MUSSOLINI E IL TRENTINO – 9

Ultima puntata della serie “Mussolini e il Trentino” ovvero del periodo (1909) in cui il futuro Duce visse e lavorò come giornalista e scrittore in provincia di Trento, allora austriaca. Concludiamo con l’analisi politica di Mussolini. E le sue critiche al “giogo” dell’impero austro-ungarico. Al partito clericale (di questo però abbiamo già diffusamente parlato in precedenti puntate), ai liberali-nazionali. E anche allo stesso partito socialista trentino del quale peraltro Mussolini faceva parte. I testi che seguono sono trascritti pari pari dal libro “Il Trentino veduto da un socialista (note e notizie)” di Benito Mussolini (1911).

a cura di Cornelio Galas

f017

La politica nel Trentino (secondo Mussolini)

Vi sono molti italiani che giungendo nel Trentino credono di trovarvi uno stato d’animo uguale a quello delle popolazioni italiane (una élite delle stesse però) sofferenti del giogo austriaco in Lombardia prima del ’59, nel Veneto prima del ’66. Poiché i trentini — popolazione italiana — sono soggetti all’Austria, e poiché l’Austria è nemica dell’Italia, i « regnicoli » ingenui di cui sopra credono all’esistenza di un irredentismo, di un movimento cioè antiaustriaco tendente a separare violentemente il Trentino dal cosiddetto nesso dell’Impero per ricongiungerlo all’Italia. Non so, se irredentisti nel senso tradizionale della parola, ci siano a Trieste, dove il sacrificio di Oberdank è troppo recente per essere dimenticato, ma è certo che a Trento irredentisti non ce ne sono, o se ci sono non si addimostrano apertamente tali, né del resto potrebbero costituire, data l’esiguità del loro numero, un’associazione qualsiasi. Irredentismo e irredentisti non esistono nel Trentino a meno che non si voglia far passare per irredentismo le sassaiole contro il grifo della birreria Forst (grifo del resto permesso e autorizzato dal Comune) o qualche timida ostentazione di coccarde tricolori — limitate però sempre all’elemento giovane per non dir infantile — o i piani rocambolici di uno squilibrato qual’è il Colpi, o l’ impiccagione di un fantoccio raffigurante Hofer a piè della statua a Dante o il getto di uova fracide sugli stemmi austriaci compiuto nel cuor della notte. Che i fogli tedeschi del Tirolo — quasi tutti sussidiati dalle associazioni pangermaniste — agitino periodicamente il babau dell’irredentismo trentino, è comprensibile. Ma uno studio sul luogo, ma un sufficiente lungo contatto coi trentini, basta per sfatare le leggende irredentiste.

mussolini-foto-dedica

Neppure durante il nostro risorgimento, vi furono movimenti irredentisti nel Trentino. Gli agitatori della nazionalità politica d’allora erano più che altro “valenti causidici, che pellegrinarono nei parlamenti d’Europa, a Francoforte, a Vienna, a Krenisier, chiedendo prima l’annessione del Trentino al Veneto e poi l’indipendenza amministrativa del paese, facendo soverchie lezioni di storia sull’origine romana dei trentini e del Trentino, ma non ebbe un sol uomo che abbia tentato una resistenza armata. I pochi fatti d’arme, che nel 48 e dopo ebbero luogo nel Trentino, sono dovuti o all’esercito italiano o ai garibaldini; insurrezioni dei trentini non se n’ebbero, né a Trento né altrove”. Così scrive Cesare Battisti, acuto conoscitore della sua terra. Se dunque mancarono moti irredentistici seri, quando tutta l’ Europa era in fiamme, se il Trentino non arse e non arse perché spalmato di pece clericale quando Garibaldi lo popolò di camicie rosse trionfatrici e liberatrici, assurdo sarebbe oggi cercare le tracce dell’irredentismo. Tutti sono rassegnati al giogo austriaco. Il temperamento trentino non è rivoluzionario, ma conservatore.

benito-mussolini-il-trentino-visto-da-un-socialista-note-e-notizie-1911-3-638-1

Nelle vene della borghesia trentina che dovrebbe dare gli irredentisti come la borghesia italiana diede i patrioti, corre un sangue che non ha la febbre delle grandi battaglie. Né vi sono nella storia antica e moderna del Trentino avvenimenti o serie di avvenimenti tali da imprimere un loro colore, una loro anima alla politica attuale e uno speciale temperamento politico a frazioni del popolo. Nel medioevo e sino all’evo moderno il Trentino è la terra su cui si appuntano le cupidigie altrui, è la terra agognata dai dominatori del Nord e da quelli del Sud, e il popolo trentino « subisce » gli avvenimenti che gli accadono intorno. Una sola rivoluzione spezza la grigia monotonia di una storia senza rilievi : nel 1.407 Rodolfo Belenzano — capitano del popolo — solleva i trentini e strappa al vescovo tiranno le franchigie quasi repubblicane, ma il suo liberale governo è di breve durata. La « guerra rustica » non ebbe nel Trentino l’ampiezza di quella guidata dal Bokelson in Germania, né la ferocia delle jacqueries di Francia.

f018

Il periodo della dominazione madruzzea che si chiude colla morte di Emanuele nel 1648 non ha quella fervidezza di vita politica che distingue le nascenti signorie italiane. L’epoca che segue non ha avvenimenti degni di nota. Oggi il Trentino non può vivere una vita politica intensa perché non ha una nazionalità politica. I confini lo dividono dall’Italia, la lingua dall’Austria. La sua vita politica quindi è chiusa, superficiale sino al pettegolezzo, contraddittoria fino all’ assurdo, paurosa e malignante, è la vita politica propria di tutti i paesi déracinés, per usare l’espressione efficace di Maurizio Barrès. Tale la politica, tali i partiti. Sono tre che si contendono il campo : il clericale, il liberale-nazionale, il socialista.

