo e si è richiamato ai timori espressi dalla stampa occidentale, in occasione della visita a Roma del Ministro degli Affari Esteri del Reich, circa la possibile formazione di un blocco tra l’Italia, la Russia, la Germania ed il Giappone. Forse anche ciò sarà possibile.

Il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha ricapitolato in proposito come il Führer nella sua lettera al Duce abbia accennato al fatto che un Giappone forte è utile agli interessi dell’Italia e della Germania, in quanto che può esercitare pressioni sull’Inghilterra in Asia e nello stesso tempo costituire un utile contrappeso nei riguardi dell’America. Che ciò sia vero risulta anche dal fatto che l’America è intervenuta attivamente nella guerra mondiale soltanto dopo aver ricevuto dal Giappone l’assicurazione scritta che esso nulla avrebbe intrapreso in Estremo Oriente e nell’Oceano Pacifico ai danni dell’America.

Se l’America ha avuto bisogno di ottenere ciò durante il conflitto mondiale da un Paese che allora era alleato, essa dovrà prendere nelle attuali condizioni in considerazione ben maggiore le sue relazioni verso il Giappone. Appunto perciò sono state impartite istruzioni agli Ambasciatori germanici a Mosca ed a Tokio di facilitare un’intesa tra Russia e Giappone.

Lo stesso Stalin – col quale il Ministro degli Affari Esteri del Reich si era intrattenuto in argomento – si sarebbe dimostrato assai ragionevole, tanto che il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha potuto dichiarare, in un comunicato stampa pubblicato dopo la conclusione del Patto tedesco-russo, che tale Patto nulla mutava nelle relazioni amichevoli fra Germania e Giappone.

Il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha chiesto al Duce se egli fosse disposto ad impartire corrispondenti istruzioni agli Ambasciatori a Tokio ed a Mosca di favorire un accomodamento fra questi due paesi. Quanto maggiore libertà avrà il Giappone nei riguardi della Russia, tanto meglio esso potrà esplicare la sua utile funzione di mezzo di pressione contro l’Inghilterra e l’America.

Il Duce ha risposto che negli ultimi tempi aveva rivolto una attenzione relativamente minore alla politica del Giappone. Egli trova la politica giapponese “di una lentezza fatale”.
Il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha osservato che ciò è da ascriversi alle fazioni politiche, all’influenza dell’Esercito e della Marina e alla mancanza di un capo.

In relazione a ciò il Duce ha dichiarato che un accordo tra Russia e Giappone era da desiderarsi. Un riavvicinamento italo-russo faciliterebbe molto l’intervento italiano in tale direzione.

A tale proposito il Ministro degli Affari Esteri del Reich accennò ad un telegramma, che gli era pervenuto da Tokio, nel quale da fonte degna di fede si informava che il Giappone era pronto ad accedere ad ogni azione dell’Italia contro gli atti di prepotenza dell’Inghilterra sui mari.

Nell’ulteriore corso del colloquio il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha informato il Duce dell’intenzione del Führer di apprestare alcuni sottomarini nel Mediterraneo occidentale esclusivamente contro le navi inglesi e francesi. Nello spirito della collaborazione italo-tedesca egli desiderava darne previa notizia al Duce.

Questi ha risposto di avere avuto già di ciò sentore dai contatti occorsi fra le due Marine e di non vedervi alcuna obiezione. All’osservazione del Ministro degli Affari Esteri del Reich che al Führer interesserebbe avere qualche notizia sulla situazione in Libia, il Duce ha fatto presente il sensibile miglioramento avutosi nella situazione colà di fronte a quella dello scorso settembre. In Libia si trovano ora 14 divisioni.

Oltre a ciò esiste una doppia linea di difesa, e Balbo guarda tranquillo a tutte le eventualità. Mentre ancora in settembre la Libia costituiva un punto molto debole, si trovano ora colà 200.000 uomini e due eccellenti divisioni arabe.

Alla domanda del Ministro degli Affari Esteri del Reich circa i sommergibili italiani nel Mediterraneo, il Duce ha risposto che l’Italia in tale campo è padrona del Mediterraneo. Il Ministro degli Affari Esteri del Reich fa presente che la flotta inglese è scomparsa dal Mare del Nord; gli inglesi non mettono piú a repentaglio i propri incrociatori pesanti né molto meno le proprie dreadnoughts. Il Duce ha aggiunto che in caso di conflitto gli inglesi scomparirebbero immediatamente dal Mediterraneo.

