COSA SCRIVEVA DEL TRENTINO IL GIOVANE BENITO
QUANDO FACEVA IL GIORNALISTA A TRENTO ?
a cura di Cornelio Galas
“Moltissimi italiani del regno non esclusi coloro che fan professione d’ irredentismo (professione oggi abbastanza comoda e forse anche sufficentemente lucrosa) conoscono assai vagamente la reale situazione (di quelle terre ch’essi vorrebbero redimere. Molti italiani, anche colti, quando parlano del Trentino, danno prova di una grande ignoranza politica, linguistica, geografica. Non si sa distinguere ad esempio il Trentino dal Tirolo. Si crede che a Trento si parli tedesco. Qualcuno candidamente vi domanda se Trento é bagnata dal mare come Trieste. Non c’ é da meravigliarsene. Si fa presto a dimenticare la geografia appresa nelle scuole e gli italiani adulti viaggiano poco.
I giornalisti poi che si occupano del Trentino lo fanno quasi sempre dopo un fugace soggiorno di ventiquattro o quarant’otto ore, tempo insufficente a conoscere un paese e a farlo conoscere a un pubblico lontano.
L’autore delle pagine che seguono ha dimorato nel Trentino quasi tutto l’anno 1909. Ha osservato, notato, raccolto. Suo compito era quello di descrivere il Trentino qual’ é . oggi nella sua situazione linguistica, economica, politica, di informare il gran pubblico che ha idee false o ignora”.
E’ la prefazione di un libro del 1911 : “IL TRENTINO VEDUTO DA UN SOCIALISTA” edito da LA RINASCITA DEL LIBRO – CASA EDITRICE ITALIANA DI A. QUATTRINI FIRENZE 1911. NOTE E NOTIZIE.
L’autore? Benito Mussolini.
Vediamo in questa prima puntata quale fu il ruolo di Mussolini in Trentino. Poi analizzeremo alcuni passi di queste note, di queste “vedute”, di queste osservazioni.
L’ARRIVO A TRENTO
Quando arrivò a Trento il 6 febbraio 1909, Mussolini era un giovane ancora semisconosciuto. Alle spalle, aveva una breve esperienza di maestro e di oratore politico, compiuta in alcune piccole località italiane e in Svizzera. Sul piano politico, era a quell’epoca un fervente militante socialista, ma nel medesimo tempo criticava in modo duro e feroce la linea riformista di Turati e di coloro che cercavano un accordo col governo Giolitti. A giudizio di Mussolini, con la borghesia non si doveva mai scendere a compromessi: lo scontro doveva esse-re duro e frontale, in vista dell’imminente rivoluzione. In ultima analisi, nel 1909, le posizioni di Mussolini erano molto più vicine a quelle dei sindacalisti rivoluzionari, intransigenti e desiderosi soprattutto d’azione immediata, piuttosto che al marxismo ortodosso professato dai vari partiti socialdemocratici europei e dal Psi.
Sul piano professionale, l’aspirazione principale del giovane Mussolini era di diventare giornalista; durante il soggiorno svizzero (luglio 1902-novembre 1904), peraltro, si era già messo in mostra per il suo stile graffiante e incisivo, quando aveva pubblicato alcuni articoli per giornali socialisti e sindacalisti. Pertanto, accolse immediatamente l’invito che gli fu rivolto di ricoprire la carica di direttore del settimanale socialista trentino L’avvenire del lavoratore.
I risultati del lavoro di Mussolini furono immediatamente evidenti: da 1600 copie, nel giro di pochi numeri la tiratura del giornale salì a 2400. Questo successo impressionò molto uno dei più importanti esponenti del socialismo trentino, Cesare Battisti, che nel 1911 sarebbe stato eletto deputato al Parlamento di Vienna. Va detto che in Battisti, aspirazioni nazionali e socialismo cercavano di trovare conciliazione. Nel giovane Mussolini, invece, all’epoca del suo soggiorno trentino (1909) prevaleva ancora un appassionato internazionalismo.
