MUSSOLINI E HITLER AL BRENNERO

a cura di Cornelio Galas

La questione del Brennero – con le barriere che l’Austria vorrebbe erigere contro i flussi migratori – fa tanto discutere ormai da settimane. Ma non è di questo che intendiamo occuparci, bensì della “svolta” che, proprio al Brennero, il 18 marzo 1940, l’incontro tra Hitler e Mussolini, diede all’entrata in guerra dell’Italia. In sostanza l’impegno preso allora tra Duce e Führer condizionò poi tutto il secondo conflitto. Fino alla catastrofe.

Carbone tedesco sui treni al Brennero

Carbone tedesco sui treni al Brennero

Per meglio capire cosa significò quell’incontro in Alto Adige, al confine tra Austria e Italia, oltre che ai video dell’Istituto Luce ci affidiamo anche ai diari di Galeazzo Ciano, allora impegnato come diplomatico in varie consultazioni.

Un riassunto della situazione in Europa in quella primavera del 1940. In bilico fra la guerra e la pace, Roma conosce in quel periodo un’ intensissima attività politica e diplomatica. I fautori del disimpegno e quelli dell’ intervento immediato a fianco della Germania si fronteggiano con successi alterni.

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Alcuni grandi boiardi del regime Giuseppe Bottai, Dino Grandi, Galeazzo Ciano cercano di frenare le impazienze di un Mussolini sempre meno incline a guardare come spettatore i grandi avvenimenti che scuotono l’ Europa. Importanti settori dell’ industria e dell’ esercito si affrettano a sfornare dati e memoriali da cui risulta l’ assoluta impreparazione del nostro esercito. Molti guardano a Casa Savoia. Il re Vittorio Emanuele III, che i sudditi chiamano non si sa quanto affettuosamente “Pippetto” o “Sciaboletta”, è come al suo solito, impenetrabile.

MUSSOLINI CON DINO GRANDI

MUSSOLINI CON DINO GRANDI

Umberto, il principe ereditario, è impegnatissimo nelle manovre militari e in vicende sentimentali di cui sparla mezza Italia. La principessa Maria Josè è di sentimenti notoriamente antitedeschi. Ma la più coraggiosa si dimostra la regina Elena. Alcuni mesi dopo l’ invasione della Polonia ha scritto un’ appassionata lettera alle sovrane dei sei paesi europei ancora neutrali: Belgio, Bulgaria, Danimarca, Jugoslavia, Lussemburgo, Olanda.

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La regina Elena

La lettera della bella e anziana regina per una volta uscita dal bozzolo del conformismo e di tetraggine in cui l’ hanno incapsulata termina così: “Possa essere anche a noi consentito di persuadere gli animi ad ammettere che la guerra sia stroncata e che adeguati metodi per risolverla, con onore di tutti, siano equamente cercati dalle parti”. Quella lettera non arriverà mai a destinazione. E’ bloccata infatti da Mussolini che non gradisce interferenze: Le circostanze attuali non consigliano di promuovere adesso l’ iniziativa di un congresso internazionale di pace.

Mussolini

Mussolini

I primi mesi del 1940 sono contrassegnati dai grandi incontri diplomatici che hanno lo scopo d’ influenzare un Mussolini ancora molto incerto sul da farsi. Il primo a sbarcare a Roma è l’ americano Sumner Welles. E’ un esperto diplomatico che ha il vantaggio di essere grande amico e consigliere del presidente degli Stati Uniti. Welles è il latore di una lettera autografa di Franklin D. Roosevelt nella quale si sottolinea la grandissima importanza della neutralità dell’ Italia e si esprime il vivissimo desiderio di un incontro con il Capo del fascismo.

