MUSSOLINI E IL TRENTINO – 2

SITUAZIONE ECONOMICA DEL TRENTINO NEL 1909

a cura di Cornelio Galas

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Cari amici di Televignole, in questa seconda puntata sui rapporti tra Mussolini e il Trentino, ci occupiamo dell’analisi che – nel 1909 –il futuro Duce faceva della situazione economica trentina. Mussolini non è affatto avaro di dati statistici che fotografano la provincia di Trento. E partendo da questi numeri esamina i vari settori economici, sottolinea il fenomeno, crescente , dell’emigrazione e le notevoli differenze, anche sociali, del Trentino dal Tirolo.

Ma ecco quanto scriveva Mussolini nel 1909

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Suolo e distribuzione della popolazione

Il Trentino ha un’estensione di kq. 6357, l’estensione media di una provincia del Regno d’Italia, e comprende due città con proprio statuto, Rovereto e Trento, 8 distretti politici, 26 distretti giudiziari e 366 comuni. Abitazione assoluta alla fine dicembre 1900 di abitanti 360.179 con un aumento di 10.980 cioè 4.27 per cento da quello che era alla fine del decennio anteriore. La popolazione relativa da 58 è salita a 60 abitanti per kq. inferiore alla media austriaca che è di 73 per kq., inferiore alla media italiana di 113, appena superiore a quella della Sardegna. Tutta la popolazione è distribuita in 859 località, delle quali 662 in media contano singolarmente meno di 500 abitanti, 181 più di 500 e meno di 2000, 14 più di 2000 e meno di 5000, inoltre la città di Rovereto con 11.000 abitanti e Trento con 28.000.

L’agricoltura

Del suolo appena 6600 ettari sono coltivati a vigna; i campi arativi, gli orti, i prati in gran parte sulle coste dei monti, con proprietà sminuzzatissima e per natura e in parte per insufficiente coltivazione poco fertili, rappresentano in cifra tonda 90.000 ettari di suolo coltivato ossia il 13 % del suolo intero. I boschi e i pascoli (pur troppo sterili e non sfruttati razionalmente) sono in cifra tonda 460.000 ettari cioè quasi tre quarti del suolo intero e sono in gran parte proprietà collettiva dei Comuni e delle Comunità, alcuna delle quali, (es. Fiemme) ricordano da vicino la comunità agricola slava : il mir. Ettari 70.000 e cioè circa il 12 per cento sono rocce e suolo incolto. Il suolo produttivo è dunque l’ottava parte appena del territorio e ciò spiega la scarsità della popolazione ridotta alla metà della media densità della popolazione in Italia. Causa ed effetto di questo rapporto fra suolo, utilizzazione del suolo e popolazione è anche la prevalenza nel Trentino di aggruppamenti piccolissimi della popolazione.

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L’agricoltura assorbe la maggior parte dell’attività economica dei trentini. L’ insieme degli individui che lavorano la terra è di 136.669 dei quali 44.036 sono agricoltori indipendenti, contadini dipendenti 10.899, braccianti o giornalieri 3.410. Si noti l’enorme numero di piccoli proprietari i quali sono tutti indebitatissimi e alla mercè delle istituzioni bancarie ed economiche clericali. Il più abbondante prodotto agricolo è l’ uva. Dal rapporto pubblicato a cura del Consorzio dei commercianti di vino all’ingrosso, risulta che la produzione vinicola del Trentino per l’anno 1909 salì a quintali 898.327, un buon terzo in meno dell’anno precedente. Gran parte del prodotto viene esportato, ma il reddito netto diviene ogni anno più scarso e ciò a cagione delle malattie che colpiscon le viti, dei dazi provinciali aumentati, dell’ aggravio dei noli ferroviari e della concorrenza dei vini esteri.

La situazione dei viticultori trentini è critica. Difatti non appena il ministro austriaco delle finanze Bilinsky ebbe annunciato un nuovo balzello sul vino in ragione di 4 corone per ettolitro ben 300 viticultori trentini si riunirono nella sala Comunale di Lavis (borgo a 6 km. da da Trento) per protestare. Nella selvicultura sono occupati 3146 individui dei quali 96 sono indipendenti. Nel lavoro delle miniere si impiegano 746 operai. Maggiore è il numero di quelli addetti all’estrazione e alla lavorazione della pietra. Raggiungono la cifra di 2878 individui.

