a cura di Cornelio Galas
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documenti raccolti da Enzo Antonio Cicchino
Memoria riassuntiva della
Commissione Suprema di Difesa
sulla preparazione e primo mese
delle operazioni militari contro la Grecia
AVVENIMENTI E PROVVEDIMENTI PER L’ALBANIA
(agosto – 24 novembre 1940)
Memoria riassuntiva
Tolto il periodo di tensione con la Grecia dell’estate 1939, l’Albania fu per lo Stamage e per lo stato maggiore R. esercito uno scacchiere del tutto secondario, pel quale erano previste operazioni, se mai solo alla frontiera jugoslava.
Ma anche a questa previsione, non ha corrisposto mai una qualsiasi preparazione militare del territorio, sí da renderlo atto, col migliorare i porti, le reti stradali, i collegamenti, i servizi logistici in generale, a ricevere un incremento improvviso di grandi unità, che potessero vivervi e operare.
Del tutto dimenticata fu l’organizzazione per quanto poteva concernere un eventuale conflitto con la Grecia. Di conseguenza il gen. Geloso, comandante superiore delle truppe in Albania, fu polarizzato nel suo periodo di comando, che andò dal 1º dicembre 1939 al 5 giugno 1940, quasi esclusivamente da ciò che riguardava la frontiera jugoslava.
Nel maggio 1940 il gen. Geloso segnalò che il ministero degli affari esteri gli aveva prospettato la necessità politica che l’Italia iniziasse a breve scadenza operazioni militari contro la Grecia, la quale stava divenendo una pericolosa base aeronavale franco-inglese. Tale notificazione doveva essere un utilissimo segnale di allarme per lo stamage, facendogli comprendere quali erano gli intendimenti e gli indirizzi delle sfere politiche con la Grecia, con cui prima o poi si sarebbe dovuto venire in conflitto, e la necessità pertanto di iniziare subito un’adeguata preparazione militare nello scacchiere albanese.
Invece nulla fu fatto e le direttive per l’Albania, volte solo a una progressiva e lenta preparazione nei riguardi della Iugoslavia, non cambiarono. La mancanza di aderenza alla visione degli esteri da parte dello stamage oltre ad incidere sulla preparazione militare, non all’unisono con le previsioni della condotta politica della guerra, sarà una delle cause fondamentali delle difficoltà gravissime, in cui si compí poi la campagna italo greca.
Ai primi di agosto erano in Albania solo 5 divisioni binarie1: esse dipendevano direttamente dal comando superiore truppe Albania, di cui era a capo (dal 5 giugno) il generale di divisione, con l’incarico del grado superiore, Visconti Prasca. Il CSTA si identificava con un corpo d’armata (il XXVI). La dislocazione delle truppe gravitava verso la frontiera jugoslava: una sola divisione era alla frontiera greca. Erano stati eseguiti numerosi lavori campali alla frontiera jugoslava, nessuno verso la Grecia.
Mentre alla frontiera Giulia si stava gradatamente approntando la 2ª armata, lo stamage continuava a ritenere l’Albania scacchiere di scarsa importanza; disponeva infatti (l’8 agosto) che, in caso di operazioni contro la Iugoslavia, le truppe in Albania dovevano tenere atteggiamento solo difensivo, e come predisposizioni riteneva sufficiente l’invio di un reggimento di cavalleria, preparando intanto l’invio di una divisione.
Verso la metà di agosto le autorità politiche fecero presente nuovamente ed esplicitamente la necessità di agire al piú presto contro la Grecia, indicando in particolare che sarebbe stato necessario che entro 15 giorni le forze in Albania fossero pronte per iniziare le operazioni. Lo stamage dispose perché fosse “predisposto” l’invio in Albania di 3 divisioni (che certo non potevano arrivare entro 15 giorni).