Sumner Welles

Sumner Welles

E’ una degna persona, commenta Ciano nel suo diario, e aggiunge che il Duce ha poi commentato sarcasticamente il colloquio, sentenziando: “Fra noi e gli anglosassoni è impossibile qualsiasi intesa perché a loro giudicano i problemi in superficie mentre noi li giudichiamo in profondità”. Nelle sue memorie Sumner Welles dirà di essere uscito profondamente turbato dal colloquio: “L’ uomo che mi stava davanti dimostrava quindici anni di più dei suoi cinquantasei. Era greve e inerte; si muoveva come un elefante, ogni passo sembrava costargli fatica, la faccia gli cadeva in pieghe di grasso; i capelli, tagliati cortissimi, erano bianchi come la neve”.

Paolo Monelli

Paolo Monelli

Lo scrittore e giornalista Paolo Monelli, gran conoscitore delle vicende del fascismo, descrive invece così il faccia a faccia Welles-Mussolini. “Da tanto tempo – avrebbe detto il Duce – speravo che potesse avvenire questo incontro. Ma comincio a temere che ci sia troppo Oceano fra noi perché la cosa sia possibile”. Replica di Welles: “Ci sono luoghi a mezza strada che possono dimezzare questa distanza”. Mussolini spalancò gli occhi sull’ americano come colpito da tanta saggezza.

Visita ufficiale di Hitler a Roma nel 1938; sul palco in prima fila da sinistra: Benito Mussolini, Adolf Hitler, Vittorio Emanuele III, Elena del Montenegro; in seconda fila, da sinistra: Joachim von Ribbentrop, Joseph Goebbels, Rudolf Hess, Heinrich Himmler

Visita ufficiale di Hitler a Roma nel 1938; sul palco in prima fila da sinistra: Benito Mussolini, Adolf Hitler, Vittorio Emanuele III, Elena del Montenegro; in seconda fila, da sinistra: Joachim von Ribbentrop, Joseph Goebbels, Rudolf Hess, Heinrich Himmler

E avrebbe aggiunto, parlando lentamente e tenendogli gli occhi addosso tutto il tempo: “Sì, e ci sono anche delle navi per portarci tutti e due a quel posto a metà strada”. Conclusione, molto azzardata, di Monelli: “… Se Ribbentrop non si fosse precipitato a Roma, a rinfocolare nell’esitante l’ odio per la Gran Bretagna, se Mussolini avesse avuto il tempo di rispondere a quella lettera e di combinare l’ incontro alle Azzorre con Roosevelt, l’ Italia, molto probabilmente, sarebbe rimasta fuori del conflitto.

Hitler e Ciano

Hitler e Ciano

Ma Ribbentrop arrivò. Anche lui porta una lettera personale del Fuhrer diretta all’ amico Mussolini. E’ un messaggio cordiale, dove si mostra molta comprensione per le titubanze dell’ alleato. Credo, dice Hitler, che l’ esito di questa guerra deciderà senz’altro anche il futuro dell’ Italia …  I destini dei nostri due paesi, dei nostri due popoli, delle nostre rivoluzioni, dei nostri regimi sono inseparabilmente connessi … “.

Ed infine, a chiusura della lettera, un appello quasi paterno all’entrata in guerra: “… lasciate che vi dica che nonostante tutto, io credo che prima o poi il destino finirà col costringerci a combattere a fianco a fianco, ossia che anche voi non sfuggirete a questo urto armato, quali che possano essere oggi gli sviluppi della situazione”.

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Il Duce sta a sentire ma non s’ impegna. Prende nota delle garanzie tedesche sulle forniture di carbone, dell’ impossibilità di una pace negoziata con la Francia e l’ Inghilterra, della certezza che prima dell’ autunno l’ esercito francese sarà sconfitto e che nessun inglese resterà sul Continente, se non come prigioniero di guerra. Ribbentrop parte da Roma soddisfatto.

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Mussolini, Hitler e Ciano

E’ convinto di aver vinto, abbondando in promesse, le ultime resistenze degli italiani. Infine per mettere definitivamente il Duce con le spalle al muro, lo invita per il 18 marzo al Brennero, per un incontro conclusivo con il Fuhrer. Siamo ad una svolta importante. Il partito dei neutralisti è sgomento e demoralizzato. “Al Circolo degli Scacchi– scrive Bottai – Ciano comunica che l’ incontro del Duce con Ribbentrop è quasi l’ anticamera della nostra entrata in guerra. Al golf dell’ Acquasanta, il conte Acquarone, ministro della Real Casa, fa sapere a Ciano che il Re è al corrente del disagio che perturba il paese.