Mussolini si rese subito conto che, in Trentino, le masse operaie e contadine erano molto obbedienti alle direttive della Chiesa e delle organizzazioni cattoliche; inoltre, lo Stato asburgico aveva introdotto il suffragio universale (1896) e una serie di importanti riforme sociali, al fine di garantire protezione ai lavoratori, in caso di malattia, invalidità e vecchiaia. Queste riforme erano state ben accolte dal partito socialdemocratico austriaco, che di fatto aveva rinunciato a ogni prospettiva rivoluzionaria. Il giovane giornalista italiano, dalle pagine dei suoi periodici, si sforzò con ogni mezzo di movimentare la lotta politica trentina, introducendo al suo interno un’aggressività e un estremismo che essa non aveva mai conosciuto. I toni degli articoli mussoliniani erano spesso scadenti e scandalistici; tuttavia, l’an-ticlericalismo e gli attacchi diretti alla Chiesa e alle organizzazioni politiche e sindacali cattoliche erano talmente violenti da non poter passare inosservati. In breve, si innescò un’accesa polemica tra la stampa cattolica e quella socialista diretta da Mussolini. La polizia austriaca sequestrò numerosi numeri dell’“Avvenire del lavoratore”, che i giornali cattolici definivano come «un foglio empio e cannibalescamente antireligioso». Mussolini subì sei condanne penali, cioè fu costretto a pagare alcune multe e a scontare qualche giorno di carcere; ogni volta, però, il provocatorio giornalista riprendeva la sua campagna, in modo più aggressivo di prima.
Il procuratore di Stato di Trento chiese più volte a Vienna l’autorizzazione ad arrestare il direttore di un periodico che egli definiva anarchico e pericoloso per lo Stato, a causa delle sue campagne a favore dell’ateismo e dell’odio di classe. Il governo centrale austriaco, però, a lungo negò tale autorizzazione, per timore di ripercussioni politiche internazionali. Infine, il 10 luglio, da Vienna arrivò il permesso per l’arresto e l’espulsione di Mussolini, che fu incarcerato il 10 settembre. Portato a Rovereto, il giornalista fu accusato di essere implicato nel furto di una grave somma di denaro spa-rita dalla Banca Cooperativa; pur essendo stato assolto da questa imputazione, fu comunque tenuto in prigione. Infine, dopo che per protesta aveva iniziato uno sciopero della fame, Mussolini fu espulso oltre frontiera il 26 settembre 1909. Non servirono a nulla né lo sciopero generale indetto a Trento, Rovereto e Merano dal partito socialista, né due interpellanze parlamentari presentate alla Camera di Roma; il decreto di espulsione non fu revocato. Mussolini, però, tornò in Italia con una fama e un prestigio immensamente cresciuti: ormai era noto a livello nazionale per il suo radicalismo rivoluzionario e per il suo stile giornalistico graffiante e provocatorio, ma efficacissimo, quanto a capacità di accendere la volontà di lotta delle masse. Di lì a poco, nel novembre 1912, gli sarebbe stata offerta la direzione dell’“Avanti!”, il quotidiano ufficiale del partito socialista italiano.
Ma veniamo a quanto scriveva Mussolini del Trentino. Soprattutto di quella censura, di quella limitazione per la stampa, per la democrazia, che sarebbero poi stati – proprio col suo regime fascista – alla base del suo modo di governare l’Italia.
“Esiste nel Trentino – si chiedeva il giovane Mussolini – uno special regime politico austriaco ? C’è una legge d’eccezione per il Trentino ? Cerchiamo di rispondere a queste domande. La libertà di pensiero è garantita sino a un certo punto. La confisca di libri pericolosi è all’ordine del giorno. L’ufficio di censura è monopolizzato dai clericali. E si sequestra a caso. Dall’opuscolo scientifico del prof. Warhmund si passa al romanzo — Orkint — scritto da un operaio. Del libro di Bebel — La donna e il socialismo — non è stata tollerata la circolazione in Austria. Negli uffici postali c’è la censura per tutte le pubblicazioni che giungono dall’estero, specie dall’ Italia. In questi ultimi tempi fu proibita in Austria la vendita dei giornali Il Tempo, La Ragione, Il Resto del Carlino e La Pace. La libertà di stampa è alla mercè della procura di Stato. Mentre nelle altre parti dell’Austria non si sequestra mai o quasi mai, nel Trentina le forbici della Procura fanno strage tra le pubblicazioni periodiche. Vi si confisca il giornale per una sola riga oppure ve lo sventrano completamente. Escono dei giornali bianchi o quasi. Vi sono periodi speciali in cui i sequestri fiaccano. Talvolta il Procuratore vi sequestra ciò che è stato impunemente pubblicato su giornali tedeschi. Queste misure vi esasperano. Il sequestro si riduce però alla sola confisca delle copie. Salvo casi specialissimi il processo non segue mai. Il deputato socialista presenta un’ interpellanza al parlamento, legge gli articoli sequestrati, li passa agli atti e ve li immunizza. Voi potete allora ripubblicarli e cavarvi, dopo qualche settimana o qualche mese, questa magra soddisfazione.