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L’industria

La grande industria è appena agli inizi. Inizi penosi perchè il Governo ostacola l’ immigrazione di capitale italiano. Trento è una città artigiana. Lo stabilimento più importante, la falegnameria Wolf, non arriva ad occupare 200 operai. Rovereto ha qualche stabilimento di tessitura. Nelle vicinanze sorge la grande manifattura del tabacco che occupa parecchie centinaia di uomini e di donne. Tanto nella città di Trento come in quella di Rovereto il maggior contingente della popolazione classificata conforme ai diversi gruppi, è quello delle persone addette al servizio dello Stato compresavi la milizia attiva e ad altri servizi pubblici. Seguono gli individui occupati nell’agricoltura, quelli occupati nell’ industria degli articoli di vestiario e nelle aziende commerciali. Questo fatto spiega forse la psicologia delle città trentine. Trento è un grande emporio commerciale, che rifornisce le vallate.

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L’ industria edile abbraccia 13.110 individui dei quali gran parte trova lavoro nella zona bilingue o oltre il Brennero, A questo gruppo segue quello delle industrie attinenti al vestiario che occupa 9642 individui, quello della industria dell’albergatore che abbraccia 8394 individui, quello della lavorazione del legno con 7549, quello delle industrie alimentari con 6827. Meno numerosi sono i gruppi delle industrie metallurgiche (3524 individui), delle industrie tessili (3056) ed ancora minori quelli delle industrie mecca-niche (1188 individui), delle industrie affini alla metallurgica (1160), delle industrie chimiche (1085), delle industrie della carta e del cuoio (1019) e delle industrie grafiche (507).

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Nella terza categoria stabilita dall’Annuario della Camera di Commercio di Rovereto, che comprende coloro che si danno alla distribuzione dei prodotti figurano: gli addetti alle aziende commerciali con 10975 individui, gli occupati nei servizi domestici (3620), gli addetti ai trasporti (5478). Infine la categoria di coloro che attendono a funzioni intellettuali (professioni liberali e artistiche) comprende una piccola minoranza di 613 individui.

L’emigrazione

La frequente scarsezza del terreno coltivabile, l’esigua produttività dello stesso, le imposte onerose che opprimono i piccoli possidenti, nei paesi alpini l’eccessivo rigore delle leggi forestali che rendono difficili la pastorizia, le enormi passività e la povertà delle industrie nel paese, sono le cause principali che costringono gran parte dei trentini ad emigrare. Gli emigranti temporanei salgono alla cifra annua di circa 13.000 individui. Una gran parte di questi emigrano nel Tirolo, nel Vorarlberg e nei due stati vicini Svizzera e Germania; una ridotta minoranza, emigra nell’alta Francia; dal distretto di Tione in Italia. L’ immigrazione trentina in Italia non è molto forte. Si tratta di un migliaio d’ individui. Di questi i segantini, gli arrotini, i braccianti e i domestici si dirigono in Lombardia. I solandri della Val di sole sono ramai che si recano in Italia specialmente nelle provincie di Parma, Modena, Bologna, poi in Toscana e in Liguria. Parecchi di costoro rimpatriano regolarmente al tempo dei lavori nei campi o del raccolto del fieno. Essi hanno due patrie e coll’ intraprendenza che li distingue curano il commercio nel regno d’ Italia e l’allevamento del bestiame nella Valle di Sole. L’emigrazione periodica nelle vicine regioni dell’Alta Italia fu ancora più intensa nel passato e a ricordo d’uomo non rimanevano a casa che le donne, i vecchi decrepiti, i fanciulli. In certi luoghi c’era un tempo perfino il costume di prendere a prestito dal Comune denari pel viaggio verso deposito di qualche pegno che veniva riscattato al ritorno.

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L’organizzazione permanente si dirige in America. Negli ultimi cinque anni sono stati rilasciati 60.000 passaporti dei quali quasi 6000 per emigranti diretti verso paei d’oltre oceano. L’emigrazione permanente è in leggera diminuzione, l’emigrazione temporanea è in aumento. Essa ha raggiunto il 35 per 1000. Questo significa che le condizioni econo-miche generali del Trentino non sono notevolmente migliorate.

Movimento commerciale e finanziario

Il Trentino dispone di circa 2oo km. di ferrovie sulle quali si effettuò nell’anno 1907 un movimento di 1.500.000 persone e di 600.000 tonnellate di merci. Paragonando le statistiche del 1883 e le attuali risulta che il movimento è aumentato in questi ultimi trent’anni di circa 300.000 tonnellate di merci.

