I “SEGRETI” DEL FASCISMO – 24

a cura di Cornelio Galas

Benito Mussolini firma il Patto a Quattro a Palazzo Venezia.

  • documenti raccolti da Enzo Antonio Cicchino

Il Patto a Quattro
testo definitivo
giugno 1933

Consci delle responsabilità particolari che, per il fatto di essere rappresentati a titolo permanente nel Consiglio della Società delle Nazioni, Loro incombono verso la Società stessa ed i suoi membri, e di quelle che risultano dalla Loro firma in comune degli Accordi di Locarno;

Convinti che lo stato di disagio che regna nel mondo non può essere dissipato che mediante un rafforzamento della Loro solidarietà tale da consolidare in Europa la fiducia nella pace;

Fedeli agli impegni che hanno assunto col Patto delle Nazioni, coi Trattati di Locarno e col Patto Briand-Kellogg, e riferendosi alla dichiarazione di non ricorso alla forza, il cui principio è stato proclamato nella dichiarazione firmata a Ginevra l’11 dicembre 1932 dai Loro Delegati alla Conferenza del Disarmo, e adottato il 2 marzo 1933 dalla Commissione politica della Conferenza stessa;

Desiderosi di dare piena efficacia a tutte le disposizioni del Patto della Società delle Nazioni, conformandosi ai metodi e alle procedure che sono da esso previsti e a cui non intendono derogare;

Rispettosi dei diritti di ogni Stato, dei quali non potrebbe disporsi in assenza dell’interessato;

Hanno deciso di concludere un Patto a questi fini e hanno designato i Loro plenipotenziari, i quali, dopo avere scambiato i Loro pieni poteri, riconosciuti in buona e debita forma, hanno convenuto nelle disposizioni seguenti:

Articolo 1.

Le Alte Patti contraenti si concerteranno su tutte le questioni che le riguardano. Esse si impegnano a fare tutti i loro sforzi per praticare nell’ambito della Società delle Nazioni Lina politica di collaborazione effettiva fra tutte le Potenze, diretta al mantenimento della pace.

Articolo 2.

Per quanto concerne il Patto della Società delle Nazioni e in particolare i suoi articoli 10, 16 e 19, le Alte Parti contraenti stabiliscono di esaminare tra loro e sotto riserva di decisioni che non possono essere prese che dagli organi regolari della Società delle Nazioni, ogni proposta relativa ai metodi e alle procedure atti a dare il dovuto effetto ai detti articoli.

Articolo 3.

Le Alte Parti contraenti si impegnano a fare tutti i loro sforzi per assicurare il successo della Conferenza del Disarmo e si riservano, nel caso in cui la Conferenza lasciasse in sospesi questioni in cui esse siano specialmente interessate, di riprenderne l’esame tra loro mediante l’applicazione del presente Patto, affine di assicurarne la soluzione nei modi appropriati.

Articolo 4.

Le Alte Parti contraenti affermano la loro volontà di concertarsi su ogni questione di ordine economico che presenti un interesse comune per l’Europa e particolarmente per la sua restaurazione economica, avendo di mira un regolamento da ricercarsi nell’ambito della Società delle Nazioni.

Articolo 5.

Il presente Patto è concluso per la durata di dieci anni, a decorrere dalla sua entrata in vigore. Se, prima della fine dell’ottavo anno, nessuna delle Alte Parti contraenti avrà notificato alle altre la sua intenzione di porvi fine, esso sarà considerato rinnovato e resterà in vigore senza limite di durata, ciascuna delle Alte Parti contraenti avendo in questo caso la facoltà di porvi fine mediante dichiarazione a tale effetto, con un preavviso di due anni.

Articolo 6.

Il presente Patto, redatto in francese, inglese, italiano e tedesco, il testo francese facendo fede in caso di divergenza, sarà ratificato e le ratifiche saranno depositate a Roma, appena possibile. Il Governo del Regno d’Italia rimetterà a ciascuna delle Alte Parti contraenti copia certificata conforme dei Processi Verbali di deposito.

Il presente Patto entrerà in vigore non appena tutte le ratifiche saranno state depositate. Esso sarà registrato alla Società delle Nazioni, conformemente al Patto della Società.

Fatto a Roma, il 7 giugno 1933.

***

Il movimento fascista
in Giappone

(1934)

Si è costituito in Giappone un nuovo partito formato da un Gruppo di dissidenti del vecchio social democratico (Shahai Minshuto) che ha preso il nome di Nippon Kokka Shakai-to.

Ne è capo il Sig. Akamatsu, che si propone di sopprimere il sistema parlamentare. Nel paese dovrebbe esistere un partito unico, diretto da un’oligarchia che rappresenti la volontà del popolo, e da un Consiglio formato da tecnici competenti che saranno gli organi esecutivi.

Questa oligarchia dovrebbe essere in maggioranza composta da Capi militari, poiché l’armata avrà un ruolo d’importanza primaria nell’organizzazione sociale.

 

Il partito considera la Manciuria indispensabile ai lavoratori giapponesi e intende realizzare uno Stato socialista che comprenda Giappone e Manciuria.

L’Imperatore sarà provvisoriamente lasciato al suo posto, grazie al magnetismo ch’esso ancora esercita sul Paese, ma non dovrà governare.

Akamatsu

Questo nuovo partito ha molto seguito nelle masse lavoratrici specialmente in quelle agricole. Il movimento Akamatsu è il primo esempio in Giappone di laburisti tendenti verso il fascismo; ad esso sono collegati altri piú esigui gruppi nazionalistici e socialisti.