Nelle altre parti dell’Austria i sequestri sono così rari, da costituire, quando vengono, una specie di avvenimento, L’Arbeiter Zeitung, ad es. il quotidiano dei socialisti austriaci è stato sequestrato pochissime volte. Per questo il gruppo parlamentare socialista austriaco non ha ancora sentito il bisogno di reclamare — accanto all’ottenuto suffragio universale — l’abolizione del sequestro preventivo dei giornali.
La libertà d’associazione è concessa con una legge del 1867. Non è tollerata in Austria l’esistenza di un partito politico, propriamente detto. I socialisti si confondono cogli organizzati (difatti parte delle quote di costoro vanno alla cassa del partito) o, riunendosi in gruppi, devono coprirli con nomi come i seguenti La Fraternità Sociale, La Lega per la Coltura Sociale, Gruppo di Studi Sociali ecc. Al costituirsi di ogni associazione sia essa economica o politica o intellettuale o sportiva, è necessario mandare alla luogotenenza d’ Innsbruck, cinque copie del regolamento interno ed un memorandum sugli scopi che l’associazione si prefigge. Il luogotenente o chi per lui esamina l’ incartamento e concede se del caso l’autorizzazione. La quale vien subito se trattasi di società operaie, mentre invece tarda o non viene se trattasi di società ginnastiche o sportive o politiche. Un’associazione non autorizzata, vien sciolta dalla polizia. L’Austria non tollera società segrete.
Il governo può ad ogni momento sciogliere qualsiasi associazione che gli sembri pericolosa. Un grido, una passeggiata, l’ostentazione di una coccarda sono motivi suf-ficenti. La pubblicazione di un manifesto contro il centenario hoferiano (1909-agosto) portò 1′ immediato scioglimento dell’associazione degli studenti trentini e la confisca del loro patrimonio. La divisa delle bande musicali dev’essere approvata dall’ I. R. Luogotenenza. Non si tollerano uniformi che ricordino da vicino quelle di alcuni corpi armati italiani.
Il diritto di rinione è abbastanza rispettato. Ci sono due specie di riunioni. Quella indetta a paragrafo due, cioè privata e quella chiamata pubblica sociale. Per entrambi bisogna preavvisare la Polizia o il Capitanato almeno ventiquattro ore prima. Alle riunioni private non interviene la Pubblica Sicurezza, alle riunioni pubbliche non manca mai il funzionario il quale dev’essere presentato all’uditoriovdal presidente che dirige l’assemblea.
Difficilmente il Commissario v’interrompe. Qualche volta è un tedesco che mal comprende l’ italiano. Potete dire ciò che forse non si tollererebbe in Italia. Guai però se toccate l’ Imperatore! C’è da buscarsi una buona dose di carcere duro. Potete attaccare i preti ma non la religione. Accenni al risorgimento italiano, alle guerre fra l’Austria e l’ Italia, non sono tollerati. Per far rizzare le orecchie al Commissario basta ricordare Garibaldi. I cortei nelle strade sono permessi. Quando siano improvvisati, la polizia nello scioglierli è meno brutale e sanguinaria del!’ italiana. Le truppe non intervengono che in casi di dichiarata sedizione. Nei gravi frangenti si chiamano i gendarmi dalle campagne.