Del Mussolini-pensiero sul partito clericale abbiamo già ampiamente detto. Veniamo quindi agli altri due partiti trentini analizzati dal futuro Duce.

Il partito liberale-nazionale

Sino al 1900 e anche oggi, ma in proporzioni ridotte, fu il partito dominatore nei comuni, nelle diete, nel parlamento. Esso vorrebbe essere l’erede di quel simulacro di partito irredentista che si agitò nel Trentino nel ’48 e nel ’66, ma trattasi di un erede degenere assai. Chi lo compone? L’elemento moderato, la borghesia bempensante, la piccola borghesia non clericale e non socialista. E’ insomma nella sua composizione un partito « pipistrello ». Parve forte un tempo. Ma la riforma del Badeni (1896) creante una quinta curia elettorale, rivelò la debolezza dei liberali-nazionali. Il suffragio universale poi ha portato alla ribalta i clericali e un socialista. Il Partito Liberale-Nazionale dà oggi scarsissimi segni di vita. Non ha programma e non ha uomini. II vecchio bandierone : difesa dei diritti nazionali e lotta per l’autonomia del Trentino é stato definitivamente riposto e abbandonato.

UpkPfA5XLjjrw9ybgm7sWfTd1BuTP0M197uDEfozyt8=--cesare_battisti_il_trentino

Del resto questo partito o pseudo-partito è stato sempre dinastico, se non proprio austriacante. La cronaca tridentina ce lo dimostra. Narriamo colle parole di un autore trentino le imprese dei liberali-nazionali nel 1894. « Mentre il governo regalava all’italiana Pirano le tabelle bilingui, a Trento il Partito Liberale-Nazionale si accingeva a festeggiare l’arrivo di S. M. l’Imperatore d’Austria.

MussoliniVettoriFoto

Il giornalismo liberale-nazionale andava ormai da parecchio tempo predicando essere unica àncora di salvezza pel Trentino, onde ottenere l’autonomia amministrativa, non già le fiere proteste, ma le umili domande deposte ai piedi del trono e biascicate nelle anticamere ministeriali. Ed ecco uno dei capi del Partito Liberale-Nazionale il dott. Riccabona scrivere sul quotidiano del Partito che « L’’ imparzialità del Monarca anima anche questo popolo ad esprimere con rispettosa franchezza i suoi voti ed a collocare sotto l’alto suo patrocinio interessi di grande rilievo ». E dopo aver tessuto l’elogio del monarca : « ad un principe siffatto è dovere di esporre con fiducioso rispetto i lunghi travagli … ecc. ».m« L’augusta parola ci deve confortare … »

Il buon Monarca dichiarò sdegnosamente che a Trento non avrebbe accettato visite di deputazioni e respinse i deputati che volevano parlargli di autonomia, respinse i rappresentanti provinciali, mise alla porta i sindaci delle città. Accolse invece le deputazioni di contadini che, naturalmente, andarono a professarsi come sono, devoti al trono e alla spada. Questo contegno dei liberali nazionali non suscitò nella popolazione il più piccolo sdegno. Tutta la città fu imbandierata : orifiammi ed addobbi dovunque; si contavano sulle dita le case prive di bandiera. Folla enorme di gente plaudente, in città arrivarono coi treni, durante la giornata, 13.000 persone; immenso fu il concorso della gente venuta a piedi o colla diligenza dal contado. L’ imperatore entrò in città acclamato. E un ex-garibaldino, il vice sindaco pronunciò questo discorso: “Sire ! La sciagura che colpiva il signor podestà procura a me l’alto onore di salutare coi sentimenti del più profondo rispetto, a nome della cittadinanza, la M. V. nell’occasione che si degna graziosamente di sua angusta presenza la città di Trento. Io adempio con gioia a quest’onorevolissimo incarico e mentre umilio, Sire, ai vostri piedi i sentimenti di omaggio e di devozione della cittadinanza, vi prego di voler gradire graziosamente il benvenuto che vi dò a nome della stessa ». Il giornale liberale nazionale si prosternava laidamente davanti al buon Monarca che aveva voluto il capestro per Oberdank. I pochissimi protestatari passarono, naturalmente, per squilibrati. L’autonomia non venne, e la turlupinatura sovrana fu immensa.