Neanche dopo ciò, lo stamage dette impulso per accelerare la preparazione in vista delle inevitabili operazioni: solo quando lo S.M. gli fece presente (il 26 agosto) che, se si voleva avere almeno per il 1º di ottobre uno schieramento difensivo alla frontiera jugoslava e offensivo in quella greca, occorreva iniziare subito i trasporti marittimi, approvò (il 28 agosto) che fossero iniziati gli invii delle 3 divisioni.
Lo S.M. aveva anche proposto, e lo stamage approvato, che fosse previsto l’invio in Albania di un comando di armata e di un altro comando di C.d’A., non stimandosi possibile che il CSTA da solo potesse impiegare una diecina di divisioni. Ciò non ebbe seguito, in relazione alla fiducia che si nutriva pel gen. Visconti, generale allora molto stimato e noto propugnatore della dottrina della guerra di movimento, e al desiderio espresso che non fosse inviato in Albania altro generale piú elevato in grado o piú anziano del Visconti.
Sarebbe stato indispensabile che lo stamage avesse fatto chiaramente presente al Duce quale era la reale organizzazione dei comandi in Albania, impari cioè ai bisogni operativi previsti e comunque che avesse trovato una soluzione organica, che frazionasse opportunamente l’azione di comando fra il generale Visconti e i comandi di divisione dipendenti, ma non si sarebbe dovuto lasciare le cose come stavano, ben sapendo che non potevano andare.
Forse anche su ciò influí la sensazione puramente personale del capo di S.M. generale che in Albania operazioni non ce ne sarebbero state. A fine agosto i preparativi già tiepidi ebbero un nuovo differimento: lo schieramento alla frontiera doveva “poter” essere predisposto per il 20 ottobre anziché per il 1º; quindi termine del trasporto delle tre divisioni previsto per il 10 ottobre e non piú per il 1º e nuovo rafforzamento della sensazione collettiva che ormai pel 1940, data anche la stagione avanzata e l’impreparazione, non vi sarebbero state operazioni contro la Grecia.
Lo S.M. ai primi di settembre compilò e diramò le sue direttive operative per l’esigenza G (cosí era chiamata la prevista operazione in Grecia). Il CSTA con le truppe a sua disposizione (8 div., i rgt. granatieri, 3 rgt. di cavalleria, 1 solo rgt. art. di C.d’A. su 6 gruppi) doveva occupare l’Epiro settentrionale, assicurare la copertura verso la Macedonia, mantenendo il possesso della conca di Korça, e assicurare anche la copertura alla frontiera jugoslava.
È evidente che con le poche forze previste e i molteplici compiti loro affidati lo S.M. valutava molto al di sotto di quello che poi apparvero le forze e le possibilità dell’esercito greco. E ciò è tanto piú importante perché in sostanza con queste poche forze fu poi iniziata l’azione contro la Grecia.
Il 25 settembre lo stamage notificò che ormai sia la questione jugoslava che quella greca sarebbero state risolte al tavolo della pace: in Albania era solo questione di sistemazione di truppe pel vicino periodo invernale. In effetti tutto il precedente operato del comando supremo era stato il riflesso di questo concetto, ben poco all’unisono con quello del ministero degli esteri.
Al 25 settembre, dunque, nessuna specifica preparazione in Albania per operazioni contro la Grecia (tolto l’invio in corso delle 3 divisioni) e quando, verso il 13 ottobre, le autorità politiche indicheranno come necessità irrevocabile l’inizio quasi immediato delle operazioni, stamage e S.M. saranno sorpresi dagli avvenimenti e si troveranno con lo scacchiere albanese non preparato ad una campagna d’autunno su un aspro teatro di guerra balcanico: lo S.M. anzi aveva proposto, il 5 ottobre, di ridurre la forza in Albania.
Il 14 ottobre lo stamage ordinò che tutto fosse predisposto per iniziare in Albania (il 26 ottobre) le operazioni contro la Grecia. Con tale ordine lo stamage dimostrava che:
- o giudicava la preparazione in Albania già a tal punto che in 12 giorni si potesse essere pronti per iniziare la lotta (e quindi era male informato o stimava tutto molto facile),
- o, pur sapendo come le cose stavano, non aveva chiaramente prospettato al Duce la vera situazione, che, cioè come in agosto, anche ora in ottobre si era del tutto impreparati e, forse ancor meno di allora, data la cattiva stagione imminente.