La polizia si compone di trentini — originari però dalle vallate. Gli alti funzionari sono tutti tedeschi. Gli agenti di polizia hanno quasi tutti famiglia e non sono, come in Italia, mal visti e odiati dal resto della popolazione. La polizia austriaca trentina non è feroce come suppongono quelli che son rimasti al ’48. Gli assassini compiuti dai poliziotti in Austria, non raggiungono certo la cifra di quelli compiuti da poliziotti italiani. Le manette sono abolite — e non si applicano che in casi specialissimi di resistenza e riottosità — così nelle Assisi mancano le gabbie. Gli sfratti politici o amministrativi ordinati dalla polizia non sono così numerosi come quelli ordinati ad es. dal cantone repubblicano di Ginevra (1453 espulsioni amministrative nel solo anno 1904). Il regime carcerario a Trento e Rovereto è infinitamente migliore dell’ italiano. Silvio Pellico non potrebbe più scrivere le sue lamentose memorie. I condannati a meno di 2 anni lavorano tutto il giorno o nei cortili delle carceri o fuori nei campi, nelle colonie agricole. Le celle sono comode, le finestre non sono a bocca di lupo come nei cellulari italiani, la disciplina non è molto rigida. Potete tutti i giorni farvi portare il pranzo da fuori e leggere uno o parecchi quotidiani e scrivere a piacimento vostro.
La polizia che è lo strumento diretto della reazione governativa, non è così feroce come si può supporre, da coloro che vedon l’Austria moderna a traverso i ricordi di Radetzki, Haynau e soci: può però diventarlo quando le alte sfere tedesche premono e il paese è agitato. E allora non è soltanto feroce, ma stupida. Qualche episodio non farà male. La Fraternità Sociale di Rovereto deve inaugurare la sua rossa bandiera. L’autorità pone il veto. L’Austria non permette l’esposizione di stracci completamente rossi. Bisogna turbare l’omogeneità del colore. La Fraternità allora fa ricamare in bianco sulla bandiera la sacramentale frase di Marx. « Lavoratori di tutto il mondo unitevi! » e la bandiera può liberamente sventolare. Un tempo si faceva la caccia ai ritratti di Umberto, alle spille coll’effigie dei sovrani d’ Italia, oggi sono tollerati — però si eleva contravvenzione al fonografo che ripete l’ inno di Garibaldi. Durante le solennità hoferiane furono arrestati due bambini di età inferiore ai 1o anni colpevoli di aver fischierellato 1′ inno di Mameli. Nello stesso torno di tempo capitò a Trento un giovanotto vestito da bersagliere. Tutta la polizia fu mobilizzata per arrestarlo. Si trattava d’un innocuo collegiale. Le gaffes cretine della polizia trentina sono innumerevoli. Bene spesso abusa di un privilegio che le è concesso: quello cioè di condannare i dimostranti da un minimo di un giorno a un massimo di 14 giorni. Queste condanne in polizia — senza interrogatorio, senza processo — sono un residuo dell’Austria barbara di altri tempi. Riassumendo diremo che il regime governativo austriaco nel Trentino non è gran fatto diverso da quello applicato nel resto dell’ Impero. In momenti di crisi poi, quando si tratta di reprimere, l’Austria non distingue fra popolo e popolo. Italiani o tedeschi o slavi, il regime è identico. Basta per convincersene ricordare i fatti di Trieste, le repressioni di Galizia, lo stato d’assedio a Praga, il processo di Zagabria.
Mussolini e il dialetto trentino
“E’ parlato, dal 90 per cento dei cittadini austriaci abitanti il Trentino e presenta un tipo autonomo in cui si fondono il ladino, il veneto e il lombardo. Del ladino tratteremo in altri contesti. Quanto al dialetto veneto, la sua infiltrazione, specie nella parte orientale del Trentino fu contemporanea allo splendore politico, commerciale, militare di Venezia. Nel tratto da Avito a Matonello è altresì sensibile l’influenza del dialetto veronese. Ma, secondo il dott. Battisti, il fondo del dialetto trentino è lombardo e appartiene fino a un certo grado anche presentemente a quel gruppo di parlari che si estende dall’Adige alla Sesia e dalle Alpi al Po. Le sue origini debbono cercarsi « nel latino parlato dalla popolazione mista al principio dell’era cristiana ». La trasformazione del latino rustico a dialetto romanzo avvenne lentamente sotto l’ influsso delle invasioni barbariche della dominazione due volte secolare dei Longobardi, sì che “l’epoca longobarda ha per la formazione dei dialetti italiano-settentrionali presso a poco la medesima importanza che l’epoca dei Franchi per la lingua francese” (Battisti).
Già nel secolo XI il dialetto trentino può dirsi formato. Dall’ XI al XIV si diffuse in tutta la Val d’Adige. Però nei secoli XIV e XV una forte immigrazione tedesca determinata da cause politiche ed economiche, restrinse il dialetto trentino quasi alla sola città di Trento. Minatori ed artigiani tedeschi — esistenti in corporazioni dal 200 in poi — corrompevano il dialetto trentino introducendovi i termini della loro arte. Ma questo fenomeno fu di breve durata, perchè il dialetto riprese í territori perduti, mentre si affinava sino a rivestire forme letterarie. Sono tuttavia visibili ancora le traecie di questa infiltrazione tedesca. Il vocativo frequentissimo toi o tei deve provenire dal tedesco du. I residui del tedeschi-smo nel dialetto trentino vanno scomparendo e il dialetto stesso s’ italianizza nelle sue parole e nelle sue costruzioni. Già trent’anni fa il Malfatti notava che le parole tedesche grobian, fraila, pinter, tissler cadevano in disuso e cedevano il posto alle parole italiane vilan, siorata, botar, marangon. Questo processo eliminatore dei tedeschismi continua.
Mussolini e la lingua italiana
La lingua italiana letteraria non è parlata molto volentieri nel Trentino. Non c’è da meravigliarsene poiché il fenomeno è comune a quanti parlano un dialetto facilmente comprensibile. Molto spesso il Trentino impiega il suo dialetto, anche conversando con « regnicoli » che parlano italiano. Alcuni difetti di pronuncia ci spiegano questa specie di boicottaggio dell’ italiano. Il Trentino pronuncia la ti, come i lombardi e i francesi, la s strisciante, aspra ; le doppie, come uò. Ferro diventa fero e querela aggiunge una “l”. Non insisto, per non sembrapre pedante. Del resto nessuna regione d’ Italia può vantarsi di parlare l’ italiano vero: neppure i toscani, specie i fiorentini, colle loro aspiranti…. teutoniche. L’ italiano trentino si mantiene abbastanza puro data la vicinanza col confine linguistico. Ma questa purezza è minacciata da una specie di imperial regia lingua italiana che io ho frequentemente ammirato nelle arringhe dei procuratori di stato austriaci e nel gergo della burocrazia. Livio Marchetti trentino in una pubblicazione su La Coltura nel Trentino ha deplorato questa corruzione dell’ italiano scrivendo : « Contro le buone influenze dei giornali italiani (trentini e regnicoli) sta quella lingua barbarica, obbrobriosa che potremmo chiamare il tedesco austriaco tradotto in italiano, o peggio l’ italiano scontorto a imitazione del tedesco austriaco, che si usa nei tribunali e in tutti gli uffici pubblici, e che molti impiegati ed avvocati trentini, a furia di abitudine, finiscono per ritenere l’italiano più corretto e per usarne anche fuori dell’ambiente degli affari. Anche più spaventevole è l’ italiano degli avvisi affissi dall’autorità militare, i quali sono sempre ornati, oltrechè da molteplici fiori di lingua, anche da qualche svarione di ortografia ». Altri hanno scritto sui giornali di una imperial-regio lingua italiana…. austriaca. C’è della esagerazione, ma sarebbe desiderabile — specie negli uffici ed enti locali non governativi — un maggior rispetto dell’ italiano. Chi entra nell’atrio del municipio di Trento legge una tabella sulla quale stan scritte queste parole di colore oscuro : Referato civile, Fisicato militare. Nella prosa dei giornali trentini « insinuare » vuol dire « inscriversi »; nel linguaggio curiate « interporre gravame » significa « presentare ricorso ». Più grave è l’ infiltrazione nella prosa italiana di locuzioni tedesche, voltate alla lettera. Accade sempre di leggere o di sentire « avanti alcuni giorni, avanti anni » invece dell’ italiano « giorni sono, anni fa ». La forma trentina, così frequente nei giornali, non è che la traduzione del modo avverbiale tedesco : vor einigen Tagen, vor Jabren. Fra gli italiani della zona bilingue gli ibridismi sono ancora più madornali: il « conferenziere » diventa un referente, i manifesti si chiamano placcati (qualche volta il doppio C è sostituito da una K) le categorie o classi di operai caste, una seduta è uguale a una sessione (noi per « sessione » intendiamo un seguito di sedute), i padroni sono datori di lavoro traduzione del tedesco Arbeitsgeber. E potrei continuare. Non c’è tuttavia da allarmarsi. Tutte le lingue sono oggi più o meno spurie. Anche nel tedesco l’ immissione di vocaboli neolatini è enorme e cdntinua da un secolo oramai, senza tregua. Già si grida esser necessario eine Reinigung der Sprache coll’espulsione dei francesismi, italianismi, spagno• lismi, quantunque il tedesco si presti meno ad esser corrotto per il fatto ch’esso colla desinenza ieren assimila prontamente tutti i verbi esotici. Così passer diventa passieren, adresser, adressieren, guillottiner, guillottinieren.
Per conservare al confine linguistico la purezza dell’idioma patrio ed eliminare il pericolo di ulteriori e più pericolosi corrompimenti è necessario, come invoca Livio Marchetti, « di aiutare i trentini nei loro nobili, ma non sempre felici sforzi d’ intensificare i rapporti colle altre provincie d’ Italia ». Ed io mi associo a lui quando giustamente chiede che le « riviste di cultura riducano la quota d’abbonamento per le provincie italiane dell’Austria alla misura delle tariffe interne » (La Voce lo ha già fatto) e che «i migliori autori italiani mandino gratuitamente qualche copia delle loro pubblicazioni alla Società Pro-Cultura del Trentino ».
BIBLIOGRAFIA:
- Giorgio Bocca, Mussolini socialfascista, Garzanti, Milano, 1983.
- Richard Collier, Duce! Duce! Ascesa e caduta di Benito Mussolini, Ugo Mursia Editore, 1983, ISBN 88-425-8658-7.
- Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario: 1883-1920, Giulio Einaudi Editore, 1995, ISBN 88-06-13990-8.
- Renzo De Felice, Mussolini il fascista, Giulio Einaudi Editore, 1995.
- Renzo De Felice, Mussolini il duce, 1929-1940, Giulio Einaudi Editore.
- Renzo De Felice, Mussolini l’alleato, 1940-1945, Giulio Einaudi Editore.
- Renzo De Felice, Storia del Fascismo, Luce/Libero, 2004.
- Valentina De Giorgi, Mussolini. Glorie e disonori del primo Novecento italiano, Alpha Test, 2004, ISBN 978-88-483-0487-0.
- Lorenzo Del Boca, Italiani, brava gente? Un mito duro a morire, Vicenza, Neri Pozza Editore, 2005, ISBN 88-545-0013-5.
- Flavio Fiorani, Alessandra Minerbi, Storia Illustrata del Nazismo, Giunti Editore, 2002.
- Flavio Fiorani, Storia Illustrata del Ventesimo Secolo, Giunti Editore, 2000.
- Flavio Fiorani, Storia Illustrata della seconda guerra mondiale, Giunti Editore, 2000.
- Max Gallo, Vita di Mussolini, Laterza, 1983, ISBN 88-420-2109-1.
- Emilio Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, Laterza, 2002-2005.
- Hermann Kinder, Werner Hilgemann, Atlante Storico, Garzanti, 2003.
- Indro Montanelli, Il buonuomo Mussolini, Milano, Edizioni riunite, 1947.
- Indro Montanelli, Mario Cervi, L’Italia Littoria, Rizzoli.
- Indro Montanelli, L’Italia in Camicia Nera, Rizzoli, 1977, ISBN 88-17-42017-4.
- Benito Mussolini, Scritti e Discorsi, La Fenice, 1983.
- (EN) Paul O’Brien, Mussolini in the First World War. The Journalist, The Soldier, The Fascist, Oxford, Berg Publishers, 2005.
- Paola S. Salvatori, La Roma di Mussolini dal socialismo al fascismo (1901-1922), in Studi Storici, XLVII, nº 3, 2006, pp. 749-780.
- Remigio Zizzo, Mussolini. Duce si diventa, Gherardo Casini Editore, 2003/2010.