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Nei 13 istituti di credito e nelle numerose casse rurali erano depositate verso la fine del 1907 corone 143.000.000. L’ istituto più antico è la Cassa di Risparmio di Rovereto Fondata nel 1846, il più recente è la Banca Industriale di Trento sorta verso la fine del 1907. Le casse rurali sono basate sul sistema Reiffeisen ed hanno di mira la facilitazione del credito agrario. Gli statuti loro, compilati in conformità alla legge 9 aprile 1873 sui consorzi economici, si prefiggono lo scopo di migliorare le condizioni morali dei soci con la concessione di prestiti, accettazione a risparmio di depositi anche in piccoli importi, nonchè col favorire la fondazione di altri consorzi cooperativi (di consumo, di smercio, di produzione) accordando prestiti ed anticipi. La prima delle Casse Rurali nel Trentino venne fondata nell’anno 1893 dietro iniziativa di un prete. Il loro numero andò rapidamente aumentando e nel 1897 erano 51 con 3081 soci. Alla fine del 1907 le casse rurali federate erano 153 e i loro depositi a risparmio am¬montavano a 16.000.000 di corone. Quando si pensi che tutte queste istituzioni di credito sono fondate e dirette da preti si comprenderà facilmente il perchè dell’ onnipotenza clericale nel Trentino.

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La forzata unione col Tirolo è la causa, forse principale, del disagio economico del Trentino. Il Tirolo, la borghesia tirolese è una specie di pompa che aspira le migliori energie economiche del Trentino. L’amministrazione provinciale tirolese non dà nulla ai comuni del Trentino i quali sono costretti a provvedere a tutti i bisogni loro con imposte comunali gravissime che contribuiscono al depauperamento della popolazione. Basta dire che pochi anni fa l’importo gomplessivo delle imposte comunali era di circa 2.000.000 di corone. Ogni trentino pagava in media corone 5,60, mentre la media generale di tutta la Austria era nello stesso tempo di corone 2,20 per abitante. L’ imposta sul pane raggiunge la cifra di 2.000.000 di corone. I debiti comunali e consorziali del Trentino sommano alla cifra di circa 11.000.000 di fiorini (con tendenza ad aumentare) mentre il vicino Tirolo, più vasto, più popolato, più ricco di comuni non ha che un debito comunale di fiorini 7.000.000. Il confronto fra il paese tutore e il paese pupillo, dice il dott. Battisti, è pur troppo evidente. Su ogni tirolese i debiti pesano in proporzione di fiorini 16, su ogni trentino di 31. Le vicende dei contribuenti sono quindi tristissime.

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Il debito ipotecario raggiungeva nel 1901 la somma totale di 76 milioni, vale a dire il 210 % del valore fondiario. In alcuni distretti si supera ancora e di molto questa cifra. Naturalmente questa proprietà indebitatissima è soggetta a trapassi, pignoramenti e incanti. Dal 186o al 1900, ben 32.000 capi famiglia — possidenti o artigiani — ebbero i loro beni messi all’asta. Il depauperamento costringe ad un’alimentazione malsana le popolazioni agricole e la terribile statistica dei pellagrosi ne dava nel 1898, presenti nel Trentino, quasi 3000. Il 25 % dei pazzi accolti nel manicomio di Pergine sono pazzi per pellagra. Dei comuni con 3500 abitanti come Folgaria avevano nel 1900 circa 500 pellagrosi.

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Le ingiustizie amministrative consumate dal Tirolo a danno del Trentino si trovano anche nella distribuzione del bilancio stradale (156 km. di ferrovia nel Trentino, 700 nel Tirolo), in quello delle opere pie, in quello dell’ istruzione pubblica, in quello delle spese d’amministrazione che qualche volta ammontarono al 35 %    sul totale delle entrate. Al fondo per l’ istruzione pubblica la provincia del Tirolo contribuisce con una miserrima quota del 20 %, mentre al resto devono pensare i comuni.

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L’avvenire economico del Trentino è legato al suo avvenire politico. L’autonomia dal Tirolo è la prima condizione per lo sviluppo delle energie economiche del Trentino. Il Governo e la Provincia ostacolano sordamente e palesemente tutte le iniziative Nivate trentine o italiane. L’Austria teme e non vuole un Trentino industrializzato. Difatti le grandi forze naturali restano inutilizzate. Negli ultimi io anni vennero costruite centrali elettriche per 15.000 cavalli a vapore. Orbene le forze idroelettriche raggiungono il decuplo. Ma dati gli ostacoli governativi e il carattere alquanto timido del trentino, pochissimo è il capitale trentino investito nelle industrie. Se il benessere generale è alquanto aumentato in quest’ultimo ventennio lo si deve non a un regime governativo meno dissanguatore, ma al lavoro degli emigranti, specie temporanei. Questa fortissima esportazione di braccia è la fonte maggiore di ricchezza nel Trentino.

 

 

 

 

 

 

 

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