In una riunione tenuta a Palazzo Venezia il 15 ottobre il Duce confermò la necessita politica dell’attacco alla Grecia, nido di vipere inglesi, onde migliorare la nostra situazione mediterranea. Il gen. Visconti Prasca dichiarò che per il giorno 26 sarebbe stato pronto, che il piano di azione era stato minutamente preparato e che l’Epiro poteva essere occupato in 15 giorni con “manovra travolgente”. Stimava avere una superiorità di due a uno e non chiedeva, per l’inizio, altre truppe.
Il gen. Visconti con queste sue dichiarazioni, dato che doveva ben conoscere lo stato reale della preparazione, dimostrava o di giudicare molto facile quel problema di guerra, valutandone erratamente i fattori (esercito greco – proprie forze) o di fare forse affidamento su elementi estranei al problema militare, quali i risultati dell’opera delle autorità politiche per infirmare la resistenza greca. Questa seconda ipotesi, se è stata fatta, è per un generale un grave errore.
Alla suddetta facile visione del comandante superiore T.A., il capo di S.M. generale e le altre autorità militari presenti alla storica seduta non fecero obiezioni. L’Ecc. Mar. Badoglio dichiarò che il piano Visconti andava bene, dato per sicuro il fianco sinistro. Se con tale accenno alla sicurezza del fianco, il Mar. Badoglio si riferiva alla sicurezza di carattere strategico rispetto alla Iugoslavia, sarebbe stato quanto mai opportuno che egli avesse esaminato la cosa anche in un quadro minore, ma importantissimo, se cioè il fianco sinistro delle unità operanti in Epiro era assicurato dal nostro schieramento nel Korciano, sufficiente a resistere alle possibilità di offese greche dalla Macedonia.
Se tale esame fosse stato sviluppato ne sarebbe derivata la conclusione che le forze in Albania non davano la sicurezza di riuscita, non erano cioè bastanti ad operare in Epiro avendo il fianco nel Korciano sicuro. Ma su ciò fu sorvolato e l’operazione militare ebbe il suo “via”.
Come prevedibile, i quattordici giorni di affrettata preparazione (l’azione fu prorogata al 28 ottobre) a nulla, o quasi nulla, approdarono. Non fu possibile inviare dall’Italia, anche a causa dello stato del mare, in tempesta per una settimana, nemmeno il previsto completamento delle artiglierie c.a. Si giunse al 28 ottobre non pronti militarmente per ciò che si stava per fare.
In sostanza chiunque esamini obiettivamente il periodo considerato non può non notare che causa dell’impreparazione militare alla campagna di guerra, che stava per essere iniziata, sono le remore volontariamente poste dallo stamage ai preparativi in quello scacchiere, ove esso non desiderava che si operasse.
È difficile ammettere che il capo di S.M. generale, nei suoi contatti quotidiani col Duce, non sapesse quali fossero i Suoi intendimenti verso la Grecia e non avesse intuito che necessità di ordine politico avrebbero ineluttabilmente imposto operazioni di guerra contro tale stato.
Se nello spirito del Mar. Badoglio poteva esistere prima dell’agosto tepidezza circa l’opportunità della guerra alla Grecia (per quanto, essendo egli militare, non avrebbe dovuto giudicare sul lato politico della questione), dopo il 15 agosto, da quando cioè le autorità politiche fecero presente nettamente la necessità di presto agire, nessun dubbio avrebbe dovuto piú sussistere e tutta l’opera del capo di S.M. generale avrebbe dovuto essere volta all’intensa preparazione delle forze armate per lo scacchiere albanese.
Se ciò avesse fatto, il Mar. Badoglio avrebbe avuto prima delle operazioni piú di 60 giorni di tempo per far affluire in Albania uomini e mezzi, quanti giorni cioè poi occorsero, iniziata la campagna, per creare un equilibrio contro le soverchianti forze greche.