Si classificano anche come fascisti parecchie formazioni politiche fra le quali l’Akaos ha seguito in alcuni ambienti operai. Il partito Kokuhou-Sha (Associazione per la riorganizzazione del popolo) è il piú forte tra quelli a tendenze fasciste e rimonta al 1932.

La direzione è affidata al signor Araki ex Ambasciatore a Berlino e i capi piú eminenti sono il Signor Honda e il barone Hiranumi, Vice Presidente del Consiglio di Stato.

La “Nichou Nomin Kumnai” (Associazione rurale fascista) ha pubblicato un manifesto in occasione dell’anniversario dell’Impero sostenendo che tale festa patriottica non deve essere monopolizzata dai reazionari.

Regimi totalitari Germania Italia Spagna Giappone

Si domanda la restituzione all’Imperatore delle terre dei latifondisti, la soppressione del partito comunista, la nazionalizzazione dei redditi della Manciuria. Vi sono poi parecchie associazioni segrete che adoperano abusivamente la definizione “fascista”.

***

Parere del presidente
del Consiglio di Stato
Santi Romano
sulla istituzione del
primo maresciallato dell’Impero

1938

Romano Santi

 

PER SAPERNE DI PIU’

CONSIGLIO DI STATO
Il Presidente

 

I.

Nessuna disposizione di legge e di regolamento contempla espressamente l’ipotesi che la Camera dei Deputati sia convocata d’urgenza.
Tuttavia, tale convocazione (s’intende nel periodo della Sessione Parlamentare) deve ritenersi consentita dal principio generale, riaffermato in molte norme regolamentari, che attribuiscono al Presidente della Camera dei Deputati ampi poteri discrezionali su tutto ciò che riguarda il funzionamento della Camera stessa.

II.

Secondo l’art. 5 dello Statuto, “Ogni proposta di legge deve essere dapprima esaminata dalle Giunte che saranno da ciascuna Camera nominate per i lavori preparati”. A sua volta, l’art. 46 del Regolamento della Camera dei Deputati prescrive che su ogni disegno di legge deve essere presentata una relazione, da stamparsi e distribuirsi ventiquattro ore prima che si apra la discussione, salvo il caso che la Camera determini altrimenti.

È fuori dubbio che non solo l’art. 46 del Regolamento, ma lo stesso art. 55 dello Statuto non contengono norme cogenti, la cui osservanza sia richiesta ai fini della costituzionalità della legge.

Benito Mussolini maresciallo dell’Impero

Si tratta di norme che attengono ai c. d. interna corporis, che sono internamente sottratti ad ogni controllo, che non sia esso stesso interno, cioè del Presidente. Ciò è pacificamente ammesso dalla dottrina1 e discende dalla prerogativa attribuita dall’art. 61 dello Statuto a ciascuna Camera di determinare liberamente il modo secondo il quale abbia ad esercitare le proprie funzioni; prerogativa che si esercita non solo dettando, in questa materia proprie norme interne ma anche giudicando caso per caso, del modo con cui, sia queste norme interne, sia le norme statutarie e, in genere, legislative, siano state osservate a proposito di una data legge.
Si noti che questo principio non è esclusivo del diritto italiano, ma è consacrato da una consuetudine generale di diritto parlamentare, che fa capo al diritto inglese.

III.

La creazione di nuovi gradi militari spetta al Potere Legislativo. Anzitutto, non c’è materia sottratta alla competenza del potere legislativo, nemmeno quando si tratti di materie che possano formare oggetto di norme del potere esecutivo.

In secondo luogo, la facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche in conformità della Legge del 31 gennaio 1926, N, 100, non si estende all’ordinamento dell’Esercito. Nella circolare di S. E. il Capo del Governo per l’applicazione della legge suddetta, si legge testualmente: “La facoltà regolamentare di organizzazione in confronto dello Stato, riguarda unicamente le Amministrazioni di esso; e però, là ove non si tratti di vera e propria organizzazione amministrativa, ma di una istituzione fondamentale dello Stato, come l’Esercito, l’ordinamento di tale istituzione esula senz’altro dall’ambito regolamentare per entrare esclusivamente in quello legislativo”.

Quindi nuovi gradi militari non solo si possono, ma si debbono istituire mediante leggi formali.

IV.

Istituiti con legge i nuovi gradi militari, questi potrebbero essere conferiti alle singole persone, mediante Decreti Reali, essendo il Re, com’è noto, il Capo dell’Esercito (art. 5 Statuto) e comprendendosi, in questa prerogativa regia per un principio generale e per pratica costante, la facoltà di nominare alle varie cariche militari.

Senonché, nel caso concreto, non si è voluto soltanto disporre positivamente l’attribuzione dei nuovi gradi a S. M. il Re e a S. E. il Capo del Governo, ma si è voluto altresì escludere che i gradi medesimi possano essere conferiti ad altri personaggi. Tale esclusione, cioè tale disposizione negativa, doveva necessariamente formare oggetto di una legge formale.

V.

Il conferimento simultaneo al Capo dello Stato e al Capo del Governo dei gradi di Primo Maresciallo dell’Impero è pienamente legittimo, anche dal punto di vista costituzionale, per l’ovvia considerazione che tale conferimento non deroga alla disposizione statutaria per cui il Re è il Capo Supremo dell’Esercito.

Roma, 2 aprile 1938-XVI.
F/° S. Romano

 

IN COLLABORAZIONE CON:

Enzo Antonio Cicchino

Enzo Antonio Cicchino

nato a Isernia nel 1956. Vive a Roma.

matricola Rai 230160.

enzoantoniocicchino@tiscali.it

Autore e regista documentari RAI.

ALCUNI LIBRI DI ENZO ANTONIO CICCHINO

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