resized_image2_d841f88cb342063d11f4046bea8b372f

Dieci anni dopo, nel 1904, l’imperatore discese in occasione delle grosse manovre nel Trentino e fu ancora una volta osannato. Nel 1909 i deputati liberali nazionali parteciparono al banchetto imperiale d’Innsbruck. Si potrebbe essere più smidollati di così ? Mentre il Partito Liberale-Nazionale non dà segno di vita, non ha una linea di condotta e va, specie nei suoi rapporti col movimento operaio e col partito socialista, rivelando sempre più il suo spirito grettamente reazionario; i rappresentanti alla dieta e al parlamento danno quotidiano e ripugnante spettacolo d’incoerenza. Al Parlamento oltre i clericali anche i liberali-nazionali italiani votano gli aumenti delle spese militari destinate contro l’Italia. Essi sono gli ascari di tutti i ministeri. La loro politica è quella dei mendicanti. Mai un gesto, mai una parola: assenza nel paese, dedizione nel parlamento. La loro opera di difesa nazionale si riduce ormai al solo campo scolastico e finisce per confondersi con quella della Lega Nazionale. Dell’autonomia parlan poco o niente. Sembrano e sono dei rassegnati alla loro manifesta impotenza. Essi si dichiarano trentini, non italiani e noi siamo « regnicoli ». Graziosissimo termine di distinzione ! Se la reazione giallo-nera minaccia il Trentino essi fanno i morti. Sdegnano il contatto col proletariato e rinunciano a qualsiasi protesta.

f023

Se il proletariato si agita e scende in lotta per le sue conquiste economiche, i liberali-nazionali diventano più preti dei preti e reclamano l’ intervento del braccio secolare austriaco e denunciano gli agitatori « regnicoli » che turbano la quasi funerea tranquillità del paese. L’amore di questi liberali-nazionali per l’Italia è tepido, platonico, clandestino. Essi — che sono dei borghesi — vedono l’Italia coll’occhio del borghese che vuole, a salvaguardia delle sue casseforti, uno stato forte, magari feudale.

E per questi liberali nazionali l’Italia è un paese troppo rivoluzionario. Meglio l’Austria dove c’è un esercito che non scherza e un proletariato non pericoloso ! Gli interessi economici modellano la mentalità di questi liberali-nazionali che in Italia figurerebbero degnamente nel partito clerico-moderato.

La loro stampa è reazionaria. Nel maggio del ’98 Si invocava dai loro giornali la fucilazione in massa degli insorti. Il loro quotidiano è un tentativo che si ripete 365 volte all’anno per conciliare la scolorata vernice di liberalismo-nazionale col fondo del rispetto alle istituzioni austriache. Il loro nazionalismo è di cartone. Quando i liberali-nazionali si trovano davanti ai giudici austriaci tengono un contegno poco eroico. Nessuno ha il coraggio di apologizzare il proprio atto Si umiliano, s’ inchinano, chiedono grazia. Il processo di Rovereto dopo ai fatti di Pergine, quello Amorth a Trento, il recentissimo degli imbrattatori degli stemmi austriaci, provano le nostre affermazioni. Questa gente non ha spina dorsale. E gli avvocati liberali-nazionali difendono gli aggressori volksbundisti contro gli aggrediti italiani !

mussolini-socialista

E nessuno protesta. Le associazioni dormono. Si abbandonano agli eventi. Il governo non tien calcolo dei liberali-nazionali. Conosce ormai trattarsi di un simulacro di partito. Nient’altro. Difatti il Partito anti-irredentista — pagato dal governo — non esiste più. Questo partito artificiale composto quasi esclusivamente degli impiegati, della nobiltà intedescata di Trento e di pochi venduti, ricco di mezzi finanziari e di uomini senza scrupoli, forte dell’ incondizionato appoggio governativo, doveva fronteggiare il Partito Liberal-Nazionale. Ma quando il governo s’accorse che i liberali-nazionali trentini erano fedelissimi sudditi più dei tirolesi tedeschi, sospese gli stipendi, convertì il giornale anti-italiano “La Patria” in un bollettino esclusivamente riservato alla pubblicazione degli editti ufficiali e i membri del partitone governativo entrarono a seconda delle idee e degli interessi fra i clericali o i liberali nazionali. Dinanzi al Partito Liberale-Nazionale sta il solito, supremo dilemma : o rinnovarsi o morire. Rinnovarsi? Ne dubitiamo. L’anno scorso era venuta l’occasione propizia nel centenario hoferiano. Il quotidiano parve per un momento ritrovare un po’ di slancio latino. Illustrò un numero col ritratto di Garibaldi — naturalmente sequestrato — e fece, quantunque in ritardo, una viva campagna — diretta dallo Stefenelli attuale direttore — contro la partecipazione dei trentini alle feste d’ Innsbruck. La bufera reazionaria pareva dovesse rialzare le sopite energie trentine. Ma fu un’ illusione ! I deputati liberali-nazionali parteciparono al pranzo di corte — un comizio pro-autonomia non ebbe luogo per la proibizione poliziesca, né fu tentato malgrado il divieto. Al successivo sciopero generale proclamato dal proletariato, aderirono nolenti i liberali-nazionali, ma non portarono la loro voce nel comizio, né illustrarono nel loro giornale il significato dello sciopero stesso. Furono come sempre « sorpresi » dall’avvenimento al quale essi non erano preparati, ma che dovettero per forza subire. Può vivere, ripetiamo, un partito senza programmi, senza uomini, senza una linea di condotta ? No. Organismo inutile ed ingombrante sarà eliminato. Le tracce che di sè ha lasciato nella storia sono lievi. Così avviene a tutti i partiti che non hanno agito e si sono limitati all’adorazione passiva dell’ ideale.