Il disegno operativo in Epiro del gen. Visconti Prasca consisteva nel:
- puntare col centro (div. Ferrara e Centauro del C.A. di Ciamuria – gen. Rossi) su Giannina,
- spingere l’ala sinistra – div. alp. Julia -, attraverso le montagne del Pindo, sino al Passo di Metzovo (a nord-est di Giannina),
- superare con l’ala destra, div. Siena, il Kalamas e muovere su Giannina da sudovest,
- agire con un distaccamento (raggruppamento del litorale) lungo la costa.
Nel Korciano la div. Parma, aiutata, se mai, dalla div. Piemonte, doveva assicurare il fianco sinistro delle unità marcianti in Epiro. Schieramento quindi a blocchi isolati di divisioni, senza inquadratura nel campo tattico-organico del C.A. (artiglierie – collegamenti – servizi – riserve a tergo per manovrare), ciò non consentendolo la poca disponibilità delle forze.
Fin dall’inizio delle operazioni apparvero gli effetti dell’impreparazione: si sentí subito la mancanza di comandi organizzati (i due comandi di C.d’A. Rossi e Nasci costituiti una settimana prima del 28 ottobre erano del tutto embrionali), di artiglierie di medio calibro, di reparti del genio e sopratutto di altre forze atte a creare una vera riserva, che desse tranquillità pel fianco esposto e permettesse di alimentare l’azione in profondità.
Sentitissima poi la mancanza di automezzi2: lo S.M. segnalava al comando supremo il 1º novembre che in Albania occorreva inviare 1700 autocarri, cifra che mostra all’evidenza il grado di impreparazione per una campagna da effettuarsi in un teatro di operazioni privo di ferrovie e ove l’autocarro avrebbe avuto parte preminente per la manovra dei reparti e per il funzionamento dei servizi.
Nella zona di Kalibaki sulla via di Giannina il corpo d’armata Rossi urtava contro forti difese greche, che si rivelavano costituite da opere permanenti con reticolati ed efficace sostegno di artiglierie. La valutazione quindi delle possibilità di difesa greche era stata non esatta.
Malgrado il concetto del comandante sta di effettuare rapida guerra di movimento, il C.d’A. di Ciamuria era stato mandato quindi ad urtare con la massa delle sue forze nel punto piú forte ed organizzato della difesa greca, contro il quale invano per piú giorni le div. Ferrara e Centauro insisteranno nei loro vani e sanguinosi attacchi.
La div. alp. Julia frattanto giungeva alla testata della Vojussa, ma incontrava forti resistenze, era attaccata anche sui fianchi, e veniva a trovarsi quindi in condizioni critiche sia operative che logistiche (la divisione isolata fu fatta muovere con un’autonomia di viveri di soli 5 giorni).
A destra la div. Siena ed 2 raggruppamento del litorale si fermavano per 5 giorni al Kalamas in piena, in attesa che il genio “arrivasse” a piè d’opera e gettasse i ponti (altra prova dell’impreparazione). Frattanto dal 1º novembre i greci avevano iniziato i loro attacchi nel settore Korciano, con pressione che diverrà gradatamente sempre piú forte: la supposizione base di tutto il piano operativo che due divisioni bastassero per dare sicurezza nella zona di Korça si dimostrava fallace.
La preoccupazione del CSTA, dello S.M. e del comando supremo per la sorte del fianco sinistro sarà sempre crescente e si cercherà, con ben poca efficacia, date distanze e tempi, di rafforzare il fianco a crisi iniziata e aggravantesi. Il giorno 6 novembre il gen. Visconti Prasca, data la situazione critica della Julia, ordinava che la divisione ripiegasse a scaglioni su Konitza. Era il riconoscimento che la manovra affidata alla div. Julia era fallita, essendosi dimostrata impari alle sue possibilità, malgrado il valore dimostrato dai componenti della balda unità alpina.