In merito alle preoccupazioni piú volte manifestate da parte italiana in ordine all’insufficiente difesa delle zone industriali contro gli attacchi aerei, il Ministro degli Affari Esteri del Reich si è richiamato all’esperienza fatta dai tedeschi con i velivoli da bombardamento nemici. Finora non c’è stato un solo velivolo da bombardamento nemico che abbia sorvolato la Germania con carico di bombe, eccezion fatta dell’attacco avvenuto nei primi giorni della guerra al Canale di Kiel durante il quale di 40 aeroplani ben 32 sono stati abbattuti. I nemici della Germania non gettano bombe sul territorio tedesco perché hanno paura delle rappresaglie tedesche.

Similmente i nemici d’Italia non azzarderebbero di bombardare i centri industriali italiani poiché sanno che la Germania procederebbe immediatamente ad azioni di ritorsione contro l’Inghilterra e la Francia. Il Duce accennò allora alla serie di punti di sostegno italiani che esistono nel Mediterraneo, menzionando particolarmente la posizione imprendibile dell’isola di Pantelleria (che il Ministro degli Esteri del Reich ha definito come la più preziosa scoperta militare del Duce).

Il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha dichiarato potersi dunque stabilire che entrambi i Paesi, secondo il pensiero del Duce, hanno un destino comune, che prima o dopo condurrà l’Italia ad entrare in guerra. La Germania e l’Italia rappresentano la nuova concezione del mondo. Gli altri Pesi invece rappresentano vecchi concetti ed idee. Oltre a ciò i vecchi Paesi soffrono di tali insufficienze demografiche da non costituire piú delle nazioni europee nel vero senso della parola. Le navi inglesi hanno equipaggi indiani, le francesi equipaggi negri. Quelle nazioni non hanno più un “élan vital” e sono invidiose dei popoli giovani.

A domanda del Ministro degli Affari Esteri del Reich, se il Duce crede che i francesi ammasserebbero nuovamente forti contingenti di truppe al confine italiano, il Duce ha risposto affermativamente ed ha aggiunto che fra queste truppe vi sarebbero numerosi elementi di colore, i quali sono impulsivi ma non resistono al combattimento. Non è noto cosa pensino tra loro queste truppe ausiliarie d’Africa. Esse comunicano tra di loro in una lingua che i francesi non comprendono, ed il loro atteggiamento, in caso di contraccolpi militari, potrebbe rappresentare un altro pericolo per la Francia.

Il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha chiesto se aveva ben compreso il pensiero del Duce nel senso che l’Italia intende assumere un atteggiamento tale da impegnare possibilmente molte truppe francesi ed inglesi. Il Duce ha confermato ciò e dichiarato, per quanto riguarda l’atteggiamento dell’America, che colà è da aspettarsi tutt’al piú una campagna di stampa come ripercussione degli avvenimenti europei.

Egli è fermamente convinto che gli Stati Uniti non interverranno mai in guerra. A conferma di ciò il Duce ha letto un articolo del “New York Daily News”, secondo il quale il 90% degli americani vogliono rimanere neutrali e non nutrono alcun desiderio di scendere ogni vent’anni in guerra per assicurare la supremazia dell’Inghilterra in Europa. È nell’interesse dell’America di restare estranea al conflitto. Gli americani hanno assunto tale atteggiamento – ha soggiunto il Duce – perché dubitano della vittoria degli Alleati e non vogliono puntare su un cavallo che perde.

Ed in ciò essi hanno perfettamente ragione, ha ammesso il Ministro degli Affari Esteri del Reich. Egli ha quindi ripetuto di non sapere l’epoca precisa, ma di essere certo che le armate tedesche si scontreranno prossimamente con gli inglesi ed i francesi. Per l’Italia vi potrebbe forse essere ancor prima la occasione di prendere un atteggiamento di carattere dimostrativo, atto a facilitare la Germania.

Alla fine è stato concordato un comunicato stampa ed al momento di prendere commiato il Duce ha chiesto al Ministro degli Affari Esteri del Reich notizie sul colloquio avuto col Papa. Il Ministro degli Affari Esteri del Reich ha risposto che sia il Führer sia il Papa erano del parere che fra il Nazionalsocialismo e la Chiesa Cattolica fosse possibile un accordo. Il Führer aveva in vista al riguardo non una soluzione passeggera, ma duratura.

La cosa doveva essere trattata ulteriormente con la Nunziatura, la pace religiosa sarebbe stata mantenuta, e del resto il Führer aveva fatto sospendere 7000 processi contro monaci. La Germania paga alla Chiesa Cattolica piú di un miliardo l’anno ed ha fatto non poco per la pace religiosa. Se venisse seguito attentamente il principio: “La politica allo Stato, la cura delle anime alla Chiesa” l’accordo potrebbe farsi gradualmente.