Il Partito Socialista

Le sue origini sono recenti. Il 2 febbraio 1895 usciva il primo ed anche ultimo numero del primo giornale trentino di propaganda socialista col nome di Rivista Popolare Trentina. Fu confiscato sino all’ultima copia. Scoraggiati non tanto dalla violenza poliziesca quanto dall’apatia e incoscienza della massa lavoratrice e pur decisi a non cedere, i socialisti trentini trasportarono le tende nella capitale dell’Austria e a Vienna ai primi di novembre dello stesso anno usciva l’Avvenire. I redattori così spiegavano il perché dell’andata a Vienna. « Ci siamo trasportati a Vienna perché in mezzo allo stupido antisemitismo e al fedifrago liberalismo c’è un po’ di posto anche pel socialismo vero e senza sottintesi. Nelle nostre province italiane si respira un’aria afosa, soffocante, si sta fra una polizia paurosa che non tien conto dei tempi e un liberalismo anche più gretto. Non già che qui si respiri tutt’aria ossigenata, tuttavia modo di camparla, magari con qualche mese di prigione, c’è ».

TIC511-2770

Dopo alcuni numeri che suscitarono grande emozione, specie fra nazionalisti, il giornale tornò nel Trentino. Nell’ottobre del 1896 uscì a Rovereto l’Avvenire del Lavoratore e con questo giornale il partito andò assumendo consistenza e individualità. Il congresso del settembre 1897 riuscì una prima e importante manifestazione di forze socialiste. Tre anni dopo ebbe luogo il II congresso. Vi fu trattata la questione dell’autonomia e la fondazione di un quotidiano socialista. Due mesi dopo e cioè nell’aprile del 1900 usciva il Popolo. Nel suo programma dichiarava di avere un duplice scopo : « quello di cooperare alla conquista di quelle libertà, altrove ormai da decenni ottenute dalle borghesie e qui totalmente mancanti e quello di fare tra le masse operaie propaganda per le idealità del partito socialista». Il quotidiano iniziò la campagna pro-autonomia politica ed amministrativa del Trentino. E’ questa la pagina pii’ bella nella storia del Partito Socialista trentino. Tra il 1904-05 violenti dissidi personali scoppiarono nel campo socialista. Il Popolo cessò di essere organo del partito e divenne proprietà del direttore Cesare Battisti. Si ebbero in quel torno di tempo nella sola città di Trento, tre settimanali socialisti che si combattevano a vicenda. Dopo un lungo e tempestoso periodo di lotte intestine, parecchi socialisti se ne andarono, il partito si ricompose, riordinò le sue istituzioni politiche ed economiche, in primo luogo la Camera del Lavoro di Trento, ripubblicò l’Avvenire del Lavoratore organo del partito socialista e del Segretariato Trentino del Lavoro. Oggi, l’Avvenire ha una tiratura che supera le 2000 copie e mentre è quasi sconosciuto nel Trentino, dove all’ infuori degli operai ha scarsissimi lettori, è diffusissimo nella zona bilingue e più al nord nel Tirolo, nel Voralberg, nella Stiria, in Carinzia, Carniola, Boemia, dove serve a mantenere fra i gruppi degli emigrati l’ italianità linguistica. I gruppi politici socialisti del Trentino non sono molti. Però le maggiori istituzioni economiche (Camere del Lavoro di Trento e Rovereto) sono nelle mani dei socialisti. I socialisti trentini dipendono da Vienna. È una dipendenza morale, poiché nel fatto i due movimenti socialisti hanno carattere diverso. Le organizzazioni economiche invece sono tutte federate a Vienna, dove esistono le cosiddette centrali, cioè le direzioni di ogni singola organizzazione professionale.

TIC511-2753

Queste centrali sono potentissimi organismi burocratici che dispongono di tutta una lunga gerarchia d’impiegati e che esigono obbedienza e regolarità di pagamento dai soci federati. Non si fa sciopero senza il permesso delle Centrali. Ai ribelli non si danno sussidi. Le casse di queste organizzazioni raccoglievano nel 1909 nove milioni di corone. Questo tipo d’organizzazione fortemente accentratrice e burocratica tende a costituire sopra le lingue e le razze l’unità materiale e morale del proletariato austriaco. Unità forse impossibile a solidamente raggiungersi poiché ogni razza, ogni popolo porta nel movimento operaio una sua anima, né si può livellare ciò ch’è fondamentalmente diverso. Accanto all’unità burocratica e militare del governo austriaco, che non fa sottili distinzioni fra italiani e boemi, fra slavi e tedeschi e tratta gli otto popoli dell’ impero alla stessa stregua, esiste l’unità proletaria che della prima ha la burocrazia e la disciplina quasi militaresca e pretende di realizzare una effimera internazionale fra operai che non si senton Fratelli. Effimera, e già i segni dello sfacelo s’annunciano. Nella Boemia esistono i separatisti nazionali e i separatisti socialisti e operai. Fra non molto le potenti organizzazioni operaie della Boemia si staccheranno da Vienna per centralizzarsi a Praga. Da notare, così en passant, che il movimento operaio boemo, ha molti caratteri del movimento operaio francese, quindi è favorevole al decentramento, alle basse quote, all’autonomia dell’azione sindacale.