Era con ciò compromesso tutto il piano iniziale del CSTA. Le truppe che continuavano ad attaccare invano le difese greche ad est di Kalibaki non potevano piú essere agevolate nel loro duro compito dall’azione della “Julia” né si poteva piú sperare che la div. Siena, ormai attardatasi al Kalamas e isolata, potesse svolgere una efficace azione verso Giannina. Né a tergo, e questo è piú grave, vi erano altre truppe con cui far sentire nella battaglia la volontà di manovra del comandante.
Il giorno 7 novembre anche le truppe dell’ala destra che erano riuscite infine a passare il Kalamas ricevevano ordine di fermarsi e costituire teste di ponte. Il gen. Visconti Prasca ha in seguito affermato che:-
- a) aveva iniziato le operazioni senza aver avuto le forze richieste,
- b) durante il suo periodo di comando le forze italiane sempre avanzarono vittoriosamente in Grecia, giungendo con le punte estreme a 100 km dal confine in Epiro.
Circa la prima affermazione è da notare che, per le operazioni in Epiro, il gen. Visconti non aveva chiesto, in primo tempo, nuove G.U.: ne attendeva altre ma “ad Epiro conquistato” per la marcia su Atene (riunione di Palazzo Venezia del 15 Ottobre). Aveva domandato btr. c.a. di rinforzo e 4 gr. art. alp. valle ed essi gli furono inviati appena i trasporti marittimi lo permisero.
Poi, nell’imminenza delle operazioni, fra il 17 e il 23 ottobre, il gen. Visconti chiese l’invio urgente di una divisione motorizzata e di 1000 autocarri. La richiesta era tardiva: occorreva non conoscere la capacità di scarico dei porti albanesi per supporre che simile ingente massa di automezzi potesse arrivare a tempo per le prime operazioni.
La seconda affermazione è smentita dagli avvenimenti. Come già detto, al 6 novembre, ripiegando la “Julia”, fermo il centro, ritardata la destra, minacciato a Korça il fianco sinistro di tutto lo schieramento, la manovra poteva considerarsi fallita e l’avanzata fino allora fatta dalle nostre truppe non poteva purtroppo essere definita vittoriosa.
Un’avanzata non risolutiva e subito messa in crisi non è successo, ma solo guadagno temporaneo di territorio. La penetrazione di 100 km accennata dal gen. Visconti si riferisce ad un calcolo metrico delle rapide puntate della cavalleria dell’estrema destra, che con ricognizioni ardite, ma effimere di risultati, perché non sorrette, si spinsero sino alle zone di Margariti e Paramithia in Epiro.
Quando il 9 novembre il gen. Visconti cessò dal comando lasciò una situazione operativa in piena crisi e non una situazione vittoriosa, di cui si potesse sfruttare il successo. Il 9 novembre il gen. Soddu assumeva il comando in Albania, a capo di un gruppo di armate, costituito dalla 9ª e 11ª armata.
La trasformazione dell’organizzazione dei comandi in Albania era indispensabile, essendosi dimostrata completamente insufficiente la scheletrica e semplicista organizzazione iniziale; ma certo una simile trasformazione non poteva essere senza crisi, effettuandola, come gli avvenimenti imponevano, durante le operazioni.
La costituzione del comando superiore forze armate Albania e dei due comandi di armata e delle relative intendenze si protrasse nel tempo e fu molto laboriosa: altra visione a largo respiro di comandante superiore ed altra mentalità di comandanti in sottordine avrebbero potuto rendere piú aderente alla situazione questo impianto, che invece fu fatto con assenteismo del comando superiore e con mentalità schematica e sorpassata dai comandi in sottordine.
Bisognava anzitutto:
- passare nettamente da una forma di guerra di movimento ormai fallita, ad uno schieramento da guerra da posizione,
- adeguare al piú presto i servizi al nuovo aspetto delle operazioni, valorizzando al massimo quanto si aveva e quanto stava affluendo,
- creare, con inflessibile tenacia, delle riserve, almeno per le armate, se non per il comando superiore.