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Ciano, Ribbentrop e Mussolini

A suo dire, Sua Maestà sente che da un momento all’altro potrebbe presentarsi per lui la necessità di intervenire per dare una piega diversa alle cose, è pronto a farlo ed anche con la più netta energia”. Mussolini, sia pure con motivazioni diverse, è partecipe di questo crescente nervosismo. Si lamenta col genero per l’ insistenza asfissiante di Ribbentrop: “Questi tedeschi sono insopportabili: non danno il tempo né di respirare né di riflettere”.

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Poi, alla vigilia dell’ incontro del Brennero, è preso da nuovi scrupoli. Vorrebbe che Hitler gli lasciasse un documento, sotto forma di comunicato, che lo rendesse libero di non intervenire, nemmeno quando sul fronte occidentale avranno inizio le ostilità. Ma l’ umore del Duce è variabile.

L’imminente incontro del Brennero lo rende euforico, e allevia perfino i dolori dell’ ulcera. Ciano annota in data 18 marzo: “Nevica al Brennero. Mussolini attende l’ ospite con un senso di ansioso piacere: sempre più in questi ultimi tempi sente il fascino del Fuhrer … Hitler parla sempre ma con più calma del solito: pochi gesti e voce pacata. Fisicamente sta bene. Mussolini lo ascolta con simpatia e deferenza. Parla poco e conferma l’ impegno di marciare con la Germania”.

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Paolo Monelli, presente come inviato all’incontro, dà una versione più pittoresca: “Mussolini restò a bocca chiusa per quasi tutto il tempo. Hitler solo concionò, declamò senza interrompersi per gran tempo, stordì l’ altro con la sua solita eloquenza abborracciata, confusa, istericamente accentuata, con espressioni difficili da tradurre, spesso difficili da intendere; e Mussolini, con tutto il suo studio faticoso e testardo del tedesco, perdeva parole e frasi intere”.

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Renzo De Felice, lo storico del fascismo, è convinto che anche dopo il Brennero, Mussolini, malgrado le apparenze, è ancora preda di amletici dubbi: “ … la prova migliore di quanto poco Mussolini era intenzionato ad entrare per il momento in guerra è nel fatto che egli pensava ancora di poter dissuadere Hitler, al Brennero, dal passare all’ offensiva e, in caso contrario, di poter ottenere da lui una specie di autorizzazione a non intervenire, neppure in questo caso”. La tesi di De Felice è controversa.

Galeazzo Ciano

Galeazzo Ciano

Di sicuro c’ è solo che un po’ tutti, Hitler, gli Alleati, la maggioranza degli italiani, sono convinti che Mussolini salterà il suo Rubicone solo quando l’ esercito tedesco avrà ottenuto le prime grandi vittorie contro francesi ed inglesi sul fronte occidentale. Ma l’ offensiva tedesca non viene lanciata, come tutti pensano, sul fronte occidentale, ma molto più a nord, lungo i fiordi della Norvegia e in Danimarca. Galeazzo Ciano commenta nel suo diario: “Le notizie dell’ azione germanica nel Nord hanno avuto una eco favorevole nel popolo che, come dice Mussolini, è puttana e va col maschio che vince. Più che la rapidità dell’ azione tedesca, sorprende la nessuna reazione dei franco-inglesi…. Il vento, dopo la nuova vittoria tedesca, sta cambiando rapidamente”.

Roberto Farinacci

Roberto Farinacci

“La corrente filo-nazista in Italia – annota Dino Grandi – ricomincia a prendere forza, ad agitarsi, a riguadagnare parte del terreno perduto”. Farinacci, che nel frattempo era stato in Germania, ed i suoi ripresero un’ attiva azione di propaganda al grido di: “La Germania è invincibile”.