TIC511-1212

Anche nel Trentino, albeggiano tendenze separatistiche fra gli operai. Un primo conflitto e grave è già scoppiato fra la Centrale dei muratori, e l’Avvenire del lavoratore organo del Segretariato trentino del Lavoro. Forse non c’è nel Trentino un proletariato autentico, numeroso e cosciente da poter mantenere istituzioni sue proprie, autonome da Vienna. Il Trentino non è industrializzato come alcune province della Boemia. Manca il proletariato, esiste invece l’artigianato. Così il partito socialista non potrà mai giungere a grande floridezza, perché gli manca un substrato di proletari autentici.

Non solo, ma le recenti scissioni lo hanno ancora più indebolito. La questione Barni-Avancini non è un semplice episodio personalistico. Né semplice scontro di temperamenti opposti e irriducibilmente antagonistici: il frigidismo burocratico, meticoloso, teutonico dell’on. Avancini e l’ impulsivismo del Barni.  V’ è oltre alle persone, un conflitto d’ idee o piuttosto un conflitto di metodi. C’ è chi vuole tutelare politicamente la classe operaia e c’ è invece chi ripudia questa tutela. I primi si raccolgono nella società elettorale o in altro organismo politico, gli altri hanno nelle mani la massima istituzione del proletariato : la Camera del Lavoro di Trento. Ancora. C’ è chi si permette di criticare l’accentramento tedesco in fatto di organizzazione operaia e c’.è invece chi ritiene questo accentramento la forma più perfetta dell’organizzazione e guai al reprobo che pensa al contrario.

TIC10-0186

Ci sono nella massa operaia del Trentino tendenze separatistiche, anti-teutoniche, anti-centralistiche: albeggia nel Trentino il movimento separatista che ha scisso i lavoratori di Boemia dagli altri dell’Austria. Il concetto dell’azione operaia autonoma, libera dalle influenze dei pastori politici, padrona quindi di scegliersi i suoi mezzi di lotta sul terreno sindacale, è ormai diffuso. La massa che ieri venerava il deputato, oggi lo trascura. L’azione parlamentare decade nella stima degli operai : subentra l’azione diretta del sindacato. Quando l’on. Avancini rassegna le sue divisioni, il fatto passa inosservato. C’ è dunque nel Trentino una nuova mentalità operaia. Sono stati i regnicoli — fra i quali un po’ anche lo scrittore di queste linee — che hanno spastoiato il socialismo trentino dalla routine elettoralistica e quest’opera faticosa non poteva non produrre la violenta scissione di cui si sono occupate largamente le cronache trentine del 1910.

Nell’ ultimissimo congresso (il quattordicesimo) dei socialisti italiani del Tirolo, Trentino, Voralberg, tenutosi a Trento il 18-19 febbraio 1911, la scissione è stata ufficialmente consacrata. I « barnisti » non sono stati accettati al Congresso, e lo stesso Barni non ha avuto accesso, neppure come giornalista, nella sede del Congresso. C’erano una quantità di delegati. Vennero approvate le relazioni della G. E., del giornale, del deputato. Ma quanto all’attività futura, si preferì … passare all’ordine del giorno. Il relatore aveva proposto quali principali compiti alla futura commissione esecutiva i seguenti: 1° L’agitazione contro il rincaro della vita. 2° La lotta per la conquista del voto nella Provincia e nel Comune. 3° La costruzione di una buona organizzazione di partito, L’on. Avancini « pur essendo d’accordo colle proposte del relatore, crede che sarebbe troppo azzardoso prefiggere al partito un piano precisato d’attività. Questo potrà essere fatto dalla nuova G. Esecutiva quando avrà potuto farsi un criterio sicuro delle forze di cui può disporre ». (Avvenire del Lavoratore).

s

Tuttavia la relazione è stata approvata. Come si vede nel programma d’attività del partito socialista trentino — (ultima formulazione) non si fa neppur più cenno di campagne autonomistiche.