Ma il Führer non desidera affrettare in un modo qualsiasi tali cose e trovare una soluzione passeggera che non si possa far durare. Il guaio fondamentale è che il Cattolicesimo da decenni ha svolto politica in Germania e che la Chiesa non si può tuttora completamente da ciò liberare. Solo quando si sia avuto su tal punto una completa chiarificazione, e le due reciproche sfere di interessi siano determinate attraverso un concreto sviluppo, si avranno le condizioni per costruire di nuovo e stipulare un concordato con la Chiesa.

Il Duce ha pregato alla fine il Ministro degli Affari Esteri del Reich di portare al Führer i Suoi più cordiali saluti.

SECONDO COLLOQUIO DI SUMNER WELLES COL DUCE

16 marzo1940 – XVIII

Il signor Summer Welles ringrazia il Duce per averlo nuovamente ricevuto e comincia il suo dire facendo presente che non ha trovato a Londra e a Parigi quella intransigenza che si sarebbe aspettata. Ha trovato al contrario uno spirito di moderazione e molta ragionevolezza, quindi buone disposizioni a concludere una lunga e duratura pace. In pari tempo però sottolinea che i due Governi alleati sono pronti a condurre avanti la guerra fino alle estreme conseguenze qualora il conflitto dovesse effettivamente cominciare e non fossero date agli alleati quelle garanzie di sicurezza che sono considerate indispensabili.

A Berlino si è reso conto che il Führer e i suoi collaboratori sono convinti che è obiettivo franco-britannico di distruggere il Reich e il popolo germanico. Ciò non è esatto: a Londra e a Parigi si aspira soltanto ad ottenere delle condizioni di sicurezza per il futuro. Il Duce obietta che da parte degli alleati si è troppe volte cercato di separare il popolo germanico dal regime nazista. Ciò è un assurdo e un errore.

Il Signor Sumner Welles, dopo aver parlato della comprensione che esiste ovunque per gli sforzi fatti dal Duce al fine di preservare la pace nel mondo, dice che è sua opinione che a Londra e a Parigi si sia disposti a raggiungere una pace politica purché vengano date le necessarie garanzie di sicurezza. Sottolinea che egli non è stato incaricato di fare alcuna dichiarazione ma che riporta le sue impressioni.

A sua idea, una pace politica potrebbe essere fatta sulle seguenti basi: ricostituzione di uno Stato polacco indipendente, a base nazionale. del quale però dovrebbero ancora venir discussi i confini e la cessione di un accesso libero al mare; un allargamento dell’autonomia e dell’indipendenza concessa alla Boemia e alla Moravia ed infine un plebiscito per l’Austria.

7 March 1940: Sumner Wellesand Edouard Daladier

Il Duce domanda se nel suo prossimo incontro col Cancelliere del Reich potrà fargli cenno di queste impressioni personali del signor Sumner Welles. Questi risponde di aver bisogno a tal uopo dell’autorizzazione del Presidente Roosevelt, autorizzazione che cercherà di ottenere telefonicamente.

Il signor Sumner We11es desidera comunque conoscere quali sono le concezioni del Duce circa il sistema di sicurezza che potrebbe venire introdotto in Europa. Il Duce risponde che non è più possibile per l’Europa di tornare alla Società delle Nazioni, giustamente ripudiata anche dagli stessi americani. Egli non crede nemmeno possibile di costituire una Federazione di tutti gli Stati europei.

Ritiene invece che l’intesa tra i principali Stati europei potrebbe garantire un periodo di almeno 20 o 25 anni di pace. Se i francesi e i polacchi non avessero sabotato il Patto a Quattro, l’inevitabile dinamismo della Germania sarebbe stato posto su una via evolutiva. Le richieste di Hitler erano allora molto moderate. Solo un organismo internazionale come quello previsto dal Patto a Quattro potrebbe assicurare all’Europa un periodo di pace durante il quale potrebbe venir decisa la riduzione degli armamenti e concertata la ricostruzione economica del mondo.

Il signor Sumner Welles ripete che egli non ritiene possibile per i Governi Alleati di stipulare alcun accordo con la Germania se prima non è stato trovato un sistema di garanzie che assicuri l’esecuzione dell’accordo.

Il Duce obietta che la questione del prima o del poi è di natura tale da far fallire ogni tentativo di negoziato, dato che le due parti si trovano ai poli opposti. Comunque dice al signor Sumner Welles che qualora dai colloqui del Brennero dovessero risultare nuovi elementi suscettibili di modificare la situazione in Europa, Egli non mancherà di farli conoscere agli interessati e al signor Sumner Welles stesso per la successiva azione da compiere. A conclusione del colloquio il Duce conferma la sua solidarietà politica con la Germania.

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