Nelle stanze di Palazzo Venezia si aggira un Mussolini nervoso ma sempre più scalpitante. Alle lettere di Hitler che lo tallona da vicino, risponde l’ 11 aprile, con questo messaggio telegrafico: “Est superfluo dirvi che io approvo completamente la vostra azione … Vi confermo che da domani 12 la flotta italiana sarà al completo sul piede di guerra …  Quanto al popolo italiano, pur desiderando di ritardare, per prepararsi meglio, ha ormai la coscienza che non potrà evitare di scendere in campo”. Ma la decisione fatale tarderà ancora due mesi prima di essere presa. A decidere saranno le divisioni corazzate di Hitler che, di lì a poco, dilagheranno in Francia.

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Ma ecco, nella versione integrale, quanto Galeazzo Ciano annota nel suo diario il 18 marzo 1940.

“All’inizio del colloquio il Führer ha tracciato un breve quadro storico delle vicende che hanno condotto alla guerra e dello svolgimento della guerra stessa fino ad oggi. Egli ha confermato al Duce, ancora una volta, di aver compiuto ogni sforzo per raggiungere un compromesso e un’intesa con l’Inghilterra; ma quest’ultima era decisa a giungere alla guerra contro la Germania. Forse la Germania avrebbe potuto conservare la pace ancora per un paio di anni, se avesse accettato e subito le incredibili umiliazioni da parte della Polonia; ma la guerra non poteva essere evitata.

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E alla lunga, il Führer non poteva pretendere dal popolo tedesco, che esso assistesse impassibile alle provocazioni polacche. I polacchi d’altra parte, di fronte a una tale remissività sarebbero divenuti sempre più arroganti. Anche se un indugio fosse stato possibile, non v’era dubbio, che data la volontà di guerra degli inglesi (per i quali il conflitto tedesco-polacco era solo un pretesto per giungere allo scopo), le condizioni del conflitto, tra due anni, nella migliore ipotesi non sarebbero divenute più favorevoli alla Germania.

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Il Führer ha accennato ad un semplice confronto tra la potenza militare della Germania da un lato, e quella dell’Inghilterra, della Francia, e dei loro alleati polacchi dall’altro, anzitutto per ciò che concerne le effettive forze terrestri e poi per l’aviazione, la difesa antiaerea e la Marina. In base a tali considerazioni si era deciso a raccogliere il guanto di sfida che gli era stato gettato.

Successivamente, il Führer ha descritto al Duce, in dettaglio, le forze dell’esercito tedesco in questo momento. Nello stesso tempo ha illustrato anche la speciale importanza che assume ora l’arma aerea. I tecnici tendono a concludere – in base alle esperienze fatte in Spagna e in Cina – che l’arma aerea non ha un valore decisivo, ma che la fanteria resta, come per il passato, il fattore essenziale.

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Tuttavia l’esperienza di questa guerra sembra condurre ad altre conclusioni; cosí per esempio gli inglesi sono stati esclusi dal Mare del Nord dall’arma aerea germanica, ed essi ora non si arrischiano più in prossimità della costa tedesca. Anche la costa orientale delle isole britanniche è divenuta poco sicura, come dimostra il recente attacco aereo alla base di Scapa Flow. Il Führer ha descritto al Duce in ogni particolare lo svolgimento dell’azione e i risultati raggiunti dagli aviatori tedeschi nella recentissima brillante azione.

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In relazione a ciò, il Führer ha esposto al Duce, sommariamente, il suo punto di vista sulla campagna in Polonia, per la quale egli originariamente aveva previsto una durata di uno o due mesi. In realtà, i polacchi sono stati definitivamente annientati dopo soli 14 giorni. Poiché le perdite in detta guerra sono state minime ed inferiori ad ogni previsione, la Germania si è trovata ad avere, alla fine della campagna, molte centinaia di migliaia di uomini ed ufficiali bene addestrati, e pertanto sono stati disponibili i quadri per alcune divisioni supplementari sulle quali prima non si era fatto assegnamento.