La campagna pro—autonomia

Eppure la campagna pro-autonomia è, come dicemmo poc’anzi, la pagina più bella nella storia del Partito Socialista Trentino. Dal 1895 al 1901 i socialisti trentini diedero tutta la loro attività al raggiungimento dell’autonomia politica e amministrativa del loro paese. Nel gennaio del 1891 i deputati dietali trentini chiesero la discussione sopra un progetto d’autonomia. A tale domanda il Conte Merveldt rispose dichiarando, in nome dell’ Imperatore, chiusa la dieta. Di fronte a tale contegno i deputati trentini diedero le loro dimissioni e sino al dicembre del 1900 si astennero dall’ intervenire alle sedute della Dieta. Quest’astensione dapprima incompleta per l’assenza dei clericali, ma poi generale, unita a vivissima agitazione nel paese, eccitò la reazione governativa. Questa durò poco e il governo ritornò al suo sistema : carezzare e promettere. Difatti l’imperatore a una commissione di 70 rappresentanti di comuni trentini andati ad Innsbruck e capitanati dal barone Malfatti dichiarava « che il suo governo si era già altre volte occupato di sì importante vertenza la quale riconosceva fino allora insoluta per molte difficoltà ; che egli avrebbe incaricato il suo governo di prenderla nuovamente in esame per condurla ad una soluzione, tenendo conto dei maggiori interessi dello stato …, che non poteva fare una promessa, ma che dava l’assicurazione che gli interessi della popolazione italiana gli stavano a cuore non meno di quelli di qualunque altra». Dal 1893 al 1897 i ministri Plener, Windischgdtz e Badeni continuarono a … promettere. Quest’ultimo invitò i deputati dietali trentini a « elaborare un progetto d’autonomia » che poi avrebbero discusso insieme e sottoposto all’approvazione imperiale. Badeni non chiamò mai i deputati a presentare il famoso progetto,  ma nel luglio del 1897 il Luogotenente d’ Innsbruck fece a quattro deputati trentini la seguente strabiliante comunicazione: “Il governo é convinto di poter, d’accordo colla maggioranza della dieta, provvedere ai bisogni del Trentino, meglio che cogli organismi amministrativi proposti dai deputati trentini. Mai turlupinatura di governo austriaco fu più impudente! Il paese tacque. I liberali nazionali si squagliarono. Un opuscolo socialista deplorava il loro assenteismo e riprendeva la campagna. Nel giugno 1897 il Congresso socialista austriaco si era — relatore il Daszinski — dichiarato”favorevole all’autonomia delle province qualora queste non siano il prodotto d’intrighi diplomatici e di vecchie ingiustizie, ma rappresentino delle unità politiche nazionali a base democratica”.

a1911a

Il congresso dei socialisti trentini affermava il suo proposito di lottare per l’autonomia e votava in proposito il seguente ordine del giorno: «I socialisti italiani del Trentino e del Tirolo raccolti nel loro primo Congresso, affermando il diritto di tutti i popoli a reggersi ed amministrarsi da sé ; considerando che l’annessione del Trentino al Tirolo è dannosa allo sviluppo economico del Trentino e quindi al sorgere di un proletariato cosciente; considerando che solo la concessione dell’autonomia al Trentino porterà chiara e precisa la lotta fra borghesia e proletariato stabiliscono : 1° di accettare nel loro programma minimo la lotta per il conseguimento dell’autonomia, 2° di lottare per essa indipendentemente dagli altri partiti mediante comizi, opuscoli e conferenze ed estendendo la propaganda anche fra i compagni tedeschi della provincia ». Con quest’ordine del giorno i socialisti trentini s’impegnarono alla battaglia. Organizzarono comizi, pubblicarono opuscoli, frustarono la inutile astensione dei liberali nazionali eccitandoli a paralizzare il lavoro della dieta d’ Innsbruck mediante l’ostruzionismo, occuparono le piazze con un corteo di parecchie centinaia di operai quando la dieta tirolese nel gennaio 1898 « respinse in blocco il progetto delle tramvie trentine, proibì alla città di Trento di prestar garanzia per un prestito sulla linea della Val di Fiemme, tentò di smembrare l’unità linguistica del Trentino staccando alcuni comuni italiani della Val di Fassa per aggregarli al Capitanato tedesco di Bolzano».

A334

Le elezioni politiche del maggio giugno 1898, la inaugurazione (1897) e l’anniversario (1899) dell’ inaugurazione del monumento a Dante porsero occasione ai socialisti per insistere sull’autonomia. Nel 1900 il loro Congresso non poté non trattare l’ inquietante problema. Il famoso voto di Brünn dei socialisti austriaci fu il centro della discussione. Riportiamolo perché detto ordine del giorno è la sintesi del pensiero dei socialisti austriaci di fronte alle nazionalità che compongono l’ impero e alle lotte che le travagliano. «L’Austria, così comincia la dichiarazione di Brünn, deve costituirsi in una confederazione democratica. Alle storiche province vengono sostituiti dei corpi nazionali autonomi circoscritti, la cui legislazione ed amministrazione emana da Camere nazionali elette in base al suffragio universale eguale e diretto. Tutti i territori della stessa nazione formano insieme un’unica confederazione nazionale la quale provvede ai propri bisogni nazionali in modo del tutto autonomo. Il diritto delle minoranze nazionali viene garantito mediante una legge speciale stabilita dal Parlamento della Confederazione.

violino

I socialisti austriaci non riconoscono alcun privilegio nazionale e perciò respingono la tendenza a introdurre una lingua di stato; per quanto concerne la necessità di una lingua di comunicazione, verrà deciso dal parlamento della Confederazione ». Questa dichiarazione che fa ancora testo, poiché non fu abrogata, né modificata dai congressi nazionali austriaci successivi, vagheggia una confederazione di popoli ordinata sul tipo svizzero e una forma di reggimento repubblicana. Fine dell’ impero secolare degli Absburgo e smembramento dell’Austria. Ecco la dichiarazione di Brünn, la quale però ci lascia all’oscuro in quanto concerne i mezzi per raggiungere lo scopo. L’azione dei socialisti austriaci non ha finora indebolito il nesso dell’impero. Anzi i socialisti austriaci tedeschi combattono accanitamente qualunque movimento separatista sia esso nazionalista o operaio.