Al gen. Soddu mancò la capacità e l’energia per ristabilire la situazione delle operazioni, ormai seriamente compromessa. La pressione greca continuava; riusciva a rompere il collegamento diretto fra il Korciano e l’Epiro, attaccando nella zona di Erseke, insisteva negli attacchi alle posizioni di Korça, minacciava i vari tronchi separati in cui erano frazionate le nostre forze in Epiro.
L’invio dei rinforzi dall’Italia, dimostratosi lento, se fatto con trasporti marittimi, per la scarsa capacità dei porti albanesi, che si cercava affrettatamente di migliorare, fu integrato con invii urgenti in volo di reparti, ordinati e energicamente accelerati dal Duce3, reparti che avrebbero dovuto costituire riserve nelle mani del comando, resistendo ad ogni richiesta.
Invece i rinforzi, appena sbarcavano in Albania, senza essere riordinati e completati, venivano subito proiettati avanti nelle linee di combattimento, privi per lo piú di mezzi e salmerie, rompendo i vincoli divisionali: dimostrazione che una delle piú gravi lacune della preparazione era stata quella di non aver provveduto a che fossero in sito unità di riserva. L’Adriatico, per quanto stretto, era sempre un mare da passare e qualsiasi invio di personale o materiale non poteva essere immediato!
Fin dal giorno 15 novembre il gen. Soddu ritenne che gli sviluppi della situazione avrebbero imposto un ripiegamento sia per la 9ª che per l’11ª armata. Tale pensiero traduceva in ordine il giorno 16, indicando alle armate come finea di ripiegamento la linea Pogradec – M. Kamia – Forre del Devoli – F. Kormos – Basilikon – P. Edda, ripiegamento di cui si riservava notificare il momento dell’inizio.
Il comando superiore F.A. Albania, indicando la nuova linea, ordinava anche che su essa dovevano essere fermati per presidiarla tutti i nuovi reparti affluiti. Ma tale ordine non sarà eseguito dalle armate né il comandante superiore si imporrà per ottenerlo: i reparti che affluiranno continueranno ad essere senz’altro avviati d’urgenza in avanti, nel modo piú caotico e frammentario.
Il giorno 19 il gen. Soddu lasciava arbitre le armate di iniziare il ripiegamento quando l’avessero ritenuto opportuno. In tal modo il comandante superiore rinunciava praticamente ad ogni azione di comando e di manovra in un difficilissimo momento operativo, in cui cioè doveva essere ben attentamente e fermamente imbrigliato e regolato il movimento di ripiegamento delle due armate.
Questo non poteva essere contemporaneo: la situazione avanzata della 11ª armata imponeva che essa per prima si ritirasse, protetta nel fianco dalla 9ª armata tenuta ferma. Lasciando arbitri i due comandanti di armata di scegliere il momento di ripiegare, poteva accadere che ambedue le armate ripiegassero contemporaneamente, o peggio ancora, se non fosse stato assurdo, che ripiegasse addirittura prima la 9ª della 11ª armata.
Il gen. Soddu aveva detto ai comandanti di armata di tenersi con lui collegati, ma se essi avevano libertà di iniziare il ripiegamento quando credevano, non si vede quale azione di coordinamento potesse ripromettersi di esplicare il comandante superiore. Il giorno 21 il gen. Soddu informava che la manovra di ripiegamento era già in atto all’11ª armata e che la 9ª l’avrebbe iniziata a sera.
A un telegramma del Duce che l’invitava a considerare le conseguenze morali e materiali dell’abbandono di Korça, rispondeva che ciò era imposto dalla situazione militare. Se per il ripiegamento della 11ª armata, frazionata in blocchi spinti avanti e isolati, premuti frontalmente e minacciati ai fianchi, in difficile situazione anche logistica, appare evidente la necessità, si resta invece alquando dubbiosi circa quello della 9ª armata.
Il ripiegamento infatti dell’ala sinistra di tutto il nostro schieramento avrebbe avuto per conseguenza:
- l’abbandono delle forti posizioni attorno a Korça (M. Morova),
- la perdita della città di Korça, importante centro politico, militare (magazzini), aviatorio (campo di aviazione),
- la perdita del capo terminale della strada di arroccamento di Erseke, con le possibilità di manovra anche a raggio ristretto che presentava per offendere o minacciare sul fianco unità greche avanzanti dall’Epiro,
- il retrocedere su posizioni arretrate di una quarantina di chilometri, ove non c’era uno schieramento prestabilito di altre truppe, sí ché pertanto le stesse truppe, che dal 10 novembre si battevano per la difesa di Korça, avrebbero dovuto guernire le nuove posizioni, arrivandovi certamente in condizioni di minore efficienza, specie morale,
- il mettere l’armata in piena crisi di servizi; oltre la perdita dei magazzini, dei nodi stradali e delle possibilità di rifornimenti via aerea, che Korça offriva, la piú gran parte dell’armata, (tolta l’estrema sinistra servita dalle strade di Pogradec) veniva ad essere schierata su posizioni di aspra montagna, con a tergo solo lunghissime e cattive mulattiere, sviluppantesi in taluni punti anche per circa 50 km,
- non ottenere reale guadagno di tempo, prendendo spazio, perché i greci, imbaldanziti dal successo e probabilmente a conoscenza della nostra vera situazione, non avrebbero mancato di premere ancora, a breve scadenza, come in effetti fecero.
Il giorno 24 novembre si delineava un’altra minaccia: il cedimento della div. Bari lasciava scoperta ai greci la direttrice dell’Osum, zona centrale fra le due armate. Vi venivano inviati reparti già provati della div. Julia. Il giorno 29 novembre la 9ª armata, premuta di nuovo fortemente dai greci, era costretta a cedere le posizioni dei M. Kamia verso la piana di Korça, che avrebbero potuto essere utile futuro sbocco offensivo; nei giorni seguenti l’armata continua a perdere ulteriore terreno fino all’altezza di Pogradec, che il 1º dicembre veniva sgombrata.
Contemporaneamente i greci attaccavano con violenza anche la 11ª armata, premendo fortemente specie in Val Zagorie e in Val Vojussa, ove arrivavano il 3 dicembre ad investire Premeti. Frattanto il ritmo delle affluenze di rinforzi dall’Italia continuava lento, come fino allora era stato, per l’insieme di fattori negativi già esaminati.
Si accentuava la visione depressa della situazione nella mente del comandante superiore: 9 gen. Soddu infatti il giorno 4 dicembre in una memoria diretta allo S.M. dichiarava che da un momento all’altro poteva avvenire un cedimento totale della fronte. Non vedeva quindi la possibilità di una ripresa e nemmeno di poter ristabilire una situazione di equilibrio.
Il comandante superiore in sostanza dichiarava che in Albania le forze armate italiane erano sconfitte, senza possibilità di ripresa: si riconosceva vinto, senza piú fiducia nelle truppe che aveva o che poteva avere per continuare la lotta.
La visione, riflesso di uno stato d’animo depresso per avvenimenti indubbiamente dolorosi, era troppo pessimistica. Ciò che poi è accaduto lo ha dimostrato: si sono avuti altri sacrifici territoriali, altri momenti di ansia, ma le linee italiane hanno tenuto, i rinforzi gradatamente e, per forza di cose, lentamente arrivanti, a poco a poco hanno fatto sentire la loro influenza, e i greci non hanno ottenuto il successo strategico decisivo che si ripromettevano, benché l’impreparazione militare da parte nostra della campagna ne abbia loro offerto, da vicino, la possibilità.
L’incremento della forza in Albania era stato:
- 1º agosto 1940 – 104 000 u. circa – 1660 autocarri
- 28 ottobre 1940 – 140 000 u. circa – 3200 autocarri
- 24 novembre 1940 – 175 000 u. circa – 5250 autocarri