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Nel frattempo sono state anche istruite decine di migliaia di giovani ufficiali, che costituiscono un elemento combattente di grande coraggio ed hanno una preparazione profonda. L’insieme degli ufficiali tedeschi, come addestramento militare, è oggi sensibilmente migliore di quello del 1914.

Il Führer ha descritto la costituzione e la potenza dell’esercito tedesco, che comprende oggi, in complesso, 205 divisioni, in grande maggioranza di primissima qualità. Le munizioni sono disponibili in quantità finora mai veduta. La costruzione degli aeroplani procede a grande andatura. Nuovi apparecchi da caccia e da bombardamento vengono consegnati dalle fabbriche in rilevanti quantità, così che da un punto di vista generale gli armamenti tedeschi progrediscono molto rapidamente.

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La fiducia nel successo è straordinariamente forte sia nell’esercito sia nel popolo, lo stato d’animo eccellente e l’odio per le due plutocrazie occidentali è senza precedenti. I soldati ardono dal desiderio di battersi contro il nemico, che ha costretto la Germania a questa guerra. Lo spirito delle truppe trova riscontro in quello dell’elemento dirigente, sia negli ambienti militari sia in quelli politici.

Per quanto concerne l’azione della Marina germanica, la costruzione di sommergibili è in progresso, cosí che anche in questo campo i pericoli crescono, di mese in mese, per l’Inghilterra. Alla fine del prossimo anno, la Germania disporrà di un numero di sommergibili superiori a quanti ne furono costruiti durante tutta la Grande guerra, e quel numero andrà ancora aumentando.

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Il Führer ha quindi accennato al nuovo programma di costruzioni per la Marina germanica. Il Führer ha proseguito esaminando i futuri sviluppi della guerra, ed ha affermato che spera di terminare il conflitto contro la Francia e l’Inghilterra più presto che queste non credano. Egli è deciso a condurre la guerra fino in fondo ed a sconfiggere i nemici. La situazione della Germania, che in qualsiasi momento può dall’Inghilterra essere tagliata fuori dalle fonti di rifornimento di materie prime essenziali, è una situazione a lungo andare insostenibile.

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D’altra parte una volta che la guerra è divenuta inevitabile, egli preferisce assumerne la responsabilità per sé e per il proprio Governo, anziché dover affidare ad un successore la guida del popolo tedesco nella difficilissima prova.

Per ciò che concerne l’atteggiamento dell’Italia nello scorso autunno, il Führer mostra di comprenderlo. Se una presa di posizione dell’Italia avesse potuto indurre Francia e Inghilterra ad astenersi dal conflitto, allora ciò sarebbe stato opportuno. Ma se questo non doveva riuscire, era meglio che l’Italia rimanesse fuori dalla guerra. Il Führer ha spiegato quindi, con maggiori particolari, perché l’astensione dell’Italia dal conflitto riesce favorevole alla Germania, ed a tale proposito ha parlato del valore delle fortificazioni sulla frontiera occidentale.

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Egli ha descritto al Duce, in dettaglio, quelle fortificazioni, con i loro formidabili cementi armati e la loro profondità e le ha paragonate alla “Linea Maginot”, che ha definito un cornplesso fortificato a Carattere pacifista e disfattista. Nessun attacco francese contro le fortificazioni della frontiera occidentale ha avuto luogo.

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Il Führer ha dato al Duce esempi della superiorità dei soldati tedeschi sui francesi e gli inglesi, che si sono potuti rilevare dalla quotidiana esperienza di scontri di pattuglie dinanzi alle linee fortificate. D’altra parte, Inghilterra e Francia cercano di condurre la guerra alla periferia, mentre la Germania può colpire il nemico solo nel cuore. Egli avrebbe preferito seguire un’altra via, poiché la Germania ha ormai raggiunto i suoi fini in fatto di espansione. Per la valorizzazione delle regioni orientali riconquistate, la Germania ha bisogno di decenni.

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Il Führer ha accennato alla incredibile situazione che regnava in quelle regioni orientali, già polacche, e ha ricordato ancora gli orrendi episodi di crudeltà polacche, che egli ha veduto, in parte, di persona. Molto tempo gli è necessario per ricostruire quella zona, cosí che i suoi scopi di guerra sono la tranquillità e la pace. Di fronte a tali scopi, però, si pone lo scopo di guerra dei francesi; la distruzione della Germania. Per il popolo tedesco non c’è altra alternativa che quella di continuare la lotta fino alla vittoria.

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Per quanto riguarda l’atteggiamento dell’Italia, il Führer ha detto al Duce che non è venuto per chiedere a Lui qualche cosa, ma che ha inteso semplicemente esporGli il quadro della situazione e comunicarGli il proprio punto di vista sui futuri sviluppi della guerra. Il Duce potrebbe poi, basandosi soltanto sui fatti, prendere le sue decisioni.

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Su di un punto però il Führer ha una sicura convinzione, e cioè che le sorti della Germania e dell’Italia sono indissolubilmente legate; la vittoria della Germania sarebbe la vittoria dell’Italia e la sconfitta della Germania implicherebbe anche la fine dell’Impero italiano.

Passando al tema della Russia, il Führer ha fatto rilevare che effettivamente nel suo libro Mein Kampf egli ha affermato che la Germania doveva unirsi con l’Inghilterra. Egli avrebbe sempre voluto collaborare con l’Inghilterra, a condizione tuttavia che l’Inghilterra non pretendesse limitate lo spazio vitale della Germania, e che la Germania ricevesse in restituzione le sue antiche Colonie.

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Ma poiché l’Inghilterra ha voluto il conflitto, egli ha deciso per la Russia. Questa decisione è maturata in lui attraverso lunghe meditazioni, ed è immutabile. Egli ha potuto stabilire con Stalin, una frontiera territoriale definitiva tra i due Paesi. Germania e Russia non hanno interessi contrastanti, si completano economicamente in ogni campo, e pertanto il Führer è deciso a conservare sempre, nel futuro, rapporti amichevoli con quel Paese.

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Per quanto riguarda la diversità di Regime, si tratta in realtà di due mondi differenti, ma si è potuto intendersi, nel senso di astenersi reciprocamente dall’intervenire nelle questioni interne. D’altra parte, sembra che anche la Russia, stia compiendo una evoluzione di grande ampiezza, e la via per cui si è messo Stalin sembra condurre ad una specie di nazionalismo slavo-moscovita, allontanandosi dal bolscevismo a carattere ebraico-internazionale.

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Il Führer ha quindi ripreso a parlare dell’attuale situazione nei rispetti della guerra e ha descritto al Duce, per esteso, i possibili sviluppi del conflitto e la parte che potrebbe eventualmente assumervi l’Italia. Egli, il Führer, è un realista e non vorrebbe in alcun modo che il Duce facesse qualche cosa in contrasto con gli interessi del popolo italiano. Egli non agisce come l’inglese il quale pretende che altri popoli tolgano per lui le castagne dal fuoco. Comunque l’Inghilterra trova oggi sempre meno facilmente popoli disposti a prestarsi al suo gioco.

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I guerrafondai britannici hanno voluto la guerra, ed ora il popolo inglese è costretto a combatterla. L’Inghilterra avrebbe voluto accettare, senza compromettere il proprio prestigio, le proposte di pace formulate dal Führer nel mese di ottobre, poiché la Germania avrebbe acconsentito, cosí come era stato affermato, a risolvere il problema dell’esistenza di una Polonia indipendente.

Ma il Governo britannico ha rifiutato quelle proposte. E rimanendo fermi nel medesimo spirito alla visita di Sumner Welles si è risposto in Inghilterra con una reazione del tutto negativa: ancora durante la permanenza di Sumner Welles in Europa si è proclamato ufficialmente che il frazionamento della Germania è lo scopo di guerra dell’Inghilterra e della Francia.