Per conto loro i socialisti trentini votarono un ordine del giorno col quale «considerando che solo la concessione dell’autonomia al Trentino porterà chiara e precisa la lotta fra borghesia e proletariato” stabilivano «accettare nel loro programma minimo la lotta per la conquista dell’autonomia, di lottare per essa, alleandosi eventualmente con quelle frazioni della borghesia che sono favorevoli ad una seria lotta mediante comizi, opuscoli, conferenze».

DSCN1192

Mentre, altra volta, si dichiarava di lottare da soli, ora si accettava il concorso della borghesia. Del resto i mezzi ultralegali d’agitazione non potevano spaventarla per quanto timorosa si fosse. Il giornale quotidiano si impegnò a fondo nella campagna autonomistica. Come mezzi di protesta contro il malgoverno della Dieta tirolese consigliava lo sciopero delle amministrazioni comunali trentine e l’ostruzionismo alla Dieta. Ma quest’ultima misura era accolta con lazzi e scherni e stupide insinuazioni da parte dei deputati liberali nazionali che credevano di compiere il maggiore degli eroismi astenendosi dal partecipare ai lavori della Dieta. Il quotidiano liberale-nazionale definiva l’ostruzionismo un mezzo “per ottenere un po’ di governo assoluto ». Chiamava « sciocchezze e ingenuità » il ventilato sciopero dei Comuni. Voleva un astensionismo cortese. Mano ferma, ma prudente; ecco il motto riassumente tutto il machiavellismo di bassa lega dei liberali-nazionali che in fondo in fondo non volevano disgustare l’Austria e rendersela irreconciliabile nemica. Il quotidiano socialista insisteva. « Conveniamo : l’arma dell’ostruzionismo non è un’arma intellettuale. No: il cantare, il gridare, il valersi di un regolamento per far perdere ore di tempo in vane formalità, il far rumore levando magari le assi delle panche, no, tutto questo non è intellettuale. Ma é forse intellettuale il contegno degli avversari che si valgono di una forza numerica per negarci il diritto alla vita, all’esistenza, allo sviluppo libero della nostra vita nazionale, economica, sociale ? È forse intellettuale il criterio dei deputati tirolesi che votano pei loro paesi, per le loro imprese due milioni e mezzo di corone (in gran parte nostre) e danno al Trentino la vil carità di 28.000 corone? È forse un criterio intellettuale quello che spinge i deputati tirolesi a dichiarare terra di conquista le nostre valli, imponendoci a forza una lingua ignota? Contro la violenza, la violenza. » (Popolo, 18 maggio 1900). Ma più che questi appelli, altri avvenimenti indussero i deputati dietali a cambiar la loro tattica. I boemi — mediante l’ostruzionismo — ottenevano insperati successi al parlamento austriaco — e al parlamento italiano mediante l’ostruzionismo l’estrema sinistra trionfava di Pelloux e soci. Il 5 giugno 1900 i deputati dietali si riunivano in Trento e decidevano di pretendere una risposta dalle autorità ministeriali e in caso di rifiuto di passare all’ostruzionismo. Questa decisione costituiva un successo pei socialisti. Al comizio pubblico che ebbe luogo pochi giorni dopo — ad iniziativa dei socialisti e di alcuni liberali dissidenti — parteciparono ben 6000 cittadini. Il governo rispose che non voleva saperne d’autonomia, i deputati dietali iniziarono quindi l’ostruzionismo. La dieta convocata nel dicembre non poté funzionare. Si chiuse nominando un comitato incaricato di elaborare un progetto da discutere nella successiva sessione. Il progetto fu elaborato cadde.

3_2_mensa

Il paese tacque rassegnato e la campagna dei socialisti cessò. L’autonomia che figurava nel programma minimo come postulato da raggiungersi subito, è passata nel programma massimo, come vaga aspirazione ideale. Gli ultimi echi li troviamo in un discorso elettorale del 1908 pronunciato da un candidato socialista. Nel 1909 si annunciò un comizio pro-autonomia, ma una proibizione poliziesca bastò per farlo rientrare e nessuno si fece vivo. Nel 1908 il candidato socialista dichiarava esser necessario «un programma di distruzione prima, di azione poi. Un deputato socialista dev’essere come la spola di dinamite in mezzo a tanto vecchiume». Oggi i liberali-nazionali benedicono l’Austria e i socialisti — impotenti — la tollerano e la subiscono. L’esito disastroso della campagna pro-autonomia merita un breve commento sul quale gli irredentisti faran bene a riflettere. Questa campagna è merito di un solo partito : il socialista. I liberali-nazionali osteggiano l’agitazione, i clericali cercano di stroncarla. Salvo poche e grandi occasioni, le masse non partecipano alla lotta. La popolazione rurale è assente. I deputati dall’astensionismo passano all’ostruzionismo. Niente altro. Tutta l’agitazione è legale. Nessuna violenza, nessun sacrificio, nessun martire. Ci dicano ora gli irredentisti italici — ai quali — come nella massima cristiana, molto bisogna perdonare perché non sanno quel che si dicano e facciano — ci dicano se un paese che lotta così blandamente per l’autonomia può essere domani capace di una insurrezione per l’annessione all’ Italia. Ne dubitiamo. Se tutta la popolazione trentina avesse veramente voluto la autonomia e fosse stata capace di qualcuno de’ sacrifici singoli o collettivi, di cui va gloriosa la recente storia ad esempio della Finlandia, l’autonomia sarebbe stata concessa.