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Picchetto d’onore al Brennero

Il Duce ha dichiarato che prende parte con grande piacere a questo colloquio col Führer. Egli è convinto che era impossibile per la Germania differire più oltre la guerra contro la Polonia. Un ulteriore differimento – ammesso che fosse stato possibile ottenerlo per alcuni anni – avrebbe soltanto complicato le cose. Egli (il Duce) avrebbe voluto volentieri poter disporre di due o tre anni per condurre a termine i preparativi. Se il 1° settembre egli avesse compiuto una dimostrazione militare, l’Italia sarebbe stata sicuramente implicata nel conflitto.

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Il Duce ha quindi esposto particolareggiatamente in quale difficile situazione l’Italia si sarebbe trovata se fosse entrata in guerra l’autunno scorso. Egli stesso ha molto sofferto per le limitazioni che si è dovuto imporre. Ormai però il Governo Fascista ed il Partito hanno la sensazione che sia impossibile rimanere neutrali fino alla fine della guerra. Una modifica dell’atteggiamento dell’Italia verso l’Inghilterra e la Francia è esclusa.

L’entrata perciò dell’Italia nella presente guerra è inevitabile. L’Italia intende marciare a fianco della Germania, non per aiutarla militarmente – di un simile aiuto, secondo il suo pensiero, la Germania non aveva bisogno in Polonia né lo ha ora al fronte occidentale – ma perché l’onore e gli interessi dell’Italia richiedono il suo intervento in guerra.

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Il Duce passò poi alla questione circa l’epoca di tale intervento. Descrisse nei particolari la situazione militare dell’Italia, la forza sempre crescente del potenziale bellico e l’eccellente morale delle truppe. La situazione finanziaria invece non consentirebbe di condurre una guerra di lunga durata. Il Duce vede favorevolmente l’avvicinamento fra Germania e Russia che risparmia alla Germania una guerra su due fronti. Crede anche lui che non esista un pericolo di contagio bolscevico.

A tale riguardo il Duce ha rilevato come Egli sia stato il primo a riconoscere la Russia sovietica ed abbia persino concluso un accordo con essa. In ogni modo egli distingue nettamente fra politica e ideologia; su questo ultimo punto non potrà mai andare d’accordo con la Russia.

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Ciano e Ribbentrop

Il Duce ha accennato quindi al breve colloquio, avuto con Sumner Welles. Egli ritiene che lo stato d’animo in Inghilterra ed in Francia sia cattivo, perché il popolo non sa la ragione per la quale combatte. Egli non ha lasciato alcun dubbio a Sumner Welles circa l’assurdità degli scopi di guerra degli Alleati per quanto riguarda l’Oriente, come ad esempio, la ricostruzione della Boemia e della Moravia ecc. Chi desidera una pacifica risoluzione del conflitto deve accettare i fatti compiuti.

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Parlando della collaborazione fra Germania ed Italia, il Duce ha ripetuto che, appena la Germania avrà con la sua azione bellica creato secondo le dichiarazioni del Führer una situazione favorevole, Egli sarebbe intervenuto senza perdere tempo. Ove l’avanzata tedesca dovesse svolgersi con ritmo piú lento, il Duce attenderebbe fino al momento in cui il suo intervento nell’ora decisiva potesse essere di reale aiuto alla Germania.

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Mussolini, Hitler e Ciano

Il Führer ha manifestato poi al Duce alcune sue idee di carattere strategico per il caso di una condotta in comune della guerra, accennando in connessione a ciò come la “Linea Maginot” non rappresenti oggi per l’esercito tedesco un ostacolo insormontabile; come si siano compiuti grandi progressi nella difesa del territorio della Ruhr da incursioni aeree, da artiglierie a lungo tiro ecc., che è una necessità vitale per la Germania.

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Oggi l’Esercito, la Marina e 1’Aeronautíca tedeschi sono pronti come non mai. Egli (il Führer) e con lui tutto il suo popolo di ottantadue milioni di anime sono fermamente convinti di sconfiggere completamente le Potenze occidentali”.

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