Ma il governo austriaco non ignorava che gli autonomisti socialisti costituivano un’ infima minoranza con scarso seguito, quindi poco pericolosa. Il governo tenne duro c vinse. Il liberalismo nazionale — vile come sempre — si rassegnò alla sconfitta. L’appoggio delle frazioni borghesi che i socialisti avevano chiesto non venne. Non esiste nel Trentino una borghesia nuova, giovane, liberale, capace di impegnarsi in lotte politiche : la borghesia trentina si compone di negozianti e merciai, come il proletariato, di artigiani. La borghesia trentina bottegaia, taccagna, pretinizzata non conosce idealità e non si scalda per lotte politiche. Ha rinunciato all’annessione, rinuncia all’autonomia.

4

Tolta la campagna autonomistica, non vi sono nella storia del Partito Socialista Trentino altri avvenimenti degni di nota. Bisogna tuttavia ricordare gli scioperi generali nel 1907 per il suffragio universale, nel 1909 per la reazione politica. Grazie all’allargamento del suffragio Trento è rappresentata da un deputato socialista — Augusto Avancini. Il suffragio ristrettissimo a curie — vigente ancora nel comune di Trento — ha impedito l’elezione di consiglieri socialisti. Il Partito Socialista Trentino ha ora ingaggiato la lotta per ottenere il suffragio universale anche per le elezioni comunali o almeno un allargamento del suffragio.

Il sistema del voto per curie è un avanzo di medioevo. Basta esaminare la costituzione dei tre corpi elettorali della città di Trento. Nel primo corpo sessanta elettori hanno dodici rappresentanti: uno ogni cinque e forse anche solo uno ogni quattro perché vi hanno una decina di elettori che non sono persone ma enti economici. Così il Vescovo vota per sé e può votare per il Duomo. Nel secondo corpo — cosiddetto dell’ intelligenza e della media borghesia — 600 elettori eleggono 12 consiglieri. Dunque un rappresentante ogni 50 elettori. Malgrado l’ intelligenza ci vogliono dieci elettori per mettere insieme i diritti e il valore di un elettore del primo corpo. Nel terzo corpo si danno altri 12 consiglieri a 2000 elettori ; un consigliere ogni 16o. E poi vi sono almeno 2500 cittadini senza alcun diritto di voto. Ma gli elettori non sono soltanto i cittadini maggiorenni. Hanno diritto di votare con procura anche i bambini e le donne purché possidenti e paganti tasse e un’ infinità di enti amministrativi. E poiché anche i santi e i loro altari sono compresi fra gli enti amministrativi eccovi comparire nelle liste elettorali di Trento con diritto di voto S. Biagio, S. Vigilio, S. Pietro ecc. Le donne elettrici sono parecchie centinaia e la caccia alle loro procure, specie da parte dei clericali, è uno spettacolo altamente immorale.

mussolini grande guerra 02

Contro il suffragio a curie solo il partito socialista si è agitato e si agita. Dieci anni fa i liberali votarono una riforma, ma fu bocciata dai clericali in seno alla Dieta di Innsbruck, alla quale spetta il diritto di sanzione. In questi ultimi tempi pare che i clericali trentini volessero agitarsi per l’allargamento del suffragio. Ma poi — colla loro abituale ipocrisia — si ritirarono, contentandosi dei loro consiglieri entrati da poco in comune. All’ultimo comizio organizzato dai socialisti alla vigilia delle elezioni comunali per riattivare l’agitazione contro il suffragio a curie mancavano i clericali e i liberali-nazionali. Non aderirono neppure. E ciò avveniva mentre un professore gran luminare del nazionalismo si rimangiava tutta l’ intervista avuta da lui con un giornalista del regno e nella quale aveva espresso giudizi … un po’ eretici sull’ordinamento delle scuole austriache. Oh … gran coraggio di questi eroi della nazionalità !  È probabile che nelle prossime elezioni politiche le campagne si pronuncino favorevoli ai candidati socialisti. In queste lotte elettorali è destinata ad esaurirsi l’ attività del Partito Socialista. Il quale — salvo pochissimi regnicoli — si compone di trentini che dei trentini hanno i pregi e i difetti. In un paese senza vero proletariato, in un paese stanco che « ha bisogno di punture e di iniezioni per non cadere in periodiche catalessi», in un paese senza tradizioni rivoluzionarie, mancano le condizioni per lo sviluppo di un forte partito socialista. Qualche successo elettorale non può smentire quest’affermazione.

Questa voce è stata pubblicata in Senza categoria. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento